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Festa del cinema di Roma: Berenice Bejo e Michel Hazanavicius sul red per Cut! Zombi contro zombi

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E’ stato presentato alla Festa del cinema di Roma il film Cut! Zombi contro zombi, il nuovo film del regista Michel Hazanavicius che ha sfilato sul red cerpet di Roma al fiando della moglie e interprete Berenice Bejo.

Il film racconta la storia di una troupe cinematografica impegnata con le riprese di un horror a basso budget all’interno di una fabbrica abbandonata. Il gruppo, oltre alle difficoltà di gestione di cast e denaro, si ritroverà a dover fronteggiare una reale invasione di zombie, che porta confusione e terrore sul set. A causa dell’improvvisa occupazione degli spazi da parte dei non morti, la troupe faticherà a distinguere la realtà dalla finzione cinematografica…

Festa del cinema di Roma: le foto dal red carpet de La Cura

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Festa del cinema di Roma: le foto dal red carpet de La Cura

E’ stato presentato ieri alla Festa del cinema di Roma il film La cura. Sul red carpet hanno sfilato in protagonisti, il regista Francesco Patierno e gli interpreti Francesco Di Leva, Alessandro Preziosi, Francesco Mandelli, Cristina Donadio, Andrea Renzi, Antonino Iuorio, Peppe Lanzetta, Ernesto Mahieux, Giuseppe D’Ambrosio, Eliana Miglio, Maritè Musella, Giancarlo Cosentino, Francesco Biscione, Margherita Romeo, Viviana Cangiano, Francesca Romana Bergamo, Vincenzo Del Prete, Pio Del Prete, Ramon D’Andrea, Giuseppe. Ecco tutte le foto dal red carpet:

LA CURA un film di Francesco Patierno | liberamente tratto da La Peste di Albert Camus, Editions Gallimard 1947 verrà presentato in CONCORSO PROGRESSIVE CINEMA alla Festa del Cinema di Roma 2022 |una produzione RUN FILM in associazione con IN BETWEEN ART FILM prodotto da Alessandro e Andrea Cannavale con Beatrice Bulgari.

La trama del film

La storia della Peste di Albert Camus, ambientata originariamente in Algeria nel 1947, si sposta nella Napoli dei nostri tempi. Una troupe cinematografica, durante i giorni più duri del lockdown, gira un film tratto dalla Peste di Camus. La realtà delle vite degli attori si alterna alla finzione dei personaggi che interpretano: gradualmente i due piani narrativi si uniscono. Corso Umberto, il rione Sanità, le Terme, la stazione di Mergellina, l’Hotel Oriente, la prefettura, strade, angoli, per lo più deserti: Napoli in pieno lockdown. Una città spettrale e fuori dal tempo per la rilettura contemporanea di Francesco Patierno di La peste di Albert Camus, dove i sentimenti, le paure, i conflitti del libro scivolano armoniosamente dentro il disorientamento generato dalla pandemia, e pezzi di realtà, come un uomo disperato che urla di notte per strada, riflettono il testo. Un ospedale e i suoi medici e volontari, i funzionari, i commercianti, le persone normali, tutti si mescolano con una troupe che sta girando un film sulla Peste, in una coralità drammatica asciutta e coinvolgente. Chi vuole scappare. Chi decide di restare. Ma da soli non si resiste alla paura.

M. Il figlio del secolo: Joe Wright alla regia della nuova serie Sky Original

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Sarà il pluripremiato regista di fama internazionale Joe Wright (L’ora più buia, Espiazione, Cyrano) a dirigere M. Il figlio del secolo, la nuova serie Sky Original adattamento dell’omonimo romanzo di Antonio Scurati vincitore del Premio Strega e bestseller internazionale, che racconta la nascita del fascismo in Italia e l’ascesa al potere del Duce Benito Mussolini.

Wright, che dirigerà tutti gli otto episodi della serie e batterà il primo ciak presso i Cinecittà Studios nelle prossime settimane, ha dichiarato: «Portare sullo schermo un romanzo come “M – Il figlio del secolo” è una sfida incredibile che non vedo l’ora di affrontare. Spero di riuscire a restituire le luci e le ombre di un periodo storico e di un personaggio che, nel bene e nel male, hanno definito un’intera era».

Nell’ambito della diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma, il 18 ottobre il regista inglese sarà inoltre protagonista, insieme agli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino, dell’incontro “M. La serie”.

M. Il figlio del secolo è una serie prodotta da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Pathé.

M. Il figlio del secolo, la trama

La serie ripercorrerà la storia dalla fondazione dei Fasci Italiani nel 1919 fino al famigerato discorso di Mussolini in parlamento dopo l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti nel 1925. Offrirà inoltre uno spaccato del privato di Mussolini e delle sue relazioni personali, tra cui quelle con la moglie Rachele, l’amante Margherita Sarfatti e con altre figure iconiche dell’epoca. Come il romanzo, la serie racconterà la storia di un paese che si è arreso alla dittatura e la storia di un uomo che è stato capace di rinascere molte volte dalle sue ceneri.

Scritta da Stefano Bises (Gomorra – La Serie, The New Pope, ZeroZeroZero, Speravo de morì prima) e Davide Serino (1992, 1993, Il Re, Esterno Notte), la serie racconterà gli accadimenti con accuratezza storica, con ogni evento, personaggio, dialogo e discorso storicamente documentato o testimoniato da più fonti.

M. Il figlio del secolo arriverà in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in tutti i territori Sky in Europa. La distribuzione internazionale è di Fremantle.

Pubblicato in Italia da Bompiani nel 2018, il romanzo di Antonio Scurati M. IL FIGLIO DEL SECOLO è stato tradotto ad oggi in 46 paesi, ha venduto oltre 600.000 copie. Negli Stati Uniti è edito da HarperCollins.

È il primo di una trilogia dedicata da Scurati al fascismo e a Benito Mussolini: il secondo romanzo è M. L’UOMO DELLA PROVVIDENZA, cui ha fatto seguito da qualche settimana il terzo romanzo della serie bestseller, M. GLI ULTIMI GIORNI DELL’EUROPA, che si concentra sul cruciale triennio tra il 1938 e il 1940.

BIOGRAFIA JOE WRIGHT

Il regista Joe Wright ha studiato al St. Martin’s College di Londra. Con i suoi nove lungometraggi da regista usciti ad oggi, Wright ha collezionato, tra candidature e vittorie, 35 BAFTA, 24 Academy Awards e 12 Golden Globe.

Nel 2005 debutta alla regia di un lungometraggio con ORGOGLIO & PREGIUDIZIO, con Keira Knightley, Matthew MacFadyen, Rosamund Pike e Donald Sutherland. Il film gli ha fatto vincere il Premio BAFTA come miglior regista.

ESPIAZIONE, adattamento del libro di Ian McEwan, esce nel 2007. Scritto da Christopher Hampton e interpretato da Knightley e James McAvoy, il film vince un Oscar per la migliore colonna sonora originale.

Nel 2009 esce il film IL SOLISTA, con Robert Downey Jr. e Jamie Foxx, seguito nel 2011 da HANNA, che vede protagoniste Cate Blanchett and Saoirse Ronan.

Nel settembre 2012 Wright presenta al pubblico ANNA KARENINA con Keira Knightley, Jude Law e Aaron Taylor-Johnson, che vince un BAFTA e un Oscar per i migliori costumi. Poco dopo Wright debutta nel mondo del teatro con TRELAWNY OF THE WELLS in scena al Donmar Theatre, seguito da A SEASON IN THE CONGO con Chiwetel Ejiofor, in scena al Young Vic.

Nel 2015 collabora con la Warner Bros per il lungometraggio PAN – VIAGGIO SULL’ISOLA CHE NON C’È. Il film, che vede Hugh Jackman fra i protagonisti, è una lettera d’amore agli scritti di JM Barrie e segue un giovane Peter mentre viaggia verso l’Isola che non c’è. Nel 2017 esce L’ORA PIÙ BUIA con Kristin Scott Thomas, Lily James e Gary Oldman che vince l’Oscar come miglior attore protagonista per la sua performance nei panni di Sir Winston Churchill.

LA DONNA ALLA FINESTRA è arrivato nel maggio 2021 su Netflix. Il cast comprende Amy Adams, Julianne Moore e Gary Oldman. L’ultimo film di Wright è CYRANO, musical tratto dal “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand. Vede come protagonisti Peter Dinklage, Haley Bennett, Kelvin Harrison Jr. e Ben Mendelsohn.

Il colibrì, recensione del film con Pierfrancesco Favino e Nanni Moretti

Una vita tranquilla, almeno apparentemente, è quella immaginata da Sandro Veronesi nel suo romanzo vincitore del Premio Strega 2020. Una storia difficile da sintetizzare e ricca di temi importanti, che Francesca Archibugi porta in sala – a partire dal 14 ottobre (distribuito da 01 Distribution) – nel film omonimo Il Colibrì. Scelto come titolo d’apertura della rinnovata Festa del Cinema di Roma, e inserito nella sezione Grand Public dedicata al cinema per il grande pubblico, il nuovo film della regista di Vivere colpisce al cuore, ma non solo, visto il cast All-Star riunito per l’occasione.

Quelli di Nanni Moretti e Pierfrancesco Favino spiccano tra i nomi di Kasia Smutniak, Berenice Bejo, Laura Morante, Benedetta Porcaroli, Massimo Ceccherini, Fotiní Peluso e Pietro Ragusa – tra gli altri – ed è paradossalmente tra loro due che si sviluppa il rapporto più importante in Il Colibrì. Tra tante relazioni, amorose o familiari, grandi amori e insopportabili dolori, la tensione che lega Daniele e Marco cambia con il passare del tempo e li lega sempre di più, dalle prime preoccupazioni professionali all’atto più estremo di vicinanza e amicizia.

Chi è il Colibrì?

Favino (che per una curiosa coincidenza, da anni convive felicemente con il soprannome di Picchio) è Marco Carrera, al quale sin da piccolo viene affibbiato quel nomignolo, per via di uno squilibrio ormonale che non lo faceva crescere e sviluppare come dovuto, ma che resta per tutta la vita il Colibrì, sebbene una cura sperimentale gli avesse permesso di avere infine una statura normale. Ed è la sua storia che seguiamo, nella sua quasi interezza, di ricordo in ricordo, saltando da un’epoca a un’altra, in un tempo liquido che va dai primi anni ‘70 fino a un futuro prossimo – il 2030 – nel quale lo Stato italiano si è finalmente deciso a dare una prova da tempo richiesta di umanità e civiltà.

Ma tutto inizia da bambini, quando al mare Marco conosce Luisa Lattes, una ragazzina bellissima e inconsueta. Una passione idealizzata e quindi ineguagliabile, un amore che mai verrà consumato e mai si spegnerà, per tutta la vita. A differenza di quello per la moglie Marina, madre della figlia Adele. Tra coincidenze incredibili e prove durissime, Marco passa da Roma a Firenze, spesso accompagnato dal vigile e amorevole sguardo di Daniele Carradori, lo psicoanalista di Marina, che insegnerà a Marco come accogliere i cambi di rotta più inaspettati.

La forza della vita

Dicevamo della difficoltà di adattare in maniera ineccepibile un intreccio tanto articolato, ricco di personaggi e di connessioni diverse a seconda del momento storico vissuto attraverso il costante alternarsi di passato e presente. Un reticolo esistenziale notevole, che tra momenti da ricordare e parentesi didascaliche non può che dare a tratti la sensazione di non riuscire a legare ugualmente tutti gli elementi. Nonostante la presenza di alcune costanti, veri fulcri della narrazione.

In primis la telefonata che riceve Marco, con cui si apre Il Colibrì e che rivediamo – ogni volta inquadrata diversamente, sempre più da vicino – mano a mano che prende forma il personaggio di Favino e si forma la sua consapevolezza del proprio vissuto. Che passa anche dalle rare e complicate riunioni familiare e dall’evoluzione del suo amore – idealizzato – per la onnipresente Lucia Lattes di Bérénice Bejo. Altro personaggio chiave, testimone distante e ambiguo, forse la figura femminile più interessante tra le varie (dalla Morante, alla sempre eccessiva Smutniak).

Non è mai facile assistere a una agonia, l’altrui come la propria, ma in quella che Il Colibrì descrive come la “strenua lotta che facciamo tutti noi per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile” resta la speranza. Di trovare la felicità, dopo tante finzioni e paure, di scoprirsi protagonisti di una vita vera, di non aver sprecato il proprio tempo – come un colibrì, costretto a uno sforzo “assurdo” per restare fermo – e anzi di aver trovato il coraggio di diventarne padroni e disporne nel momento più delicato di questo lungo addio.

Captain America: le tre incarnazioni del MCU in un fan poster

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Captain America: le tre incarnazioni del MCU in un fan poster

L’account Instagram ha realizzato una fanart che riunisce, in un incontro possibile nel Multiverso MCU, le tre incarnazioni di Captain America del Marvel Universe, almeno quelle che abbiamo incontrato fino a questo momento.

Nell’immagine vediamo ovviamente lo Steve Roger di Chris Evans al centro, mentre ai suoi lati c’è Sam Wilson/Anthony Mackie, che ha ufficialmente raccolto il suo testimone alla fine di Avengers: Endgame, e Peggy Carter/Hayley Atwell, che è stata brevemente Cap in Doctor Strange nel Multiverso della Follia e ancora prima in What If…?

Ecco il suggestivo poster di seguito:

Ke Huy Quan, l’attore de I Goonies torna sul set del film di Richard Donner

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La star de I Goonies, Ke Huy Quan, ha recentemente condiviso sui social media il suo emozionante ritorno sul set dopo 36 anni. Dopo aver iniziato come co-protagonista di Harrison Ford in Indiana Jones e il Tempio Maledetto nel 1984, Quan è tornato sul grande schermo nel successo degli anni ’80, I Goonies. L’attore ha interpretato il ruolo di Richard “Data” Wang, un membro di un gruppo di amici nella città di Astoria, nell’Oregon. Conosciuto per la sua personalità esuberante e i suoi gadget folli, Data ha assistito il suo amico Mikey (Sean Astin) nella ricerca del tesoro del pirata Willy l’Orbo.

Dopo il suo ruolo ne I Goonies, Quan ha lottato per mantenere la sua carriera a Hollywood. L’attore ha subito trovato difficile trovare ruoli adatti a lui e ha cominciato a lavorare dietro alla macchina da presa. Dopo aver completato il programma cinematografico presso l’Università della California meridionale, Quan ha lavorato in varie produzioni in tutto il mondo anche come stunt rigger in Canada per X-Men (2000) e assistente alla regia per Wong Kar Wai in 2046. Tuttavia, dopo l’uscita di Crazy Rich Asians, Quan è stato ispirato a tornare alla recitazione. È stato scelto per un piccolo ruolo per il film Netflix Alla ricerca di Ohana, un’avventura familiare chiaramente ispirata a I Goonies, e in seguito ha ottenuto il ruolo di Waymond Wang nell’acclamato Everything Everywhere All at Once.

Dopo 36 anni, Quan è finalmente tornato allo studio di produzione dove aveva originariamente girato parte di I Goonies e si è rivolto a Instagram per condividere il momento. Nelle immagini, Quan indica una targa sul muro della Warner Bros. Stage 16 che presenta un elenco di film importanti girati in loco e che include proprio I Goonies. L’attore ammette di essersi emozionato tornando dopo così tanti anni.

Namor: qual è il futuro del personaggio nel MCU dopo Black Panther 2?

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In una recente intervista con Total Film (tramite The Direct), Tenoch Huerta, che dà vita a Namor in Black Panther: Wakanda Forever, discute del futuro di Namor nel MCU dopo la sua introduzione nel film di Ryan Coogler. Anche se l’attore non rivela nulla di concreto, sembra certamente eccitato dalla prospettiva di esplorare la ricca storia di Namor nel MCU, se gliene verrà data la possibilità.

“Lo spero! Lo spero! Perché voglio un contratto più grande! Voglio più zeri nel mio contratto! No, sto scherzando. Voglio dire, la mitologia attorno a Namor è enorme. Puoi impazzire con tutta questa cultura aspetto, e puoi creare un sacco di cose con Namor, perché sono una fantastica fonte di storie, mitologia, religione e tutto il resto. Quindi spero che decidano di continuare con il personaggio, oltre la sua storia o altro”.

Black Panther: Wakanda Forever, le storie che racconta il primo trailer

I dettagli ufficiali della trama sono ancora nascosti, ma ci è stato assicurato che il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever arriverà nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI. Il sequel si concentrerà sulle parti inesplorate di Wakanda e sugli altri personaggi precedentemente introdotti nei fumetti Marvel.

Letitia Wright (Shuri), Angela Bassett (Ramonda), Lupita Nyong’o (Nakia), Danai Gurira (Okoye), Winston Duke (M’Baku) e Martin Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei rispettivi personaggi interpretati già nel primo film. L’attore Tenoch Huerta è in trattative con i Marvel Studios per interpretare il villain principale del sequel.

Daniel Radcliffe porge omaggio allo scomparso Robbie Coltrane

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Daniel Radcliffe porge omaggio allo scomparso Robbie Coltrane

Sono tanti gli attori del panorama mondiale che, nelle ore serali di ieri, hanno rilasciato dichiarazioni e omaggi alla memoria di Robbie Coltrane, attore scozzese scomparso all’età di 72 anni. Tra questi anche Daniel Radcliffe ha rilasciato una dichiarazione affidata a Deadline. 

Coltrane era stato compagno di set del giovanissimo Radcliffe in tutta la fase di produzione, oltre dieci anni, del franchise di Harry Potter, in cui Robbie interpretava il personaggio chiave di Rubeus Hagrid, il Custode delle Chiavi e dei Luoghi di Hogwarts e primo amico “magico” del piccolo Harry (Daniel Radcliffe). Ecco cosa ha dichiarato Radcliffe:

“Robbie era una delle persone più divertenti che abbia mai incontrato e ci faceva ridere costantemente da bambini sul set. Ho ricordi particolarmente affettuosi di lui che teneva alto il morale durante la lavorazione de Il Prigioniero di Azkaban, quando ci nascondevamo tutti dalla pioggia torrenziale per ore nella capanna di Hagrid e lui raccontava storie e scherzava per tenere alto il morale. Mi sento incredibilmente fortunato di aver avuto modo di incontrarlo e lavorare con lui e sono molto triste per la sua morte. Era un attore incredibile e un uomo adorabile”.

Ryan Reynolds porterà al cinema l’attrazione di Disneyland Society of Explorers and Adventurers

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Ryan Reynolds e il co-regista di Strange World stanno sviluppando un film basato sull’attrazione dei parchi a tema Disney Society of Explorers and Adventurers. Disneyland e Disney World hanno avuto grandi influenze sul mondo in generale. Con la capacità di questi parchi di immergere ed emozionare i visitatori con un layout sapientemente progettato e le numerose offerte, i parchi a tema non hanno mostrato segni di rallentamento. L’inclusione di contenuti Marvel e Star Wars nei parchi aggiunge divertimento generale e continua a giustificare la convinzione di Walt Disney che i parchi a tema non conosceranno mai crisi e continueranno a crescere e cambiare.

E’ già capitato in passato che la Disney usasse attrazioni dei parchi a tema come base per dei film. Chiaramente l’esempio più illustre è Pirati dei Caraibi in quanto ha dimostrato di essere l’attrazione più redditizia dei parchi a tema per avviare un franchise cinematografico, segue poi Jungle Cruise di Dwayne Johnson, che ha debuttato con recensioni modeste e sottoperformato al botteghino durante la pandemia, ma sta ottenendo ora un discreto seguito. Oltre ai due, la Disney ha provato ad adattare altre giostre che però non hanno avuto un impatto al botteghino tra cui Country Bears, Mission to Mars, Tomorrowland e The Haunted Mansion, e con la Disney che sta attualmente riavviando quest’ultimo, sembra che ora stiano arricchendo ulteriormente il loro elenco di progetti in base alle loro attrazioni.

Come annunciato da The Hollywood Reporter, Ryan Reynolds sta collaborando con il co-regista di Strange World Qui Nguyen per produrre un adattamento cinematografico di  Society of Explorers and Adventurers. Il film non sarà correlato alla serie televisiva Disney+ sviluppata da Ron Moore, ma sarà invece un film autonomo che esplora il mondo di SEA ai giorni nostri e includerà elementi soprannaturali e nuove idee non presenti nelle giostre originali. Nguyen scriverà il nuovo lungometraggio mentre Reynolds produrrà il film sotto il suo marchio Maximum Effort.

Con Deadpool 3 che verrà prodotto sotto l’ombrello della Walt Disney Company, sembra che per Ryan Reynolds si stia inaugurando una collaborazione importante con lo Studio.

The Batman: Michael Giacchino non ha mai ascoltato QUELLA canzone dei Nirvana prima di comporre la colonna sonora

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In una recente intervista con SlashFilm, il compositore Michael Giacchino ha riflettuto sul periodo trascorso a mettere insieme la colonna sonora di The Batman. Il compositore della soundtrack del film DC ha rivelato di non aver mai ascoltato la canzone dei Nirvana, chiave per la colonna sonora del film, “Something in the Way”, e che aveva iniziato a scrivere la musica prima ancora che Robert Pattinson venisse scelto per interpretare il protagonista.

“Questo è davvero imbarazzante, ma non conoscevo quella canzone. Non conoscevo affatto quella canzone. Mi sento come un vecchio che dice che non lo sapeva. Certo, ora lo so. Nel momento in cui stavo scrivendo, non ne avevo idea. Non lo sapevo. È stata una fortuna eterna che quelle due tracce (il tema di The Batman e la canzone dei Nirvana, ndr) siano stati in grado, in qualche modo con un piccolo ritocco, di coesistere per i trailer nel modo in cui hanno fatto. Ha funzionato davvero bene. Non era qualcosa che era stato pianificato in anticipo, era solo una specie di, ho scritto quel tema dopo aver parlato della sceneggiatura con [il regista Matt Reeves] per così tanto tempo e aver parlato dei personaggi e di tutto il resto. Il tema è stato scritto, non so, due anni prima che il film fosse finito. Matt aveva quel tema prima che scegliessero ufficialmente Robert Pattinson. Voglio dire, è stato pazzesco averlo così presto. È raro che succeda. Tutto ha funzionato. E’ stata solo una fortuna. Il tema principale di Batman è proprio quel dun dun dun, in un certo senso vivono insieme così bene.”

The Batman, il film

The Batman diretto da Matt Reeves è uscito nelle sale il 4 marzo distribuito da Warner Bros Italia. Protagonisti del film insieme a Robert Pattinson nei panni di Bruce Wayne, ci saranno anche Colin Farrell (Oswald Chesterfield/Pinguino), Zoe Kravitz (Catwoman), Jeffrey Wright (Jim Gordon), Paul Dano (Enigmista) e Andy Serkis (Alfred). Infine, John Turturro sarà il boss Carmine Falcone. Nel cast anche Peter Sarsgaard che sarà Gil Colson, il Procuratore Distrettuale di Gotham.

Due anni trascorsi a pattugliare le strade nei panni di Batman (Robert Pattinson), incutendo timore nel cuore dei criminali, hanno trascinato Bruce Wayne nel profondo delle tenebre di Gotham City. Potendo contare su pochi fidati alleati – Alfred Pennyworth (Andy Serkis) e il tenente James Gordon (Jeffrey Wright) – tra la rete corrotta di funzionari e figure di alto profilo della città, il vigilante solitario si è affermato come unica incarnazione della vendetta tra i suoi concittadini. Quando un killer prende di mira l’élite di Gotham con una serie di malvagi stratagemmi, una scia di indizi criptici spinge il più grande detective del mondo a indagare nei bassifondi, incontrando personaggi come Selina Kyle / alias Catwoman (Zoe Kravitz), Oswald Cobblepot / alias il Pinguino (Colin Farrell), Carmine Falcone (John Turturro) e Edward Nashton / alias l’Enigmista (Paul Dano). Mentre le prove iniziano a condurlo più vicino alla soluzione e la portata dei piani del malfattore diventa chiara, Batman deve stringere nuove alleanze, smascherare il colpevole e rendere giustizia all’abuso di potere e alla corruzione che da tempo affliggono Gotham City.

Mahmood: la recensione del documentario di Giorgio Testi

Mahmood: la recensione del documentario di Giorgio Testi

“Non sono mai stato bravo a parlare di me, per questo ho iniziato a scrivere canzoni”. Si apre con questa dichiarazione d’intenti il documentario Mahmood, diretto da Giorgio Testi e scritto da Virginia W. Ricci. Dedicato al celebre cantautore che a neanche trent’anni ha già vinto due volte il Festival di Sanremo, il film, che fa parte delle proiezioni speciali del Panorama Italia di Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, ancor prima di essere un’opera celebrativa nei confronti del cantante, vuole dar prova della sua umiltà, della sua umanità e, soprattutto, della sua sensibilità.

Si ripercorrono dunque le principali tappe della sua vita e del suo percorso artistico, dai primi concorsi alla delusione di X Factor, dalla vittoria a Sanremo Giovani con Gioventù bruciata a quelle a Sanremo Big con Soldi e Brividi, dalle partecipazioni all’Eurovision Song Contest fino al recente tour europeo andato sold out. Quello di Mahmood è un percorso ricco di ostacoli, speranze, incidenti di percorso, cadute e ripartenze che hanno portato infine al successo tanto sperato, dietro il quale si nascondono profondi dolori personali da metabolizzare attraverso la musica e un forte amore, ricambiato, per la propria famiglia.

Mahmood: dallo sgabuzzino di casa ai palchi d’Europa

Quello dedicato a Mahmood è solo l’ultima di una serie di opere audiovisive dedicati a popolari star della scena musicale italiana. Da Ferro, documentario su Tiziano Ferro a Famoso, con protagonista il trapper Sfera Ebbasta, fino al più recente Laura Pausini: Piacere di conoscerti, che ripercorre la vita della celebre cantante in modo molto particolare. Di Mahmood non si può certo dire che proponga un approccio originale da un punto di vista narrativo. Il film è infatti costruito seguendo un ordine cronologico che se da un lato offre un ovvio e piacevole ordine, dall’altro rischia di rendere il progetto scontato e dimenticabile.

Se ciò non avviene del tutto lo si deve in particolare a due precisi aspetti, il cui “merito” di entrambi va prima di tutto allo stesso Alessandro Mahmoud. Il primo è relativo alle riprese dei concerti sostenuti nel 2022 dal cantante in alcune capitali europee. Come ormai risaputo, Mahmood ha molta cura per le immagini che lo riguardo, i look da sfoggiare, le luci e le scenografie con cui interagisce. La sua attenzione per questi dettagli fa sì che i suoi concerti risultino dei veri e propri spettacoli visivi e riproponendo alcuni frammenti di essi anche lo stesso film acquisisce un po’ per osmosi quel fascino.

Il secondo aspetto è dato dal vissuto di Mahmood. Non sono infatti tanto i retroscena dietro i suoi successi musicali a generare interesse, bensì i racconti che egli offre riguardo il suo ardente desiderio di fare musica nonostante le tante porte in faccia, riguardo il rapporto con l’amata madre, con quel padre assente e con quel desiderio di potersi sentire a casa. Di Mahmood si è detto che il suo sguardo sembra sempre rivolto altrove, come se ogni volta dovesse partire per una nuova meta o tornare a casa dopo un lungo viaggio, più nello specifico magari in quello sgabuzzino di casa dove da piccolo racconta di essersi sentito al sicuro, costruendo i propri mondi di fantasia.

Mahmood-documentario

Lo sguardo di Mahmood

Il film offre dunque un maggior approfondimento della vita di Alessandro Mahmoud prima di diventare il Mahmood cantante capace di emozionare persone proveniente di contesti diversi, infrangendo barriere linguistiche e culturali. All’interno di un documentario dalla struttura canonica, dunque, si cerca di far emergere quel mondo emotivo che Mahmood non ha mai saputo esprimere se non attraverso le proprie canzoni, svelando tutto di sé attraverso queste. Addirittura la madre, che fornisce una delle testimonianze più belle del film, racconta di aver conosciuto meglio suo figlio attraverso tali testi che non tramite le loro conversazioni quotidiane.

Si può naturalmente scegliere di credere o non credere all’umiltà che il cantante mette sul piatto con questo documentario. Mahmood è notoriamente un artista molto divisivo, controverso e spesso difficile da definire (cosa, quest’ultima, non necessariamente negativa). Il film manca di essere tutto ciò, non raggiungendo dunque quella somiglianza tra artista e opera a lui dedicata che in altri casi simili si è dimostrata vincente, ma è certamente emozionante nell’offrire il racconto di un ragazzo che ha creduto talmente tanto nei propri sogni da riuscire infine a realizzarli. Un discorso che certamente toccherà l’animo di quanti, si spera molti, coltivano i propri sogni con cura e impazienza.

Ninjababy, recensione del film di Yngvild Sve Flikke

Ninjababy, recensione del film di Yngvild Sve Flikke

Crescere, che fatica! Se lo deve essere ripetuta spesso Rakel, la protagonista di Ninjababy, dal 13 ottobre nelle sale italiane. Il dramedy norvegese della regista Yngvild Sve Flikke, presentato al TIFF 2021 e al Festival di Berlino e tratto dalla graphic novel Fallteknikk, illustra tutti gli spettri delle gravidanze inaspettate da una prospettiva arguta e comica al punto giusto, collegando all’enfasi fumettistica il conflitto di una mamma in divenire e di una protagonista a cui deve essere ricordato che è padrona della propria storia.

Ninjababy: dialogare con la nostra creatura

Un bambino si è depositato inaspettamente nel ventre di Rakel (Kristine Kujath Thorpe) e se c’è una cosa che questa sa della sua vita è che non lo vuole. Sotto ai vestiti ingombranti e al disordine apparente di un’esistenza che non padroneggia, Rakel è una sognatrice dalla fervida immaginazione, aspirante fumettista che disegna sempre la sua quotidianità. Forse è proprio la matita, il segno, il mezzo perfetto per cercare di stabilire un contatto con questa figura inafferrabile, un Ninjababy che vuole continuare a lottare per stare nella pancia della mamma.

Parlare con chi non conosciamo ancora è quasi impossibile ed è per questo che l’unico modo che Rakel ha per instaurare un dialogo con l’inaspettato è tramite la sua creatività. Proiettando sull’effetto figurativo un’idea a cui non siamo in grado di dare forma, riusciamo quantomeno a pensare di poterne avere il controllo. La verità con cui presto dovrà però confrontarsi Rakel è che la creatura è sì figlia di una madre che rinnova la propria coscienziosità, ma è illustratrice a suo modo: vaglia assieme a lei le scelte che potrebbe effettuare, suggerisce ciò che sarebbe meglio per lui/lei, avanza proposte di collaborazione, quasi come se si stesse prefigurando un dialogo tra colleghi.

Chi è la vera ninja?

Con il proprio Ninjababy, piccolo ma impavido lottatore, linfa creativa che Rakel ha sempre portato con sè ma si è probabilmente assopita in una quotidianità che ha lasciato il passo alla negligenza, la giovane madre (ri)vive in maniera inusuale un’infanzia di cui non ci viene detto niente: l’unico tratto della backstory di Rakel che conserviamo è il fatto che studiasse design ma si sia ritirata dall’università e, al di là di una sorellastra che conosceremo lungo il corso del film, non sappiamo nulla sui suoi genitori. Partendo già dall’idea di un personaggio dal passato frammentato, Ninjababy fa egregiamente i conti con la destrutturazione ulteriore del nucleo famigliare, ormai scevro delle categorie genitoriali archetipiche, e che ha assunto un’idea di fluidità, più legata allo scegliere chi vogliamo lungo il nostro cammino.

Nel passaggio di testimone tra la bambina che (non) è stata e che diventa durante il film, Rakel assume consapevolezza dello scambio, dialogico ed emotivo, necessario per dare forma a un mondo disordinato, con la comicità sottile tipica del cinema nordico ma un ritmo da vero e proprio coming-of-age statunitense. Kristine Kujath Thorp è la vera ninja del film: ipnotica e abilissima nel costruire la caratterizzazione di Rakel partendo dallo sguardo, fulcro vero e proprio dei conflitti che ne attraversano l’interiorità.

Cosa succede quando ci troviamo faccia a faccia con la creatura che, fino a pochi secondi prima, era solo una nostra proiezione? Ninjababy sfrutta ogni svolta di trama per fare entrare lo spettatore sempre più nella mente di Rakel, favorendo il processo empatico anche con le parti più astruse del suo dialogo con il feto, che si rivelano essere i frangenti in cui in realtà riusciamo a scorgere molto più a fondo le crepe di una donna che, forse, non è stata abbastanza bambina.

Ninjababy: ti regalo un libro

Forse Rakel non ha mai imparato veramente il linguaggio dell’affetto, quasi certamente fatica a essere anche madre di se stessa. Allora, la scoperta della maternità passa attraverso la percezione idiomatica del suo, particolarissimo, linguaggio. Il figlio che aspetta deve diventare libro, l’idea deve assumere contorni e forma visuale per fare comprendere a Rakel che madre e figlia si sono fatte a vicenda, che i confini tra creatore e creatura sono estremamente labili quando di mezzo c’è un legame indissolubile.

NinaBibbi: nell’atto del nominare, nello scegliere chi si vuole essere e dove ci si rincontrerà, assistiamo alla sinergia massima tra Rakel e il suo bimbo: nel conservare parte del nome che lo stesso Ninjababy avrebbe voluto – Angelina, per ragioni spassosissime – Rakel decide di lasciarle quello che vorrebbe le riservasse il futuro. Contemporaneamente, in questa parola-macedonia, trattiene l’impronta creativa che questo bambino porterà sempre con sè; il modo, di certo anomalo e inconsapevole in cui Rakel, sotto mille strati di vestiti sdruciti, si è sempre curata del suo piccolo ninja.

The Midnight Club: come finisce la storia di Dusty?

The Midnight Club: come finisce la storia di Dusty?

Di tutte le storie narrate dai personaggi di The Midnight Club, quella di Kevin è la più ingombrante. Il racconto riguarda un serial killer di nome Dusty e ha un significato importante per i personaggi della serie tv Netflix. La storia si divide in tre parti e lascia col fiato sospeso per due intere puntate. Quando finalmente scopriamo il significato del racconto, appare chiaro perché la narrazione è così prolungata in The Midnight Club.

Kevin racconta di Dusty, un ragazzo che drante il giorno è un perfetto studente ma di notte si trasforma e uccide spietatamente le persone. Dusty agisce in modo metodico: usa un martello per fare fuori le vittime e le seppellisce in una grotta segreta. Inoltre, su ogni scena del crimine Dusty lascia un biglietto con la clessidra, il simbolo del culto Paragon. Dusty è perseguitato dai fantasmi delle sue vittime e da quello di sua madre. DI volta in volta, la mamma defunta pronuncia al figlio solo poche parole: dice i nomi delle persone che Dusty deve uccidere. L’attività notturna di Dusty assume una piega inaspettata quando l’assassino fa amicizia con Sheila, una cara amica della sua ultima vittima Nancy. Sarà proprio Sheila ad incastrare Dusty.

Cosa succede a Dusty nella storia narrata da Kevin

The Midnight Club Kevin

Sperando di ritrovare l’amica scomparsa, Sheila si reca insieme a Dusty a casa di Nancy. Non trovando nessuno, chiama la polizia. I commissari iniziano a sospettare che si tratti di un omicidio. Nonostante ciò, i sospetti non cadono su Dusty. Il detective a cui viene affidato il caso crede che il serial killer che usa il biglietto di Paragon si muova a piede libero da almeno quarant’ani. Al contrario il detective, interpretato da Georgina Stanton di Brightcliffe Hospice, si serve di Dustyper saperne di più sulla sua generazione. La situazione inizia a scaldarsi ancora di più quando lo spirito della madre di Dusty (interpretata da Veronika Hadrava di Resident Alien) rivela al figlio che la sua prossima vittima dev’essere Sheila.

Dusty accetta a malincuore la sentenza della madre: invita Sheila a casa sua, le confessa la folle tradizione omicida della sua famiglia e poi solleva il martello per colpirla. Tuttavia, Dusty viene sopraffatto dai suoi sentimenti per Sheila ed esita. Non appena sua madre percepisce la sua titubanza, striscia nella stanza. Prontamente Dusty la colpisce con il suo martello. Così facendo, non solo lascia fuoriuscire dalla madre la forza oscura che l’ha posseduta per buona parte di The Midnight Club, ma libera anche gli spiriti di tutte le sue vittime dal loro stato di limbo. La forza malvagia entra nel corpo di Dusty e prova a costringerlo a finire il lavoro. Dusty resiste e, per evitare di fare danni, chiede a Sheila di ucciderlo. Lei lo mette soltanto KO e chiama la polizia. Alla fine, Dusty viene incarcerato e passa il resto della sua vita in isolamento, dove continua a lottare per domare le voci malvagie nella sua testa.

Il senso della storia di Dusty in The Midnight Club

The Midnight Club

La storia di Dusty è il riflesso della vita reale del suo narratore. Nel racconto, Dusty non può fare a meno di seguire gli ordini omicida della madre. In The Midnight Club, Kevin (interpretato da Igby Rigney di Midnight Mass) non riesce a sottrarsi dall’ombra della perfetta immagine che i suoi genitori hanno di lui. Ogni volta che i genitori di Kevin vanno a trovarlo, parlano solo di quanto fosse bravo a scuola. Kevin, come Dusty, vuole liberarsi dalle aspettative dei suoi genitori, ma fatica a farlo. I terribili omicidi di Dusty riflettono il peso del ricordo della vita che Kevin conduceva prima di entrare nell’ospizio. Kevin vorrebbe chiudere le sue relazioni passate e ricominciare da capo – vuole rompere con la sua ragazza e lasciare la sua vecchia scuola – ma non riesce a trovare le parole giuste per farlo. I fantasmi delle vittime di Dusty in The Midnight Club alludono a tutte i rapporti che Kevin lascia in sospeso per paura di ferire i suoi cari.

Alla fine, Kevin sceglie di lasciare la sua ragazza, non senza sensi di colpa. Kevin si punisce, proprio come fa Dusty nel finale della sua storia: invece di darsi una seconda possibilità con Sheila, l’assassino sceglie una vita di sacrifici e di isolamento. Fortunatamente, la storia di Kevin ha una piccola svolta poositiva nel finale di The Midnight Club. Ilonka aiuta Kevin a capire che può capitare di ferire le persone che si amano, ma questo non è un motivo per vivere senza affetti. The Midnight Club si conclude con un augurio: anche se Kevin e Dusty si sono fatti sopraffare dalla colpa e dagli errori del loro passato, tutti meritano un nuovo inizio.

L’imperatrice: la vera storia dietro la serie Netflix

L’imperatrice: la vera storia dietro la serie Netflix

La serie Netflix L’imperatrice racconta in 6 episodi la storia dei primi anni di vita dell’imperatrice Elisabetta d’Austria. Tutti conoscono Elisabeth per il celebre adattamento cinematografico: la trilogia di Sissi degli anni Cinquanta con protagonista l’affascinante Romy Schneider.

Settant’anni dopo, L’imperatrice fornisce una nuova interpretazione della drammatica storia d’amore tra Elisabeth e Franz. La prima (e per ora unica) stagione della serie è incentrata sul fatidico incontro tra la giovane duchessa bavarese Elisabetta (Devrim Lingnau) e l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe I (Philip Froissant). Come spesso accade con i drammi storici, L’imperatrice mescola fatti storici e fiction.

L’obiettivo non è quello di fornire la massima accuratezza storica, ma piuttosto quello di narrare una storia d’amore avvincente che possa affascinare il pubblico. Tuttavia, la curiosità rimane: chi era davvero Elisabetta e quali lotte ha dovuto affrontare per diventare la leggendaria imperatrice d’Austria?

Realtà e finzione

L'imperatrice Netflix

La duchessa Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach era la terzogenita e la seconda figlia femmina del duca Massimiliano Giuseppe di Baviera e di sua moglie Ludovica. Anche al tempo era nota come Sissi ed era una ragazza affascinante e la libertina che viveva con la sua famiglia nel castello di Possenhofen. Come ogni giovane del tempo, Sissi sognava la felicità e il vero amore. Nel frattempo, alla corte viennese Sofia, la madre autoritaria di Francesco Giuseppe (Melika Foroutan) creava alleanze per trovare in fretta una moglie per il monarca 22enne. La premura era stata scatenata da un tentativo di assassinio a spese di Francesco (il 18 febbraio 1853), fatto che avrebbe potuto lasciare l’Austria senza un erede maschio.

In realtà la duchessa bavarese non era stata la prima scelta di Sofia. Il giovane imperatore Francesco Giuseppe era piuttosto schizzinoso: disprezzava sia la principessa Anna di Prussia che la principessa Sidonia di Sassonia. Alla fine, la decisione era ricaduta sulla figlia della duchessa Ludovica di Baviera, Helena (Elisa Schlott). Francesco, impaziente di vedere la sua promessa sposa, si era messo in viaggio verso Bad Ischl, la piccola città austriaca in cui erano attese la duchessa Ludovica e la figlia. Tuttavia, nel viaggio il giovane imperatore rimane rapito dalla figlia quindicenne della zia, Elisabetta appunto.

La serie Netflix è fedele ai fatti storici?

'imperatrice matrimonio

L’imperatrice è fedele alla realtà solo in una certa misura. Sicuramene, quello a Bad Ischl non è stato il primo incontro tra Francesco e i suoi cugini. In realtà, Elisabetta e Francesco Giuseppe fanno conoscenza nel giugno 1848, quando la duchessa Ludovica va a far visita a Innsbruck alla sorella Sofia. All’epoca, Elisabettaera sicuramente troppo giovane per suscitare l’interesse del futuro imperatore, troppo impegnato ad occuparsi di eventi rivoluzionari che minacciavano di far crollare la monarchia. Inoltre, L’imperatrice mostra una versione romanzata dell’incontro. L’audace mossa dei “due balli di fila” di Francesco Giuseppe (segno rivelatore di un imminente fidanzamento), non è stata un’iniziativa spontanea, ma nasce dal piano di Sofia. La proposta di fidanzamento ufficiale viene fatta in modo molto più formale dall’arciduchessa Sofia, che organizza con la sorella l’accordo tra le famiglie per far sposare Elisabetta e Francesco Giuseppe.

Poco dopo il matrimonio, Elisabetta scopre che la favola d’amore è solo un’illusione. Fin dai primi giorni, la giovane imperatrice si sente costretta in una trappola per topi. L’etichetta rigorosa e gli ordini del tribunale soffocano lo spirito libero di Sissi. Per non parlare delle pressioni della suocera, che controlla costantemente la sua condotta. Seppur romanzati nella serie, gli scontri tra Elisabetta, l’arciduchessa Sofia e il fratello di suo marito (Johannes Nussbaum) – entrambi desiderosi di prendere il trono imperiale – hanno un fondamento reale: Sissi ne parla anche nei suoi diari.

Un altro personaggio di spicco ne L’imperatrice è infatti il fratello minore di Francesco Giuseppe, l’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo. Anche se non ci sono prove dirette delle intenzioni di Massimiliano di rovesciare Francesco Giuseppe, il fatto che il minore appoggiasse le idee liberali e più progressiste costituiva una minaccia dormiente per il maggiore.

Halloween Ends, recensione del film con Jamie Lee Curtis

Halloween Ends, recensione del film con Jamie Lee Curtis

Halloween Ends arriva nelle sale cinematografiche 44 anni dopo il primo film di John Carpenter del 1978 e si presenta come il 13° film di una delle saghe horror più longeve in assoluto. La nuova trilogia a cura di David Gordon Green, iniziata nel 2018, è stata concepita come una diretta continuazione della prima, ovviando a tutti i remake che ci sono stati proposti nel corso degli anni e convogliado l’attenzione del pubblico sul ritorno del personaggio di Laurie Strode interpretato nuovamente dall’impavida e magnetica Jamie Lee Curtis.

Halloween Ends: la paranoia del Male

Senza entrare nel territorio degli spoiler, chi ha seguito la saga sa che Laurie è stata affidata alla nipote Allyson dopo il drammatico finale di Halloween Kills. Dopo aver vissuto come una sorta di predatrice con l’unico scopo di uccidere Michael Myers e il massacro che ne è seguito, Laurie opta per una vita più tranquilla, cercando di ricostruire gradualmente la sua vita. Nonostante siano passati quattro anni in cui non si sa nulla di lei, la paranoia sembra essersi insediata a Haddonfield, dove la paura suscitata dal brutale serial killer continua a mietere vittime.

Halloween Ends inizia con una sequenza promettente, organizzata addirittura secondo quella che era la tipica tecnica di ripresa degli oggetti di scena hitchockciani. A Haddonfield, nella notte di Halloween del 2019, Corey Cunningham (Rohan Campbell), personaggio centrale di questo terzo film, viene scelto come babysitter di un ragazzino dispettoso di nome Jeremy. Quando questi viene accusato di aver ucciso il piccolo Jeremy, si scatena un’ondata di violenza e terrore che costringerà Laurie a confrontarsi per l’ultima volta con il male che ha reso la sua vita un inferno.

È uno strano incidente. Corey non ha fatto nulla di male. Ma, anche se è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo, rimane emarginato dalla comunità di Haddonfield, che inizia a designarlo come il “babysitter sensitivo” che ha ucciso un bambino. Non sarebbe l’unica persona nella saga ad essere accusata di cose che non ha fatto. Si potrebbe pensare che Laurie Strode, a questo punto, sia una sorta di eroina locale, ma no. La gente ora la ritiene responsabile dell’attentato a un bambino. La gente ora la ritiene responsabile della catena di eventi nefasti che ha avuto inizio con Michael Myers.

Personaggi persi in un vicolo cieco

Dall’interminabile body count di Halloween Kills, si passa in questo terzo e ultimo capitolo a una sorta di simulazione dell’intenzione seminale di John Carpenter di trasformare la sua saga originale di Halloween in capitoli autoconclusivi con il fallimentare Halloween III: Day of the Witch (1982). Volontà che è presente, appunto, in Halloween Ends, dove ci viene presentato lo scontro finale tra Laurie e Michael Myers, ma anche la genesi di un nuovo criminale, diretta conseguenza del precedente. È qui, soprattutto in questa nascita di una nuova forma del male che risiede il “concetto alto” che Gordon Green ha voluto venderci con la sua trilogia: un’indagine su come il Male, la paura, si muova come un virus nell’America contemporanea ma abbia anche bisogno di una radice interiore o di una predisposizione per il suo sviluppo.

Per un po’, il film è all’altezza della sua promessa. Se non ci troviamo esattamente in un terreno di malvagità fuori dagli schemi, Halloween Ends è almeno – in netto contrasto con i suoi predecessori – incentrato sui personaggi, relativamente privo di sangue e meno ammaccatto dall’umorismo pervasivo e spesso incongruo che il co-sceneggiatore Danny McBride ha impresso alla serie.

In Halloween Ends, Green gioca con un’idea a cui la serie ha accennato nel corso dei due precedenti film: che Michael non sia un semplice mortale, ma piuttosto una forza soprannaturale, l’incarnazione fisica del male puro e incancellabile. Ognuno di noi è suscettibile al virus di Michael Myers: bastano umiliazioni, insulti e rifiuti per accendere la miccia della nostra predisposizione interiore alla violenza. Ma dato che, come abbiamo detto, l’attrazione principale del film è il duello Myers/Strode, è sorprendente che gran parte dello sviluppo del film non sia dedicato a loro, personaggi centrali del film, ma ad altri comprimari che vengono presentati come eredi della malvagità del villain, senza mai realmente incrociarsi: in poche parole, troppe deviazioni per raggiungere un vicolo cieco.

Un altro dei temi più importanti degli spin-off di questa nuova trilogia è stato il trattamento e l’evoluzione di Laurie Strode, che deve fare i conti con il suo rancore e la sua furia ma non abbassa mai la guardia. È in questo episodio che la percepiamo più umana, più bisognosa di voltare pagina e di intraprendere un nuovo cammino, lasciandosi alle spalle le sue paure più intime, che le hanno fatto sviluppare un sesto senso per percepire la presenza di Myers o la sua influenza malevola.

Haddonfield – oggi più che mai una brutta città industriale – diventa sfondo per la storia di personaggi secondari in un film che si cristallizza tra la narrazione seriale televisiva, che segue direttamente il dramma dei sopravvissuti, e i bruschi sfalsamenti di un sequel horror anni Ottanta, con nuovi volti che rimangono ben poco impressi.

Halloween Ends

Halloween Ends è davvero la resa dei conti?

Questo capitolo finale, che si chiude non con un botto, ma piuttosto con un piagnisteo, non è solo superfluo e pieno di cliché, ma rappresenta anche ciò che si prova quando si raschia il fondo di un barile che è stato arido e sterile per decenni. A parte la trama francamente assurda, Halloween Ends non è spaventoso e neanche satirico: in assenza di una premessa coerente, David Gordon Green e i suoi co-sceneggiatori ricorrono ai peggiori tropi slasher e nulla più.

Il film impiega troppo tempo a svelare una storia che vorrebbe portare a un’escalation, con solo gli ultimi 20 minuti che entrano davvero nel vivo della questione. In questo ultimo frangente, tutto è studiato su misura per ottenere effetti piuttosto drastici ed esageratamente sanguinosi: semplicemente, non ci sono abbastanza vittime che possano morire in pochi minuti e la disinvoltura con cui vengono commessi gli omicidi sembra spesso del tutto disumana. Passo dopo passo, il film si trasforma in un groviglio di uccisioni gratuite e cinico fan service, mentre si avvia verso l’inevitabile conclusione: la resa dei conti corpo a corpo tra Laurie e Michael, una distruzione corporea tanto prevedibile quanto insoddisfacente.

Ma si tratta davvero dell’ultimo scontro? Halloween Ends sembra quasi riconoscere la natura condizionale della sua stessa fine in una delle sue battute finali, pronunciata da Laurie: “Il male non muore, cambia forma“. Finchè ci sarà da guadagnare, sembra che Micheal Myers rimarrà sempre in agguato nell’ombra.

La Cura, recensione del film di Francesco Patierno

La Cura, recensione del film di Francesco Patierno

Girato in più fasi a partire dall’inizio del lockdown, La Cura di Francesco Patierno è presentato nella sezione in concorso della Festa del Cinema di Roma, oggi che i giorni più diffcili dell’emergenza pandemica possono sembrare un ricordo lontano e ci si sta avviando verso una sorta di normalità.

D’altra parte, un evento drammatico e inaspettato come la pandemia, che ci ha messo di fronte a scenari impensabili, non poteva non finire sotto la lente del cinema italiano. Nel caso di Patierno, con la rilettura del romanzo La Peste di Albert Camus, che fin troppo bene si adatta al recente passato.

La trama de La Cura

Napoli. Una troupe cinematografica gira un film tratto da La Peste di Camus durante i giorni più difficili della pandemia da Covid -19. Le vicende di attori e tecnici si intrecciano con quelle dei personaggi del romanzo. Bernard, Francesco Di Leva, è un medico, la cui moglie gravemente malata, lascia Napoli per curarsi. Intanto, in città si hanno i primi segni del diffondersi di un’epidemia. Mentre il medico, assieme al collega Castel, Giancarlo Cosentino, cerca di convincere le autorità ad avvertire la popolazione del pericolo, l’epidemia si aggrava sempre più e si rende necessario chiudere la città, affinchè il contagio si diffonda il meno possibile. Di fronte all’emergenza, c’è chi, come Tarrou, Alessandro Preziosi, si mette a disposizione per ospitare chi ne ha bisogno e organizza un gruppo di volontari per aiutare ad affrontare la situazione. Tra lui e Bernard nasce una profonda amicizia. Rambert, Francesco Mandelli, invece, è un attore che vuole tornare nella sua città e cerca di farlo con ogni mezzo. C’è chi nega la pericolosità del virus, chi dice di star bene, mentre soffre i primi sintomi del male, come l’infermiere Grand, Antonino Iuorio; c’è chi considera il male un flagello di Dio mandato sulla terra per punire gli uomini, come Padre Paneloux, Peppe Lanzetta. Ci sono vittime innocenti di un male sconosciuto in una Napoli deserta. Su tutte, la piccola figlia del prefetto, Andrea Renzi. La sfida per Bernard e i suoi colleghi, è trovare al più presto un farmaco efficace, una cura contro il virus.

Tra realtà, finzione e metacinema

La Cura può risultare nella prima parte un po’ confuso, vista la labilità del confine tra la vita degli attori durante le riprese e la messinscena de La Peste, tra realtà, finzione e riflessione sul cinema, su se e come farlo in quei momenti drammatici. C’è il rischio che diventi un mix farraginoso e poco chiaro. Invece, man mano si entra nel meccanismo del film, i piani si fondono, diventa più immediato seguire la vicenda e immedesimarsi. Non occorre molto perché lo spettatore torni con la mente alle proprie giornate di lockdown, mentre vede le immagini scorrere sullo schermo, grazie anche a un gruppo di appassionati interpreti, su cui spiccano Alessandro Preziosi e Francesco Di Leva. Ecco, allora, la rappresentazione delle divisioni all’interno della società, dei vari punti di vista che si sono scontrati anche in modo acceso. Qualcuno si crede immune dal contagio, altri si chiedono se “ne usciremo migliori”. Una costruzione d’impronta teatrale, non verbosa, ma piuttosto minimalista, per trasporre il romanzo di Camus e calarlo nel presente.

Napoli protagonista ne La Cura

La vera protagonista del film, tuttavia, è la Napoli deserta del lockdown. È la città partenopea a destare la maggiore impressione nello spettatore. La scelta dell’ambientazione non poteva essere più appropriata. Napoli, sempre così viva, piena di allegria, di schiamazzi e di un vociare di per sé simbolo di vitalità, è invece qui silenziosa e vuota. Rappresenta così, all’ennesima potenza, quello che è accaduto nelle città italiane in quei mesi. Colpiscono le sue strade vuote, in cui si sente solo il suono delle ambulanze o un grido disperato. Quelle atmosfere sono le più efficaci per riportare lo spettatore indietro a momenti che sembrano lontani, sebbene con la pandemia ancora si conviva.  

Umanità empatica e pudore rispettoso del dolore e della morte

Da apprezzare anche il pudore, il tatto, con cui Patierno tratta la malattia e la morte, senza indulgere in esse, senza spettacolarizzarle. Il che, nell’era della spettacolarizzazione eccessiva è una dote rara. L’occhio della macchina da presa resta a distanza, rispetta, ci si muove in punta di piedi. 

La Cura è poi un film con molti abbracci, quelli che sono mancati in quei giorni, entrando a far parte dei “gesti proibiti” a causa del virus. È anche un film senza troppi dispositivi di protezione, neanche in ospedale. Ciò risulta un po’ straniante per lo spettatore, ma sembra che il regista abbia tenuto a non perdere l’umanità, il contatto anche fisico nel suo racconto, come invece lo si è perso nella realtà. In questo modo, egli pone l’accento sull’empatia, sul senso di comunità e dà spazio alla speranza e alla fiducia nell’uomo, nonostante tutto. Sebbene al regista non interessi esprimere un giudizio sui punti di vista e i comportamenti che mostra, il suo sguardo è particolarmente benevolo verso chi fa, chi si spende, aiuta e si sporca le mani, proprio come i due protagonisti.

La Cura è una lettura lucida e garbata dei giorni bui del lockdown, ma non per questo meno appassionata. Invita lo spettatore a salvaguardare i legami umani, l’amicizia, la comprensione, la solidarietà, a riscoprire il senso di comunità. È questo che ha aiutato, assieme alla scienza e al lavoro dei medici, a superare i momenti più difficili.  

Il ragazzo e la tigre, la recensione del film con Claudia Gerini

Il ragazzo e la tigre, la recensione del film con Claudia Gerini

Un’operazione encomiabile, che non a caso ha ottenuto il patrocinio del WWF, quella di Brando Quilici (Il mio amico Nanuk), che porta alla Festa del Cinema di Roma il suo nuovo film. Presentato in anteprima ad Alice nella Città – e distribuito in sala da Medusa Film dal 14 ottobre 2022, anno della Tigre secondo il calendario cinese – Il ragazzo e la tigre racconta una storia ricca d’avventura ed emozioni interpretata anche da Claudia Gerini, presenza familiare in un Nepal splendido e ammaliante, vero e proprio protagonista al pari dell’attrice romana e del giovanissimo Sunny Pawar. 

Il ragazzo e la tigre – Due cuccioli in fuga

E’ lui il piccolo Balmani di dodici anni, scappato dall’orfanotrofio per tornare nella sua Kathmandu, che sulla strada si imbatte in un gruppo di bracconieri riuscendo a salvare un cucciolo di tigre del Bengala, Mukti. La strana coppia intraprende così un viaggio pericoloso e rivelatore verso il monastero Taktsang, noto come Tana della Tigre, dove i due dovrebbero finalmente essere al sicuro e sotto la protezione dei monaci buddhisti himalayani. Sulle loro tracce, oltre a cacciatori senza scrupoli e personaggi ambigui, anche la preoccupata Hannah (Claudia Gerini), direttrice della struttura che ospitava il bambino e in apprensione dopo la sua scomparsa

Amore e fratellanza, ma anche tradimento e delusioni si alternano in questa piccola grande Odissea, che il regista ha immaginato a partire dalla leggenda del Guru Rimpoche, l’uomo santo per i Buddisti, che volò nel IX secolo a cavallo di una tigre dal Tibet al Bhutan per fondare il monastero citato nel film. Uno spunto al quale sono seguiti diversi viaggi nel Nepal distrutto dal terremoto del 2015, nei quali Quilici ha potuto documentarsi e approfondire molti degli elementi che oggi irrobustiscono la sua ultima fatica.

Salvate la tigre

Coerentemente con gli obiettivi del programma del WWF “Save the tigers now”, il film racconta dei maestosi felini (dei quali restano solo 3900 esemplari, in libertà) e lo fa nella speranza di sensibilizzare il pubblico, soprattutto – ed espressamente – dei più giovani. Anche se forse potrebbero essere i “giovanissimi” gli spettatori ideali di una vicenda che mette insieme “le emozioni della fanciullezza e della crescita” e i temi della “conservazione della fauna selvatica e la scomparsa delle specie”.

Obiettivi senza dubbio raggiunti, da un prodotto che però oltre al grande lavoro di preparazione e al messaggio non sembra in grado di offrire una pari qualità a livello narrativo. Non è sicuramente facile lavorare con una fiera, e questo giustifica sicuramente le sequenze che le vedono in scena, ma a essere ancora più forzate sono alcuni snodi e caratterizzazioni – tanto tra i villain quanto tra i protagonisti – un po’ troppo ‘per bambini’.

Un limite che il film avrebbe potuto non porsi (ammesso che questo sia l’effetto di una strategia produttiva), consentendosi di raggiungere un pubblico più vario ed esigente di quello della sezione “dedicata alle giovani generazioni”. Che insieme a una generale perdita di spontaneità, delle premesse e uno sviluppo piuttosto canonici e una immagine degli animali quasi da cartoon d’altri tempi, offre qualche lezioncina di troppo, pur mostrando una interessante alternanza tra i diversi piani rappresentati da una Gerini meno sopra le righe di altre volte e dal piccolo ed espressivo  Sunny.

Impossibile non pensare al Due fratelli di Jean-Jacques Annaud e non restare a bocca aperta davanti alle splendide location scelte da Quilici, non a caso produttore e regista di oltre 100 special per reti televisive di tutto il mondo, tra cui National Geographic e Discovery Channel. Panorami difficili da vedere, quelli della giungla del Chitwan (dove riprese sono state possibili solo dall’alto degli elefanti, per non disturbare le tigri) e di Kathmandu, fino alle vette più alte dell’Himalaya, che fanno passare in secondo – o terzo – piano anche la fretta con cui si arriva al rassicurante (e un po’ slegato) finale.

Tutto chiede salvezza, la conferenza stampa della serie Netflix

Tutto chiede salvezza, la conferenza stampa della serie Netflix

Tutto chiede salvezza è la nuova serie originale italiana targata Netflix che si potrà vedere solo sulla piattaforma a partire dal 14 ottobre. Diretta da Francesco Bruni e sviluppata su sette puntate, è liberamente tratta dal romanzo omonimo di Daniele Mencarelli, per il quale lo scrittore ha vinto il Premio Strega Giovani nel 2020. Ne spiegano entrambi la genesi, insieme alla maggior parte del cast, tra cui Federico Cesari, Fotinì Peluso, Ricky Memphis, Vincenzo Crea, Raffaella Lebboroni, Andrea Pennacchi e Lorenzo Renzi.

Tutto chiede salvezza racconta del trattamento sanitario obbligatorio che subisce improvvisamente il giovane Daniele (Cesari) e di tutto quello che si svela da quel momento in avanti nella sua vita interiore ed esteriore, dentro e fuori la struttura in cui è ricoverato.

«Questa storia è dramedy», introduce Bruni, «genere che ha sempre fatto parte della mia personale cifra stilistica, per quanto nelle prime puntate ci siano più drammi che risate. Penso comunque che il produttore Roberto Sessa (per Picomedia n.d.r.) mi abbia chiamato proprio per questo mio modo di raccontare anche gli aspetti pesanti della vita. Ho cercato in ogni momento di non scadere nel pietismo e, se inavvertitamente me ne avvicinavo, ritornavo subito alla commedia. Volevo che tutto fosse il più realistico possibile». Il microfono passa poi subito allo scrittore Mencarelli che dice come sia stato vedere le proprie parole scritte trasformarsi in immagini: «All’inizio ho provato un po’ di terrore, ma poi è prevalso il senso di responsabilità. Nel fare intrattenimento qui viene mostrato seriamente un mondo di grande sofferenza. Questo è quello che penso debba fare la letteratura: entrare nei mondi e scavarci dentro. A proposito, ringrazio Francesco Bruni per come ha saputo rendere il mio romanzo!».

Tutto chiede salvezza, la conferenza stampa

Interviene poi Federico Cesari, che gioca il ruolo principale di Tutto chiede salvezza, e descrive quello che ha significato calarsi in un profilo così: comprensibile ma non certo facile da incarnare. E nella sua riflessione viene toccata una questione molto profonda: «Ho approcciato al mio personaggio prima attraverso il romanzo e poi con la sceneggiatura, perciò avevo ben chiaro quale fosse il percorso narrativo. Ma ho dovuto trovare un modo per far sì che emergesse anche nella mia corporeità. La caratteristica principale del protagonista, Daniele, è quella di essere molto empatico, con una sensibilità particolarmente spiccata, che difficilmente si trova in giro. Per me è stata una rivelazione “incontrarlo” e farne la conoscenza, scoprire questo suo superpotere».

«E io aggiungo una cosa», interviene Mencarelli, «per me la grande scommessa di questa serie è mostrare che questo superpotere in realtà è molto più diffuso di quel che si pensi. C’è un grande sommerso, un “non detto”, rispetto alla vita, all’esistenza, alla sensibilità, che ognuno di noi porta in seno e c’è chi, spesso in maniera patologica, malata, lo tira fuori. E sono convinto che la serie farà vedere alle persone che la linea di confine è in realtà inesistente tra chi fa un TSO e chi ha i galloni della normalità. Perché nel momento in cui un uomo mette a disposizione la propria sensibilità si trova a rispecchiarsi e riconoscersi nell’altro. Il grande elemento poetico di Tutto chiede salvezza è che nessuno mente. Nessuno passa attraverso delle convenzioni. Non c’è il mondo borghese che giochi a nascondere quel che è imbarazzante sotto al tappeto. Qui ognuno è semplicemente portatore di una verità che spesso è dolorosa ma altre volte è ironica e divertente. È questo il superpotere che abbiamo tutti, dobbiamo solo ricordarcelo un po’ di più. Tanti uomini di potere non hanno mai avviato un dialogo col loro mondo interiore. La serie mostra semplicemente questo: affrontare insieme quel mondo interiore conviene, perché da soli pesa troppo e schiaccia.

Diceva Ennio Flaiano che la storia non insegna niente, quindi ogni periodo storico è buono per fermarsi a riflettere. Dai quattordici anni in poi ho avuto la fortuna d’incontrare la lingua che fa dei grandi temi della vita il suo canto, che è la poesia. Ed è stata il mio supporto». Conclude, infine, Francesco Bruni spiegando che Tutto chiede salvezza è nettamente il naturale compimento del suo percorso registico iniziato nel 2011 con Scialla! (Stai sereno) e sei anni dopo con Tutto quello che vuoi, in quanto ogni tematica affrontata attraverso l’uso dell’ironia, qui viene spalancata e approfondita fino in fondo. Senza sconti.

The Code: trama, cast e curiosità sul film con Antonio Banderas

The Code: trama, cast e curiosità sul film con Antonio Banderas

La figura del ladro professionista ha sempre avuto un certo fascino al cinema, specialmente nel momento in cui assume i connotati di un antieroe per cui poter fare il tifo. Celebre esempio di questo filone è il film Poter assoluto, di Clint Eastwood, ma più recentemente anche il premio Oscar Morgan Freeman si è cimentato con un ruolo simile. Nel 2009 questi è infatti stato protagonista del film The Code, diretto dalla regista Mimi Leder, già nota per film adrenalinici come The Peacemaker e Deep Impact. La vicenda stavolta si svolge dunque nel mondo della criminalità, con personaggi coinvolti in intrighi più grandi di loro, dai quali sarà difficile uscire vivi.

Puro thriller d’azione, il film è ancora oggi sconosciuto a molti dei fan del genere. Ciò è motivato anche dal fatto che questo non ebbe modo di uscire in sala, venendo invece distribuito direttamente per il mercato home video. A causa di ciò le possibilità di popolarità sono decisamente state inferiori, ma negli anni The Code è ugualmente riuscito a conquistare una sua fetta di pubblico, attratto in particolare dalla presenza di alcuni attori di fama internazionale. Oltre a loro, è però possibile ritrovare un film dall’intrigante intreccio, capace di costruire una tensione che porta direttamente con il fiato sospeso sino alla risoluzione finale.

Si tratta dunque di un’opera da riscoprire, che presenta una serie di caratteristiche che non lasceranno indifferenti gli amanti del genere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

The Code: la trama del film

Protagonista del film è Keith Ripley, ladro particolarmente esperto e determinato, il quale vanta una lunga carriera alle spalle con furti di grande valore. Anche lui deve però arrendersi all’avanzare dell’età, trovando tuttavia ben poca comprensione nella mafia russa e nel suo vecchio socio Viktor. Prima di lasciare Keith alla sua pensione, il criminale vuole infatti commissionargli un ultimo lavoro, da svolgere nel modo più delicato e possibile, senza possibilità di fallire. Consapevole delle sue limitate abilità, Keith decide di affidarsi al giovane Gabriel, ladruncolo dalle capacità inespresse incontrato in metropolitana. Per entrambi il colpo può rappresentare una svolta nella loro vita, ma si tratterà anche del più complesso mai fatto.

I due ladri devono infatti introdursi in uno dei caveau più inaccessibili sulla faccia della terra e rubare due uova Fabergé dal valore inestimabile. Ad accompagnare i due uomini nella loro missione ci sarà anche la bella Alexandra Korolenko, figlioccia adottiva di Keith, la quale ben presto intreccerà una relazione molto pericolosa con Gabriel. Il loro rapporto, infatti, rischierà di compromettere il colpo, che non ammette errori. Studiando attentamente il modo più sicuro per procedere, i tre ladri si troveranno a dover mettere da parte ogni coinvolgimento esterno, ma con l’aumentare della pressione sarà sempre più complesso non cedere alle tentazioni.

The Code cast

The Code: il cast del film

Come anticipato, ad interpretare il ruolo del ladro Keith Ripley vi è l’attore premio Oscar Morgan Freeman. Questi, affascinato dalla possibilità di interpretare un personaggio sfaccettato, si è subito dichiarato interessato al progetto. Il suo coinvolgimento ha permesso la realizzazione del film, e la performance di Freeman è poi stata lodata come particolarmente credibile. Accanto a lui, nei panni di Gabriel, vi è l’attore spagnolo Antonio Banderas. Per calarsi nei panni del personaggio, questi ha raccontato di aver approfondito le principali tecniche per i furti, avendo così modo di poter risultare più realistico al momento di mostrare le sue abilità.

Nel film sono poi presenti diversi altri noti attori, a partire da Radha Mitchell. Divenuta famosa per film come Neverland – Un sogno per la vita e Melinda e Melinda, questa interpreta qui il personaggio di Alexandra Korolenko, la figlioccia di Keith. L’attore Robert Forster, celebre per Jackie Brown, è invece presente nei panni del Tenente Weber. Nei panni del criminale russo Viktor vi è invece l’attore, poeta e musicista croato Rade Šerbedžija. Infine, prima di diventare celebre grazie a film come Inception e The Revenant, l’attore Tom Hardy ha recitato in The Code con il ruolo di Michaels.

The Code: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di The Code grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Rai Play e Now TV. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 14 ottobre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Robbie Coltrane, addio a Rubeus Hagrid

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Robbie Coltrane, addio a Rubeus Hagrid

Si è spento Robbie Coltrane, celebre attore scozzese, famoso per aver interpretato Rubeus Hagrid nei film di Harry Potter, si è spento all’età di 72 anni.

A confermare la notizia l’Hollywood Reporter tramite gli agenti dell’attore: Coltrane, malato da circa due anni, si è spento in un ospedale vicino casa sua a Larbert, in Scozia.

Lo avevamo visto l’ultima volta nello speciale per i 20 anni di Harry Potter. In quell’occasione aveva rilasciato una dichiarazione in cui con parole semplici e dirette ha consegnato al mondo l’eredità di Hagrid.

“La generazione dei miei figli mostrerà i film di Harry Potter ai loro figli, e così ancora, anche tra 50 anni. Io non ci sarò, purtroppo, ma Hagrid sì. Hagrid sì.”

In alto le bacchette.

Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere 1×08, la recensione del finale di stagione

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Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere 1×08 chiude la prima stagione della titanica serie Amazon Prime Video con rivelazioni e svolte, senza regalare grandi sorprese ma mirando a quel punto preciso di un immaginario petto dell’audience che, arrivata a questo punto, dovrebbe avere a cuore le sorti dei personaggi.

I finali di stagione sono sempre molto complicati, perché se da una parte devono chiudere un arco narrativo e dare soddisfazione allo spettatore, devono anche trovare il giusto equilibrio con ciò che rimane da raccontare e creare la strada per il ciclo successivo, in modo tale che possa comunque suscitare l’interesse del pubblico. Quello che realizza Alloyed (titolo indicativo, in italiano, L’Amalgama) è un perfetto equilibrio tra le due strade, giacché proprio nel bilanciamento degli ingredienti si trova il cuore di questo episodio di congedo.

Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere 1×08, due location

Le vicende che coinvolgono i protagonisti sono tutte legate a punti di svolta e identità rivelate, per cui, in questa recensione de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere 1×08 ci si limiterà a dire che il terreno di gioco scelto dagli showrunner per quest’ultima (per il momento) ora nella Terra di Mezzo è diviso tra le stanze elfiche dell’Eregion, nella bottega di Celebrimbor, e le colline attraversate dai Pelopiede nelle loro migrazioni verso territori non ostili a creature miti e indifese, quali sono gli antenati degli Hobbit.

In questi due setting, seguiamo le vicende delle specie che rappresentano a tutti gli effetti il grado più alto e quello più basso della scala di valori tolkieniana, dove alto e basso non hanno accezione negativa o positiva ma si riferiscono alla distanza tra ciò che è terreno e concreto e ciò che è nobile e divino. Da una parte ci sono gli elfi: creature che vivono per sempre e che per questo hanno una percezione del tempo dilatata e vedono il futuro, impegnandosi a proteggere i figli e le terre di Arda sulla lunga distanza. Dall’altra i Pelopiede: quelli che sono a tutti gli effetti antenati di Frodo, Sam, Merry e Pipino sono creature semplici, ancorate alla terra, ancora di più in questa loro versione “primitiva”, dal momento che si spostano con il mutare delle stagioni, assecondando la natura e vivendo una vita semplice in comunità, con la granitica convinzione che nulla può essere affrontato o avere senso se non si è in gruppo, in famiglia.

L’Amalgama perfetta tra valori alti e bassi di Tolkien

I nobili e eroici elfi e i calorosi e terreni hobbit, quindi, entrambi testimoni di manifestazioni che cambieranno per sempre gli ordini della Terra di Mezzo. Ed è interessante il lavoro speculare, rispetto alle rivelazioni a cui si è accennato, che si è fatto in fase di sceneggiatura, dal momento che quella che chiude a tutti gli effetti un momento importante della macro-storia che vedremo raccontata su Prime Video, apre anche l’inizio dei giochi per la Terra di Mezzo, mettendo sul campo i principali giocatori di questa grande partita.

Senza però guardare troppo al futuro e alle rivelazioni più o meno inaspettate che ci regala questo finale di stagione, possiamo con buona ragione dire che con Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere 1×08 gli spettatori sono testimoni della leggenda che si fa storia raccontata, mostrata a schermo e riscoperta. Non è certo un segreto che il finale di stagione mirava a mostrarci la forgiatura degli anelli elfici, e questo accade nella forgia di Celebrimbor, il mastro fabbro dell’Eregion, questo accade davanti agli occhi di Galadriel e Elrond, i quali, si sa, diventeranno due dei tre Portatori, testimoni dell’alba di un’era, quella degli Anelli, che vedrà il mondo trasformarsi.

Un’eco distante e distinto de Le Due Torri

Dopo l’emozionante dittico formato da Udun e The Eye, che porta la firma di Charlotte Brändström, torna al timone de Gli Anelli del Potere Wayne Yip, che, proprio come nel titolo della puntata, amalgama tutti gli elementi fondamentali di questa prima stagione per un finale che non insiste sullo spettacolo, ma guarda al dettaglio, al piccolo, alle conseguenze, soprattutto guarda al cuore del pubblico. C’è una deferenza spiccata nei confronti del lavoro su Tolkien fatto da Peter Jackson, non solo nella scrittura di alcuni personaggi e addirittura di alcune battute, ma nel tono che acquista la storia, e l’ultima parte dell’episodio: c’è la salda speranza in due viandanti con una missione, c’è la scintilla che nasce da un’opera di collaborazione/una vittoria, c’è l’incertezza che striscia verso i piedi del Monte Fato che ancora non si chiama così, c’è l’eco fortissima del finale incerto e insidioso de Le Due Torri, con tanto di brano sui titoli di coda che ricorda quell’inquietante e affascinante Gollum’s Song, all’epoca cantata da Emiliana Torrini. Musicalmente, il brano di chiusura di Alloyed rievoca quella canzone in maniera spudorata, ma il testo è ancora più noto, da brividi ai polsi.

Perché se è vero che Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere costeggia da lontano molti dei fatti raccontati da Tolkien, omaggia i luoghi, i personaggio, lo spirito epico e d’avventura che oltre la filologia spicciola tiene conto della memoria emotiva.

Ancora una volta, il mondo di Tolkien parla agli spettatori attraverso uno schermo, e di nuovo lo fa con parole semplici quali amicizia, sacrificio, scoperta, parole che ci avvicinano alla piccola Nori, ai suoi occhi grandi, al suo cuore puro, ancora più grande e affamato di avventura. Perché è quello il punto di vista privilegiato per avere l’esperienza più completa della Terra di Mezzo, così come era quella la prospettiva di Tolkien (che si definiva lui stesso un Hobbit) sul suo creato.

Black Adam: una foto dal dietro le quinte rivela l’aspetto di un personaggio di Peacemaker

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Non è un segreto che il prossimo film di Black Adam presenterà vari cameo di altri personaggi DC. Grazie a un nuovo scatto dietro le quinte, ora sappiamo che uno di quelli sarà qualcuno che proviene dalla serie HBO Peacemaker.

In una nuova ripresa del dietro le quinte del film in uscita, Jennifer Holland, che interpreta l’agente ARGUS Emilia Harcourt in Peacemaker, può essere vista in piedi accanto a Hawkman di Aldis Hodge e Doctor Fate di Pierce Brosnan. Proprio quello che sta facendo nel film è sconosciuto al momento, ma per fortuna i fan non dovranno aspettare troppo a lungo per capirlo. Di seguito la foto:

Black Adam
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Il cast completo di Black Adam, oltre a Dwayne Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo, annovera anche Noah Centineo (Atom Smasher), Quintessa Swindell (Cyclone), Aldis Hodge (Hawkman) e Pierce Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis, e Marwan Kenzari, che sarà invece l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato ancora svelato).

Black Adam, che sarà diretto da Jaume Collet-Serra (già dietro Jungle Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo. Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio. L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio 2022. Black Adam uscirà al cinema in Italia giovedì 21 ottobre 2022.

Il progetto originale della Warner Bros. su Shazam! aveva previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua nemesi, Black Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla sua origin story. A quanto pare, il film su Black Adam dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni duemila.

John Carpenter vuole ancora girare un film su Dead Space

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John Carpenter vuole ancora girare un film su Dead Space

L’acclamato regista John Carpenter ha lanciato ancora una volta il suo grido per un film sui videogiochi, dicendo che gli piacerebbe dirigere un adattamento di  Dead SpaceIn una recente intervista con The AV Club, Carpenter è rimasto scioccato nello scoprire che una serie basata su The Last of Us stava uscendo e gli è stato chiesto se avesse mai pensato di adattare un gioco o qualcosa di quel genere. Carpenter ha detto che ce n’è solo uno che potrebbe pensare di provare a fare, ovvero: Dead Space .

“L’unico che mi viene in mente, e l’ho menzionato prima, è Dead Space . Sarebbe davvero un grande film. Potrei farlo.” ha ammesso John Carpenter. Gli è stato anche chiesto quale dei giochi fosse il suo preferito, a lui ha risposto “qualcuno di loro”, inclusa la terza e ultima partita. “Mi piace anche l’ultimo, quello d’azione che non piaceva a nessun altro”, ha detto Carpenter.

Questa non è la prima volta che Carpenter parla di voler adattare Dead Space in un film. Quasi un intero decennio fa, nel 2013, aveva anche accennato al fatto che il gioco sarebbe potuto essere un grande film, dicendo alla rivista Game Informer “Sostengo che Dead Space sarebbe solo un grande film perché hai queste persone che arrivano in un luogo abbandonato e chiuso. – giù l’astronave e devono avviarla e qualcosa è a bordo. È solo roba fantastica”.

Anche se non è chiaro se Carpenter avrà mai la possibilità di dirigere un adattamento di Dead Space, presto del gioco potrà giocherà una versione aggiornata. Il remake di Dead Space verrà lanciato il 27 gennaio 2023 per PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC.

La sirenetta: primo poster dell’adattamento live-action

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La sirenetta: primo poster dell’adattamento live-action

Il primo poster dell’adattamento live-action de La Sirenetta  del 2023 è stato pubblicato su Twitter, offrendo ai fan uno sguardo all’estetica del film. L’attrice protagonista che interpreterà Ariel, Halle Bailey, ha utilizzato il suo account Twitter per rivelare il nuovo poster, che mostra Ariel seduta su una pietra sott’acqua e guardando malinconicamente verso la superficie. Il poster include anche la data di uscita nelle sale del film, il 26 maggio 2023.

La Sirenetta, cosa sappiamo

La Sirenetta vedrà nel cast Halle Bailey (nei panni di Ariel), Jonah Hauer-King (nei panni del Principe Eric), Javier Bardem (in trattative per interpretare Re Tritone), Melissa McCarthy (nei panni di Ursula, la perfida strega del mare), Daveed Diggs (Sebastian), Jacob Tremblay (Flounder) e Awkwafina (Scuttle). Questa versione del classico sarà diretta dal regista di Il Ritorno di Mary Poppins e Into The Woods, Rob Marshall, e includerà sia i brani dell’originale d’animazione del 1989, sia canzoni inedite a cui lavoreranno Alan Menken e Lin-Manuel Miranda. Il film arriverà il 26 maggio 2023 al cinema.

Shazam! Fury of the Gods, Caroline Currey rivela nuovi dettagli su Mary Marvel e Family Dynamic

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Shazam! ci ha presentato un gruppo di ragazzi adottivi che, grazie a Billy Batson e al Mago, hanno acquisito incredibili poteri magici. Pronunciando la parola “Shazam!” si trasformano in supereroi adulti ma mantengono la loro personalità giovanile, facendo sentire la famiglia Shazam diversa da qualsiasi altra squadra di eroi.  Nel film del 2019, Michelle Borth ha interpretato la Mary Marvel adulta, qualcosa che molti fan hanno sostenuto non avesse senso. Il personaggio è sempre stato ritratto come se avesse la stessa età della sua controparte non super, e Grace Caroline Currey sembrava letteralmente perfetta per il ruolo che riprenderà anche in Shazam! Fury of the Gods.

Il prossimo sequel, Shazam! Fury of the Gods vedrà Currey interpretare entrambi i lati di Mary. In una recente intervista in occasione dell’uscita del Blu-ray di Fall, l’attrice ha rivelato com’è stato indossare un costume da supereroe ed esplorare questo personaggio in un modo in cui il primo film non le permetteva di farlo. “Oh, è un tale sogno! È davvero speciale. Io e mio fratello adoriamo i fumetti e quando ho scoperto per la prima volta il personaggio, Mary, era così stordito da mostrarmi il fumetto e dire: ‘Oh amico, sei proprio come lei! Questo ruolo è così pensato per.’ Anche con il casting, Rich Delia me li ha mostrati e ha detto: “È pazzesco. Devi ottenere questa parte”.

“Penso che interpretare la sua forma da supereroe e la sua forma umana sia stato così dolce”, continua l’attrice nel video qui sopra. “Diventerò responsabile del cuore e dell’anima di Mary in tutto il mondo, per non parlare del fatto che è davvero divertente indossare l’abito da supereroe”. Alla Currey è stato chiesto se avesse scoperto un lato completamente nuovo di Mary e lei ha risposto: “Completamente! Inoltre, la dinamica di lavorare con il ‘cast per bambini’ rispetto al ‘cast per adulti’. È stato davvero divertente per me trovare com’era”. “Tra le versioni per adulti dei personaggi, sono l’unico che riesce a saltare tra i due, e vedere le connessioni e le somiglianze è stato così divertente per me. Solo vedere cosa ha fatto il nostro cast adulto con le parti più giovani e viceversa . È stato davvero divertente essere la sorella maggiore su tutta la linea e così divertente poter giocare con tutti per tutto il tempo, rimbalzando avanti e indietro [ride]”.

Shazam! Fury of the Gods, il film

Shazam! Fury of the Gods arriverà nelle sale  il 17 marzo 2023, e vedrà il ritorno di  Zachary Levi nei panni dell’eroe del titolo. Nel cast è confermato anche il ritorno di Asher Angel, mentre i villain saranno interpretati dalle new entry Helen Mirren, Rachel Zegler e Lucy LiuMark Strong non tornerà nei panni del Dottor Sivana, mentre Djimon Hounsou sarà ancora una volta il Mago.

MCU: chi interpreterà Spider-Gwen?

MCU: chi interpreterà Spider-Gwen?

Spider-Gwen non ha ancora fatto il suo debutto nell’MCU, ma ci sono alcune attrici che sarebbero perfette per il ruolo. L’attore Jacob Batalon ha parlato del possibile arrivo di Spider-Man 4 e il pubblico ha subito iniziato ad immaginarsi la versione live-action di una super-potenziata Gwen Stacy. Dopo Spider-Man: No Way Home e le aperture multiversali dell’MCU, i fan si augurano di vedere Spider-Gwen in azione accanto a Peter Parker di Tom Holland.

Introdurre Spider-Gwen nell’MCU potrebbe iniettare una nuova scarica di energia nella serie di SpiderMan. Se la storia d’amore tra Peter e Gwen è stata per decenni un punto di riferimento per i lettori dei fumetti, la storia a fumetti di Spider-Gwen – dal debutto nel 2014 – è diventata rapidamente popolare. Va detto che Spider-Gwen differisce dall’umana Gwen Stacy. Nella trama originale, la morte di Gwen Stacy è un punto di svolta nello sviluppo del personaggio di Peter mentre nei fumetti di Spider-Gwen la situazione è capovolta: Gwen è l’eroina e la morte di Peter è cruciale per la sua crescita.

Spider-Gwen è un personaggio moderno e d’impronta femminista e merita un’attrice all’altezza del ruolo.  Il casting in questo caso sarebbe una sfida ancora più complessa del lavoro fatto per creare la versione live-action di Gwen Stacy (Bryce Dallas Howard in Spider-Man 3, Emma Stone in The Amazing Spider-Man).Ecco chi sarebbe perfetta nel ruolo di Spider-Gwen, se mai l’eroina dovesse fare la sua apparizione live-action nell’MCU.

Milly AlcockRhaenyra in House of the Dragon

L’MCU dovrebbe tenere in considerazione Milly Alcock per il ruolo di Spider-Gwen: la star di House of The Dragon presenta una somiglianza incredibile con la Spider-Gwen dei fumetti e della serie animata Spider-Man: Into the Spider-Verse. Inoltre, la performance di Alcock nei panni della giovane Rhaenrya Targaryen dimostra che l’attrice sa interpretare personaggi ribelli e potenti, proprio come la versione super-potenziata di Gwen Stacy.

Anya Taylor-Joyanya taylor joy

Dal suo debutto nel lungometraggio The Witch, il potere di Anya Taylor-Joy è costantemente aumentato. Il suo talento, il suo aspetto particolare e la sua voce inconfondibile hanno contribuito a renderla l’interprete ideale di film horror come Split e Last Night in Soho. Il ruolo da protagonista nella miniserie Netflix La regina degli scacchi le ha permesso di farsi notare a livello globale e di guadagnarsi una prima nomination agli Emmy. Si tratta di un’attrice più esperta e dallo spirito più ribelle di Milly Alcock: Taylor-Joy ha quello che serve per portare Spider-Gwen nell’MCU. Infine, il casting potrebbe essere una svolta rispetto alla parentesi fallimentare del primo film di supereroi Marvel di Anya Taylor-Joy, The New Mutants.

Joey KingJoey King spider gwen mcu

Joey King ha iniziato a recitare giovanissima in film come Ramona e Beezus, Crazy Stupid Love e Il cavaliere oscuro – Il ritorno. Oggi King è un’attrice affermata: si è fatta un nome con il film Netflix The Kissing Booth e, recentemente, ha mostrato una propensione per ruoli più impegnati. Visto il suo ruolo in film d’azione come Bullet Train e The Princess,King potrebbe portare le sue abilità di combattimento nell’MCU per Spider-Gwen. In effetti, come abbiamo visto in Spider-Man: No Way Home, ultimamente gli scontri nell’MCU hanno assunto una natura molto più fisica e brutale rispetto ai primi film.

Camila Mendesdrea yale sider gwen mcu

L’MCU ha già dimostrato più volte la volontà di essere più inclusivo, modificando in live-action l’etnia di personaggi tradizionalmente bianchi: un caso esemplare è MJ (Zendaya) nella trilogia di Spider-Man. Allora perché non pensare a Camila Mendes, la star di Riverdale, per il ruolo di Spider-Gwen?. L’attrice ha dimostrato nella teen comedy di Netflix Do Revenge di poter ancora interpretare una liceale in modo credibile.Visti i ruoli interpretati finora, Mendes saprebbe adattarsi senza problemi al tono e all’umorismo dell’MCU.Inoltre, Mendes è nella stessa posizione in cui si trovava Tom Holland quando è stato scelto come Peter Parker: l’MCU può permettersi di scommettere sul potenziale di un giovane talento.

Millie Bobby BrownMillie Bobby Brown in Enola Holmes

Nota per aver interpretato Undici nella serie horror di Netflix Stranger Things e per i suoi ruoli in Enola Holmes e Godzilla vs. Kong., Millie Bobby Brown è probabilmente l’attrice più famosa di questa lista. C’erano state alcune voci su un possibile casting di Millie Bobby Brown per Eternals, ma forse è SpiderGwen il ruolo perfetto per far entrare la giovane superstar nell’MCU. Brown sta attualmente lavorando con i Fratelli Russosul film Netflix The Electric State, speriamo che la vicinanza a due nomi così importanti per l’MCU possano creare un collegamento tra l’attrice e Spider-Gwen.

Il Signore degli anelli: Peter Jackson rivela la scena che lo ha quasi rovinato!

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Il Signore degli Anelli: Le Due Torri ha sbalordito tutti all’epoca dell’uscita quando ha presentato la scena di battaglia di 40 minuti al fosso di Helm, ma trasformare quella lunga sequenza in realtà è stato ancora più impegnativo di quanto ci si potesse aspettare.  Parlando con The Telegraph , il regista Peter Jackson ha riflettuto sul tentativo di mettere insieme i pezzi mentre trattava con il dirigente della New Line Cinema Barrie Osbourne. Lo studio stava tenendo d’occhio Jackson dopo che il budget della trilogia ha iniziato a lievitare considerevolmente e la Battaglia per il Fosso di Helm… beh, era piuttosto costoso. 

Quindi, come ha fatto il regista a mantenere la scena così come era stata concepita nonostante le pressioni della New Line? Beh li ha ignorati.  “Era un periodo di tempo in cui la New Line era più arrabbiata con noi in termini di budget”, ricorda Jackson. “Sono sul parapetto, probabilmente con Viggo [Mortensen, alias Aragorn], e vedo Barrie. Gli ci sono voluti circa 30 minuti per sbuffare e sbuffare per arrivare in cima, quindi ho continuato a girare”.

“Barrie arriva e dice: ‘Ho lo studio, devo metterti in contatto con Michael Lynne della New Line.’ Chiedo perché. Dice: ‘Oh, minaccerà di denunciarti e venderà la società che sta sotto di te per coprire il superamento dei costi.'” “Barrie era solo il messaggero, ma è stato uno dei pochi momenti in cui ho davvero sbroccato”, continua il regista. “Ho detto: ‘Di’ a Michael Lynne che sto girando questo fottuto film e sto facendo il miglior lavoro possibile, e non interromperò la mia giornata per una telefonata del genere.’ “

Alla fine, le cose hanno funzionato per la trilogia di Jackson e Il Signore degli Anelli, con un enorme successo di critica, di pubblico e con tanti premi vinti dopo ogni film. È interessante notare che questa scena è stata quella che ha quasi rovinato Peter Jackson e il budget, ma è anche una di quelle più citate e famose.

Harrison Ford nel cast di Captain America: New World Order

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Harrison Ford nel cast di Captain America: New World Order

A seguito del rapporto di Jeff Sneider il mese scorso, Slash Film ha confermato in modo indipendente che la la star di Indiana Jones  e  la leggenda di Star Wars  Harrison Ford si unirà davvero al Marvel Cinematic Universe come il generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross. L’attore erediterà il ruolo del defunto William Hurt, che ha interpretato la parte cinque volte (The Incredible Hulk,  Captain America: Civil War,  Avengers: Infinity War,  Avengers: Endgame e  Black Widow).

Si diceva il mese scorso che l’annuncio fosse stato bloccato al D23 Expo, a causa del fatto che Lucasfilm voleva mantenere l’attenzione sul suo canto del cigno di Indiana Jones  , ma sembra che, con questo ultimo aggiornamento, potremmo ottenere una conferma più formale dalla Marvel Studios prima della fine di questo anno solare. 

Secondo Sneider, Ford farà il suo debutto come Thunderbolt Ross in Captain America: New World Order all’inizio del 2024, prima di assumere un ruolo più importante in Thunderbolts di quell’estate. Non si sa se vedremo il leggendario attore candidato all’Oscar trasformarsi in Hulk rosso, ma di certo non può essere fuori dal regno delle possibilità con altre avventure insieme all’Hulk di Mark Ruffalo promesse dopo l’entusiasmante  generato da She-Hulk.

Captain America: New World Order cosa sappiamo del film

Anthony Mackie, che ha interpretato il supereroe Sam Wilson, alias il Falcon, nel Marvel Cinematic Universe dai tempi di Captain America: New World Order, guida il film come nuovo Capitan America per la prima volta. Il cast del quarto film di “Captain America” includerà anche Shira Haas nei panni di Sabra e Tim Blake Nelson nei panni di The Leader, oltre a Danny Ramirez e Carl Lumbly, che sono apparsi nella serie The Falcon and the Winter Soldier, nei panni di Joaquin Torres e Isaiah Bradley, rispettivamente.

Lo sviluppo di Captain America 4 è stato annunciato il giorno del finale di The Falcon and the Winter Soldier, con il creatore dello show Malcolm Spellman e lo sceneggiatore Dalan Musson chiamati a firmare la sceneggiatura. Nell’ambito del panel dello studio al Comic-Con di San Diego, a cui era presente Screen Rant, la Marvel ha rivelato la data di uscita del film: 3 maggio 2024, oltre al titolo ufficiale: Captain America: New World Order. A dirigere è stato chiamato Julius Onah.

Jake Schreier dirigerà Thunderbolts e si baserà su una una sceneggiatura di Eric Pearson. Il cast dell’ensemble è composto da Florence Pugh come Yelena Belova, Sebastian Stan come Bucky Barnes/Winter Soldier, Wyatt Russell come John Walker/US Agent, Olga Kurylenko come Antonia Dreykov/Taskmaster, David Harbour come Alexei Shostakov/Red Guardian, Hannah John-Kamen come Ava Starr/Ghost, e Julia Louis-Dreyfus come Contessa Valentina Allegra de Fontaine. Thunderbolts uscirà nei cinema il 26 luglio 2024. 

Black Adam: ecco la scena post-credit che finisce in rete ad una settimana dell’uscita

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La star di Black Adam Dwayne Johnson non ha fatto esattamente un ottimo lavoro nel mantenere segreta una delle più grandi rivelazioni del suo film, quindi probabilmente non dovrebbe sorprendere che la sequenza post-crediti del film sia trapelata online nella sua interezza. Nonostante i tentativi di cancellarla da parte di Warner Bros e New Line la scena si è diffusa a macchia d’olio su Twitter e TikTok per tutto la notte e potrebbe essere difficile da evitare prima del film uscirà finalmente nelle sale venerdì prossimo, 21 ottobre.

Per quanto riguarda ciò che contiene, Variety riporta che la scena rivela infatti: ” Henry Cavill nei panni di Superman, uscendo da un velo di fumo, affrontando il Black Adam di Johnson e dicendo: “È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che qualcuno ha reso il mondo così nervoso “. Ecco di seguito la scena presenta ancora su youtube

https://www.youtube.com/shorts/7y0FlLybg8Y

Johnson ha espresso il suo desiderio di riportare il Superman di Henry Cavill nel mix a un ritmo piuttosto incessante durante il lungo tour stampa globale del film ed è riuscito a generare un bel po’ di entusiasmo per un’ipotetica resa dei conti cinematografica tra il suo Black Adam e il Uomo d’acciaio. Tuttavia, sembra che realizzerà effettivamente il suo desiderio poiché Cavill è apparentemente di nuovo in sella e pronto ad inaugurare una nuova era della DC Films.

Black Adam, ecco la Sneak Peek del #SDCC22

Il cast completo di Black Adam, oltre a Dwayne Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo, annovera anche Noah Centineo (Atom Smasher), Quintessa Swindell (Cyclone), Aldis Hodge (Hawkman) e Pierce Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis, e Marwan Kenzari, che sarà invece l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato ancora svelato).

Black Adam, che sarà diretto da Jaume Collet-Serra (già dietro Jungle Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo. Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio. L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio 2022. Black Adam uscirà al cinema in Italia giovedì 21 ottobre 2022.

Il progetto originale della Warner Bros. su Shazam! aveva previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua nemesi, Black Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla sua origin story. A quanto pare, il film su Black Adam dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni duemila.

L’amore non va in vacanza: trama, cast e frasi del film

L’amore non va in vacanza: trama, cast e frasi del film

Autrice di alcune tra le più note e apprezzate commedie sentimentali di Hollywood, la sceneggiatrice e regista Nancy Meyers realizza nel 2006 uno dei suoi titoli più celebri: L’amore non va in vacanza (qui la recensione). Al centro della vicenda vi sono qui due donne stanche delle rispettive routine, le quali accettano a scambiarsi le rispettive case per un periodo di tempo. Una decisione, questa, che darà vita a risvolti inaspettati e particolarmente graditi. Ancora una volta, dunque, la regista torna a raccontare delle varie sfumature dell’amore, con una commedia brillante ricca di humor e buoni sentimenti.

Girato tra le città di Los Angeles, New York e nella contea di Surrey, in Inghilterra, il film è ambientato durante il periodo natalizio, e ancora oggi è considerato uno dei migliori film da guardare durante le festività. Impreziosito da un cast di grandi attori, il titolo si è da subito rivelato un grandissimo successo, arrivando a guadagnare circa 205 milioni di dollari a fronte di un budget di 85. Tale risultato ha reso L’amore non va in vacanza una delle commedie di maggior successo del suo anno, e ha dato inoltre vita al fenomeno noto negli Stati Uniti come “home exchange“.

Prima di cimentarsi in una visione di L’amore non va in vacanza, però, è certamente consigliabile approfondire ulteriori dettagli circa la sua trama e il cast di attori che lo compone. Proseguendo qui nella lettura sarà inoltre possibile ritrovare alcune delle frasi più note e belle del film, grazie alle quali si potrà avere un primo contatto con quella che è l’atmosfera del film e il carattere dei suoi personaggi. Infine, si elencheranno le principali piattaforme dove sarà possibile ritrovare il film per una comoda visione in streaming.

L’amore non va in vacanza: la trama del film

Protagonista del film sono la giornalista inglese Iris Simpkins e la montatrice cinematografica statunitense Amanda Woods. Le due donne, anche se divise dalla distanza geografica e dalle rispettive diverse attività, hanno un significativo elemento in comune: sono particolarmente sfortunate in amore. Iris, infatti, è ancora innamorata del suo ex Jasper Bloom, il quale però sembra ormai avere una nuova donna nella sua vita. Amanda, invece, si ritrova a dover fare i conti con l’infedeltà del suo compagno. Decisa ad allontanarsi da Los Angeles, questa si imbatte in un sito di scambio di casa, dove ritrova Iris.

Dopo aver intrapreso un contatto, le due acconsentiranno a scambiarsi le rispettive dimore. Così Iris si ritrova in una lussuosa villa, mentre Amanda viene ospitata in una rurale cittadina nel Surrey. Qui questa vive inizialmente una serie di disagi, salvo poi incontrare Graham, il fratello di Iris, per il quale inizierà a provare dei sentimenti che la convinceranno a rimanere. A Los Angeles, invece, Iris stringe amicizia con l’anziano Arthur Abbot, finendo poi per essere corteggiata dal simpatico compositore Miles. Entrambe le donne scopriranno ben presto che se anche loro decidono di prendersi una vacanza, altrettanto non farà l’amore, pronto a colpire nei momenti più inaspettati.

L'amore non va in vacanza cast

L’amore non va in vacanza: il cast del film

Nello scrivere i quattro personaggi principali del suo film, la Meyers ha da subito avuto in mente gli attori a cui affidare questi, e che poi hanno puntualmente accettato l’offerta. È così che l’affascinante Cameron Diaz riveste i panni di Amanda, in quella che è stata da lei definita come la prova fisica più complessa della sua carriera. L’attrice, infatti, si è trovata a dover dar vita a diverse sequenze in cui corre sui tacchi. Il ruolo di Iris è invece interpretato dalla premio Oscar Kate Winslet, la quale a sua volta ha raccontato di aver gradito molto il set, nonostante l’iniziale paura di non essere adatta alla parte affidatale. Ad interpretare suo fratello, Graham, il quale intraprende una storia d’amore con Amanda è invece Jude Law, il quale dopo diversi ruoli in film di fantascienza e in costume fu lieto di poter interpretare un personaggio contemporaneo.

A dar volto a Miles, il compositore che stringerà una relazione con Iris, è invece Jack Black. Noto per le sue commedie irriverenti, l’attore era inizialmente scettico a recitare in un film romantico. Cambiò tuttavia idea quando gli venne comunicato che avrebbe potuto recitare al fianco della Winslet. Nel film è poi presente il celebre attore Eli Wallach, noto in particolare per Il buono, il brutto, il cattivo, che dà qui vita all’anziano Arthur Abbott. Pur essendo ormai novantenne, l’attore diede prova di grande energia durante le riprese. Rufus Sewell è invece presente nei panni di Jasper, l’ex fidanzato di Iris, mentre Shannyn Sossamon è Maggie, l’iniziale ragazza di Miles. Nel film è poi presente un cameo del premio Oscar Dustin Hoffman, anche se questo non era originariamente programmato. Trovatosi a passare nei luoghi scelti per le riprese, egli venne infine coinvolto in una delle scene più divertenti del film.

L’amore non va in vacanza: le frasi, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Per gli appassionati del film è possibile fruire di L’amore non va in vacanza grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il film è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Netflix e Now TV. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno giovedì 13 ottobre alle ore 21:10 sul canale La 5.

Nel film sono inoltre presenti diverse frasi oggi entrate a far parte dell’immaginario comune. Si tratta di battute e affermazioni che descrivono alla perfezione non solo il contesto in cui si svolge la storia ma anche i protagonisti che le pronunciano. Di seguito si riportano le più belle e più importanti del film.

  • “Nei film c’è la protagonista e c’è la migliore amica. Tu, te lo dico io, sei una protagonista, ma per qualche stupida ragione ti comporti da migliore amica.” (Arthur)
  • “Sono innamorato di te. Perdona la brutale dichiarazione, ma… per quanto problematica questa storia possa essere, mi sono innamorato… di te. E non provo questo perché stai per partire, né perché mi piace sentirmi così! Anzi, in realtà non mi piace o non mi piaceva prima che tu parlassi. Non so capire la logica di questa cosa, io so solo… che ti amo. È incredibile quante volte lo sto dicendo.” (Graham)
  • “Iris, se tu fossi una melodia… userei solo le note belle.” (Miles)
  • “Ho scoperto che quasi tutto ciò che è stato scritto sull’amore è vero. Shakespeare ha detto: “Il viaggio termina quando gli innamorati si incontrano”. Ah, che pensiero straordinario! Io non ho mai sperimentato nulla di neanche vagamente simile a questo, ma sono più che disposta a credere che a Shakespeare sia accaduto. Credo di pensare all’amore più di quanto in realtà si dovrebbe; resto sempre sbalordita dal potere assoluto che ha di alterare e definire la nostra vita.” (Iris)

Fonte: IMDb

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