La legge di Lidia
Poët (qui la recensione), la serie in
6 episodi, prodotta da Matteo Rovere con la sua
Groenlandia, e ideata da Guido Iuculano e
Davide Orsini, ha debuttato il 15 febbraio 2023 su
Netflix in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.
L’attrice Matilda De
Angelis interpreta Lidia Poët,
la prima donna in Italia ad entrare nell’Ordine degli Avvocati. La
sua storia, che si svolge nella Torino di fine 1800, la vede
opporsi ad una sentenza che la vuole estromettere dalla professione
in quanto donna. Parte da qui una complessa vicenda giudiziaria che
porterà Lidia a combattere per ciò che le spetta.
La serie rilegge dunque,
in chiave parzialmente romanzata, la storia vera di Lidia Poët,
oggi ricordata a tutti gli effetti come la prima avvocatessa
d’Italia. Una donna anticonvenzionale, che, già nel tardo
Ottocento, brilla per talento, indipendenza e personalità. La Poët
è infatti stata una donna anticonformista, che non si è mai
adeguata alle opinioni comuni, aggirando la norma e pensando fuori
dagli schemi. Una donna che si è ribellata al pensiero dominante e
al sistema preesistente, divenendo un vero e proprio inno alla
libertà.
La serie, in realtà, non è
propriamente la storia della sua vita quanto, per ammissione stessa
degli autori un procedural classico, con i suoi casi
di puntata, gli omicidi, le indagini e i colpi di scena finali. Il
racconto si discosta dunque da quella che è stata la vera attività
della Poët, andando comunque a raccontare la sua personalità forte
e facendo dunque luce su una delle figure femminili talvolta più
dimenticate ma importanti della storia italiana. Ma qual è quindi
la vera storia di Lidia Poët? Ecco di seguito tutto quello che c’è
da sapere su di lei.
Lidia Poët: la vera
storia della prima avvocatessa italiana
Nata nel 1855 a Perrero, in
provincia di Torino, Lidia si laureò in giurisprudenza nel 1881,
dopo aver discusso una tesi sulla condizione femminile nella
società e sul diritto di voto per le donne. Nei due anni seguenti
fece pratica legale a Pinerolo presso l’ufficio dell’avvocato e
senatore Cesare Bertea e assistette alle sessioni
dei tribunali. Svolto il praticantato, superò in modo brillante,
con il voto di 45/50, l’esame di abilitazione alla professione
forense e chiese l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati e
Procuratori di Torino. Il 9 agosto 1883
Lidia divenne così la prima donna ammessa all’esercizio
dell’avvocatura.
Tuttavia, la cosa durò poco. Il
procuratore generale del Regno mise in dubbio la legittimità
dell’iscrizione e impugnò la decisione ricorrendo alla Corte
d’Appello di Torino. L’11 novembre 1883 la Corte di Appello accolse
la richiesta del procuratore e ordinò la cancellazione dall’albo.
Il 28 novembre Lidia Poët presentò però un ricorso articolato alla
Corte di Cassazione che, con la sentenza del 18 aprile 1884,
confermò tuttavia la decisione della Corte d’Appello, dichiarando
che “La donna non può esercitare l’avvocatura”, e sostenendo che la
professione forense doveva essere qualificata come un “ufficio
pubblico”.
Ciò comportava una ovvia
esclusione, dato che l’ammissione delle donne agli uffici pubblici
doveva essere esplicitamente prevista dalla legge. Quando la legge
taceva, come nel caso della legge sulla avvocatura, non era
possibile interpretare il silenzio del legislatore alla stregua di
una ammissione. Lidia Poët non poté quindi esercitare a pieno
titolo la sua professione, ma collaborò con il fratello Giovanni
Enrico e divenne attiva soprattutto nella difesa dei diritti dei
minori, degli emarginati e delle donne, sostenendo anche la causa
del suffragio femminile.
La Poët dovette attendere il 1919
per poter ottenere la giustizia che cercava. In quell’anno, la
legge Sacchi, autorizzò le donne ad entrare nei pubblici uffici e
1920 l’avvocatessa poté dunque essere ammessa nuovamente, all’età
di 65 anni, nell’Ordine degli Avvocati, divenendo ufficialmente la
prima donna d’Italia ad esservi ammessa. La Poët è poi morta a
Diano Marina, in Liguria, il 25 febbraio del 1949, all’età di 94
anni. Prima di spegnersi, ebbe dunque modo di vedere riconosciuto
il diritto di voto alle donne, cosa per la quale si era battuta per
tutta la sua vita.

Lidia Poët: chi era suo marito? La
vita privata dell’avvocatessa
Per quanto riguarda la vita privata
della Poët, non si hanno molte testimonianze a riguardo. Si sa solo
che è nata in un’agiata famiglia valdese e che aveva un fratello di
nome Giovanni Enrico, titolare di uno studio
legale, con il quale la Poët avrebbe poi a lungo collaborato. Per
quanto riguarda la sfera sentimentale, le principali fonti
riportano che la donna è rimasta nubile per tutta la sua vita,
dedicandosi unicamente alla propria carriera e attività legale.
Nessun marito né figli per lei, ed è questo un altro aspetto che
differenzia la vera Poët da quella raccontata nella serie
Netflix.
In questa, infatti, la protagonista
è contesa dal giornalista Jacopo
Barberis, interpretato da Eduardo
Scarpetta, e Andrea Caracciolo,
interpretato da Dario Aita. Si tratta però di due
personaggi di finzione, ideati appositamente per favorire lo
sviluppo caratteriale ed emotivo della Poët interpretata dalla De
Angelis. La serie prevede dunque con loro una sottotrama romantica,
sempre necessaria per favorire un ulteriore coinvolgimento degli
spettatori, ma che è dunque bene individuare come puro frutto della
fantasia degli autori. Anche in ciò si ribadisce la differenza tra
la vera Poët e quella raccontata nella serie.
Fonti: enciclopediadelledonne, LidiaPoët
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