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Deadpool 3 termina le riprese, Ryan Reynolds annuncia: “Sono soprattutto lacrime”

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Dopo un lungo ritardo causato dallo sciopero SAG-AFTRA, le riprese di Deadpool 3 dei Marvel Studios sono terminate, ha annunciato oggi su Instagram la star Ryan Reynolds.

Reynolds ha ringraziato il cast e la troupe di Deadpool 3 e il regista Shawn Levy, prendendo in giro il suo co-protagonista Hugh Jackman. Il messaggio toccante, al limite del sentito, è stato compensato – nel classico modo di Reynolds e Deadpool – da una foto del cavallo in spandex del supereroe.

Il costume nasconde il sangue. Anche il sudore… Ma oggi, con la confezione di ‘Deadpool’, sono soprattutto lacrime. Un gigantesco e perenne ringraziamento al cast e alla troupe del nostro film che hanno combattuto contro il vento, la pioggia, gli scioperi e @thehughjackman, il tutto sotto la strenua guida di @slevydirect”, ha scritto Reynolds su Instagram. “Ho avuto modo di fare un film con i miei amici più cari e questo non accade molto spesso. Ci vediamo il 26 luglio… ⚔️🥺⚔️“.

 

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Deadpool 3 doveva originariamente uscire nelle sale il 3 maggio 2024, ma è stato ritardato, insieme a molti altri film, durante lo sciopero della SAG-AFTRA dello scorso anno. La nuova data è il 26 luglio e segnerà l’ingresso ufficiale di Deadpool nel Marvel Cinematic Universe dopo l’acquisizione della Fox da parte della Disney. I due precedenti film di “Deadpool“, insieme all’intero franchise degli “X-Men“, erano di proprietà e distribuiti dalla Fox prima dell’acquisizione da 71,3 miliardi di dollari, completata dalla Disney nel 2019.

Chi c’è in Deadpool 3?

Deadpool 3 riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia dell’atteso progetto. Hugh Jackman uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool 3, con protagonista Ryan Reynolds, non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso.

Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman, viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche altri X-Men possano fare la loro comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della Marvel comparsi sul grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben Affleck.

Una voce recente afferma che anche Liev Schreiber sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo, Morena Baccarin (Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in franchising Emma Corrin (The Crown) e Matthew Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora segreti. Un recente report afferma inoltre che la TVA di Loki, incluso l’agente Mobius (Owen Wilson) e Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool 3 uscirà nei cinema il 26 luglio 2024.

Netflix non rilascerà il film di fantascienza quasi completato The Mothership di Halle Berry

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Netflix avrebbe cancellato il piano di distribuzione per il  thriller fantascientifico quasi completato con Halle Berry, The Mothership.

Secondo The InSneider di Jeff Sneider, Netflix non ha più intenzione di distribuire The Mothership, un film di fantascienza diretto da Matt Charman e girato nel 2021. Oltre alla Berry, il film era interpretato da Omari Hardwick, Molly Parker, John Ortiz e Paul Guilfoyle.

Perché The Mothership non verrà distribuito?

Secondo il rapporto di Sneider, The Mothership richiedeva “significative riprese” aggiuntive che Netflix ha deciso di non effettuare. Questi rimaneggiamenti sarebbero stati difficili da portare a termine, dato che il film ha come protagonisti diversi bambini che sono notevolmente invecchiati da quando sono state completate le riprese principali.

Secondo quanto riferito, inoltre, The Mothership ha avuto un “lungo processo di post-produzione” e “ripetuti ritardi”, che hanno influito sulla decisione di Netflix.

Un insider di Netflix ha dichiarato che tali decisioni non sono mai facili da prendere, né vengono prese alla leggera, e che lo streamer è grato a tutti coloro che hanno lavorato al film“, si legge nell’articolo.

Questo sembra significare che la piattaforma di streaming non ha staccato la spina a The Mothership per ottenere una detrazione fiscale, cosa che David Zaslav della Warner Bros. Discovery è solito fare. Avendo già eliminato Batgirl e Scoob! Holiday Haunt, l’anno scorso la Warner Bros. Discovery è balzata agli onori della cronaca per aver intascato un’ingente somma di denaro dopo aver cancellato l’uscita del già completato Coyote vs. Acme.

Un anno dopo la misteriosa scomparsa del marito dalla loro fattoria rurale, la madre single Sara Morse e i suoi figli scoprono uno strano oggetto extraterrestre sotto la loro casa, che li porta a intraprendere una corsa alla ricerca del marito, del padre e soprattutto della verità“, si legge nella sinossi di The Mothership.

Charman, già co-sceneggiatore de Il ponte delle Spie del 2015 con i fratelli Coen, ha scritto e diretto The Mothership. Fred Berger e Brian Kavanaugh-Jones sono stati i produttori.

Halle Berry sta ancora lavorando con Netflix a The Union, un nuovo thriller diretto da Julian Farino e interpretato da Mark Wahlberg, J.K. Simmons e Jackie Earle Haley. The Union non ha ancora una data di uscita.

Ted Lasso potrebbe tornare: “Ci sono sempre conversazioni in corso”

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Channing Dungey è entrato a far parte del Warner Bros. TV Group in qualità di presidente alla fine del 2020, proprio nel bel mezzo della pandemia COVID-19, che ha reso interessante il primo anno di lavoro. Poi è arrivata la fusione Warner Media-Discovery nel 2022 e la ristrutturazione che ne è conseguita. Nel 2023, gli scioperi di Hollywood sconvolsero nuovamente l’attività. In questi giorni Dungey ha rilasciato una lunga intervista a Variety nel quale ha fatto un po’ il punto e ha parlato anche del destino di Ted Lasso.

Ci sono state molte turbolenze da quando ho assunto questo ruolo“, ha dichiarato recentemente Dungey a Variety. “Spero – e sto battendo il legno mentre lo dico – che mentre giriamo l’angolo verso il 2024, ci siamo lasciati alle spalle alcune delle sfide più grandi. Sono sicura che ci sarà qualcosa di nuovo all’orizzonte, ma spero che il 2024 segni un ritorno all’attività di sempre“.

Oltre a fornire freschi aggiornamenti sullo stato dello sviluppo dell’annunciata e già attesissima serie tv su Harry Potter, il dirigente ha avuto modo di parlare come anticipato anche di Ted Lasso, una serie di successo prodotta da Warner e trasmessa da Apple TV+, vincitore di un Emmy, “Ted Lasso“, che potrebbe essersi concluso dopo tre stagioni – ma mai dire mai su una sorta di evoluzione o revival. Ancora oggi, la star e co-creatore della serie Jason Sudeikis non vuole confermare se sia davvero finita.

Voglio dire, avete visto il finale, c’è una piccola porta che potrebbe essere riaperta se necessario”, ha detto Dungey. “Non metterei ancora il punto alla fine della frase. C’è ancora molto amore per ‘Ted Lasso’. E credo che ci sia ancora molto entusiasmo da parte di Apple per ‘Ted Lasso’. Se dovesse presentarsi l’opportunità, saremmo entusiasti di tornare a produrre altri ….. Ci sono sempre conversazioni in corso, ma niente di ufficiale“.

Ted Lasso è stato sviluppato da Jason Sudeikis, Bill Lawrence, Brendan Hunt e Joe Kelly. I produttori esecutivi erano Sudeikis, Lawrence, Jeff Ingold e Liza Katzer. Il film è stato prodotto da Warner Bros. Television e Universal Television.

Ted Lasso è interpretato da Sudeikis (Saturday Night Live), Hannah Waddingham (Game of Thrones), Brendan Hunt (We’re the Millers), Jeremy Swift (Downton Abbey), Juno Temple (The Other Boleyn Girl), Brett Goldstein (Derek), Phil Dunster (The Good Liar) e Nick Mohammed (Intelligence).

Shōgun: trailer vietato ai minori della serie in arrivo su Disney+

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FX ha rilasciato un nuovo trailer red band di Shōgun, il suo prossimo dramma epico, che si svolge durante il periodo Edo del Giappone.

Il video mette in evidenza le sequenze di combattimento ricche d’azione ed emozionanti dello show Shōgun,  mentre i personaggi principali si preparano ad andare in guerra. Il debutto della serie è previsto per il 27 febbraio su FX e Hulu. In Italia in esclusiva su Disney+

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La serie composta da 10 episodi è ambientata in Giappone nell’anno 1600, all’alba di una guerra civile che segnerà un secolo. Il produttore Hiroyuki Sanada interpreta il ruolo di “Lord Yoshii Toranaga” che sta lottando per la sua vita mentre i suoi nemici nel Consiglio dei Reggenti si coalizzano contro di lui. Quando una misteriosa nave europea viene ritrovata abbandonata in un vicino villaggio di pescatori, il suo pilota inglese, “John Blackthorne” (Cosmo Jarvis), arriva portando con sé segreti che potrebbero aiutare Toranaga a ribaltare le sorti del potere e a distruggere la temibile presenza dei nemici di Blackthorne, i preti gesuiti e i mercanti portoghesi.

I destini di Toranaga e Blackthorne diventano inestricabilmente legati alla loro interprete, “Toda Mariko” (Anna Sawai), una misteriosa nobildonna cristiana, ultima di una stirpe caduta in disgrazia. Mentre serve il suo signore in questo scenario politico difficile, Mariko deve conciliare il suo legame ritrovato con Blackthorne, il suo impegno verso la fede che l’ha salvata e il suo dovere nei confronti del padre defunto.

La serie Shōgun si avvale di un cast giapponese di alto livello, senza precedenti per una produzione americana, tra cui Tadanobu Asano nel ruolo di “Kashigi Yabushige”, un noto traditore e stretto alleato di Toranaga; Hiroto Kanai nei panni di “Kashigi Omi”, il giovane leader del villaggio di pescatori dove viene trovata la nave di Blackthorne; Takehiro Hira nel ruolo di “Ishido Kazunari”, un potente burocrate che è il principale rivale di Toranaga; Moeka Hoshi in quello di “Usami Fuji”, una vedova che deve trovare un nuovo scopo nel mezzo della guerra del suo signore; Tokuma Nishioka nel ruolo di “Toda Hiromatsu”, il generale fidato e il più caro amico di Toranaga; Shinnosuke Abe nei panni di “Toda Hirokatsu” (“Buntaro”), il geloso marito di Mariko; Yuki Kura in quelli di “Yoshii Nagakado”, lo sfacciato figlio di Toranaga che ha un forte desiderio di mettersi in gioco; e Fumi Nikaido nel ruolo di “Ochiba no Kata”, la venerata madre dell’erede che non si fermerà davanti a nulla pur di porre fine a Toranaga e alla sua minaccia al potere del figlio.

Shōgun è stata creata per la televisione da Rachel Kondo e Justin Marks, con Marks in veste di showrunner e produttore esecutivo. I produttori esecutivi sono Michaela Clavell, Edward L. McDonnell, Michael De Luca e Kondo. Hiroyuki Sanada è produttore. La serie è prodotta da FX Productions.

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La Storia: recensione degli ultimi episodi della fiction Rai

La Storia: recensione degli ultimi episodi della fiction Rai

Continua su Rai 1 La Storia, fiction firmata Francesca Archibugi e adattamento dell’omonimo romanzo di Elsa Morante, che con gli ultimi episodi del 22 e 23 gennaio vince per share e telespettatori, consolidando il proprio successo e decretandosi vincitrice della serata sulle reti generaliste. Negli episodi finali (quinto, sesto, settimo e ottavo) subentrano nuovi personaggi, uno fra questi la prostituta Santina di Asia Argento e il nuovo amore di Nino, Patrizia, interpretata da Romana Maggiora Vergano (la Marcella di C’è ancora domani), e si completano gli archi narrativi dei protagonisti, in particolare quelli di Ida, Useppe e Nino. Ricordiamo, inoltre, che per chi non avesse avuto modo di seguirla in diretta, La Storia può essere recuperata sulla piattaforma Rai Play.

La Storia, trama degli ultimi episodi

Nella puntata andata in onda il 15 gennaio, avevamo visto Ida e Useppe abbandonare il caseificio di Pietralata dove hanno trascorso diverso tempo con i Mille. La donna è riuscita a trovare una camera in affitto dalla famiglia Marocco, in zona Testaccio, ma la condizione di povertà in cui riversa le fa patire la fame. Nel mentre, Useppe inizia a manifestare delle assenze, seguite da alcune convulsioni, che portano alla diagnosi di epilessia infantile, stessa patologia che aveva afflitto Ida da piccola. Nel frattempo, lontano da Roma, Nino è impegnato nel contrabbando e inizia a guadagnare soldi sporchi, potendo così permettere alla sua famiglia di trovarsi una casa tutta propria. Sfortuna vorrà che, in un viaggio per trasportare la merce, sarà coinvolto in un incidente e morirà. Intanto, la patologia di Useppe sembra non migliorare…

La Storia

I difetti delle ultime due puntate

In questi ultimi episodi andati in onda di La Storia, si riscontra quasi nell’immediato una maggiore falla all’interno della sceneggiatura e dei piani temporali, qualcosa che avevamo già accennato nella recensione del terzo e quarto episodio, che qui però diventano più evidenti. Alcuni si presentano come dei veri e propri buchi di trama, in cui a essere compromessa è anche un po’ la linearità del racconto. Altri invece sembrano delle disattenzioni in fase di montaggio, con alcune sequenze narrative in cui non si distingue bene il cambiamento in corso e che possono confondere gli spettatori.

Fra queste incrinature a essere più evidente è in primis il tempo che passa su tutti i personaggi tranne che sul piccolo Useppe, un comunque bravissimo Mattia Basciani, che sembra essere graziato dalla giovinezza eterna. Nei volti e nei corpi di Ida e degli altri comprimari è invece ben rappresentato con un considerevole lavoro su trucco e parrucco, il quale chiarisce gli anni che scorrono, e dà un’idea di quanto gli orrori della guerra abbiano segnato e stravolto. Inoltre, gli ultimi episodi appaiono ingolfati di inserti tragici, provocando una reazione a catena che non permette di prendere un respiro e dare la dovuta importanza a quanto sta accadendo, pur riuscendo comunque ad essere emotivamente impattanti. La regia, invece, risulta sempre raffinata ed elegante, improntata a mettere in risalto ogni minimo dettaglio di uno spazio scenografico curato minuziosamente.

Jasmine Trinca in stato di grazia

Al netto di qualche problema strutturale, non si può non lodare ancora una volta la performance di Jasmine Trinca, che raggiunge lo stato di grazia in questi ultimi episodi in cui il livello drammatico si alza enormemente, riempiendo la scena e sorreggendo il racconto, sempre più pesante e complesso, sulle proprie spalle. Trinca ingloba alla perfezione dentro di sé rabbia, preoccupazione, terrore, timori e coraggio di una madre che, se prima doveva proteggere il figlio dai nazifascisti, ora si ritrova a doverne affrontare gli strascichi.

La fame, la povertà e la malattia galoppante di Useppe, traumatizzato e scosso dalla guerra, si fanno sempre più presenti nella narrazione, diventando primari, e servono a risaltare le capacità recitative di Trinca, la quale esprime con il solo uso dello sguardo lo stato d’animo di una donna in frantumi, spezzata dagli agghiaccianti eventi, che cerca in ogni modo possibile di non soccombere al dolore e sollevarsi. Apparsi i titoli di coda dell’ultima puntata, quello che resta da dire è: Jasmine Trinca è stata davvero meravigliosa.

Tutti tranne te: recensione del film con Sydney Sweeney e Glen Powell

“Qui ha molto a che fare con l’odio, ma ancor di più con l’amore”, scriveva William Shakespeare in Romeo & Giulietta. Frase che il regista Will Gluck inserisce anche all’interno del suo nuovo film, Tutti tranne te, a mo’ di dichiarazione d’intenti. Ma in realtà l’intero film ha molto a che fare con l’iconico drammaturgo inglese, essendo un adattamento in chiave contemporanea della sua opera Molto rumore per nulla. Gluck, già regista di note rom-com come Easy Girl e Amici di letto, riprende gli elementi base di quel racconto per dar vita ad un nuovo film di questo genere con cui offrire nulla più che puro intrattenimento, dove umorismo scorretto e buoni sentimenti vanno a braccetto.

Tutti tranne te vuole infatti dichiaratamente essere quel tipo di commedia senza peli sulla lingua da primi anni Duemila (di cui proprio Easy Girl è un ottimo esempio), capace con il suo umorismo di divertire ma anche, all’occorrenza, di generare quel gradito disagio nello spettatore. Il tutto includendo in modo naturale elementi propri delle nuove sensibilità culturali, dando così vita ad un sorprendente risultato. Con il coraggio di far ciò senza rinunciare ad una classificazione “R” (ovvero vietato negli Stati Uniti ai minori di 17 anni non accompagnati da adulto), il film – da cui non ci si dovrebbe aspettare chissà che originalità o intenti – è dunque del tutto piacevole per una visione spensierata.

La trama di Tutti tranne te: odiarsi fino ad amarsi

Protagonisti di questo film sono Bea (Sydney Sweeney) e Ben (Glen Powell). I due potrebbero essere una coppia perfetta, ma dopo un primo appuntamento fantastico una serie di incomprensioni spengono la loro infuocata attrazione. Tempo dopo, tuttavia, i due si ritrovano al matrimonio in Australia della sorella di Bea, obbligati dunque ad una convivenza forzata. Con gli occhi di tutti puntati su di loro, si vedranno ben presto costretti a fingere di essere una coppia, ognuno con uno scopo diverso. Ma sarà difficile fingere di piacersi con tutto l’odio che scorre tra di loro e i problemi non tarderanno ad arrivare.

Tutti tranne te Sydney Sweeney Glen Powell

Una commedia di continui inganni

Considerata la sua premessa, è facile immaginare a quale conclusione giungerà il film. Ma come spesso avviene per questo genere di opere, l’importante è ciò che avviene nel mentre e il modo in cui si giunge a quel finale. Difficile però non notare come diverse delle situazioni previste per portare avanti il racconto avvengano in modo un po’ artificioso, a partire dal motivo del litigio tra i due protagonisti. Quando però la vicenda si sposta in Australia, si avverte un leggero distendersi di quelle forzature iniziali. Siamo dove il regista – anche co-sceneggiatore insieme a Ilana Wolpert – voleva portarci e da lì hanno inizio le rocambolesche avventure di Bea e Ben.

La scrittura del film è dunque, almeno in certi momenti, da intendersi come il suo principale limite, anche se – come si accennava in apertura – probabilmente non c’è mai stato l’intento di puntare ad un livello di maggiore originalità o distintività. Eppure, c’è un aspetto di questa narrazione che risulta affascinante ed è il gioco che si genera tra i vari personaggi, dove ognuno cerca di far credere agli altri qualcosa che in realtà non è, costruendo così un sempre più alto castello di inganni destinato naturalmente prima o poi a crollare. Si tratta di una dinamica non sempre portata avanti, ma che quando proposta fa acquisire ad un racconto altrimenti banale un fascino in più.

Il disagio di una generazione

Uno dei pregi maggiori del film è però da ritrovarsi nella sua volontà di affrontare tutta una serie di tematiche proprie dell’odierno mondo delle relazioni. Piano piano che si impara a conoscere Bea e Ben, i due si svelano essere a loro modo cantori di una certa incapacità a gestire le proprie emozioni e, di conseguenza, le relazioni. È allora solo attraverso un percorso inverso, durante il quale sembrano intenzionati a stare alla larga dall’amore che scopriranno cosa davvero li frena nei confronti di esso, permettendogli a quel punto di accoglierlo nelle proprie vite. Tutti tranne te, da questo punto di vista, si apre ad un niente affatto scontato dialogo con la contemporaneità.

Tutti tranne te Glen Powell Sydney Sweeney

 

Sydney Sweeney e Glen Powell sono la forza di Tutti tranne te

Ma se pure Tutti tranne te non si distingue per la scrittura, lo fa certamente grazie ai suoi due protagonisti. Sydney Sweeney e Glen Powell sono tra i più promettenti interpreti della loro generazione: lei ha conquistato tutti grazie alla serie Euphoria ed è ora tra le protagoniste del cinecomic Madame Web, mentre lui ha conquistato grande popolarità grazie a Top Gun: Maverick ed è il protagonista della nuova intelligentissima (quella sì) commedia di Richard Linklater, Hit Man. I due dimostrano qui di essere credibili protagonisti, capaci di misurarsi con la commedia e di poter far divertire scena dopo scena, rimanendo sempre al completo servizio dei propri personaggi.

Con due interpreti primari (ma anche i secondari sanno farsi notare) dotati di una così forte chimica di coppia e di un tale livello di carica erotica, lo spettatore può anche non preoccuparsi troppo delle pecche di scrittura né di alcuni dialoghi certamente discutibili in quanto a didascalismo. Grazie a loro e alle diverse e divertenti situazioni in cui il regista li pone (due su tutte: i goffi tentativi di palpeggiamento durante l’escursione e il salvataggio in mare) prende forma una commedia che arriva sì dove ci si immagina arriverà, ma lo fa con un percorso dalla gioiosità contagiosa (e la colonna sonora guidata da Unwritten di Natasha Bedingfield offre a tal riguardo il suo contribuito), capace di avere un certo eco nello spettatore.

Povere Creature! da domani al cinema il film con Emma Stone

Povere Creature! da domani al cinema il film con Emma Stone

Il film Searchlight Pictures di Yorgos Lanthimos Povere Creature!, vincitore di due Golden Globe come Miglior film musical o comedy e Miglior attrice in un film musical o comedy (Emma Stone), arriverà il 25 gennaio nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney Company Italia.

Povere Creature! ha inoltre ottenuto il Leone d’Oro all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e 11 nomination alla 96° edizione degli Academy Awards.

Dal regista Yorgos Lanthimos e dalla produttrice Emma Stone arriva l’incredibile storia e la fantastica evoluzione di Bella Baxter (Emma Stone), una giovane donna riportata in vita dal brillante e poco ortodosso scienziato Dr. Godwin Baxter (Willem Dafoe). Sotto la protezione di Baxter, Bella è desiderosa di imparare. Affamata della mondanità che le manca, Bella fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un abile e dissoluto avvocato, in una travolgente avventura attraverso i continenti. Libera dai pregiudizi del suo tempo, Bella è sempre più decisa nel suo proposito di difendere l’uguaglianza e l’emancipazione.

Searchlight Pictures in associazione con Film4 e TSG Entertainment, una produzione Element Pictures, presenta Povere Creature!, diretto dal candidato all’Academy Award Yorgos Lanthimos (La favorita, The Lobster). Con una sceneggiatura scritta dal candidato all’Academy Award Tony McNamara (La favorita), basata sul romanzo di Alasdair Gray, il film è prodotto dal candidato all’Oscar Ed Guiney p.g.a. (La favorita, Room), Andrew Lowe p.g.a. (The Eternal Daughter, The Souvenir: Part II), Yorgos Lanthimos p.g.a. ed Emma Stone p.g.a..

La vincitrice dell’Academy Award® Emma Stone, (La favorita, La La Land), è protagonista insieme al candidato all’Academy Award® Willem Dafoe (The Lighthouse, The French Dispatch), al candidato all’Academy Award® Mark Ruffalo (Il caso Spotlight, Foxcatcher – Una storia americana), al vincitore del Golden Globe® Ramy Youssef (Ramy, Mr. Robot), Christopher Abbott (Black Bear, Possessor), il vincitore del Primetime Emmy® Award Jerrod Carmichael (The Carmichael Show), Hanna Schygulla (Ai confini del paradiso), Kathryn Hunter (Macbeth) e la candidata al Primetime Emmy® Award Margaret Qualley (C’era una volta a… Hollywood, Maid).

Il direttore della fotografia è il candidato all’Oscar® Robbie Ryan, BSC, ISC (La favorita, C’mon C’mon), gli scenografi sono James Price (Judy) e Shona Heath, con i costumi di Holly Waddington (Lady Macbeth, War Horse), e le acconciature e il trucco prostetico della candidata all’Oscar® Nadia Stacey (La favorita, Crudelia). La colonna sonora originale è composta da Jerskin Fendrix, il montatore è il candidato all’Oscar® Yorgos Mavropsaridis, ACE (La favorita, The Lobster) e la set decorator è Zsuzsa Mihalek (La talpa).

Marvel Zombies potrebbe avere un Moon Knight diverso da Marc Spector

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Marvel Zombies è stato rivelato per la prima volta al Comic-Con di San Diego del 2022 come parte della rivelazione dello slate “Marvel Animation” dei Marvel Studios. Da allora è stato rivelato ben poco e, sebbene la serie sia ancora in cantiere, non si sa se uscirà quest’anno o nel 2025.

Nel frattempo, si sta diffondendo una nuova intrigante voce che suggerisce che Moon Knight sarà uno degli eroi che avranno un ruolo nella serie animata. Lo scooper @CanWeGetToast ha condiviso la notizia oggi, rivelando che Marvel Zombies vedrà un nuovo personaggio diventare il Pugno di Khonshu.

Non sono stati forniti ulteriori dettagli, quindi non sappiamo se sarà un eroe o un cattivo esistente a ereditare il mantello o se sarà una creazione originale a sostituire Marc Spector; in ogni caso, siamo sorpresi che Oscar Isaac non stia tornando nei panni di Marc Spector/Steven Grant/Jake Lockley.

L’attore ha già prestato la voce a Poe Dameron nel film animato Star Wars Resistance, quindi sarebbe sicuramente disposto a farlo. In ogni caso, non dobbiamo necessariamente considerare questo fatto come un’indicazione del fatto che l’attore non tornerà a vestire i panni di Moon Knight nel MCU.

Dopotutto, potrebbe esserci un motivo convincente per non includere Marc in questo seguito dell’episodio What If…?What If…? Zombi?!“. Ricordiamo che questa storia si svolge in una realtà post-apocalittica, quindi un eroe come Moon Knight che cade a causa della piaga degli zombie e viene poi sostituito ha senso. Con un po’ di fortuna, anche Khonshu entrerà a far parte di questa storia cruenta.

Cosa sappiamo su Marvel Zombies?

“Sarà pazzesco”, ha detto di recente Bryan Andrews, regista e produttore di What If…?, a proposito di Marvel Zombies. “Sì, [è] completamente TV-MA. Nasce da ciò che è stato fatto in Episodio [105]. L’idea era che c’è una certa ispirazione dal fumetto, il fatto che siano zombie, ma non stiamo facendo il fumetto, in nessun modo“.

Abbiamo una nostra interpretazione, e molte di quelle cose sono state messe a punto dai nostri talentuosi scrittori di [What If…?] all’inizio, quindi, abbiamo solo preso questo e… esplorato un po’ di più quella mitologia in quell’episodio. Quindi, sì, è pazzesco“.

La serie animata reimmagina l’Universo Marvel mentre una nuova generazione di eroi combatte contro una piaga zombie sempre più diffusa. Nei fumetti, Marvel Zombies è nata come una serie limitata di cinque numeri pubblicata per la prima volta nel 2005.

Povere Creature!, Willem Dafoe: “È stato un set molto felice”

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Povere Creature!, Willem Dafoe: “È stato un set molto felice”

Prossimamente al cinema con Povere Creature!, nuovo film di Yorgos Lanthimos Leone D’Oro a Venezia 80 (qui la nostra recensione), Willem Dafoe racconta la genesi del suo personaggio, Godwin, un moderno Frankenstein che si lascia trascinare dai sentimenti. Il suo viaggio nel mondo del cinema inizia negli anni Ottanta e dopo oltre quarant’anni ottiene finalmente la sua stella sulla Walk of Fame. Questo riconoscimento tanto ambito lo ha condiviso con amici e colleghi che sono stati al suo fianco durante la cerimonia:

È stato un bel momento pieno di amici e di persone con cui ho lavorato che sono venuti per me. Pedro Pascal, con il quale avevo lavorato come attore, e Patricia Arquette hanno tenuto discorsi meravigliosi, mi sono sentito parte di una comunità. Il fatto di avere una stella è una cosa universalmente riconosciuta, è difficile pensare che quella mattonella vivrà più di me“.

Il lavoro con Povere Creature!

Povere Creature! sarà al cinema dal 25 gennaio. Willem Dafoe interpreta una versione moderna di Frankenstein che si discosta moltissimo però dall’idea di orrore e repulsione. Il merito è ovviamente del regista Yorgos Lanthimos e di Emma Stone, protagonista indiscussa della scena: “Lanthimos è veramente un regista che ha la capacità di creare fantistici mondi. Il teso era molto forto e noi attori entravamo in scena senza una guida poi era lui a guardarci e dare tutte le indicazioni e gli aggiustamenti. Emma [Stone] è fantastica, il film è incentrato su di lei, e noi eravamo lì per darle supporto. Ho visto il bellissimo rapporto che ha con Yorgos. È stato un set molto felice“.

I personaggi che interpretato negli anni hanno sempre una cosa in comune: quello di trasformare Dafoe in un uomo completamente nuovo. Che sia il Goblin in Spider-Man o Godwin di Povere Creature! passare il tempo nella sala trucco non è un problema: “L’ho fatto in passato e probabilmente lo farò ancora, è un fantastico mezzo perché hai la possibilità di lavorare con una maschera. Puoi guardarti allo specchio e ti vedi scomparire ma allo stesso tempo vedi apparire altro. È uno strumento meraviglioso dove scopri che puoi provare altri tipi di sentimenti. Non è comodo ma ne vale la pena“.

Nel film si parla tanto di libertà soprattutto dal punto di vista femminile: “La rappresentazione degli uomini in questo film è che sono oppressivi nei confronti delle donne, però nel film viene mostrato anche che le donne hanno una grande forma di libertà. Ma siamo ora in un momento dove c’è un cambio di posizione delle donne rispetto al rapporto con gli uomini nel passato. Questo film esprime una liberazione attiva ed è un qualcosa che vediamo attraverso gli occhi di una donna“.

Povere Creature! Emma Stone

Il futuro di Willem Dafoe

Dopo la stella sulla Walk of Fame e il tour promozionale per Povere Creature! ci si chiede se Willem Dafoe abbia ancora sogni nel cassetto, ruoli che vorrebbe interpretare: “Non ho una risposta a questa domanda. Ho sempre progetti o ruoli che mi piacerebbe interpretare che sono legati a proposte o persone. Ma allo stesso tempo do il meglio di me quando ci sono personaggi da creare. il processo di creazione che faccio con i personaggi che interpreto è la parte del lavoro che conta di più per me”.

Lungo la sua carriera ha lavorato con ogni genere di autori e registi che hanno contribuito a formare il suo punto di vista cinematografico: “I registi sono sempre stati importanti per me. Perché come attore è fondamentale concedersi alla persona che ha una visione così forte di un film. Quello che mi piace molto è avere a che fare con una persona che ha una visione molto chiara e te la spiega, tu poi fai il resto: cerchi in tutti i modi di abitare quella sensazione di farla tua. Non deve essere qualcosa che capisco immediatamente ma qualcosa che mi viene presentato e che poi posso trasformare a dare vita all’idea del personaggio“.

Appuntamento a Land’s End: recensione del film con Timothy Spall

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Appuntamento a Land’s End: recensione del film con Timothy Spall

Appuntamento a Land’s End di Gillies MacKinnon è il tipico film inglese. Ovvero, quello che possiede in genere una storia piuttosto semplice, piena di momenti toccanti e anche bizzarri e non prevede sequenze d’azione ma si basa e si vanta su una solida recitazione. Questo lungometraggio racconta di un anziano che intraprende un viaggio in autobus, attraverso la Gran Bretagna dalla Scozia alla Cornovaglia, per mantenere una promessa fatta alla moglie defunta. Non è esattamente un’idea che può attirare a prima vista, ma grazie al suo protagonista, invecchiato per il ruolo e interpretato dall’attore britannico Timothy Spall, questo titolo possiede i suoi momenti che emozioneranno chiunque lo vedrà.

La trama di Appuntamento a Land’s End

Tom Harper è da poco vedovo, è un uomo di ben 90 anni, ex soldato che ha combattuto la Seconda Guerra Mondiale e che ha deciso d’intrapprendere forse il suo ultimo viaggio. Questo signore che ha passato la vita lavorando come meccanico, decide quindi di lasciare la sua casa, quella degli ultimi 50 anni in cui ha vissuto con il suo amore Mary, situata in una zona remota di una piccola città nel Nord della Scozia, pianificando un intero viaggio in autobus locali. Portando con se il minimo disponsabile, una valigetta che contiene i suoi affetti, tra cui anche le ceneri della moglie custodite in una scatola e la sua tessera abbonamento per viaggiare gratis sui bus parte per il luogo in cui è nato.

L’anziano è consapevole che questo percorso non sarà di certo una passeggiata ma con lo spirito che da sempre lo distingue come la costanza, la fedeltà e la serietà parte e per fortuna incontrerà, soprattutto, gente che l’aiuterà nella sua impresa. Inizia così questo viaggio di ben 1348 km fatto di splendidi paesaggi di natura incontaminata della Scozia e quelli più metropolitani inglesi. Tom Harper durante il film mostrerà anche tutto il suo carattere pieno di forza, del tutto in contrasto con la sua vecchiaia, come quando difenderà una ragazza musulmana molestata da un giovane razzista. Un aspetto che sarà notato e poi postato su instagram da alcuni ragazzi, tanto da far diventare virale questo indomito vecchietto in missione.

I primi che soccoreranno in Appuntamento a Land’s End il vecchio Tom saranno una giovane coppia di ritorno da una serata a teatro, che ospiterà l’uomo a casa loro, durante la sua prima notte di viaggio, dopo averlo trovato stanco e confuso in strada e alla ricerca del Bed and Breakfast che aveva prenotato. La mattina dopo ovviamente l’uomo lascia l’appartamento dei suoi gentili salvatori e ripartirà alla via d’altre lunghe giornate in autobus. Dopo un brutto episodio, in cui un controllore inglese butterà giù da un pulmam il protagonista perchè il suo abbonamento gratuito vale solo in Scozia, ovviamente la sua storia inizierà a girare sui social, ancora di più, arrivando pure sulle frequenze di una radio e nessuno più ostacolerà il suo viaggio.

Il signor Harper arriverà quindi a Land’s End in Cornovaglia, il punto più occidentale della terraferma d’Inghilterra, dove dopo aver visitato da solo la tomba del figlia morta di un anno Margaret, il protagonista viene accolto dagli applausi della gente corsa ad accoglierlo. Per Tom però c’è un ultimo passo da fare per concludere la sua promessa, quella di distribuire le ceneri di Mary nel mare e anche questa missione la concluderà al molo con l’aiuto di un bastone e della sua forza d’animo che da sempre possiede.

Timothy Spall come non l’aspetti

Timothy Spall è un volto noto del cinema, a lui sono sempre riservati quei ruoli da caratterista o spalla del cattivo di turno in saghe fantasy celebri come per citarne una quella di Harry Potter. Quest’attore britannico però è molto di più e in questo ruolo da protagonista ne conferma ancora una volta il suo talento, premiato a Cannes nel 2014 con Il Prix d’interprétation masculine per sua interpretazione del pittore Turner.

Appuntamento a Land’s End è molte cose, ma soprattutto è una commovente meditazione sulla vita, sull’amore e sugli impegni che prendiamo nei confronti delle persone a noi più care. È anche un bellissimo viaggio della memoria quella di Tom fatta di flashback ben gestiti dei momenti chiave con Mary, gli alti e bassi di un grande amore, che hanno definito il loro  matrimonio. Sono incorniciati come ricordi riportati alla mente di Tom durante le diverse tappe del suo pellegrinaggio meticolosamente pianificato per onorare una promessa alla sua amata moglie.

Griselda: recensione della serie Netflix con Sofía Vergara

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Griselda: recensione della serie Netflix con Sofía Vergara

“L’unico uomo di cui abbia mai avuto paura è stata una donna, chiamata Griselda Blanco”. Si apre con questa eloquente frase, attribuita a Pablo Escobar, la serie Netflix in sei episodi, disponibile dal 25 gennaio sulla piattaforma. Protagonista assoluta è Sofía Vergara, in una inedita veste drammatica, chiamata a dare corpo e anima alla Madrina del narcotraffico colombiano che negli anni ’70 e ’80 era in totale possesso dello spaccio in tutta Miami.

Griselda: l’Impero nato dalla fuga

Un impero, quello di Griselda, nato dalla fuga e dalla paura. Non c’è grande approfondimento nei fatti che la riguardano avvenuti a Medellín, ma la storia prende le mosse da quando la donna trova il modo di ribellarsi e scappare da suo marito Alberto, narcotrafficante leader nel settore, che controllava i flussi dal centro colombiano fino a New York. Intuiamo che l’infanzia e la prima giovinezza di Griselda sono state dure, è stata picchiata, forse violentata e costretta a prostituirsi, ma in qualche modo è sopravvissuta e, quando il marito le ha chiesto l’indicibile, lei ha trovato il coraggio di scappare, non senza regalargli un colpo quasi letale, prima.

La troviamo in fuga a Miami, sola, con un chilo chi cocaina purissima e tre figli. Quel panetto è la chiave per la sua libertà, il primo mattone di un impero che lei già immagina, e disegna nell’aria con la punta della sua sigaretta, un gesto quasi rituale che l’accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni: tratteggiare i suoi possedimenti, che siano esse case, persone, cose desiderate e che arriveranno.

Da questo punto in poi, Griselda mette in atto il suo piano che la porterà a governare letteralmente la città di Miami, mentre con pungo di ferro, ferocia e determinazione costruisce il suo impero e la sua ricchezza, facendosi strada, sola, in un mondo di uomini.

Un tentativo di empatizzare con un mostro

Creata da Eric Newman, Doug Miro, Ingrid Escajeda e Carlo Bernard, la serie sembra porsi l’obbiettivo di raccontare un personaggio sicuramente affascinante ma anche controverso e oggettivamente malvagio, crudele. Tuttavia, forse perché si fatica ancora a raccontare le donne con la stessa onestà con cui si raccontano gli uomini, la scrittura e la regia tentano costantemente di innalzare in qualche modo la figura di Griselda.

Non è solo un’aspirante narcotrafficante, è anche una donna in fuga, vittima di violenza, non è solo una crudele mandante di omicidi efferati, è una donna che combatte per il suo posto nel mondo, non è la Madrina della droga di tutta Miami, è anche colei che tiene alla cura e alla protezione di chi lavora per lei. E se da una parte è vero che uomini e donne nelle stesso posizioni di potere possono avere priorità e atteggiamenti differenti, è altrettanto vero che raccontare una figura femminile così efferata e terribile, sembra mentalmente ancora difficile, perché la donna è prima di tutto “cura e rifugio” nel sentire comune. E quindi gli sceneggiatori decidono di far leva sulla maternità di Griselda, l’elemento che la tiene ancorata all’umanità, che dovrebbe creare empatia con il pubblico e essere la chiave per la sua comprensione.

Griselda serie tv 2024Griselda Madre e Madrina

Proprio su questo elemento si fonda il punto di svolta nella trama della serie: quando un bambino molto piccolo muore, vittima involontaria di omicidi da lei ordinati, Griselda sembra avere una crisi di identità e tutto quel valore che lei per prima attribuiva al suo essere non solo madre amorevole per i suoi figli, ma anche madrina protettrice per chi dipende da lei, sembra ritorcersi contro di lei. Paranoia, insicurezza, mancanza di fiducia in se stessa deflagrano nell’intimità del personaggio che si lascia cadere in una spirale di autodistruzione che, ancora una volta, trova la giustificazione in un trauma. Di nuovo, per essere “così cattiva” una donna criminale ha bisogno di una causa scatenante indotta. Sembra che sia ancora impossibile raccontare figure femminili genuinamente cattive e negative (cosa che nessuno trova difficile nei confronti invece di un uomo). Le conseguenze dello stilnovismo, si potrebbe dire!

Due donne: una contro l’altra e l’altra contro il mondo

Parallelamente alla vita della protagonista, la serie ci racconta anche un’altra storia, quella di June Hawkins (interpretata da Juliana Aidén Martinez), detective della polizia di Miami che ha fatto della caccia a Griselda la sua ragione di vita. Sarebbe improprio però dire che le due donne sono l’una contro l’altra, perché non hanno le stesse priorità né condividono gli stessi obbiettivi, pur se lo loro storie partono dallo stesso presupposto: se da una parte le accomuna la fatica di dover emergere in un mondo che non le vede capaci di fare il loro lavoro, le allontana il fatto che la poliziotta dedica la sua vita alla caccia della criminale, mentre quest’ultima è sola contro il mondo, e June, per lei, rappresenta solo un’altra difficoltà, l’ennesima.

La contrapposizione con il personaggio di June concede a Sofía Vergara la possibilità di lavorare anche per contrasto con una figura così inquadrata e equilibrata, decisa e focalizzata sul suo obbiettivo. Griselda alterna invece momenti di estrema lucidità e capacità di calcolo, con eccessi di ferocia e disordine, permettendo all’attrice, che tutti amiamo nei panni di Gloria Pritchett, di offrire una gamma di emozioni molto intense, spesso esagerate, ma efficaci a restituire questo personaggio così complesso.

Sofía Vergara si trasforma in Griselda

Il regista Andrés Baiz e il suo team hanno chiaramente lavorato con grande affinità con Vergara che si è immedesimata nel ruolo anche grazie a un lavoro di mimesi e costruzione del personaggio, dal trucco e parrucco, alle movenze, al guardaroba fino alle sottilissime sopracciglia e alle sigarette che Griselda fumava di continuo. Per non parlare poi del contesto storico: Vergara stessa ha raccontato che essendo cresciuta nel mondo della Colombia degli anni ’70-’80 conosce in prima persona il mondo di Griselda, e non le è stato troppo difficile doverlo immaginare.

Pur essendo una potente esplorazione della vita di uno dei personaggi più significativi della storia del narcotraffico sudamericano, Griselda denuncia il fatto che i narratori contemporanei faticano ancora ad attribuire caratteristiche completamente negative a un personaggio femminile protagonista. La storia è solida, il ruolo offre mille sfide, i riferimenti reali ricchi di possibilità, eppure il mondo non è ancora pronto per un villain donna, anche se è passata alla storia come l’unica ad aver mai intimorito Pablo Escobar.

Griselda. Sofia Vergara as Griselda in episode 105 of Griselda. Cr. Courtesy of Netflix © 2023

Sudestival 2024, dal 26 gennaio al 15 marzo, annunciato il programma

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Dal 26 gennaio al 15 marzo 2024 torna il Sudestival, il festival della Città di Monopoli, progetto dell’Associazione Culturale Sguardi, fondato e diretto da Michele Suma. Il festival è espressione dell’Apulia Cinefestival Network, afferisce all’AFIC ed è componente della Rete dei Festival dell’Adriatico.

Giunto alla sua 24esima edizione, il Sudestival è il punto di riferimento del cinema italiano di qualità in Puglia, grande schermo delle opere prime del cinema italiano, della recente produzione di DOC e di cortometraggi italiani, nella splendida cornice della città di Monopoli.  Il tema dell’imprevisto, del caso, dell’instabilità della vita sarà il fil rouge dell’edizione, che vedrà il fulcro come sempre nel concorso dei lungometraggi, con due anteprime nazionali, a cui si affiancherà il concorso dei documentari – a cura di Maurizio Di Rienzo -, la sezione Gli Imprescindibili, le Masterclass, Corta è la notte – selezione di cortometraggi a cura de La Rete dei festival dell’Adriatico – e il cinema per i più piccoli con la sezione Kids – a cura di Marino Guarnieri. A chiudere il ricco programma l’Omaggio a Carlo Delle Piane e l’Omaggio a Walter Chiari nel centenario della sua nascita.

Primo e unico festival di cinema italiano a svolgersi lungo un inverno, il Sudestival inaugura la sua 24esima edizione sabato 27 gennaio con la tradizionale Sezione “L’attore/attrice dietro la macchina da presa”. Due gli appuntamenti: la sera del 27 gennaio con Alessandro Roja, ospite in sala, e la sua opera prima, Con la grazia di un Dio, che vede protagonisti Tommaso Ragno e Maya Sansa; la sera del 28 gennaio con Kasia Smutniak, ospite in sala con il suo Mur, debutto dietro alla macchina da presa dell’attrice sulle tragiche conseguenze sociali, culturali e politiche del muro tra Polonia e Bielorussia.

Il ricco weekend d’apertura sarà impreziosito dall’evento speciale, in occasione della Giornata della Memoria, che vede protagonista Marco Belpoliti e la sua lectio magistralis su “Leggere Se questo è un uomo di Primo Levi, a cui seguirà la proiezione de La strada di Levi di Davide Ferrario, che celebra l’appena trascorso sessantennale della pubblicazione de La tregua di Primo Levi, testimoniando la consueta attenzione del festival anche alla storia, alla letteratura e alla formazione.

Si entra nel vivo del concorso lungometraggi il 2 febbraio con Come pecore in mezzo ai lupi, proiettato alla presenza della regista Lyda Patitucci. A seguire, il 9 febbraio sarà la volta di Castelrotto di Damiano Giacomelli – presentato in anteprima, e la settimana successiva di Doppio Passo di Lorenzo Borghini.  Il 23 febbraio il quarto film in concorso, Gli ospiti, diretto da Svevo Moltrasio e il 1° marzo, seconda anteprima della sestina, Roma Blues di Gianluca Manzetti. Ultimo titolo in concorso, l’8 marzo, Denti da squalo di Davide Gentile.

Ad affiancare il concorso dei lunghi, l’immancabile sezione DOC, che porta per la prima volta in Puglia alcuni dei titoli più interessanti nello scenario dei documentari italiani. La sezione concorsuale, curata da Maurizio Di Rienzo, si apre il 1° febbraio con Adesso vinco io di Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei (anteprima), e prosegue l’8 febbraio con Roma Santa e dannata di Daniele Ciprì; il 15 febbraio con Semidei di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta (anteprima), Mimmo Lumano di Vincenzo Caricari il 22 febbraio (anteprima), Profondo Argento di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa il 29 febbraio e, infine, il 7 marzo Posso entrare? An ode to Naples, di Trudie Styler.

Primo in Italia, alla luce della recente scomparsa, il Sudestival dedica la propria tradizionale retrospettiva “Gli imprescindibili” a Giuliano Montaldo, regista e attore pietra miliare della storia del cinema italiano. Si parte domenica 28 gennaio con Sacco e Vanzetti, accompagnato dalla presenza del regista Inti Carboni (nipote di Montaldo), che inaugurerà lo sguardo retrospettivo della sezione. La retrospettiva proporrà Giordano Bruno il 3 febbraio, il 10 febbraio L’Agnese va a morire, il 17 febbraio I demoni di San Pietroburgo e, infine, L’industriale il 24 febbraio.

Unico festival di cinema in Italia che ha come cuore pulsante un gruppo di docenti di istituti superiori, il Sudestival dedica grande attenzione ed energie alle Masterclass, sezione che coinvolge con grande entusiasmo centinaia di giovani studenti del territorio. È un momento di arricchimento e di confronto del “cinema che ti parla”, che anche quest’anno vedrà protagonisti nomi di fama internazionale interloquire con i giovani delle scuole superiori. Ad aprire la sezione, fiore all’occhiello del Festival, il direttore della fotografia Luca Bigazzi sul tema “Il ruolo strategico della luce nell’opera filmica: Amusia” insieme al regista Marescotti Ruspoli. Un ritorno al Sudestival per Fabio Mollo, che presentò la sua opera prima nel lontano 7 marzo 2014. L’autore terrà l’incontro, il 27 gennaio, intitolato “Dalla pagina allo schermo: la regia di Nata per te”. Il 2 febbraio Pippo Mezzapesa e Antonella Gaeta proporranno il tema “Regia e scrittura cinematografica tra finzione e realtà: Ti mangio il cuore”. Il 23 febbraio Ciro D’Emilio, altro esordio del Sudestival, sarà protagonista de “La regia tra narrazione e visione”. L’ultimo weekend del Festival vedrà il 14 marzo il montatore Marco Spoletini con “Le strategie di montaggio in Io capitano” e il 15 marzo lo sceneggiatore Salvatore De Mola che illustrerà “La scrittura della storia in Fango e Gloria”.

Insieme alle masterclass pensate per i più giovani, la sezione Kids è invece dedicata ai giovanissimi, ai bambini delle scuole primarie della città, con la direzione artistica di Marino Guarnieri, regista e illustratore, già presidente di ASIFA Italia, e i laboratori curati da Jacopo Selicati, dell’Allegra Brigata di Monopoli. Si parte il 9 febbraio con il laboratorio didattico a cura di Marino Guarnieri, incentrato sul linguaggio del cinema d’animazione e sulle tecniche di lavorazione adoperate nei film in concorso.

In occasione del centenario della nascita, il Sudestival dedicata un omaggio a Walter Chiari, con la presentazione in anteprima al Sud di 100% Walter. Biografia di un genio irregolare (Baldini e Castoldi) di Simone Annichiarico e Michele Sancisi, entrambi ospiti in sala. Ad affiancare il libro anche la proiezione del doc Meglio esser chiari di Cecilia Formenti, con Simone Annichiarico, e del famoso Walter e i suoi cugini di Marino Girolami. Il 26 gennaio sarà inoltre presentato in anteprima regionale il libro Carlo Delle Piane, l’uomo che ho amato (Martin Eden) a cura di Anna Crispino Delle Piane, scrittrice e moglie dell’attore, ospite in sala.

Il festival vivrà anche la propria dimensione internazionale grazie al gemellaggio con il Golden Apricot International Film Festival di Jerevan (Armenia), dedicando la giornata del 14 marzo alla proiezione di due opere armene selezionate dal GAIFF: Luka di Jessika Woodworth e Tonratun di Inna Sahakyan. Chiuderà la giornata l’Omaggio a Charles Aznavour, in occasione del centenario della nascita, con la proiezione di Tirate sul pianista di Francois Truffaut.

Ben 10 sono i premi che saranno assegnati in questa edizione: il Faro d’Autore della Città di Monopoli e il Premio “Masseria Santa Teresa Resort” al miglior lungometraggio indicato dalla Giuria Nazionale Lungometraggi, composta da Claudio Cupellini, Michela Andreozzi, Alessandro Aronadio, Anne Ritta Ciccone e presieduta da Giorgio Diritti; il Premio “900 – Albea”, assegnato dalla Giuria del Pubblico al miglior lungometraggio; la  Giuria Giovani Sudestival School assegnerà il Premio “Monholiday” al miglior lungometraggio; confermati anche quest’anno il CD d’argento per il Premio “Gianni Lenoci” alla Miglior Colonna Sonora – la cui Giuria presieduta da Francesco Conversano si compone di Gianpaolo Schiavo, Paolo Vivaldi, Paolo Carlomè e Daniela Nasti; il Premio Apulia Film Commission “Carlo Delle Piane” alla Miglior Sceneggiatura, assegnato dalla Giuria composta da Antonella W. Gaeta, Salvatore De Mola e Anna Crispino Delle Piane, presidente. Il Premio “Albergo Diffuso”, sarà attribuito dalla Giuria Nazionale DOC, composta da Viviana Del Bianco (presidente) con Michele Sancisi e Alessandro Boschi, al miglior documentario, a cui si affiancherà il Premio Giuria Giovani al miglior DOC; il Premio “Rete dei Festival dell’Adriatico” sarà assegnato al miglior cortometraggio. Infine, la Giuria KIDS Sudestival School assegnerà il Premio al Miglior Film di Animazione e l’ospite d’onore della Serata delle Premiazioni del 15 marzo riceverà il Premio “Eccellenti Visioni”, che sarà aperta dalla proiezione di Ballatoio n. 5 di Chiara De Angelis, Premio “Raffaella Carrà” del Pop Corn – Festival del Corto di Porto Santo Stefano.

LE SEZIONI

MASTERCLASS

  • 26 gennaio – Luca Bigazzi: “Il ruolo strategico della luce nell’opera filmica: Amusia
  • 27 gennaio – Fabio Mollo: “Dalla pagina allo schermo: la regia di Nata per te”
  • 2 febbraio – Pippo Mezzapesa e Antonella Gaeta: “Regia e scrittura cinematografica tra finzione e realtà: Ti mangio il cuore
  • 23 febbraio – Ciro d’Emilio: “La regia tra narrazione e visione: Un giorno all’improvviso
  • 14 marzo – Marco Spoletini: “Le strategie di montaggio in Io capitano
  • 15 marzo – Salvatore De Mola: “Le scelte di sceneggiatura di Fango e Gloria

GLI IMPRESCINDIBILI_ LA RETROSPETTIVA DEDICATA A GIULIANO MONTALDO

  • 28 gennaio – Sacco e Vanzetti (1971)
  • 3 febbraio – Giordano Bruno (1973)
  • 10 febbraio – L’Agnese va a morire (1976)
  • 17 febbraio – I demoni di San Pietroburgo (2008)
  • 24 febbraio – L’industriale (2011)

CONCORSO LUNGOMETRAGGIO

  • 2 febbraio – Come pecore in mezzo ai lupi, di Lyda Patitucci
  • 9 febbraio – Castelrotto, di Giuliano Giacomelli (ANTEPRIMA)
  • 16 febbraio – Doppio passo, di Lorenzo Borghini
  • 23 febbraio – Gli ospiti, di Svevo Moltrasio
  • 1 marzo – Roma Blues, di Gianluca Manzetti (ANTEPRIMA)
  • 8 marzo – Denti da squalo, di Davide Gentile

CONCORSO DOC

  • 1 febbraio – Adesso vinco io, di Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei
  • 8 febbraio – Roma santa e dannata, di Daniele Ciprì
  • 15 febbraio – Semidei, di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta
  • 22 febbraio – Mimmo Lumano, di Vincenzo Caricari (ANTEPRIMA)
  • 29 febbraio – Profondo Argento, di Giancarlo Rolandi e Steve della Casa
  • 7 marzo – Posso entrare? An ode to Naples, di Trudie Styler

CORTA È LA NOTTE2 MARZO

  • Un bacio di troppo, di Vincenzo Lamagna
  • Due battiti, di Marino Guarnieri
  • Beati i puri di cuore, di Matteo Giampetruzzi
  • La nocchiera, di Martina Briglia
  • Happy New Year, di Andrea Gatopoulos
  • Mariposa, di Maurizio Forcella
  • Stanza 5, di Rosario Capozzolo
  • Tu Quoque, di Luca Fattori Giombi

SUDESTIVAL KIDS

  • 9 febbraio – Laboratorio a cura di Marino Guarnieri
  • 16 febbraio – Mary e lo spirito di mezzanotte, di Enzo d’Alò
  • 1 marzo – Manodopera, di Alain Ughetto
  • 8 marzo – Argonuts missione Olimpo, di David Alaux
  • 14 marzo – Titina, di Kajsa Naess

Il Gladiatore 2: girare il film è stato come se fosse teatro, secondo Fred Hechinger

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Ridley Scott ha appena concluso le riprese del suo prossimo film, il molto atteso Il gladiatore 2. Il regista, che ha raggiunto uno status di maestro dell’arte della regia sul campo, ha impiegato uno stile molto particolare per le riprese di questo film, tecniche di ripresa che, secondo lui, contribuiscono enormemente all’esperienza cinematografica dei suoi film, oltre a dargli più scelta e varietà nel processo di montaggio. Un aspetto notevole del suo approccio è l’uso di più macchine da presa durante le riprese.

Scott utilizza spesso più camere, fino a otto, contemporaneamente per catturare vari angoli e prospettive, migliorando la narrazione visiva. Questa tecnica consente una maggiore copertura di una scena, fornendo una ricca gamma di inquadrature tra cui scegliere durante il montaggio, e contribuisce alla qualità dinamica e coinvolgente dei suoi film. Questo approccio è stato utilizzato ne Il gladiatore 2.

Uno degli attori del film, Fred Hechinger, ha parlato della recitazione per Scott e della sua esperienza complessiva in Il Gladiatore 2 durante un’intervista con Steve Weintraub di Collider, durante il percorso promozionale per il suo nuovo progetto, Thelma, insieme a June Squibb e Clark Gregg. Mentre parlava alla première del film al Sundance, Hechinger ha descritto il processo di Scott associandolo a quello teatrale:

“È fantastico. Voglio dire, le otto camere mi hanno ricordato il teatro perché hai un intero ambiente creato nella macchina da presa. Ma devo dire che ciò che è sorprendente è anche che quando qualcosa sembra vivo, sembra vivo in modi unici ma connettivi. Quindi, si crea qualcosa di veramente speciale, quello che stai facendo in quel momento e inizi a trovare un ritmo… se sei fortunato, ti senti connesso a quella sensazione di quando hai iniziato a fare teatro. Dai il nome che preferisci a questa sensazione strana, ma ne avrai solo un’idea.”

Chi c’è nel cast de Il gladiatore 2?

Il gladiatore 2 è diretto da Ridley Scott e si basa su una sceneggiatura scritta da David Scarpa. A guidare l’atteso sequel è Paul Mescal nel ruolo di Lucio, il figlio di Lucilla e nipote dell’imperatore Commodo del primo capitolo. A Paul Mescal si aggiungono i membri del cast Connie Nielsen nel ruolo di Lucilla e Derek Jacobi in quello di Gracco. Nel cast ci saranno anche Denzel Washington, Pedro Pascal, Joseph Quinn, Fred Hechinger, May Calamawy, Lior Raz e altri ancora.

Il gladiatore 2  è prodotto da Ridley Scott, Michael Pruss, Douglas Wick e Lucy Fisher. Il film è considerato una produzione in joint-venture tra Paramount, Universal Pictures, Scott Free Productions e Parkes/MacDonald Productions. Ricordiamo che Russell Crowe non è coinvolto in alcun modo nel progetto, specialmente alla luce del fatto che il suo Massimo muore, appunto, al termine del primo film. La produzione de Il gladiatore 2 è ripresa all’inizio del mese dopo la fine degli scioperi a Hollywood. Attualmente il film dovrebbe arrivare nelle sale il 22 novembre 2024.

Oscar 2024: questi tre film hanno contribuito a stabilire un nuovo record

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Da quando gli Academy Awards sono stati accusati di ignorare le registe donne e non bianche in ogni cerimonia, la reazione e il cambiamento è emerso, lentamente, ma ogni anno con maggiore forza e con sempre nuovi record infranti: gli Oscar 2024 non fanno eccezione.

Anatomia di una caduta, Past Lives e Barbie sono tre dei dieci film nominati per il miglior lungometraggio: è la prima volta che tre autrici vengono nominate contemporaneamente nella categoria.

Tutte le nomination agli Oscar 2024

La denominazione “autore” sta a indicare registi hanno anche scritto o co-scritto i propri film, il che suggerisce che avevano un maggiore controllo creativo sul materiale. Anatomia di una caduta è diretto dalla regista francese Justine Triet, Past Lives è diretto da Celine Song (al suo debutto cinematografico) e Barbie da Greta Gerwig. E, per fortuna, questa non è l’unica categoria in cui gli Academy Awards celebrano il lavoro delle tre donne.

Con altre sette nomination, Barbie è diventato uno dei film più nominati agli Oscar quest’anno. Ha ricevuto nomination nella categoria Miglior sceneggiatura non originale, nonché Miglior attore e attrice non protagonista – per Ryan Gosling e America Ferrera –  Miglior scenografia, Costumi e due nomination per la canzone originale: ballata di successo “I’m Just Ken” e “Per cosa sono stata creata” di Billie Eilish.

Anche se i film usciti all’inizio dell’anno faticano a essere ricordati dagli elettori durante le nomination agli Academy Awards, Past Lives è riuscito a ottenere due nomination: Miglior Film e Miglior Sceneggiatura Originale, e questo è certamente successo perché del film si è parlato molto in generale. Tuttavia, i fan del lavoro di Song sono già furiosi per l’affronto nei confronti della protagonista Greta Lee e per l’assenza di Celine Song nella categoria Miglior regia.

Ultimo ma non meno importante, Anatomia di una caduta ha rivendicato una volta per tutte il titolo di uno dei migliori film usciti nel 2023 e questo si è tradotto in cinque nomination: oltre a quello per il miglior film, ha ottenuto nomination per la migliore regia per Triet, e anche per la migliore sceneggiatura originale per lei e il suo partner di sceneggiatura Arthur Harari, miglior montaggio e migliore attrice protagonista per Sandra Hüller.

César Awards 2024: tutte le nomination

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César Awards 2024: tutte le nomination

Continua la spola tra Stati Uniti e Europa per la stagione dei premi in corso con l’annuncio delle nomination ai César Awards 2024. Dopo i SAG negli USA, i BAFTA nel Regno Unito, ieri gli Oscar da Los Angeles, si torna nel Vecchio Continente con i riconoscimenti al cinema francese che quest’anno è protagonista anche della scena internazionale con Anatomia di una caduta che ha ricevuto ben 5 candidature agli Oscar 2024. In patria viene però battuto dal dramma fantasy di Thomas Cailley, The Animal Kingdom, che è in cima alle nomination per i César Awards 2024, annunciati nelle ultime ore a Parigi. Il dramma ha ottenuto 13 nomination, tra cui quella per miglior regista, film e sceneggiatura originale.

Il film candidato all’Oscar di Justine Triet è arrivato secondo con “sole” 12 nomination, seguito da All Your Faces di Jeanne Herry, con nove, e The Goldman Case, con otto.

Come annunciato in precedenza, Christopher Nolan e la regista francese Agnès Jaoui riceveranno quest’anno i Césars onorari.

Ecco tutte le nomination ai César Awards 2024

Miglior film

  • Anatomia di una caduta, prodotto da Marie-Ange Luciani, David Thion, diretto da Justine Triet
  • Chien de la casse, prodotto da Anais Bertrand, diretto da Jean-Baptiste Durand
  • Je verrai toujours vos visages, prodotto da Hugo Selignac, Alain Attal, diretto da Jeanne Herry
  • Le Procès Goldman, prodotto da Benjamin Elalouf, diretto da Cédric Kahn
  • The Animal Kingdom, prodotto da Pierre Guyard, diretto da Thomas Cailley

Miglior regista

  • Justine Triet per Anatomia di una caduta
  • Catherine Breillat per L’Été Dernier
  • Jeanne Herry per Je verrai toujours vos visages
  • Cédric Khan per Le Procès Goldman
  • Thomas Cailley per The Animal Kingdom

Miglior attrice

  • Marion Cotillard per Little Girl Blue
  • Léa Drucker per L’Été Dernier
  • Virginie Efira per Il coraggio di Blanche
  • Hafsia Herzi per The Rapture
  • Sandra Hüller per Anatomia di una caduta

Miglior attore

  • Romain Duris per The Animal Kingdom
  • Benjamin Lavernhe per L’Abbé Pierre – Une vie de combats
  • Melvil Poupaud per Il coraggio di Blanche
  • Raphaël Quenard per Yannick – La rivincita dello spettatore
  • Arieh Worthalter per Le Procès Goldman

Miglior attrice non protagonista

  • Leïla Bekhti per Je verrai toujours vos visages
  • Galatea Bellugi per Chien de la casse
  • Élodie Bouchez per Je verrai toujours vos visages
  • Adèle Exarchopoulos per Je verrai toujours vos visages
  • Miou Miou per Je verrai toujours vos visages

Miglior attore non protagonista

  • Swann Arlaud per Anatomia di una caduta
  • Anthony Bajon per Chien de la casse
  • Arthur Harari per Le Procès Goldman
  • Pio Marmaï per Yannick – La rivincita dello spettatore
  • Antoine Reinartz per Anatomia di una caduta

Miglior attrice esordiente

  • Céleste Brunnquell per La fille de son père
  • Kim Higelin per Le Consentementement
  • Suzanne Jouannet per La Voie Royale
  • Rebecca Marder per Grand Expectations
  • Ella Rumpf per Le Théorème de Marguerite

Miglior attore esordiente

  • Julien Frison in Le Théorème de Marguerite
  • Paul Kircher per The Animal Kingdom
  • Samuel Kircher per L’Été Dernier
  • Ivilo Machado-Graner per Anatomia di una caduta
  • Raphaël Quenard per Chien de la casse

Miglior sceneggiatura originale

  • Justine Triet, Arthur Harari per Anatomia di una caduta
  • Jean-Baptiste Durand per Chien de la casse
  • Jeanne Herry per Je verrai toujours vos visages
  • Nathalie Hertzberg, Cédric Kahn per Le Procès Goldman
  • Thomas Cailley, Pauline Munier per The Animal Kingdom

Miglior sceneggiatura non originale

  • Valerie Donzelli, Audrey Diwan per Il coraggio di Blanche
  • Vanessa Filho per Le Consentement
  • Catherine Breillat per L’Été Dernier

Miglior colonna sonora originale

  • Gabriel Yared per Il coraggio di Blanche
  • Delphine Malaussena per Chien de la casse
  • Vitalic per Disco Boy
  • Andrea Laszlo de Simone per The Animal Kingdom
  • Guillaume Roussel per I tre moschettieri (Parte 1: D’Artagnan / Parte 2: Milady)

Miglior sonoro

  • Julien Sicart, Fanny Martin, Jeanne Delplancq, Olivier Goinard per Anatomia di una caduta
  • Remi Daru, Guadalupe Cassius, Loic Prian, Marc Doisne per Je verrai toujours vos visages
  • Erwan Kerzanet, Sylvian Malbrant, Olivier Guillaume per Le Procès Goldman
  • Fabrice Osinkski, Raphael Sohier, Matthieu Fichet, Niels Barletta per The Animal Kingdom
  • David Rit, Gwennole le Borgne, Oliver Touche, Cyril Holtz, Niels Barletta per I tre moschettieri (Parte 1: D’Artagnan / Parte 2: Milady)

Miglior fotografia

  • Slivion Beaufils per Anatomia di una caduta
  • Jonathan Ricquebourg per La passion de Dodin Bouffant
  • Patrick Ghiringhelli per Le Procès Goldman
  • Davio Cailley per The Animal Kingdom
  • Nicolas Bolduc per I tre moschettieri (Parte 1: D’Artagnan / Parte 2: Milady)

Miglior montaggio

  • Laurent Sénéchal per Anatomia di una caduta
  • Francis Vesin per Je verrai toujours vos visages
  • Valérie Loiseleux per Little Girl Blue
  • Yann Dedet per Le Procès Goldman
  • Lilian Corbeille per The Animal Kingdom

Migliori costumi

  • Jürgen Doering per Jeanne Du Barry – La Favorita del Re
  • Pascaline Chavanne per Mon Crime – La colpevole sono io
  • Tran Nu Yên Khê per La passion de Dodin Bouffant
  • Ariane Daurat per The Animal Kingdom
  • Thierry Delettre per I tre moschettieri (Parte 1: D’Artagnan / Parte 2: Milady)

Miglior scenografia

  • Emmanuelle Ouplay per Anatomia di una caduta
  • Angelo Zamparutti per Jeanne Du Barry – La Favorita del Re
  • Toma Baquéni per La passion de Dodin Bouffant
  • Julia Lemaire per The Animal Kingdom
  • Stéphane Taillasson per I tre moschettieri (Parte 1: D’Artagnan / Parte 2: Milady)

Miglior effetti visivi

  • Thomas Duval per Acide
  • Lise Fischer, Cédric Fayolle per La Montagne
  • Cyrille Bonjean, Bruno Sommier, Jean-Louis Autret per The Animal Kingdom
  • Olivier Cauwet per I tre moschettieri (Parte 1: D’Artagnan / Parte 2: Milady)
  • Léo Ewald per Vermines

Miglior cortometraggio

  • L’Attente, diretto da Alice Douard, prodotto da Marie Boitard, Alice Douaro
  • Bolero, diretto da Nans Laborde-Jourdaa, prodotto da Margaux Lorier
  • Rapide, diretto da Paul Rigoux, prodotto da Anne Luthaud
  • Les Silencieux diretto da Basile Vuillemin, prodotto da Thomas Guent Ch

Miglior film d’animazione

  • Manodopera diretto da Alain Ughetto, prodotto da Alexandre Cornu, Jean-François Le Corre, Mathieu Courtois
  • Linda e il pollo, diretto da Chiara Malta, Sébastien Laudenbach, prodotto da Marc Irmer, Emmanuel-Alain Raynal, Pierre Baussaron
  • Mars Express diretto da Jérémie Périn, prodotto da Didier Creste

Miglior documentario

  • Atlantic Bar diretto da Fanny Molins, prodotto da Chloé Servel, Nicolas Tiry
  • Les Filles d’Olfa diretto da Kaouther Ben Hania, prodotto da Nadim Cheikhrouha
  • Little Girl Blue diretto da Mona Achache, prodotto da Laetitia Gonzalez, Yaël Fogiel
  • Notre corps diretto da Claire Simon, prodotto da Kristina Larsen
  • Sur l’Adamant diretto da Nicolas Philibert, prodotto da Miléna Poylo, Gilles Sacuto, Céline Loiseau

Miglior opera prima

  • Bernadette diretto da Léa Domenach, prodotto da Antoine Rein, Fabrice Goldstein
  • Chien de la casse diretto da Jean-Baptiste Ourand, prodotto da Anaïs Bertrand
  • The Rapture diretto da Iris Kaltenbäck, prodotto da Alice Bloch, Thierry de Clermont-Tonnerre
  • Vermines diretto da Sébastien Vanicek, prodotto da Harry Tordjman
  • Vincent doit mourir diretto da Stephan Casting, prodotto da Thierry Lounas, Claire Bonnefoy

Miglior film straniero

  • Rapito diretto da Marco Bellocchio
  • Foglie al vento diretto da Aki Kaurismaki
  • Oppenheimer diretto da Christopher Nolan
  • Perfect Days diretto da Wim Wenders
  • La natura dell’amore diretto da Monia Chokri
  • Traduzione di Nadia Cazzaniga

Thanos potrebbe tornare nel MCU? Quali possibilità ci sono per il grande villain?

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Anche se Thanos è morto in Avengers: Endgame, in molti si chiedono se tornerà mai nel MCU, visto che nei fumetti nessuno muore davvero (a parte Iron Man…) e che il personaggio è trai più amati dell’universo condiviso.

La grande popolarità del personaggio potrebbe infatti spingere i Marvel Studios a ritirare fuori Thanos per un film spin-off o magari una serie incentrata tutta su di lui. Ma avrebbe davvero senso un racconto unico su un villain che, pur avendo una statura tragica e delle ragioni dalla sua, è pur sempre considerato un cattivo che difficilmente può essere trasformato in anti-eroe, come sempre succede ai cattivi raccontati come protagonisti?

Ma dove potrebbe mai rispuntare Thanos? Una possibilità è rappresentata da un eventuale sequel di Eternals, visto che il Titano Pazzo ha già un legame stabilito con la squadra tramite suo fratello Eros, alias Starfox. Forse il personaggio interpretato da Josh Brolin potrebbe tornare in quel film tramite un cameo o un flashback se il film decidesse di esplorare il retroscena di Eros.

Tuttavia, la risposta più ovvia sarebbe senza dubbio Avengers: Secret Wars poiché si dice che quel film conterrà praticamente tutti i personaggi Marvel (eroi e villain) che sono apparsi in progetti sia ambientati all’interno che all’esterno del MCU.

Ricordiamo anche una cosa fondamentale: se è vero che Thanos è morto nella linea temporale principale del MCU, potrebbe essere vivo nel multiverso. Già What If…? lo ha riportato in scena, e le possibilità di modi paralleli sono infinite e tutte plausibili! (Almeno) Un cameo di Thanos, nel futuro del MCU, è più che probabile.

Argylle: la nuova featurette definisce il film “folle” e “sconvolgente”

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Il cast di Argylle ha annunciato che il thriller di spionaggio di Matthew Vaughn è “folle” e “sconvolgente” in una nuova featurette.

Condivisa sulla pagina YouTube della Universal Pictures, la featurette di Argylle vede Bryce Dallas Howard Henry Cavill, Sam Rockwell, Bryan Cranston e Dua Lipa e altre star del film discutere su come i fan di Vaughn dovrebbero prepararsi a un thriller “senza sosta” e “leggermente folle“.

Nel film, Elly Conway è un’autrice solitaria di una serie di romanzi di spionaggio best-seller, la cui idea di felicità è una notte a casa con il suo computer e il suo gatto, Alfie.” si legge  sulla sinossi. “Ma quando le trame dei libri di fantasia di Elly, incentrati sull’agente segreto Argylle e sulla sua missione di svelare un sindacato di spionaggio globale, iniziano a rispecchiare le azioni segrete di un’organizzazione di spionaggio nella vita reale, le serate tranquille a casa diventano un ricordo del passato. Accompagnata da Aiden (Rockwell), una spia allergica ai gatti, Elly (portando Alfie nel suo zaino) corre attraverso il mondo per stare un passo avanti agli assassini mentre il confine tra il mondo immaginario di Elly e quello reale inizia a confondersi.

Oltre al cast già citato, Argylle – La super spia è interpretato da Sam Rockwell, John Cena, Ariana DeBose, Catherine O’Hara, Sofia Boutella e Samuel L. Jackson. Il gatto Alfie è invece interpretato da Chip, il felino realmente esistito che appartiene alla top model Claudia Vaughn.

Argylle – La super spia è stato scritto da Jason Fuchs, che produce il film insieme a Vaughn e David Reid. Tra i produttori esecutivi figurano Adam Fishbach, Zygi Kamasa, Carlos Peres e Claudia Vaughn.

Vaughn è noto per aver diretto Layer Cake del 2004, Stardust del 2007, Kick-Ass del 2010, X-Men: L’Inizio del 2011, Kingsman: The Secret Service del 2014, Kingsman: Il cerchio d’oro del 2017 e The King’s Man del 2021. Il film è classificato PG-13, il che significa che è il primo film di Vaughn non classificato R dopo X-Men: First Class.

Argylle – La super spia uscirà in Italia l’01 febbraio 2024, mentre nelle sale statunitensi il 2 febbraio 2024, distribuito da Universal Pictures e Apple Original Films. Verrà presentato in anteprima su Apple TV+ in un secondo momento.

James Gunn rivela una delle sue più grandi sorprese dei casting di Guardiani della Galassia

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Il co-CEO dei DC Studios, James Gunn, ha parlato dei direttori del casting e ha rivelato una delle sue grandi sorprese sul casting di Guardiani della Galassia.

Su Threads, a Gunn è stato chiesto se c’è mai stato un momento in cui, durante il casting, era sicuro che un attore non sarebbe stato adatto a un ruolo, solo per rimanerne stupefatto al punto da dargli il ruolo. Il regista ha rivelato che inizialmente si sentiva così nei confronti di Chris Pratt quando stava cercando l’attore per interpretare Star-Lord.

Gunn ha anche approfondito il modo in cui i direttori del casting svolgono il proprio lavoro, stilando lunghi elenchi di attori che potrebbero essere adatti per i ruoli e rimanendo aggiornati sui nuovi e talentuosi attori emergenti. “I direttori di casting – ha scritto -vJames Gunn – spesso cominciano creando lunghe liste di attori che potrebbero interpretare un ruolo. Queste liste includono attori di serie A che generalmente non fanno il provino e passano direttamente alla fase di offerta, e attori meno noti che potrebbero essere buoni per il ruolo e che attraversano il processo di audizioni (un bravo casting director ha familiarità con il maggior numero di attori è possibile nell’industria – ed è sempre alla ricerca di nuovi talenti). I produttori e io aggiungeremo poi altri suggerimenti e idee a quella lista, e io faccio una classifica di quelli che preferisco.”

La collaborazione più recente tra James Gunn e Chris Pratt è stata Guardiani della Galassia Vol. 3, ancora una volta scritto e diretto da James Gunn. I veterani dell’MCU Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave Bautista, Sean Gunn, Karen Gillan, Pom Klementieff, Bradley Cooper e Vin Diesel sono tornati per riprendere i rispettivi ruoli di Star-Lord, Gamora, Drax, Kraglin, Nebula, Mantis, Rocket e Groot, mentre Maria Bakalova è tornata nei panni di Cosmo the Spacedog. Il sequel ha visto anche l’introduzione dei nuovi arrivati ​​in franchising Will Poulter e Chukwudi Iwuji, che interpretano i ruoli di Adam Warlock e l’Alto Evoluzionario.

I Fantastici 5: due clip dal terzo e quarto episodio con Raoul Bova

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Guarda due nuove clip tratte dal terzo e quarto episodio della serie tv I Fantastici 5 prodotta da Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con RTI, che andrà in onda oggi, mercoledì 24 gennaio, in prima serata su Canale 5.  

Nel cast Raoul Bova, Gianluca Gobbi, Francesca Cavallin, Gaia Messerklinger, Chiara Bordi, Vittorio Magazzù, Fiorenza D’Antonio, Enea Barozzi, Rachele Luschi e Giulia Patrignani.  La regia è affidata ad Alexis Sweet e Laszlo Barbo.

https://youtu.be/eR8bA2fd4zo

https://www.youtube.com/watch?v=JdEP6EzEtD8

I Fantastici 5: la trama del terzo episodio

Proprio prima dei campionati italiani, Riccardo sembra aver trovato un po’ di fiducia dai suoi atleti, ma un nuovo problema sembra subito scalfire la loro serenità: Marzia non si presenta agli allenamenti. Trovarla sarà una corsa contro il tempo, mentre capire cosa c’è dietro alla sua fuga racconterà aspetti nascosti del suo passato. Nel frattempo, mentre Laura cerca di integrarsi nel gruppo e Christian si accorge di alcuni comportamenti strani di Isabella, Riccardo esce per la prima volta con Alessandra. Che tra i due stia per nascere qualcosa?

I Fantastici 5: la trama del quarto episodio

La squadra è ormai pronta per le gare che potrebbero garantire la qualificazione agli Europei e la tensione è alle stelle. Ma le prestazioni sportive di Christian e Laura sono in calo: problemi sentimentali e questioni legali li distraggono dalla pista. Nel frattempo, Anna cerca conferme nella sua relazione con Elia, che sembra però allontanarsi da lei e avvicinarsi sempre di più a Giorgia, con cui ha una chiara sintonia. Le due sorelle, il cui legame corre così su un filo sempre più sottile, scopriranno però qualcosa che potrebbe sconvolgere il rapporto con il padre.

Oscar: Christopher Nolan paragona il ruolo di Oppenheimer di Cillian Murphy al Joker di Heath Ledger

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Christopher Nolan ha rivelato che vedere Cillian Murphy trasformarsi in J. Robert Oppenheimer gli ha ricordato quando ha visto Heath Ledger trasformarsi nel Joker del Il Cavaliere Oscuro. Parlando con Variety, Nolan ha reagito alla recente nomination all’Oscar di Cillian Murphy per la sua interpretazione in Oppenheimer nel 2023.

Era già dalle prove di trucco e parrucco, che giriamo in Imax e in bianco e nero“, ha detto Nolan. “Si inizia a vedere l’attore che dà vita a un’icona, mettendosi il cappello, la sigaretta all’angolo della bocca. Si inizia a vedere come si muove. È un momento emozionante. Lo è in ogni film. Vedere Cillian mettere insieme questa iconografia mi ha ricordato le mie prove di trucco e parrucco con Heath Ledger per il Joker“.

Come ha reagito Cillian Murphy alla nomination agli Oscar per Oppenheimer di Christopher Nolan?

Cillian Murphy, nel frattempo, ha detto che si trovava a casa sua in Irlanda quando ha saputo di aver ricevuto una nomination all’Oscar per il suo ruolo, affidatogli da Christopher Nolan, di Oppenheimer.

Le parole non rendono giustizia“, ha detto Murphy a proposito della sua nomination. “Credo che i superlativi non bastino a questo punto. Sono davvero onorato e un po’ sopraffatto. Ma soprattutto orgoglioso del film e del fatto che abbia ottenuto così tanto. Ha superato tutte le nostre aspettative, di tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione di questo film. Mi capita sempre che la gente venga da me per strada e mi dica: “Ho visto il film cinque volte. E poi si tratta di persone anziane, giovani e ragazzi e ragazze. È pazzesco. E poi essere riconosciuti dall’Academy come lo siamo stati noi, è semplicemente sbalorditivo”.

Cillian Murphy ha detto di aver festeggiato la nomination, di cui è venuto a conoscenza mentre si trovava a casa sua in Irlanda, con una tazza di tè e una fetta di torta. “È stato molto bello“, ha aggiunto. “Mia madre ha fatto un pan di Spagna. Era molto gustoso“.

Gli altri candidati all’Oscar 2024 come attore protagonista sono Bradley Cooper per Maestro, Colman Domingo per Rustin, Paul Giamatti per The Holdovers e Jeffrey Wright per American Fiction.

Oppenheimer, invece, è stato nominato anche per Miglior film, Attore non protagonista, Attrice non protagonista, Fotografia, Costumi, Regia, Montaggio, Trucco e acconciature, Musica (colonna sonora originale), Scenografia, Suono e Scrittura (sceneggiatura non originale). I vincitori saranno annunciati domenica 10 marzo 2024.

Daredevil: Born Again, confermato il ritorno di Bullseye

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Daredevil: Born Again, confermato il ritorno di Bullseye

Un recente report di ComicBook.com ha rivelato che il Benjamin Poindexter di Wilson Bethel, meglio conosciuto come Bullseye, farà il suo ritorno nella prossima serie Daredevil: Born Again di Disney+.

Bethel è apparso nella terza stagione della serie Daredevil Netflix nei panni di Poindexter, e il finale suggeriva che in futuro sarebbe diventato l’iconico cattivo dei fumetti. La fonte sottolinea che che non è chiaro quanto sarà ampio il suo ruolo, ma Bullseye avrà una parte nella prossima avventura televisiva del Diavolo di Hell’s Kitchen.

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Annunciato inizialmente al Comic-Con 2022 di San Diego dal presidente dei Marvel Studios Kevin Feige, Daredevil: Born Again vedrà Charlie Cox e Vincent D’Onofrio riprendere i loro ruoli della serie Netflix nei panni di Matt Murdock/Daredevil e Fisk.

Entrambi i personaggi sono già apparsi anche nel MCU: Daredevil è apparso in She-Hulk: Attorney at Law e brevemente in Echo, mentre Fisk è tornato in Hawkeye e in un ruolo importante sempre in Echo.

Ricordiamo che non è la prima volta che vediamo una incarnazione di Bullseye. Colin Farrell ha portato sul grande schermo il personaggio nel Daredevil con Ben Affleck.

America Ferrera è “un po’ sotto shock” per le nomination agli Oscar 2024, nel bene e nel male

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America Ferrera ha dichiarato di essere “un po’ sotto shock”, nel bene e nel male, in merito alle nomination agli Oscar 2024. L’aspetto che la rende felice è sicuramente la sua prima nomination personale, come Migliore attrice non protagonista, per Barbie, che lei definisce “surreale e incredibile”; il lato negativo è il fatto che Greta Gerwig e Margot Robbie, le visionarie dietro l’innovativo blockbuster, sono state snobbate, rispettivamente nelle categorie Regia e Miglior Attrice. Il suo disappunto segue delle dichiarazioni simili di Ryan Gosling.

“Sono le mie ragazze e voglio vedere celebrato il loro incredibile, straordinario lavoro. Hanno fatto la storia, hanno fissato un nuovo standard”, ha detto Ferrera a Deadline. “Non solo hanno battuto i record al botteghino, ma hanno realizzato qualcosa che ha avuto risonanza in tutto il mondo, e l’impatto di ciò che hanno realizzato è e continuerà a farsi sentire nella nostra cultura. Penso di unirmi a molte persone nel volerle vedere riconosciute per questo.”

Per America Ferrera, ciò che ha reso Barbie un progetto così unico è stato quanto fosse inaspettato, a partire dalla decisione della star produttrice Margot Robbie di rivolgersi a Greta Gerwig come co-sceneggiatrice e regista. “Penso che da quel momento la gente si sia interessata a ciò che la mente di Greta come regista avrebbe fatto con Barbie, e lei ha messo insieme artisti incredibili, davanti alla macchina da presa e dietro, per dare vita alla sua visione” ha detto l’attrice. “La sceneggiatura era così divertente, sovversiva e irriverente, ma osava anche avere un cuore e un messaggio.”

“È un viaggio davvero incredibile, incredibilmente divertente e sorprendente da intraprendere, per tornare indietro e rendersi conto che il film parlava sempre di noi, della bellezza della vita e della vita che vale la pena vivere. Sento che è così che mi fanno sentire i grandi film”, ha detto Ferrera. “Quando ho visto un film fantastico, mi sento più entusiasta non solo di ciò che è possibile nella narrazione, ma anche di ciò che è possibile nella vita, e sento che questo è ciò che Greta è riuscita a realizzare con questo film.”

La cerimonia degli Oscar 2024 si terrà domenica 10 marzo alle 16:00. PT al Dolby Theatre dell’Ovation Hollywood di Los Angeles. Jimmy Kimmel torna come presentatore per il secondo anno consecutivo e per la quarta volta complessiva.

Nella categoria per la Migliore attrice non protagonista, America Ferrera se la vedrà con Emily Blunt – Oppenheimer, Danielle Brooks – Il colore viola, Jodie Foster – Nyad e con la favorita, Da’Vine Joy Randolph – The Holdovers – lezioni di vita.

La finestra sul cortile: il film sulla visione spettatoriale di Alfred Hitchcock ha 70 anni

Il cinema è fatto di sguardi. Occhi che si posano su immagini impresse su un telaio bianco, le cui forme e colori disegnano un mondo con una lingua tutta propria, in cui perdersi è inevitabile, e a volte persino necessario. Perché la settima arte è la dimensione fittizia perfetta per evadere da una realtà in cui sentirsi scomodi o ingombranti non è evento raro. Allora si cerca altrove, in uno spazio fatto di luci e ombre, dove il solo guardare diventa piacere viscerale, desiderio, bramosia, anche ossessione. Essere spettatori delle vite altrui e trarne godimento è un’esperienza che si può vivere con l’arte cinematografica, lì dove il pubblico diventa voyeur eccitato, e si abbandona dentro la cornice di un’inquadratura in cui ci si appropria di personaggi, luoghi e situazioni. Un concetto che dagli albori del cinema ha visto la sua massima rappresentazione in La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, film-manuale in technicolor datato 1954 che quest’anno compie settant’anni, e che non sembra invecchiato di un giorno.

La finestra sul cortile, la “regia pura”

Un lungometraggio fondato su un concetto di regia puro, un vero e proprio manuale per i filmmaker. Un thriller costruito ad hoc, come lo sono in fondo anche gli altri della filmografia del maestro del brivido, in cui le architetture scenografiche, esaltate dal gioco visivo di inquadrature studiate, esprimono chiaramente quale sia il significato del cinema stesso, esaltandolo, e come noi dall’altra parte ne assorbiamo l’essenza. Un inno, perciò, a ciò che è il linguaggio filmico, ma in particolare a chi ne fruisce, diventandone a sua volta protagonista.

Pur essendo una storia di detection, La finestra sul cortile si impianta su una trama lineare visivamente stratificata: Jeff, interpretato da un meraviglioso James Stewart (che aveva già lavorato con Hitchcock in Nodo alla gola), è un fotoreporter costretto su una sedia a rotelle a causa di un infortunio, che passa le sue giornate a guardare il vicinato dalla finestra, entrando nelle quotidianità degli inquilini dei palazzi di fronte. Man mano che il suo sguardo penetra nelle abitazioni, invadendo la loro privacy, Jeff inizia a familiarizzare con la loro routine, fino a quando un giorno non ipotizza l’assassinio della signora Thorwald, perpetrato dal marito. Convinto di quanto crede di aver visto, Jeff inizia a indagare con il solo uso dello sguardo, finché la sua fidanzata, Lisa, un’incredibile e elegantissima Grace Kelly, non decide di aiutarlo.

Jeff: spettatore e regista

Truffaut aveva spiegato bene, in un’intervista, la natura di La finestra sul cortile: “In questo film abbiamo un uomo immobile che guarda fuori, poi ciò che vede e poi la sua reazione. Ciò rappresenta la più pura idea cinematografica”. Dove per idea cinematografica si intende quel meccanismo proprio del cinema per cui osservazione e reazione sono strettamente legate. È il cosiddetto Effetto Kuleshov, per il quale ogni inquadratura acquisisce di senso grazie a quella che la segue e la precede. Un principio su cui si fonda il film di Hitchock, per dimostrare quanto siano potenti non solo gli strumenti del cinema, ma anche la visione spettatoriale che ne deriva. Con Jeff, il cineasta fa un’esericizio di tecnica – magistrale – per raccontarci due figure chiave della settima arte: il regista con la sua macchina da presa, e il pubblico.

Per quanto riguarda il regista, attraverso una meticolosa scelta di inquadrature, sembra che il fotoreporter operi allo stesso modo di un cineasta: modella la sua storia in base a ciò che capta al di là della sua finestra, dunque sceglie cosa osservare, e soprattutto chi, a quale porzione di spazio dare rilievo e cosa far essere importante e incisivo. Taglia, cuce, seleziona delle immagini per dare forma a un racconto che nel frattempo si concretizza. Allo stesso tempo, però, nella sua immobilità, Jeff diventa lo spettatore, che esaminando l’altro si immedesima, ipotizza e si fa coinvolgere a tal punto da farsi delle idee, senza però poter agire. Proprio come chi è in sala, seduto sulla poltrona, che subisce gli eventi senza poter intervenire. Un’analogia che si riscontra anche nella funzione dello sguardo, l’unica che il protagonista può esercitare: fra Jeff e ciò che accade c’è una distanza che non si può colmare o accorciare, e così per lo spettatore. Nessuno dei due può influenzare ciò che avviene, non può intervenire. Hitchcock usa lo spazio scenico per restituire questo concetto, avvalendosi di soli due ambienti: quello esterno, che è primario, focalizzato sui palazzi che si vedono dalla postazione del protagonista, dove si svolge l’omicidio e si costruisce il tono thriller, e quello interno, la casa in cui Jeff è bloccato, il controcampo del primo ambiente.

Per ognuno di essi riserva un tipo di inquadratura, scegliendo le soggettive – la ripresa favorita e primaria del film – quando Jeff è nell’atto dell’osservare, con zoom e raccordi sull’asse nel momento in cui ricorre alla macchina fotografica e imposta alcuni teleobiettivi. È in quell’istante che noi spettatori siamo Jeff a tutti gli effetti. Diventiamo una sola cosa con il protagonista perché ci riconosciamo: guardiamo come lui guarda, ragioniamo come lui ragiona. Maciniamo pensieri, giusti o sbagliati che siano, e abbiamo un’opinione come Jeff. Il culmine di tale processo è quando l’assassino – Thorwald – si rende conto di essere guardato e guarda a sua volta, ma direttamente in camera. I suoi occhi incrociano quelli di Jeff, ma sembrano volgersi verso noi spettatori, che nel frattempo ci siamo identificati con lui – l’obbiettivo primario di Hitchcock – e veniamo trascinati totalmente nella narrazione. Ci sentiamo in trappola, colti alla sprovvista e spaventati. Ecco che qui Hitchcock ci mostra la prima grande abilità del cinema: inghiottirci in un racconto fittizio in cui però il processo di elaborazione, percezione e sentimenti sono tutto, fuorché fasulli.

La finestra sul cortile film

Il cinema come evasione dalla realtà

Nella costruzione del suo discorso narrativo e del suo protagonista Jeff, Hitchcock tiene a sottolineare il valore del cinema come sfera dentro la quale entrare per alienarsi dalla realtà vissuta, se la condizione in cui si è non è confortevole. Il cinema, i film, sono l’opportunità da una parte per estraniarsi, dall’altra per riflettere su se stessi mentre guardiamo l’altro, che può anche diventare il nostro doppio. Come se fosse in una sala cinematografica, in cui la finestra diventa lo schermo dove si svolge lo spettacolo, Jeff si stacca dalla sua realtà domestica, nella quale sente il peso della responsabilità che ha nei confronti della sua amata Lisa, per proiettare la sua attenzione sui condomini che gli si palesano di fronte. La ragazza, molto più giovane di lui, nel fargli visita ogni giorno, sfrutta l’occasione per ricordare a Jeff del loro matrimonio, e di quanto sia necessario iniziare i preparativi per le nozze. Il fotoreporter però non è disposto a legarsi ufficialmente a lei poiché reputa i loro stili di vita incompatibili, e vorrebbe che la loro relazione rimanesse così per timore che, una volta sposati, si distrugga un equilibrio che crede intoccabile.

Per evadere da quello che è il suo contesto quotidiano, Jeff direziona il suo impegno mentale sulle coppie degli appartamenti di fronte a sé, proiettando sugli altri i suoi timori per la sua relazione e trovando, specie i coniugi Thorwald, la conferma alle sue paure, rispetto alle varie sfumature – anche negative – che può avere un rapporto d’amore, e a come si può trasformare in un rapporto tanto conflittuale che può portare all’omicidio. Lo spettatore, similmente, opera allo stesso modo. Nel racconto che si modella sullo schermo, Jeff trova una via di fuga che lo distoglie dalle sue dinamiche personali, ma anche uno spunto che lo spinge a riflettere ancora di più su quello che lo affligge. Come se, rintracciando delle affinità con quelle persone, vedesse una rappresentazione di sé e di un suo possibile futuro. È qui, dunque, che Hitchcock dimostra quanto la macchina del cinema ha una doppia funzione e svolge due compiti che si intrecciano l’uno all’altro, facendoci capire quanto, pur non accorgendocene in maniera conscia, la materia narrativa, ma soprattutto le immagini filmiche, possano influenzare il nostro privato e essere rivelatrici. Rendendoci, di conseguenza, parte integrante della storia.

Il piacere del guardare

La tematica più centrale messa in campo da Hitchcock in La finestra sul cortile, che si lega a doppio filo al concetto di spettatore, è il piacere del guardare, il voyeurismo, su cui il maestro del brivido fa una disamina quasi filosofica. Se il cinema è evasione e universo parallelo attraverso cui ragionare su alcuni aspetti della propria vita (come abbiamo detto poc’anzi), è anche dimostrazione di quanto l’essere umano sia attratto dalle esistenze altrui e provi assoluto godimento nel guardarle. Jeff è, infatti, rapito da ciò che può vedere dalla finestra del suo appartamento, pezzi di vita quotidiana che gli si dipanano davanti agli occhi e di cui non riesce a fare a meno. Il fotoreporter rappresenta un’altra caratteristica dello spettatore al cinema, interessato ai personaggi che si muovono sullo schermo, desideroso di fare ingresso – pur tacitamente – nel loro intimo quotidiano e così interpretarlo. È un’attrazione la sua, una pulsione viva, un potere che solo lui possiede, lo stesso che accomuna il protagonista hitchcockniano al pubblico in sala, e a cui non riesce a sottrarsi, tanto che Stella – l’infermiera che si prende cura di Jeff – a un certo punto gli dirà “siamo diventati una razza di guardoni”, dichiarando la sua, ma anche la nostra, posizione voyeuristica (e spettatoriale).

Ecco perché quando nel film Lisa si intrufola nella casa di Thorwald, diventando oggetto di visione e soggetto attivo della diegesi, cresce in Jeff l’interesse per lei che prima, quando gli era accanto, non provava. La ragazza è entrata di diritto nella narrazione, è protagonista del racconto da lui “fruito”, e riesce a guadagnarsi la sua attenzione totale, fino a che il suo gesto da eroina non distenderà il loro rapporto (Jeff si renderà conto di quanto tiene a lei) e risolverà, in ultimo, la crisi.

La finestra sul cortile è dunque un manifesto sul cinema e lo spettatore e, come scrive Paolo Bertetto in L’interpretazione dei film, è “un processo che insieme esibisce e analizza non solo l’orizzonte tecnico del cinema, ma anche quello comunicativo, e che progressivamente ci fa vedere come funziona la macchina cinema, come si realizza il rapporto spettatoriale, come si costruisce la visione filmica, come si sviluppa la narrazione e la messa in scena cinematografica.” In definitiva, uno dei capolavori indiscussi del cinema, da vedere, studiare, ricordare in eterno.

The Mandalorian: ufficializzato un fondamentale cambiamento per il personaggio di Din Djarin

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Star Wars ha finalmente confermato un importante cambiamento nel Din Djarin di Pedro Pascal all’indomani della stagione 3 di The Mandalorian, qualcosa che offre all’amato personaggio un futuro promettente nel franchise.

Mentre la stagione 3 di The Mandalorian è stata accolta con recensioni contrastanti, in particolare in termini di cambiamento e per come viene messo da parte l’arco narrativo del personaggio di Din Djarin, la sua eredità ha infine aperto la strada al prossimo film di The Mandalorian & Grogu. Il finale della stagione 3 definisce ancora magnificamente il futuro di Din, con Star Wars che ora ha confermato un importante cambiamento nel suo personaggio.

In un comunicato stampa di Hasbro, una nuova figura di Din Djarin – modellata sulla sua apparizione nella stagione 3 di The Mandalorian, episodio 2 “Capitolo 18: Le miniere di Mandalore” – è stata fornita una descrizione che definisce il suo futuro di Star Wars. Hasbro scrive che Din Djarin era “una volta un cacciatore di taglie solitario” prima di riunirsi con Grogu e adottarlo come suo, confermando che Din non è più un cacciatore di taglie. Questa è la prima volta che Star Wars parla veramente di questo cambiamento chiave del personaggio, dopo che la stessa stagione 3 di The Mandalorian ha anticipato il suo nuovo ruolo nella Nuova Repubblica nel finale.

Anche la descrizione di Hasbro della loro nuova figura di Grogu enfatizza questo nuovo ruolo di Din, dal momento che vi si può leggere che il duo “prenderà posizione contro i residui imperiali”. Si tratta di qualcosa che è stato parzialmente visto nella stagione 3 di The Mandalorian, ma sarà senza dubbio al centro del film The Mandalorian & Grogu, così come di una potenziale stagione 4.

Lily Gladstone: la sua reazione alla nomination agli Oscar 2024

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Lily Gladstone: la sua reazione alla nomination agli Oscar 2024

Abbiamo già segnalato quanto sia importante e storica la nomination di Lily Gladstone agli Oscar 2024. L’attrice è infatti la prima donna nativa americana a entrare in categoria per la sua performance in Killers of the Flower Moon. Dopo mesi di successo di critica, il film ha ottenuto diverse nomination agli Oscar, tra cui Miglior film, Miglior regista e Miglior attrice per Gladstone.

Parlando con Entertainment Weekly, Gladstone ha espresso una risposta emotiva a questa storica nomination all’Oscar. L’attrice ha iniziato la sua dichiarazione rendendo omaggio alle fantastiche attrici indigene che l’hanno preceduta, tra cui Sheila Tousey di Cuore di tuono e Keisha Castle-Hughes di La ragazza delle balene, che è stata “la più giovane e la prima candidata indigena nella categoria”. Ecco la dichiarazione completa:

“È incredibile e gran parte di me vuole solo dire che non avrei dovuto essere io. Questo sarebbe dovuto accadere molto tempo fa. Ho condiviso lo schermo in questo film con Tantoo Cardinal, che viene dal Canada, un confine che ha attraversato molti di noi. Sono cresciuta guardando le esibizioni di Sheila Tousey, con cui ho avuto la fortuna di condividere il palco ad un certo punto della mia carriera. Il suo lavoro in Cuore di tuono, lo sento, sarebbe dovuto essere nominato in ogni cosa. Non esiste attrice viva che superi il talento di Sheila. È una delle vere grandi.

È incredibile che ciò sia accaduto, e ci è voluto un po’ di tempo. Ricordo quando Keisha Castle-Hughes fu nominata per La ragazza delle balene, e ricordo come mi sentii quando guardai questa incredibile attrice, la più giovane e la prima candidata indigena nella categoria, raccontare questa storia. Sembrava così universale e così vicino alla mia educazione, al mio rapporto con la mia terra, con la mia famiglia, con mio padre, con la mia lingua, tutto questo. È stato incredibile vedere la sua rappresentazione, e sembra che sia un vero onore.

Lo dico sempre, non è del tutto mio (questo traguardo). Appartiene a così tante persone: la nazione Osage, la nazione dei piedi Neri, la nazione Nez Perce, ogni attore indigeno sulle cui spalle sto. È circostanziale che io sia la prima e ne sono molto grato. So solo che non sarò l’ultima, neanche lontanamente.”

Squid Game: la seconda stagione uscirà entro il 2024

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Squid Game: la seconda stagione uscirà entro il 2024

Netflix ha confermato che la seconda stagione di Squid Game arriverà entro la fine del 2024. Nell’annuncio in merito al secondo ciclo della serie in lingua coreana del creatore Hwang Dong-hyuk, la piattaforma ha dichiarato:

“Guardando al futuro, nonostante gli scioperi dello scorso anno abbiano ritardato il lancio di alcuni titoli, abbiamo un programma ampio e audace per il 2024. Il pubblico potrà scegliere tra serie drammatiche di grande successo come ‘The Diplomat’ S2, ‘Bridgerton’ S3, ‘Squid Game’ S2 e ‘L’Imperatrice’ S2; serie senza sceneggiatura come “Tour de France: Unchained” S2, “Love is Blind” S6, “F1: Drive to Survive” S6 e “Full Swing” S2; e nuovissimi programmi come ‘3 Body Problem’ (basato sul romanzo più venduto e dagli showrunner di ‘Il Trono di Spade’), ‘Griselda’ (con Sofia Vegara, in anteprima questa settimana), ‘The Gentlemen’ (di Guy Ritchie ), ‘Eric’ (con Benedict Cumberbach), ‘Avatar: The Last Airbender’, ‘Cien Años de Soledad’, dalla Colombia basato sul romanzo di Gabriel García Márquez e Senna dal Brasile.”

I dirigenti di Netflix hanno confermato che anche la quarta stagione di “Emily in Paris” verrà lanciata entro la fine dell’anno.

La prima stagione di nove episodi di Squid Game di Dong-hyuk è stata lanciata nel 2021. Il dramma su una gara mortale tra poveri concorrenti per vincere 45,6 miliardi di ₩ si è rivelato un grande successo per Netflix ed è stato nominato per 14 Emmy, inclusa la categoria riservata alla migliore serie drammatica (la prima per una serie non in lingua inglese), vincendo sei riconoscimenti.

Squid Game ha fatto la storia anche agli Screen Actors Guild Awards 2022, diventando la prima serie in lingua non inglese e la prima serie coreana a ottenere nomination per il cast di una serie drammatica, l’attore in una serie drammatica (Lee Jung-jae), attrice in una serie drammatica (Jung Ho-yeon) e in un ensemble di stunt. Lee Jung-jae e Ho-yeon hanno vinto i premi. Squid Game ha vinto anche tre Golden Globe, tra cui quello per la migliore serie drammatica.

Dopo mesi di speculazioni sull’opportunità o meno per lo show di avere una seconda stagione, Netflix ha confermato nel gennaio 2022 che la serie sarebbe stata rinnovata. Il CEO di Netflix, Ted Sarandos, ha dichiarato durante una call con gli analisti: “Assolutamente. L’universo di ‘Squid Game’ è appena iniziato.” Da allora l’universo di Squid Game è stato ampliato con una serie unscripted, Squid Game: La Sfida, e un videogioco di prossima uscita.

Ryan Gosling contrariato con l’Academy per le mancate nomination agli Oscar di Greta Gerwig e Margot Robbie

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Non c’è Ken senza Barbie“, così ha detto Ryan Gosling in una dichiarazione, dopo l’annuncio delle nomination agli Oscar 2024. Il protagonista maschile di Barbie, che ha ricevuto una nomination come miglior attore non protagonista, si è espressa contro l’Academy per aver ignorato il lavoro di attrice di Margot Robbie e quello di regista di Greta Gerwig.

“Sono estremamente onorato di essere nominato dai miei colleghi insieme ad artisti così straordinari in un anno di così tanti grandi film. E non avrei mai pensato di dirlo, ma sono anche incredibilmente onorato e orgoglioso che sia per aver interpretato una bambola di plastica di nome Ken”, inizia la dichiarazione di Gosling. “Ma non esiste Ken senza Barbie, e non esiste il film ‘Barbie’ senza Greta Gerwig e Margot Robbie, le due persone maggiormente responsabili di questo film storico e celebrato in tutto il mondo”.

Gerwig e Robbie erano due nomi che si davano per scontati alla vigilia di queste nomination, tanto che qualcuno pensava che Robbie avrebbe anche potuto ambire alla vittoria. Entrambe hanno avuto la loro nomination, Margot Robbie per il miglior film, essendo produttrice con la sua LuckyChap, e Greta Gerwig come sceneggiatrice, nella categoria riservata agli script adattati. Tuttavia si immaginavano per loro delle doppie nomination che non sono arrivate, generando lo scontento, tra gli altri, di Ryan Gosling.

“Nessun riconoscimento sarebbe possibile per qualcuno che ha partecipato al film senza il loro talento, la loro grinta e il loro genio. Dire che sono deluso dal fatto che non siano state nominate nelle rispettive categorie sarebbe un eufemismo”, continua Gosling. “Contro ogni previsione, con nient’altro che un paio di bambole senz’anima, poco vestite e, per fortuna, senza genitali, ci hanno fatto ridere, ci hanno spezzato il cuore, hanno smosso la cultura e hanno fatto la storia. Il loro lavoro dovrebbe essere riconosciuto insieme agli altri candidati molto meritevoli. Detto questo, sono così felice per America Ferrera e gli altri incredibili artisti che hanno contribuito con il loro talento a realizzare questo film così innovativo”.

Gosling nomina Ferrera, che ha ottenuto una nomination come migliore attrice non protagonista per la sua interpretazione in Barbie. La commedia ha ottenuto otto nomination in totale, tra cui costumi, scenografia e due canzoni originali (“I’m Just Ken” e “What Was I Made For?”). Per Ryan Gosling è la terza candidatura all’Oscar per l’attore, dopo due precedenti candidature per “Half Nelson” (2006) e “La La Land” (2016).

Il 10 marzo se la vedrà con Sterling K. Brown American FictionRobert De Niro Killers of the Flower Moon, Robert Downey JrOppenheimer e Mark RuffaloPovere Creature.

Dieci minuti: recensione del film di Maria Sole Tognazzi

Dieci minuti: recensione del film di Maria Sole Tognazzi

Il cinema di Maria Sole Tognazzi è donna. La regista, che ha all’attivo cinque lungometraggi, un documentario e un corto, ama posare gli occhi – e la macchina da presa – su sguardi, tormenti e gioie femminili, per affrescarne un dipinto elegante, delicato e dettagliato. Da Viaggio da sola a Io e lei, fino all’ultimo Dieci minuti, Tognazzi mette al centro della sua poetica le donne, figure che, come lei stessa dice quando era agli inizi della sua carriera, non hanno mai ricoperto un ruolo centrale e privilegiato, ma si sono spesso dovute accontentare di essere un supporto, comprimarie secondarie, “costrette” a rimanere un passo indietro e mai nel cono di luce che meritavano.

I tempi, però, stanno cambiando, non solo nel tessuto sociale ma anche in quello cinematografico, e lo dimostrano i recenti prodotti audiovisivi in cui non solo ci sono più protagoniste da raccontare, ma anche più registe che esprimono la loro unica e attenta visione. E così la cineasta si inserisce in quella categoria di artiste che sente l’esigenza di far emergere, o per meglio dire irrompere, voci e presenze femminili sullo schermo, partendo da un testo di riferimento scritto da una donna, Chiara Gamberale, e avvalendosi di una co-sceneggiatrice, Francesca Archibugi (La Storia), che la aiutasse a modellare la storia di Bianca, nel romanzo Chiara. Dieci minuti è una produzione Indiana Production e Vision Distribution, in collaborazione con Netflix e Sky, ed è nelle sale dal 25 gennaio, giorno in cui – coincidenza – debutterà un altro film che si cuce addosso a una donna e porta sulle spalle il suo percorso di crescita e scoperta: il Leone d’Oro Povere Creature!

Dieci minuti, la trama

Bianca è nel periodo peggiore della sua vita. Il marito Niccolò l’ha lasciata all’improvviso e lei non si capacita del perché: in fondo, secondo la sua distorta visione, andava tutto bene. Eppure lui è risentito: non si sente ascoltato e supportato, gira tutto intorno alla moglie. Non è riuscita nemmeno ad accorgersi che ha un’altra. Sul fronte del lavoro, le cose procedono allo stesso modo: sul treno verso casa, Bianca viene chiamata dal suo responsabile e licenziata in tronco. In più, in un gioco di flashback, pare che la donna sia segnata anche da un incidente, avvenuto poco dopo la separazione, che l’ha fatta smettere di guidare. Tutti questi eventi l’hanno destabilizzata, rendendola assente e inerme davanti a tutto e tutti. Non riesce a fare molto, Bianca, se non andare dalla dottoressa Brabanti, psicanalista che le propone una sfida per scuoterla dal suo torpore quotidiano: tutti i giorni, una volta al giorno, Bianca deve fare qualcosa di completamente nuovo, che fuoriesca dalla sua normalità. Qualcosa che magari non farebbe mai. Grazie a questa terapia, Bianca farà nuovi incontri, scoprirà legami speciali e inizierà ad ascoltare chi le ha sempre voluto bene. Tentando di affrontare la sua crisi.

Dieci minuti

Oltre le barriere della mente

Il quasi omonimo romanzo di Chiara Gamberale, Per dieci minuti, è un racconto intimo e autobiografico di una donna nel pieno della sua (ri)fioritura. Un percorso, ma anche un processo, di ardua rinascita che si riscontra nel film liberamente ispirato di Tognazzi, in cui a essere messa in luce è la paura dell’abbandono e come questa lavori sulla psiche umana tanto da disintegrarla. Bianca è piena di fragilità, spesso immobile e cieca davanti a una vita che le scorre e in cui c’è un crocevia di persone a cui lei non riesce a dare la dovuta attenzione. Neppure al marito. Crede di essere partecipe delle esistenze degli altri, ma in realtà non ascolta, non si connette con il resto del mondo e nel frattempo, senza accorgersene, viene risucchiata in una solitudine che, se prima era solo prigione mentale, diventa poi fisica con la separazione da Niccolò.

Si intersecano in lei emozioni contrastanti, ma è l’essere inerme a dominarla nel quotidiano e a farla sprofondare nel buio. È spenta ed egoriferita la Bianca di una quanto più umana e tenera Barbara Ronchi, consumata dalle sue stesse paranoie e dal timore di conoscere verità che sarebbe meglio sigillare in un cassetto faendo finta che non esistano. Perché spesso è più semplice crearsi una realtà immaginaria, piuttosto che fare i conti con quella vera, più dura e complessa. Occhi smarriti, sguardo basso e cupo, labbra spesso arricciate: rimanendo fissa sul suo volto sofferente, la regista intercetta tutte le sfumature di un animo travagliato, compiendo un viaggio nelle emozioni e nei turbamenti di una donna in piena crisi esistenziale, che tenta alla fine di tornare a galla e rinascere dalle sue ceneri. Dandosi la possibilità di riscoprirsi e forse proprio di conoscersi nel profondo.

Un cast ben assortito

Come dicevamo all’inizio di questa recensione, Maria Sole Tognazzi si dedica anima corpo e cuore alle sue protagoniste, le accarezza dolcemente, ecco perché le donne del film, e in particolare la sua Bianca, hanno una posizione di assoluto rilievo. Ronchi ha due comprimarie di tutto rispetto, una più che credibile Margherita Buy nelle vesti della psicanalista, il cui ruolo le calza a pennello, e Fotinì Peluso, il cui personaggio è stato scritto per il film, che interpreta Jasmine, la sorella di Bianca, una ragazza da un lato esuberante, dall’altro bisognosa di trovare un posto (che non è un luogo bensì una persona) da chiamare casa. Nonostante Dieci minuti sia una storia che favorisce il punto di vista e la solidarietà femminile, la figura maschile – in questo caso Niccolò in primis – non è mai posta sotto la lente del giudizio.

La regista non è intenta a fare la morale e non vuole trasformare un racconto prevalentemente drammatico – con deliziosi inserti divertenti – in una narrazione femminista, tanto che empatizzare e comprendere il personaggio di Alessandro Tedeschi è pressoché naturale. Resta sì sullo sfondo, ma è bilanciato e ben caratterizzato e considerato, non diventando mai oggetto di critiche. Al netto di quanto scritto, ciò che invece sembra mancare un po’ è la completezza del gioco dei “dieci minuti”: seppur si riesca a mostrare come una soluzione divertente e funzionale per far uscire Bianca dall’impasse in cui si trova, sembra che non ci si sia voluti sbilanciare troppo sui vari momenti in cui si dedica a fare quell’altro che le fa paura, schifo o la entusiasmi. Sarebbe stato interessante esplorare meglio questo aspetto, e vedere fin dove la fantasia delle creatrici potesse spingersi. Ciononostante, Dieci minuti è un film godibile, buono, che si lascia amare nel suo essere delicato e calibrato, e dimostra quanto Maria Sole Tognazzi si prenda cura delle sue antieroine, facendole brillare di luce propria nonostante le ferite che si portano addosso.

Black Box – La scatola nera: la spiegazione del finale del film

Black Box – La scatola nera: la spiegazione del finale del film

Nel 2021 il regista e sceneggiatore Yann Gozlan, regista anche di Un homme idéal, Burn Out Visions porta al cinema un film che da tempo desiderava realizzare: Black Box – La scatola nera. Appassionato di aviazione civile, Gozlan si è infatti sempre detto interessato a dar vita ad una storia su questo tema, concentrandosi però sugli aspetti più cupi e drammatici legati all’aviazione, ovvero quello dell’incidente aereo e di quanto ne segue. “Questo universo, incredibilmente cinematografico dal mio punto di vista, con una posta in gioco finanziaria colossale, in cui coesistono interessi divergenti, mi sembrava un’ambientazione originale ed emozionante per un film“, ha dichiarato.

Gozlan, insieme ai tre co-sceneggiatori Jérémie Guez, Simon Moutaïrou e Nicolas Bouvet-Levrard dà dunque vita ad un thriller ricco di colpi di scena, sospetti, verità celate e la ricerca ossessiva per portarle alla luce. Ma Black Box – La scatola nera è anche un film che vuole riflettere sulla facilità con cui gli uomini o le aziende di potere possano manipolare la realtà a loro piacere, scampando così alle conseguenze dei problemi di cui sono più o meno direttamente artefici. Offrendo tutto ciò, il film si è affermato come un grande successo in Francia, ottenendo riscontri di pubblico e critica particolarmente positivi.

Il film si è poi distinto per il suo lavoro sul sonoro e il montaggio, che contribuiscono ad un’esperienza visiva particolarmente accattivante. Per chi ha apprezzato film simili come Flight o Sully, Black Box – La scatola nera è dunque un film da non perdere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori e riguardo la spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama e il cast di Black Box – La scatola nera

Quando il volo Dubai-Parigi con 300 passeggeri a bordo si schianta con una dinamica misteriosa, il giovane Mathieu Vasseur, tecnico della BEA, (l’autorità responsabile delle inchieste sulla sicurezza nell’aviazione civile), viene chiamato ad occuparsi del caso. Rinvenuta la scatola nera, questa non sembra riportare nulla di anomalo e il caso viene chiuso in fretta. Tuttavia, Vasseur, poco convinto dell’esito, continua le sue indagini personali. Le tracce audio rivelano dei dettagli che gli fanno pensare a una manomissione del contenuto della scatola nera. La sua ipotesi è quella di attentato. Contravvenendo agli ordini del suo capo Philippe Rénier, inizia una coraggiosa ricerca di prove in grado di confermare la sua tesi.

Ad interpretare Mathieu Vasseur vi è l’attore Pierre Niney, noto per i film Yves Saint Laurent, Masquerade – Ladri d’amore e Il libro delle soluzioni. Per prepararsi al ruolo, Pierre Niney ha trascorso diverse settimane lavorando a fianco degli agenti del BEA. Per la sua interpretazione in questo film, Niney è stato candidato al premio Cesar come Miglior attore. Accanto a lui, nel ruolo di sua moglie Noémie vi è l’attrice Lou de Laâge, recentemente vista anche in Un colpo di fortuna – Coup de Chance. Recitano poi nel film gli attori André Dussollier nel ruolo di Philippe Rénier, capo di Mathieu, e Sébastien Pouderoux in quelli di Xavier Renaud, capo dell’azienda Pegase Security. Olivier Rabourdin è infine Victor Pollock, superiore di Mathieu.

Black Box - La scatola nera Pierre Niney

La spiegazione del finale di Black Box – La scatola nera

Tutto il film è dunque costruito sul sospetto di una realtà diversa da quella che si cerca di portare avanti. Le ricerche di Mathieu, infine, confermeranno questo sospetto portando alla luce come le aziende operanti nel campo della sicurezza – in questo caso in quello dell’aviazione – non possano permettersi che avvengano incidenti che ne macchino la reputazione. Quando questi però si verificano, l’unica soluzione sembra essere quella di occultare le prove. Ecco allora che verso il finale Mathieu scopre che proprio il suo superiore Victor Pollock ha alterato le registrazioni audio dell’incidente aereo. Arriva a tale scoperta dopo aver riascoltato le registrazioni audio di un precedente incidente di elicottero.

In tale registrazione rileva dei numeri che rappresentano delle coordinate GPS che conducono ad uno stagno sul fondo del quale trova la vera registrazione della scatola nera dell’aereo. Insieme ad essa c’è dunque un video di Pollock che racconta di aver lavorato in segreto con Xavier Renaud, per anni, il quale l’ha costretto a falsificare le scatole nere. Nonostante Mathie rimanga poi ucciso in un incidente d’auto, causato da coloro che lo tenevano d’occhio, la sua scoperta viene comunque alla luce e durante una presentazione pubblica per la sua azienda, Xavier viene infine arrestato per gli atti da lui commessi contro la verità.

Black Box - La scatola nera spiegazione finale

Black Box – La scatola nera è tratto da una storia vera?

Il film Black Box – La scatola nera non è ispirato ad una storia vera in particolare, ma riprende in modo evidente elementi presenti nella realtà e propri del mondo dell’aviazione. Il primo di questi è proprio la scatola nera, il noto dispositivo elettronico di registrazione dei dati installati in un aeromobile o una imbarcazione con lo scopo di facilitare le indagini dopo un incidente. Questi apparati sono generalmente progettati per resistere alle condizioni che si possono creare in un incidente grave, preservando le registrazioni. In numerosi noti casi di incidenti aerei, la scatola nera si è infatti rivelata decisiva per stabilire cosa ha causato l’incidente. Il film però costruisce da zero il complotto alla base del film, non prendendo spunto in questo dalla realtà.

Il trailer di Black Box – La scatola nera e dove vedere il film in streaming e in TV

Sfortunatamente il film non è presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive in Italia. È però presente presente nel palinsesto televisivo di martedì 23 gennaio alle ore 21:20 sul canale Rai 4. Di conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per trovare il film e far partire la visione.

Atomica Bionda: 10 cose che forse non sai sul film

Atomica Bionda: 10 cose che forse non sai sul film

Dinamico film d’azione con l’attrice Charlize Theron, Atomica Bionda è stato distribuito nelle sale nel 2017, ottenendo un buon riscontro di critica e pubblico. In particolare sono divenute memorabili l’interpretazione della protagonista, le numerose sequenze d’azione e la regia, tutti elementi che hanno aggiunto spessore ad una storia intrisa di toni thriller, incentrata in contesto di spionaggio nella Berlino del 1989.

Ecco 10 cose che forse non sai su Atomica Bionda.

Atomica Bionda: la trama del film

1. È ambientato in un anno cruciale. Nel 1989, alla vigilia del crollo del muro di Berlino e del cambiamento nelle alleanze tra superpotenze, Lorraine Broughton, una spia del massimo livello dell’MI6, viene inviata a Berlino per recuperare una lista contenente i nomi di tutti gli agenti occidentali in azione e i loro affari. La donna riceve l’ordine di cooperare col direttore della sede di Berlino, David Percival. I due formano un’incerta alleanza, scatenando tutto il loro arsenale di abilità nel perseguire una minaccia che mette a rischio l’intero mondo delle operazioni di spionaggio dei paesi occidentali.

Atomica Bionda: il cast del film

2. Ha una premio Oscar per protagonista. Al centro del film vi è l’attrice premio Oscar Charlize Theron, nel ruolo di Lorraine Broughton. Accanto a lei è possibile ritrovare gli attori James McAvoy, nel ruolo di David Percival, gli attori John Goodman, Bill Skarsgård e Eddie Marsan.

3. Charlize Theron si è allenata duramente per il ruolo. Per essere in forma smagliante e poter interpretare al meglio le dinamiche scene del film, l’attrice si è allenata con otto personale trainer, che l’hanno aiutata ad implementare le sue capacità fisiche. L’attrice si è inoltre allenata insieme all’attore Keanu Reeves, che stava invece lavorando al film John Wick – Capitolo 2.

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4. James McAvoy ha recitato con una mano rotta. McAvoy si ruppe la mano sul set del film Split, girato prima di Atomica Bionda, e fu costretto a recitare le sue scene con la mano ancora infortunata, cosa che si è fatta notevolmente sentire specialmente nelle diverse sequenze d’azione.

Atomica Bionda è tratto da un fumetto

5. Il film è la trasposizione di un fumetto. La pellicola è l’adattamento cinematografico della graphic novel del 2012 intitolata The Coldest City, scritta da Antony Johnston e illustrata da Sam Hart. La Theron, fan di tale opera, ha speso ben 5 anni per riuscire a portare al cinema questa storia.

Atomica Bionda: la colonna sonora del film

6. Ha una colonna sonora molto dinamica. Per accompagnare al meglio le sequenze più spettacolari del film è stata scelta una colonna sonora composta da brani di celebri artisti e musiche dai toni electro-pop. Tra i pezzi più celebri della colonna sonora figurano Cat People (Putting out fire) di David Bowie, 99 Luftballons dei Nena, Der Kommissar dei After the Fire e London Calling del gruppo The Clash.

Atomica Bionda è in streaming

7. È possibile rivedere il film in streaming. Per gli amanti del film, è possibile riguardare il film comodamente in streaming, grazie alla presenza della pellicola su piattaforme come Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes e Prime Video. Per vedere il film sarà sufficiente noleggiarlo o sottoscrivere un abbonamento alla piattaforma di riferimento.

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Atomica Bionda: il finale del film

8. Il finale ha generato molteplici domande. Il finale del film si è rivelato esplosivo tanto quanto il lungometraggio in sé. Esplicitamente aperto ad un sequel, la conclusione lascia aperte numerose porte per il futuro, introducendo nuovi elementi per un nuovo capitolo della storia del personaggio. Molti spettatori sono rimasti confusi dal modo in cui termina la pellicola, e gli interrogativi sollevati potrebbero trovare risposta in futuro.

Atomica Bionda 2: il sequel è ufficiale

9. È stato annunciato il sequel del film. Dato l’enorme successo riportato al box office, la Theron ha annunciato ufficialmente un sequel del film, affermando che lo sceneggiatore del primo capitolo è già al lavoro sulla nuova sceneggiatura. Si prevede inoltre una storia che si svilupperà e completerà nel corso di tre film. Per anni, tuttavia, sembrava che il progetto non dovesse concretizzarsi. Nel dicembre del 2023, però, Theron ha confermato che Atomica Bionda 2 è in fase di sviluppo e

Atomica Bionda: film simili

10. Esistono diversi film simili a questo. La tradizione di film di spionaggio è assai lunga, e tra i titoli più simili ad Atomica Bionda si segnala la saga di Mission: Impossibile, con Tom Cruise, Red Sparrow con Jennifer Lawrence, Salt con Angelina Jolie e la trilogia di John Wick con Keanu Reeves.

Fonte: IMDb

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