James
Gunn ha condiviso la prima immagine dello script di
Superman:
Legacy, annunciando ufficialmente che il film è
in fase di preparazione e che le riprese cominceranno nel 2024.
Gunn si dice onorato di far parte
dell’eredità del personaggio e annuncia, nel giorno
dell’Anniversario di Superman, che ora si tufferà nel lungo
processo della creazione dei costumi, della scenografia e di tutto
ciò che renderà il film distintivo.
Superman:
Legacy uscirà nelle sale l’11 luglio 2025.
Superman:
Legacy è il primo di un universo pianificato di
narrazione multipiattaforma (presumibilmente uno che si mescolerà
con i progetti di streaming per HBO Max) in una Fase
1 che lo studio chiama “Gods
and Monsters“. Il cast non è stato ancora annunciato, ma
l’uscita nelle sale globali del film è prevista per l’11 luglio
2025.
Il film di Super Mario
Bros. sta per raggiungere il miliardo di dollari, ma non
prima di aver battuto un sacco di
record al botteghino. Il film ha ottenuto un risultato
fenomenale al botteghino, tanto che il suo weekend di apertura ha
stabilito diversi record. Super Mario Bros. è
basato sull’amata serie di videogiochi con Mario e Luigi e, sebbene il film abbia
ricevuto alcune recensioni negative, i conti al botteghino dicono
tutt’altro. La parte più criticata è la narrazione poco avvincente
che però viene compensata dagli easter egg, dalle emozionanti corse
sui kart e al pianoforte di Bowser.
Il film di Super Mario
Bros. ha guadagnato 204 milioni di dollari nel suo weekend
di apertura e questo è solo l’incasso nazionale. Il film ha già
guadagnato 375 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando il
più grande successo dello studio di animazione Illumination. Non solo: questi numeri lo
rendono già raggiunto il punto pareggio diventando redditizio.
Questi sono i 5 record battuti da Super Mario
Bros.:
Il weekend di apertura con maggior
incasso del 2023
Mario e Luigi in Super Mario Bros.
Il 2023 non ha avuto un successo da
blockbuster – Ant-Man and the Wasp: Quantumania con i suoi
474 milioni di dollari di incasso è al primo posto in questa
categoria. Tuttavia, il film del Marvel Cinematic Universe ha avuto un weekend
di apertura di incredibile successo, poiché solo nella seconda
settimana si è registrato un calo significativo degli acquirenti di
biglietti.
Tuttavia, Super Mario
Bros. ha fatto scendere il film della Marvel al secondo posto. Con un incasso nel
weekend di apertura di 204 milioni di dollari, il film non solo ha
battuto Ant-Man and the Wasp: Quantumania, ma ha quasi
raddoppiato. Un tempo le uscite del MCU erano garantite per battere
tutti i record di incassi. Toccherà ai Guardiani della Galassia vol. 3 o The Marvels recuperare il record dagli
idraulici italiani.
Il più grande incasso di tutti i
tempi nel fine settimana di apertura tra mercoledì e domenica
Mario e Peach
Se la maggior parte dei record del
weekend di apertura battuti da Super Mario Bros.
riguarda l’animazione, questo record vede il film di videogiochi battere tutti i film che
hanno avuto un weekend di apertura dal mercoledì alla domenica.
Il film batte il record di cinque
giorni di apertura del weekend, che non veniva battuto da 14 anni.
Il record era precedentemente detenuto dal film di Michael Bay, Transformers – La vendetta del caduto, che ha
guadagnato 200 milioni di dollari in cinque giorni.
Il weekend di apertura di
Illumination con i maggiori incassi di sempre
Peach e Todd
Sebbene la
Illumination non sia considerata lo standard d’oro
dell’animazione rispetto ai giganti dello studio, produce comunque
grandi successi. Le tre proprietà principali dello studio –
Sing, Cattivissimo Me e
Pets – Vita da animali – sono tutti franchise da un
miliardo di dollari. Tuttavia, mentre i film dello studio sembrano
completamente a prova di critica e di pubblico, il weekend di
apertura di Super Mario Bros. Mette tutti al
tappeto. Il precedente weekend d’apertura di Illumination con il maggior incasso è stato
quello di Minions, che ha guadagnato 115 milioni di dollari in
quattro giorni.
Ma ciò che rende questo risultato
ancora più impressionante è che i budget della
Illumination sono estremamente conservativi
rispetto a quelli della DreamWorks Animation e della Pixar. Mentre questi studios spendono tra i
200 e i 250 milioni di dollari per film, la
Illumination ne spende in genere solo 70-80 –
Super Mario Bros. ha avuto un budget più alto con
100 milioni di dollari.
Il weekend di apertura con il
maggior incasso per un film d’animazione
Una scena di Super Mario Bros.
Questo record apparteneva in
precedenza a Gli
Incredibili 2, che ha guadagnato 182 milioni di
dollari nel suo weekend di apertura. Se Super Mario
Bros. guadagnerà complessivamente più di Gli Incredibili 2, il film della Illumination potrebbe diventare il terzo film
d’animazione di maggior incasso di tutti i tempi.
Super Mario Bros. è
il più grande incubo della Disney, in quanto ha persino il potenziale per
battere i due film Disney – Frozen e Frozen 2 – e diventare il film d’animazione di
maggior incasso di tutti i tempi. Non è facile una previsione sulla
seconda settimana ma le critiche negative potrebbe avere un impatto
altrettanto negativo al botteghino.
Il weekend di apertura con il
maggior incasso per un film sui videogiochi
Una scena di Super Mario Bros.
I film sui videogiochi non godono di una grande
reputazione. Il trend dei film di videogiochi scadenti è iniziato,
ironicamente, con il primo grande adattamento cinematografico
dell’idraulico italiano nel 1993. Da allora, i film sui videogiochi
sono stati criticati e hanno faticato altrettanto al
botteghino.
Ma il genere ha finalmente trovato
il successo con il recente successo del franchise di Sonic che deteneva il record con un incasso di
72 milioni di dollari. Super Mario Bros. ne ha
guadagnati quasi il triplo e ha ottenuto un incasso migliore di
qualsiasi altro film sui videogiochi, aprendo la strada al futuro
sia del franchise che del genere.
Caso cinematografico del 2019 e del
2020, il film sudcoreano Parasite
(qui la recensione) è
probabilmente oggi uno dei più noti film asiatici di sempre, sia
per il suo valore artistico quanto per i dibattiti e i premi
raccolti intorno a sé anche ben oltre la sua uscita in sala. Con
questo, il regista Bong Joon-ho, celebre
anche per film come Memories of Murder, The Host e
Snowpiercer, ha dato
vita ad un nuovo capitolo della sua poetica sulla divisione sociale
in atto nella Corea del Sud. Tematiche però universali, con cui
possono identificarsi spettatori di tutto il mondo.
È noto come Parasite sia
divenuto il primo lungometraggio non in lingua inglese a vincere il
premio Oscar come miglior film (oltre al premio per la miglior
regia, la miglior sceneggiatura e il miglior film internazionale).
Grazie anche ai suoi successi, tutto il mondo ha iniziato ad
interessarsi molto di più alle cinematografiche asiatiche, che
godono ora di un momento particolarmente felice tanto per la
produzione quanto per la distribuzione. Non tutti sanno però cosa
si nasconde dietro la concezione e la realizzazione di
Parasite, ma sono questi aspetti interessanti tanto quanto
ciò che è venuto in seguito.
Fonte di ispirazione per il regista
è stato il film del 1960 The Housemaid, il quale presenta
tematiche molto simili. Partendo da questo, Bong ha costruito un
film che fa della scenografia e della composizione delle immagini
il suo primario mezzo di comunicazione del senso. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà dunque utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e al suo
significato. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Parasite: la trama e il
cast del film
Protagonista del film è la famiglia
Kim, composta dal padre Ki-taek,
la madre Chung-sook e i figli
Ki-jung e Ki-woo. Molto legati
tra loro ma particolarmente poveri, i quattro vivono nello
squallido e angusto seminterrato di un palazzo. La loro sorte
sembra poter cambiare quando a Ki-woo viene offerta la possibilità
di impartire ripetizioni all’adolescente
Yeon-kyuo, figlia della ricca famiglia
Park. Questi, che vivono in una lussuosa villa nel
quartiere ricco della città, accoglieranno ben volentieri il
ragazzo. Vedendo nei Park la possibilità di riscattarsi della sua
famiglia, Ki-woo porta i genitori e la sorella ad ottenere a loro
volta incarichi lavorativi presso di loro. Le conseguenze, però,
saranno tanto disastrose quanto imprevedibili.
Ad interpretare il capofamiglia Kim
Ki-taek vi è il celebre attore Song Kang-ho,
ricorrente nella filmografia di Bong e visto anche in titoli come
Il buono, il matto, il cattivo e A Taxi
Driver. Il regista ha raccontato che se l’attore avesse
rifiutato il ruolo, non avrebbe fatto il film, non potendo
immaginare nessun altro interprete per quella parte. Accanto a lui,
nel ruolo della moglie Chung-sook vi è Jang
Hye-jin, mentre i due figli sono interpretati
rispettivamente da Park So-dam e Choi
Woo-shik. La famiglia Park, invece, è composta dagli
attori Lee Sun-kyun, Cho
Yeo-jeong, Jung Ji-so e Jung
Hyeong-jun.
Parasite: la scenografia,
i temi e il significato del film
Come anticipato, il film trova nelle
sue straordinarie ricostruzioni scenografiche uno dei primari mezzi
attraverso cui si costruisce il senso del racconto. Già dalla trama
si evince come nel film emergano grossomodo due ambienti: la casa
dei Kim e quella dei Park. Se la prima è un ambiente claustrofobico
e sporco, che denota la condizione sociale dei Kim, la casa dei
Park è invece lussuosa e spaziosa, capace di dare l’impressione di
una maggior libertà, economica e sociale. I due ambienti, come
noto, sono stati ricostruiti da zero all’interno di set
cinematografici.
All’interno di questi, il regista
colloca dunque ogni personaggio al suo posto, dando vita sempre ad
una netta separazione tra i ricchi e i poveri, che raramente
condividono gli stessi spazi. Attraverso questa divisione
scenografica e spaziale, Bong fa emergere i temi del conflitto di
classe e delle disuguaglianze sociali presenti nella società
sudcoreana. Tematiche che si ritrovano declinate in modo simile
anche nel suo precedente Snowpiercer, ambientato su di un
treno dove nella lussuosa testa si trovano le classi altolocate e
nella sporca coda quelle povere.
Un ulteriore elemento,
particolarmente ricorrente, attraverso cui il regista sottolinea le
differenze tra le due famiglie, sono le scale. Queste sono un
leitmotiv con cui i personaggi vengono sempre mostrati nella loro
ricerca di risalire la gerarchia sociale, un compito però
tutt’altro che semplice e che li porta a doversi macchiare di atti
particolarmente controversi. In ultima analisi, dunque,
Parasite può essere visto come una critica o meglio ancora
una satira ad un sistema capitalistico sempre più diffuso, che
tende a schiacciare molti per privilegiare pochi.
Parasite: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Parasite grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Chili Cinema, Google Play e Apple iTunes. Per vederlo,
una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare
il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà
così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente, in prima visione
assoluta, nel palinsesto televisivo di martedì 18
aprile alle ore 23:45 sul canale
Rai 4.
Aziz Ansari farà il
suo debutto alla regia con Good Fortune, una
commedia la cui trama è avvolta nel segreto ma che vedrà
protagonista una coppia di attori di alto profilo: Seth Rogen e Keanu Reeves. Lionsgate ha
appena ottenuto i diritti del film. La produzione ha avuto il via
libera e le riprese inizieranno il prossimo mese a Los
Angeles.
“Siamo stati davvero fortunati
con questo film. Adoriamo la sceneggiatura e crediamo fermamente in
Aziz sia come interprete che come regista“, ha dichiarato
Joe Drake, presidente del Motion Picture
Group di Lionsgate. “E se aggiungi
Seth e Keanu – due incredibili talenti di livello mondiale – al
fianco di Aziz, il tutto ha il potenziale per essere un film molto
speciale per noi. Ci siamo mossi rapidamente per realizzare questo
progetto una volta che fosse disponibile.”
Good Fortune è il
secondo tentativo di Ansari di fare il suo debutto alla regia. In
precedenza stava lavorando al dramma comico Being
Mortal per Searchlight, che è stato sospeso a
tempo indeterminato per le lamentele sul comportamento
inappropriato di Bill Murray sul set.
Aziz Ansari, comico
diventato famoso grazie a Parks and Recreation, si
è preso una pausa da Hollywood dopo che nel 2018 gli erano state
mosse accuse di cattiva condotta sessuale. Da allora è tornato al
cinema e in televisione con Master of None: Moments in
Love e il suo sesto stand up show, “Nightclub
Comedian”.
Good Fortune sarà
prodotto da Anthony Katagas, Alan
Yang e Ansari. Alla Lionsgate, il film
sarà supervisionato da Brady Fujikawa e
Jon Humphrey. Dan Freedman, Phil Strina,
John Biondo e Matt Leonetti hanno aiutato
a negoziare l’accordo per Lionsgate.
Apple
TV+ ha rilasciato oggi il trailer di Città in
fiamme, il thriller in otto episodi scritto e prodotto
esecutivamente da Josh Schwartz e
Stephanie Savage (“Gossip Girl”, “The
O.C.”), e ispirato all’omonimo romanzo di Garth Risk
Hallberg.
Questo racconto musicale e saga
familiare, interpretato da Wyatt Oleff, Chase Sui Wonders,
Jemima Kirke, Nico Tortorella, Ashley Zukerman, Xavier Clyde, Max
Milner, Alexandra Doke, Omid Abtahi, Kathleen Munroe, John Cameron
Mitchell, Geoff Pierson e Beth Malone,
farà il suo debutto mondiale su Apple
TV+ con i primi tre episodi venerdì 12 maggio, e con
un nuovo episodio settimanale fino al 16 giugno.
In Città in fiamme,
il 4 luglio 2003 una studentessa della New York University viene
aggredita a Central Park. Samantha era sola, non ci sono testimoni
e le prove a disposizione sono molto scarse. La band dei suoi amici
stava suonando nel suo locale preferito quando esce per incontrare
qualcuno, promettendo di tornare. Non lo farà mai. Mentre si indaga
sul crimine commesso contro Samantha, si scopre che lei è il
collegamento cruciale tra una serie di misteriosi incendi in tutta
la città, la ribalta musicale del centro cittadino e una ricca
famiglia di immobiliaristi dei quartieri alti logorata dai molti
segreti che custodisce.
Chase Sui Wonders
interpreta Samantha e Wyatt Oleff interpreta
Charlie, un amico di Samantha che sta lottando per far fronte alla
morte di suo padre l’11 settembre di due anni prima. Dopo che
Samantha è stata ferita, non si ferma davanti a nulla pur di
svelare il mistero di ciò che le è accaduto.
La serie è prodotta da Apple Studios
per Apple
TV+. Schwartz e Savage hanno scritto tutti gli otto
episodi e sono anche showrunner e produttori esecutivi con Fake
Empire. Jesse Peretz dirige quattro episodi ed è anch’egli
produttore esecutivo. Lis Rowinski di Fake Empire è co-produttore
esecutivo.
Netflix ha diffuso il teaser trailer di
Tutta la luce che non vediamo, l’annunciata
miniserie evento basato sull’omonimo romanzo vincitore del Premio
Pulitzer All the Light We Cannot See. Protagonisti sono Aria
Mia Loberti,
Mark Ruffalo,
Hugh Laurie, Louis Hofmann, Lars Eidinger e Nell
Sutton.
Tutta la luce che non
vediamo racconta la storia dell’adolescente francese con
cecità Marie-Laure e del soldato tedesco Werner le cui strade si
incontrano nella Francia occupata mentre entrambi cercano di
sopravvivere alla devastazione della Seconda guerra mondiale.
Il bestseller premiato al
Pulitzer Tutta la luce che non
vediamo di Anthony Doerr diventerà una miniserie
in quattro episodi targata Netflix e prodotta da 21 Laps
Entertainment (Stranger
Things, Free Guy – Eroe per gioco, Tenebre e ossa, Arrival) di
Shawn Levy con la sceneggiatura di Steven Knight (Peaky
Blinders).
La trama di Tutta la
luce che non vediamo
Basato sul romanzo vincitore del
Premio Pulitzer, Tutta la luce che non
vediamo racconta la storia dello straordinario potere
della connessione umana. Nel corso di un decennio, questa serie
limitata intreccia le vite di Marie-Laure Leblanc, una ragazza
francese cieca che si rifugia presso suo zio durante la seconda
guerra mondiale, e Werner Pfennig, un brillante adolescente tedesco
esperto di riparazioni radio. Attraverso una connessione segreta
condivisa, trovano la fede nell’umanità e la possibilità della
speranza. Dal regista Shawn Levy, All the Light We Cannot See è
interpretato da Louis Hofmann, Lars Eidinger, Marion Bailey, con
Hugh Laurie e Mark Ruffalo. E presentando la nuova arrivata Aria
Mia Loberti. In arrivo su Netflix, 2 novembre 2023
In
Guardiani della Galassia Vol. 3 i Guardiani torneranno
protagonisti di un film dopo sei anni, quando è uscito Guardiani della Galassia Vol. 2: l’ultima
volta che il pubblico ha visto la squadra cosmica alla guida del
Marvel Cinematic
Universe è stato infatti nel 2017, quando
Star-Lord e la squadra hanno combattuto contro suo
padre, Ego. Il film ha direttamente impostato quello che sarebbe
successo in futuro per la squadra, compreso il debutto di
Adam Warlock in Guardiani della Galassia 3. Originariamente
previsto per maggio 2020, il sequel ha subito diverse battute
d’arresto a causa del licenziamento e della riassunzione di
James Gunn da parte della Disney.
La lunga attesa per vedere come
James Gunn concluderà la sua trilogia di
Guardiani della Galassia
non significa che il popolare superteam cosmico sia stato lasciato
ai margini del MCU.
Star-Lord,Gamora, Rocket,
Drax, Groot,
Nebula e Mantis sono apparsi in
diversi progetti dopo il sequel del 2017, che hanno offerto al
pubblico rivelazioni sostanziali sulla squadra. Prima dell’arrivo
del film della Fase 5, ecco i più grandi eventi accaduti alla
squadra dopo Guardiani della Galassia 2.
I Guardiani si dividono e
combattono Thanos in Infinity War
Il primo grande evento
per la squadra è avvenuto in Avengers: Infinity War, quando l’affiatato
gruppo si è diviso per combattere Thanos. Questa
parte della loro storia è iniziata con la squadra che ha risposto
alla richiesta di soccorso degli Asgardiani dopo l’attacco di
Thanos e ha incontrato Thor.
Rocket e Groot decidono di andare
con Thor a Nidavellir con la speranza di creare un’arma abbastanza
forte da sconfiggere Thanos. Avengers: Infinity War ha mostrato l’inizio
dell’amicizia tra Thor e Rocket attraverso questa storia, mentre il
braccio di Groot è stato usato come impugnatura per Stormbreaker. I
due hanno combattuto al fianco di Thor nel Wakanda contro
l’esercito di Thanos, ma non sono riusciti a fermarlo.
Tra gli eventi accaduti alla squadra
di Guardiani della Galassia dopo il Vol. 2 c’è anche la caccia a Thanos da parte
di Star-Lord, Gamora,
Mantis e Drax. Questi si recano a
Knowhere per cercare di ottenere la Pietra della Realtà prima di
Thanos. È qui che la squadra perde Gamora a causa del padre.
Star-Lord, Mantis e Drax si recarono quindi su Titano dopo aver
ricevuto un messaggio da Nebula per incontrarla lì e combattere
Thanos. La squadra incontra Iron Man,
Doctor Strange e
Spider-Man ed elabora un piano per combattere il
Titano Pazzo. Stavano quasi per vincere prima che Star-Lord
interrompesse il suo piano, permettendo a Thanos
di vincere.
Gamora è morta in Infinity War ed è
tornata attraverso il viaggio nel tempo
La cattura di Gamora da parte di Thanos in
Avengers: Infinity War si è rivelato un
momento cruciale per la squadra a causa di ciò che le è successo
dopo. Thanos ha torturato Nebula finché Gamora non gli ha detto
dove si trovava la Pietra dell’Anima e lo ha accompagnato su
Vormir. Questa decisione si è rivelata costosa per Gamora, poiché
RedSkull ha detto a Thanos che
doveva sacrificare qualcosa che amava per la Pietra dell’Infinito.
Nonostante il modo in cui l’ha trattata, Vormir ha
accettato Gamora come sacrificio di Thanos “anima per anima”.
La notizia della morte di Gamora è il motivo per
cui Star-Lord ha iniziato ad attaccare Thanos,
avendo il cuore spezzato dopo aver perso la donna che amava.
Il MCU ha utilizzato il
viaggio nel tempo di Avengers: Endgame per riportare in vita
Gamora con un colpo di scena. Invece di far
tornare la versione del 2018, il film ha fatto viaggiare una Gamora
del 2014 nella linea temporale principale del MCU, dopo che un
Thanos del 2014 era venuto a conoscenza del piano del furto del
tempo dei Vendicatori. Questa versione di Gamora non ha mai
incontrato i Guardiani della Galassia, quindi non è innamorata di
Star-Lord. Sebbene si sia ancora ribellata a
Thanos per aiutare a salvare la galassia, Gamora ha lasciato la
Terra nel finale di Avengers: Endgame invece di unirsi alla
squadra dei Guardiani. Questo la porta a diventare la leader dei
Ravagers in Guardiani della Galassia 3.
Nebula e Rocket hanno aiutato i
Vendicatori ad annullare l’effetto dello Snap di Thanos
Lo snap di
Thanos in Avengers: Infinity War è uno dei momenti più
importanti quando si parla di ciò che è accaduto alla squadra dei
Guardiani dopo Guardiani della Galassia Vol. 2. Thanos,
polverizzando metà di tutta la vita nell’universo, ha fatto sì che
Groot, Star-Lord,
Drax e Mantis sparissero dopo lo
snap. Nebula e Rocket sono rimasti gli unici membri superstiti
della squadra dei Guardiani della Galassia in
Avengers: Endgame. Si sono riuniti quando
Capitan Marvel ha salvato Iron Man e Nebula
e li ha portati sulla Terra. Dopo aver trascorso un po’ di tempo ad
aiutare a riportare l’ordine nella galassia, Nebula e Rocket si sono uniti
ai Vendicatori per il loro furto del tempo.
Rocket e Nebula hanno avuto un ruolo
fondamentale in Avengers: Endgame. Rocket ha aiutato Tony
Stark ad assemblare la macchina per i viaggi nel tempo ed è andato
con Thor a prendere la Pietra della Realtà. Nebula ha accompagnato
War Machine per ottenere la Pietra del Potere, ma
la sua presenza nel 2014 ha messo in guardia il Thanos del 2014 dai
piani dei Vendicatori. Nebula è stata presa da Thanos e sostituita
nella linea temporale principale da una versione del 2014 più
malvagia. Alla fine, è stata la Nebula principale del MCU a convincere
Gamora a disertare. Grazie all’aiuto di Nebula e Rocket nel rubare
le Pietre dell’Infinito, lo scatto di Thanos è
stato annullato e i loro compagni dei Guardiani sono tornati.
Thor si è unito ai Guardiani della
Galassia (e poi se n’è andato)
Un altro fatto interessante
che è accaduto alla squadra dopo Guardiani della Galassia Vol. 2 è stato
l’ingresso di Thor tra i Guardiani: si è unito ai
Guardiani della Galassia alla fine di Avengers: Endgame ed è rimasto con loro per
tutto l’inizio di Thor: Love and Thunder. Le avventure di Thor e
dei Guardiani sono durate circa un anno, secondo la timeline del
MCU.
Durante questo periodo Thor
riacquista il suo tipico fisico asgardiano e i Guardiani riprendono
il loro compito di protettori della galassia. Tuttavia, Thor lascia
la squadra in tempi relativamente brevi in Thor: Love and Thunder, mentre è in cerca di
Gorr.
La squadra dei Guardiani stabilisce
una nuova base e ottiene una nuova nave
La squadra dei
Guardiani della Galassia inizia a prendere nuova
forma dopo l’uscita di scena di Thor, iniziando a
espandersi e a creare una nuova base. La squadra svolge un ruolo
importante nell’aiutare a ricostruire Knowhere dopo che
Thanos l’ha distrutta. La testa fluttuante di un
Celestiale morto viene mostrata come la loro base operativa nello
Speciale dei Guardiani della Galassia.
La squadra al completo si riunisce
qui tra una missione e l’altra, con Kraglin che si incontra con
loro e Cosmo il cane spaziale che dà una mano. Sono state incluse
anche altre navi alla loro flotta: la Bowie si è unita alla Milano
e alla Benatar come nave principale della squadra.
Drax e Mantis hanno rapito Kevin
Bacon per Star-Lord
Quello che è successo alla
squadra dei Guardiani dopo Guardiani della Galassia Vol. 2 include una
missione per rapire Kevin Bacon. Alla base dello Speciale di Guardiani della Galassia c’è
l’ideazione da parte di Drax e
Mantis di un piano per andare sulla Terra e rapire
la star del cinema: la loro intenzione era quella di consegnare
Kevin Bacon a Star-Lord come
regalo di Natale.
Così, Drax e Mantis riescono a
rapire la star di Footloose e imparano alcune preziose
lezioni sul Natale.
Star-Lord scopre che Mantis è sua
sorella
Un altro momento importante
per la squadra dei Guardiani della Galassia è
arrivato con la rivelazione che Mantis è la sorella di
Star-Lord. Lo Speciale di Guardiani della Galassia ha
confermato la teoria popolare emersa grazie al fatto che
Mantis è stata cresciuta da
Ego.
Mantis conosce la verità fin da
Guardiani della Galassia Vol. 2, ma ha scelto
di non condividerla con il leader della squadra fino a diversi anni
dopo. In questo modo, la conferma che Mantis è la sorella di
Star-Lord crea un altro legame familiare che Guardiani della Galassia 3 potrebbe
esplorare.
Disney+ ha diffuso il trailer
del dramma psicologico originale Saint X,
tratto dall’omonimo romanzo d’esordio best-seller di Alexis
Schaitkin, che debutterà sulla piattaforma streaming il
prossimo 7 giugno.
Saint X è
un dramma psicologico raccontato attraverso molteplici linee
temporali e prospettive, che esplora e stravolge il filone delle
ragazze scomparse. La serie racconta come la misteriosa morte di
una giovane donna, durante un’idilliaca vacanza ai Caraibi, crei un
effetto a catena traumatico che finisce per trascinare la sorella
sopravvissuta in una pericolosa ricerca della verità.
Leila Gerstein
(The Handmaid’s Tale) è
sceneggiatrice ed executive producer insieme a Dee Rees (MUDBOUND),
regista ed executive producer della serie composta da otto episodi.
Anche Stephen Williams (Watchmen) sarà executive producer al fianco
di David Levine e Zack Hayden per Anonymous Content, Aubrey Graham
alias Drake, Adel “Future” Nur e Jason Shrier per DreamCrew
Entertainment (Euphoria), oltre ad Alexis Schaitkin e Steve
Pearlman (C’era una volta). Saint X è una produzione ABC
Signature.
Saint X è
interpretata da
Alycia Debnam-Carey, Josh Bonzie, West Duchovny, Jayden Elijah,
Bre Francis, Kenlee Anaya Townsend, Betsy Brandt e Michael
Park. Leila Gerstein (The Handmaid’s Tale) è
sceneggiatrice ed executive producer insieme a Dee Rees
(MUDBOUND), regista ed executive producer della serie
composta da otto episodi. Anche Stephen Williams (Watchmen)
sarà executive producer al fianco di David Levine e Zack Hayden per
Anonymous Content, Aubrey Graham alias Drake, Adel “Future” Nur e
Jason Shrier per DreamCrew Entertainment (Euphoria), oltre
ad Alexis Schaitkin e Steve Pearlman (C’era una volta).
Saint X è una produzione ABC Signature.
Negli ultimi anni le produzioni
spagnoli, grazie soprattutto alle piattaforme streaming, si sono
moltiplicate, anche per via del grande successo ottenuto in termini
di critica e pubblico. Titoli come La casa di carta, Vis a Vis – Il
prezzo del riscatto o Élite sono solo alcuni degli
esempi più noti di come la produzione (in questo caso seriale)
spagnola abbia invaso gli schermi di tutto il mondo. Ora, sempre
dalla Spagna, è arrivato il lungometraggio Fenómenas –
Indagini occulte, che sta ottenendo a sua volta un
grande successo, confermando il grande fascino che i prodotti
provenienti dalla penisola iberica esercitano su spettatori di ogni
provenienza.
Diretto da Carlos
Theron, questo lungometraggio è disponibile dal 14
aprile sulla piattaforma Netflix, dove hanno trovato spazio anche le
serie televisive poc’anzi citate. Il colosso dello streaming
continua dunque a dimostrarsi particolarmente attento ai prodotti
in lingua spagnola, consapevole che, tra eccessi, emozioni
strabordanti e tanto gusto pulp, questi non mancano di riscuotere
grandi successi. In questo caso, quanto raccontato è addirittura
tratto da una storia vera, che viene qui raccontata attraverso
l’utilizzo del genere horror ma anche della commedia. Si costruisce
così un film irresistibile, che non sta mancando di entusiasmare
gli appassionati del genere.
L’horror spagnolo si è infatti negli
ultimi anni distinto come una continua fonte di gioielli
cinematografici, che hanno fatto di questo genere un caposaldo
della cinematografia spagnola, oltre a far conoscere nuovi registi
affermatisi poi anche all’estero. Titoli come Rec, The
Orphanage, I delitti della luna piena fino al più recente
Il buco (anch’esso
disponibile su Netflix). Certo, Fenómenas – Indagini
occulte non manca di fondere, come accennato, l’horror con la
commedia, capace però di far emergere a dovere al momento opportuno
ora l’uno ora l’altro genere, spaventando e divertendo dall’inizio
alla fine.
La trama e il cast di Fenómenas – Indagini
occulte
Il racconto di Fenómenas –
Indagini occulte si svolge alla fine degli anni ’90, in
Spagna. Qui, Sagrario (Belén Rueda),
Paz (Gracia Olayo) Gloria (Toni
Acosta) e padre Girón (Emilio Gutiérrez Cava)
fondano Hepta, una squadra di detective
specializzata in fenomeni paranormali. Le cose non vanno però come
sperato e non trovandosi in una situazione ottimale, il gruppo si
vede costretto ad accettare un lavoro apparentemente banale, ovvero
indagare all’interno di un negozio di antiquariato dove avvengono
strani eventi. Quello che sembrava un caso come tanti altri, però,
si rivela ben presto come il più difficile di tutta la loro vita e
per risolverlo dovranno rimanere uniti.
La storia vera dietro Fenómenas – Indagini
occulte
Come anticipato, quella raccontata
in Fenómenas – Indagini occulte è una
storia ispirata ad una reale vicenda svoltasi in Spagna tra gli
anni Ottanta e Novanta. Il film Netflix diretto da Carlos Therón si
ispira, infatti, al lavoro del gruppo Hepta, un team di
professionisti accomunati dalla passione per i fenomeni
paranormali, fondato nel 1987 a Madrid da Padre José María
Pilón. In particolare, le vicende narrate nel film si
rifanno a un vero caso sul quale l’Hepta ha indagato nel 1999, oggi
conosciuto come El Baúl del Monje, un negozio di
antiquariato al centro di inquietanti eventi paranormali. Ma
andiamo con ordine: chi era José María Pilón?
Nato nel 1924 a Madrid, Pilón era un
sacerdote gesuita con una laurea in filosofia e una in teologia
sacra. Grande appassionato di fenomeni paranormali nonché tra i
massimi esperti del paese di parapsicologia, nel 1987 decise di
portare avanti le proprie passioni e le proprie convinzioni
fondando il gruppo Hepta. Questo era formato da un
team di professionisti in diverse discipline, tutti accomunati
dalla volontà di indagare su quegli eventi ai quali la scienza non
sa dare una spiegazione. Le tre principali collaboratrici di Padre
Pilón sono Sol Blanco-Soler, Paloma
Navarrete e Piedad Cavero. Uno dei loro
casi più celebri è dunque quello di El Baúl del
Monje, un negozio di antiquariato con sede a Madrid al
centro di presunti fenomeni paranormali di grande intensità.
Tra gli strani eventi accaduti
all’interno di tale locale, si riportano rumori violenti, oggetti
volanti, odori sgradevoli e ombre umane che apparivano e
scomparivano all’interno delle stanze. Secondo gli studi condotti
dall’Hepta, tali fenomeni paranormali sarebbero stati causati dalla
drammatica morte di un uomo avvenuta lì anni prima. Naturalmente,
questa è la risposta fornita dal gruppo, la quale però non ha
trovato il sostegno della comunità scientifica. In seguito, ad ogni
modo, non sono più stati registrati eventi insoliti all’interno del
negozio, oggi riallestito a casa privata. Nel raccontare tale
storia, Théron ha ovviamente preso qualche libertà rispetto a
quanto riportato dai membri del gruppo, cercando però di rimanere
fedele agli elementi più importanti del loro racconto.
Il trailer di Fenómenas –
Indagini occulte e come vederlo su Netflix
Come anticipato, è possibile fruire
di Fenómenas – Indagini occulte
unicamente grazie alla sua presenza nel catologo di
Netflix, dove attualmente è al
2° posto nella Top 10 dei film più visti
in Italia. Per vederlo, basterà dunque sottoscrivere un
abbonamento generale alla piattaforma scegliendo tra le opzioni
possibili. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale
comodità e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso
a tutti gli altri prodotti presenti nel catalogo.
Avengers… uniti! Sembra che
Chris Evans abbia convinto alcuni dei suoi
co-protagonisti del Marvel Cinematic Universe
a riunirsi al film Ghosted di Apple
TV+. Durante la promozione dell’imminente commedia d’azione,
Evans ha infatti confermato che “alcuni vecchi amici della
Marvel” appariranno in
Ghosted, anche se non ha specificato alcun nome in
particolare. Ha anche confessato che “odio chiedere alle
persone dei cameo“, ma quando gli è stato chiesto se a quei
co-protagonisti piacesse farli, Evans ha risposto: “Se si
adatta al loro programma, suppongo, ma questi ragazzi … loro, loro
hanno accettato la sfida e loro erano lì per me. È stato
grandioso“.
Non resta dunque che aspettare,
l’arrivo di Ghosted, il 21 aprile, per
scoprire quali degli attori della Marvel avrà fatto un cameo nel
nuovo film dell’amico. Come noto, Ghosted è stato
scritto dal duo di sceneggiatori
di Deadpool e ZombielandPaul
Wernick e Rhett Reese. Dexter Fletcher (Rocketman) ha
diretto il film, mentre per quanto riguarda la trama sappiamo che
il film segue Cole (Evans), un uomo che si innamora di una donna di
nome Sadie (de Armas), solo che lei che lo “ghosta” al telefono
dopo il loro appuntamento. Dopo averla seguita a Londra, Cole
scopre che Sadie è un agente della CIA, rimanendo inconsapevolmente
coinvolto nella sua attuale missione.
Scarlett
Johansson doveva originariamente interpretare la
protagonista femminile insieme al suo co-protagonista
dell’MCU,
Chris Evans.
L’attrice ha dovuto abbandonare il film a causa di un conflitto di
programmazione, che ha portato Ana de Armas a prendere
il suo posto. Per i due attori, questo sarà il terzo film insieme
dopo aver recitato in Knives Out – Cena con Delitto e
The Grey Man. In attesa di poter vedere il film, si può
intanto fruire del trailer rilasciato da Apple, sulla cui
piattaforma, Apple+, sarà poi possibile
vedere Ghosted.
Uno dei produttori dietro
l’imminente sequel del film Mortal Kombat del 2021 ha ora
confermato quando inizieranno le riprese del sequel. La scorsa
estate, New Line Cinema e Warner Bros. Pictures hanno confermato
che Mortal Kombat 2 era in lavorazione e
sarebbe stato ancora una volta diretto dal regista Simon
McQuoid. E mentre i dettagli sono ancora estremamente
scarsi quando si tratta della data di lancio del film e dell sua
trama, ora sappiamo almeno quanto dovrebbe durare la sua fase di
produzione effettiva.
In una recente dichiarazione sui
social media, il produttore Todd Garner ha infatti
confermato un recente rapporto secondo cui le riprese di Mortal
Kombat 2 inizieranno tra due mesi, nel giugno
2023. Si dice che le riprese dureranno fino a
settembre 2023 e si svolgeranno ancora una volta
in Australia, che è dove è stato girato il film precedente. Al di
fuori di queste ampie informazioni, Garner non ha dichiarato
nient’altro su Mortal Kombat 2, il che significa che i fan
dovranno tirare ad indovinare ancora per un po’ su cosa potrebbe
incentrarsi la trama di questo sequel.
Forse la cosa più interessante di
Mortal Kombat 2 sarà il modo in cui verrà distribuito.
Come risultato della pandemia, nel 2021 Mortal Kombat è stato
lanciato direttamente su HBO Max, il che ha portato il film a
raccogliere un gran numero di visualizzazioni. Questo successo ha
giocato un ruolo importante nella decisione della Warner Bros.
Pictures di dare il via libera al sequel.
Con ogni probabilità, tuttavia, Mortal Kombat 2 non verrà
distribuito allo stesso modo, il che significa che dovrà ottenere
un buon successo al botteghino per poter garantire ulteriori film
della serie. Non resta ora che attendere maggiori informazioni
riguardo questo sequel, che potrebbero arrivare già nei prossimi
mesi.
Gli anni ’80 – tra le altre cose –
sono ricordati per l’ingestibile quantità di traffico e
importazione di cocaina negli Stati Uniti, che avrebbe lasciato
un’eredità contorta per i decenni a venire: ci sono state numerose
storie, film, programmi televisivi e persino canzoni ispirate al
traffico di droga degli anni ’80, da Scarface a
Narcos, che non invecchiano mai.
L’ultimo a questa aggiunta è
Cocainorso di Elizabeth Banks, in uscita nei cinema italiani
il 20 aprile, in cui ci viene presentata la storia di un orso che
si è divertito un po’ troppo con lo stupefacente che ha afflitto i
prepotenti anni ’80, lanciandosi in una furia omicida e
terrorizzando coloro che incrociano il suo cammino dopo averne
ingerita una grossa quantità. Con una violenza oltraggiosa e un
cast stellare che comprende Keri Russell, O’Shea Jackson
Jr., Isiah Whitlock Jr., Jesse
Tyler Ferguson e il grande Ray Liotta, Cocainorso ha tutte le caratteristiche di un
film classico ispirato all’epoca che parte da una tragicomica
storia vera.
Cosa accadde al vero
Cocainorso
La storia vera, sebbene
interessante, è molto meno mostruosa di quanto
il film voglia farci credere. Il 22 dicembre 1985,
l’Associated Press riportò che, mentre le autorità
cercavano la cocaina persa da un ex ufficiale che contrabbandava la
droga negli Stati Uniti, vennero trovati i resti di un orso nero
che sembrava essersi impossessato della cocaina ed essere morto di
overdose. All’epoca, l’orso era morto da circa un mese. Vicino alla
carcassa, sono stati trovati un borsone e 40 chilogrammi di cocaina
aperti e dispersi nell’area. L’autopsia dell’orso ha rivelato che
questo ha sofferto di tutte le afflizioni tipiche di un’overdose
massiccia, dall’emorragia cerebrale all’ictus: chi ha eseguito
l’autopsia ha poi detto che il suo stomaco era pieno di cocaina
“fino all’orlo”. L’orso è stato trovato nella Chattahoochee
National Forest vicino a Blue Ridge, in
Georgia.
Venne poi imbalsamato e passò di
proprietario in proprietario, di Stato in Stato, per oltre 25 anni.
A un certo punto, si suppone che sia finito nelle mani di
Waylon Jennings. Arrivò perfino a guadagnarsi il
soprannome di “Pablo Escobear“, un
omaggio scherzoso al boss della cocaina Pablo Escobar. Ora,
dovrebbe aver trovato la sua casa (si spera) definitiva in
Kentucky, dove è esposto al Kentucky Fun Mall.
L’ultima “missione” di Andrew
Thornton
Come se la storia dell’orso
non fosse già abbastanza cruda, quella del contrabbandiere non è da
meno. Questi si chiamava Andrew Thornton ed era un
ex agente della narcotici corrotto. Secondo il Los Angeles Times,
la carriera di Andrew Thornton come agente di polizia è iniziata a
Lexington, nel Kentucky. Prima della sua carriera di ufficiale e
contrabbandiere, ha prestato servizio nella 101esima Divisione
Aviotrasportata e ha ricevuto una medaglia al valore. I suoi amici
lo avrebbero descritto come un “esperto” di paracadutismo, proprio
grazie alla sua carriera militare. Nel 1968 entrò nella polizia di
Lexington, dove rimase per nove anni; dal 1970 al 1973 ha fatto
parte della squadra narcotici del dipartimento. Mentre lavorava per
Lexington, studiò legge all’Università del Kentucky e, nel 1977,
divenne avvocato praticante.
Tra gli anni ’70 e ’80, Thornton si
dedicò al contrabbando di droga e armi. È stato incriminato per la
prima volta nel 1981 a Fresno, in California, in relazione a un
caso di furto di armi dal China Lake Naval Weapons Center e di
traffico di marijuana. Sebbene non sia stato incriminato in questo
caso, è stato accusato di cospirazione per l’importazione e la
distribuzione di una sostanza controllata. Tra i reati di cui è
stato accusato c’è quello di essere stato il pilota di una
spedizione di droga in Kentucky dal Sud America nel 1979. Non è
stato accusato di un reato, ma è stato condannato a sei mesi di
carcere e la sua licenza di esercitare la professione di avvocato è
stata sospesa.
La carriera di contrabbandiere di
droga di Thorton non finì però così, ed è qui che
si collega alla storia del Cocainorso. Continuò a
contrabbandare droga e l’11 settembre 1985 tentò un altro traffico,
questa volta di cocaina, da consegnare a una fonte sconosciuta.
Mentre sorvolava il sud-est, Thornton si rese conto che il suo
aereo stava cominciando a non funzionare. Iniziò quindi a gettare
la cocaina fuori dall’aereo, se ne legò circa 75 libbre al corpo e
tentò di lanciarsi in volo verso la salvezza. Tuttavia, a
differenza dei suoi precedenti lanci nell’esercito, il suo
paracadute non si è aperto completamente ed è caduto morendo. È
stato trovato con due pistole, un giubbotto antiproiettile,
mocassini Gucci, occhiali per la visione notturna, 34 grossi pacchi
di cocaina e diversi altri oggetti vari. Tra l’autunno e quattro
settimane prima del 22 dicembre 1985, il
Cocainorso trovò uno dei pacchetti di cocaina che
Thornton aveva gettato dall’aereo, lo ingerì e morì.
Attraverso questa serie di eventi
che sembra poter provenire solo dagli ’80, il mondo ha conosciuto
la storia davvero unica del Cocainorso. Anche se
la maggior parte del film in sé non sembra essere basata su eventi
veri, dato che l’Orso delle Nevi ha probabilmente incontrato una
rapida fine poco dopo aver trovato la droga stessa, il modo in cui
viene rielaborata nel
film di Eizabeth Banks è più edulcorato e dimostra ancora una
volta che la verità è spesso più strana e cruda della finzione.
Julien Rejl,
direttore artistico della Quinzaine des
Réalisateurs, ha rivelato la selezione della sua 55a
edizione che si svolgerà in concomitanza con Cannes
76, dal 17 al 26 maggio.
“La Quinzaine des Réalisateurs è
nata quando una comunità di registi si è riunita con il desiderio
di creare uno spazio indipendente che incoraggiasse l’emergere di
un cinema libero indipendentemente dalla provenienza geografica o
da qualsiasi altro criterio limitante. Al centro della creazione
della Quinzaine des Réalisateurs era la qualità singolare di
un’opera d’arte e l’impossibilità di incasellarla. Abbiamo scelto
di presentarvi 30 film che, attraverso il loro linguaggio unico,
incarnano uno spirito di resistenza a ogni forma di ideologia e
alle narrazioni dominanti”.
Quinzaine des Réalisateurs: ecco il programma
CORTOMETRAGGI
AXXAM YAṚƔA, MAQAṚ ANSAḤMU (The House Is on Fire, Might
as Well Get Warm / La maison brûle, autant se réchauffer) di
Mouloud Aït Liotna
DANS LA TÊTE UN ORAGE
(A Storm Inside) di Clément Pérot
IL COMPLEANNO DI ENRICO
(The Birthday Party / L’Anniversaire d’Enrico) di Francesco
Sossai
J’AI VU LE VISAGE DU DIABLE
(I Saw the Face of the Devil) di Julia Kowalski
LEMON TREE di Rachel Walden
MARGARETHE 89 di Lucas Malbrun
MAST-DEL di Maryam Tafakory
OYU di Atsushi Hirai
THE RED SEA MAKES ME WANNA CRY di Faris Alrjoob
XIA RI FU BEN
(Talking to the River) di Yue Pan
FILM
VAL ABRAÃO
(Val Abraham / Abraham’s Valley) di Manoel de Oliveira –
Special screnning
LE PROCÈS GOLDMAN
(The Goldman Case) di Cédric Kahn –
Opening film
AGRA di Kanu Behl
L’AUTRE LAURENS
(The Other Laurens) di Claude Schmitz
BÊN TRONG VỎ KÉN VÀNG
(Inside the Yellow Cocoon Shell) di Thien An Pham –
First feature film
BLACKBIRD BLACKBIRD BLACKBERRY
(Merle merle mûre) di Elene Naveriani
BLAZH
(Grace / La Grâce) di Ilya Povolotsky –
First feature film
CONANN
(She Is Conann) di Bertrand Mandico
CREATURA di Elena Martín Gimeno
DÉSERTS di Faouzi Bensaïdi
IN FLAMES di Zarrar Kahn –
First feature film
LÉGUA di Filipa Reis & João Miller Guerra
LE LIVRE DES SOLUTIONS
(The Book of Solutions) di Michel Gondry
MAMBAR PIERRETTE di Rosine Mbakam
RIDDLE OF FIRE
(Conte de feu) di Weston Razooli –
First feature film
THE FEELING THAT THE TIME FOR DOING SOMETHING HAS PASSED di
Joanna Arnow –
First feature film
THE SWEET EAST di Sean Price Williams
UN PRINCE
(A Prince)di Pierre Creton
XIAO BAI CHUAN
(A Song Sung Blue) di Zihan Geng –
First feature film
WOO-RI-UI-HA-RU
(In Our Day) di Hong Sang-soo –
Closing film
La politica di Apple
TV+ riguardo l’adattamento in miniserie di testi
letterari di successo continua con L’ultima cosa che mi ha
detto, in cui l’autrice del romanzo originario
Laura Dave partecipa quale co-creator insieme a
Josh Singer. La storia principale vede
protagonista Hannah (Jennifer
Garner), la quale si ritrova improvvisamente lasciata
sola con la figliastra Bailey (Angourie Rice),
dopo che il marito Owen (Nikolaj
Coster-Waldau) è scomparso nel nulla in seguito a uno
scandalo finanziario capace di distruggere la società in cui
lavorava. Man mano che la nebbia sull’accaduto comincia a
diradarsi, la donna si trova suo malgrado costretta ad accettare di
non conoscere affatto l’uomo che ha sposato…
Due anime insoddisfatte
Nel tentativo di
coniugare la chiara impostazione da thriller con il dramma
psicologico incentrato sul rapporto tra le due donne abbandonate,
L’ultima cosa che mi ha detto ottiene il non
invidiabile risultato di rendere inefficaci entrambe le “anime” del
prodotto. Fin dalla presentazione dei personaggi, il tono del pilot
e il ritmo della narrazione appaiono quelli di un prodotto medio
destinato a soddisfare lo spettatore senza però offrirgli alcuno
spunto di originalità, tanto meno tentare di solleticarne la
curiosità attraverso soluzioni estetiche lontane
dall’ordinario.
L’ambientazione elegante
ma non ostentata – la storia inizia a Sausalito, cittadina della
Bay Area appena a nord di San Francisco – con tanto di meravigliosa
casa galleggiante fornisce la cornice perfetta per fare di
L’ultima cosa che mi ha detto un prodotto in linea
con quello che i tempi considerano chic. In questo setting si
sviluppa una miniserie che possiede la tensione drammatica di una
soap-opera, con i ruoli principali che passano molto più tempo al
telefono di quanto dovrebbero: la progressione della trama, in
particolar modo nei primi tre episodi, viene infatti eccessivamente
raccontata invece che vissuta, agita dai personaggi in scena.
Questo comporta una mancanza di azione che in molti momenti spazza
via ogni possibilità di ottenere un ritmo avvincente, o addirittura
anche soltanto convincente.
Jennifer Garner e gli altri membri del cast si
muovono così dentro un meccanismo che di efficace ha poco o
addirittura nulla. Anche l’utilizzo di brevi, spesso inutili
flashback per ricostruire il puzzle della vicenda risulta più
un’invenzione di montaggio per agitare le acque della storia che un
qualcosa di realmente necessario. In tale progetto la Garner si
barcamena per rendere Hannah una figura femminile con cui lo
spettatore può entrare in empatia, un sforzo tanto ammirevole
quanto quasi del tutto vanificato dall’assenza di spessore
drammatico. Non è però di certo lei la peggiore in the
L’ultima cosa che mi ha detto: lo scettro va
infatti a un Nikolaj Coster-Waldau completamente fuori
parte, in nessuna occasione capace di dotare il personaggio di Owen
della necessaria, sfumata ambiguità. Meglio tentare di dimenticare
che l’attore danese un tempo vestiva con carisma e potenza
espressiva i panni di Jaime Lannister: fa ancora più male vederlo
brancolare nel buio alla ricerca di un qualsiasi appiglio per
rendere il suo ultimo ruolo almeno accettabile…
L’ultima cosa che mi ha detto, una bella
confezione
Se non fosse per la
solita accuratezza nella confezione che i prodotti seriali di
Apple
TV+ solitamente possiedono, L’ultima cosa che
mi ha detto sarebbe uno show da bollare in toto come
non riuscito. Non possiede la forza narrativa del prodotto
squisitamente di genere, né la presa emotiva di quelle serie che
invece puntano su personaggi “forti”. Nella ricerca probabilmente
di andare incontro alle esigenze di diversi tipi di pubblico,
finisce per non avere idea di quale accontentare.
Se c’è un’attrice simbolo delle
commedie borghesi, scalcagnate e un po’ sfigate dell’Italia anni
’90, quella è proprio Margherita Buy. Diventata
famosa già piuttosto giovane, ha esordito nel 1986 ne La
seconda notte di Nino Bizzarri e dopo diverse partecipazioni
ad altri film, nel 1990 lavora ne La stazione di Sergio Rubini, grazie al quale inizia a
ricevere i primi riconoscimenti fino ad arrivare, oggi, a un totale
di sette David di Donatello, sette Nastri d’argento, cinque Globi
d’oro e tredici Ciak d’oro, detenendo il record di attrice con il
maggior numero di premi vinti.
Da quel momento parte la sua ascesa
nel mondo del cinema italiano, e inizia anche a delinearsi un
profilo stilistico recitativo, che poi diventerà la sua nota
caratteristica. È nel 1992 che prende parte all’iconico ruolo di
Maledetto il giorno che ti ho incontrato, per il quale
Carlo Verdone l’aveva appositamente scelta
regalandole la consacrazione ad esilarante nevrotica della commedia
romana. Da lì in poi le collaborazioni con registi dai nomi
altisonanti diventano innumerevoli: da Mario Monicelli a
Giuseppe Tornatore, Cristina Comencini, Daniele Luchetti, Paolo
Virzì, Roberto Faenza,
Ferzan Özpetek. Il regista turco, in particolare, le
cuce addosso un altro personaggio che le darà una nuova ondata di
meriti: nel 2001 con Le fate ignoranti si
designa un cult che resterà nella cinematografia nostrana come uno
dei punti fermi rispetto alle nuove tinte narrative emergenti,
oltre che lo specchio della necessità di mettere in scena tipi di
storie e caratteri che ancora si vedevano poco.
Esterno notte
Tra gli ultimi lavori che
l’hanno vista sul grande schermo c’è Esterno notte di
Marco Bellocchio: una serie suddivisa in sei puntate – ma è
stata definita “film lungo” da Toni Servillo che è parte del cast. Candidata
ai David di Donatello, vede nuovamente per il regista
l’approfondimento della vicenda del caso Moro, che aveva già
affrontato nel 2003 in Buongiorno, notte. Ogni puntata
segue uno dei protagonisti coinvolti negli eventi, con il suo punto
di vista e il suo stato d’animo. Si inizia ovviamente dal
presidente della DC, eseguito egregiamente da Fabrizio Gifuni, per poi proseguire con
Cossiga, descritto nella sua debolezza e spaesamento dall’attore
Fausto Russo Alesi, la terza puntata è su Papa Paolo VI fatto dalla
maestria di Toni Servillo, poi Adriana Faranda, la
brigatista parte attiva del sequestro interpretata da Daniela
Marra, e Eleonora Chiavarelli (Buy), moglie di Aldo Moro, che si
trova a dover reggere praticamente sola una situazione più grande
di lei e che Bellocchio riesce a raccontare molto bene. Uscito a
maggio dell’anno scorso, Esterno notte era stato diviso in
due parti e la seconda è andata in sala il mese successivo.
Presentato per intero a Cannes, è andato poi in onda a novembre
sulla Rai nell’attuale versione a puntate e da dicembre è
disponibile su Netflix. È stato un prodotto di grande
impatto sia sul pubblico che, ovviamente, sulla critica,
confermando la bravura nel lavoro di cesello del regista, che è
riuscito a mostrare dettagliatamente una ferita della storia della
politica italiana, rendendo il contesto in maniera profonda e
misurandone la tensione, potendosi appoggiare alle performance di
attori eccezionali.
Il primo giorno della mia
vita
Il primo giorno della mia
vita è in sala dal 26 gennaio. Scritto e diretto da
Paolo Genovese, è tratto da un suo stesso romanzo.
Qui Buy si cala nei panni di una poliziotta depressa, e divide il
set e l’umore sotto i tacchi insieme a Sara Serraiocco,
Valerio Mastandrea, di nuovo Toni
Servillo e il giovane Gabriele Cristini. L’eterogeneo
gruppo comprende persone che hanno deciso di mettere fine alla
propria vita, ognuno con le sue sacrosante motivazioni, ma ai quali
viene concessa una battuta d’arresto sul gesto fatale da un
personaggio non proprio terreno (Servillo) e con cui ciascuno di
loro potrà rivedere la propria vita nel pieno stile di Canto di
Natale di Charles Dickens.
Margherita Buy
aveva lavorato con Genovese già nel 2008 per la serie tv Mediaset
Amiche mie e dopo quindici anni tornano con una
collaborazione dal sapore, però, del tutto differente. Il regista
ha spiegato che questo film sorge da una fatica che è frutto del
periodo pandemico ma che ha molto dei temi a lui cari come,
soprattutto, le seconde possibilità. L’eco di
The Place da lontano un po’ si sente, così come un certo
cinismo spettrale che in effetti a poco della speranza che
notoriamente un’altra chance dovrebbe infondere. Ad ogni modo, le
prove attoriali sono ben riuscite e altrettanto l’intento del
messaggio. Certo è che tra i predecessori cinematografici che per
primi avevano affrontato il tema (La vita è meravigliosa,
Non buttiamoci giù) gli elementi arricchenti erano stati
di più.
10 minuti
Nel novero dei molti registi con i
quali per Buy è nato uno speciale sodalizio, c’è Maria Sole
Tognazzi di cui a breve uscirà con il film 10 minuti, le
riprese sono terminate proprio lo scorso autunno. Con la regista,
infatti, l’attrice aveva già partecipato nel 2013 a Viaggio
sola e nel 2015 a Io e lei con Sabrina Ferilli, pellicole che avevano
sondato a fondo personaggi femminili caleidoscopici, contraddittori
e dai quali sviluppano scelte imperniandole sulle loro relazioni.
Per entrambi i film Tognazzi vince il Nastro d’argento, Buy il
David di Donatello per Viaggio sola e Ferilli il Ciak d’oro.
Anche in questo caso Tognazzi si
concentra con passione traboccante sui volti e le storie di donne,
scandagliandone le pieghe, le contorsioni e le impennate
energetiche che cambiano la vita. La trama è tratta da un romanzo
di Chiara Gambareale e i dieci minuti del titolo fanno riferimento
ad un piccolo allenamento quotidiano che, fatto in quel lasso di
tempo apparentemente insignificante, possono addestrare una persona
al superamento della sua più grande paura, o al rivoluzionamento
del suo quotidiano. Del cast, oltre a Buy, fanno parte Barbara
Ronchi, Fotinì Peluso e Alessandro Tedeschi e la sceneggiatura è
stata scritta dalla regista insieme a Francesca Archibugi.
Il sol
dell’Avvenire
Del nuovo film di
Nanni Moretti è da poco uscito il trailer che
ha suscitato un’ondata di reazioni frementi e senza dubbio molto
incuriosite. Con ottime probabilità presente tra i film che saranno
proiettati a Cannes 2023, Il sol dell’avvenire ha un cast
nutrito e ognuno degli attori ha la sua bella dose di tratti
distintivi. Tra questi, insieme ovviamente a Margherita
Buy, spiccano Mathieu Almaric, Barbora Bobulova,
Silvio Orlando, Elena Lietti, Jerzy Stuhr e Valentina
Romani. In meno di due minuti di anticipazione, già
traspare tanto delle tracce pungenti e sarcastiche che il regista
romano ci ha fatto amare di sé: sicuramente assisteremo a
frecciatine verso gli attuali costumi produttivi e distributivi
dell’industria cinematografica, così come elementi politici e
naturalmente dissacranti. Buy interpreterà la sua compagna e già si
evince che non verranno evitati attimi di riflessione sui rapporti
di coppia e tanta autoanalisi. Moretti e l’attrice romana, tra
l’altro, condividono insieme un curriculum cinematografico che
vanta i quattro titoli de Il caimano, Habemus
papam, Mia madre e il
recentissimoTre piani. E stavolta, dopo
molto tempo, parrebbe che il regista abbia rispolverato alcune
delle sue vecchie glorie stilistiche, a partire dalle citazioni di
se stesso, l’uso di Franco Battiato nella colonna sonora e il
cinema nel cinema. Il sol dell’Avvenire sarà in
sala dal 20 aprile e l’attesa, dunque, è già trepidante.
Amazon Studios ha
acquisito la sceneggiatura di Brian OttingNever Too Old ToDie,
che avrà come protagonista Sylvester Stallone. Si
tratta di una commedia d’azione, che sarà prodotta dallo stesso
Stallone insieme a Braden Aftergood per la
Balboa Productions. La storia vede un misterioso
omicidio all’interno di una casa di riposo per spie che innesca la
missione personale di un eroe della Guerra Fredda per trovare
l’assassino che vive in mezzo a loro. Questo sarà il primo progetto
a rientrare nell’accordo pluriennale di Stallone e la Balboa
Productions con gli Amazon Studios.
Un accordo che vedrà Stallone
scrivere, dirigere, produrre e recitare in progetti vari per lo
studio, per il cinema e la TV. A Never Too Old To
Die non è però ancora stato assegnato un regista, lasciando
per ora aperta la possibilità che possa essere lo stesso Stallone a
ricoprire tale ruolo. L’attore ha di recente recitato nel film a
tema supereroe di Prime VideoSamaritan e attualmente
interpreta il ruolo del capo della mafia di New York Dwight “The
General” Manfredi nell’acclamata serie drammatica poliziesca della
Paramount+Tulsa King, ideta da
Taylor Sheridan. A breve, invece, si ritroverà
Stallone nei panni del Capitano Ravager Stakar Ogord in
Guardiani della Galassia Vol.
3.
Ma l’agenda dell’ex Rocky si compone
anche di un altro progetto particolarmente intrigante, ovvero la
docuserie The Family Stallone che
verrà lanciata su Paramount+ il 17 maggio e permetterà di esplorare
dall’interno la famiglia dell’attore. Attualmente non è dunque noto
quando inizieranno le riprese di Never Too Old To
Die, ma la cosa potrebbe avvenire nello stesso 2023,
permettendo al film di aggiungersi al lungo elenco di progetti a
cui Stallone sta attualmente lavorando con instancabile tenacia.
Tale pellicola sarà inoltre un’occasione in più per vedere l’attore
noto per i suoi ruoli action misurarsi con toni più leggeri, propri
della commedia.
Better Call Saul6,
l’attesissima sesta stagione di Better Call
Saul sta finalmente arrivando su Netflix.Saranno presto disponibili sul servizio di streaming gli
ultimi episodi della storia che segue la trasformazione di
Jimmy McGill nello spietato Saul
Goodman. Ecco dove guardare in streaming la sesta
stagione di Better Call
Saul .
Quando guardare Better Call Saul
Stagione 6 su Netflix
Netflix aggiungerà la
sesta stagione di Better Call
Saul alle 3:00 ET/12:00 PT di
martedì 18 aprile 2023 negli USA. La sesta stagione è composta da
13 puntate inizialmente divise in due parti con rispettivamente 7 e
6 episodi. La prima metà ha ottenuto quattro nomination ai
Primetime Emmy Awards, tra cui Miglior serie
drammatica.
Il cast includeva
Rhea Seehorn nei panni di Kim Wexler, Tony
Dalton nei panni di Lalo
e Jonathan
Banksnei panni di Mike Ehrmantraut. Inoltre,
vedremom il ritorno di Michael Mando nei panni di
Nacho Vargo e Giancarlo Esposito nei panni di Gus
Fring.
Better Call
Saul esamina il declino morale di Jimmy McGill
(Bob
Odenkirk), un serio avvocato ed ex artista della
truffa che diventa l’egocentrico avvocato difensore Saul Goodman e
Mike Ehrmantraut (Jonathan Banks), un ex agente di
polizia che diventa un faccendiere e sicario per i trafficanti di
droga.
L’adattamento di Denis
Villeneuve di Dune
di Frank Herbert ha ottenuto il plauso del
pubblico e della critica quando è arrivato nelle sale nel 2021,
quindi le aspettative sono piuttosto alte su come si concluderà
l’esperienza con l’imminente Dune: Parte 2.
Rebecca Ferguson, una dei protagonisti del film,
ha già condiviso alcune lodi, affermando che il seguito è persino
migliore del suo predecessore. Ciò che rende questi commenti
particolarmente entusiasmanti è che si basano specificamente sulla
sceneggiatura e sulle scene che sono state girate rispetto al
prodotto finito, con il film completo che probabilmente sarà ancora
più impressionante.
“Correre sulle dune di
sabbia… sentirsi così piccoli su queste incredibili colline. Quanto
siamo piccoli rispetto a Madre Natura? Lo adoro. Devo dirlo: la
parte 2 è migliore della Parte 1. E lo dico senza averlo visto, lo
dico in base a ciò che ho letto, ciò che ho visto, ciò che ho
girato”, ha affermato l’attrice, che nel film interpreta Lady
Jessica, concubina del duca nonché madre di Paul, interpretato da
Thimothée Chalamet. Tali affermazioni non fanno
che aumentare le aspettative nei confronti del film, che anche
sulla base di ciò che resta da raccontare promette di essere
particolarmente più ambizioso e sbalorditivo a livello di eventi ed
estetica.
Come noto, questo secondo film
vanterà anche nuove aggiunte al cast, tra cui Austin Butler nei panni
di Feyd Rautha, Florence Pugh
nei panni della Principessa Irulan, il leggendario
Christopher Walken nei panni dell’Imperatore e
Léa Seydoux nei panni di
Lady Margot Fenring. Timothée Chalamet, Rebecca
Ferguson,Zendaya, Javier Bardem,
Stellan Skarsgård,
Josh Brolin e
Dave Bautista
riprenderanno invece i ruoli del primo film. La sinossi recita: La
seconda parte si concentrerà su Paul che riunisce un imponente
esercito di Fremen per combattere lo spietato Harkonnen, mentre
diventa essenzialmente una figura mitica del messia per gli
abitanti di Arrakis. Dune – Parte 2 uscirà
al cinema il 17 novembre 2023.
Dopo il debutto da solista di
Joel Coen con Macbeth, è ora arrivato il
turno di Ethan Coen, pronto a dirigere senza il
fratello il film Drive-Away
Dolls, che arriverà nei cinema il 22
settembre 2023. Acquisito dalla Focus
Features, ma con la Universal che si
occuperà della distribuzione internazionale, il film racconta la
storia dello spirito libero Jamie, che affronta la sua ultima
rottura sentimentale intraprendendo un viaggio improvvisato a
Tallahassee con la sua amica Marian. Lungo la strada incontreranno
però un gruppo di criminali inetti (un marchio di fabbrica dei
Coen) che complicano notevolmente il loro viaggio.
Drive-Away
Dolls vanta un cast ricco di attori emergenti e
nomi affermati, tra cui Margaret Qualley
(C’era una volta a Hollywood), Geraldine
Viswanathan (Blockers), Beanie
Feldstein (La rivincità delle sfigate),
Colman Domingo (Euphoria), Bill Camp
(Joker) e ora anche Pedro Pascal
(The Mandalorian) e Matt Damon
(Air). Un cast a dir
poco stellare, dove però non è ancora stato annunciato chi
ricoprirà i ruoli indicati dalla sinossi. Molto probabile, però,
che uno tra Damon e Pascal avrà il ruolo di protagonista.
Il film è stato scritto da Coen
insieme a sua moglie, la montatrice Tricia Cooke,
che ha già lavorato a molti dei film precedenti dei fratelli Coen.
Ethan, Cooke, Robert Graf, Tim
Bevan ed Eric Fellner produrranno. Il
film sarà prodotto poi dalla Working Title
Pictures, che ha partecipato alla realizzazione di altri
film dei Coen, tra cui Hail, Caesar!. La data d’uscita del
film spinge a pensare che possa entrare a far parte della selezione
ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia, dove i Coen erano già
stati in concorso nel 2018 con il loro La ballatta di Buster
Scruggs. Non resta dunque che attendere per avere maggiori
informazioni.
“Non so quale sia la lunghezza
finale, ma diciamo che per me non è un problema”, ha detto Fremaux
a Variety. “Tutto
quello che so è che sono solo cinque minuti in più rispetto
a C’era
una volta in America“. Mentre ci sono tre
diversi tagli di C’era
una volta in America quello europeo è lungo 229 minuti
(3 ore e 49 minuti), il che si allinea con altri rumors sulla
lunghezza del film.
Se la durata di Killers
of the Flower Moon dovesse essere confermata,
diventerebbe uno dei film più lunghi della storia americana. La
pellicola si unirebbe ai classici come Lawrence d’Arabia del 1962 (3 ore e 42
minuti), Ben-Hur
del 1959 (3 ore e 32 minuti), I dieci
comandamenti del 1956 (3 ore e 40 minuti) e
l’iconico film del 1939 Via
col vento(3
ore e 41 minuti), solo per citarne alcuni.
Killers of the Flower Moon, il
film
Basato sull’omonimo libro
best-seller,
Killers of the Flower Moon è ambientato
nell’Oklahoma degli anni ’20 e segue l’omicidio seriale di membri
della Osage Nation, l’associazione di ricca di petrolio.
La storia racconta una serie di crimini brutali in circostanze
misteriose che si sono verificati conosciuto come “il regno del
terrore”. Oltre a dirigere, Martin Scorsese ha scritto la sceneggiatura
con Eric Roth, co-sceneggiatore di Dune e A
Star is Born. Leonardo
DiCaprio interpreta Ernest Burkhart, il nipote di un
potente allevatore locale interpretato da Robert De Niro, mentre Lily
Gladstone interpreta la moglie Osage Mollie e
Jesse Plemons è Tom White, l’agente dell’FBI
incaricato di indagare sugli omicidi. Il cast include anche
Brendan Fraser e John Lithgow.
Killers
of the Flower Moon riunisce ancora una volta Martin Scorsese con i collaboratori di lunga
data Leonardo DiCaprioe
Robert De Niro. Insieme a loro ci sono l’attore premio
Oscar
Brendan Fraser, Jesse Plemons, Lily Gladstone,
Tantoo Cardinal, Jason Isbell, Sturgill Simpson, Louis Cancelmi,
William Belleau, Tatanka Means, Michael Abbott Jr., Pat Healy,
Scott Shepherd e molti altri. La pellicola è
diretto e prodotto da Martin Scorsese. Il film è una produzione
di Apple Studios, Imperative Entertainment e Appian Way
Productions, con Dan Friedkin e Bradley Thomas come produttori.
Sebbene la Fase 4 dei
Marvel Studios non sia stata un
completo disastro, è comunque un periodo difficile per lo studio,
fino ad ora apparentemente intoccabile. Oltre a distribuire film
come Eternals e Ant-Man and the Wasp:
Quantumania, rivelatisi insuccessi di critica e pubblico,
la società ha vissuto anche fortune alterne su Disney+, dimostrando che raccontare
storie sul piccolo schermo richiede un approccio molto diverso
rispetto a quelle per il grande schermo. A tutto ciò vanno aggiunti
numeri al botteghino inferiori alle attese (la pandemia si prende
parte della colpa per questo). Dobbiamo pertanto immaginare che
Kevin Feige non
stia vivendo un momento particolarmente sereno.
Stanto ad alcune fonti, si ritiene
ora che il CEO della Disney, Bob Iger, sia la
chiave per assicurarsi che i Marvel Studios tornino a un
approccio basato sulla qualità piuttosto che sulla quantità, e
anche Feige sembrerebbe pronto ad apportare alcune modifiche.
Secondo l’insider Jeff Sneider, il piano di Feige
sarebbe ora quello di adattare la sua strategia di assunzione
rivolgendosi a registi e creativi già affermati. Aggiunge Snider:
“Feige vuole assumere talenti più affermati dietro la macchina
da presa“, suggerendo che l’idea è di mettere i film futuri
nelle mani di registi più esperti.
È bene notare che non ci sono state
conferme ufficiali a riguardo, tuttavia questo è in linea con ciò
che è stato detto sulla ricerca del regista di Fantastici
Quattro. “Kevin non vuole supervisionare l’intero
progetto“, aveva rivelato una fonte, “e dopo non essersi
dovuto preoccupare di questo con Sam Raimi, è intenzionato a
cercare di nuovo un’esperienza di questo tipo“. Dopo anni in
cui ha puntato su talenti emergenti, talvolta provenienti dal mondo
del cinema indipendente, Feige sarebbe dunque ora intenzionato ad
affidarsi a spalle più solide per i futuri progetti Marvel. Vedremo se ciò si rivelerà
vero.
A seguito di un recente rapporto
secondo cui i Marvel Studios potrebbero
“discutere delle opzioni” dopo che la star di Ant-Man and the Wasp:
QuantumaniaJonathan Majors
è stato arrestata per una presunta aggressione, una nuova voce in
giro indica che Kevin Feige e gli altri dirigenti
potrebbero già avere in mente un attore – o almeno un certo “tipo”
di attore – se decidessero di dover trovare un sostituto per il
personaggio di Kang il
Conquistatore. Si tratta di una soluzione estrema, per
ora non contemplata, ma che potrebbe non essere del tutto fuori da
ogni discussione per i Marvel Studios.
Majors, come noto, è stato preso in custodia dalla
polizia dopo aver presumibilmente aggredito fisicamente una donna
sulla trentina (che si credeva fosse la sua ragazza) in un
appartamento di New York City. L’avvocato dell’attore ha affermato
che il suo cliente era “completamente innocente”,
promettendo di presentare prove che lo avrebbero scagionato da
qualsiasi illecito penale. Tuttavia, tali prove – una serie di
messaggi della presunta vittima – non hanno avuto l’effetto
desiderato, e anzi avrebbero peggiorato la situazione di Majors. Ad
ora, però, l’attore rimane confermato come interprete di Kang, il
nuovo grande villain dell’MCU.
Tuttavia, durante l’episodio di
questa settimana di The Hot Mic, l’insider
Jeff Sneider ha offerto il seguente aggiornamento.
“Anche se non c’è stato alcun movimento sul fronte di Jonathan
Majors, ho sentito che qualcuno come Damson Idris
è il tipo di persona che la Marvel potrebbe cercare come
sostituto.” Idris è un attore britannico emergente di Snowfall
di FX e recentemente è stato scritto al fianco di Brad
Pitt nel film ancora senza titolo Forumla 1 di Apple.
Ribadiamo che ad ora non ci sono piani noti per sostituire Majors
nei panni di Kang, ma la cosa potrebbe eventualmente accadere in
futuro in base a come proseguirà la vicenda giudiziaria
dell’attore.
Jonathan
Majors, interprete di Kang il
Conquistatorenel Marvel Cinematic Universe
e star di Ant-Man and the Wasp:
Quantumania, è stato ufficialmente abbandonato dal suo
manager di lunga data, Entertainment 360, e dal
team di pubbliche relazioni, Lede Company. La
decisione, pare, sia dovuta a “problemi di comportamento
personale dell’attore“. Come noto, poche settimane fa,
Majors è stato arrestato dopo
aver presumibilmente aggredito fisicamente una donna sulla trentina
(che si credeva fosse la sua ragazza) in un appartamento di New
York City.
L’avvocato dell’attore ha poi
affermato che il suo cliente era “completamente innocente”
e ha promesso di presentare prove che lo avrebbero scagionato da
qualsiasi illecito penale. Tuttavia, tali prove – una serie di
messaggi della presunta vittima – non sembrano aver avuto l’effetto
desiderato, e anzi avrebbero gettato Majors in una situazione
ancora peggiore. Se non vengono presentate accuse ufficiali, Majors
probabilmente sarà libero, ma ciò non impedirà un contraccolpo
significativo da parte di coloro che credono che sia ancora
colpevole di aggressione.
Il modo in cui questi eventi,
dall’arresto all’abbandono da parte delle due agenzie,
influenzeranno il futuro di Majors nell’universo cinematografico
Marvel rimane sconosciuto, sebbene
l’attore abbia già completato il lavoro sulla seconda stagione di
Loki di Disney+. Majors dovrebbe
interpretare il nuovo grande cattivo dell’MCU anche in altre occasioni, come
Avengers: The Kang Dynasty,
ma alcune voci suggeriscono che i Marvel Studios potrebbero avere un piano di
riserva per sostituirlo con un altro attore. Tuttavia, ad ora
questa rimane solo una voce e non è stata confermata ufficialmente
né dalla Marvel né dalla Disney.
Dopo una serie di lungometraggi di fattura notevole Kelly
Reichardt ha raggiunto un livello di maturità artistica
sinceramente ammirevole. Si tratta di uno dei pochissimi cineasti
indipendenti americani in grado di mettere in scena la verità e la
sensibilità dei propri personaggi con pochi, finissimi tratti. Una
regista in grado di padroneggiare con tale parsimonia e insieme
efficacia la cura dei dettagli merita un sincero e sentito
applauso.
Showing Up, l’attesa prima di
un’esposizione
Prendiamo ad esempio le pennellate di vita quotidiana che
definiscono la protagonista del suo ultimo Showing
Up, una scultrice alle prese con gli ultimi, convulsi
giorni prima di un’esposizione. La vita interiore di Lizzy
(Michelle
Williams), lo stato emotivo e sentimentale in cui si
trova quando la incontriamo, perfettamente esplicitati dal modo in
cui veste, dalla sua acconciatura, dal fatto che indossa quasi
ossessivamente le stesse comode scarpe aperte con calzini, poco
importa quali abiti abbia deciso di indossare.
Eppure nel film di Reichardt tale cura dei
dettagli non diventa mai ostentazione, in nessun caso infatti la
messa in scena si erge sopra storia, atmosfere o figure
tratteggiate. Anche la sceneggiatura, scritta insieme al fido
romanziere John Raymond, scandisce il tono di
Showing Up con una semplicità che sa davvero di
vita vissuta: nonostante Lizzy si trovi ad affrontare praticamente
da sola una serie di ostacoli e problemi proprio nei giorni che
precedono la sua mostra, le piccole avventure di una vita
normalissima – un piccione che deve essere accudito dopo che il suo
gatto lo ha quasi ucciso, una madre asfissiante separata da un
padre donnaiolo, un fratello artista incompreso al limite
dell’esaurimento nervoso – non diventano mai un mezzo per alterare
il tono del racconto, intriso di una gentilezza del tocco che sa
del fluire pacato do una vita anonima eppure pregnante.
Kelly Reichardt si è riversata in Lizzy
Kelly
Reichardt, almeno nel suo rapporto con i media, non è una
persona di facilissima gestazione. La sua gentilezza intrinseca si
sposa con una riservatezza evidente, su cui si poggia la sua idea
molto forte di cosa sia essere un’artista. Chiunque abbia avuto il
piacere di conoscerla oppure semplicemente osservarla dal vivo non
può non notare quando abbia messo di se stessa in Lizzy,
riflettendo attraverso il suo lavoro e la sua dedizione sul valore
dell’arte in generale. La protagonista di Showing
Up non è un’artista di fama internazionale, per pagare
l’affitto abbordabile della casa che la sua amica Jo (Hong
Chau) le ha messo a disposizione lavora come grafica per
sua madre, non ha una vita sociale e sentimentale che possa
veramente definirsi appagante. Eppure non c’è un singolo momento
del film in cui lo spettatore compatisce questo personaggio, prova
pena per lei.
La dignità, l’abnegazione
e l’amore con cui Lizzy continua imperterrita e sincera a scolpire
sono il vero premio dell’essere un’artista, e lo stesso possiamo
dire della filmografia preziosa di Kelly
Reichardt. Se oltre a questo suo ultimo lungometraggio
prendiamo anche il precedente, forse anche migliore First
Cow e altri titoli di enorme impatto quali Meek’s
Cutoff o Certain Women, comprendiamo
perfettamente quale sia il valore di una cineasta a suo modo dura e
pura, coerente e incorruttibile.
Michelle Williams è un’attrice talmente
conscia delle sue doti drammatiche che tende troppo spesso a
volerle “mostrare”, caricando eccessivamente i propri personaggi.
Il suo precedente The
Fabelmans di Steven Spielberg, per cui ha
ottenuto la sua quinta candidatura all’Oscar, ne è prova evidente.
Quando recita per Kelly Reichardt invece riesce a
trovare un equilibrio, un modo di entrare nel personaggio in modo
genuino e sommesso, che testimonia in particolar modo la capacità
encomiabile della regista nel saperla centellinare. In
Showing Up la prova della Williams si fa infatti
raffinata, sincera, ottimamente divisa tra il lato leggero della
donna e l’esposizione della frustrazione quotidiana che deve
affrontare.
A questo punto siamo
ormai quasi sicuri che il cinema di Kelly
Reichardt non verrà mai abbracciato dal grande pubblico,
probabilmente neppure da una larga porzione di quegli spettatori
che rappresentano la fascia “media”. Poco importa, a noi basta che
continui a fare film capaci di parlare al cuore di coloro che li
vanno a vedere. E se continueremo a essere in (troppo) pochi, vorrà
dire che custodiremo in maniera gelosa i preziosi regali
cinematografici che ci ha regalato negli anni. Lei, come la sua
Lizzy, sembra voler creare arte soprattutto per se stessa. E forse
proprio per questo riesce a parlarci con grazia superiore.
Ora che James Gunn e
Peter Safran sono alla guida dei DC
Studios, sembra proprio che il DC
Universe abbia acquisito un certo fascino agli occhi di molti.
Tra i fan di ciò che Gunn e Safran stanno costruendo vi sono anche
i fratelli Joe e
AnthonyRusso. I due sono
notoriamente legati al Marvel Cinematic Universe,
per il quale hanno diretto Captain America: The Winter
Soldier, Captain America: Civil
Ware, soprattutto, Avengers: Infinity
Ware Avengers: Endgame.
Eppure, proprio loro si sono ora detti disposti a dirigere un film
per i DC Studios. Intervistati da ComicBook.com
della loro imminente serie Prime VideoCitadel, i Russo hanno
affrontato la possibilità di lavorare nel DCU di Gunn e Safran, ed hanno espresso il
desiderio di dirigere qualcosa legato a Batman.
“Non ci viene chiesto molto sui
personaggi DC“, ha iniziato Anthony. “Ovviamente con James
laggiù a gestirlo, sarebbe un gioco da ragazzi“, ha continuato
Joe. “Lo amiamo da morire. Adoriamo la direzione in cui porterà
i DC Studios. Sai che sarà molto creativo. E i personaggi DC
preferiti? Voglio dire, amico. Ce ne sono così tanti buoni”.“Rispondo sempre in base a i fumetti che collezionavo da
bambino, – continua poi Joe – e i due fumetti che
collezionavo di più erano Spider-Man – in realtà, i tre – erano
Spider-Man, X-Men e Batman.Ma ci sono state molte
iterazioni di Batman, quindi sembra che sia una risposta
ovvia.“
“Ma, sai, è difficile non
rispondere“, ha poi aggiunto Anthony. “Batman è stato il
mio personaggio preferito per tutta la mia infanzia. Ma,
ovviamente, è stato ben esplorato.” È però importante notare
che tra i prossimi progetti televisivi e
cinematografici dei DC Studios c’è anche The Brave and the Bold,
un film incentrato su Batman e il figlio adottivo Damian Wayne,
alis Robin. Il progetto è ancora senza regista, quindi chissà che i
Russo non abbiano effettivamente la possibilità di entrare a far
parte dei DC Studios dirigendo tale film. Certo, si tratterebbe di
un “tradimento” non da poco, essendo stati loro i registi di punta
del Marvel Cinematic Universe.
Il candidato
all’Oscar Benedict
Cumberbatchha ufficialmente firmato per il
ruolo da protagonista nell’imminente adattamento della serie di
StudiocanalHow to Stop
Time , basato sull’omonimo romanzo
thriller di Matt Haig. Questo segna il primo
grande progetto televisivo di Benedict Cumberbatch da più di quattro anni,
dopo aver recitato nel film TV della HBOBrexit:
The Uncivil War.
“Quando ho letto per la
prima volta How to Stop
Time , il potenziale di questa storia
è stato immediatamente evidente“, ha dichiarato Cumberbatch in
una dichiarazione (tramite Deadline). “Nel
suo stile inimitabile, Matt esplora ancora una volta cosa significa
essere umani e cosa significa vivere una vita – molto lunga in
questo caso – con pathos, intuizione, umorismo, drammaticità e
ispirazione“.
Benedict Cumberbatch è arrivato alla notorietà
per la prima volta per la sua interpretazione di Sherlock
Holmes nella miniserie poliziesca di successo della BBCSherlock, che gli è valso un
Emmy Award come miglior attore protagonista nel 2014. È anche noto
per il ruolo di Doctor Strange
nell’universo cinematografico Marvel, che ha
recentemente ripreso in
Doctor Strange nel Multiverso della Follia di Sam
Raimi.
How to Stop
Time è stato sviluppato come un dramma
in sei parti con Tomas Alfredson incaricato di
dirigere l’adattamento basato su una sceneggiatura scritta da DC
Moore. Oltre a recitare, Benedict Cumberbatch è anche produttore
attraverso la sua società, SunnyMarch. La produzione dovrebbe
iniziare il prossimo anno a Londra e in altre parti
d’Europa.
Descritto come un
thriller di supereroi ad alto rischio, il film è incentrato su
“uomini e donne che soffrono di una rara condizione che li fa
vivere per centinaia e centinaia di anni“, recita la
sinossi. “Nato nella Francia del XV secolo, il Tom Hazard
di Cumberbatch ha ripetutamente perso tutto ciò che amava. A
più di 600 anni dalla sua nascita, si trova nel bel mezzo di una
guerra segreta”.I produttori esecutivi sono
Ron Halpern, Joe Naftalin, Moore, Alfredson, Haig e Jamie
Byng, con Robyn Slovo, Adam Ackland, Claire Marshall e Leah
Clarke come produttori.
I Marvel Studios hanno appena
pubblicato un nuovo spot televisivo in Canada per Guardiani della Galassia
Vol. 3 che sottolinea il fatto che
questa squadra amata dai fan ci saluterà il prossimo mese. Con
James Gunn pronto a dire addio
all’MCU dopo questo film, non
siamo sorpresi sul fatto che questo possa essere l’ultimo film
standalone dei Guardiani della
Galassia. Tra i lati positivi, il nuovo spot
promette tante risate, incluso un divertente scambio tra fratello e
sorella, Star-Lord e Mantis.
Tuttavia, il momento più strano
arriva quando vediamo la testa di Groot che sembra camminare su
quattro zampe simili a radici! Siamo curiosi di sapere come
questo avvenga. Guarda questo nuovo spot televisivo
per Guardiani
della Galassia Vol. 3:
Let’s give the galaxy something to remember
us by.
Guardiani della
Galassia Vol. 3, la trama ufficiale
Guardiani della Galassia Vol. 3, l’attesissimo
terzo e ultimo capitolo della trilogia di Guardiani della
Galassia di James Gunn, che arriverà il 3 maggio nelle
sale italiane. “Nel film Marvel Studios
Guardiani della Galassia Vol. 3, l’amato gruppo
di improbabili Super Eroi sembra po’ diverso ultimamente. Peter
Quill, ancora provato dalla perdita di Gamora, deve riunire intorno
a sé la sua squadra per difendere l’universo, oltre a proteggere
uno di loro. Una missione che, se non sarà portata a termine con
successo, potrebbe portare alla fine dei Guardiani così come li
conosciamo”.
Secondo la presidente della
LucasfilmKathleen Kennedy,
l’annunciato film di Star
Wars di Kevin Feige non
è mai entrato in fase di sviluppo. Come noto, diversi nuovi
progetti di Star Wars sono ora in arrivo, annunciati
durante la Star Wars Celebration 2023, inclusi tre nuovi film.
Nonostante le entusiasmanti rivelazioni, però, il panel della Star
Wars Celebration 2023 di Lucasfilm ha anche sollevato domande su
progetti precedentemente annunciati o segnalati che non sono stati
affrontati durante il panel di selezione, come quello di Taika
Waititi, la trilogia di Ryan Johnson
o il suddetto progetto di Feige.
Discutendo dei progetti
cinematografici di Star Wars potenzialmente accantonati,
la Kennedy si è assicurata di sottolineare che un film di Feige per
Star Wars non è mai stato ufficialmente annunciato dallo studio.
“Il progetto di Kevin Feige è stato annunciato dalla stampa, o
suppongo, dal fandom. Ma non c’era niente… niente è mai stato
sviluppato. Non abbiamo mai discusso un’idea. Come tutti sanno,
Kevin è un grande fan di Star Wars. Se gli è venuto in mente
qualcosa, sarei tutt’orecchi. Ma non è mai successo, davvero.
Quindi, non è un progetto abbandonato. Semplicemente non è mai
successo davvero“.
I commenti della Kennedy risultano
sono sorprendenti, considerando che lo sceneggiatore
Michael Waldron ha in passato parlato del suo
lavoro sul film di Star Wars ideato da Feige. Waldron, che
ha collaborato con Feige a diversi progetti MCU, ha anche menzionato la stesura
di bozze per tale film in diverse interviste tra il 2021 e il 2022,
confermando inoltre che non sarebbe stato un sequel. Va notato però
che la stessa Lucasfilm non ha mai annunciato ufficialmente tale
progetto, che potrebbe dunque essere stato subito messo da parte
dallo stesso Feige, troppo impegnato a portare avanti un Marvel Cinematic Universe sempre
più problematico.
Le storie del MCU,
per quanto siano affascinanti e sempre molto attese, peccano di
ripetizioni. Essendo oramai questo un mondo esplorato e presente in
diversi forme, film, spettacoli, videogiochi e fumetti, è
inevitabile che le narrazioni al suo interno – per stare al passo –
siano proliferate, come alcune caratteristiche comuni la cui
visione è sempre più frequente.
Nonostante l’universo Marvel abbia un vastissimo
materiale da cui attingere, le pellicole risultano avere troppe
tendenze che andrebbero eliminate (ci sono
personaggi, trame, strutture narrative quasi identiche), al fine di
evitare somiglianze fra un prodotto e l’altro e, così facendo,
sfoltire le reiterazioni. Cerchiamo di capire cosa andrebbe
modificato e cosa abbandonato.
Doctor Strange e Hulk: non più
personaggi di supporto
Nel MCU,
sia Doctor Strange che Hulk sono stati due membri
fondamentali per gli Avengers, con dei ruoli incisivi nelle
battaglie affrontate. Nonostante questo merito, entrambi i
personaggi hanno avuto poco spazio all’interno della saga per
brillare dopo le loro Origin Story. Pensiamo, ad esempio, a Hulk.
Il film a lui dedicato è stato L’incredibile Hulk del 2008, per poi
comparire in un ruolo di supporto nei film sugli Avengers, in
Thor: Ragnarok e She-Hulk:
Attorney At Law. Stessa sorte per il Dottor Strange che,
dopo il suo primo film del 2016, lo abbiamo ritrovato solo in veste
di aiutante. Persino in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, l’eroe
interviene in una collisione fra altri personaggi, in questo caso
fra America Chavez e Wanda Maximoff.
È pur vero che i diritti di
distribuzione di Hulk presso la Universal rendano complicato per i
Marvel Studios realizzare altre pellicole in
cui Hulk è protagonista, ma la messa a punto di Planet Hulk nel
MCU fa pensare a una storyline incentrata su
Hulk in futuro. Passiamo invece a Doctor Strange, e precisamente
alla scena post-credits presente nell’ultimo film, in cui si vede
un nuovo personaggio, Clea, chiedere aiuto all’Avenger. In questo
caso, il team-up che ci sarebbe fra Doctor Strange e Clea per il
terzo capitolo, funzionerebbe di più come film solista per lo
stregone rispetto alle precedenti apparizioni.
Scarlet Witch: dall’eroe al cattivo
e viceversa
La magnetica e bellissima Wanda
Maximoff, in “arte” Scarlet Witch, sin dalle sue prime apparizioni
ha destabilizzato lo spettatore. Il personaggio ha fatto il suo
ingresso nel MCU come villain in
Avengers: Age of Ultron, per poi diventare parte della
squadra dei Vendicatori subito dopo. Il suo ruolo però in Avengers: Civil War si ribalta ancora, diventando una
terrorista, finendo con il perdere la battaglia contro Thanos in
Avengers: Infinity War.
La sua posizione cambia ancora dopo
Avengers: Endgame, quando in WandaVision
torna a essere malvagia nella sua Scarlet Witch, per poi pentirsi
delle sue azioni e corrompere comunque la mente con il Darkhold.
Per poi, di nuovo, sacrificarsi per tutti i problemi che ha
causato. Un’altalena frequente, la sua, che in un suo eventuale
ritorno nell’Universo Marvel non potrebbe più
rappresentare né un eroe né un villain, poiché poco credibile.
Nonostante questo, l’unica opzione attuabile sarebbe quella di
renderla coerente e fedele alla sua natura, malvagia o benevola che
sia, senza che questa muti nel corso del tempo.
Le minacce più gravi sono poco
prese in considerazione
Un altro problema da affrontare è la
mancata presenza di alcuni personaggi quando lo spettatore – o la
storia – li esige o se li aspetta. Un esempio importante può essere
il film di Iron Man 3, quando uno o più Avengers avrebbero dovuto
irrompere sullo schermo per salvare il Presidente. O, ancora,
quando Capitan Marvel doveva essere a conoscenza
della minaccia incombente generata da villain come Loki, Malekith e
Ronan che stavano minacciando la sua casa.
È ovvio che non tutti i personaggi
del MCU
possono apparire in ogni pellicola, ma la loro assenza si sente
parecchio. Ecco perché, data la natura condivisa dell’Universo
Marvel, potrebbero essere
introdotti più ruoli di supporto da parte di character differenti,
oppure inserire dei conflitti che non sollevino, come ora accade,
domande su dove si trovino i Vendicatori.
Personaggi importanti ai
margini
Il MCU oltre che vasto, è anche stracolmo di
personaggi di estremo rilievo. Come in ogni produzione
cinematografica, alcuni vivono quasi al margine, mentre altri
esistono nella gloria.
Se questo, per motivi di tempi e
priorità, è giusto, dall’altra parte bisogna prestare attenzione ai
character che invece sarebbe interessante, nell’economia del
racconto, mettere in rilievo. Fra questi abbiamo Valchiria, Wasp e
Drax, personaggi introdotti solo per supporto, a cui però
potrebbero far compiere imprese più grandi o avere archi narrativi
più emozionanti.
Spider-Man e il grande caos che ne
deriva
Da quando è stato introdotto anche
Spider-Man nel MCU,
il Peter Parker di
Tom Holland di casini ne ha combinati parecchi. Errori su
errori, soprattutto all’inizio quando era ancora un Avenger alle
prime armi, il suo Spider-Man ha messo nei guai tantissimi
personaggi.
Sbagli che se prima potevano avere
un senso di esistere, adesso dovrebbero avere un arresto. Magari,
il finale devastante di Spider-Man:
No Way Home, in cui tutti si sono dimenticati di lui,
potrebbe essere la soluzione perfetta per il nuovo inizio di Peter,
dove azioni e scelte saranno prese con molta più cautela e
maturità.
Eliminare i conflitti non
necessari
Fra le scene più apprezzate nei film
Marvel ci sono di sicuro quelle
action, piene di adrenalina, maestosità e bellezza visiva. Eppure
non in tutte le storie occorrerebbero. Questo perché, nella
generale economia di una storia, alcune
risoluzioni, per legarsi bene al
contesto, dovrebbero avvenire con confronti più
miti, in cui a farla da protagonista è un semplice ma
funzionale dialogo fra le parti.
In questo modo, le battaglie
necessarie ai fini della storia, risulterebbero molto più
suggestive ed epiche, senza presentarsi come momenti d’azione poco
coinvolgenti a livello emotivo.
La morte non è quasi mai
duratura
Altro problema, o tendenza, è la
modalità in cui il MCU
gestisce le morti dei personaggi. Per quanto si tratti di storie
fantasy, il capitolare dei character non è mai permanente.
Pensiamo, ad esempio, a Loki, l’Agente Coulson, Groot, Gamora,
Visione, Peggy Carter, Heimdall, Jane Foster e Teschio Rosso: tutti
loro, in un modo o nell’altro, non sono mai morti per davvero.
L’introduzione del multiverso rende
la loro dipartita ancor più complicata e temporanea, in quanto
molti eroi possono tranquillamente ritornare, come ad esempio il
Wolverine di
Hugh Jackman e il Professor X di
Patrick Stewart. Queste morti, che risultano perciò finte,
sgonfiano l’avvenimento della sua importanza e valore, non
suscitando a lungo andare molte reazioni sentite. Quel che il
MCU dovrebbe fare è
prestare attenzione a questo elemento, cercando di dare maggior
peso al concetto di morte.
Troppe tute e maschere
nanotecnologiche
Il detto dice: il troppo stroppia.
Ebbene, tale concetto calza a pennello con l’uso oramai smodato
delle tute nanotecnologiche. Presentate come esempio
dell’affascinante genialità di Tony Stark, queste armature sono
diventate così tanto frequenti da non essere più una caratteristica
originale e interessante. Sono, più che altro, diventate oggetto
comune di cui neppure si fa più caso o se ne percepisce la
bellezza.
Se prima si rimaneva estasiati dalle
scene di vestizione degli eroi, oramai i costumi sembrano strati di
tessuto senza alcun peso che appaiono e scompaiono come per magia.
In tal modo i personaggi non riescono a distinguersi, non vengono
messi in risalto per la loro unicità e particolarità, ma anzi al
contrario risultano più o meno tutti molto simili. Se nel MCU
prestassero più attenzione ai loro costumi, differenziandoli,
questo potrebbe conferire loro nuova luce.
La comicità non richiesta del
MCU
Ridere è bello. Potersi godere dei
momenti divertenti, di intrattenimento puro, in compagnia dei
propri supereroi preferiti è magnifico. Ma quando si esagera nella
comicità si rischia di far perdere di potenza un momento serio e
decisivo, con la conseguenza di non riuscire neppure ad avere un
reale coinvolgimento da parte dello spettatore.
Nel MCU
ci sono personaggi molto più inclini alla commedia e che, proprio
per questa loro peculiarità, risultano estremamente affascinanti.
Il problema però è quando si eccede nell’inserire inside jokes, o
quando attimi di tensione vengono spompati da battute stonate, che
fanno scemare il sentiment del momento. Una soluzione funzionale
sarebbe ridurre la comicità alle scene essenziali, senza però
snaturare personaggi e narrazione.
Archi narrativi dei personaggi:
quando è il momento di dire stop
Nel MCU
alcuni personaggi iniziano ad avere una storyline ripetitiva. Il
viaggio per molti di loro si è fortunatamente concluso, mentre per
altri procede senza alcuna novità. Se prendiamo Thor come esempio,
ci accorgiamo di quanto l’eroe sia rimasto fermo nei suoi punti,
con l’umorismo che usa per smascherare il dolore; Gamora e Loki
sono di nuovo al punto di partenza dopo essere stati uccisi e
Doctor Strange continua a imparare che non dovrebbe avere sempre il
controllo su tutto.
Come loro, tanti altri sono
immobili, si muovono circolarmente invano, senza avere una vera e
propria svolta. Il MCU dovrebbe perciò dar
loro modo di crescere ed evolversi, in qualche modo rivitalizzarli,
facendo intraprendere loro percorsi innovativi e interessanti,
prima che sia troppo tardi.
Nel film Old (2021), diretto da
M. NightShyamalan, il
personaggio interpretato da Rufus Sewell si
domanda continuamente quale sia il film in cui gli attori Marlon Brando e
JackNicholson recitano insieme. La risposta a
questa domanda non viene mai fornita ma, per chi se lo fosse
chiesto, l’unica pellicola a poter vantare la presenza dei due
celebri attori premi Oscar è Missouri,
film western del 1976 diretto da Arthur Penn,
regista celebre anche per Gangster Story e Il piccolo
grande uomo. Si tratta di un titolo poco citato, ma che come
gli altri diretti da Penn presenta elementi di grande fascino e
valore culturale.
Il titolo originale del film, The
Missouri Breaks, si riferisce ad un’area desolata e irregolare
del Montana centro-settentrionale dove il fiume Missouri ha scavato
nel corso delle ere geologiche profonde fenditure nel suolo
chiamate breaks. Irregolarità che si presentano come
metafora del film e dei suoi personaggi, in
quanto Missouri è un western moderno e privo di eroi,
talvolta crudo e cinico, che simpatizza apertamente per i ribelli e
mostrando invece una certa intolleranza nei confronti di chi si
propone come difensore dell’ordine. Ancora una volta, dunque, Penn
propone una propria rilettura del genere cinematografico
statunitense per eccellenza.
Tra i film più attesi del suo anno,
specialmente per via della contemporanea presenza di Brando (che
aveva da poco girato Il padrino e Ultimo tango a
Parigi) e Nicholson (proveniente dal successo di
Chinatown), Missouri fu invece uno scottante
fallimento dal punto di vista commerciale e della critica. Nel
tempo, tuttavia, similmente ad altri western di quegli anni, è
stato rivalutato e riscoperto, divenendo un film di culto per
intere generazioni di spettatori. La presenza dei due celebri
attori ha certamente aiutato in questo, ma Missouri è un
film ricco di altri motivi di pregio, da scoprire o riscoprire.
La trama di Missouri
La vicenda ha inizio con
David Braxton, un importante allevatore che vive
nel Montana con la sua famiglia. Tutto quello che ha costruito è
frutto della sua dedizione e dei suoi sacrifici. La sua vita
tranquilla, tuttavia, viene interrotta bruscamente dall’arrivo di
un gruppo di furfanti, capitanato da Tom Logan,
che comincia a saccheggiare i diversi bestiami. Per difendersi,
l’uomo assume Robert Lee Clayton, famoso in tutto
il paese per essere un famigerato cacciatore di taglie. Nel
frattempo, però, a complicare la situazione è proprio la figlia di
Braxton, Jane, che inizia a frequentare Logan e,
inevitabilmente, se ne innamora sebbene suo padre sia
contrario.
Anche i membri della banda non sono
contenti della loro relazione, perché credono che una donna possa
essere solo una distrazione inutile per il loro capo. Lee Clayton,
intanto, determinato a farli fuori tutti, approfitta di questo
momento di défaillance per uccidere uno dei membri della banda di
Logan, con metodi stravaganti e insoliti per un cacciatore di
taglia. Sempre più, dunque, lo scontro tra lui e la banda si fa
acceso, facendo immaginare un terribile scontro finale. Addolcito
dall’amore, Logan cercherà in tutti i modi di salvarsi e salvare la
sua nuova vita. Clayton, però, non sembra disposto a ripensamenti e
farà di tutto per portare a termine la propria missione.
Da Marlon Brando a Jack Nicholson: il cast di
Missouri
Protagonisti del film sono, come già
anticipato, sono gli attori Marlon Brando e
Jack Nicholson. Il primo dei due è notoriamente
una personalità difficile con cui lavorare e lo stesso regista si
trovò a gettare la spugna nei suoi confronti, lasciando che Brando
improvvisasse la maggior parte delle sue scene, come da lui voluto.
L’attore diede così un’interpretazione diversa del suo personaggio
rispetto a quella presente in sceneggiatura, caratterizzandolo ad
esempio con una particolarissima arma di sua invenzione. Brando,
inoltre, si rifiutò di imparare a memoria tutte le sue battute,
rendendo necessario lo scriverle su alcuni cartelloni che lui
avrebbe poi letto durante le riprese.
Il suo collega, Nicholson, affermò
di aver fatto molta difficoltà a lavorare in queste condizioni,
perdendo la concentrazione ogni volta che Brando spostava lo
sguardo da lui ai cartelloni per leggere la sua battuta. Il
rapporto tra i due sul set fu dunque piuttosto teso, a tal punto
che le scene dove recitano insieme sono state ridotte di molto e
raramente sono vicini nella stessa inquadratura. In seguito,
tuttavia, Nicholson ha affermato che in fondo Brando si è
dimostrato a suo modo gentile e disponibile. Anche Brando, anni
dopo, ha affermato di aver gradito molto il lavoro svolto con il
collega. Entrambi, alla fine, vennero pagati circa un milione di
dollari. Un compenso che fece lievitare il budget del film,
rendendo più difficile rientrare nei costi.
Accanto ai due, nel ruolo di David
Braxton vi è invece l’attore John McLiam, mentre
Kathleeen Lloyd, qui al suo film di debutto,
interpreta Jane Braxton. Per il ruolo si era proposta anche la
premio Oscar Susan Sarandon,
la quale però non venne scelta. Tra i membri della gang di Logan si
annoverano invece Tod, Si e Calvin, interpretati rispettivamente da
Randy Quaid, John P. Ryan e
Harry Dean Stanton, attore noto per film come
Paris, Texas e Alien. Proprio quest’ultimo,
inizialmente, avrebbe dovuto interpretare uno dei due protagonisti.
Con l’ingresso dei due celebri attori, tuttavia, fu spostato sul
personaggio secondario poi interpretato.
Il trailer di Missouri e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Missouri grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple
iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
lunedì 17 aprile alle ore 23:05
sul canale Rai Movie.