The Falcon and The Winter Soldier è la serie di
prossima uscita nel quale
Anthony Mackie e Sebastian Stan riprenderanno i loro
ruoli nei panni del titolo Falcon (alias Sam Wilson) e The Winter
Soldier (alias Bucky Barnes) che sarà diretta da Kari Skogland.
Vi ricordiamo che nel cast di
The Falcon and The Winter Soldier è previsto
anche il ritorno di due volti noti dell’universo cinematografico,
ovvero Emily VanCamp, Sharon Carter in Captain America: The Winter Soldier e
Civil War e Daniel Bruhl, nei panni del Barone Zemo. Per
quanto concerne la serie di The Falcon and The Winter
Soldier, il lancio è fissato in autunno 2020 e
Kari Skogland (The Handmaid’s Tale, Penny
Dreadful, Boardwalk Empire, The Killing, The Walking
Dead, Fear the Walking Dead, Under the Dome, Vikings, The
Americans, House of Cards e The Punisher) dirigerà tutti i sei
episodi.
Probabile, visti gli esiti di
Avengers:
Endgame, che lo show si concentrerà sulla
dinamica del rapporto tra le due figure più vicine a Captain
America (nonché suoi eredi) e sulle imprese dei supereroi per
garantire la sicurezza mondiale.
Deadpool
2 ha visto Ryan Reynolds tornare nei panni del Mercenario
Chiacchierone, ma ha anche introdotto due personaggi dei fumetti
molto importanti: Cable, interpretato da Josh Brolin, e Domino, interpretato da
Zazie Beets. Entrambi i personaggi sono stati
accolti molto bene dal pubblico e tutti si aspettavano che
facessero parte del futuro del franchise.
Dopo l’acquisizione di Fox da parte
di Disney, è trascorso molto tempo prima che Kevin Feige
ufficializzasse lo sviluppo di Deadpool 3: ad oggi sappiamo che il nuovo
capitolo delle avventure di Wade Wilson sarà ambientato nel
MCU e che sarà ugualmente vietato
ai minori, ma non è ancora chiaro quale sarà la storia, né
tantomeno quali personaggi torneranno nel film.
In una recente intervista con
Collider,
Zazie Beetz ha parlato proprio del suo
eventuale ritorno nei panni di Domino in Deadpool 3. L’attrice ha spiegato che nei
piani originali era previsto un ritorno del suo personaggio, ma ad
oggi non ha ancora sentito né Kevin Feige né chiunque altro dei
Marvel Studios in merito. Tuttavia, si è detta assolutamente
disponibile a tornare.
“No, non ho sentito nessuno
parlare del ritorno di Domino. Mi piacerebbe far rivivere quel
personaggio. All’inizio doveva essere così. Non ci sono state
conversazioni specifiche in merito, ma sarei interessata. E non
solo mi piacerebbe tornare nei panni di Domino, ma mi piacerebbe
anche trovare un modo per realizzare un film su di lei o qualcosa
del genere. Vedremo cosa succederà… ma ribadisco: non ci sono state
conversazioni.”
Il futuro di Deadpool al cinema
Dopo l’uscita di Deadpool
2 e l’acquisizione di Fox da parte di Disney, il
futuro di Deadpool è
stato per lungo tempo appeso al filo dell’incertezza. Tuttavia, lo
scorso gennaio è stato confermato che Deadpool
3 si farà e che sarà ufficialmente collegato al
MCU. Al momento le uniche informazioni sul film riguardano gli
sceneggiatori: la Marvel, infatti, ha affidato a Wendy
Molyneux e Lizzie
Molyneux-Logelin (che andranno a sostituire i
veterani Rhett Reese e Paul Wernick) il compito di scrivere il
nuovo film.
Lo scorso sabato, il regista
Matt Reeves ha ufficializzato attraverso il suo
account
Twitter che le riprese di The
Batman, l’attesissimo nuovo standalone dedicato
all’iconico eroe DC, sono ufficialmente terminate: il 13 marzo,
infatti, è stato l’ultimo giorno di riprese. Ora, il regista sarà
impegnato con la post-produzione, in attesa della data di uscita
nelle sale che, ad oggi, è ancora fissata per il 4 marzo 2022.
Nel frattempo, in una recente
intervista con
ComicBookMovie, Andy
Serkis ha parlato di Alfred Pennyworth, il personaggio
del maggiordomo di Bruce Wayne (Robert
Pattinson) che interpreterà nel film. Naturalmente
Serkis non ha potuto rivelare nulla a proposito della trama del
film, ma ha lasciato intendere che Reeves potrebbe aver riservato
una maggiore attenzione ad Alfred, soprattutto in merito al suo
passato.
I fan dei fumetti sanno che Alfred
ha una storia come spia (aspetto che di recente è stato affrontato
anche nella serie live action Pennyworth), e anche se in
The
Batman ci saranno moltissimi personaggi da esplorare, non
è escluso che il film possa contenere alcuni riferimenti a ciò che
il maggiordomo ha fatto nella sua vita prima di essere accolto
nella famiglia Wayne. Inoltre, potrebbe esserci sempre spazio per
esplorare il passato da ex soldato britannico della SAS di Alfred
in un eventuale progetto futuro, dal momento che è stato confermato
che The
Batman inaugurerà un nuovo universo condivsio che si
espanderà anche al piccolo schermo.
Anche se Serkis non ha confermato
esplicitamente che il suo Alfred in The Batman
sarà un ex SAS, sembra molto probabile che avrà comunque quel
genere di legami. Ciò potrebbe migliorare la sua relazione con
Bruce in modo significativo, poiché Alfred potrebbe usare la sua
esperienza per aiutare Bruce in questo momento così cruciale della
sua vita.
“The
Batman esplorerà un caso di detective“, scrivono
le fonti. “Quando alcune persone iniziano a morire in modi
strani, Batman dovrà scendere nelle profondità di Gotham per
trovare indizi e risolvere il mistero di una cospirazione connessa
alla storia e ai criminali di Gotham City. Nel film, tutta la
Batman Rogues Gallery sarà disponibile e attiva, molto simile a
quella originale fumetti e dei film animati. Il film presenterà più
villain, poiché sono tutti sospettati“.
Zack
Snyder’s Justice League uscirà in streaming uscirà il
18 marzo 2021 in esclusiva
digitale, disponibile per l’acquisto su Amazon Prime Video, Apple Tv, Youtube, Google
Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft
Film & TV.
Zack Snyder ha finalmente chiarito il motivo
per cui ha deciso di inserire il Joker di
Jared Leto nella
Snyder Cut di Justice
League, che arriverà in Italia in esclusiva su Sky e
NOW TV a partire dal prossimo 18 marzo (in contemporanea con gli
Stati Uniti).
Il Joker di Leto (che abbiamo visto
per la prima volta in Suicide Squad di
David Ayer, uscito nel 2016) è stato aggiunto al
taglio di Snyder grazie alle riprese aggiuntive che hanno avuto
luogo lo scorso autunno. Ad oggi sappiamo che il supercriminale
apparirà in una scena ambientata nel Knightmare e che si troverà
faccia a faccia con il Batman di Ben
Affleck.
In una recente intervista con il
New York Times, Zack Snyder ha parlato del lungo viaggio che
ha rappresentato la realizzazione della
Snyder Cut di Justice
League. Durante l’intervista, si è parlato anche dei
personaggi che il regista ha deciso di aggiungere alla nuova
versione del film. Tra questi figurano Darkseid, Martian Manhunter
e, naturalmente, il Joker. A Snyder è stato chiesto proprio il
motivo per cui ha deciso di riportare sul grande schermo
l’iterazione dell’attore premio Oscar.
“L’ho voluto aggiungere perché
questo sarebbe stato l’ultimo film che avrei realizzato per il DCEU
e avere l’intero universo cinematografico senza che Batman e Joker
si incontrassero, mi sembrava strano. Jared Leto e io abbiamo
avuto un sacco di conversazioni al riguardo. Io invece ne avevo
parlato con Ben. Gli avevo detto: ‘Ben, facciamo a casa mia.
Potremmo girarlo nel mio giardino. Non dirlo allo studio o non ci
pagheranno. È una cosa che farò da solo’.”
Zack
Snyder’s Justice League uscirà in streaming il 18
marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky e NOW
TV in Italia. Il film durerà 242 minuti (quattro ore circa) e sarà
diviso in sei capitoli e un epilogo.
Una musica in crescendo,
un ritmo forte, vibrante, il volume che si alza sempre di più e si
snoda fra le vie della città, partendo dal ponte di Brooklyn fin
sui tetti e poi nelle strade di Washington
Heights, a Manhattan. L’acqua che esplode, l’estate, la
gente per strada che balla, che guarda i fuochi d’artificio, la
voglia di evadere e il senso di comunità. Questo e molto di più è
il nuovo, emozionante, trailer di Sognando a New
York, l’atteso film Warner Bros che arriverà in
estate.
Una volta visto
difficilmente riesci a dimenticarlo, un’esplosione di colori, di
allegria, di gioia e di voglia di stare insieme che ti contagia, ti
mette di buon umore e ti da speranza. E proprio alla speranza e
alla voglia di credere in un futuro migliore, fanno riferimento le
tematiche del film che farà il suo debutto a giugno. La pellicola
racconta le storie che si avvicendano nel quartiere di Washington
Heights, a Manhattan, di natura ispanico. C’è Usnavi che passa le
sue giornate a sognare di poter tornare nella sua Repubblica
Domenicana per aprire un bar sulla spiaggia, Nina che nasconde un
segreto, decide di tornare a casa da Stanford e si innamora del suo
vecchio amico d’infanzia Benny. In tutto questo Claudia, sua nonna
che ha fatto da genitore anche ad Usnavi, vince alla
lotteria.
Sognando a New York – In
the Heights: il primo trailer
La pellicola sarebbe
dovuta uscire lo scorso anno, ma a causa della pandemia è stata
rinviata, qualche giorno fa in un grande evento virtuale il regista
Jon M. Chu (Crazy, Rich, Asian), Lin-Manuel Miranda e la
sceneggiatrice Quiara Alegría Hudes, hanno presentato il trailer
del film alla stampa insieme a tutti gli attori Anthony Ramos,
Leslie Grace, Melissa Barerra, Corey Hawkins, Stephanie Beatriz,
Dascha Polanco, Daphne Rubin-Vega, Jimmy Smits, Gregory Diaz e Olga
Merediz.
Forse non tutti sanno
che, prima di diventare celebre in tutto il mondo con Hamilton,
Lin-Manuel Miranda, aveva portato a teatro nel 2005 il musical “In
the Heights” che poi sarebbe divenuto anni dopo questo film.
L’opera ottenne un successo straordinario fu candidato a tredici
Tony Awards, vincendone quattro tra cui quello per il miglior
musical. Il progetto subì diversi ritardi, fino all’acquisto di
Warner qualche anno fa.
Non appena inizia a
parlarne si commuove Miranda, qui in veste di sceneggiatore, autore
delle musiche, produttore e attore: “Non eravamo tutti insieme da
più di un anno, e trovarci qui per assistere alla visione del nuovo
trailer mi commuove ‘- e ancora- “abbiamo speso l’estate del 2018 a
girare nel quartiere dove siamo cresciuti, e questo ci ha dato
moltissima autenticità, ma parlando in termini di produzione è
stato un set enorme, è un musical gigantesco, e lo dobbiamo a Joh
che ha avuto una visione in grande, più di tutti noi, su come
doveva essere realizzato il film. La pellicola è una lettera
d’amore a questo quartiere, il primo capitolo di una storia che è
la storia americana di origine di ogni comunità, è questo che la
rende universale.”
Jon M. Chu è d’accordo
con lui: “Sono stato così fortunato di aver avuto l’opportunità di
esplorare Washington Heights attraverso le loro case, le persone
che ci vivono, rivederle, come nel musical, la mia casa, pur non
essendo di quel quartiere ma di tutt’altra parte del paese, con una
famiglia cinese con un ristornate cinese, ho riconosciuto le
dinamiche familiari, come ci si esprima attraverso il cibo, la
comunità, come ti aiuti a prendere il volo, a formare il tuo
destino. Questa storia non ha cattivi, ma solo un gruppo di persona
che vuole arrivare a realizzare i suoi sogni, a trovare una
risposta alla domanda “dov’è casa” e ogni risposta va bene, ognuno
cerca di farlo a suo modo. Questo abbiamo cercato di
comunicare.”
Quiara Alegría Hudes,
premio pulizer alla drammaturgia per la sua opera Water by the
Spoonful, nel 2012, ha detto di aver pensato a questi personaggi
come:” a progetti d’arte. Il musical si svolge in un quartiere e il
film fa lo stesso, ma puoi concepire questi personaggi come arte,
grazie alla telecamera abbiamo avuto la possibilità di esplorare
nuove cose, sono potuta andare oltre i loro sogni, le loro
aspettative, questo film è un’opportunità soprattutto per chi ama
già i musical, per scoprire nuove cose, si impara molto da questi
ragazzi.”
Gli attori invece sono
vogliosi di dire la loro, aspettavano questo momento da tanto,
nella speranza di poter affrontare la stampa in estate dal vivo,
sono scintillanti anche da casa, per primo inizia Anthony Ramos
(già protagonista di Hamilton) che qui interpreta uno dei
protagonisti Usnavi de la Vega: “Io sono cresciuto in un
quartiere simile a quello del film, e vi assicuro che al cinema non
ho mai visto personaggi così simili alla mia realtà latina. Questo
film parla di orgoglio, dei piccoli sogni di ognuno di noi e come a
modo proprio si cerchi di perseguirli”. Le attrici Stephanie e
Dascha che nel film sono Carla e Cuca, concordano sui valori e
sull’importanza che ricopre la pellicola: “Il senso del film è
far capire che casa è dove sono le persone che ami, non è un luogo,
ma un sentimento” –esordisce la prima -“c’è molta
autenticità, aver avuto l’opportunità di interpretare un ruolo che
mi rappresenti, significherà molto per tante persone che conosco,
potersi identificare e rispecchiarsi, far parte di questo gruppo di
donne è stato d’ispirazione.”
Prima di terminare
l’incontro viene mostrato un altro trailer, questa versione si
concentra di più sulla musica, la spettacolarità delle scene di
ballo e sulla scenografia che dedica gran parte delle inquadrature
al ponte di Brooklyn e alla sua New York, protagonista indiscussa
del film. Definito un “feel good movie” da tutti i
protagonisti, di sicuro dopo la visione del trailer non si può
contraddirli.
La pellicola arriverà
nelle sale in estate, preparatevi a ballare.
Nei fumetti, Falcon è stato uno dei
primi supereroi afroamericani, emerso più o meno negli stessi anni
di altri celebri eroi neri come Black Panther, Luke Cage e Blade.
Sam Wilson è stata una presenza ricorrente, combattendo al fianco
degli Avengers e di molte altre squadre. Alla fine, ha assunto il
ruolo di Captain America, storyline che nel MCU è stata anticipata dal finale
di Avengers:
Endgame e che verrà approfondita proprio nella serie
in arrivo dal 19 marzo.
In seguito alla sua prima
apparizione in
Captain America: The Winter Soldier, Wilson è diventato in
breve tempo un amico fidato di Steve Rogers, tanto che
quest’ultimo, alla fine del cinecomic campione d’incassi dei
fratelli Russo, ha deciso di consegnargli il suo preziosissimo
scudo prima di fare ritorno nel passato e vivere la sua vita con
Peggy Carter. Sappiamo, però, che Sam non ha mai accettato la
complicata eredità, e The Falcon and the Winter Soldier esplorerà proprio
cosa è accaduto dopo quel passaggio di consegne.
In una recente intervista con
Deadline,
Anthony Mackie ha parlato della storia del suo
personaggio nel MCU, ricordando le varie missioni in cui Steve e
Sam si sono ritrovati a dover entrare in azioni fianco a fianco,
spesso aiutati da altri compagni Vendicatori (nella maggior parte
nei casi da Bucky Barnes). Tuttavia, in The Winter Soldier abbiamo visto Cap e Falcon fare
squadra con Vedova Nera per combattere l’Hydra.
Ebbene, Mackie ha spiegato che se
Sam avesse avuto il suo spin-off, avrebbe sicuramente scelto come
suo partner Vedova Nera, e non Cap o Bucky. “Sam era un fan di
Nat esattamente come tutti gli altri”, ha spiegato Mackie
riferendosi a Cap e al team di Avengers in generale. “Sam
Wilson era un ragazzo normale che aveva appena vinto alla lotteria
perché Vedova Nera aveva bussato alla sua porta e aveva bisogno di
un posto dove nascondersi”. Poi ha aggiunto: “Si era
innamorato di Vedova Nera e sperava di avere uno spin-off con
lei”.
Anthony Mackie spera in un crossover con Blade
Durante un’altra intervista con
Murphy’s Multiverse, invece, è stato chiesto all’attore di
quali altri imminenti progetti del MCU fosse più entusiasta.
L’attore ha menzionato Blade, il reboot che avrà come protagonista il
due volte premio Oscar Mahershala Ali, e ha anche manifestato il
desiderio di un eventuale crossover. Rivolgendosi direttamente a
Kevin Feige (il boss dei Marvel Studios), ha detto: “Mi
piacerebbe davvero, Kevin, passare un po’ di tempo nell’universo di
Blade”.
Gli ultimi due episodi di WandaVision hanno finalmente permesso di fare
chiarezza su una delle questioni più dibattute tra i fan del
MCU in merito alla trama di
Avengers: Infinity War: il senso di colpa di
Star-Lord.
La bellissima frase pronunciata da
Visione nella serie Disney+, secondo cui il dolore non
sarebbe altro che “amore perseverante”, dovrebbe funzionare tanto
per Wanda quanto per Star-Lord: se infatti tale assunto è servito a
giustificare il fatto che Wanda abbia “vittimizzato” gli abitanti
di Westview, allora la medesima affermazione dovrebbe essere
ritenuta valida anche per l’errore commesso da Peter Quill.
In Infinity
War, quando Thanos si reca su Titano, Star-Lord, Drax,
Mantis, Nebula, Iron Man, Spider-Man e Doctor Strange affrontano il
titano ma vengono sconfitti: in particolare, è Star-Lord che fa
fallire accidentalmente il piano quando non riesce a controllare la
propria ira dopo aver scoperto che Thanos ha ucciso la sua amata
Gamora per ottenere la Gemma dell’Anima su Vormirr.
Secondo la maggior parte degli
spettatori, Star-Lord aveva rovinato, da solo, la possibilità da
parte degli eroi di impedire lo schioccio di dita al Titano Pazzo.
Ciò divenne una delle discussioni più accese in merito al film dopo
la sua uscita nelle sale, quasi al pari della questione se Thanos
avesse o meno ragione a spazzare via metà dell’universo. Tuttavia,
la riflessione di Visione sulla natura del dolore permette all’arco
narrativo del leader dei Guardiani della Galassia di essere visto
sotto un’ottica diversa.
WandaVision e il concetto di “amore perseverante”
Dal momento che le azioni di Wanda –
al limite dell’illogico – possono essere interpretate come il gesto
disperato di un dolore amplificato, scatenato da un amore finito in
tragedia, allora lo stesso tipo di ragionamento può essere fatto
anche per Peter Quill. I due personaggi, dopotutto, sembrano essere
mossi dalle stesse motivazioni: ecco perché le azioni di Peter
meritano la stessa “giustificazione”.
Al pari di Wanda, anche la vita di
Star-Lord è stata costellata da numerosi traumi, a cominciare dalla
sua infanzia dolorosa per poi arrivare alla rivelazione della vera
identità di suo padre. Per non parlare della perdita dell’amore
della sua vita, ovvero Gamora. Eppure, l’incapacità di Quill di
impedire a se stesso di colpire Thanos in un momento di rabbia, in
seguito alla scoperta della morte di Gamora, è stata sempre
considerata come l’azione istintiva ed evitabile di uno
sciocco.
Ora, alla luce della riflessione di
Visione sul dolore, mettere a confronto le azioni di Star-Lord con
quelle di Wanda cambia completamente la percezione di quel gesto. E
risolve un’ingiustizia che ha macchiato a lungo l’immagine di
Star-Lord, il cui amore per Gamora andava ben oltre il puro e
nobile sentimento, ma era alimentato anche da una condivisione
delle medesime esperienze di vita e dei medesimi sentimenti. Quill
ha sì agito in maniera impulsiva e sconsiderata, ma il suo gesto
non era altro che un atto d’amore perseverante.
Disponibile dal 5
Marzo su Amazon Prime Video,
Il principe cerca figlio, sequel del film cult del
1988, riporta in scena Eddie Murphy nell’iconico ruolo del principe
Akeem, e gran parte del cast originale, senza tuttavia poter
competere con la favola originale.
Il ritorno del principe Akeem
negli Stati Uniti alla ricerca del suo erede al trono
Sono passati 33 anni dall’uscita de
Il principe cerca moglie di John
Landis, il film che vedeva protagonista uno dei comici più
apprezzati dell’epoca, Eddie Murphy, e che alla sua uscita sbancò il
botteghino incassando quasi 300 milioni di dollari in tutto il
mondo. Eddie Murphy torna a indossare i panni di
re Akeem in questo secondo capitolo diretto da Craig
Brewer e scritto da Kenya Barris, su un
soggetto di Barry Blaustein e David
Sheffield, già sceneggiatori del film originale.
Il principe cerca figlio ci riporta nel regno di
Zamunda, dove Akeem è da poco diventato re. Sposato con Lisa, la
donna conosciuta nel Queens nel primo capitolo, ha tre splendide
figlie femmine, eppure nessun erede maschio al trono. La corona
rischia quindi di cadere nelle mani del generale Izzi di Nexdoria.
Questi, ancora infuriato per la cancellazione del matrimonio tra
Akeem e sua sorella Imani trent’anni prima, propone un matrimonio
combinato, minacciando una guerra tra famiglie in caso di responso
negativo. In punto di morte, però, il re rivela ad Akeem che ha un
figlio illegittimo nel Queens, Lavelle Junson (Jermaine
Fowler), concepito con una donna conosciuta all’inizio
della sua avventura americana. Akeem e il fidato confidente Semmi
(l’impareggiabile Arsenio Hall) fanno quindi
ritorno nel distretto newyorchese dove tutto ebbe origine, alla
ricerca di Lavelle. Trapiantato a Zamunda, il giovane principe
metropolitano dovrà imparare ad adeguarsi agli standard del
regno.
Un sequel che non riesce a
sostenere l’eredità del primo film
Nel primo film Akeem subiva
una metamorfosi, scappava da Zamunda per fuggire alla legislazione
ferrea e retrograda del regno. Qui ritroviamo invece un Akeem
conservatore, chiuso nella mentalità da cui lui stesso aveva
cercato di discostarsi. La trama forzata e ripetitiva de
Il principe cerca figlio va quindi a snaturare
l’happy ending del primo film, che avrebbe potuto fornire
soluzioni narrative più interessanti. La redenzione finale di Akeem
non è abbastanza per sostenere l’eredità del primo film, proprio
perché l’impianto narrativo si dimostra fallace fin
dall’inizio.
I nuovi personaggi in Il
principe cerca figlio, guidati dal nuovo principe Lavelle,
mancano di caratterizzazione e di spessore, nonostante l’idea di un
intreccio amoroso con una ragazza umile e quindi il messaggio di
giustizia di un matrimonio basato su un amore autentico, avrebbe
potuto avere potenzialità, oscurate qui però da stereotipi ormai
anacronistici. Mancano uno sguardo e uno humor più scanzonato ma al
contempo spregiudicato nei confronti dell’epoca in cui viviamo. La
pellicola consta infatti di sketch banali e poco interessanti; i
personaggi secondari (Wesley Snipes che interpreta
il generale Izzi e la madre di Lavelle, interpretata da
Leslie Jones) risultano poco brillanti, nonostante
i loro interpreti. Una sottotrama potenzialmente interessante
avrebbe potuto essere quella del conflitto di genere che si crea
tra i figli del principe per la successione. Le figlie sono infatti
dipinte come figure femminili forti, la cui caratterizzazione è
tuttavia poco approfondita e quindi il tentativo di generare
tensione tra principe e principesse si perde in un percorso
narrativo privo di veri e propri conflitti.
Landis portava alla luce l’America
delle caricature attraverso il suo humor ambiguo; il suo film si
mostrava ardito, in cui la comicità derivava direttamente dal
contesto in cui Akeem si trovava, la Grande Mela, città della quale
si mettevano in luce le contraddizioni e le assurdità. La New York
di fine Ottanta, per quanto rielaborata, è stata terreno di gioco
fertile per Landis; al contrario, la cornice filmica del regno
africano non sfrutta appieno le proprie potenzialità visive e
narrative, non approfondendo il tema della riappropriazione delle
proprie origini. La storia di Landis verteva su un personaggio
ricco che va tra i poveri, ironizzando sulla vita nel Queens, sulle
comunità afroamericane e il loro desiderio di ascesa sociale tra i
bianchi, ostacolato da radici diverse. Si proponeva come un film
audace, in cui ad essere comico era il contesto in cui si muoveva
il principe Akeem.
Effetto nostalgia tra messa in
scena e gag poco riuscite
“Cosa abbiamo oltre a
supereroi, sequel, remake, che nessuno voleva?”: con questa
battuta pronunciata dal principe Lavelle in merito al cinema
hollywoodiano dei nostri giorni, viene da chiedersi se,
effettivamente, questo sequel fosse necessario. Indubbiamente ci
troviamo di fronte a una pellicola che non ha bisogno di troppa
pubblicità per riunire il pubblico davanti allo schermo e che si
presenta come una grande riunione familiare, per poter
riabbracciare tutti i personaggi che hanno fatto divertire il
pubblico, con lo spirito e il coinvolgimento di un’epoca passata. È
un sequel che si attacca alla nostalgia, riproponendo anche
direttamente alcune immagini del primo capitolo, per poi
calpestarle nel tentativo incessante di riproporre una storia
simile. Si gioca coi ricordi dello spettatore ma senza una trama
solida. L’aspetto che manda avanti il progetto è senza dubbio la
curiosità del pubblico affezionato all’istrionico Eddie Murphy e alla storia nata dalla mente di
Landis.
Punto di forza de Il principe cerca
figlio sono i costumi e le scenografie, che trovano il loro momento
di massimo splendore nei vivacissimi numeri musicali. Abbondano le
feste, le danze, senza che però vengano raccontate con uno sguardo
moderno che possa dare una chiave di lettura contemporanea a quelle
situazioni. E in queste scene di festa troviamo una serie di ospiti
d’eccezione, celebrità chiamate ad intrattenere anche il pubblico a
casa: Morgan Freeman, Gladys Knight, Le En Vogue e
le Salt-N-Pepa fanno la loro comparsa sullo
schermo nell’arco di cinque minuti. Tuttavia le gag non sono
inserite con fluidità nel racconto e viene meno anche il montaggio
che riusciva a dare il ritmo giusto e vincente al piccolo cult di
Landis.
Il principe cerca figlio ha più il sapore di reunion
nostalgica che di vera e propria sfida a ri-raccontare, a 33 anni
di distanza dei personaggi cresciuti nel tempo, in una società
cambiata, in cui sono i cameo, piuttosto che le soluzioni
narrative, a generare un effetto sorpresa.
Avengers:
Endgame, il cinecomic targato Marvel Studios che ha
concluso il primo grande ciclo narrativo del Marvel Cinematic Universe, ha
ceduto il titolo di film con il maggior incasso della storia del
cinema a Avatar,
il precedente detentore del record.
Prima dell’uscita di
Endgame nell’aprile 2019, l’innovativa epopea
fantascientifica di James Cameron aveva detenuto
il titolo definitivo al botteghino per un decennio con 2,7897
miliardi di dollari in tutto il mondo. Avengers:
Endgame ha eclissato questo traguardo di una cifra
relativamente bassa, arrivando a 2,7902 miliardi di dollari in
tutto il mondo.
Ma venerdì, Avatar
è tornato nelle sale cinematografiche in Cina e ha incassato 3,5
milioni di dollari, portando il suo bottino totale a 2,7926
miliardi di dollari. Dopo questo fine settimana, Avatar
ha riguadagnato il primo posto di film con il maggiore incasso
nella storia del cinema per $ 2,802 miliardi.
Si è conclusa ieri la 30ma
edizione del Noir in Festival, un’edizione complessa,
inaspettata e molto seguita da un pubblico di nuovi e vecchi
spettatori, che si sono temporaneamente trasferititi online per
seguire i tanti film e appuntamenti del festival.
La prima edizione completamente
virtuale del Noir, resa possibile dal sostegno del
Ministero della Cultura –Direzione
Generale Cinema, Università IULM,
Istituto Luce – Cinecittà, Associazione
Amici di Como e SIAE, è stata un successo
di visualizzazioni e seguito; il calore del pubblico, che ha
partecipato e interagito a distanza, ha sopperito la mancanza del
contatto reale che rende e continuerà a rendere un festival un
luogo di scambio unico e insostituibile.
I dati parlano chiaro: per
l’edizione del trentennale sono stati realizzati 42 video
registrati e 34 dirette live per un
totale di oltre 37 ore di contenuti originali
popolati da scrittori, registi, amici del festival e protagonisti
del mondo Noir. Questa parte di programmazione, anche grazie ai
35crossposting Facebook
realizzati in collaborazione con 15 pagine di editori e partner, ha
raccolto oltre 60.000 visualizzazioni tra Facebook
e YouTube, per un totale di 1.500 ore fruite da
parte degli utenti.
Su Facebook gli oltre 200
post realizzati sono stati visiti da più di
800.000 persone, con una media di 250
utenti giornalmente coinvolti; su Instagram, invece, gli
oltre 150 contenuti tra feed e stories hanno raggiunto circa
150.000 account.
30 gli
eventi proposti su MYmovies di cui 23
film, tra anteprime nazionali, omaggi e titoli in
concorso, con una presenza media in sala virtuale di 600
persone e un totale di 16.000 posti
riservati.
In un’edizione che ha dovuto giocare
tutte le sue carte online, la sinergia e unità d’azione con i
partner è stata determinante. Se la piattaforma di MYmovies.it si è trasformata nel
polo attorno al quale hanno orbitato i film e gli incontri
cinematografici, con la preziosa collaborazione degli studi di
Gedi Visual che hanno ospitato la cerimonia di
apertura e chiusura, altrettanto indispensabile è stato il supporto
di Librerie Feltrinelli e
laF per la parte relativa ai libri e
serie TV: il punto RED Feltrinelli di via
Tomacelli a Roma ha ospitato cinque incontri pomeridiani,
Ibs.it e
laFeltrinelli.it hanno
promosso e rilanciato il festival, laFha
reso possibile l’anteprima di Hammarvick e l’incontro con
Camilla Läckberg.
Altrettanto fondamentale l’apporto e
la collaborazione con i media-partner, che per tre mesi hanno
sostenuto e rilanciato le attività del festival: Cinecittà
News, Cinefilos.it, Sky
Cinema, Cinematographe.it, Magic
Lake, MilanoNera.it.
L’intervista a Kurosawa Kiyoshi non
sarebbe stata possibile senza la collaborazione con
l’Istituto Giapponese di Cultura in Roma mentre
nessuna intervista internazionale avrebbe avuto sottotitoli senza
l’intervento di Sub-Ti.
“Quando ci siamo imbarcati in
quest’impresa”, dicono Marina Fabbri e
Giorgio Gosetti, “non avevamo la minima idea
di quello a cui andavamo incontro. La “navicella” del festival,
come abbiamo definito quest’edizione ibrida fatta di collegamenti
virtuali, è stata più difficile del previsto da costruire; pezzo
dopo pezzo, intervista dopo intervista, tra uno streaming e un
upload ci siamo confrontati con un mondo che anche solo un anno fa
avremmo definito alieno. Ma la sfida è stata vinta e adesso
sappiamo di poter contare su mezzi nuovi e soprattutto su un
pubblico ancora più ampio e ancora più fedele, che ci ha
accompagnato sin dalla selezione dei finalisti del Premio
Scerbanenco, lo scorso novembre. E se da un lato abbiamo dovuto
rinunciare a quell’atmosfera di convivialità che tanto ci è cara,
dall’altro abbiamo viaggiato in compagnia di tante meravigliose
persone che ci hanno sostenuto in questo approdo online. A loro
vogliamo rivolgere un sentito… GRAZIE…”
…agli ospiti e amici del
festival che hanno popolato i canali social del festival
nei giorni pre-evento: Mario Alberti, Gianni Biondillo, Davide
“Boosta” Dileo, Antonio Capuano, Diego Castelli, Claudio
Chiaverotti, Giacomo Cimini, Chiara Civiello, Giacomo Costa, Marco
D’Amore, Giancarlo De Cataldo, Renato De Maria, Ivano De Matteo,
Esther Elisha, Gabriella Giliberti, Mojmir Jezek, Valentina
Lodovini, Carlo Lucarelli, Erik Madsen, Vinicio Marchioni, Davide
Marengo, Gabriele Salvatores, Elisabetta Sgarbi, Giampaolo Simi,
Fabio Stassi, Alessandro Tonda, Valentina Vannicola, Enrico
Vanzina, Marco Vichi, Marco Villa, Federico Zampaglione.
…a tutti gli incredibili
protagonisti di questa trentesima edizione:
Gabriele Albanesi, Dario Argento, John Banville, Marco Bocci,
Alessandro D’Alatri, Silvio Danese, Antonietta De Lillo, Alicia
Giménez-Bartlett, Gianrico Carofiglio, Roberto Cimpanelli, Roberto
Costantini, Carlo Degli Esposti, Maurizio De Giovanni, Damiano e
Fabio D’Innocenzo, Camilla Filippi, Marc Fitoussi, Fabio Frizzi,
Antonella Fulci, Marcello Garofalo, Gabriella Genisi, Claudio
Giovannesi, Federico Greco, Anthony Horowitz, Jennifer Kent,
Kurosawa Kiyoshi, Camilla Läckberg, Charlotte Link, Nicola Lagioia,
Antonella Lattanzi, Manetti Bros., Luca Miniero, Jeanette Nordahl,
Margherita Oggero, Andrea Paris, Luca Poldelmengo, Matteo Rovere,
Lunetta Savino, Francesca Serafini, Sydney Sibilia, Rosa Teruzzi,
Chiara Lalli, Cecilia Sala, Gaetano Savatteri, Cecilia Scerbanenco,
Mario Serenellini, Paolo Roversi, Livia Sambrotta, Gianluca Maria
Tavarelli, Rosario Tronnolone, Grazia Verasani, Brian Yuzna, Adrian
Wotton.
…agli
intervistatori che hanno dialogato con i
protagonisti di cinema e letteratura: Paolo Bertolin, Nicole
Bianchi, Alessandra Casella, Alberto Crespi, Luca Crovi, Chiara
Guida, Mazzino Montinari, Raffaele Meale, Cristiana Paternò, Ilaria
Ravarino, Roberto Silvestri, Tommaso Tocci, Sebastiano Triulzi,
Nicoletta Vallorani, John Vignola.
Appuntamento alla
31a edizione, dal 29 novembre
al 4 dicembre 2021!
È la volta dell’argentino
Karnawal, esordio alla regia di lungometraggio per
Juan Pablo Félix, alla XXX edizione del Noir in
Festival. Regista, produttore esecutivo, sceneggiatore e aiuto
regista, Félix ha affiancato registi come Lucrecia Martel
(La niña santa), Pablo Trapero (Il
Clan, ZeroZeroZero), Juan José
Campanella (Il segreto dei suoi occhi). Prima di
arrivare in Italia, Karnawal è stato presentato in
anteprima al Tolouse Latin America Film Festival 2020.
Karnawal, la
trama
Cabra, Martín López
Lacci, vive con sua madre Rosario, Mónica Lairana, nel
nord dell’Argentina, al confine con la Bolivia. Ha 16 anni ed è un
danzatore di malambo – danza tipica dei gauchos. Il suo sogno è
diventare un ballerino professionista, ma nella periferia in cui
vive la vita non è semplice e il ragazzo ricorre a qualche
espediente. Rosario cerca di mandare avanti la famiglia e sta
pensando di rifarsi una vita con Eusebio, Diego Cremonesi.
Quando il marito, El Corto, Alfredo Castro, esce dal carcere
per un permesso di tre giorni è carnevale. Cabra è alla vigilia di
una gara importante, che può spalancargli le porte di un concorso
nazionale. Moglie e figlio accompagnano il padre in un viaggio. La
famiglia sembra ritrovarsi, ma resta anche invischiata negli affari
poco puliti del Corto. I protagonisti riusciranno a cavarsela?
Cabra arriverà in tempo per la gara?
Il carnevale del
riscatto del sedicenne Cabra
Juan Pablo Félix
definisce il suo film “un racconto di formazione sulla necessità
di costruirsi un’identità contro l’omologazione della società”.
In effetti Karnawal è una storia di formazione e
identità, ma è anche di più. Racconta del rapporto di un ragazzo
con la sua passione, la danza, la stessa che aveva il regista da
bambino perchè, sostiene ancora Félix, generava in lui un
“entusiasmo incredibile” e rappresentava un “rifugio
[…] dall’incoerenza del mondo adulto”. Attraverso la danza
Cabra esprime infatti tutto sé stesso, la sua voglia di vivere e di
cercare una strada diversa da quella percorsa dagli adulti. C’è
dunque nella narrazione per immagini del regista argentino, la
passione che deriva dal racconto di un’esperienza in parte
personale. Si parla di strade da percorrere. Non per niente,
Félix sceglie di realizzare un road movie. Una famiglia
sgangherata ma a suo modo unita, che macina chilometri seguendo El
Corto nelle sue peregrinazioni su e giù per la pampa.
Karnawal è
soprattutto il difficile rapporto tra un padre e un figlio. A
restare nella mente dello spettatore sono El Corto e suo figlio
Cabra, interpetati entrambi ottimamente da Alfredo Castro e
dal giovane Martín López Lacci. L’uno perfetto
nell’incarnare la classica simpatica canaglia che ne combina di
tutti i colori ma nonostante tutto riesce a farsi voler bene, in
versione scapigliata e sdrucita. L’altro testardo e determinato,
capace di evoluzioni spettacolari con i suoi stivali da gaucho. Un
rapporto forse logorato quello tra i membri di questa famiglia,
pieno di incomprensioni, ma nonostante tutto ancora fecondo. Ecco
che la danza nel film non è solo la speranza per il futuro di
Cabra, ma un atto liberatorio per tutti e tre, anche per
l’apparentemente rassegnata Rosario. È la scelta di lasciarsi alle
spalle i trascorsi amari e riscoprire la gioia di stare insieme e
la possibilità di essere ancora felici, come rappresentato
perfettamente nella scena del carnevale. Il regista riesce
attraverso il movimento, la musica, i colori a comunicare
esattamente la gioia e l’energia di quel momento. Merito anche
della fotografia di Ramiro Civita, delle musiche di
Leonardo Martinelli, come delle scenografie curate da
Daniela Villela e dei costumi di Gabriela Varela.
La pecca del film sta nel
fatto che la parte noir, crime, nella sceneggiatura dello stesso
Juan Pablo Félix sia sacrificata rispetto al cuore della
vicenda e diventi secondaria. Non è quella che ci fa appassionare
alla storia, capace di coinvolgere ed emozionare più con il
racconto dei caratteri e delle relazioni. Il fatto che El Corto non
sappia stare lontano dai guai neanche per i tre giorni del suo
permesso, che questo metta in pericolo la moglie e il figlio,
diventa quasi irrilevante. Ciò non toglie nulla al valore del
lavoro, sebbene possa lasciare un po’ di amaro in bocca agli amanti
del genere.
Tuttavia, non si può non
essere affascinati dall’energia travolgente del piccolo danzatore
protagonista, che non solo fa acrobazie portentose sui tacchi e
sulle punte, ma esprime al meglio la voglia di rivalsa, il
desiderio di essere visto da adulti troppo spesso persi nei loro
problemi. Cabra col suo fisico esile e lo sguardo fiero, danzando
grida il suo esserci, a modo suo. Invita a osservarlo, a vedere il
suo talento. Grida che può e vuole farcela ad essere diverso.
Karnawal si potrebbe definire un Billy
Elliot argentino che riesce ad essere anche, finalmente,
non il solito dolente film sulla marginalità, ma ad avere il
respiro della speranza.
Con la serata di premiazione si
conclude la 30a edizione del Noir in Festival, che
prosegue nella giornata del 13 marzo con i film e gli incontri a
disposizione su MYmovies, e che per la prima volta ha portato
online il meglio del genere, dal cinema alla letteratura passando
per le serie TV.
Durante la serata conclusiva,
trasmessa in diretta su MYmovies dagli studi Gedi Visual, la giuria
cinema, presieduta da Carlo Degli Esposti (produttore) insieme
all’attrice Camilla Filippi e al regista Gianluca Maria Tavarelli,
ha assegnato il Black Panther Award del 30a Noir in Festival a KØD
& BLOD (WILDLAND),
opera prima della regista danese Jeanette Nordahl, con la seguente
motivazione: “Per aver saputo raccontare la scelta di
un’adolescente che abbraccia una famiglia maledetta pur di sentirsi
parte di un gruppo, con una regia capace che sceglie
consapevolmente di rallentare la narrazione permettendo allo
spettatore di scendere negli inferi al fianco della
protagonista.”
La menzione speciale del Black
Panther Award è andata invece a NO MATARÁS (NON UCCIDERE) di David
Victori, con la seguente motivazione: “Un incubo notturno
visionario, intricato e avvincente, di forte impatto. Un racconto
moderno che ci pone dinanzi alla paura di vedere sfumare una dopo
l’altra ogni speranza di salvezza e redenzione.”
La giuria popolare del Premio
Caligari, promosso insieme a IULM, composta da 90 tra studenti
universitari e appassionati di cinema e guidata da Claudio
Giovannesi, ha assegnato il Premio Caligari 2020 a FAVOLACCE dei fratelli D’Innocenzo.
Un Premio Speciale Claudio Caligari
2020 è stato invece consegnato nel corso di un incontro pomeridiano
disponibile su Facebook e YouTube ad Andrea Paris, Matteo Rovere e
Sydney Sibilia di Ascent Film e Groenlandia per la creatività
produttiva a cavallo tra i generi dello spettacolo popolare nel
cinema italiano di oggi.
Kurosawa Kiyoshi e Brian Yuzna hanno
ricevuto rispettivamente l’Honorary Award 2020 per l’insieme
dell’opera e il Premio Luca Svizzeretto 2020, intitolato a un
giornalista, amico e collaboratore del Festival scomparso nel 2016,
che premia ogni anno un personaggio anticonvenzionale del cinema di
genere.
Nel corso della cerimonia di premiazione, sono stati consegnati
anche i prestigiosi premi letterari del festival.
A John Banville è andato il Raymond
Chandler Award alla carriera, attribuito dal Noir in Festival a un
maestro riconosciuto del genere. Questa la motivazione: “Perché,
coniugando grande estro, uno stile impeccabile e un’implacabile
precisione, una geniale invenzione linguistica e una tormentata
chiarezza morale, John Banville abbraccia nei suoi poliedrici
romanzi i grandi temi della nostra epoca – la scienza, l’incubo
della guerra, lo scontro epocale di civiltà e di religione –
intrecciandoli alle sempre affascinanti passioni umane.”
L’autore, che ha ricevuto numerosi
riconoscimenti internazionali, è stato il protagonista di
un’intervista esclusiva per il Noir in Festival realizzata da
Adrian Wootton (CEO di Film London) e visibile sui canali Facebook
e YouTube del festival. John Banville tornerà in libreria a inizio
aprile con Delitto d’inverno, pubblicato da Guanda come tutta la
sua opera.
Tullio Avoledo ha conquistato il
Premio Giorgio Scerbanenco 2020 per Nero come la notte (Marsilio).
La Giuria letteraria, composta da Cecilia Scerbanenco (Presidente),
Alessandra Calanchi, Alessandra Tedesco, Valerio Calzolaio, Luca
Crovi, Sergio Pent, Ranieri Polese, Sebastiano Triulzi e John
Vignola, ha assegnato il premio con la seguente motivazione: “Per
essere riuscito a costruire, attraverso l’ibridazione tra noir e
distopia, una storia che racconta con realismo politico il
paesaggio post industriale del Nord Est, affrontando i temi
dell’immigrazione, della clandestinità e dell’emarginazione, grazie
a una scrittura che richiama felicemente la tradizione
dell’hardboiled.”
A Psychokiller (SEM) di Paolo
Roversi è andato infine il Premio del Pubblico, assegnato dal Noir
in Festival al romanzo partecipante al Premio Giorgio Scerbanenco
2020 che ha ottenuto più voti dei lettori.
Mentre lunedì arriveranno le
nomination agli Oscar 2021, è di oggi l’annuncio delle candidature
ai Razzie Awards 2021, i premi che vanno al peggio
che Hollywood abbia prodotto nel corso dell’anno. A farla da
padrone sono Dolittle, con Robert Downey
Jr. e 365 giorni, che ha tenuto banco su
Netflix per diversi mesi, durante la scorsa stagione.
Peggior film
365 giorni
Absolute Proof
Dolittle
Fantasy Island
Music
Peggior attore
Robert Downey, Jr. – Dolittle
Mike Lindell – Absolute Proof
Michele Morrone – 365 giorni
Adam Sandler – Hubie Halloween
David Spade – La Missy sbagliata
Peggior attrice
Anne Hathaway – Il suo ultimo
desiderio e Le Streghe
Katie Holmes – The Boy 2: La maledizione di
Brahms e The Secret: La forza di
sognare
Kate Hudson – Music
Lauren Lapkus – La Missy sbagliata
Anna-Maria Sieklucka – 365 giorni
Peggior attrice non protagonista
Glenn Close – Elegia americana
Lucy Hale – Fantasy Island
Maggie Q – Fantasy Island
Kristen Wiig – Wonder Woman 1984
Maddie Ziegler – Music
Peggior attore non protagonista
Chevy Chase – The Very Excellent Mr. Dundee
Rudy Giuliani – Borat: Seguito di film cinema
Shia LeBeouf – The Tax Collector
Arnold Schwarzenegger – Iron Mask
Bruce Willis – Breach, Hard
Kill e Survive the Night
Peggior combo sullo schermo
Maria Bakalova & Rudy Giuliani – Borat: Seguito di
film cinema
Robert Downey Jr. e il suo accento scozzese decisamente poco
convincente – Dolittle
Harrison Ford e il “cane” in Cgi che sembrava del tutto finto
– Il richiamo della foresta
Lauren Lapkus e David Spade – La Missy
sbagliata
Adam Sandler e la sua gracchiante voce da sempliciotto
– Hubie Halloween
Peggior regista
Charles Band – Tutti i tre film di Barbie &
Kendra
Barbara Bialowas e Tomasz Mandes – 365 giorni
Stephen Gaghan – Dolittle
Ron Howard – Elegia americana
Sia – Music
Peggior sceneggiatura
365 giorni
Tutti i tre film di Barbie & Kendra
Dolittle
Fantasy Island
Elegia americana
Peggior remake, sequel o copia
365 giorni (remake/copia polacco di 50
sfumature di grigio)
Dolittle
Fantasy Island
Hubie Halloween (remake/copia di Ernest e
una spaventosa eredità)
Il “Festival del
Cinema Città di Spello ed i Borghi Umbri – Le Professioni del
Cinema” ideato da Donatella Cocchini e dal regista e direttore
artistico Fabrizio Cattani si prepara alla decima edizione che si
terrà in presenza dall’11 al 20 giugno prossimo. E lo fa
presentando in anteprima al grande pubblico alcune delle novità e
degli appuntamenti in programma. Così, dopo aver annunciato
l’omaggio a Leonardo Sciascia, l’introduzione di due
nuove giurie – una della stampa umbra e l’altra composta da
membri della William Penn University Oskaloosa Iowa – e la
collaborazione con “Meno di Trenta” che vedrà la premiazione
di giovani professionisti under 30, ora tocca alla presentazione
dei film italiani ed internazionali in
concorso.
Undici, in
particolare, le pellicole“made in Italy”, tra opere prime e non, che
verranno proiettate al Teatro Subasio di Spello nei giorni della
manifestazione e che concorreranno all’assegnazione dei premi della
decima edizione. Si tratta di: “Abbi fede” di Giorgio
Pasotti,“Assandira” di
Salvatore Mereu,“I predatori”
di Pietro Castellitto, “Il grande passo” di Antonio Padovan,“La guerra di Cam” di Laura
Muscardin,“Non odiare” di
Mauro Mancini,“Quasi Natale”
di Francesco Lagi,“Regina” di
Alessandro Grande,“Rosa
pietra stella” di Marcello Sannino,“Spaccapietre” di Gianluca De Serio,
Massimiliano De Serio e“Sul
più bello” di Alice
Filippi.
Ad essere premiati,
come di consueto, saranno i professionisti del dietro le quinte che
saranno sottoposti al vaglio di una giuria composta da 11
colleghi, ossia: Livia Barbieri, Luca Bellano, Lavinia
Burcheri, Andrea Cavalletto, Francesco Cerasi, Dalia Colli, Daria
D’Antonio, Paola Freddi, Alberta Giuliani e Luca Servino.
Tredici le categorie in concorso: sceneggiatura, fotografia,
scenografia, costumi, musiche, montaggio, fonico di presa diretta,
montaggio del suono, effetti speciali, trucco, acconciatura,
creatore di suoni ed organizzatore. Previsti, poi, due ulteriori
riconoscimenti: quello assegnato come da tradizione da
cinemaitaliano.info e, novità di
questo 2021, quello che verrà consegnato dalla stampa umbra,
chiamata a decretare la migliore pellicola italiana in concorso. A
comporre questa nuova giuria, come anticipato nelle scorse
settimane, i giornalisti Sofia Coletti (La Nazione), Sabrina Busiri
Vici (Corriere dell’Umbria), Lisa Malfatto (Umbria Tv), Egle Priolo
(Il Messaggero), Fabio Luccioli (Radio Gente Umbra), Danilo Nardoni
(Umbria24) e Alessandro Orfei (Tuttoggi).
Sette, invece, i film internazionali.
Si tratta di: “Gauguin” di Edouard Deluc,“In viaggio verso un
sogno” di Tyler
Nilson,“Imprevisti
digitali” di Benoît Delépine, Gustave Kervern,“Undine – Un amore per sempre” di Christian Petzold,“Roubaix une
lumiere” di Arnaud
Desplechin,“Corpus
Christi” di Jan Komasae“Non conosci Papicha” di Mounia
Meddour Gens. Tra queste sette pellicole verrà, dunque, decretata la migliore pellicola
straniera. A scegliere il vincitore una giuria composta
da Enrico Magrelli (critico cinematografico), Adriano Amideo
Migliani (attore, giornalista e direttore di
Comingsoon), Selvaggia Castelli, (Rai Direzione Relazioni
esterne e Festival), Laura Luchetti (regista), Miguel Gobbo
Diaz (attore), Fabrizio Giometti (giornalista), Alessandro
Boschi (autore e critico cinematografico) e Massimiliano
Prezioso (presidente Acs – Associazione creatori di
suono).
In vista della
decima edizione del Festival proseguono gli incontri online
con i professionisti del dietro le quinte e non solo. In
particolare, da domenica 14 marzo prenderanno il via le dirette
con i registi dei film italiani in concorso. Ecco tutti gli
appuntamenti in agenda: domenica 14 marzo, alle 18,
diretta con Alessandro Grande, Mauro Mancini e Antonio Padovan;
giovedì 25 marzo, alle 19, diretta con Alice Filippi,
Francesco Lagi e Giorgio Pasotti; domenica 18 aprile, alle
18, diretta con Gianluca e Massimiliano De Serio, Salvatore Mereu e
Laura Muscardin; domenica 9 maggio, alle 18, diretta con
Marcello Sannino e gli attori Ivana Lotito, Ludovica Nasti e
Fabrizio Rongione. Tutte le dirette saranno trasmesse sulla
pagina Facebook del Festival del Cinema di
Spello.
In concorso al Noir in
Festival XXX arriva Unidentified, il
lungometraggio di Bogdan George Apetri, un thriller
poliziesco che parla di pregiudizi collettivi e di un’ossessione
privata in una Romania che sembrerebbe da cartolina, vista dai suoi
tetti e dai suoi laghi.
Unidentified, la
trama
Florin Iespas, Bogdan
Farcaş, è un poliziotto molto efficiente: risolve tutti i casi
che gli vengono affidati. Così chiede al suo capo, Vasile
Muraru, di occuparsi di un caso che langue da tempo. Due hotel
incendiati, due donne morte e Florin è convinto che gli episodi
siano collegati. Il suo capo però lo invita a lasciar perdere.
Nonostante i suoi problemi personali – debiti cui non riesce a far
fronte e una nebulosa situazione privata – Florin continua invece
un’indagine parallela. Il principale indiziato è il guardiano
notturno degli hotel, Bǎnel, Dragoş Dumitru, che lavora di
notte anche a una pompa di benzina non lontano dagli alberghi.
Bǎnel però si proclama innocente e l’indagine sembra prendere altre
direzioni.
Il colpevole non
identificato di Apetri e lo spettatore perso
E’ ambizioso Bogdan
George Apetri, quando concepisce un noir di più di due ore
puntando i riflettori su una piccola comunità del nord della
Romania, su un commissariato di polizia qualsiasi, popolato da
persone qualunque, con il fare bonario da vicini di casa. Colleghi
che al mattino si salutano scambiandosi battute di spirito e
raccontandosi barzellette. Non è facile creare suspense a partire
da un contesto come questo. È però tipico del noir il topos
del piccolo paesino tranquillo in cui non succede mai niente, che
nasconde invece misteri e svela individui inquietanti.
È ambizioso anche voler
svelare le connivenze all’interno di un apparato dello Stato. Un
sistema che protegge sé stesso e i suoi membri invece di
comportarsi seguendo la legge e ancor di più l’etica. Temi questi
che il cinema italiano conosce bene e che ha saputo esplorare
giungendo a risultati eccellenti con alcuni dei suoi regisiti più
impegnati e con pellicole come il vincitore dell’Oscar al
Miglior film straniero Indagine su un cittadino al di sopra
di ogni sospetto, di Elio Petri. Difficile non
pensarci, pur con tutti i distinguo, guardando
Unidentified. Il regista rumeno è ambizioso quando fa
un’analisi sociale introducendo il tema del razzismo nei confronti
degli “zingari”. Apetri, insomma, dopo il primo apprezzato
film, Outbound, vuole mettere a segno il colpaccio
della svolta e così introduce tanti spunti, diffcili però da
gestire insieme.
Unidentified è un poliziesco in cui per più di un’ora
lo spettatore segue il protagonista in una sua indagine non venendo
a scoprire praticamente nulla. La prima parte del film è lenta e
non avvince, né riesce a creare quell’atmosfera di suspense tipica
del genere. Il regista si sofferma in modo esasperante sugli
appostamenti e sui movimenti di Florin, tra lavoro e privato. Dopo
trenta minuti la scoperta più sensazionale è che il distributore
dove lavora il guardiano Bǎnel, il principale sospettato, vende
benzina nei contenitori, il che è illegale.
Dopo un’ora, emerge che
Florin non riesce a pagare i debiti con la banca. La sceneggiatura
– firmata dallo stesso Apetri, che cura anche il montaggio,
conIulian Postelnicu – sembra non seguire un filo. Prima
l’indagine, poi il privato – Florin vive solo, anche se si parla di
una moglie, e cerca di prendere tempo per pagare i suoi debiti –
poi di nuovo l’indagine e forse un’amicizia con quello che prima si
credeva il principale sospettato. Tutto questo disorienta lo
spettatore. Appena ci si comincia ad addentrare in un argomento, lo
si abbandona per spostarsi su un altro. Questo rende il film
difficile da seguire e noioso. Lo spettatore si domanda cosa gli si
voglia davvero raccontare e quando si arrivi al cuore della
storia.
Finalmente, dopo la metà,
il lavoro si fa più vivace, si inizia a fare un po’ di chiarezza,
anche se le cose non sono ancora come appaiono. Il film si comincia
a fare interessante man mano che si arriva appunto al cuore, cioè
si puntano i riflettori sul personaggio di Florin, ben interpretato
daBogdan
Farcaş, e sul suo mondo interiore. Si scoprono fantasmi,
ossessioni e nodi nel suo rapporto con la moglie Stela, Ana
Popescu. È qui il vero interesse, è la figura di lui che si
svela e rivela come uno psicopatico ossessionato dalla donna. Ormai
però, nonostante l’interpretazione anche intensa del protagonista,
che mostra bene il lato oscuro di una mente distorta, il film è
fortemente squilibrato e il risultato generale compromesso.
Suggestive infine le
panoramiche sui paesaggi urbani e naturali che rimandano l’idea di
cui si parlava all’inizio: un piccolo paesino apparentemente
tranquillo e bucolico, il cui aspetto inquietante si capisce a
pieno solo alla fine, quando si comprende il significato delle note
di Chopin che scorrono in sottofondo e accompagnano tutto il film,
a richiamare l’ossessione di Florin. La fotografia è affidata a
Oleg Mutu.
Unidentified è un film di genere troppo ambizioso e
squilibrato, nettamente diviso in due metà, in cui i pregi della
seconda non riescono a compensare i difetti della prima, lasciando
lo spettatore distante per troppo tempo.
Sono
stati annunciati i nominati agli ACE Awards
2021, i premi assegnati dalla American Cinema Editors,
ovvero il sindacato dei montatori cinematografici a Hollywood. Ecco
tutti i titoli nominati:
This Is Us “Forty: Part Two” Julia Grove,
Lai-San Ho
BEST EDITED DRAMA SERIES FOR NON-COMMERCIAL
TELEVISION:
Bosch “The Ace Hotel” Steven Cohen
ACE
Euphoria “Trouble Don’t Last
Always” Julio C. Perez IV, ACE
The Mandalorian “Sanctuary” Dana E.
Glauberman, ACE
Ozark “Wartime” Cindy Mollo, ACE
BEST EDITED LIMITED SERIES OR MOTION PICTURE FOR
TELEVISION:
Hamilton Jonah Moran
Mrs. America “Phyllis” Robert Komatsu,
ACE
The Queen’s Gambit “Exchanges” Michelle
Tesoro, ACE
Watchmen “The Extraordinary Being” Anna
Hauger
BEST EDITED NON-SCRIPTED SERIES:
Cheer “God Blessed Texas” Kate Hackett,
Daniel McDonald, Mark Morgan, Sharon Weaver, Ted Woerner
The Circus: Inside The Wildest Political Show on Earth
“Who the F*** Are We?” Jane Jo, Benji Kast, Seth
Skundrick, Evan Wise
Deadliest Catch “Mayday Mayday” Rob
Butler, ACE, Isaiah Camp, ACE, Joe Mikan, ACE, Art O’Leary
Ian Olsen, Josh Stockero
How To With John Wilson “How To Cook the Perfect
Risotto”Adam Locke-Norton
BEST EDITED VARIETY TALK/SKETCH SHOW OR
SPECIAL:
8:46 Steven Bognar
Dave Chappelle: The Kennedy Center Mark Twain Prize For
American Humor Jon Alloway, Chester G Contaoi, Brian
Forbes, Brad Gilson, Pi Ware
David Byrne’s American Utopia Adam Gough,
ACE
Saturday Night Live “Tom Hanks” Paul Del
Gesso, Yanni Feder, Daniel Garcia, Jack Klink, Richard Lampasone,
Ryan McIlraith, Sean McIlraith, Steven Pierce, Christopher Salerno,
Devon Schwab, Ryan Spears, Jason Watkins
BEST EDITED ANIMATION (NON-THEATRICAL):
Big Mouth “Nick Starr” Felipe
Salazar
Bob’s Burgers “Bob Belcher and the Terrible, Horrible,
No Good, Very Bad Kids” Jeremy Reuben
BoJack Horseman “Nice While It
Lasted” Brian Swanson
Rick and Morty “Rattlestar
Ricklactica” Lee Harting
Sebbene il MCU si sia spesso distaccato da
quanto raccontato nei fumetti, WandaVision è
comunque rimasto abbastanza fedele al materiale originale. Ciò non
significa che tutto sia stato adattato esattamente allo stesso
modo. Tuttavia, la serie è riuscita a cogliere ciò che i fan dei
fumetti già sapevano dei personaggi.
Screen Rant ha raccolto gli elementi che nella serie sono stati
presi in prestito dai fumetti e quelli che invece sono stati
ignorati:
1I poteri di Speed e Wiccan
Il
finale di WandaVisionha
lasciato ovviamente molte domande, come ad esempio quella relativa
al futuro dei figli di Wanda. Nella serie, Tommy e Billy erano
stati creati insieme all’Hex, con diversi riferimenti ai loro
poteri come descritti nei fumetti.
In
realtà, Tommy e Billy sono rispettivamente Speed e Wiccan nei
fumetti. La serie ambientata nel MCU mostrava le stesse capacità di
super velocità ed energia mistica nei ragazzi, sebbene queste
fossero attive solo all’interno della falsa realtà.
Zack Snyder è attualmente impegnato con la
promozione della
Snyder Cut di Justice
League. Nonostante il regista abbia più e più volte
escluso la possibilità di un sequel, sappiamo che in origine la sua
idea iniziale era quella di realizzare una vera e propria trilogia
(in stile
Il Signore degli Anelli, come spiegato dallo stesso
Snyder).
I due sequel inizialmente
programmati avrebbero dovuto coinvolgere non soltanto Darkseid, i
viaggi nel tempo e la sequenza del Knightmare, ma includere anche
uno dei più celebri nemici di Batman, ossia
l’Enigmista. Parlando con Beyond the Trailer, il
regista ha spiegato che c’erano stati dei tentativi di includere il
personaggio di Edward Nygma nel film dedicato a Batman che avrebbe
dovuto realizzare Ben Affleck. “All’epoca, Ben Affleck ci
stava pensando”, ha spiegato Snyder. “Ma non credo che si
fosse ancora impegnato a dirigerlo. Era troppo presto.”
Parlando invece dell’impiego del
personaggio nel sequel di Justice
League, ha spiegato: “Mi è piaciuto l’uso
dell’Enigmista da parte di Lex Luthor per cercare di capire
l’Equazione dell’Anti-vita. Ho pensato che come concetto fosse
davvero interessante e anche il fatto che lo avremmo usato nel film
per cercare di spiegarlo. È una grande equazione, è un mistero, è
lui che potrebbe decifrarlo… e alla fine lo fa, ma bisognava vedere
il film per scoprirlo. Ho pensato che fosse piuttosto interessante.
L’Enigmista era come uno strumento. E lo stava facendo per conto di
Lex.”
Il regista ha concluso rivelando:
“Il fatto è che il viaggio di Batman in quella parte del film
era cercare di scoprire cosa stesse facendo Lex. Quindi lo avrebbe
seguito fino al momento in cui non avrebbe trovato una soluzione.
Sarebbe stato un classico momento dal film: stava seguendo le
tracce del mistero per trovarlo.”
Zack
Snyder’s Justice League uscirà in
streaming uscirà il 18 marzo 2021 in
esclusiva digitale, disponibile per l’acquisto su
Amazon Prime Video, Apple Tv, Youtube, Google
Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft
Film & TV.
Dopo
l’annuncio arriva la notizia di ingressi nello spin-off di
The
Boys. Jaz Sinclair, ex allieva di Chilling Adventures
of Sabrina, è stata scelta come protagonista nello spin-off di
Amazon The Boys. Sinclair interpreterà Marie, una dei giovani
supereroi. Si unisce a Lizze Broadway, che interpreta la collega
giovane supereroe Emma. Lo spinoff di The Boys ha lanciato il suo
primo ruolo da protagonista mentre Lizze Broadway è stata scelta
per interpretare Emma.
Scritto dal produttore esecutivo di
The Boys Craig Rosenberg, lo spinoff senza titolo di The
Boys, che è stato messo in sviluppo accelerato su
Amazon la scorsa estate, è ambientato nell’unico college americano
esclusivamente per giovani supereroi adulti (e gestito da Vought
International). È descritta come una serie irriverente e
classificata come R che esplora le vite dei Supes competitivi e
ormonali mentre mettono alla prova i loro confini fisici, sessuali
e morali, competendo per i migliori contratti nelle migliori città.
In parte spettacolo universitario, in parte Hunger Games – con
tutto il cuore, la satira e il volgare di The Boys.
In molti erano pronti a scommettere
che Doctor
Strange sarebbe apparso nell’episodio finale di
WandaVision,
ma alla fine non è stato così. In realtà, non sappiamo se in
origine un’apparizione del personaggio era prevista, o se nei piani
dei Marvel Studios non c’è mai stata la
volontà di includere lo Stregone Supremo nella storia (nonostante i
velati riferimenti sia da parte di Agatha Arkness che nella seconda
scena post-credits).
Ora, durante un’intervista con
Jake’s Takes, l’attore britannico ha finalmente commentato la
sua assenza nell’acclamata serie Disney+, scusandosi con i fan. “Mi
dispiace di avervi deluso. Ma ero piuttosto impegnato. Lo so,
sarebbe stato divertente. O almeno, immagino. Si sarebbe collegato
alla presenza di Elizabeth Olsen in Doctor Strange 2… però, tutto a
tempo debito! Siamo nel bel mezzo delle riprese ora. Abbiamo
iniziato a girare da prima di Natale. È tutto molto
eccitante.
La questione dell’assenza di
Doctor
Strange in WandaVisionè
stata affrontata anche da Jac Schaeffer,
showrunner della serie, in un’altra intervista con
TV Line. In merito al mancato coinvolgimento di Strange dalla
show targato Disney+, Schaeffer ha ammesso: “Ci
sono state molte conversazioni. Abbiamo avuto conversazioni con il
team su un possibile collegamento con Doctor Strange 2. È così che
sono andate le cose”. Quando però il sito ha chiesto allo
showrunner se il team di WandaVision abbia mai contattato il team di
Cumberbatch per realizzare un cameo, Schaeffer ha glissato,
ammettendo: “Non posso parlare di questo genere di
cose.”
Il collegamento tra WandaVision e Doctor Strange 2
Nella seconda scena post-credits
dell’episodio finale WandaVision,
Wanda che si è ritirata in una baita isolata, in mezzo alle
montagne innevate. La vediamo mentre prepara del tè, ma poi
scopriamo che c’è una sua proiezione astrale in una camera, che sta
studiando il
Darkhold.
In quel momento sentiamo salire la
colonna sonora di Doctor
Strange, composta da Michael
Giacchino per il film del 2016. Si tratta, ovviamente, di
un’anticipazione riguardo ciò che avverrà in futuro, ossia che la
questione del potere di Scarlet Witch troverà una sua spiegazione o
risoluzione in
Doctor Strange in the Multiverse of Madness.
Sappiamo che Zack Snyder ha avuto la possibilità di
realizzare una serie di riprese aggiuntive per il suo taglio di
Justice
League in arrivo il prossimo 18 marzo in America e in
Italia. Grazie ai reshoot, il regista ha così potuto aggiungere
alla sua versione del cinecomic il personaggio del Joker di
Jared Leto, già apparso in
Suicide Squad del 2016.
Ad oggi sappiamo che il
supercriminale apparirà in una scena ambientata nel Knightmare e
che si troverà faccia a faccia con il Batman di Ben Affleck. Ora, in una recente intervista
con
Entertainment Tonight, è stato chiesto proprio a Leto com’è
stato riprendere il ruolo del Clown Principe del Crimine
(ricordiamo che all’inizio la Warner Bros. aveva tutta una serie di
piani per il personaggio, piani che sono sfumati dopo il flop del
cinecomic di
David Ayer). L’attore premio Oscar ne ha quindi
approfittato per elogiare il lavoro di Snyder.
“È un segreto che ho dovuto
nascondere per tantissimo tempo, quindi anche solo poterne parlare
ora è divertente”, ha spiegato Leto. “Snyder conosce quel
mondo come nessun altro. Ha davvero a cuore il personaggio. E si
preoccupa moltissimo per i fan. Ero felice all’idea di far parte di
questo suo viaggio e di raccontare quella storia… raccontarla nel
modo in cui lui ha sempre sognato. È stato divertente immergermi
nuovamente nel personaggio.”
In concomitanza con le dichiarazioni
di Jared Leto, è arrivata online anche una nuova
immagine dell’attore nei panni del Joker dal set della Snyder
Cut, condivisa attraverso Vero
dallo stesso Zack Snyder. Nella didascalia che ha
accompagnato la foto, Snyder ha ringraziato Leto per avergli
permesso di “avvicinarsi” a lui così tanto, in riferimento ai
rigidi protocolli di sicurezza che la troupe ha dovuto seguire
durante le riprese aggiuntive a causa del Coronavirus. Potete
ammirare la foto di seguito:
Zack
Snyder’s Justice League uscirà in
streaming uscirà il 18 marzo 2021 in
esclusiva digitale, disponibile per l’acquisto su
Amazon Prime Video, Apple Tv, Youtube, Google
Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft
Film & TV.
Gwyneth Paltrow ha ammesso che sarebbe
disposta a tornare nei panni di Pepper Potts nel
MCU soltanto in un ruolo minore,
magari in un breve cameo. L’attrice premio Oscar ha fatto il suo
debutto nell’universo condiviso grazie al primo Iron Man del 2008. Da allora, ha continuato a recitare
in molti altri titoli Marvel, inclusi i due sequel di
Iron Man,Spider-Man:
Homecoming e gli ultimi due Avengers, Infinity
War e Endgame.
Nonostante le numerose apparizioni,
Pepper Potts è sempre stato un personaggio minore all’interno del
più ampio franchise, correlato essenzialmente alla vita e alle
avventure di Tony Stark. Tuttavia, durante l’atto finale di
Endgame,
è apparsa nell’armatura costruita da Tony assumendo l’identità di
Rescue e insieme agli altri eroi ha combattuto contro l’esercito di
Thanos. Da allora, Paltrow aveva specificato che quella sarebbe
stata la sua ultima apparizione importante nel MCU, ma alcune
recenti dichiarazioni hanno lasciato intendere che forse potrebbe
anche esserci uno spazio per Pepper sul grande schermo.
Gwyneth Paltrow ha svelato a
People che sarebbe disponibile a tornare nel MCU, ma soltanto
ad una condizione. Sembra, infatti, che l’attrice non voglia
ritornare in una veste significativa, ma preferirebbe apparire in
un ruolo minore, o magari in un breve cameo, se ne avesse avuto
l’opportunità. Ha spiegato che l’ideale sarebbe, nell’eventualità,
riuscire a filmare le sue scene in un giornata, al massimo in due.
“Se fosse per una piccola parte, che potrei magari girare in un
giorno o due, ovviamente sarei disponibile”, ha spiegato.
Pepper Potts e l’eredità di Tony Stark nel MCU
La prospettiva di un eventuale
ritorno di Pepper Potts è ovviamente eccitante, soprattutto se ciò
significherebbe rivedere anche il costume di Rescue. Ovviamente,
uno standalone dedicato al personaggio è da escludere, ma
probabilmente non è neanche mai stato nei piani dei Marvel Studios.
Di certo, riportare indietro Pepper potrebbe essere un modo per
rivisitare l’eredità di Tony Stark e di sua figlia Morgan,
specialmente dopo la tragica morte dell’eroe in Endgame.
Diretto da Sam
Raimi, il sequel dovrebbe mostrarci cosa è successo a
Wanda (e di conseguenza a Scarlet Witch, ora che il personaggio ha
finalmente accettato la sua identità di strega) dopo la scioccante
scena post-credits dell’episodio finale di WandaVisionNonostante
sia stato già menzionato in precedenza, il MCU si prepara ad
affrontare concretamente il Multiverso e le sue conseguenze proprio
all’interno della Fase 4. In molti speravano che i Marvel Studios
avrebbero utilizzato proprio WandaVision per
gettare le basi di tale concetto, specie dopo l’entrata in scena
del falso Pietro, ma alla fine non è stato così.
Sulla scia del finale della serie,
Elizabeth Olsen ha ammesso a Variety (via
Screen Rant) che non era a conoscenza del fatto che i Marvel
Studios volessero gettare le basi del Multiverso mentre era
impegnata nella produzione di
WandaVision; l’attrice pensava che il Pietro di Evan
Penters fosse soltanto un modo “ingegnoso” per riportare indietro
Quicksilver. Tuttavia, quando ha iniziato a lavorare al sequel di
Doctor
Strange, ha compreso meglio ciò che l’universo
condiviso ha in serbo per il suo pubblico.
“Non sapevo del Multiverso
quando stavamo girando WandaVision”, ha spiegato l’attrice.
“Quindi non potevo immaginare che fosse ciò che stava
accadendo. Ho pensato che fosse soltanto un modo intelligente per
avere indietro Pietro. Ho capito il piano più ampio relativo al
Multiverso solo quando ho iniziato a lavorare a Multiverse, cioè al
sequel di Doctor Strange.”
La sceneggiatura del film porterà
la firma di Jade
Bartlett e Michael Waldron.
Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno
anche Benedict
Wong (Wong), Rachel
McAdams(Christine
Palmer), Chiwetel
Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl
Gomez (che interpreterà la new entry America
Chavez).
Doctor Strange in the Multiverse
of Madness arriverà al cinema il 25 marzo 2022.
Le riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo
anche a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe
apparire in un cameo anche Bruce
Campbell, attore feticcio di Sam
Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in
merito.
Kiersey Clemons,
che ha interpretato Iris West in una scena tagliata dalla versione
cinematografica di Justice
League, tornerà nei panni del personaggio per l’atteso
The Flash, andando così ad affiancare Ezra Miller nei panni di Barry Allen e
Michael Keaton e Ben Affleck in quelli delle rispettive
iterazioni di Batman.
Anche se finora non è stato rivelato
molto in merito alla trama del film, pare che la storia sarà
fortemente ispirata alla famose serie a fumetti “Flashpoint”. Se
ciò dovesse essere confermato, nel film vedremo Barry Allen saltare
da una linea temporale all’altra e, probabilmente, sarà in questo
modo che avrà l’opportunità di incontrare il Batman di Keaton.
Tuttavia, non è chiaro ad oggi come il film possa spianare la
strada ad eventuali progetti futuri legati al DCEU, come ad esempio
il sequel di Aquaman.
Ora, secondo quanto riportato da The
Hollywood Reporter, l’attrice Kiersey Clemons
tornerà in The Flash per interpretare Iris West.
Nonostante sia una figura importante nei fumetti di Flash, nonché
il principale interesse amoroso di Barry Allen, Iris è stata
tagliata dalla versione cinematografica di Justice
League. Tuttavia, la ritroveremo nell’attesissima
Snyder Cut, che arriverà su in America e in Italia il
prossimo 18 marzo. Tuttavia, sarà il cinecomic di
Andy Muschietti a segnare il debutto ufficiale del personaggio
sul grande schermo e, di conseguenza, nel DCEU.
Confermata anche la presenza
di Michael
Keaton e Ben
Affleck, che torneranno entrambi a vestire i panni di
Batman. Nel cast ci saranno anche Billy Crudup,
che sarà di nuovo Henry Allen (il padre di Barry, già visto in
Justice
League) e la new entry Sasha Calle(Febbre d’amore) che interpreterà Supergirl. Il film
dovrebbe essere ispirato alla serie a fumetti “Flashpoint” del
2011, scritta da Geoff Johns e disegnata da Andy Kubert.
Ryan Coogler, regista di Black Panther, uno dei cinecomic di maggior
successo del MCU, tornerà dietro la macchina da
presa per l’attesissimo sequel che arriverà già nel 2022 e che,
purtroppo, sarà orfano del suo incredibile protagonista, Chadwick Boseman, scomparso tragicamente ad
agosto dello scorso anno.
Ospite del podcast “Unbothered”
di Jemele Hill, il regista ha parlato proprio delle difficoltà che
sta riscontrando durante la pre-produzione di Black
Panther 2, proprio a causa della dipartita di Boseman.
Il regista ha spiegato di aver iniziato a lavorare allo script del
sequel da prima della scomparsa dell’attore, e che in seguito al
tragico avvenimento ha dovuto lavorare sodo per far convivere il
suo dolore con la responsabilità di tracciare un nuovo percorso
narrativo per il film. A detta del regista, si è trattato di un
processo incredibilmente difficile.
“Una cosa che ho imparato da
quando sono su questa Terra è che, al di là di come la si guardi, è
difficile riuscire ad avere un’idea su qualcosa mentre la stai
vivendo. Si tratta di uno dei dolori più profondi che abbia mai
dovuto affrontare nella mia vita: dover portare avanti un progetto
senza una persona in particolare. Questa persona era il collante
che teneva insieme tutto”, ha dichiarato Coogler.
“Ognuno di noi ha una vita
privata e una vita professionale. Quando ami il tuo lavoro, le due
cose si fondono. E così la tua vita diventa il tuo lavoro per la
maggior parte del tempo”, ha aggiunto. “Sto cercando di
fare proprio questo. Trovare un equilibrio tra lavoro e vita
privata. Sto lavorando per costruire due cose che possano stare in
piedi da sole. Ma non ci sono ancora riuscito. Questa è senza
dubbio la cosa più difficile che abbia mai dovuto fare nella mia
vita professionale.”
Black Panther 2 e l’eredità di Chadwick Boseman
Nel corso dell’intervista, Ryan Coogler ha anche spiegato quanto sia
stato strano passare circa un anno a scrivere dialoghi per Chadwick Boseman che, alla fine, l’attore non
avrebbe mai potuto interpretare. La sua morte ha avuto un forte
impatto su milioni di persone in tutto il mondo, e coloro che hanno
lavorato con lui e si preparavano a tornare sul set insieme, senza
dubbio si sono ritrovati in una posizione a dir poco straziante.
Certamente, il compito di Coogler non è dei più semplici, dal
momento che oltre a portare avanti la storia di T’Challa e di
Wakanda, dovrà anche trovare un modo per omaggiare l’eredità di
Boseman.
Black
Panther 2 arriverà nelle sale l’8 luglio
2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha
confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al
compianto Chadwick
Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un
altro attore, né tantomeno ricreato in CGI. Il sequel si
concentrerà sulle parti inesplorate di Wakanda e sugli altri
personaggi precedentemente introdotti nei fumetti Marvel.
Letitia Wright (Shuri), Angela
Bassett (Ramonda), Lupita
Nyong’o (Nakia), Danai
Gurira (Okoye), Winston
Duke (M’Baku) e Martin
Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei
rispettivi personaggi interpretati già nel primo film.
L’attore Tenoch Huerta è in trattative
con i Marvel Studios per interpretare il villain principale del
sequel.
Preceduta da quattro incontri in
streaming arriva a Roma, direttamente da New York, in
esclusiva europea, la mostra Women in Comics
curata da Kim Munson e dalla leggendaria Trina
Robbins. La straordinaria collettiva di 22 artiste statunitensi
che “hanno fatto la Storia del fumettonordamericano”, in programma dal 1° giugno 2021 a
Palazzo Merulana, è promossa dall’Ambasciata degli Stati
Uniti in Italia e co-prodotta da ARF! Festival e
Comicon.
WOMEN IN COMICS:GLI INCONTRI.
Con la curatela della fumettista e
illustratrice Rita Petruccioli (Bao Publishing, Il Castoro,
Mondadori) e della giornalista Francesca Torre (StayNerd.it,
Inside Art) i quattro incontri in streaming metteranno alcune delle
migliori autrici di Women in Comics – in diretta
dagli Stati Uniti – a confronto con cinque tra le più
rappresentative colleghe italiane, su tematiche di grande rilevanza
socio-culturale e attualità legate ai movimenti femministi e l’arte
militante, al corpo femminile e la sua rappresentazione nel
disegno, all’antirazzismo, il transfemminismo e
l’intersezionalità, alla violenza e il rapporto tra generi e
identità nel fumetto.
Questo il calendario degli incontri
che si svolgeranno tutti alle ore 18:
Giovedì 18 marzo 2021:
“Fumetto e femminismi: e noi dove eravamo?”Trina Robbins (dagli USA) incontra Silvia
Ziche (dall’Italia), moderate dalla scrittrice Susanna
Raule.
Giovedì 15 aprile 2021:
“Corpi rivoluzionari e donne che li disegnano”.
Emil Ferris e Coleen Doran (dagli USA)
incontrano Sara Pichelli (dall’Italia), moderate dal
giornalista RAI Riccardo Corbò.
Giovedì 13 maggio 2021:
“Balloon intersezionali”. Alitha
Martinez e Ebony Flowers (dagli USA) incontrano
Fumettibrutti ed Elisa Macellari (dall’Italia), con
la moderazione a cura Bande de Femmes.
Giovedì 10 giugno 2021:
“Drawing Power: raccontare la violenza a
fumetti”. Trininad Escobar (dagli USA) incontra
Rita Petruccioli (dall’Italia), con la moderazione a cura
della Casa delle donne Lucha Y Siesta.
WOMEN IN COMICS: LA
MOSTRA.
Arriva a Roma l’esposizione
originale che è stata allestita una sola volta nel 2020 alla
Galleria della prestigiosa Society of Illustrators di New
York, l’Associazione professionale fondata da Henry S. Fleming nel 1901 (oggi diretta
da Anelle Miller) che, oltre alle mostre, dal 1959 ogni
anno, produce e pubblica Illustrators Annual,
considerato uno dei più importanti cataloghi di illustrazione del
mondo.
Composta da 90 opere originali la
mostra Women in Comics, che aprirà il 1° giugno
a Palazzo Merulana, propone una storia di
autodeterminazione dei comics nordamericani grazie alle
sue 22 protagoniste che, dal fumetto vintage degli
anni ’50 al graphic novel più autoriale, esplorando temi come
amore, sessualità, creatività, discriminazione, indipendenza,
attraversa la psichedelia degli anni ’70 e del
fumetto underground, fino alla scena contemporanea mainstream
di Marvele DC
Comics.
“Questa mostra” – sottolinea
la curatrice Kim Munson – “è una rappresentazione
dell’ampia gamma e diversità delle donne che operano nei fumetti e
dei tanti generi in cui stanno lavorando, siano esse memorie
personali, storie per bambini, di supereroi, di genere
epico/fantasy, o ancora nel graphic journalism e nella grafica
editoriale.”
Accanto alle tavole di
Trina Robbins, vera e propria icona
“militante” del
fumetto underground e dell’attivismo femminista che nel
1986 è stata la prima fumettista della storia a disegnare Wonder
Woman per una major come la DC Comics, saranno presenti opere
originali di Afua Richardson e Alitha
Martinez (entrambe autrici afroamericane e attiviste,
vincitrici dell’Eisner Award per il loro lavoro su World
of Wakanda della Marvel, serie spin-off del già
“politico” Black Panther di Ta-Nehisi
Coates), di Colleen Doran (che ha disegnato sui
testi di sceneggiatori del calibro di Neil
Gaiman e Alan
Moore) e di Emil Ferris, il cui graphic
novel La mia cosa preferita sono i
mostri (pubblicato in Italia da Bao Publishing) è
diventato un vero successo editoriale di critica e pubblico,
premiato anche con il Fauve d’Or al Festival Internazionale di
Angoulême come “Miglior fumetto dell’anno” del
2018.
E ancora: Ebony Flowers
(autrice di Hot Comb, considerato da Guardian, Washington
Post e Believer uno dei migliori libri del 2019), Trinidad
Escobar (fumettista e poetessa filippina di San Francisco, dove
insegna al California College of the Arts), Tillie Walden
(Su un raggio di sole, Bao), Jen Wang (Il Principe
e la sarta, Bao), Joyce Farmer (Special Exits,
Eris Edizioni) e tante altre.
WOMEN IN COMICS: IL
DOCUFILM.
Completerà il
programma la proiezione di She Makes Comics della
regista Marisa Stotter (Respect Films, 2014), un
film/documentario – “la storia mai raccontata delle donne
nell’industria dei fumetti” – che verrà
proiettato per la prima volta in Italia a ciclo continuo
nella sala espositiva di Palazzo Merulana e sarà collegato ad un
progetto didattico che coinvolgerà le scuole italiane.
Volge al termine il Noir in
Festival, che cala il sipario sulla 30ma edizione con
tanti imperdibili incontri nella giornata conclusiva di venerdì 12
marzo.
Protagonista indiscusso sarà l’irlandese John
Banville, maestro del genere premiato dal Noir con il
Raymond Chandler Award alla carriera, che si
racconterà in uno speciale incontro in streaming intervistato dal
CEO di Film London Adrian Wootton (ore 12.00, su
Facebook e YouTube). John Banville, nelle librerie italiane dal 15
aprile con il suo ultimo Delitto d’inverno (Guanda),
ripercorrerà le tappe della sua carriera di scrittore, giornalista
e sceneggiatore, e saluterà il pubblico del Noir in Festival anche
nel corso della cerimonia di premiazione (in diretta su MYmovies a
partire dalle ore 19.30).
Accanto ad un maestro come John Banville, l’ospite d’onore della
serata sarà Diabolik, attraverso le
immagini inedite del backstage dell’ultimo attesissimo film dei
Manetti Bros.dedicato al Re del terrore. Durante
la serata di chiusura, che sarà trasmessa esclusivamente su
MYmovies, i fratelli Manetti saranno protagonisti di un incontro
sulla loro carriera, che ha mosso i primi passi proprio al Noir
durante gli anni a Courmayeur con l’episodio De
Generazione e il premiato Piano 17, fino ad arrivare
all’ultimo Diabolik di cui i registi mostreranno
in anteprima un inedito backstage, grazie alla
collaborazione con Rai Cinema e 01 Distribution.
La cerimonia di premiazione incoronerà il vincitore del Premio
Giorgio Scerbanenco, Tullio Avoledo, premiato
dalla giuria letteraria per il suo Nero come la notte
(Marsilio), e culminerà con l’assegnazione del Premio Caligari per
il miglior noir italiano dell’anno e del Black Panther Award per il
miglior film.
Nel corso della giornata sarà inoltre assegnato per la prima
volta il Premio Speciale Caligari per la
creatività produttiva a cavallo tra i generi nel cinema italiano di
oggi ad Andrea Paris, Matteo
Rovere e Sydney Sibilia, menti delle
factories produttive Ascent Film e Groenlandia (ore 16.00, su
MYmovies, Facebook e YouTube).
Il programma di venerdì 12 propone ancora un ricco palinsesto di
incontri: da Charlotte Link (ore 11.00, su
Facebook e YouTube), autrice tedesca contemporanea di maggior
successo che in dialogo con Alessandra Casella racconterà la nuova
indagine della sua Kate Linville in Senza Colpa
(Corbaccio), a Gianrico Carofiglio (ore 18.00, su
Facebook e YouTube) con il suo ultimo emozionante giallo La
disciplina di Penelope (Mondadori), che durante la
conversazione con John Vignola racconterà la sua nuova
protagonista, l’ex pubblico ministero Penelope Spada. Seguirà la
conversazione con Paolo Roversi: il vincitore del
Premio del Pubblico – Noir in festival per il romanzo noir italiano
più votato dai lettori tra i semi finalisti del Premio Scerbanenco
con Psychokiller (Sem), presenterà con Luca Crovi Il
pregiudizio della sopravvivenza (Marsilio), ottava avventura
del giornalista hacker Enrico Radeschi.
Il programma del 30° Noir in Festival si chiude con l’anteprima
di Les Apparences, il nuovo lavoro di
Marc Fitoussi, che il regista presenterà in
diretta in conclusione alla cerimonia di premiazione; il film,
tratto dal romanzo Betrayal della svedese Karin Alvtegen,
sotto la maschera della commedia cela un sofisticato thriller
psicologico (ore 21.00, MYmovies). Ultimo appuntamento per la
retrospettiva dedicata a Lucio Fulci con Le porte del
silenzio(ore 22.00, MYmovies).
Il Noir in Festival si svolge in streaming gratuito su tutto il
territorio nazionale sulla piattaforma MYmovies.it e sui canali social del festival
(Facebook, YouTube, Instagram). Tutti i film saranno disponibili
per 24 ore dalla data di prima programmazione, previa
prenotazione.
Natalie Portman è
stata avvistata sul set di Thor: Love and Thunder,
film in cui tornerà ad essere la Dottoressa Jane
Foster, ma questa volta con qualche aggiornamento in più.
A giudicare dalle braccia muscolose sfoggiate in queste immagini,
sembra che l’attrice abbia preso molto sul serio la prossima
evoluzione del suo personaggio, che, come sappiamo dalla storia dei
fumetti, diventerà il nuovo Thor.
Ecco le foto che stanno spopolando
su Twitter:
Some more pictures of Natalie Portman as
Jane Foster on the set of Thor: Love and Thunder from the other
day
Thor: Love and
Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo
sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir
stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo
daNatalie
Portman, come confermato sabato durante il
panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle sale è
fissata invece al 11 febbraio 2022.
Taika Waitititornerà alla regia di un film dei
Marvel Studios dopo Thor:
Ragnarok, così come Chris
HemswortheTessa
Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor
e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers:
Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal
fumetto “The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la
perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie
appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.
In concorso alla XXX edizione del Noir in Festival,
Wildland è il primo lungometraggio della
regista danese Jeanette Nordahl, già assistente
alla regia nella fortunata serie tv Borgen – Il
potere, oltre che di film danesi come
Carl Mørk – 87 minuti per non morire e il
successivo The absent one – Battuta di
caccia. In quest’edizione del Festival,
Nordahl è tra le più attese della nutrita pattuglia al
femminile. Ci si aspetta molto da questo giovane talento, classe
1985. Il suo film, ultimato nel 2019, infatti ha già convinto alla
Berlinale 2020, dove è entrato a far parte della
sezione Panorama.
Wildland, la trama
La diciassettenne Ida,
Sandra Guldberg Kampp, perde la madre in un
incidente d’auto. Viene così affidata alla zia materna, Bodil,
Sidse Babett Knudsen, che la accoglie a casa sua,
dove vive con i figli Jonas, Joachim Fjelstrup, e
Mads, Besir Zeciri, la moglie di Jonas, Marie,
Sofie Torp, e la nipotina. Poco dopo si unisce a
loro anche il terzo figlio di Bodil, David, Elliot Crosset
Hove, con la sua ragazza Anna, Carla Philip
Røder. Ida li osserva, non sa cosa aspettarsi da loro.
Presto si rende conto che Bodil ha un legame morboso con i figli. I
tre fanno tutto ciò che dice la madre, che dirige letteralmente le
loro vite. In più, la famiglia ha dei loschi affari e mentre Bodil
si occupa della parte “amministrativa”, i tre figli fanno il lavoro
sporco. Presto anche Ida viene coinvolta, come nuovo membro della
famiglia e sperimenta su di sé quanto sia complicato svincolarsi da
quel legame malato. Quando la situazione si complica ulteriormente,
Ida è costretta a una scelta difficile.
La famiglia è una terra selvaggia e
pericolosa
A prima vista il titolo del
film, Wildland, “terra selvaggia”,
sembrerebbe in aperto contrasto con l’immagine che lo accompagna:
una famiglia apparentemente normalissima seduta su un divano. Non
vi è infatti nessun segno di catastrofi, di minacce incombenti
legate al mondo della natura, una natura che si riveli un pericolo
per l’uomo e lo metta a dura prova. È proprio questo che la regista
vuole mostrare: come una famiglia, che dovrebbe essere il luogo più
sicuro, in cui ci si sente più protetti, possa essere invece quello
in cui si è più in pericolo, peggio di una giungla. Soprattutto se,
come nel caso dei protagonisti, si tratta di una famiglia
disfunzionale, dedita ad attività criminali. Jeanette
Nordahl dunque si mostra ben più interessata ai meccanismi
emotivi, relazionali e psicologici che possono innescare una
situazione di tensione, di suspense e di pericolo, piuttosto che a
indagare pericoli esterni.
Wildland
entra a pieno nella contraddizione e ne esplora i paradossi, grazie
anche a un gruppo di buoni attori che riescono a incarnarne le
varie sfumature. Tra questi spicca, nel ruolo della matriarca
Bodil, Sidse Babett – già protagonista della
serie tvBorgen – il
Potere, ha lavorato con Susan Bier,
Emmanuelle Bercot e con RonHoward per Inferno.
La giovane Ida, timida e
indecifrabile, è invece interpretata da Sandra Guldberg
Kampp, con la sua fresca grazia. Ella si pone inizialmente
come outsider che osserva questo gruppo e le sue dinamiche, ma ne
viene presto risucchiata, proprio a causa della natura perversa dei
legami in gioco. Se da una parte la ragazza percepisce come assurdo
il funzionamento di questa famiglia e vorrebbe staccarsene,
dall’altra ne trae un senso di protezione e appartenenza e si
fa lusingare dalle attenzioni di una madre ossessivamente
protettiva, a suo modo perfino amorevole, che non si rende conto di
danneggiare i figli proprio mentre cerca di proteggerli, essendo al
tempo stesso manipolatrice. Una splendida Sidse
Babett sa abilmente incarnare entrambi gli aspetti
di questa sorta di mostro a due teste che è Bodil. I tre
figli maschi rappresentano in vario modo le tre declinazioni
dell’essere succubi: Jonas sembra il più responsabile, ma è un
burattino nelle mani della madre, David è il più fragile, vorrebbe
ribellarsi ma non ne ha la forza e così annulla sé stesso nella
dipendenza, Mads è un bambinone. Ma i veri punti di forza del film
sono le figure femminili. Sono le giovani donne quelle che
potrebbero in qualche modo sovvertire questo ordine malato. Non
tanto Marie, quanto la stessa Ida ed anche Anna, la compagna di
David. Sembrano quelle più forti e più in grado di
autodeterminarsi, ma qui la regista delude in parte le aspettative,
non dando a queste tre figure lo slancio che sembravano promettere.
Forse una su tre prenderà una strada diversa. Lasciamo allo
spettatore scoprire chi sarà.
Ad ogni modo,
l’ambiguità, l’ambivalenza dei legami morbosi al centro del film
avvince lo spettatore, alimenta la sua curiosità, insieme a un
sentimento di angoscia crescente, dovuto all’aggravarsi della
situazione, man mano che una vera e propria trappola si stringe
attorno all’ultima arrivata, Ida. Dunque, il film funziona, pur con
qualche sbavatura in scrittura: qualche traccia narrativa accennata
e poi abbandonata, dunque prescindibile. Il film è scritto da
Ingeborg Topsøe e basato su un’idea della regista
assieme alla stessa Topsøe. Un evento tragico nel sottofinale e il
finale aperto lasciano sul piatto più di un interrogativo, e se
quest’indeterminatezza può non piacere a tutti, si tratta di una
scelta d’impatto, che spinge lo spettatore ad immaginare un
possibile futuro.
Wildland
conferma quindi in Jeanette Nordahl un talento da
seguire.