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Aquaman e il Regno Perduto: un nuovo spot sembra confermare un destino tragico per l’eroe

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È stato diffuso in rete un nuovo spot televisivo per Aquaman e il Regno Perduto che conferma che l’Arthur Curry di Jason Momoa dovrà affrontare una grande tragedia nel film che chiuderà per sempre il DCEU.

Nel trailer si vedono le conseguenze dell’attacco di Black Manta alla casa dove è cresciuto Arthur, e in un momento in particolare si vede il membro della Justice League che culla qualcuno che sembra essere morto nell’esplosione. Anche se potrebbe essere plausibile che sia Mera di Amber Heard a morire, a un esame più attento, quel corpo assomiglia moltissimo a suo padre, Tom Curry (Temuera Morrison). Indossa infatti un cappello identico a quello visto in altri promo. La morte del padre, anziché della compagna, appare un elemento di maggiore tragicità per il protagonista, soprattutto dato che nel trailer stesso è proprio Tom Curry a parlare in voice over, preannunciando uno di quei discorsi formativi che precedono in genere la dipartita dei personaggi.

Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il Regno Perduto, sequel del film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. In questo seguito, diretto ancora una volta da James Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno anche Patrick Wilson nei panni di Ocean Master, Amber Heard, nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta, che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film. David Leslie Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente di Wanscriverà la sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter Safran saranno co-produttori. Il film arriverà al cinema il 20 dicembre.

Il Conte di Montecristo: Jeremy Irons nel cast della nuova serie tv

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Il premio Oscar Jeremy Irons si unisce al prestigioso cast della serie evento dell’Alleanza Europea “Il Conte di Montecristo”, prodotta da PALOMAR (Italia), in collaborazione con DEMD Productions (Francia) e in collaborazione con Rai Fiction e diretta dal premio Oscar Bille August.

Per questa sua terza collaborazione con il regista Bille August, Jeremy Irons interpreterà l’iconico abate Faria, l’anziano prete che stringe un’intensa amicizia con Edmond Dantès, interpretato dall’attore inglese Sam Claflin (“Pirati dei Caraibi: oltre i confini del mare”, “Hunger Games”, “Peaky Blinders”, “Daisy Jones & the Six). Faria gioca un ruolo fondamentale nel piano di vendetta del protagonista nell’amatissimo romanzo senza tempo Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, una delle opere letterarie francesi più famose al mondo.

Irons è noto per film come Inseparabili, Il mistero von Bulow (per il quale ha ricevuto il premio Oscar come miglior attore protagonista), La casa degli spiriti, House of Gucci e per il suo memorabile ruolo nella serie tv Watchmen.  Le riprese della serie si svolgeranno a Malta nel corso delle prossime settimane.

Il cast di Il Conte di Montecristo comprende anche Ana Girardot (Les Revenants – Quando ritornano, Escobar) nel ruolo di Mercedes, oltre a Mikkel Boe Følsgaard (Royal Affair, The Rain, Ehrengard: l’arte della seduzione), Blake Ritson, Karla-Simone Spence, Michele Riondino, Lino Guanciale, Gabriella Pession e Nicolas Maupas.

Questo progetto è prodotto da PALOMAR (Mediawan) – Italia, in collaborazione con DEMD Productions (Mediawan) – Francia e in collaborazione con RAI FICTION – Italia e FRANCE TELEVISIONS – Francia. Distribuito nel mondo da MEDIAWAN Rights in collaborazione con CAA (North America) e con la partecipazione di ENTOURAGE.

La trama della serie Il Conte di Montecristo

Ingiustamente accusato di tradimento, Edmond Dantes, un marinaio diciannovenne, viene imprigionato senza processo nel castello d’If, una cupa isola-fortezza al largo di Marsiglia. Dopo molti anni di prigionia riesce finalmente a scappare e, celato dietro l’identità del conte di Montecristo, progetta di vendicarsi di coloro che lo hanno ingiustamente incolpato.

WandaVision: svelata l’identità del testimone segreto di Jimmy Woo

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Oltre a inaugurare la prolifica stagione Disney+ del MCU, WandaVision è stata anche una serie che ha generato un sacco di teorie tra i fan, da presunti indizi su Mefisto all’identità dell’amico ingegnere aerospaziale di Monica Rambeau (ahimè, non era né Reed Richards né Blue Marvel). Tuttavia, una delle domande senza risposta che aveva lasciato la serie era relativa all’identità del testimone segreto che l’agente dell’FBI Jimmy Woo sta cercando quando arriva a Westview e trova la maledizione di Wanda Maximoff ad aspettarlo.

Nello show, abbiamo appreso che il personaggio secondario di Ant-Man and The Wasp: Quantumania stava cercando un testimone scomparso dal Programma di protezione testimoni. Jimmy inizialmente credeva che il suo colpevole scomparso fosse “fuggito dalla stia”, ma rimane perplesso quando i suoi soci e famigliari affermarono di non aver mai sentito parlare di lui (probabilmente a causa della maledizione che nascondeva la città alla vista esterna).

WandaVision uscirà in edizione da collezione su Steelbook 4K Ultra HD e Steelbook Blu-ray il 28 novembre e una scena cancellata appena diffusa intitolata “Ankle Bracialet (braccialetto elettronico alla caviglia)” rivela finalmente l’identità del testimone scomparso.

Sì, come molti hanno teorizzato, era proprio Ralph Bohner di Evan Peters! Nella clip, lo vediamo togliersi il braccialetto alla caviglia e scappare, presumibilmente fuggendo da Westview poco dopo essere stato costretto da Agatha Harkness a fingere di essere il fratello di Wanda, Pietro Maximoff/Quicksilver.

Si dice che Bohner apparirà in Wonder Man e, in tal caso, potrebbe avere un legame con Trevor Slattery o uno dei protagonisti hollywoodiani dello show. Inoltre non possiamo fare a meno di chiederci se si sia fatto beffe del nome “Ralph Bohner” perché era quello che gli era stato dato per proteggere la sua vera identità; resta ovviamente da vedere se si tratta di qualche personaggio tratto dai fumetti.

Molti fan speravano che Peters interpretasse una variante di Quicksilver prelevata dal Multiverso, ma purtroppo non è stato così. Tuttavia, il regista di WandaVision e I Fantastici Quattro, Matt Shakman, aveva precedentemente lasciato intendere che il mistero che circonda Ralph alla fine sarebbe stato rivelato.

“Anche se nessuno sa che Westview esiste, Westview esiste ed è per questo che Jimmy è lì. Ma le persone nell’ambiente lo hanno dimenticato perché Wanda li ha incantati”, ha spiegato Shakman. “Ha creato una sorta di buco nero lì in modo che il suo incantesimo possa essere ininterrotto e che le persone che ci vivono non possano trovare altro spazio. Per quanto riguarda la persona scomparsa, c’è una risposta per questo, resistete.”

Jason Bourne: in lavorazione un nuovo film alla Universal

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Jason Bourne: in lavorazione un nuovo film alla Universal

Dopo che il suo film sulla Prima Guerra Mondiale Niente di nuovo sul fronte occidentale si è portato a casa l’Oscar per il miglior lungometraggio internazionale e altri tre premi, il regista Edward Berger potrebbe aver trovato il suo progetto successivo, al timone di un nuovo film del franchise di Jason Bourne. Deadline riporta che la Universal Pictures sta cercando di rivitalizzare la serie dal momento che lo studio ha iniziato lo sviluppo di un nuovo capitolo del franchise di Jason Bourne e che Berger è in trattative per supervisionare lo sviluppo e dirigere il film.

Addetti ai lavori vicini al progetto affermano che al momento non esiste una sceneggiatura e che il progetto è ancora in fase di sviluppo iniziale, né la Universal ha commentato la notizia. Detto questo, Berger è stato molto richiesto dopo la grande serata di Niente di nuovo sul fronte occidentale agli Oscar, e il suo potenziale coinvolgimento nel progetto ha reso tutte le parti molto entusiaste in merito al futuro di Bourne.

Se l’affare si concludesse, Berger sarebbe l’unico nome associato al progetto, in questo momento. Nel caso in cui il film andasse avanti, sembra che Matt Damon – che ha interpretato Bourne in quattro dei cinque film – verrebbe contattato per primo per tornare nel ruolo iconico. Come sempre, tutto deve essere eseguito alla perfezione affinché Damon possa anche solo prendere in considerazione un ritorno nel franchise, e chiaramente la proposta per l’attore deve essere accompagnata da una sceneggiatura solida e da una buona storia.

Come il franchise Fast & Furious, Bourne è un IP molto importante per la Universal che ha portato sia ingenti guadagni al botteghino che enormi consensi dalla critica ed è sempre una proprietà molto apprezzata dallo studio.

Per quanto riguarda Berger, il suo Niente di nuovo sul fronte occidentale ha ottenuto nove nomination agli Oscar, vincendo anche per la colonna sonora, la fotografia e le scenografie. Ha vinto anche sette BAFTA, tra cui quello per il miglior film non in lingua inglese e il miglior regista.

Più recentemente Berger ha diretto Conclave, scritto da Peter Straughan dal libro bestseller di Robert Harris e interpretato da Ralph Fiennes, John Lithgow, Stanley Tucci e Isabella Rossellini. Il film è stato recentemente acquisito da Focus Features per la distribuzione.

Sul fronte televisivo, Berger ha suscitato scalpore fuori dalla Germania con la produzione delle serie The Terror con Jared Harris nel 2018, Patrick Melrose (basato sui libri di Edward St Aubyn) con Benedict Cumberbatch e Your Honor con Bryan Cranston e Michael Stuhlbarg nei ruoli principali. Patrick Melrose gli è valso un’altra serie di riconoscimenti: è stato nominato per un Emmy in cinque categorie, tra cui Miglior miniserie e Miglior regista, nonché un Golden Globe come miglior attore a Benedict Cumberbatch.

Superman: Legacy, Nicholas Hoult in trattative per il ruolo di Lex Luthor

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James Gunn ha trovato la sua Lex Luthor. Nicholas Hoult interpreterà l’arcinemico dell’Uomo d’Acciaio in Superman: Legacy, completando il cast principale del film dedicato al supereroe, con David Corenswet e Rachel Brosnahan già pronti a interpretare Clark Kent e Lois Lane.

Hoult era uno degli attori che, secondo quanto riferito, era in corsa per il ruolo principale; invece, Gunn – il co-capo dei DC Studios e sceneggiatore-regista del film – ha scelto Hoult per interpretare Luthor, il titano dell’industria con la testa calva e una vera e propria ossessione verso l’Ultimo Figlio di Krypton.

Con lo sciopero degli attori, Gunn è stato impegnato a completare il cast. Ha confermato sui social media che María Gabriela de Faría è stata recentemente scelta per interpretare un altro cattivo, l’Ingegnere. Per quanto riguarda i supereroi, Superman sarà supportato da Lanterna Verde (Nathan Fillion), Hawkgirl (Isabela Merced), Mister Terrific (Edi Gathegi) e Metamorpho (Anthony Carrigan).

Superman: Legacy, tutto quello che sappiamo sul film

Superman: Legacy, scritto e diretto da James Gunn, non sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e, potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo metaumano del DCU). Il casting, come già detto, ha portato alla scelta degli attori David Corenswet e Rachel Brosnahan come Clark Kent/Superman e Lois Lane. María Gabriela De Faría sarà il villain “The Engineer”. Superman sarà supportato da Lanterna Verde (Nathan Fillion), Hawkgirl (Isabela Merced), Mister Terrific (Edi Gathegi) e Metamorpho (Anthony Carrigan). Nicholas Hoult sarà Lex Luthor.

Il film è stato anche descritto come una “storia delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet. Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò non significa che la produzione non subirà alcun impatto in futuro.

MCU: chi sono gli Young Avengers?

MCU: chi sono gli Young Avengers?

I cultori dei fumetti Marvel, dopo la promessa di Kevin Faige di portare una ventata di freschezza, novità e modernità all’MCU, restano in attesa dell’entrata di un gruppo di eroi molto amato: gli Young Avengers. Questi, tuttavia, sembrano ora finalmente pronti a compiere il loro debutto. Il finale dell’ultimo film targato Marvel Studios, The Marvels, attualmente nelle nostre sale, prepara infatti il terreno – sfruttando la presenza di Kamala Khan – per il loro ingresso. Che l’MCU si stia organizzando per dare proprio a lei, nota anche come Ms Marvel, il ruolo di leader degli Young Avengers? Tutto può essere. Intanto, però, cerchiamo di capire chi sono questi giovani supereroi.

I membri principali degli Young Avengers

Young Avengers fumetto

Iniziamo con lo spiegare meglio chi sono gli Young Avengers e qual è stata la loro prima comparsa nel mondo Marvel. È il 2005 quando debutta su Terra-616 grazie ad Allan Heinberg e Jim Cheung, un gruppo di supereroi adolescenti che ha un solo sogno: seguire le orme degli Eroi più potenti della Terra. Il team viene assemblato da Iron Lad, ossia Nathaniel Richards, il quale aveva attraversato il flusso temporale nella speranza di prevenire sia un’apocalisse che il suo destino di diventare Kang. Il primo a essere reclutato è Eli Bradley, che diventa il Patriota. Egli, però, non aveva il siero del super-soldato di suo nonno: aveva assunto invece l’ormone della crescita mutante, una dipendenza che il giovane riesce a tenere segreta per diverso tempo. Eli, in seguito, si sottoporrà a una trasfusione di sangue, fino a compiere i passi giusti per diventare un Captain America nero.

Continuiamo con Cassie Lang, ossia Stature, che voleva invece unirsi ai Runaways – un gruppo di supereroi figli dei componenti dell’organizzazione criminale Orgoglio – a causa del suo sentirsi disillusa per la perdita del padre Scott, ossia Ant-Man. Rimarrà poi con gli Young Avengers, diventando l’adolescente più rabbiosa e angosciata del gruppo. Nella squadra troviamo poi Billy, alias Wiccan, che diventa un mago, e al quale Scarlet Witch insegna come ribellarsi contro coloro che lo bullizzano solo perché omosessuale, senza sapere che ella sarebbe diventata sua madre. Esattamente come Tommy, alias Speed, altro membro degli Young Avengers. Un altro componente è poi Teddy, che prende il nome di Hulkling, il quale ha una storia d’amore con Billy.

Di questo personaggio, poi, la Marvel ha confermato essere figlio dell’originale Captain Marvel e della principessa Skrull, Anelle, il che ha aggiunto alla storia molti più conflitti. Infine c’è Kate Bishop, ossia Occhio di Falco, una delle più grandi voci degli Young Avengers, e anche la più matura. La squadra all’inizio non viene vista bene dagli Avengers anziani, poiché questi ritengono che i ragazzi mettano in pericolo sia loro stessi che le vite delle altre persone. Con il tempo, però, gli Young Avengers riescono a dimostrare sia di avere grande potenziale, sia di meritare di essere da loro allenati, battendosi bene con avversari del calibro di Mr. Hyde. Qualcosa che, per gli Avengers, non si può ignorare.

Gli eventi che hanno definito gli Young Avengers originali

Hailee-Steinfeld-Kate-Bishop-mcu

Quando nei fumetti inizia la Civil War, al cui centro vi è la faida fra Captain America e Iron Man per la legge sulla registrazione dei supereroi, gli Young Avengers decidono di schierarsi con Steve Rogers, volendo difendere la libertà, la non censura e i diritti umani. La squadra collabora anche con i Runaways, combattendo contro lo S.H.I.E.L.D. di Maria Hill e altri eroi favorevoli alla registrazione. Arruolandosi, poi, con la resistenza dei Vendicatori Segreti gestita da Falcon.

Dopo la resa di Capitan America per porre fine ai combattimenti, agli Young Avengers viene concessa l’amnistia. Alcuni di loro si uniscono all’Iniziativa, cercando di lavorare per il governo, seppur tormentati dai problemi personali. Come quelli di Cassie, ad esempio, la quale deve fare i conti con i sentimenti nutriti per Nathaniel. Ad avere problemi di cuore saranno anche Kate ed Eli, rammentando dunque ai lettori che gli Young Avengers sono comunque parte di un percorso di crescita e formazione. Ad ogni modo, nonostante tutti questi avvenimenti, la maggior parte della squadra rimane al fianco di Captain America. In seguito, i ragazzi avrebbero collaborato con i ribelli di Steve Rogers per proteggere New Asgard durante la storia dell’Assedio.

Un episodio che li porterà a respingere Destino e a liberare Wanda in Avengers: Children’s Crusade, seppur avrà come conseguenza la morte di Cassie. Nathaniel, qui, sconvolgerà il tempo per salvare la sua amata, senza tenere conto che questo lo trasformerà in ciò che cercava di non diventare, ovvero Kang. Dopo le guerre che saranno presenti da questo momento in poi, tutti gli Eroi più anziani accetteranno e rispetteranno la squadra originale, tanto che finalmente gli Young Avengers si guadagneranno per l’appunto il loro soprannome, diventando gli Eroi più potenti della Terra.

Chi sono i futuri Young Avengers?

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Gli Young Avengers, proprio come accade ai Campioni guidati da Kamala anni dopo, cambieranno nel corso del tempo. Ad esempio, nel 2013, assumono una nuova dimensione nell’era di Marvel NOW! In questo capitolo va considerata l’introduzione di Kid Loki, Noh-Varr e America Chavez, fino al tocco mutante con l’arrivo di un Prodigy depotenziato. In tale arco narrativo viene posta maggiore attenzione sul disincanto dei giovani e sulle tensioni romantiche, come per esempio i sentimenti di Prodigy (bisessuale) per Billy, mentre quest’ultimo tenta di risolvere il suo rapporto con Teddy, oppure la relazione fra Noh-Varr (giovane Captain Marvel) e Kate.

C’è poi il percorso di Kid Loki, che deve fare i conti con l’oscurità che lo circonda e comprendere se è davvero destinato a diventare un eroe; o ancora Billy, il quale cerca di non diventare il sinistro Demiurgo, un’entità che avrebbe creato la dimensione segreta da cui proviene America Chavez e da cui ha ereditato le sue capacità di viaggiare per il mondo. Alla fine, ognuno di loro riesce a superare le avversità ricordando l’importanza della famiglia. La squadra sarà però destinata a sciogliersi e dalle sue ceneri si formeranno i Vendicatori della Costa Ovest. Tutte le prove che affronteranno in questo range di tempo culmineranno nella storyline Empyre nel 2020, dove i membri di entrambe le incarnazioni della squadra saranno coinvolti in una guerra civile durante il matrimonio di Teddy e Billy.

E per quanto riguarda l’MCU?

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Dopo aver raccontato in linea generale la nascita e l’evoluzione degli Young Avengers, la domanda sorge spontanea e oltretutto lecita: quali saranno gli Young Avengers che potremmo vedere nel Marvel Cinematic Universe? A darci qualche risposta potrebbe essere il finale di The Marvels, attualmente nelle nostre sale, il quale raffigura Kamala come il catalizzatore della nuova generazione di eroi. Vediamo infatti la ragazza reclutare Kate Bishop, sempre interpretata da Hailee Steinfeld, dopo aver assistito a un’orribile guerra cosmica condotta da Dar-Benn, la quale stava quasi per disintegrare la Terra. Kamala accena poi al fatto che hanno anche Cassie Lang da assoldare, in seguito alle sue gesta eroiche presenti in Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Nell’MCU è presente anche America Chavez, personaggio apparso in Doctor Strange e il Multiverso della Follia, e che ha combattuto contro Scarlet Witch.

America si sta allenando con gli stregoni a Kamar-Taj, indi per cui Kamala potrebbe cercarla per aprire un portale al fine di localizzare Monica Rambeau, che come mostrato dalla scena post-credits di The Marvels è finita in un altro universo. Inoltre, nel MCU è già presente anche Eli, apparso in Falcon and the Winter Soldier: lo abbiamo visto prendersi cura di suo nonno, Isaiah, e se consideriamo che Sam Wilson è stato riconosciuto come il nuovo Captain America, è solo questione di tempo prima che Eli, una volta ottenuto il siero, decida di diventare il Patriota. Ciò significa che le basi per introdurre molti Young Avengers dei fumetti ci sono: bisogna solo capire quando e come Kamala forgerà la squadra.

Richie Rich – Il più ricco del mondo: tutto quello che c’è da sapere sul film

A partire dai primi anni Novanta Macaulay Culkin divenne il ragazzo attore più celebre del mondo, grazie ai film campioni d’incasso Mamma ho perso l’aereo! e il suo sequel Mamma ho perso l’aereo: Mi sono smarrito a New York!. Un altro film per cui è ricordato, che sul momento non ebbe il successo sperato ma che in seguito si affermò come un vero e proprio cult, è anche Richie Rich – Il più ricco del mondo, una commedia familiare del 1994 diretta da Donald Petrie. Il film, ispirato al personaggio dei fumetti creato da Alfred Harvey e Warren Kremer, presenta un mix di avventura, comicità e lezioni di vita, senza disdegnare un tocco di fantastico.

Il film è inoltre noto per la sua ambientazione sontuosa e per gli effetti speciali, considerati avanzati per l’epoca. La dimora stravagante – la Tenuta Biltmore a Asheville, Carolina del Nord – e gli oggetti di lusso presenti nella vita di Richie aggiungono uno strato visivo interessante alla pellicola, che ha il merito di essere un film per famiglie che intrattiene e, al contempo, trasmette un messaggio positivo sulla generosità e sull’importanza dei rapporti umani rispetto alla ricchezza materiale. Grazie a tutte queste caratteristiche, il film ha a suo modo lasciato il segno nella cultura popolare degli anni ’90.

Il passaggio televisivo del film, avvenuto in più occasioni nel corso degli anni, gli ha permesso di diventare estremamente popolare presso più generazioni di spettatore, di fatto facendo divenire Richie Rich – Il più ricco del mondo un titolo amato da grandi e piccoli. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al fumetto da cui è tratto e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama di Richie Rich – Il più ricco del mondo

Protagonista del film è Richie Rich, un bambino di 12 anni molto speciale, in quanto unico erede di una famiglia ricchissima. Cresciuto in un’enorme villa tra le coccole dei genitori e i noiosi insegnamenti del precettore Cadbury, Richie è destinato a diventare un magnate. Crescendo, però, il giovane si rende conto di non avere molte cose che i normali bambini hanno, a partire da degli amici. È così che Cadbury cerca di fargli vivere una vita normale, adatta ad un bambino della sua età bisognoso di stringere legami anche con dei propri coetanei. Nel giorno del suo compleanno, Richie viene però informato che l’aereo su cui volano i suoi genitori è precipitato e i due sono dispersi.

L’incidente non è però affatto casuale, poiché sembra essere opera di Lawrence Van Dough, un dirigente dell’azienda dei Rich che cerca di mettere le mani nel caveau di famiglia. L’uomo ha sabotato l’aereo grazie all’aiuto del capo della sicurezza e, convinto di aver tolto di mezzo anche Richie, spera di poter assumere il pieno potere dell’azienda. Mentre le ricerche si portano avanti, toccherà allora a Richie difendere l’impero familiare dalle minacce di Lawrece Van Dough e ad aiutarlo nell’impresa ci saranno i suoi nuovi amici, che lo sosteranno nel suo nuovo ruolo di presidente della società ma anche nelle ricerche dei due genitori smarriti.

Richie Rich - Il più ricco del mondo fumetto

Richie Rich – Il più ricco del mondo: il fumetto da cui è tratto

Il film, come anticipato, è basato su un’omonima serie a fumetti ideata da Alfred Harvey e Warren Kremer e che è stata prodotta dalla “Harvey Comics” dal 1960 al 1991, per un totale di 254 albi. Da questi, sono stati tratti due film, una serie televisiva e due serie animate. Rispetto a quanto proposto nei fumetti, però, il film del 1994 presenta alcune differenze. Nei fumetti originali di Richie Rich, infatti, il personaggio Lawrence Van Dough, antagonista del film, non compare mai. Richie aveva però uno zio e un cugino, entrambi di nome Reggie Van Dough Sr e Jr, con il primo che era il fratello della madre.

Mentre l’anziano Van Dough era rappresentato come una persona gentile, Reggie Jr spesso faceva scherzi crudeli a Richie e a tutti gli altri, creando scompiglio. A causa della natura avversa del personaggio, Lawrence Van Dough è stato dunque creato e chiamato come il cugino di Richie nei fumetti. Sebbene il personaggio interpretato da Johh Larroquette nel film abbia lo stesso cognome dei personaggi dei fumetti, in esso non viene menzionata alcuna relazione tra i personaggi. A differenza della famosa pubblicazione e della serie animata, alcuni altri personaggi sono stati eliminati per adattarsi al film: tra questi c’è Irona, la cameriera robot.

Richie Rich - Il più ricco del mondo Jonathan Hyde Macaulay Culkin

Il cast di Richie Rich – Il più ricco del mondo

Ad interpretare Richie Rich vi è Macaulay Culkin, già famoso per il suo ruolo in Mamma, ho perso l’aereo, che al momento delle riprese era considerato il ragazzo più ricco del mondo, grazie ai suoi successi cinematografici. L’attore era però cresciuto molto rispetto al titolo poc’anzi citato ed era alto già un metro e mezzo. Pertanto, è stato scelto un cast di adulti molto alti per creare l’illusione che il giovane attore fosse più basso di quanto non fosse in realtà. Per Culkin, inoltre, questa è stata lultima apparizione cinematografica prima della sua pausa di nove anni dalla recitazione. Culkin si trovava infatti in un periodo di declino e al momento di questo film veniva da due flop al box office.

La Warner Bros., studio di produzione, aveva dunque valutato inizialmente di assumere Elijah Wood per il ruolo del protagonista, ma il padre di Culkin insisté affinché fosse il figlio ad ottenere il ruolo. Come noto, anche Richie Rich – Il più ricco del mondo si rivelò un flop. Nel ruolo del fidato maggiordomo Cadbury vi è invece l’attore Jonathan Hyde, noto per i film Jumanji e La mummia. Edward Herrmann e Christine Ebersole recitano invece nei panni dei genitori di Richie, Richard e Regina Rich. Infine, l’attore John Larroquette ricopre il ruolo dell’antagonista Lawrence Van Dough. Il suo personaggio incarna la cupidigia e l’avidità, fornendo un contrasto interessante con la natura benevola e generosa di Richie.

Il trailer di Richie Rich – Il più ricco del mondo e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Richie Rich – Il più ricco del mondo grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 20 novembre alle ore 21:20 sul canale Italia 1.

Noi siamo Leggenda: intervista ai protagonisti

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Noi siamo Leggenda: intervista ai protagonisti

Ecco la nostra intervista ai protagonisti di Noi Siamo Leggenda, dal 22 novembre su Rai2. Diretta da Carmine Elia, la serie vede protagonisti Nicolas Maupas, Sofya Gershevich, Milo Roussel, Emanuele Di Stefano, Margherita Aresti, Giulio Pranno, Giacomo Giorgio, Giulia Lin e Beatrice Vendramin.

La storia della serie è quella di cinque ragazzi – e del loro mondo – con cinque poteri straordinari che affondano le radici nelle loro paure e nei loro desideri più profondi, capaci di stravolgere le loro vite. Un coming of age che unisce dramma, azione e ironia in una narrazione originale, capace di rinnovare e riscrivere i canoni del racconto young adult di supereroi. Niente missioni iperboliche, nessun universo da salvare o supercattivi da combattere. Un racconto di formazione in cui i superpoteri si fanno metafora delle difficoltà che gli adolescenti sono chiamati ad affrontare. Un affresco commovente, forte, divertente e spiazzante di una società – la nostra – e di una parentesi della vita – l’adolescenza – in cui tutti, almeno una volta, hanno sognato di avere i superpoteri. Per combattere le ingiustizie che li circondano. Vincere la propria insicurezza. Accettarsi. Fare la cosa giusta. Senza immaginare che qualcuno, nell’ombra, è consapevole della vera origine degli improvvisi poteri.

Nosferatu: prima immagine ufficiale per il film di Robert Eggers

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Nosferatu: prima immagine ufficiale per il film di Robert Eggers

C’è grande attesa per Nosferatu, il nuovo film diretto da Robert Eggers (The Witch, The Lighthouse, The Northman), remake dell’omonimo film di F. W. Murnau del 1922, divenuto uno dei più famosi film sui vampiri di tutti i tempi. classico dei vampiri, riproposto anche nel 1979 da Werner Herzog. Di questa nuova versione, in arrivo nel 2024, si sono da poco concluse le riprese ed Empire svela ora una prima immagine ufficiale visibile qui. In essa ritroviamo Lily-Rose Depp sul cui volto si staglia l’artiglio del vampiro protagonista del film.

 

Nosferatu, quello che sappiamo sul film

La pellicola, prodotta della Focus Features e scritta e diretta da Robert Eggers, sarà dunque un vero e proprio remake del capolavoro del 1922 di F. W. Murnau. Quel film non è solo considerato una delle opere d’arte più influenti nel mondo del cinema e del genere horror, ma ha anche introdotto alcuni stilemi sui vampiri che sono ancora oggi in uso. Stando a quanto si legge nella sinossi, “il film è una storia gotica di ossessione tra una giovane donna perseguitata nella Germania del 19° secolo e l’antico vampiro della Transilvania che la perseguita, portando con sé un orrore indicibile“. Nel cast del film Nosferatu troviamo Bill Skarsgård (Barbarian), interprete del vampiro protagonista.

Nicholas Hoult (The Menu), Lily-Rose Depp (Wolf), Aaron Taylor-Johnson (Bullet Train, Kick-Ass, Godzilla), Emma Corrin ( Lady Chatterley’s Lover ), Willem Dafoe (Inside), Simon McBurney (Carnival Row) e Ralph Ineson (Il cavaliere verde) completano il cast. Piuttosto che essere un semplice racconto horror di vampiri, Eggers si è detto molto sicuro di ciò che il suo Nosferatu si propone di fare. “Sì, è un film che fa paura. È un film dell’orrore. È un film horror gotico“, ha dichiarato ad Empire, aggiungendo però che “credo che da un po’ di tempo non ci sia un film gotico vecchio stile che faccia davvero paura. E credo che la maggior parte del pubblico lo troverà così“. Ad oggi non vi è ancora una data di uscita del film, previsto però nel corso del 2024.

Premio Virna Lisi 2023 a Greta Scarano

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Premio Virna Lisi 2023 a Greta Scarano

La Fondazione Virna Lisi assegnerà anche quest’anno il prestigioso Premio che eccezionalmente sarà organizzato in collaborazione con il Torino Film Festival. Istituito dalla famiglia dell’attrice sette anni fa, il Premio Virna Lisi viene assegnato ogni anno ad una protagonista del cinema italiano che si è distinta non solo per la sua professionalità ma per il carisma e la passione , emozionando con le sue interpretazioni gli spettatori.

Mercoledì 29 novembre al Torino Film Festival si renderà omaggio ad una delle stelle più luminose del nostro cinema celebrando l’arte, il talento e la forza delle donne nel settore cinematografico. A ricevere il Premio Giovane Rivelazione sarà Romana Maggiora Vergano che con la sua bravura è riuscita ad arrivare al cuore di tutti gli italiani con l’interpretazione di Marcella nel film C’è ancora domani di Paola Cortellesi, con una performance di grande maturità artistica e freschezza espressiva che anticipano una brillante carriera futura.

Il Premio Virna Lisi verrà assegnato a Greta Scarano, che con la sua presenza scenica incarna quella straordinaria combinazione di talento, passione e intensità emotiva. Nel suo lavoro viene fuori dedizione e profondità artistica.

Il Premio sarà assegnato con un talk condotto dal direttore artistico Steve Della Casa e da Laura Delli Colli presidente dei giornalisti cimnematografici italiani alla presenza delle due attrici nel pomeriggio di mercoledì 29 novembre alle ore 17.30 presso il Cinema Romano.

Questi riconoscimenti non solo celebrano il talento attuale e emergente nel cinema, ma anche riaffermano l’importanza di investire e credere nelle nuove generazioni di artiste, continuando a onorare l’eredità di donne che hanno lasciato un’impronta indelebile nell’arte cinematografica.

Nel corso degli anni il Premio Virna Lisi è stato assegnato ad attrici come Margherita Buy, Paola Cortellesi, Monica Bellucci, Claudia Gerini, Elena Sofia Ricci e Micaela Ramazzotti, protagoniste di primo piano nel cinema italiano, alle quali si è aggiunto nelle ultime edizioni il riconoscimento nato per segnalare una Giovane rivelazione, assegnato ad Ilenia Pastorelli e Ludovica Nasti.

50 Km all’ora, trailer e poster del film di e con Fabio De Luigi con Stefano Accorsi

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Ecco il trailer di 50 Km all’ora, il nuovo film diretto da Fabio De Luigi che insieme a Stefano Accorsi recita in questa storia di famiglia, di fratellanza per scelta. Il film arriverà al cinema a partire dal 4 gennaio distribuito da Sony Pictures.

50 Km all’ora – la trama

Due fratelli si ritrovano dopo tanti anni al funerale del padre. Tra rancori passati e affetto sopito, i due affrontano un viaggio per portare le ceneri del loro genitore accanto alla moglie, seguendo le sue ultime volontà. A bordo di due motorini scassati, costruiti anni fa quando erano due ragazzini, percorreranno un viaggio attraverso l’Emilia Romagna e attraverso i loro sentimenti per scoprire che c’è sempre tempo per litigare ed amarsi di nuovo.

50KM all'ora poster

L’arte della felicità e Mad Entertainment compiono 10 anni

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L’arte della felicità e Mad Entertainment compiono 10 anni

Il 21 novembre si festeggiano i 10 anni del film L’arte della felicità” di Alessandro Rak: il film d’animazione realizzato a Napoli da giovani disegnatori, fumettisti, musicisti e da un produttore-sceneggiatore illuminato, è nel 2014 il vincitore dell’Oscar europeo e ha fatto la recente storia dell’animazione in Italia per il cinema destinato a un pubblico adulto.

10 anni che segnano anche la storia della produzione Mad Entertainment che esordisce con questo titolo e che da allora è un punto di riferimento imprescindibile per l’animazione in Italia, aperta anche alla produzione cinematografica di fiction e di documentari.

Mad Entertainment (Movie Animation and Documentary) è la factory creativa e produttiva, fondata a Napoli e animata da Luciano Stella, Maria Carolina Terzi, Carlo Stella e Lorenza Stella e che ha sede nel cuore della città, negli storici appartamenti dove Vittorio De Sica girò “L’oro di Napoli” e “Matrimonio all’italiana”. È qui che è nata la scommessa di convogliare in un unico luogo artisti e professionisti dell’audiovisivo nei settori del documentario, della fiction e dell’animazione.

Oggi si festeggia questo compleanno per ricordare l’avventura di “L’arte della felicità” nata con pochi mezzi, e molta fantasia. “L’arte della felicità” è la favola metropolitana ambientata in una Napoli divisa fra “monnezza” e nobiltà, all’ombra di un Vesuvio bellissimo ed inquietante, dove il taxi driver Sergio attraversa una città plumbea trasportando passeggeri, ricordi e una grande rabbia per il fratello scomparso.

Il film, prima di uscire in sala il 21 novembre 2013, aprì la Settimana della Critica a Venezia, e dopo tanti riconoscimenti in patria arrivò la consacrazione con il prestigioso riconoscimento agli EFA (che vince su grandi competitors come Luc Besson). Un film acclamatissimo dalla critica e che, ancora oggi, a 10 anni di distanza, è considerato cult. Napoli lo festeggerà il 25 novembre con un grande evento-festa al Teatro Bolivar, destinato a tutti gli appassionati e seguaci del film e di Mad.

«“L’arte della felicità” è uno dei primi film di animazione per adulti tutto made in Italy (o meglio in Naples) – dichiara Luciano Stella che è anche autore tra gli altri della sceneggiatura. – Ora Alessandro Rak è un autore di animazione riconosciuto a livello europeo. Ma quando si partì con questa avventura, nessuno avrebbe mai immaginato di essere all’inizio di un percorso che avrebbe fatto di Mad il polo produttivo più importante di Napoli e del Sud, che ha creato un indotto economico fuori dall’ordinario».

Mad, da allora, ha formato una nuova leva di professionisti dell’animazione, i primi a usare un software Blender molto avveniristico al tempo, dimostrando di essere pionieri, e facendo di necessità virtù, in assenza di risorse. Oggi Mad è una società per azioni che conta una factory di 40/50 animatori.

«In questi 10 anni abbiamo fatto altri due film di animazione con Rak, Gatta cenerentola” e “Yaya e Lennie – The Walking Liberty”, una serie animata di 26 puntate, “Food Wizards”, oltre a tre film per il cinema – tra cui “Nostalgia” di Mario Martone e il prossimo atteso “Caracas” di Marco D’Amore – e diversi documentari, che spesso si avvalgono di insert di animazione, contaminando i linguaggi – dichiara Carolina Terzi, da poco eletta presidente di Cartoon Italia, importante riconoscimento da parte dell’industria e delle istituzioni. – Abbiamo aperto una finestra su un mercato mondiale, con un linguaggio evidente e forte che ci spinge a continuare».

Oggi Mad è impegnata sul fronte dell’animazione con la realizzazione di “I’m still alive – Sono ancora vivo” di Roberto Saviano – primo lungometraggio diretto dallo scrittore, tratto dall’omonima graphic novel – e a giorni presenterà in Concorso al Festival di Torino il corto di animazione che racconta delicatamente il passaggio dalla condizione di figlio a quella di genitore, “Due battiti” di Marino Guarnieri, che fa parte della factory Mad fin dall’inizio di questa lunga storia.

American Fiction, recensione del film con Jeffrey Wright

American Fiction, recensione del film con Jeffrey Wright

Vincitore dell’Audience Award all’ultimo Toronto Film Festival, American Fiction, esordio alla regia cinematografica del regista Cord Jefferson – per la TV ha diretto episodi di Master of None, watchmen e Station Eleven – si presenta come una delle possibili sorprese in corsa per la prossima stagione dei premi.

American Fiction, la trama

Al centro della vicenda di questa commedia drammatica si trova lo scrittore in crisi Thelonious “Monk” Ellison (Jeffrey Wright), il quale si trova costretto a tornare nella casa natia vicino Boston per riunirsi con la disfunzionale famiglia. Stanco del modo in cui la società e l’industria editoriale continua ad abbracciare gli stereotipi sui neri in America, Monk scrive un manoscritto che in maniera satirica abbraccia qualsiasi retorica e appunto stereotipo sulla questione. Il problema arriva quando il libro trova l’attenzione di editori e successivamente il grande successo di pubblico, “costringendolo” dentro un personaggio che odia. Questa dicotomia non può che rendere ancora più complessa la sua vita privata.

L’idea di partenza di American Fiction possedeva tutte le carte in regola per farne una satira sociale di enorme presa e soprattutto graffiante descrizione del razzismo culturale ancora vigente negli Stati Uniti. Il regista e sceneggiatore sceglie invece un approccio maggiormente orientato alla rappresentazione psicologica del protagonista, inserendolo dentro le dinamiche di un dramma familiare che rende l’operazione decisamente più adatta ad andare incontro ai gusti del grande pubblico. E se questa si dimostra una scelta che quasi sicuramente pagherà di fronte all’opinione della critica e al botteghino statunitense, allo stesso modo non ci si può esimere dal chiedersi come sarebbe stato il film se Jefferson avesse osato rischiare maggiormente.

Un approccio cauto a una storia esplosiva

Ad American Fiction non si possono infatti trovare difetti tangibili che ne minano la riuscita, tutt’altro, ma neppure vedendolo si prova l’emozione di un lungometraggio che vuole scuotere, mettere veramente in discussione quello che racconta. Da un soggetto di partenza potenzialmente esplosivo e pronto per essere adoperato virando dentro la commedia dell’assurdo, ci saremmo aspettati un film sinceramente più sfrontato. Il che comunque, come anticipato, non va ad inficiare la riuscita di un prodotto capace di parlare al cuore dello spettatore, che affronta il tema della famiglia americana e del suo sgretolarsi di fronte a generazioni piene di preconcetti e frustrazioni.

Come protagonista Jeffrey Wright non avrebbe potuto fare un lavoro migliore nel dipingere la comunissima “medietà” di Monk, interpretazione perfetta anche perché calibrata grazie a una sorta di contrappasso su quella dei suoi colleghi (fratelli sul grande schermo) Sterling K. Brown e Tracee Ellis Ross.Un trio di attori generoso, preciso sia quando deve andare sopra le righe che nel rappresentare le pieghe malinconiche e soffuse dei rispettivi personaggi. La vera sorpresa di American Fiction si rivela però la meno conosciuta Erika Alexander, capace di imprimere profondità e orgoglio alla sua coraline, donna comune che si trova a incrociare la strada di Monk.

Il cinema nero americano ha cambiato pelle nel corso di questi ultimi anni, forse decenni. Lo spirito “arrabbiato” di un autore di frontiera quale è stato – e a conti fatti ancora è – Spike Lee ha lasciato il posto a un modo di fare e intendere cinema maggiormente cadenzato, che cerca l’appoggio dell’opinione pubblica più di quanto non voglia realmente scuoterla. American Fiction nel bene e nel male si presenta come specchio fedele e preciso di questo modo di fare cinema. All’interno di questo discorso il lavoro di Cord Jefferson possiede un suo valore indubitabile, allo stesso modo di un peso specifico calibrato con evidente intelligenza. Dal punto di vista prettamente artistico poco o nulla si può obiettare a un prodotto scritto, diretto e interpretato con sensibilità. Speriamo soltanto non venga sopravvalutato o peggio ancora innalzato al livello di film “arrabbiato”, perché allora le sue effettive dimensioni andrebbero certamente ridiscusse…

Nanni Moretti a Linea d’Ombra 2023: “Il film di Paola Cortellesi è un bene per il cinema italiano”

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Il regista romano ospite a Salerno per una serata davvero speciale, durante la quale ha ripercorso la sua carriera concedendosi con grande generosità al pubblico e introducendo i film della maratona notturna a lui dedicata.

Scusate, una domanda per i meno giovani: questo era il cinema Diana?”. L’applauso, fragoroso, del pubblico di Linea d’Ombra Festival è stato spontaneo e sentito, perché Nanni Moretti ha fatto passare una serata davvero speciale alla platea della Sala Pasolini di Salerno. Che sì, una volta si chiamava Diana, come ben ricordava Moretti. “La mia famiglia passava le vacanze dove mia madre veniva assegnata come membro esterno delle commissioni per gli esami di maturità. Un anno venne assegnata a Nocera e scoprimmo Vietri, dove poi siamo venuti a villeggiare per qualche anno”.

Un assaggio del passato privato di Nanni Moretti, che invece ha raccontato tanto della sua vita professionale nel corso dell’incontro condotto dal co-direttore di Linea d’Ombra Boris Sollazzo “Era molto complicato quando ho cominciato a fare i miei primi cortometraggi, farli e farli vedere. C’erano queste pizzette da 2 minuti e mezzo, si girava, le si consegnava all’ottico, tornavano indietro sviluppate dopo due o tre settimane sperando fosse venuto qualcosa. E poi era complicato farle vedere, io andavo in giro con le pizze, il proiettore e l’amplificatore per il suono. Oggi è molto più facile”.

Fu grazie a questi primi esperimenti che Moretti capì che il cinema “era il modo migliore per esprimere quello che volevo dire”. Poi arrivò Io sono un autarchico, il successo che dal Filmstudio diventa nazionale per un film, girato in Super8 “che non era proprio a basso costo, perché 3 milioni e 300.000 lire non erano pochi per l’epoca”. Dopo arrivò Ecce Bombo, “il mio primo film all’interno dell’industria cinematografica che pensavo fosse drammatico e doloroso per pochi, invece poi ho scoperto di avere fatto un film comico per tutti”.

Un ricordo che ha dato modo al regista di commentare il grande successo italiano del momento, C’è ancora domani di Paola Cortellesi, per cui Moretti spende belle parole. “È un bene per il cinema italiano. Paola Cortellesi ha osato facendo un film fuori della norma rispetto ai film in cui è stata solo attrice. Produttori e distributori sottovalutano spesso il pubblico. È molto prepotente e presuntuoso pretendere di conoscere i gusti del pubblico”. A proposito di Paola Cortellesi, interrogato sulla battuta tratta da Nessuno mi può giudicare “ve lo meritate Nanni Moretti” ha risposto con una sola parola per commentare lo stato d’animo quando vide il film: “ZEN”.

La serata è proseguita alternando spezzoni dai suoi film, da Sogni d’oro a La messa è finita a La stanza del figlio, Il caimano e Habemus Papam, tra confessioni (“non ho nessun rapporto con la religione, sono ateo, e per questo ammiro profondamente chi ha fede. Bunuel diceva ‘Grazie a Dio sono ateo”, non sono mai stato d’accordo, io sono incazzato perché sono ateo”) e doverose puntualizzazioni riferite all’identificazione tra Nanni Moretti e i suoi personaggi portati sullo schermo. “Spesso c’è un modo primitivo di vedere i film e si scambiano le parole dei personaggi con le idee del regista”. Moretti con il suo cinema è stato anche veggente, come ha sottolineato Sollazzo, prevedendo la televisione trash, la parabola del PCI e la crisi della Chiesa. “Basta stare un po’ attenti e le tendenze della realtà si colgono. Dopo Habemus Papam mi fermavano per Roma e mi chiedevano i numeri al lotto e quando la Roma avrebbe vinto il quarto scudetto”.

Nanni Moretti si è concesso con generosità al pubblico di Salerno e di Linea d’Ombra, rispondendo anche alle domande che arrivavano dai social (“Ho visto Killers of the Flower Moon e ci sono altri film di Scorsese che mi piacciono di più. Molti altri”) e poi presenziando all’apertura della maratona notturna che gli ha dedicato il festival, composta da sette film più un quiz finale fornito dallo stesso Moretti, ventuno domande che aveva ideato per la retrospettiva che gli aveva dedicato il festival di Locarno e che ha riproposto alle decine di “eroici ed eroiche” che hanno affrontato 669 minuti di full immersion nel suo cinema, da Ecce Bombo a il sol dell’avvenire. È stato lo stesso Nanni ha introdurre i suoi film prima dell’inizio della lunga notte, conclusasi poi la mattina con una fetta di Sacher per tutti i sopravvissuti.

È stata una bellissima serata di cinema a Salerno, un grande regalo da parte di un cineasta di culto, che Linea d’ombra ha celebrato consegnandogli il Premio Maestri del Cinema, realizzato dalla ceramista Little Freak aka Elisabetta D’Arienzo.

Nanni Moretti ha voluto sottolineare una cosa: “È un bene che ci siano le piattaforme per poter recuperare il cinema del passato, ma per me fare un film significa prima di tutto portarlo in sala”. Poi, dopo, può andare anche in 190 paesi.

The Brave and the Bold: aggiornamenti deludenti sul film

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The Brave and the Bold: aggiornamenti deludenti sul film

Gli scioperi di WGA e SAG-AFTRA hanno rallentato la macchina produttiva dei DC Studios, ma Creature Commandos è in piena produzione e si prevede che le macchine inizieranno a girare per Superman: Legacy all’inizio del prossimo anno. Tuttavia, chi invece aspetta The Brave and the Bold dovrà avere pazienza.

The Batman II di Matt Reeves è ancora sulla buona strada per essere distribuito nel 2025, ma il Crociato Incappucciato della DCU farà il suo debutto – insieme a Robin – un po’ più avanti sulla base di un nuovo aggiornamento del co-CEO dei DC Studios James Gunn. Rispondendo a un fan su Instagram che chiedeva informazioni su un possibile annuncio del casting di Bruce Wayne, il regista ha detto: “No. Non abbiamo ancora nemmeno una sceneggiatura”.

È ancora molto presto per il film e non dovrebbe sorprendente nessuno se il film dovesse arrivare al cinema non prima del 2027. Si pensa che il regista Andy Muschietti, che Gunn ha assunto dopo essere rimasto colpito dal suo lavoro in The Flash, si concentrerà prima sulla serie televisiva It Welcome to Derry, quindi bisognerà aspettare.

Ciò significa anche che tutte le voci in merito al casting del Cavaliere Oscuro sono quasi certamente imprecise. Parlando a gennaio dei piani dei DC Studios per The Brave and the Bold, Gunn ha detto: “Questa è l’introduzione di Batman nella DCU. Questa è la storia di Damian Wayne, che è il vero figlio di Batman di cui non conoscevamo l’esistenza per i primi otto-dieci anni della sua vita. È cresciuto come un piccolo assassino. È un piccolo figlio di puttana. È il mio Robin preferito.” “È basato sul fumetto di Grant Morrison, che è una delle mie serie preferite di Batman, e lo stiamo mettendo insieme proprio adesso.”

Il co-CEO di DC Studios, Peter Safran, ha aggiunto: “Sarà ovviamente un lungometraggio, e presenterà altri membri della estesa ‘famiglia Bat’, solo perché riteniamo che siano stati esclusi dalle storie di Batman al cinema per troppo tempo.”

The Brave and the Bold, quello che sappiamo sul film

Insieme all’introduzione della versione DCU di Batman – che esisterà separatamente dalla versione interpretata da Robert Pattinson nei film di The Batman – il film introdurrà “la Bat-family“, ha detto James Gunn. Il primo tra loro è Robin, che sta tornando completamente ai film live-action per la prima volta dallo sfortunato film del 1997 Batman e Robin. Questa versione di Robin sarà impersonificata da Damian Wayne, che Gunn ha descritto come “il nostro Robin preferito, “un piccolo figlio di puttana” e “un assassino”.  Damian, per chi non lo sapesse, è il figlio biologico di Bruce Wayne, di cui non quest’ultimo non conosceva l’esistenza.

Thor 5: Taika Waititi conferma che il film è in programma ma che non ne farà parte

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Thor 5 è in arrivo. Il rapporto degli adattamenti di Thor dei Marvel Studios con il pubblico è sempre stato un pendolo che oscillava tra entusiasmo e scontento. Mentre Thor del 2011 è stato ben accolto, Thor: The Dark World è stato considerato per lungo tempo il peggiore film Marvel di sempre, quando poi con Thor: Ragnarok è arrivato il successo di pubblico e di critica, sembrava quasi che nessuno fosse pronto a gestirlo.

Non tutti hanno amato l’approccio bizzarro del regista Taika Waititi al personaggio, ma Thor: Ragnarok si è rivelato un successo e l’eccitazione per Thor: Love and Thunder era comprensibilmente alta. Dopotutto, oltre a presentare Christian Bale nei panni di Gorr il Macellatore di Dei, ha visto Natalie Portman tornare nei panni di Jane Foster per diventare il potente Thor (due ingredienti che avrebbero dovuto garantire una ricetta per il successo).

Sfortunatamente, sembra che i Marvel Studios abbiano dato allo sceneggiatore e regista troppa libertà, con il risultato che anche Chris Hemsworth ha definito “troppo sciocco” il film, prima di ammettere “Rabbrividisco e rido allo stesso modo“. Taika Waititi ha recentemente confermato che non dirigerà Thor 5. Tuttavia, in un’intervista con Inverse, ha rivelato che Hemsworth e i Marvel Studios sono impegnati in trattative per realizzare un quinto film di Thor.

Avrebbe continuato dicendo al sito che “aveva bisogno di una pausa da tutto ciò”, aggiungendo: “È un processo molto faticoso lavorare su questi film per due anni e mezzo e senza sosta”. Nonostante ciò, non ha intenzione di chiudere la porta alla possibilità di lavorare nuovamente con i Marvel Studios in futuro.

Nel libro Thor: Love and Thunder – The Official Movie Special pubblicato da Titan all’inizio di quest’anno, lo sceneggiatore e regista ha parlato di cosa gli sarebbe piaciuto fare con un altro film di Thor. Tuttavia, quell’intervista è stata probabilmente condotta durante o subito dopo la fine delle riprese di Thor: Love and Thunder e molto prima che il film ricevesse alcune delle peggiori recensioni dell’MCU. Si aspettano ancora le conferme ufficiali di Marvel Studios sulla produzione di Thor 5.

Slow Horses 3, recensione della serie con Gary Oldman

Slow Horses 3, recensione della serie con Gary Oldman

Questa la premessa di Slow Horses 3, acclamata serie prodotta perApple TV+ che arriverà in streaming a partire dal prossimo 29 novembre: Catherine Standish non arriva mai tardi a lavoro, anche se si tratta del borioso catalogo di centinaia di inutili scatoloni in un posto altrettanto “inutile” come la Slough House. Jackson Lamb capisce subito che qualcosa non quadra, e infatti la sua protetta è stata rapita la sera prima da un gruppo di criminali comandati da Sean Donovan, ex-spia che vuole arrivare a un documento custodito nei sotterranei del quartier generale dell’IM 5. E chi adoperare come esca se non River Cartwright, il più idealista e irruento dei cosiddetti “Slow Horses” di Lamb?

Slow Horses 3 si conferma una boccata d’aria fresca

In un panorama cinematografico e televisivo in cui la figura della spia è ormai diventata sinonimo assicurato di azione scatenata inserita dentro un contenitore tanto spettacolare quanto fin troppo spesso effimero, la terza stagione di Slow Horses conferma invece la serie britannica come una boccata d’aria fresca. Come negli episodi precedenti infatti le avventure di Jackson Lamb e del suo gruppo di spie tutt’altro che perfette sia nella professione che nella vita privata rappresenta un mix riuscito di genere e studio caustico di caratteri.

Altro particolare non trascurabile perché davvero non accade spesso, a livello narrativo lo show possiede un piglio anche più forte del romanzo Real Tigers di Mick Herron da cui è tratto. E questo non significa che il testo di partenza non sia efficace, tutt’altro, ma la sceneggiatura degli episodi rende la minaccia che gli “Slow Horses” maggiormente seria, incombente rispetto al tono leggero delle pagine scritte. Nel caso della terza stagione infatti sono stati fatti cambiamenti sostanziosi rispetto al libro soprattutto nella prima parte, trovando un equilibrio drammatico che a livello logico funziona meglio. In particolare i primi tre episodi risultano in questo modo avvincenti nello sviluppo proprio della spy-story e riescono anche a restituire la profondità emotiva, la quale soprattutto riguardo il personaggio di Louisa Guy diventa persino malinconica.

SI privilegia la tensione allo spettacolo

Il gioco di specchi, i tradimenti e le vendette personali, i tranelli e i trucchi per sfuggire al pericolo rappresentato in Slow Horses un qualcosa che viene adoperato con una notevole attenzione al genere, privilegiando la tensione e la narrazione allo spettacolo. Anche se l’ultima puntata possiede il necessario showdown necessario per sistemare i conti in sospeso ed eliminare i personaggi ritenuti ormai superflui, il resto viene architettato come una spy-story classica, con i twist della trama che rispettano pienamente il gusto di questo tipo di produzioni. In più le puntate vengono riempite dall’umorismo a tratti realmente feroce che regola la vita di questi antieroi molto spesso tutt’altro che amabili, essere sempre capaci di trovare il modo di farzi apprezzare dal pubblico.

Nel caso di questa stagione, oltre ovviamente a Gary Oldman e Kristin Scott-Thomas che continuano a dimostrare di divertirsi un mondo nell’intepretare Lamb e Diana Taverner, una menzione particolare la merita Aimee-Ffion Edwards, pungente nell’impersonare l’aggressiva e velenosa Shirley Dander.

Un persistente retrogusto amaro

Risulta difficile catalogare Slow Horses dentro i confini della commedia mixata con il thriller di spionaggio. Anche quando infatti il tono dei dialoghi e delle situazioni porta al sorriso, con esso non si accompagna mai la vacua leggerezza della comicità. C’è sempre un retrogusto amaro nei personaggi quanto nei loro rapporti, e questo eleva lo spessore emotivo dello show ben oltre la media di questo tipo di produzioni. Aggiungete come scritto un gruppo di attori dalla bravura consumata – a cui si aggiunge in questa terza stagione anche Sophie Okonedo – e qualche volto nuovo ed emergente, ed ecco che il cocktail di intrattenimento intelligente non può che risultare saporito. Queste nuove sei puntate convincono quanto le precedenti dodici, confermando la bontà di un prodotto all-british che risulta molto più serio di quanto non voglia magari farci credere di essere.

Elf Me: recensione del film natalizio su Prime Video con Lillo Petrolo

“Anche da sveglio, non smettere di sognare.”Elf Me

Dalla notte dei tempi, c’è un preciso periodo dell’anno – quello del Natale – in cui sogni e desideri si fanno più vividi, intensi, fagocitati dalla sua atmosfera accogliente e luminosa. È la festa comandata più attesa, in fondo, il momento in cui adulti e piccini si siedono attorno a un tavolo, o in un angolo nascosto, con in mano carta e penna, per rimanere fedeli a un’antica tradizione: scrivere la lettera a Babbo Natale. Un gesto simbolico, in cui ognuno incide sul foglio con l’inchiostro ciò che vorrebbe ricevere sotto l’albero, che sia qualcosa di materiale o affettivo. E nel mentre buttano giù due o tre righe, magari accanto al caminetto acceso, immaginano quell’omone dalla barba bianca il quale, una volta lette, incarica i suoi aiutanti di fiducia, gli elfi, di far diventare le richieste realtà. Elf Me, nuovo film natalizio diretto dagli YouNuts, inizia proprio qui, al Polo Nord, nell’ azienda-dimora di Babbo Natale, facendosi spazio fra gli affaccendati elfi dalle orecchie a punta con il compito di monitorare tutto il comparto regali, tra agitazioni, corse e scadenze. Il film inagura il periodo natalizio di Amazon Prime Video, e vuole raccontare la festività attraverso un duplice sguardo: quello di un elfo, Trip, e quello di un bambino, Elia, che riscoprirà la felicità del Natale grazie al tocco magico e dolcemente divertente di un fabbricante sgangherato e burlone. Elf Me arriva su Prime Video dal 24 novembre.

Elf Me, la trama

Nella terra di Babbo Natale numerosi elfi sono in fermento per l’arrivo del 25 dicembre. I regali hanno bisogno di essere realizzati e impacchettati, pronti per arrivare puntuali nelle case dei bambini. Ognuno di loro ha una propria mansione e ogni settore si occupa di una determinata fase di produzione del dono. Trip fa parte degli elfi costruttori che ogni anno vengono chiamati da Babbo Natale per mostrargli la loro ultima creazione. Il problema, però, è che pur inventando giocattoli divertenti, quelli di Trip spesso sono difettati oppure finiscono per non funzionare come lui immagina.

In un momento di sconforto, dopo che l’ultima sua creazione si rivela l’ennesimo disastro, l’elfo si imbatte in una di quelle per cui va più orgoglioso, la macchina spara-regali, la quale era stata scartata perché pericolosa. Erroneamente, mentre cerca di dimostrare a se stesso quanto in realtà valga, Trip finisce per essere lui stesso impacchettato e spedito, arrivando in un paesello di montagna vicino Roma. Qui vive Elia, un bambino fin troppo cinico con una madre, Ivana, una giocattolaia, che al contrario è una grande sognatrice, e vive la vita positivamente pur portandosi sulle spalle un peso enorme. È che Elia, dentro al suo cuore, ha un solo desiderio: rivedere il padre. L’incontro con Trip sarà incisivo per lui e l’elfo pasticcione lo aiuterà a crescere e, contemporaneamente, crescerà anche lui.

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Un film italiano ambizioso

Sin dall’inizio di Elf Me ci si accorge che il film prodotto e sceneggiato (insieme a Giovanni Gualdoni, Leonardo Ortolani, Marcello Cavalli e Tommaso Renzoni) da Gabriele Mainetti ha un sapore differente rispetto ai prodotti natalizi uscenti sul nostro territorio a cui siamo abituati. Pur conservando in alcune scene, linguaggi e scenari quell’italianità tipica delle commedie nostrane, con l’immancabile comicità che ci contraddistingue, Elf Me si abbandona a quel gusto di internazionalità che caratterizza le pellicole d’oltreoceano. Lo dimostra il lavoro anzitutto svolto sugli effetti speciali, dalle dita scintillanti di Trip quando costruisce giocattoli, a questi stessi che prendono vita, fino ad arrivare all’iconica scena delle bici volanti. Un’operazione che nel cinema italiano non si vede spesso, spesso sacrificata, mal sfruttata o messa al margine, la quale però ci dimostra, con Elf Me, che anche nel Bel Paese si hanno le risorse giuste per puntare in alto ed eccellere nella forma.

Ma non è solo il comparto del VFX, supervisionato da Maurizio Corridori, a dover essere elogiato: un altro grande lavoro è stato svolto sulle scenografie, meticolosamente curate e colorate, ma soprattutto cariche di dettagli, che si rifanno un po’ (intenzionalmente, potremmo dire) ai film statunitensi, a cui Elf Me strizza l’occhio senza però diventarne copia carbone. Le reference poi, che in realtà sono veri e propri omaggi, sono più che evidenti, e spaziano da E.T. di Steven Spielberg a Jumanji di Joe Johnston. Diventando dimostrazione di quanto diceva Tarantino: la bravura sta nel saper rubare dagli altri ma fare proprio quel lavoro, adattarlo alla propria identità, senza cadere nella mera riproduzione. Ed è quello che fa il film: si nutre delle storie del passato, quelle per cui forse proviamo più nostalgia, inserendole in un prodotto fresco, pieno di humor e moderno, in cui la nostra artigianalità si percepisce, ma viene lavorata al contempo in qualcosa di più ambizioso, nel quale ci si è permessi di alzare l’asticella. Rimanendo, straordinariamente, in equilibrio.

Elia e Trip: una coppia vincente

Pur reggendosi su una storia comune, che bene o male altri prodotti hanno già sperimentato, Elf Me è comunque capace di rendersi speciale, fruibile e godibile. Mai noioso o posticcio. Una riuscita dovuta, in primis, da un lavoro di messa in scena mirato e preciso, esaltato da un cast valido e calzante, in cui spiccano i due affiatati protagonisti: da una parte abbiamo il Pinocchio di Matteo Garrone, Federico Ielapi, astro nascente del nostro cinema, e dall’altra uno dei comici più apprezzati a cui si è molto affezionati, Lillo Petrolo. Un duo che convince, diverte ed emoziona, supportato da ottimi comprimari come Claudio Santamaria nei panni di un villain che parla ciociaro, e già tale caratteristica strappa due risate, e Anna Foglietta, madre di Elia nonché giocattolaia che crede ancora nei sogni.

E in fondo la bellezza di Elf Me si ritrova proprio in loro, nei characters, ognuno dei quali si muove lanciando messaggi diversi, ma importanti nella stessa misura. Dal non smettere di sognare, colonna portante del film, perché come dice Peter Pan “solo così si impara a volare”, a quanto sia bello crescere e consapevolizzarsi, senza però rinunciare alle proprie unicità, alle tematiche del bullismo, dell’altruismo, della famiglia, il focolare acceso che mai si spegne. Fino ad arrivare all’importanza della diversità e delle nostre imperfezioni, rappresentate in tal senso da Trip, che pur essendo un elfo combinaguai ha una creatività da invidiare, e da Elia, che fa della sua dislessia un punto di forza. E allora, se ci pensiamo bene, non si racchiude in tutto questo il vero senso del Natale?

Superman: Legacy, ecco le principali fonti di ispirazione per il film

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Il co-CEO dei DC Studios, James Gunn, continua a lavorare allo sviluppo di Superman: Legacy, un riavvio che introdurrà i fan a un nuovo Uomo d’Acciaio e un DCU tutto da scoprire. Dopo Aquaman e il Regno Perduto, il DCEU non esisterà più, ma quale modo migliore per rilanciare questo franchise se non con il supereroe più iconico della DC Comics?

Oggi, il regista ha utilizzato Instagram per condividere un nuovo sguardo all’interno del suo ufficio di produzione. Come si può vedere, il muro di Gunn è tappezzato di tavole e copertine di Superman for All Seasons dello scrittore Jeph Loeb e dell’artista Tim Sale, un fumetto pubblicato con ampio successo di critica nel 1998.

Ci sono molti disegni che ritraggono Superman mentre prende il volo insieme ad alcuni altri che raffigurano Kal-El che si trasforma di nuovo in Clark Kent e generalmente protegge semplicemente Metropolis.

Composto da quattro numeri ambientati in primavera, estate, autunno e inverno, ogni episodio di questo arco narrativo è stato raccontato da un personaggio diverso (Jonathan Kent, Lois Lane, Lex Luthor e Lana Lang) ed è stato anche annoverato come fonte di ispirazione principale per la serie Smalville.

“Ho appena ricevuto questa splendida edizione Absolute di Superman for All Seasons, una delle mie storie di Superman preferite [e] che ha avuto un’enorme influenza su Legacy ([e] un fermalibri stranamente perfetto con All-Star Superman)”, ha detto Gunn a settembre. “Le ultime, fantastiche opere d’arte di Tim Sales [e] gli acquerelli di Bjarne Hansen non sono mai state così belle, né la storia elegante e sicura di Clark [e] Ma [e] Pa. Jeph Loeb canta ancora.”

È difficile dire esattamente cosa Gunn abbia intenzione di adattare direttamente da questa storia, anche se le foto che ha selezionato per la sua parete potrebbero offrire almeno qualche suggerimento. Indipendentemente da ciò, immaginiamo che il suo tono e il suo approccio all’Uomo di domani (insieme a ciò che abbiamo visto in All-Star Superman) saranno ciò su cui si concentrerà nel suo prossimo riavvio.

Superman: Legacy, tutto quello che sappiamo sul film

Superman: Legacy, scritto e diretto da James Gunn, non sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e, potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo metaumano del DCU). Il casting, come già detto, ha portato alla scelta degli attori David Corenswet e Rachel Brosnahan come Clark Kent/Superman e Lois Lane. María Gabriela De Faría sarà il villain “The Engineer”.

Il film è stato anche descritto come una “storia delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet. Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò non significa che la produzione non subirà alcun impatto in futuro.

“Superman: Legacy è il vero fondamento della nostra visione creativa per l’Universo DC. Non solo Superman è una parte iconica della tradizione DC, ma è anche uno dei personaggi preferiti dai lettori di fumetti, dagli spettatori dei film precedenti e dai fan di tutto il mondo”, ha detto Gunn durante l’annuncio della lista DCU. “Non vedo l’ora di presentare la nostra versione di Superman, che il pubblico potrà seguire e conoscere attraverso film, film d’animazione e giochi”. Superman: Legacy uscirà nelle sale l’11 luglio 2025.

The Marvels doveva introdurre i Giovani Vendicatori già formati, secondo Iman Vellani

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Iman Vellani, attrice che interpreta Kamala Khan, alias Ms. Marvel, nel MCU, è stata recentemente ospite del podcast Phase Zero in cui ha commentato una delle scene più importanti di The Marvels che si svolge negli ultimi momenti del film.

La scena in questione vede Mrs Marvel reclutare Kate Bishop di Hawkeye (Hailee Steinfeld) per una squadra dei Giovani Vendicatori con una dinamica che rendeva omaggio alla scena post credits del primo Iron Man, in cui Nick Fury comunica a Tony Stark dell’esistenza di un progetto chiamato Avengers.

Secondo Vellani quella scena di The Marvels sarebbe potuta sembrare più simile all’appello di Cap alla fine di Avengers: Age of Ultron invece che all’iconico primo incontro tra Nick Fury e Stark.

“Sì, erano più o meno le stesse battute… Stavano cercando di incorporarne quante più [persone potevamo], ma penso che sia meglio vedere Kamala formare i Giovani Vendicatori, a partire dall’inizio. C’era una versione [della scena] in cui il gruppo esisteva già e io ho pensato: “Non ha alcun senso”. E loro hanno risposto: ‘Lo sappiamo, non gireremo [quella versione].

Ma sì, è stato divertente e mi è piaciuto lavorare con Hailee per quel giorno in cui ho potuto incontrarla, vederla e parlarle. È stato bello avere qualcuno con cui relazionarsi e parlare dei super costumi e del futuro in cui si trovano i Giovani Vendicatori. Sono molto emozionata e fiduciosa che questo porti a qualcosa di reale”.

Nella scena in questione, Kamala Khan ha anche fatto il nome di Cassie Lang (Kathryn Newton), quindi è probabilmente lecito ritenere che Stature sarà un membro dei Giovani Vendicatori. Ma il MCU ha attualmente un sacco di potenziali candidati a unirsi alla squadra, tra cui Joaquin Torres (Danny Ramirez) di The Falcon e Winter Soldier, che diventerà il secondo Falcon e il nipote di Isaiah Bradley, Eli Bradley aka Patriot.

Ci sono anche Billy (Julian Hillard) e Tommy Maximoff (Jett Kylne) di WandaVision, che diventeranno Wiccan e Speed, mentre Black Panther: Wakanda Forever ha visto il debutto di Ironheart (Dominique Thorne).

She-Hulk ha anche introdotto il figlio di Hulk, Skaar (Wil Deusner) che potrebbe essere un’alternativa a Hulkling mentre Doctor Strange nel Multiverso della Follia ha presentato il debutto nel MCU di America Chavez (Xochitl Gomez). Insomma, i personaggi ci sono e sono già stati presentati, resta da vedere in che misura il progetto dei Marvel Studios il sfrutterà, andando avanti perso Avengers: The Kang Dynasty.

Box office: C’è ancora domani (ancora) primo

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Box office: C’è ancora domani (ancora) primo

Dopo quasi un mese nei cinema, C’è ancora domani, pellicola italiana esordio alla regia dell’attrice Paola Cortellesi, mantiene il primato d’incassi in Italia. Il film, ancora primo al box office, incassa €1.544.231 a fronte di un totale di quasi 19 milioni di euro, riempiendo le sale di tutto il paese!

Al secondo posto troviamo Hunger Games- la ballata dell’usignolo e del serpente, prequel della serie cinematografica Hunger Games con Rachel Zegler (West side story) e Peter Diklage (Tyrion Lannister ne Il trono di spade). La pellicola incassa €619.326 su un totale di quasi 2 milioni e mezzo di euro dal suol arrivo nelle sale il 15 novembre.

Terzo classificato è Trolls 3- tutti insieme, terzo capitolo della saga animata. Il cartone raggiunge un incasso di €250.674 a fronte di un totale di 1 milione e 800 mila euro.

Box office: il resto della classifica

Al quarto e quinto posto ritroviamo rispettivamente The marvels, nuova pellicola del MCU con Brie Larson, e The old oak, pellicola francese presentata in concorso al festival di Cannes. The marvels incassa €210.300 nel week end appena concluso e quasi 3 milioni dalla sua uscita nei cinema l’8 novembre. The old oak, invece, raggiunge un incasso di €127.054. Al sesto posto si stabilisce Comandante, pellicola italiana con Pierfrancesco Favino, che incassa €126.824 a fronte di un totale di più di 3 milioni di euro.

Settimo ed ottavo classificato sono Thanksgiving e Five nights at Freddy’s, entrambi film dell’orrore. Thanksgiving, diretto da Eli Roth (Knock Knock, Bastardi senza gloria), incassa €95.937, mentre Five nights at Freddy’s, horror con Josh Hutcherson (Hunger games) raggiunge un guadagno di €80.245 a fronte di un totale di più di 5 milioni di euro dal suo arrivo nei cinema il 2 novembre.

Ultime due pellicole nella classifica del box office del fine settimana sono rispettivamente Dream scenario- hai mai sognato quest’uomo? commedia con Nicholas Cage e Michael Cera, e Me contro te- vacanze in Transilvania, terza pellicola del duo di youtubers. Dream scenario incassa €44.301, mentre i me contro te raggiungono un incasso di €37.521 nel week end appena concluso e 4 milioni e mezzo dalla sua uscita nelle sale il 19 ottobre.

Jason Momoa a SNL: “Adoro interpretare Aquaman perché amo l’oceano”

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Jason Momoa ha dato inizio alla promozione per Aquaman e il Regno Perduto in occasione della sua presenza al Saturday Night Live. L’attore, ospite della nuova puntata del programma televisivo, ha avuto modo di professare il suo amore per Aquaman e per gli oceani nel suo discorso di apertura.

Come molti già sanno, Aquaman e il Regno Perduto sarà l’ultima volta per Momoa nei panni del Re di Atlantide vestito di verde e arancione, ma tutti i segnali indicano che continuerà la sua relazione con Warner Bros. Discovery nel nuovo DCU di James Gunn, nei panni di Lobo. Tuttavia, da bravo attore dedito all’adempimento del contratto, al momento è proiettato soltanto verso il suo Aquaman 2:

“Adoro interpretare Aquaman perché amo l’oceano. È vero. Crescendo, tutto ciò che volevo fare era diventare un biologo marino, il che ha senso perché ho la struttura di uno scienziato. Il problema era che, anche se sono nato alle Hawaii, sono cresciuto in Iowa, che non è molto noto per i suoi oceani.

Poi un giorno ero seduto a casa a guardare un film intitolato Nelle mani di Dio, che è stato girato alle Hawaii e ho visto mio cugino, Brian L. Keaulana, trascinarsi tra queste onde di 50 piedi e ho pensato: “Che diavolo ci faccio ancora qui?” Così sono tornato alle Hawaii per fare surf con la mia famiglia e sono finito in uno show televisivo chiamato Baywatch.

…Mi sento come se la mia vita avesse chiuso il cerchio. Mi occupo molto della protezione dei nostri oceani e delle piccole nazioni insulari. Ho anche fondato la mia azienda idrica per eliminare le bottiglie d’acqua in plastica monouso. Si chiama Mananalu che, in hawaiano, sta per Suck It Dasani (Dasani è un marchio di bottiglia d’acqua di proprietà della Coca-Cola lanciato nel 1999, dopo il successo di Aquafina, acqua prodotta dalla PepsiCo che usa bottiglie di plastica monouso, ndr). Questa parola significa davvero molto per me. Dico sul serio. Salveremo le balene, le barriere coralline e gli SpongeBob perché Jason Momoa ama la vita.”

Tutto quello che c’è da sapere su Aquaman e il Regno Perduto

Non essendo riuscito a sconfiggere Aquaman la prima volta, Black Manta, ancora spinto dal bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti a nulla pur di sconfiggere Aquaman una volta per tutte. Questa volta Black Manta è più formidabile che mai, poiché brandisce il potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e malvagia. Per sconfiggerlo, Aquaman si rivolgerà al fratello Orm, l’ex re di Atlantide e imprigionato alla fine del primo film, per stringere un’improbabile alleanza. Insieme, dovranno mettere da parte le loro differenze per proteggere il loro regno e salvare la famiglia di Aquaman e il mondo dalla distruzione irreversibile.

Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il Regno Perduto, sequel del film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. In questo seguito, diretto ancora una volta da James Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno anche Patrick Wilson nei panni di Ocean Master, Amber Heard, nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta, che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film. David Leslie Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente di Wanscriverà la sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter Safran saranno co-produttori. Il film arriverà al cinema il 20 dicembre.

The Marvels: le scene tagliate confermavano la relazione romantica tra Carol e [SPOILER]

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Sono state riportate da Can We Get Some Toast quelle che dovrebbero essere le scene tagliate da The Marvels che non sono arrivate nel montaggio finale del film. Alcuni di questi momenti non sembrano apportare grandi cambiamenti alla storia, ma uno in particolare balza all’attenzione, ovvero la conferma che in un momento imprecisato fuori dallo schermo, Carol e Valchiria erano una coppia.

Ecco di seguito i dettagli:

Elementi della trama che sono stati tagliati da The Marvels:

• Kamala non è riuscita a togliersi il braccialetto ed è stata imprigionata/torturata da Dar-Benn.

Captain Marvel e Valkyrie erano esplicitamente insieme in passato (citazione tagliata: “lavoriamo meglio come amici”) ma la Disney è dei codardi.

• Il principe Yan avrebbe dovuto regalare a ciascuna dei Marvels un nuovo costume, subito prima di radunare il suo esercito. All’inizio Monica aveva le sue ali del fumetto, ma era troppo per lei, quindi se le strappa via.

• La nuova tuta di Kamala originariamente si era trasformata in una tuta spaziale, che sarebbe stata utilizzata per unirsi a Carol e Monica per chiudere INSIEME lo strappo nello spazio-tempo.

Gli elementi tagliati non avrebbero fatto grande differenza, tuttavia sarebbe stato interessante uno sviluppo del genere per il grande pubblico.

The Marvels, leggi la nostra recensione

The Marvels, il sequel con protagonista il premio Oscar Brie Larson, sarà sceneggiato da Megan McDonnell, sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision. Sfortunatamente, Anna Boden e Ryan Fleck, registi del primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel, infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista di Candyman. Nel cast ci saranno anche Iman Vellani (Ms. Marvel) e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe Ashton, invece, interpreterà il villain principale. Il film è in sala dall’ 8 novembre 2023.

Saltburn: il ballo nudo di Barry Keoghan ha richiesto 11 riprese

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Saltburn: il ballo nudo di Barry Keoghan ha richiesto 11 riprese

C’è una scena molto importante in Saltburn di Emerald Fennell, che vede protagonista Barry Keoghan ballare nudo nella tenuta in cui è ambientato il film sulle note di Murder on the Dancefloor

La regista, commentando la scena, ha dichiarato: “Tutto è diabolico, ma è esilarante. È post-coitale, euforico, solitario ed è folle.”

Il direttore della fotografia Linus Sandgren ha detto che la scena parla di Oliver che si sente come se fosse il proprietario del posto. Per riuscire a catturare questa intenzione, Fennell ha effettuato 11 riprese prima di ottenere la ripresa giusta da Keoghan. “Erano tutti molto belli”, ha detto. “È una scena piuttosto complicata e tecnica. La maggior parte delle volte era immensamente paziente perché c’erano molti momenti di nudo. La ripresa n. 7 era tecnicamente perfetta. Potevi sentire la soddisfazione di tutti, ma ho dovuto dire “scusa rifacciamola” perché mancava qualunque cosa avesse reso Oliver quel coacervo di disordine molto poco umano. Quindi, abbiamo dovuto farlo altre quattro volte.”

Parlando alla première del film, Barry Keoghan ha scherzato: “Penso che siamo riusciti ad ottenere la ripresa giusta al quarto take, ma la gente voleva solo continuare a vedermi ballare”.

Saltburn, recensione del film di Emerald Fennell

Scritto e diretto da Emerald Fennell Prodotto da Emerald Fennell, Margot Robbie, Josey McNamara con Barry Keoghan, Jacob Elordi, Rosamund Pike, Richard E. Grant, Alison Oliver, Archie Madekwe e Carey Mulligan.

La regista e sceneggiatrice premio Oscar Emerald Fennell (Una donna promettente) ci regala una storia di privilegio e desiderio splendidamente perfida. Mentre tenta faticosamente di trovare il suo posto all’Università di Oxford, lo studente Oliver Quick (Barry Keoghan) viene attratto nel mondo dell’affascinante e aristocratico Felix Catton (Jacob Elordi), che lo invita a Saltburn, l’eccentrica tenuta di famiglia, per un’estate indimenticabile.

Creed 4 è in lavorazione, Michael B. Jordan tornerà a dirigere

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Creed 4 è in lavorazione, Michael B. Jordan tornerà a dirigere

Un quarto Creed è in fase di sviluppo con Michael B. Jordan che tornerà a dirigere il franchise. Ad annunciarlo è il produttore Irwin Winkler.

Jordan ha esordito alla regia con Creed 3, in cui ha interpretato ancora una volta il campione dei pesi massimi Adonis Creed, protagonista della serie di film spin-off Rocky. Il terzo episodio, presentato in anteprima nelle sale a marzo di quest’anno, ha performato molto bene il botteghino con il suo weekend di debutto da 58 milioni di dollari, una somma da record per il franchise di boxe.

Jordan è apparso per la prima volta nei panni di Adonis in Creed del 2015, seguito dal sequel del 2018 e dal trequel del 2023. Sylvester Stallone ha ripreso il ruolo di Rocky Balboa nei primi due episodi di questo nuovo franchise, diventando mentore di Adonis, il figlio del suo ex rivale Apollo Creed (Carl Weathers). Creed 3 è il primo capitolo della lunga serie senza Stallone.

A marzo, Variety aveva riferito che Jordan e Amazon erano in trattative per un universo cinematografico e televisivo che espandesse il mondo della boxe. Sebbene i dettagli siano ancora scarsi riguardo ai progetti in discussione, fonti hanno affermato che erano in corso conversazioni per esplorare le possibilità di capitalizzare il successo del franchise cinematografico della MGM su Prime Video, in seguito all’acquisizione della MGM da parte di Amazon.

“Stiamo progettando di realizzare ‘Creed 4’ proprio ora – è in lavorazione – e pensiamo di avere una storia davvero bella, una trama davvero buona”, ha detto Winkler, aggiungendo che i piani sono stati ritardati “a causa dello sciopero, come tutti gli altri” ma “probabilmente tra un anno andremo in pre-produzione”.

Best. Christmas. Ever!: recensione del nuovo film Netflix

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Best. Christmas. Ever!: recensione del nuovo film Netflix

Nonostante le temperature siano ancora alte, il Natale si avvicina sempre di più! Questa stagione dell’anno porta con sé un grande sentimento di gioia ed allegria, spesso protagonista di gran parte delle pellicole a tema natalizio. Netflix apre allora il periodo con la commedia Best. Christmas. Ever! Il film, diretto da Mary Lambert (The blacklist) è caratterizzato inoltre da un cast di figure già abbastanza note nel panorama cinematografico, specialmente nel genere comico. Heather Graham (Terapia d’urto, Una notte da leoni) interpreta la protagonista Charlotte, mentre Jason Biggs (American Pie, La ragazza del mio migliore amico) qui è nei panni di Rob, marito di Charlotte.

Best. Christmas. Ever!: un Natale diverso dal solito

Charlotte ha una famiglia normale: un marito amorevole, una casa e due bambini che semplicemente si comportano da bambini. Ogni anno, nel ricevere la cartolina di Natale dalla sua ex amica del college Jackie sente però l’invidia e l’insoddisfazione montare dentro di lei. Mentre Charlotte deve preoccuparsi della vita di tutti i giorni, l’esistenza di Jackie e della sua famiglia sembra essere perfetta: ha dato vita ad una fiorente società, il marito è un maestro di Karate, la loro figlia Beatrix è la più giovane alunna di Harvard e suo fratello svolge delle missioni umanitarie in Africa. Charlotte non riesce a credere realmente a queste cartoline, fin quando lei con tutta la sua famiglia arrivano, con un inganno da parte del loro figlio Grant, ad essere ospiti a casa di Jackie per Natale. In casa della sua “rivale”, Charlotte cercherà di scoprire i segreti che si celano dietro la facciata di perfezione, ma la verità sarà tristemente oltre quello che immagina.

Il significato dietro la commedia

All’occhio di uno spettatore distratto, Best. Christmas. Ever! potrebbe sembrare una normale commedia di Natale, ma in realtà raccoglie dentro di se degli spunti di riflessione molto interessanti oltreché attuali. Si parte, come prima importante tematica, nel paragone che di sé si fa con gli altri: Charlotte non riesce ad essere pienamente soddisfatta della propria vita perché la paragona continuamente con quella di Jackie. Questa sorta di competizione influisce molto sulla società attuale, specialmente attraverso i social: qui si tende a mostrare sempre il meglio di se, e si potrebbe finire per scambiare una visione parziale come la vita perfetta degli altri.

Il problema del paragone con gli altri non riguarda neanche solamente le questioni prettamente economiche, come viene presentato nel film, ma anche l’aspirazione a specifici canoni fisici o ad una continua corsa per il raggiungimento dei grandi traguardi della vita, come la laurea. Per dirla in maniera filosofica, ognuno intraprende un percorso di vita unico, e quindi impossibile da comparare con le altre persone. Charlotte finisce per rendersi conto di come la sua vita sia stata comunque piena di gioia e di persone amate, una vita degna di essere protetta da paragoni ed inutili insoddisfazioni.

Best. Christmas. Ever Brandy Norwood Heather Graham
Brandy Norwood nel ruolo di Jackie, Madison Validum nel ruolo di Beatrix, Heather Graham nel ruolo di Charlotte in Best. Christmas. Ever! Cr. Scott Everett White/Netflix © 2023.

Best. Christmas. Ever!: non è tutto oro quel che luccica

Un altro tema interessante di Best. Christmas. Ever! è la differenza tra apparenza e realtà. Jackie mostra nelle sue cartoline di Natale una famiglia che sembra essere perfetta, camuffando parte della realtà. Talvolta si tende a mostrare solamente gli aspetti positivi al mondo, che si tratti di una cartolina o di alcune storie sui social. Ma la vita non è solo quella: come è giusto che sia, tutte le persone vivono dei momenti più tristi, dolorosi, che preferiscono non rendere pubblici. Di conseguenza uno spettatore esterno, come in questo caso è Charlotte, non riesce subito a vedere la dolorosa realtà che si nasconde dietro ai canti e ai sorrisi.

Un finale affrettato

Nonostante questi sempre validi e profondi spunti di riflessione, la pellicola resta comunque molto leggera. La breve durata (appena 1 ora e un quarto circa) permette al pubblico di seguire il film con interesse, anche se magari sarebbe stato preferibile un finale più pacato ed approfondito. La conclusione sembra invece essere quasi frettolosa: ciò si sarebbe potuto semplicemente evitare allungando anche di 15 o 20 minuti la durata totale della commedia. La presenza di attori già avvezzi a ruoli comici permette però alla pellicola di risultare in ogni caso divertente, senza scadere nel demenziale.

Ad ogni modo, Best. Christmas. Ever! sembra essere un film perfetto da vedere, anche in famiglia, durante le vacanze, proprio per recuperare un po’ di sano spirito natalizio anche alla luce delle tematiche proposte da questa pellicola.

MCU: le 10 migliori uscite di scena dei personaggi dell’universo Marvel

Il MCU ha dato ai fan l’impressione che i suoi personaggi così eroici fossero destinati a durare per sempre, ma il leggendario franchise è ormai attivo da un bel po’ di tempo ed è stato necessario concludere gli archi di alcuni personaggi. In alcuni casi, i percorsi dei personaggi sono stati così convincenti da far ritenere giusto che sia giunto il momento salutarli. Tra chi ha avuto una morte eroica, e chi ha abbandonato la tuta da supereroe per andare in pensione, il MCU ha garantito nel corso degli anni dei finali strappalacrime per alcune delle sue icone più popolari. In oltre 30 film del Marvel Cinematic Universe, molti viaggi finali degli eroi sono stati ritenuti memorabili e sono ancora impressi nel cuore e nella mente del pubblico: li analizziamo insieme in questo articolo.

Groot dice finalmente qualcosa di diverso

Tra l’eclettico cast dell’action-comedy space opera di James Gunn, Guardiani della Galassia, Groot si è subito imposto all’attenzione del pubblico come mascotte accattivante e centro morale della squadra, nonostante il suo vocabolario limitato. Nonostante questa sua apparente difficoltà nel comunicare, il doppiaggio convincente di Vin Diesel ha conferito una quantità sorprendente di emozioni al personaggio, rendendo il suo sacrificio verso la fine del film ancora più straziante. “Noi siamo Groot” è diventata una delle citazioni più degne di nota del MCU, anche solo per aver introdotto due nuove parole nel lessico dell’alberello che cammina.

La nobile morte di Groot ha lasciato un’ottima impressione sui fan e sugli stessi Guardiani, che si sono stretti attorno a lui come squadra e famiglia ritrovata. Fortunatamente, la rinascita di Groot come alberello non lo ha tenuto fuori dall’azione per molto tempo, anche se questo ha in qualche modo sminuito la gravità del suo atto eroico – cosa poi attenuata dalla conferma che il secondo Groot era un nuovo personaggio, nato dal sacrificio della prima iterazione. In ogni caso, è bene tenere a mente che Groot potrebbe ancora apparire insieme a Rocket Raccoon come uno dei pochi Guardiani della Galassia fondatori che sono rimasti con la squadra entro la fine di Guardiani della Galassia vol. 3.

Vedova Nera si sacrifica per la Pietra dell’Anima

Membro originale dei Vendicatori, Vedova Nera è stata purtroppo relegata a personaggio di supporto per gran parte del suo tempo sullo schermo. Sia che assistesse Steve Rogers in Captain America: The Winter Soldier o a supporto di Tony in Iron Man 2, la morte di Natasha Romanoff ha segnato il suo vero momento di maggior splendore in Avengers: Endgame. Quando si è trattato di raccogliere tutte le Gemme dell’Infinito, Vedova Nera ha superato Occhio di Falco nell’essere colei che ha pagato il prezzo più alto per riportare in vita metà dell’universo.

Ciò che ha reso la morte di Vedova Nera così tragica è stato quanto fosse stata parte integrante di tutti gli altri Vendicatori, essendo amica intima di Occhio di Falco, amante di Bruce Banner e collega fidata di molti altri. In definitiva, la sua fine è stata in qualche modo offuscata dalla mancanza di opportunità di essere la star dello spettacolo fino al suo film prequel post-mortem, Black Widow. Tuttavia, la fine della storia di Natasha Romanoff è stata un momento straziante che il MCU non dimenticherà presto.

Scarlet Witch sceglie di concludere la sua storia da eroina

Elizabeth Olsen Scarlet WitchTra tutti i membri degli Avengers, forse nessun personaggio ha avuto un percorso così tumultuoso come Scarlet Witch. Passando da cattiva a eroina e viceversa, la storia di Wanda Maximoff è stata segnata dalla perdita, prima del fratello Quicksilver e poi del suo compagno, Visione. Questo lutto ha definito la sua carriera di villain, facendole rivoltare le spalle contro un multiverso che le aveva tolto molto.

Per questo motivo, il suo ultimo atto ha segnato una scelta di cuore decisamente eroica, che l’ha riscattata nella morte, quando ha fatto crollare il Monte Wungadore sopra di sé, distruggendo tutte le copie dell’insidioso Darkhold insieme a se stessa. Sebbene Wanda avesse molto da espiare, questo atto finale è stato un buon modo per chiudere il suo arco pieno di turbolenze all’interno del MCU. Anche se ci sono state speculazioni sul fatto che un personaggio così potente potesse essere ucciso così facilmente, il MCU ha confermato la morte di Scarlet Witch.

Killmonger perseguita il Wakanda con le sue ultime parole

In un franchise che storicamente ha avuto problemi a rappresentare bene i suoi cattivi, Eric Killmonger si è distinto come nemico ferocemente carismatico e inquietantemente letale per T’Challa del Wakanda, mettendo quasi in ginocchio l’intero regno. Killmonger è stato anche uno dei pochi cattivi della Marvel ad avere argomentazioni importanti, sottolineando i difetti della decisione del Wakanda di isolarsi e accumulare la sua incredibile tecnologia. Anche se la scena del combattimento finale di Black Panther ha lasciato molto a desiderare, le ultime parole di Killmonger hanno reso tale momento “ossessionante”.

Nonostante si opponesse ai suoi metodi malvagi, Black Panther ha sempre mostrato un certo livello di rispetto per Killmonger, che utilizzava le leggi e i riti di comando preesistenti del Wakanda per prendere il potere. Portando Killmonger sanguinante su una scogliera per vedere il tramonto africano per l’ultima volta, Eric chiede a T’Challa di seppellirlo nell’oceano con i suoi antenati, che scelsero di annegare piuttosto che sottomettersi. Questa potente battuta è rimasta impressa nella mente del pubblico, rendendo ancora più dolce l’ultima apparizione di Killmonger nel viaggio di Shuri verso il Piano Ancestrale.

L’Antico fa pace con la morte

Tilda Swinton l'anticoTra le nterpretazioni più sottovalutate di tutto il MCU, il breve periodo di Tilda Swinton nei panni dell’Antico ha portato una grazia e un’eleganza ultraterrene al mistico mentore di Stephen Strange. È stata l’ultimo chiodo nella bara che ha mandato in frantumi la visione del mondo dell’arrogante chirurgo; il suo spostamento dello spirito di Strange nel regno astrale per un viaggio surreale attraverso il cosmo del MCU è diventato un classico meme Marvel con protagonista il Dottor Strange. Ma la scena più memorabile rimane la sua morte per mano di Kaecilius.

Dissanguato rapidamente, l’Antico abbandona la sua forma fisica e ammira il panorama dall’ospedale insieme a Stephen. Il suo bellissimo monologo riflette sulla sua paura della morte anche dopo secoli di vita, lasciandosi lentamente andare mentre fuori si accumula la neve appena caduta. Facendo un’ultima apparizione in un flashback durante la battaglia di New York in Avengers: Endgame, l’Antico è uno dei pochi personaggi a riconoscere che i Vendicatori sono fuori dal tempo, il che la rende ancora più cool dopo la sua morte.

Zia May dà finalmente la sua “classica lezione” a Peter Parker

MCU Zia MayQuando il MCU si è finalmente deciso a introdurre Spider-Man in modo adeguato, la critica ha lodato i film sul supereroe per non aver sposato troppo elementi del personaggio che erano già stati fatti a pezzi. Questo include una serie di elementi che sono stati modificati, tra cui l’assenza dello zio Ben e la presenza di una zia May significativamente più giovane di quella che viene convenzionalmente rappresentata. La versione più giovane del personaggio è stata una boccata d’aria fresca, che le ha permesso di avere un ruolo più attivo nella vita di Peter.

Zia May raggiuge il punto più alto del suo arco in Spider-Man: No Way Home. Sostenendo Peter dopo la rivelazione della sua identità segreta, zia May fa di tutto per proteggerlo, pagando il prezzo più alto dopo essere stata presa di mira da Green Goblin. Aspettare questo momento strappalacrime per dare finalmente all’Uomo Ragno la sua battuta classica – “Da un grande potere derivano grandi responsabilità” – ha dato alla battuta un impatto maggiore che mai. Così, una delle morti più tristi del MCU è diventata anche una delle più d’impatto con la fine della storia di Zia May.

Yondu si sacrifica per Star-Lord

Yondu Guardiani della Galassia MarvelYondu è un personaggio poco ortodosso per quanto riguarda le figure paterne. Rapendo Peter Quill in giovane età e terrorizzandolo, non è stato esattamente un modello di influenza per il ragazzo in crescita, approfittando della sua piccola taglia per rubare in spazi ristretti e bloccando i suoi tentativi di festeggiare il Natale. Ma la morte di Yondu è stata così significativa per stabilire quanto alla fine tenesse davvero a Star-Lord, amandolo abbastanza da sacrificare la propria vita.

Considerando quanto sia stata d’impatto la fine di Yondu, è sorprendente pensare che Guardiani della Galassia Vol. 2 volesse in origine far morire prima Gamora. Fortunatamente, questa idea è stata messa in secondo piano, dato che il sacrificio di Gamora era necessario per Avengers: Infinity War. Ciò significa che Yondu ha avuto un addio adeguato che ha riconosciuto il suo amore definitivo per Peter, disposto a mettere da parte il suo tipico egoismo con la battuta: “Sarà anche stato tuo padre, ragazzo, ma non era il tuo papà“.

La morte di Iron Man segna un riposo a lungo meritato

Robert Downey Jr Iron Man in Avengers-EndgameL’epilogo e la conclusione di Avengers: Endgame è stato il culmine di anni di sviluppo del MCU e la morte dei personaggi principali era attesa anche dai fan più ottimisti. Dopo essere stato devastato dalle forze cosmiche delle Gemme dell’Infinito, Tony Stark si sacrifica per porre fine alla minaccia di Thanos una volta per tutte. Dalle sue umili origini di appaltatore di armi amorale, costretto a costruire un’armatura in una caverna con una scatola di rottami, l’uccisione di una minaccia universale è stata una nota di merito per l’eredità di Iron Man.

L’aspetto significativo della morte di Tony è che ha rappresentato la chiusura di un capitolo non solo della vita di un personaggio Marvel, ma anche della pietra miliare raggiunta da Robert Downey Jr. con la sua interpretazione. Quando Pepper Potts dice a Tony che può finalmente riposare, si fa quasi portavoce dei fan di lunga data e dello stesso MCU, dicendo direttamente a Robert Downey Jr. che ha dato più che abbastanza allo storico franchise, permettendogli finalmente di essere in pace. È difficile immaginare una fine più appropriata per l’eredità di Iron Man di quella che Avengers: Endgame.

Capitan America prova finalmente un po’ di quella “vita” che Tony gli ha detto di godersi

Captain America MCU EndgameSebbene l’Iron Man di Robert Downey Jr. abbia gettato le fondamenta del MCU, Chris Evans nel ruolo di Capitan America lo ha seguito da vicino come personaggio di punta che ha tenuto insieme il franchise per molto tempo. Leader de-facto dei Vendicatori e ispirazione personale per molti personaggi dell’universo, l’innegabile fascino di Capitan America e la sua incrollabile dedizione alla giustizia meritavano un lieto fine, considerando tutto ciò che aveva subito. In Avengers: Endgame, ha ottenuto proprio questo, la chiusura pacifica del suo personaggio davvero meritata.

Dopo essere stato rimandato indietro per riportare le Gemme dell’Infinito al loro giusto posto nella linea temporale, Steve Rogers sceglie di non tornare ai giorni nostri, cogliendo l’opportunità di costruirsi finalmente una vita con colei che gli è sfuggita, Peggy Carter. Per tutto il bene che Steve Rogers ha fatto nel presente, il suo personaggio è sempre stato perseguitato dalla vita che gli è stata rubata, un uomo fuori dal tempo. Il suo viaggio nel tempo gli ha dato la possibilità di vivere finalmente la vita che desiderava veramente, un lieto fine commovente per il Marvel Cinematic Universe.

The Crown Stagione 6 Prima Parte: Dodi e Diana, quali sono le differenze con la storia vera?

The Crown Stagione 6 Prima Parte racconta il periodo di otto settimane che precedono la morte di Lady Diana, focalizzandosi, ovviamente, sulla sua relazione con Dodi al Fayed, l’imprenditore egiziano che rimase vittima, insieme alla Principessa, nell’incidente d’auto che le costò la vita.

La serie procede per tappe, raccontando l’avvicinamento dei due voluto dal padre di lui, Mohamed, le vacanze, le fighe romantiche, Parigi, la foto scattata da Mario Brenna, i timori di Palazzo, i paparazzi, infine la serata della fine. Ma come sono andate davvero le cose? La serie, ovviamente, ricostruisce molti dei momenti privati, dei quali non sappiamo molto, ma di seguito ecco alcune differenze e analogia della storia vera con ciò che racconta The Crown Stagione 6 Prima Parte.

Il primo incontro

The Crown 6Sembra che il primo incontro tra Diana e Dodi sia avvenuto nel 1986, nel corso di una partita di polo al Castello di Windsor, dove l’imprenditore egiziano giocava contro il Principe del Galles. Si ritiene che qui, i due, si scambiarono un saluto e qualche parola, anche se non ci sono testimonianze fotografiche di questo primo contatto.

Il divorzio da Carlo

The Crown 4Nel 1986 Carlo e Diana cominciano a non fare più mistero delle difficoltà del loro matrimonio. Entrambi i coniugi reali avevano relazioni extraconiugali: Carlo era legato a Camilla Parker Bowles, forse suo unico e vero amore, che lo accompagnava da ben prima che si sposasse con Diana; la Principessa aveva invece una relazione con l’ufficiale militare britannico James Hewitt, durata cinque anni. Bisogna arrivare al 1992 per avere l’annuncio ufficiale della separazione tra Principe e Principessa di Galles, per bocca del Primo Ministro britannico John Major. Sebbene il divorzio non venga finalizzato fino al 1996, la copertura mediatica dell’evento è massiccia e capillare. 

Dodi, Hollywood, il cinema, le attrici

Daniel Escale © Netflix / LeftBank

Anche Dodi aveva avuto dei problemi sentimentali. Sposatosi con la modella americana Susanne Gregard, aveva divorziato da lei dopo soli otto mesi. In compenso, però, la sua carriera di produttore cinematografico procedeva spedita e stava sbocciando, tanto che alla sua produzione si devono film quali Momenti di Gloria, per il quale vinse addirittura il Premio Oscar, è Hook – Capitan Uncino, dal genio di Steven Spielberg. Si dice che Dodi ebbe moltissimi flirt con donne famose, tra cui anche Julia Roberts e Winona Ryder.

Mohammed Al-Fayed, l’imprenditore

Ma se Dodi era apparentemente un simpatico viveur, suo padre, Mohammed Al-Fayed, aveva dei progetti ben più solidi e di lunga durata. Sembra che nella metà degli anni ’90 cominciò ad entrare sempre di più nella vita della Principessa Diana, i due si incontravano spesso in occasioni pubbliche. Il direttore degli affari pubblici di Harrods considerava l’ex altezza reale un’amica e il loro rapporto era sempre più intimo. 

Gli incontri a St Tropez

The Crown Elizabeth Debicki
Elizabeth Debicki nella prima parte di The Crown 6

Dopo oltre dieci anni di conoscenza, Mohammed Al-Fayed invita Diana sul suo yatch, per un periodo di vacanza. Era il luglio 1997.In compagnia dei figli, Diana trascorre delle settimane a bordo della famosa imbarcazione Jonikal. All’epoca Dodi era fidanzato con la modella americana Kelly Fisher, che fece poi causa all’uomo per la rottura del fidanzamento. Chiaramente, a seguito della piega tragica degli eventi, ritirò la denuncia. In quelle settimane si dice che sia nata una simpatia tra Diana e Dodi. 

La storia continua

Daniel Escale © Netflix / LeftBank

Ad agosto, William e Henry lasciano la madre per trascorrere un periodo con il padre, in Scozia. A questo periodo risalgono le foto di Mario Brenna, il paparazzo italiano che immortala i neo amanti sullo yatch al largo delle coste della Sardegna. Le foto fanno il giro del mondo e catalizzano l’attenzione dei paparazzi su Diana e sulla sua nuova storia d’amore. Alcuni ritengono addirittura essere arrivata una proposta di matrimonio. Le voci sono alimentate dal padre di Fayed. Il maggiordomo di Diana ha poi negato l’ipotesi.

La notte di Parigi

Daniel Escale © Netflix / LeftBank

Alla fine di agosto, i due fanno tappa a Parigi. Cenano al Ritz, di proprietà della famiglia Fayed. Poi, accompagnati dalla guardia del corpo Trevor Rees-Jones e dall’autista Henri Paul, lasciano la struttura. Si pensa che l’autista fosse brillo, tuttavia, nel tentativo di seminare i paparazzi che la inseguivano, l’automobile che trasporta i quattro si schianta sotto il Ponte de l’Alma, a Parigi. Fayed e Paul furono dichiarati morti sul colpo, mentre Diana morirà poi in ospedale. L’unico sopravvissuto all’incidente è Jones.

Conseguenze

Imelda-Staunton-The-CrownIl fatto che i due neo-amanti siano morti insieme, ha generato una romanticizzazione della loro relazione che ancora oggi dura. Dodi viene considerato il grande amore di Diana e i due sono legati per sempre dalla loro fine tragica. La loro morte ha generato una commozione senza precedenti in tutto il mondo. Addirittura il padre di Dodi ha fatto erigere nel suo grande magazzino Harrods una statua che li raffigura, intitolata Innocent Victims. In realtà nessuno sa quanto potesse essere profondo il legame trai due, tuttavia si trattava comunque di una storia all’inizio, che non è detto sarebbe poi continuata dopo l’estate, così come sceglie di raccontare The Crown. Oltre 31 milioni di persone nel Regno Unito hanno seguito la diretta del funerale di Stato di Diana e il suo mito perdura ancora oggi, mentre non si può dire lo stesso per Dodi.

Serenity – L’isola dell’inganno: trama, cast e curiosità sul film

Acclamato sceneggiatore di film come La promessa dell’assassino e Locke (di cui è stato anche regista), Steven Knight ha sempre dichiarato di nutrire un profondo amore per i noir degli anni Quaranta e Ottanta, dove la tensione per complessi intrighi si mescola ad una sessualità conturbante. Dal desiderio di cimentarsi con una storia simile nasce nel 2019 Serenity – L’isola dell’inganno (qui la recensione), film ambizioso all’interno del quale si mescolano molteplici generi in un crescendo di intrecci e sorprese. A rendere ancor più interessante il lungometraggio vi è la presenza di due attori del calibro di Matthew McConaughey e Anne Hathaway.

Nonostante queste premesse, il film non ha ottenuto buoni consensi durante le proiezioni di prova, portando i produttori ad abbassare drasticamente i toni della campagna pubblicitaria. Di conseguenza, il film è passato quasi inosservato, raccogliendo per lo più critiche negative ed un totale di appena 14 milioni di dollari. Ad aver tradito Knight, in particolare, è stato l’aver fatto confluire nel film numerosi elementi che non hanno poi trovato una giusto equilibrio tra loro. Nonostante ciò, per i fan dei thriller contenenti elementi come la sessualità, i complotti e i finali con forti colpi di scena, Serenity è un film da riscoprire.

Pur con i suoi difetti, il film di Knight può infatti affermarsi come un guilty pleasure da cui poter ottenere alcuni momenti di particolare fascino e altri divenuti involontariamente iconici. Se si è in cerca di una visione bizzarra, questo è il film giusto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori alle location e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Serenity – L’isola dell’inganno: la trama del film

Il film racconta la misteriosa storia del capitano Baker Dill. Egli si è lasciato alle spalle il passato e il nome di John Mason, trasferendosi in una bellissima isola tropicale e iniziando una nuova vita. La sua tranquilla esistenza viene però nuovamente sconvolta quando ricompare la sua ex moglie Karen Zariakas. Mai realmente dimenticata, questa si presenta con una terribile richiesta d’aiuto: uccidere il suo violento e sadico marito Frank Zariakas. Diviso tra il desiderio di essere lasciato in pace e l’amore che ancora nutre per la donna, il capitano Dill dovrà fare i conti con attrazioni e segreti sepolti da tempo. Allo stesso tempo, c’è verità tutta da scoprire e quanto mai inaspettata.

Serenity – L’isola dell’inganno: il cast e le location del film

Come anticipato, nel ruolo del protagonista, il capitano Baker Dill, vi è l’attore premio Oscar Matthew McConaughey, mentre Anne Hathaway è la sua ex moglie Karen Zariakas. I due attori tornano qui a recitare insieme dopo aver condiviso il set di Interstellar. La Hathaway, in particolare, ha accettato il ruolo poiché affascinata dalla maschera che il suo personaggio sfoggia in base allo sguardo maschile di turno. Allo stesso tempo, il fatto che non le vengano proposti frequentemente ruoli tanto controversi è stato un altro motivo per accettare. Accanto a loro, nei panni del nuovo marito di Karen, vi è l’attore Jason Clarke, noto per film come Il primo uomo e Il grande Gatsby. Diane Lane è Constance, mentre Djimon Hounsou è Duke.

L’intero film è ambientato su di un’isola caraibica immaginaria chiamata Plymouth, la quale viene descritta come situata da qualche parte a sud della Florida. Le riprese del film, però, si sono svolte alle Mauritius, collocate nell’Oceanno Pacifico a ovest del Madagascar. Tale differenza geografica ha portato la troupe a dover ricostruire buona parte degli ambienti, al fine di farli assomigliare maggiormente a quelli delle località tipiche dei Caraibi. Le Mauritius sono in particolare state scelte per via della loro atmosfera esotica e per la componente di mistero che determinati ambienti naturali riuscivano a conferire al racconto.

Serenity - L'isola dell'inganno film

Serenity – L’isola dell’inganno: la spiegazione, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Giunti al finale del film, si rimane particolarmente spiazzati da ciò che avviene. Nel momento in cui l’omicidio alla base della storia è compiuto, l’isola dove si svolgono gli eventi e i suoi protagonisti si rivelano essere parte di un videogioco ideato da Patrick, il figlio di John Mason. Quest’ultimo era un soldato di guerra morto anni prima in Iraq e tramite il videogioco il ragazzino tenta di elaborare il lutto per quella perdita. Allo stesso tempo, testa l’omicidio che poi realmente concretizzerà del nuovo violento compagno della madre. Tutto ciò può sembrare un colpo di scena estremamente forzato, ma Knight dissemina nel corso del film alcuni indizi significativi, che se colti potrebbero anticipare tale risvolto.

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Serenity – L’isola dell’inganno è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten Tv, Chili, Google Play, Apple TV, Now e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 18 novembre alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb

Loki: il finale della serie influenzerà Deadpool 3 e Avengers 5?

Loki: il finale della serie influenzerà Deadpool 3 e Avengers 5?

Gli ultimi istanti della seconda stagione di Loki (qui la recensione) potrebbero aver impostato alcune importanti trame per i prossimi Deadpool 3 e Avengers: The Kang Dynasty. Distribuita nell’ambito della Fase 5 dell’MCU, la seconda stagione di Loki ha visto il Dio dell’inganno (Tom Hiddleston) prendere in mano la situazione, raccogliendo le ramificazioni temporali del multiverso e riunendole per formare Yggdrasil, l’albero dei mondi della mitologia norrena. Invece di tagliare le linee temporali, la TVA è stata trasformata in un’organizzazione per la protezione delle infinite realtà del multiverso, il che fa pensare a un coinvolgimento importante di essa in diversi progetti futuri del MCU.

Come il finale di Loki 2 prepara la TVA per Deadpool 3

Il fatto che la Time Variance Authority sia stata trasformata in un’organizzazione dedicata al monitoraggio e alla protezione delle varie linee temporali del multiverso significa che i suoi dipendenti potrebbero apparire in diversi progetti della Saga del Multiverso. In particolare, si prevede che Deadpool 3 del 2024 tratterà un’importante storia multiversale, poiché  Wade Wilson (Ryan Reynolds), alias Deadpool, passerà dall’universo degli X-Men della Fox al MCU vero e proprio, quindi è possibile che la TVA appaia durante tale film. Presumibilmente, infatti, ha ora giurisdizione su tutti i franchise cinematografici Marvel, compresi i film precedenti della Fox, quindi potrebbe essere già a conoscenza delle azioni di Deadpool.

La TVA apparirà in Deadpool 3?

Non è tuttavia ancora stata confermata dai Marvel Studios l’effettiva apparizione della TVA in Deadpool 3, ma con la ripresa della produzione del progetto dopo gli scioperi della WGA e della SAG-AFTRA, è possibile che il coinvolgimento della TVA venga svelato presto. Anche se non c’è stata alcuna conferma ufficiale, inoltre, si è fatto il nome di Mobius (Owen Wilson), – personaggio della serie Loki – come possibile membro del cast di Deadpool 3, dove potrebbe entrare in contatto con Deadpool e Wolverine (Hugh Jackman) nella loro avventura multiversale, idealmente rappresentando proprio la TVA.

Come il finale di Loki 2 prepara i villain di Avengers 5

Oltre a definire potenziali storyline per Deadpool 3, il finale della seconda stagione di Loki ha in un certo senso anche posto le basi per Avengers: The Kang Dynasty. La missione di Kang di distruggere intere linee temporali è contraria a ciò che la TVA sta cercando di realizzare, quindi Kang e le sue varianti sono già sul radar della TVA. Questo è stato dimostrato durante uno scambio tra Mobius e B-15 dove parlano di un file riguardante le varianti di Colui che Rimane, facendo anche riferimento agli eventi di Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Mobius ha notato che una variante di Kang ha causato il caos nel “regno adiacente al 616”, che presumibilmente si riferisce al Regno Quantico che Kang il Conquistatore ha trasformato nel suo impero in Quantumania. La caccia alle ulteriori varianti di Kang potrebbe dunque essere alla base del quinto film dedicato agli Avengers.

Loki e la TVA appariranno in Avengers 5?

Attualmente non si sa molto sui Avengers: The Kang Dynasty, anche se la TVA sembra avere informazioni su ogni variante di Kang, compresi quelli che compongono il Consiglio dei Kang visto nella scena post-credits di Ant-Man and the Wasp: Quantumania, che potrebbero quindi entrare in rotta di collisione con la TVA. La missione è dunque ora quella di proteggere il multiverso dopo che è stato riunificato da Loki, quindi anche se Loki potrebbe non fare la sua apparizione nel futuro del MCU è probabile che, date la tante varianti di Kang in giro per il Multiverso, la TVA lo faccia e se ciò accadrà sarà molto probabilmente nel quinto Avengers.

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