Dopo Tutto il mio
folle amore e il documentario Fuori era
primavera, Gabriele Salvatores torna a dirigere con
Comedians. Un progetto che arriva da lontano. Il film
è una trasposizione fedele del testo che il drammaturgo inglese
Trevor Griffiths scrisse nel 1975. Testo su cui il regista ha
scelto di tornare dopo ventun anni da una prima lettura da cui era
nato uno spettacolo teatrale e poi un film, che vi si era ispirato,
seppur in maniera molto libera, Kamikazen – Ultima notte a
Milano del 1988. E’ con Comedians che
Salvatores sceglie di tornare alla riapertura delle sale,
dal 10 giugno.
Comedians – la
trama
Un gruppo di aspiranti
comici sta per esibirsi. Sono tutti allievi del maestro Eddie
Barni, Natalino Balasso, che tiene un corso nei locali di
una scuola di Milano. Prima dello spettacolo, riuniti nell’aula
dove di solito fanno lezione, i comici cercano di tenere a freno
l’ansia per l’esibizione e di mettere a punto i propri pezzi. Ci
sono i fratelli Filippo e Leo Marri, Ale e Franz, con la
loro vena malinconica, c’è l’operaio Gio Di Meo, Walter
Leonardi, con la battuta e la barzelletta sempre pronte. Ci
sono il meridionale Michele Cacace, Vincenzo Zampa e Samuele
Verona, Marco Bonadei, impresario di se stesso che sogna di
sfondare. Infine, c’è il giovane Giulio Zappa, Giulio
Pranno. Barni li motiva e cerca di far trovare loro la
concentrazione necessaria, perchè la serata è importante. A
vederli, infatti, ci sarà Bernardo Celli, Christian De Sica,
un famoso comico, vecchia conoscenza di Barni, ora talent scout,
che potrebbe scegliere qualcuno di loro per un suo nuovo progetto
televisivo. La rivalità tra i comici si accende, mentre Celli
spiega quali sono per lui i capisaldi della comicità, del tutto
diversi da quelli di Barni. I nuovi talenti riusciranno a
convincerlo? I comici resteranno fedeli alla lezione del maestro o
cercheranno di compiacere il selezionatore?
Il mestiere del
comico tra etica e successo
Comedians è
senza dubbio un film dal forte impianto teatrale. È stato lo stesso
Gabriele Salvatores a voler sottolineare di aver ripreso
fedelmente il testo scritto da Griffiths, che viene infatti
indicato come autore della sceneggiatura, assieme al regista.
L’azione si svolge quasi per intero in un unico spazio: l’aula
scolastica. Il solo momento in cui si esce da lì è quello in cui si
sale sul palcoscenico del locale dove i comici si esibiscono. È un
film incentrato sulla parola, come spesso succede nei lavori tratti
da testi teatrali, un film in cui sostanzialmente si dibatte e si
espongono vari punti di vista su un tema centrale: cosa significa
essere un comico? Come si fa a far ridere? Ci deve essere o no
un’etica della risata? Barni e Celli rappresentano i due poli
opposti della discussione, la dicotomia tra etica e successo.
L’uno, convinto che la comicità debba sfuggire dallo stereotipo,
dalla battuta facile e scontata, fatta solo per strappare la risata
a tutti i costi. L’altro, sostenitore del comico come
intrattenitore puro, della comicità come momento votato
all’evasione. A sostenere i due punti di vista, mai banalizzati,
ciascuno con argomentaizioni ampiamente condivisibili, gli ottimi
Balasso e De Sica, il quale interpeta un personaggio
che ha in comune con De Sica attore parte delle convinzioni che
hanno dettato il suo percorso artistico, e che qui rivendica, come
ha affermato in
conferenza stampa. La giusta
via, forse, sta nel mezzo, nel difficile equilibrio tra ciò che
porta facilmente al successo e l’aspirazione a far pensare, a
sorprendere, a far cambiare punto di vista, con una
risata.
Il dibattito si
rivela interessante innanzitutto perché è sempre molto attuale,
essendo l’Italia un paese largo produttore di comici e commedie di
tutti i tipi, con esempi anche recenti che portano alla ribalta il
tema e le domande che qui i protagonisti si pongono. In secondo
luogo, la dicotomia tra Celli e Barni è anche la diatriba fra chi
vuole apparire a tutti i costi e chi invece si accontenta di fare
il proprio lavoro nell’ombra. Il che non significa essere meno
capaci. Anche questo un grande tema, oggi che chiunque cerca la
ribalta – i quindici minuti di celebrità di cui parlava Warhol – su
un social, o su un vero e proprio palco, poco importa. C’è voglia
di apparire, ma si dovrebbe forse riscoprire, come suggerisce il
personaggio di Barni, l’orgoglio di quello che si fa, anche se non
si ha un pubblico a cui mostrarlo. Il lavoro dell’insegnante svolto
da Barni è un po’ l’emblema di questa filosofia. L’insegnate è
colui che non lavora per la gloria e raramente viene ringraziato
per quello che fa, ma semina qualcosa tra i suoi allievi, contento
semplicemente di veder germogliare, ogni tanto, una piantina.
In
Comedians, poi, si parla anche dell’importanza di
inseguire i propri sogni e coltivare i propri talenti. I
protagonisti sono persone più o meno giovani che si barcamenano tra
un lavoro provvisorio e la speranza di poter vivere del mestiere
che amano, quello di attori. Il film peraltro non sembra avere una
precisa collocazione temporale, salvo qualche piccolo cenno. È un
inno alla perseveranza.
Invito allo spettatore a non essere
passivo
Comedians
è un film che
stimola una riflessione, interessante, che spinge lo spettatore a
non essere passivo, ma anzi attivarsi e porsi le stesse domande dei
protagonisti. La perizia tecnica e stilistica di Salvatores
ne fa un lavoro elegante ed estremamente curato, con un uso
significativo e ben dosato del bianco-nero nella fotografia di
Italo Petriccione, e primi piani con cui il regista cattura
nelle espressioni l’essenza dei personaggi. Efficace anche l’idea
del count down che scandisce il tempo che separa gli attori
dall’entrata in scena. Il film riesce nella non facile impresa di
mantenere vivo l’interesse fino alla fine del racconto. Da
sottolineare l’attenzione che il regista ha sempre per la parte
musicale, stavolta impreziosita da brani di Tom Waits.
A completare il quadro le
buone prove di un cast di attori più o meno noti, in cui il regista
ha voluto ancora con sé Giulio Pranno dopo Tutto il
mio folle amore. L’attore si dimostra ancora talentuoso
nell’interpretare il suo personaggio, intelligente ed anche
coraggioso outsider. Esaspera le caratteristiche del clown e lo fa
diventare quasi Joker. È un personaggio oscuro e inquieto, anziché
comico, e sceglie una recitazione particolarmente teatrale. Senza
dubbio d’impatto, a volte un po’ eccessivo.
Certo è che
Comedians, a dispetto del titolo, ma anche di alcune
presenze nel cast, da cui solitamente ci si aspettano risate, da
De Sica a Balasso, fino ad Ale e Franz, non
è un film comico, ma è un film su cosa sia il mestiere del
“commediante”. Dunque resterà deluso chi si aspetta di ridere. Come
anche lo sarà chi si aspettava da Salvatores un ritorno
diverso, magari con una trama accattivante, piena di avventure e
colpi di scena. Comedians è un film non facile, che
impegna, che chiede partecipazione. Per questo non è per tutti.
Tuttavia, è una riflessione seria e ben condotta sulla complessa
arte del far ridere e un’occasione per tornare al cinema
apprezzando il lavoro di chi il cinema sa fare con classe.
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