In occasione della notte degli Oscar 2023, è stato diffuso il nuovo trailer de La Sirenetta, con Halle Bailey protagonista, nei panni, anzi nella coda della nuova Ariel.
Tutto quello che sappiamo su La Sirenetta
Non sappiamo ancora molto di questa interpretazione della storia de La Sirenetta, ma in base a ciò che abbiamo visto finora, il regista Rob Marshall non si prenderà troppe libertà dal classico animato su cui si basa la storia originale. Halle Bailey recita al fianco di Jonah-Hauer King nei panni del principe Eric, Melissa McCarthy nei panni di Ursula, Javier Bardem nei panni di Re Tritone, Jacob Tremblay nei panni di Flounder, Daveed Diggs nei panni di Sebastian e Awkwafina nei panni di Scuttle.
La Sirenetta conterrà la musica del classico animato e quattro nuove canzoni. Lin-Manuel Miranda, che in precedenza ha lavorato con Marshall in Il ritorno di Mary Poppins, comporrà anche la musica originale per Mermaid insieme ad Alan Menken. La Sirenetta è l’amata storia di Ariel, una giovane sirena bella e vivace con una sete di avventura. La più giovane delle figlie di re Tritone e la più ribelle, Ariel desidera saperne di più sul mondo al di là del mare e, mentre visita la superficie, si innamora dell’affascinante principe Eric. Mentre alle sirene è vietato interagire con gli umani, Ariel deve seguire il suo cuore. Fa un patto con la malvagia strega del mare, Ursula, che le dà la possibilità di sperimentare la vita sulla terraferma, ma alla fine mette a repentaglio la sua vita e la corona di suo padre. Il film arriverà nelle sale il 26 maggio 2023.
Mentre manca davvero poco alla cerimonia degli Oscar 2023, la 95° edizione del premio assegnato dagli Academy Awards, arrivano i primi scatti dal red carpet, che mettono sotto i riflettori uno degli aspetti più dibattuti e “interessanti” della notte delle stelle: abiti, look e glamour.
Film mitico nel modo in cui è passato alla storia, imponente nella sua durata, libertino e crudo nelle modalità di racconto, Grand Prix du Jury al Festival di Cannes del 1973 dove fece scandalo, e rimasto invisibile per decenni, arriva dal 13 marzo per la prima volta al cinema La maman et la putain di Jean Eustache. Falsa commedia di buone maniere, contrappunto acido alla Nouvelle Vague, vero diamante nero del cinema francese, il film di Eustache è tutto incentrato su un certo modo attento di parlarsi, un certo modo di uomini e donne di cercarsi, di incontrarsi, di mancarsi e di farsi soffrire, che risuona con i temi di oggi ma in un modo forse meno codificato, più ambiguo, più rischioso e quindi più sincero.
La maman et la putain, l’odissea per arrivare al pubblico
La maman et la putain racconta alcuni giorni della vita di un giovane ozioso, Alexandre (Jean-Pierre Léaud), che passa la maggior parte della sua quotidianità a chiacchierare nei caffè. Vive con la sua amante Marie, interpretata da Bernadette Lafont, mentre cerca di convincere la sua ex fidanzata Gilberte, interpretata da Isabelle Weingarten, a tornare da lui. Dall’altro lato, inizia a frequentare Veronika (Françoise Lebrun), una giovane infermiera che incontra per strada.
Il 19 gennaio 2022, Charles Gillibert, direttore della casa di produzione e distribuzione Films du Losange, ha dichiarato a Le Monde che Boris Eustache, figlio di Jean Eustache, gli aveva ceduto i diritti di tutti i film del padre. Il film di punta del regista prematuramente scomparso era praticamente introvabile, a parte una fuggevole trasmissione sul canale francese Arte nel 2013, un DVD d’importazione giapponese e una pallida copia su YouTube che nel frattempo è stata rimossa. Boris Eustache ne ha bloccato i diritti per decenni, per ragioni che gli sono proprie; i fortunati spettatori che l’avevano visto formavano una cerchia che condivideva un magnifico segreto.
Grazie all’accordo tra Boris Eustache e Les Films du Losange (una delle case di produzione originali del film), l’opera di Eustache è stata restaurata in 4K, con l’aiuto dei direttori della fotografia che hanno partecipato alle riprese, come Jacques Besse o Caroline Champetier, in collaborazione con il laboratorio di restauro cinematografico L’Immagine ritrovata.
France – NB – 3h40 – sortie: 17 mai 1973 – reprise: mai 2022 – V. restaurée – Réalissateur-Scénariste: Jean Eustache – LEGENDE PHOTO: Jean-Pierre Léaud – Bernadette Lafont – Françoise Lebrun – AVEC: Bernadette Lafont: Marie – Jean-Pierre Léaud: Alexandre – Françoise Lebrun: Veronika –
Un film “mostruoso” per forma e contenuto
La maman et la putain è un film “mostruoso” e totalizzante già per la sua lunghezza – circa tre ore e quaranta di film – ma soprattutto per il suo contenuto: si configura infatti come un tuffo in un mondo in bianco e nero dove la parola è sovrana. A dominare questo mondo è Alexandre, un giovane dandy, senza lavoro né soldi, che vive con Marie che, letteralmente, lo mantiene. Alexandre cerca dapprima di riallacciare i rapporti con Gilberte, ex fidanzata che lo ha lasciato, ma lei lo respinge. Incontra poi Veronika, un’infermiera, che inizia a frequentare mentre sta ancora con Marie. Tutto la trama del film si giocherà tra questi tre individui, in un triangolo amoroso impossibile, un’equazione matematica irrisolvibile. Lontano dai personaggi di François Truffaut, Jean-Pierre Léaud interpreta qui un Alexandre cupo e compiaciuto, che declama i suoi monologhi come a teatro, davanti a un pubblico attento e affettuoso. A poco a poco, scorgiamo, dietro l’intrattenitore pubblico, un essere privo di empatia per gli altri, terribilmente egoista e codardo: ascolta solo se stesso, parlare senza rendersi conto del male che sta facendo a chi lo circonda. Il linguaggio è come una maschera per quest’uomo che ha difficoltà a fare delle scelte e che si sottrae ad ogni dovere, nascondendo le proprie emozioni.
Veronika (Françoise Lebrun, al suo debutto cinematografico) incarna il corpo femminile come dono, il sesso e l’amore. “Se incontro un ragazzo, vado con lui, non ho problemi, posso scopare con chiunque“, dice. Parla senza mezzi termini, dice le cose come stanno, affronta la vita pienamente, senza averne paura, a differenza di Alexandre. Marie (Bernadette Laffont) è invece la “vecchia padrona“. È, chiaramente, la madre del titolo, tutto ruota intorno a lei, tutto si svolge nella sua casa, nel suo letto. Permette ad Alexandre di andare e venire, controlla e manipola, mentre si illude dell’amore che lui potrebbe provare per lei.
Tra film e documentario
Se La maman et la putain è un film dalla portata epica, è anche perché sfuma i confini tra fiction e documentario. È un eufemismo dire che il regista ha basato il suo film sulla propria vita: innanzitutto, ha avuto una relazione con Françoise Lebrun, che lo ha lasciato prima delle riprese. Durante la loro relazione aveva frequentato altre donne, tra cui Marinka Matuszewski, un’infermiera che appare in una scena all’inizio del film quando Alexander la scambia per Veronika. Françoise Lebrun interpreta Veronika, ma nella vita reale è il personaggio di Gilberte che lascia Alexandre all’inizio del film (il regista fece ascoltare alla Lebrun registrazioni della voce di Marinka per trarne ispirazione).
Eustache aveva anche iniziato una frequentazione con Catherine Garnier, sua costumista e assistente: il film è stato girato proprio nel suo appartamento e il regista chiese a Laffont di utilizzarla come ispirazione per il suo ruolo. Dopo la proiezione del primo montaggio, Catherine Garnier si suicidò; un atto che prefigurava quello dello stesso regista, che si sparò al cuore nel novembre 1981. Questo complicato rapporto tra realtà e finzione mostra chiaramente l’approccio del regista, che archivia quanti più elementi possibili della sua vita privata e li inietta nella sua finzione.
La maman et la putain stato girato come un documentario: audio in presa diretta, nessuna rimaneggiamento in post-produzione. Si percepisce davvero la Parigi dell’epoca, con tutti i suoi rumori, che arrivano addirittura a coprire i dialoghi. Amante del cinema muto e dei fratelliLumière, Eustache ha privilegiato un formato quadrato (1.33:1) e un bianco e nero ad alto contrasto. La Maman et la putain è anche un film totale, che gli conferisce uno status particolare nella storia del cinema. Eustache ha voluto metterci tutto se stesso, come se fosse il suo primo film: è un film che lascia un’impressione profonda nello spettatore, che ne esce con la strana sensazione di aver condiviso spezzoni di vita del regista.
La caduta di Alexandre
La Maman et la putain inizia quando il protagonista si alza dal letto e finisce con questo che si mette in ginocchio. Il film di Jean Eustache segue la traiettoria della caduta di Alexandre, di cui rimane un’ultima immagine significativa: il volto deformato da un sorriso fugace. Questa bocca piena di parole, che non finisce mai di riversale, fa un’ultima smorfia nervosa, come se subisse l’effetto negativo del suo stesso traboccare. Improvvisamente ammutolita, non riesce comunque a smettere di tacere e si apre di nuovo in questa smorfia per esprimere la sofferenza di un corpo smarrito, disturbato, stordito per essere caduto così in basso. Ciarlatano disinvolto, Alexandre credeva di avere il controllo di se stesso e alla fine si rivela un burattino. La sua facilità di parola, di cui era dotato grazie a un intellettualismo altezzoso unito a un dandismo ostinato, ha ingannato il suo stesso mondo: parlare è mentire. Davanti alla cinepresa impassibile di Eustache, la carne tradisce l’inganno del discorso, per passare l’ultima parola al corpo.
La maman et la putain è una meditazione dolorosa e malinconica sulla vita appesantita dal peso della morte, una vita che passiamo fingendo di vivere, fino a quando non siamo esausti e cadiamo. “Non ho una vocazione per la vita“, dice Alexandre verso la fine del film, con l’acuta consapevolezza di chi è stato umiliato dalla morte.
Affermatosi come uno dei più famosi attori di action movie orientali, Jackie Chan ha nel corso dei decenni dato vita a veri e propri titoli cult, dove ha potuto sfoggiare il suo particolare stile di combattimento che unisce le arti marziali alla mimica del cinema muto. Giunto ad Hollywood, ha sempre più dato vita ad ibridi contenenti tanto le sue tradizioni orientali quanto quelle del cinema statunitense. Dopo il successo di Pallottole cinesi, l’attore è tornato a recitare nel sequel di questo, intitolato 2 cavalieri a Londra. A dirigerlo vi è ora David Dobkin, celebre anche per i film comici 2 single a nozze e il recente Eurovision Song Contest – La storia dei Fire Saga.
Dopo aver ambientato il precedente nel fervido far west statunitense, la vicenda si sposta ora nella Londra vittoriana, luogo di contraddizioni sociali ed etichette di classe. Riconfermata la coppia di protagonisti comici, il film è arrivato a dotarsi di grandi ricostruzioni scenografiche e di costumi, che hanno permesso di rendere ulteriormente realistica l’epoca in cui la vicenda si svolge. Con un budget di 50 milioni di dollari, 2 cavalieri a Londra ha a sua volta raccolto successo di critica e pubblico, ottenendo un incasso di circa 90 milioni. Ciò portò i produttori a preparare anche un terzo capitolo, ad oggi però mai realizzato.
Per tutti i fan dell’attore, come anche del genere arti marziali, in 2 cavalieri a Londra sarà possibile ritrovare tutti gli elementi più caratteristici di questo, il tutto fuso con tanta comicità e avventura. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
2 cavalieri a Londra: la trama del film
La vicenda ha luogo nel 1887, quando il padre di Chon Wang viene ucciso da un Lord inglese di nome Nelson Rathbone, il quale ruba poi anche un prezioso Sigillo imperiale. Tale rarità sarà consegnata nelle mani di Wu Chon, il fratello invidioso dell’imperatore cinese. In cambio, egli aiuterà Rathbone a divenire re d’Inghilterra attraverso un colpo di stato contro tutti i regnanti inglesi, compresa la regina Vittoria. La sorella di Wang, Chon Lin, decide allora di partire per Londra, al fine di vendicare suo padre. Allo stesso tempo, Wang, ora sceriffo di Carson City, parte alla volta della capitale inglese per lo stesso motivo, accompagnato dall’amico Roy O’Bannon.
Arrivati a Londra, questi scopriranno così del malvagio complotto che mina la sicurezza del regno della regina. Sarà loro compito fermare Rathbone e Chonprima che sia troppo tardi. A complicare la situazione vi saranno però una numerosa serie di comici imprevisti e di incontri con personaggi particolarmente noti della società inglese. L’incontro tra Roy, Wan e Lin, porterà inoltre il primo ad infatuarsi della sorella del suo amico. Nel tentativo di tenerlo lontano da Lin, Wang farà di tutto per trovare il suo antico rivale e vendicare il padre.
2 cavalieri a Londra: il cast del film
Come anticipato, ad interpretare nuovamente il protagonista Chon Wang vi è l’attore Jackie Chan. Questi, come suo solito, apportò molte delle proprie capacità fisiche al personaggio, il quale sfoggia tutte le più note mosse di arti marziali di cui l’attore è capaceGe. Da sempre particolarmente atletico e intraprendente, Chan eseguì personalmente tutte le scene più complesse. Ad interpretare il ruolo di Roy O’Bannon vi è nuovamente il celebre comico Owen Wilson. Attore di alcune tra le più celebri commedie statunitense degli ultimi decenni, da Zoolandera 2 single a nozze…, questi accetto ben lieto di partecipare al sequel, avendo trovato estremamente divertente il precedente set.
Per il ruolo di Chon Lin, la sorella del protagonista, il regista faticò non poco a trovare un’attrice in grado di recitare in inglese ed eseguire i combattimenti previsti. Egli si imbatté casualmente in alcuni video di Fann Wong, trovandola perfetta per la parte. Data la bravura dell’attrice, il personaggio è stato inserito in molte più scene. Nei panni del malvagio Wu Chon vi è invece il celebre Donnie Yen, celebre per la saga di Ip Man. Per la prima volta, l’attore ha qui avuto modo di dar vita ad un combattimento di arti marziali con Jackie Chan. Nel film sono poi presenti gli attori Aaron Taylor-Johnson nei panni di Charlie Chaplin, Tom Fisher in quelli di Arthur Doyle, e Oliver Cotton in quelli di Jack Lo Squartatore. Aidan Gillen è Lord Nelson Rathbone, mentre Gemma Jones veste i panni della regina Vittoria.
2 cavalieri a Londra: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di 2 cavalieri a Londra unicamente grazie alla sua presenza nel palinsesto televisivo di sabato 11 marzo alle ore 21:10 sul canale TwentySeven. Il film non è infatti attualmente disponibile su nessuna delle principali piattaforme di streaming attive in Italia.
Come ogni giorno prima della cerimonia dei premi Oscar, anche quest’anno i Razzie Awards, dedicati al peggio del cinema, hanno svelato i vincitori dei temuti premi. Il film più candidato di quest’anno era Blonde, dedicato alla figura di Marilyn Monroe, che si è infine portato a casa ben 2 premi, quello del Peggior film e della Peggior sceneggiatura. Altri candidati particolarmente importanti erano il film Disney Pinocchio (da non confondere con il Pinocchio di Guillermo del Toro, candidato invece agli Oscar) con 6 nomination e un premio vinto, quello per il Peggior Remake, Rip-Off or Sequel, Jurassic World: Ildominio, con 5 nomination ma nessuna vittoria.
Elvis, il film candidato all’Oscar, era invece presente per via delle nomination ricevute da Tom Hanksnelle categorie Peggior attore non protagonista e Peggior Screen Combo. L’attore premio Oscar ha poi vinto entrambi i premi. C’è poi stato spazio anche per premiare anche Morbius, uno dei film più mal giudicati dell’anno, che può ora vantare le vittorie per il Peggior attore a Jared Leto e la Peggior attrice non protagonista a Adria Arjona. Per quanto riguarda la Peggior attrice protagonista, invece, i Razzie hanno deciso di premiare sé stessi dopo le critiche ricevute per aver candidato l’attrice tredicenne Ryan Kiera Armstrong, protagonista di Firestarter.
Possono invece tirare un sospiro di sollievo i registi Robert Zemeckis, Adrew Dominik, Daniel Espinosa e Judd Apatow, poiché a vincere come Peggior regista sono stati Machine Gun Kelly e Mod Sun per il film Good Mourning. Infine, Colin Farrell, candidato nel 2004 come Peggior attore per Alexander, ha ora vinto l’ambito Razzie RedeemerAwards, un premio istituito per riconoscere che vincitori e nominati del passato possono proseguire la loro carriera e dar vita ad ottime performance. Farrell, infatti, dopo diversi recenti successi, è quest’anno arrivato ad ottenere la sua prima candidatura come Miglior attore protagonista ai Premi Oscar per il film Gli spiritidell’isola.
Di seguito l’elenco con tutti i nominati e i vincitori dei Razzie 2023:
La giovane Yara Shahidi recita sin da quando era piccola e ad oggi vanta partecipazioni ad importanti film e serie TV. Con sempre più popolarità dalla sua parte, è ora uno dei giovani volti di punta della recitazione statunitense, anche per merito del suo camaleontico talento.
Ecco 10 cose che forse non sai di Yara Shahidi.
Yara Shahidi: i suoi film e le serie TV
1. Ha preso parte a celebri film. Il primo film in cui l’attrice ha recitato, all’età di 9 anni, è stato Immagina che, mentre nel 2010 ha recitato accanto ad Angelina Joliein Salt. Successivamente ha preso parte ai film Unthinkable (2010), con Samuel L. Jackson, Butter (2011) e Alex Cross – La memoria del killer (2012). Torna poi al cinema nel 2019, recitato in Il sole è anche una stella, mentre nel 2023 è inPeter Pan & Wendy, film con Jude Law nel ruolo di Capitan Uncino.
2. Ha recitato anche in note serie TV. Oltre ai film per il cinema, l’attrice ha recitato anche in alcune serie TV, come In the Motherhood (2009), Lie to Me (2010), Scandal (2013), The First Family (2012-2013), Bad Teacher (2014) e The Foster (2014). Ha poi doppiato il personaggio di Darci nella serie animata Trollhunters: I racconti di Arcadia (2016-2018) e 3 in mezzo a noi: I racconti di Arcadia (2018-2019). Dal 2014 al 2022 ha invece recitato nei panni di Zoey Johnson nella serie Black-ish, che l’ha resa celebre, mentre dal 2018 al 2023 ha ricoperto lo stesso ruolo anche in Grown-ish.
3. È anche regista e produttrice. Oltre a lavorare come attrice davanti la macchina da presa, la Shahidi ha già compiuto anche il passaggio dietro di essa, dirigendo un episodio della serie Shatterbox e uno della serie Growing Up. Ha poi lavorato anche come produttrice esecutiva di ben 68 episodi della serie TV Grown-ish, dove è anche una delle protagoniste.
Yara Shahidi è Trilli in Peter Pan & Wendy
4. È stata scelta per interpretare l’iconico personaggio. Per l’imminente film Disney Peter Pan & Wendy, basato sull’omonimo classico animato, l’attrice è stata scelta per interpretare l’iconico ruolo della fatina Trilli. Quando ciò è stato rivelato attraverso il primo trailer, in molti si sono naturalmente pronunciati contro la scelta dell’attrice, in quanto Trilli è sempre stata ad oggi raffigurata come una fata dalla pelle bianca. Non sono però mancate anche le lodi nei confronti della Shahidi, descritta come assolutamente idonea alla parte.
5. Si è preparata ascoltando della musica. Per prepararsi al ruolo di Trilli ed entrare nel mood e nella psicologia del personaggio, l’attrice ha rivelato di aver ascoltato delle playlist contenenti canzoni che rispecchiano l’animo e il carattere di Trilli. Con la musica in testa, dunque, ha iniziato poi a lavorare sui movimenti “fatati” di Trilli, trovando il giusto equilibrio per renderla credibile e affascinante.
Yara Shahidi ha recitato con Eddie Murphy in Immagina che
6. Ha recitato nei panni della figlia del noto attore. Il primo film in cui la Shahidi ha recitato, come già accennato, è stata la commedia Immagina che, dove ha ricoperto il ruolo di Olivia Danielson, la figlia del protagonista interpretato daEddie Murphy. Il film è infatti basato proprio sullo speciale rapporto tra i loro due personaggi. Grazie alla sua interpretazione, la Shahidi è poi stata candidata agli Young Artist Awards come Migliore giovane attrice.
Yara Shahidi ha un fidanzato?
7. È single. Nel gennaio del 2023 l’attrice ha rivelato di essere da poco tornata single dopo una relazione piuttosto seria della durata di tre anni. Non è noto con chi avesse una relazione, in quanto la Shahidi ha sempre tenuto privato questo aspetto della propria vita. Ad ogni modo, attualmente sta vivendo quella che definisce “selfishseason“, ovvero una stagione da egoista, concentrandosi primariamente su sé stessa e la propria carriera, reinventandosi dunque lontana da ogni possibile relazione sentimentale.
Yara Shahidi e il suo attivismo
8. È un’attivista per importanti cause sociali. Shahidi ha fondato Eighteen x 18, una piattaforma per incoraggiare i coetanei a votare per la prima volta al momento delle elezioni. Le sue altre organizzazioni includono poi Yara’s Club, una partnership con Young Women’s Leadership Network (YWLN) di New York, che fornisce tutoraggio online nella speranza di porre fine alla povertà attraverso l’istruzione. Nel 2021, Yara Shahidi ha aderito alla campagna Dior Stand with Women. L’attivismo dell’attrice è stato notato dall’ex first lady Michelle Obama, che le ha poi scritto una lettera di raccomandazione all’Università di Harvard.
Yara Shahidi è su Instagram
9. È presente sul social network. L’attrice è presente sul social network Instagram, con un proprio profilo verificato seguito da ben 8,1 milioni di persone e dove attualmente si possono ritrovare oltre 3000 post. Questi sono principalmente immagini relative a suoi lavori da attivista, attrice e modella, spesso inerenti il dietro le quinte di tali progetti o promozionali nei loro confronti. Ma non mancano anche curiosità, momenti di svago, eventi a cui ha preso parte e altre situazioni ancora. Seguendola, si può dunque rimanere aggiornati su tutte le sue novità.
Yara Shahidi: età e altezza dell’attrice
10. Yara Shahidi è nata a Minneapolis, in Minnesota, Stati Uniti, il 10 febbraio del 2000. L’attrice è alta complessivamente 1,68 metri.
Può una donna di quasi 50 anni lasciare, da un momento all’altro, la sua casa, il marito, la figlia pronta per l’università e il padre per scappare e vivere in libertà una meravigliosa avventura in uno stato straniero di cui non conosce la lingua locale? Si ed è quello che succede alla protagonista nel film Un’isola per cambiareil nuovo Netflix Original diretto da Vanessa Jopp e scritto a quattro mani da Jane Ainscough e Alex Kendall, ambientato tra le coste e il mare blu della Croazia.
La trama diUn’isola per cambiare
InUn’isola per cambiare Zeynap (Naomi Krauss) è una madre di 49 anni che vive a Monaco di Baviera, con origini turche, che sta affrontando un momento complicato della sua vita: il recente lutto per la madre. Il giorno del funerale litiga con il marito cuoco (Adnan Maral) che ha dimentico il triste evento, preferendo il lavoro e la compagnia di una giovane ragazza. La donna, stufa di tutto e sull’orlo di una crisi di nervi, si mette quindi in viaggio verso la Croazia, da sola, non avvisando neanche la figlia Fia (Bahar Balci), per raggiungere l’abitazione che gli ha lasciato in eredità la madre, croata d’origine. Dopo ore di autostrada, il traghetto per raggiungere l’isola, un viaggio in autubus e una lunga camminata, a tarda notte Zeynep arriva a destinazione.
La mattina, dopo essere crollata per la stanchezza sul letto, fa conoscenza di Josip (Goran Bogdan) che vive li nel suo cottage. La protagonista lo caccia via, reclamando la casa con la pretesa di ristrutturarla e trasformarla in un AirB&B. Da qui in poi Un’isola per cambiare procede su due linee narrative: la prima vede Zeynap desiderosa di vendere la sua nuova proprietà e Josip che tenta in tutti i modi di impedirle di farlo; la seconda, e più importante, è incentra sulla rinascita della donna, che finalmente ritrova se stessa e, soprattutto, la voglia di vivere. Ovviamente non mancheranno ostacoli durante il percorso, tra cui l’arrivo della figlia e dell’ex marito, il cui obiettivo è quello di riportare a casa Zeynap.
Una nuova vita per Zeynap
Un’isola per cambiare è dunque una storia sulla scoperta della libertà di Zeynap, che lascia tutto quello che conosceva per un qualcosa di nuovo e lo affronta tutto da sola, ritrovando anche un legame con la madre appena defunta. Questo film però è anche una commedia romantica, una di quelle dove finalmente la protagonista si innamora di un uomo più giovane di lei. La storia d’amore che nasce tra Zeynap e Josip è una di quelle con la dinamica enemies to lovers, in cui i personaggi all’inizio si odiano.
Alla fine, ovviamente, finiranno per stringere un legame e lo scenario che si scorge all’orizzonte, con un tramonto sul mare e una serata passata al fuoco di falò aiuta a creare l’atmosfera giusta. La colonna sonora è ricca di musica pop, come “Dog Days Are Over” di Florence and The Machine, che si inserisce nella trama in modo ragionevole, ma anche un pezzo cult anni Ottanta “99 Luftballons” di Nena, la canzone preferita della protagonista, che canticchia anche quando pedala in bici ubriaca, dopo aver flirtato per tutta la sera con un giovane agente immobiliare del paese.
Un’isola per cambiare, un racconto al femminile
Il film Un’isola per cambiare è poi naturalmente un racconto che possiede uno sguardo al femminile, sia perché la regia e la sceneggiatura sono affidate a delle donne, sia per la storia e i personaggi che vengono proposti. La novità di questo Netflix Original tedesco-turco, sta proprio nella scelta di un’attrice matura nel ruolo principale, per portare sullo schermo il messaggio che a qualsiasi età si può cambiare. Zeynap è una donna che si trova a metà della sua esistenza, in quel momento dove, giunta al traguardo dei tanto spaventosi 50 anni, si ritrova con un marito che non ride più con lei e con il rischio di essere risucchiata da un vortice di depressione. L’unica critica che si potrebbe muovere al film è sulla sua durata, la quale poteva essere ridotta di almeno 20 minuti.
Per spiegare e approfondire tutti i personaggi che animano e abitano l’isola, si è infatti finiti con l’andare un po’ troppo per le lunghe. Purtroppo, inoltre, poco viene aggiunto alla crescita dei due protagonisti innamorati, anche perché la chiave di tutto doveva essere che Zeynap finalmente aveva trovato la felicità e un uomo che l’amava. Un’isola per cambiare – in originale Faraway – è un dunque dramma sulla riscoperta dei veri piaceri della vita con quel romanticismo che fa sempre bene al cuore di chiunque. Se lo svolgimento della trama non è dunque il punto di forza del film, risultando anzi piuttosto prevedibile, è il racconto implicito che si fa di Zeynap, interpretata dalla bravissima Naomi Krauss, e le location mozzafiato della Croazia ad impreziosire il tutto.
Nel 1973 il film Papillon portò al cinema le gesta di Henri Charrière, con attori del calibro di SteveMcQueen e Dustin Hoffman. A distanza di più di quarant’anni, il film ha ottenuto un remake (qui la recensione) interpretato stavolta da Charlie Hunnam, celebre per la serie Sons of Anarchy, e Rami Malek, premio Oscar per il film Bohemian Rhapsody. Questa trasposizione del 2017 è diretta da Michael Noer, regista danese qui al suo primo lungometraggio in lingua inglese. La vicenda è anche in questo caso basata sull’autobiografia pubblicata nel 1969 da Charrière.
All’interno di questa si narrano le vere vicende vissute dal criminale e scrittore, il quale venne condannato all’ergastolo per un omicidio avvenuto nel 1930. A diventare oggetto d’interesse per il cinema sono stati i suoi molteplici tentativi di fuga, rimasti particolarmente celebri. L’uomo, il cui soprannome era “Papillon” per via di una farfalla tatuata sul petto ha poi ottenuto grande popolarità grazie al film che gli venne dedicato nel 1973. Con il recente remake, la sua figura ha ora modo di tornare all’attenzione del pubblico, che ha così modo di riscoprire una delle personalità più stravaganti e affascinanti del secolo scorso.
Dopo un’anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, Papillon è infine arrivato in sala. Qui non ha però riscontrato un particolare apprezzamento da parte del pubblico, arrivando ad incassare appena 10 milioni di dollari in tutto il mondo. A pesare, nel giudizio sul film, è inevitabilmente il confronto con l’originale, giudicato di gran lunga più avvincente e coinvolgente da un punto di vista emotivo. A prescindere da ciò, il remake del 2017 è comunque un film da riscoprire anche solo per le interpretazioni dei due validi interpreti principali. Diverse sono le curiosità legate al titolo, dal cast alle piattaforme streaming dove portelo vedere. Proseguendo nella lettura sarà possibile scoprire questo e molto altro.
La trama di Papillon
Protagonista del film è il venticinquenne Henri Charrière, da tutti soprannominato Papillon. Egli cresce nel duro contesto della Parigi degli anni Trenta, e qui ben presto si ritrova accusato di un omicidio che non ha mai commesso. Processato, viene infine condannato all’ergastolo, mandato a scontare la pena nella peggiore colonia carceraria possibile, collocata sull’Isola del Diavolo, nella Guyana francese. Qui si scontra con la dura vita del carcere, che riduce in condizioni pietose chi vi è costretto. La mancanza di igiene e i lavori forzati finiscono infatti con il distruggere fisicamente e mentalmente i detenuti, costretti a condizioni disumane. Papillon non riesce a tollerare quell’ambiente, continuando a sostenere di trovarsi lì per errore. Vedendo inascoltate le proprie richieste, decide allora di mettere in atto una fuga.
Nel tentare ciò, stringe alleanza con il falsario Louis Dega, il quale lo aiuterà nei suoi piani. Scappare dall’isola è però un impressa quasi impossibile e la fuga andrà studiata nel minimo dettaglio. Prima di poter riacquistare la libertà, però, Papillon dovrà veder sfumare più volte le proprie speranze, ma sarà proprio il desiderio di libertà a dargli la forza per non cedere. Il profondo legame d’amicizia che intanto cresce tra lui e Dega si rivelerà fondamentale, poiché avere un amico all’interno di un carcere può rivelarsi una risorsa più preziosa di quello che sembra. Dopo molto tempo, e numerosi tentativi di fuga falliti, i due riusciranno infine a trovare un buon piano per fuggire da lì. Portarlo a compimento, però, sarà la sfida più grande della loro vita.
Il cast del film
Il film del 1973 è celebre per le interpretazioni dei due grandi attori principali. Per il nuovo film, dunque, i produttori cercarono due attori che potessero essere in grado di risultare altrettanto convincenti. Per il ruolo di Charrière, che fu di Steve McQueen, si pensò dunque all’attore Charlie Hunnam. Questi però, quando gli fu proposta la parte, rifiutò non convinto del progetto e intimorito dal paragone con l’originale. Al suo posto venne scelto allora un altro attore. Hunnam, però, cominciava a pentirsi della sua scelta, e quando seppe che la parte era tornata vacante fece di tutto pur di ottenerla. Per poter interpretare Papillon, però, all’attore venne chiesto di perdere diversi chili di peso. Egli si sottopose così ad una dieta particolarmente stressante, che lo portò anche al digiuno per circa dieci giorni. Ciò gli permise di perdere il peso necessario in un lasso di tempo particolarmente breve.
L’attore ha poi descritto il ruolo come uno dei più complessi della sua intera carriera. Accanto a lui si ritrova poi Rami Malek, nel ruolo del falsario Louis Dega. Questo personaggio era stato interpretato da Dustin Hoffman nel film del 1973. Per non rischiare di essere influenzato da tale versione, Malek raccontò di aver ricercato una nuova chiave interpretativa del personaggio, che gli permettesse di dar vita alla propria versione di Dega. Nel film si ritrovano poi diversi attori di origine europea come Luka Peroš, noto per il ruolo di Marsiglia in La casa di carta, e qui impegnato nella parte di Santini. L’olandese Yorick van Wageningen è invece Barrot, mentre il danese Roland Møller ha dato vita a Celier.
Le differenze tra il film e la storia vera storia
Il film Papillon del 2017 ripropone dunque la storia del galeotto Henri Charrière con un’impostazione più moderna e visivamente cruda, ma prende comunque numerose libertà rispetto alla realtà dei fatti. Come nella versione precedente, la pellicola si basa sull’autobiografia Papillon pubblicata nel 1969, ma anche in questo caso il materiale di partenza è già un mix di verità e romanzato. Alcune delle fughe narrate, come quella attraverso la giungla e il periodo passato in una colonia indigena, non trovano riscontro verificabile nelle fonti storiche. L’impronta narrativa privilegia l’effetto drammatico e la tensione fisica più che la ricostruzione rigorosa.
Anche la figura di Louis Dega, interpretato nel remake da Rami Malek, resta in parte fittizia. Sebbene nel libro Dega sia un personaggio centrale, non ci sono prove concrete della sua esistenza reale: è probabile che rappresenti una figura composita ispirata a diversi prigionieri realmente incontrati da Charrière. Inoltre, la rappresentazione dell’amicizia tra i due uomini nel film del 2017 è enfatizzata, al fine di costruire una dinamica emotiva più coinvolgente per lo spettatore. In sostanza, il film si mantiene fedele allo spirito del racconto di resistenza e libertà, ma si discosta sensibilmente dai fatti storici documentati.
Il trailer di Papillon e dove vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film, o per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali piattaforme streaming oggi disponibili. Papillon è infatti presente su Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. In base alla piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre in programma in televisione per venerdì 10 marzo alle ore 21:20 sul canale Rai 4.
Luther: verso l’inferno è la versione cinematografica della fortunata serie dal semplice titolo di Luther prodotta dalla BBC, andata in onda dal 2010 al 2019, e che in Italia è stata prima distribuita su Fox Crime e poi su Netflix.
Il lungometraggio uscirà a sua volta su Netflix dal 10 marzo ed è diretto Jamie Payne, che aveva già curato la regia della quinta e ultima stagione. Mentre la sceneggiatura è di Neil Cross, ideatore dello stesso personaggio dell’ispettore capo detective che dà il nome alla storia, incarnato dall’attore Idris Elba. Nel corso della trasmissione delle cinque fortunate stagioni, l’interesse del pubblico nei confronti delle stesse è cresciuto esponenzialmente e, durante questi anni, le candidature e le vittorie ai più disparati premi si sono sprecate. Dal 2012 Idris Elba ha vinto un Golden Globe, il Screen Actors Guild Award e il Critics’ Choice Television Award, e per Neil Cross nel 2011 c’era stato l’Edgar Award come miglior sceneggiatura per il primo episodio della prima stagione.
Era dunque naturale che le lugubri indagini dell’ispettore capo conducessero all’idea di farne un film. Ed è così che lo scrittore ha iniziato a rilasciare dichiarazioni ufficiali di qualche accenno sulla trama finché, dal sodalizio con il regista Jamie Payne, già dal 2019 sono nate le prime conferme definitive sul progetto, anche e soprattutto da parte del suo protagonista (e produttore insieme a Cross) Idris Elba.
La specifica della direzione Verso l’nferno indicata dal titolo (che in inglese è The Fallen Sun) è in senso chiaramente metaforico, ma che abbraccia sia la psiche che le azioni, e non solo del criminale che il detective dovrà catturare stavolta.
La discesa agli inferi di Idris Elba ne Luther: verso l’inferno
Tra le peculiarità di Luther, spicca sicuramente un intuito raro, che coglie la reale essenza degli indagati anche soltanto a guardarli attentamente negli occhi. E, in tal senso, lo sguardo magnetico e sempre semichiuso di Elba è sfruttato alla grande. Ma il rovescio della medaglia del suo innato fiuto verso i veri cattivi, è un altrettanto rischiosa attrazione che loro esercitano su di lui attraverso quel lato oscuro. Luther è il capo dell’unità anticrimine della polizia londinese che si occupa, per l’appunto, di omicidi gravi e seriali, e i suoi metodi sono tutto fuorché fedelmente aderenti ai protocolli di comportamento. Ma il problema non sarebbe certo quello, se non fosse che ad essere a briglia sciolta non sia solamente l’istinto indagatore di Luther, ma anche quello distruttivo.
Neil Cross racconta che per la creazione del personaggio si è ispirato – neanche a dirlo – a Sherlock Holmes e a Colombo di Richard Levinson e William Link. L’uno per l’acume nel cogliere dettagli di cui nessuno mai si accorge, l’altro per la sua tipica struttura narrativa conosciuta anche come “howcatchem”, nella quale l’assassino si vede subito e lo scopo della successione dei fatti è la scoperta di come verrà catturato.
La discesa agli inferi (o la caduta del sole, per dirla nella versione inglese del titolo) è quindi la strada che il detective dovrà intraprendere fino alle fondamenta di sé, le sue paure, le ombre, attraversando tutto quello che aveva lasciato incompiuto o che aveva sfiorato con superficialità. E di nuovo lo compirà seguendo le orme di un altro feroce e inumano assassino (Andy Serkis).
Il film lascia col fiato sospeso e, anche quando lo si riprende, viene comunque seccato dalla brutalità dalle scene descritte da Neil Cross. Luther: verso l’inferno dà tutto quello che ci si aspetta, ed è sicuramente grazie alle performance di Idris Elba e, in particolar modo, di Andy Serkis se acquisisce del carattere in più, se, cioè, la violenza viene spiegata dall’ampiezza delle sfumature dei disturbi psichiatrici raccontati. È ben impostata la costruzione estetica delle immagini, così come la velocità e il ritmo della storia. Sarebbe solo stata più importante la cura della motivazione di alcune scene d’azione che, se fossero state sbrigate con minor frettolosità, avrebbero dato più corpo alla personalità del film. Luther: verso l’inferno subisce un po’ il retaggio della puntata da cinquanta minuti, ma dà comunque quella giusta dose di angosciante intrattenimento, senza aggiungere nulla di particolare alla serie che lo ha preceduto.
L’attrice Kylie Bunbury potrà essere sconosciuta ai più, ma da anni ormai ricopre ruoli di rilievo in serie di genere come il thriller Under the Dome o il poliziesco BigSky. Dotata di fascino, carisma e buone capacità attoriali, è dunque un’attrice tutta da scoprire.
Ecco 10 cose che non sai di Kylie Bunbury.
Kylie Bunbury: i suoi film e le serie TV
1. Ha recitato in note serie TV. La prima esperienza come attrice di una serie TV la Bunbury la ha grazie ad un episodio della soap opera Il tempo della nostra vita (2010). In seguito recita anche nelle serie Twisted (2013-2014), Tut – Il destino di un faraone (2015) e Under the Dome (2015), con Britt Robertsone Dean Norris. Successivamente ha recitato anche in Pitch (2016), in When They See Us (2019) e in un episodio diThe Twilight Zone (2020). Nello stesso 2020 recita in Brave New World, con Alden Ehrenreich, ed assume il ruolo di Cassie Dewell, una delle protagoniste di Big Sky, dove recita accanto a Katheryn Winnick.
2. Ha preso parte anche ad alcuni film. Oltre ad essere apparsa in diverse serie TV, per le quali è principalmente nota, l’attrice ha avuto modo di recitare in alcune occasioni anche in lungometraggi per il cinema. Il primo di questi risale al 2011 e si tratta della commedia Prom – Ballo di fine anno. Nello stesso anno recita poi in un’altra commedia, Lo spaventapassere, con Jonah Hill e Sam Rockwell. È poi tornata a recitare per il cinema nel 2018 conGame Night – Indovina chi muore stasera?, con Jason Bateman e Rachel McAdams. In seguito ha recitato anche in Eas Wheaties! (2020) e Warning (2021).
Kylie Bunbury in Under the Dome
3. Ha avuto un ruolo nella terza stagione. Nel 2015 l’attrice ha interpretato Eva Sinclair, uno dei personaggi principali della terza stagione della serie thriller Under the Dome, basata sull’omonimo libro di Stephen King. L’attrice, però, interpreta non solo questo personaggio, ma anche Dawn, la figlia di Eva e Dale, e nuova regina del Kinship. Si tratta di uno dei primi ruoli di rilievo avuti dall’attrice e che le hanno permesso di ottenere una buona notorietà.
Kylie Bunbury in When They See Us
4. Ha avuto un ruolo nella nota serie. Nel 2019 l’attrice recita nella serie NetflixWhen They See Us, basata sul caso della jogger di Central Park, che nel 1989 fu aggredita durante l’allenamento all’interno del noto parco di New York. In seguito all’accaduto, cinque giovani, di cui quattro neri e uno ispanico, furono condannati per il reato, anche se mancavano le prove della loro colpevolezza. Nella serie la Bunbury interpreta Angie Richardson, sorella maggiore di uno degli accusati, Kevin Richardson.
Kylie Bunbury in Big Sky
5. È una delle protagoniste della serie. In Big Sky, serie di genere poliziesco disponibile su Disney+, l’attrice interpreta la detective Cassie Dewell che insieme all’ex poliziotta Jenny Hoyt deve cercare due sorelle che sono state rapite da un camionista in un’autostrada del Montana. Ha così inizio un’indagine particolarmente complessa, che porterà le due a scoprire retroscena più spaventosi di quello che pensavano. La serie è ad oggi composta da 3 stagioni per un totale di 47 episodi e la Bunbury compare in ognuno di questi.
6. Era incinta durante la seconda stagione. Mentre partecipava alle riprese della seconda stagione di Big Sky, l’attrice era incinta del suo primo figlio. Proprio per via di ciò, si è reso necessario ripensare molte delle sue scene in modo tale da utilizzare inquadrature che nascondessero la sua gravidanza. Tuttavia, facendoci attenzione, il più delle volte questa risulta comunque evidente.
Kylie Bunbury chi è suo marito?
7. È sposata e ha un figlio. L’attrice è molto riservata riguardo la propria vita privata e non è solita condividere troppi dettagli a riguardo. Sappiamo però che si è fidanzata con Jon-Ryan Alan Riggins l’8 aprile 2018, in quanto tale annuncio è stato dato tramite il profilo Instagram dell’attrice. I due si sono poi sposati il 1° gennaio 2020 e nel giugno dello stesso anno la Bunbury annuncia la sua prima gravidanza. Il 6 dicembre 2021 è poi nato il loro figlio, di cui l’attrice ha condiviso alcune foto su Instagram.
Kylie Bunbury è su Instagram e Twitter
8. È presente sul social network. L’attrice è presente sul social network Instagram, con un proprio profilo verificato seguito da ben 209 mila persone e dove attualmente si possono ritrovare oltre 400 post. Questi sono principalmente immagini relative a suoi lavori da attrice e da modella, inerenti il dietro le quinte di tali progetti o promozionali nei loro confronti. Ma non mancano anche curiosità, momenti di svago, eventi a cui ha preso parte e altre situazioni ancora. Seguendola, si può dunque rimanere aggiornati su tutte le sue novità.
9. Ha un account anche su Twitter. Oltre ad Instagram, l’attrice utilizza molto il social network Twitter, dove vanta un totale di circa 57 mila follower. Anche qui, l’attrice è solita condividere con i propri fan maggiori informazioni sui progetti a cui ha preso parte, proponendo anche curiosità e dettagli, come ad esempio sta facendo riguardo al suo ruolo nella serie Big Sky. Anche in questo caso, dunque, sarà possibile, seguendola, rimanere informati su tutte le sue novità.
Kylie Bunbury: età e altezza dell’attrice
10. Kylie Bunbury è nata a Hamilton, Ontario, in Canada, il 30 gennaio del 1989. L’attrice è alta complessivamente 1,73 metri.
In sala dal 15 febbraio, il film Ant-Man and the Wasp: Quantumania (sintetizzabile come Ant-Man 3) ha non solo introdotto una nuova variante di Kang il Conquistatore, ma ha anche presentato MODOK, uno dei più noti e iconici villain della Marvel. Dopo aver potuto osservare come tale personaggio è stato raffigurato all’interno del film, dei nuovi concept art a lui dedicati svelano ora come egli avesse inizialmente un aspetto ben diverso. Il concept artist Aleksi Briclot ha condiviso tramite il proprio profilo Instagram il look iniziale di MODOK, il quale risulta non solo molto più minaccioso ma anche maggiormente dotato di pericolose armi tecnologiche.
Il MODOK di questi concept art si differenzia dall’estetica del personaggio nel film finito in diversi modi, in particolare racchiudendo la testa sovradimensionata del cattivo in una cupola inquietante e semitrasparente. Nella didascalia dell’immagine di accompagnamento, Briclot ha dichiarato di aver cercato di rimanere fedele a come MODOK è ritratto nei fumetti di Ant-Man and the Wasp, spinge però il personaggio anche oltre le sue possibilità attreverso nuove caratteristiche. Briclot ha anche notato che parte della sfida durante la concettualizzazione del MODOK dell’MCU stava nel trovare modi per oscurare la sua connessione con l’antagonista originale di Ant-Man Darren Cross.
Questo design inutilizzato di MODOK viene svelato mentre i fan dell’MCU continuano a discutere sui pregi e i difetti della rappresentazione del personaggio nel film. Una parte della fanbase del franchise sostiene che Ant-Man 3 avrebbe dovuto trattare MODOK più seriamente e si augura che i Marvel Studios ripenseranno il proprio approccio al personaggio nei progetti futuri. Tuttavia, è improbabile che ciò accada, secondo lo sceneggiatore di Ant-Man and the Wasp: QuantumaniaJeff Loveness. “Finché sarò vivo, quei quattro fan non otterranno quell’adattamento serioso che vogliono. MODOK sarà sempre una gran testa stupida. Tutto qui”. Per quanti avrebbero desiderato vedere una versione del personaggio più cupa, ecco di seguito il post con i concept art originali.
Sebbene il Marvel Cinematic Universe abbia avuto alcuni film di molto successo, è importante notare anche i film che viceversa sono stati un fiasco, non solo al botteghino ma anche in termini di ascolti tv. Non sono molti i prodotti del MCU che hanno fallito ma è bene evidenziare che comunque sono prodotti che hanno avuto un impatto significativo sul franchise nel suo complesso.
Inoltre, il MCU ha continuato a espandersi ed evolversi nel corso degli anni, e ogni nuova uscita ha portato con sé sfide e successi unici. In alcuni casi, la scarsa performance di questi film potrebbe essere attribuita alla concorrenza di altri film, alla data di uscita o ad altri fattori come l’accoglienza della critica. Questi i 5 prodotti Marvel che sono stati un fiasco.
Il primo film del 2018, che ha incassato 622 milioni di dollari in tutto il mondo, ha ottenuto risultato inferiore rispetto a quello degli altri film del MCU. Il sequel non è riuscito a eguagliare il successo al botteghino del suo predecessore, nonostante le recensioni positive di pubblico e critica.
L’incredibile Hulk (2008)
L’incredibile Hulk è il secondo film in ordine temporale della Fase 1 del Marvel Cinematic Universe, uscito nel 2008. Il film ha come protagonista Edward Norton nel ruolo di Bruce Banner/Hulk ed è stato diretto da Louis Leterrier. Nonostante la presenza di un personaggio popolare e di un cast di talento, L’incredibile Hulk ha incassato solo circa 263 milioni di dollari in tutto il mondo, una cifra relativamente bassa rispetto agli altri film del franchise.
Ci sono diversi fattori che possono aver contribuito a questa performance deludente del film. Innanzitutto, il film è uscito solo cinque anni dopo “Hulk” di Ang Lee (2003), che non era stato accolto bene dal pubblico. Inoltre, il film non aveva il potere delle star e l’appeal al botteghino di altri film del MCU, come “Iron Man” (2008) e “Thor” (2011).
Thor: The Dark World (2013)
Thor: The Dark World è stato il secondo film standalone dell’eroe asgardiano, uscito nel 2013. Il film ha come protagonista Chris Hemsworth nel ruolo di Thored è stato diretto da Alan Taylor. Pur riuscendo a incassare oltre 644 milioni di dollari in tutto il mondo, il film è stato considerato una delusione rispetto agli altri film del MCU.
Un fattore che potrebbe aver contribuito alla performance deludente del film è la mancanza di consensi da parte della critica. Thor: The Dark Worldha ricevuto recensioni contrastanti da parte della critica, che ha citato problemi con il ritmo e la trama del film. Inoltre, il film è uscito in una stagione affollata di incassi, con la concorrenza di altre grandi uscite come “The Hunger Games: La ragazza di fuoco” e “Frozen“.
Inhumans (2017)
Sebbene Inhumansnon fosse un’uscita nelle sale come gli altri film del Marvel Cinematic Universe, è stata comunque un’aggiunta significativa al franchise. La serie ha debuttato sulla ABC nel 2017 ed era basata sugli omonimi fumetti della Marvel. Tuttavia, lo show è stato un fallimento critico e commerciale ed è stato cancellato dopo una sola stagione.
La serie ha dovuto affrontare molte turbolenze dietro le quinte, con segnalazioni di problemi con la produzione e la direzione creativa dello show. Inoltre, la serie non ha ricevuto lo stesso livello di marketing e promozione di altre proprietà Marvel, il che potrebbe aver contribuito a una scarsa conoscenza e interesse da parte del pubblico.
Doctor Strange (2016)
Allo stesso modo, Doctor Strange è stato un altro film Marvelche ha avuto un rendimento inferiore rispetto agli altri film del MCU. Nonostante le recensioni positive, il film ha incassato solo circa 677 milioni di dollari in tutto il mondo, un risultato inferiore a quello di altri film usciti nello stesso periodo come “Batman v Superman: Dawn of Justice” e “Rogue One: A Star Wars Story“.
Nel caso di Doctor Strange, nonostante il film non sia andato come previsto, il personaggio interpretato da Benedict Cumberbatch ha contribuito al successo complessivo del Marvel Cinematic Universe, che è diventato uno dei franchise di maggior successo e profitto nella storia del cinema.
Come ormai noto, The Marvels, l’atteso sequel di Captain Marveldei Marvel Studios, è stato recentemente posticipato dal 28 luglio 2023 al 10 novembre 2023 e, secondo alcuni rumor circolati da poco in rete, dietro questo slittamento potrebbero esserci altri motivi rispetto a quelli ufficialmente rilasciati. Poco dopo l’annuncio del ritardo, i rapporti ufficiali hanno infatti indicato che il film è stato posticipato per consentire più tempo ai lavori di post-produzione e, anche se ciò potrebbe comunque essere vero, stando a nuove indiscrezioni non sarebbe il motivo principale.
In un episodio del suo podcast, l’insider JeffSneider ha detto di aver sentito che lo slittamento sarebbe dipeso da alcuni conflitti emersi con la protagoni Brie Larson, con la quale non sarebbe stato affatto facile lavorare durante le riprese, compresi alcuni presunti contrasti con la co-protagonista Teyonah Parris. Sneider ha dunque suggerito che ci sia stato un comportamento da “diva” da parte dell’attrice premio Oscar, apparentemente non contenta che il sequel sia intitolato The Marvels e non Captain Marvel 2, in quanto ciò toglierebbe importanza al suo personaggio, alla base delle opere ad esso dedicate.
Tali affermazioni sono naturalmente da prendere con le dovute precauzioni, in quanto si tratta ad ora di meri rumor, voci di corridoio assolutamente non confermate, e che non spiegano nel dettaglio in che modo i conflitti con l’attrice stiano creato problemi al film. Non resta dunque che attendere maggiori chiarimenti a riguardo, come anche l’uscita del film a questo punto prevista per 10 novembre di quest’anno. Questo sequel, come noto, sarà diretto da Nia DaCosta, regista di Candyman. Nel cast ci saranno ancheIman Vellani(Ms. Marvel, già vista anche nell’omonima serie tv su Disney+) e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe Ashton, invece, interpreterà il villain principale, del quale però non è ancora stata rivelata l’identità.
Nel corso della Fase 4 e all’inizio della Fase 5 del MCU abbiamo fatto la conoscenza di due varianti di Kang: Colui che rimane e il Conquistatore. Ant-Man and The Wasp: Quantumania ha chiarito che ci sono ancora molte varianti di Kang in arrivo, mentre fonti attendibili hanno indicato che avremo modo di passare del tempo con almeno alcuni di loro nella seconda stagione di Loki. La serie dovrebbe debuttare su Disney+ quest’estate e promette di essere un capitolo importante della più ampia saga del Multiverso.
Il Centurione Scarlatto
La scena mid-credits di Ant-Man and The Wasp: Quantumania ha puntato i riflettori su tre specifiche varianti di Kang: Immortus, Rama-Tut e Il Centurione Scarlatto. Prevediamo di passare molto tempo con questo trio in futuro, anche se quest’ultimo, nello specifico, è un personaggio che possiamo immaginare verrà approfondito a dovere in Loki. Per qualche motivo, i Marvel Studios hanno preso il Centurione Scarlatto e lo hanno ridisegnato per il MCU. Considerando che si tratta di un soprannome che Kang ha usato solo per un breve periodo e che poi ha affibbiato a suo figlio, forse non dovremmo essere sorpresi!
In ogni caso, visto il poco tempo che ci separa da Avengers: The Kang Dynasty per spiegare meglio chi sono queste Varianti, Loki dovrebbe puntare i riflettori su questo Kang tecnologicamente avanzato. I Marvel Studios possono quindi conservare Rama-Tut per la seconda stagione di Moon Knight (o per i Fantastici Quattro) e Immortus per il prossimo film sui Vendicatori.
Mister Gryphon
Durante la già citata scena mid-credits, si può vedere una delle varianti di Kang vestita in giacca e cravatta. Si tratta quasi certamente di Mister Gryphon, una versione del cattivo bloccato nel XXI secolo che ha creato la Qeng Enterprises. Il quartier generale dell’azienda è stato visto nel The Void quando Loki è arrivato alla fine dei tempi, un indizio forse che era tra le Varianti abbattute in una vita passata. Riportare il Dio dell’Inganno ai giorni nostri potrebbe portare a molti momenti divertenti nella seconda stagione, soprattutto se venissimo a sapere che Kang ha acquistato l’ex Avengers Tower.
Loki e Mobius, lavorando nell’ombra, potrebbero essere incaricati di riscrivere la storia distruggendo l’azienda di Mr. Gryphon, lasciando la porta aperta ai Fantastici Quattro per acquistarla tra un paio d’anni (inoltre, siamo sicuri che Loki amerebbe rivisitare il luogo della sua più grande sconfitta).
Victor Timely
Nei fumetti, dopo aver subito l’ennesima umiliante sconfitta per mano dei Vendicatori, Kang ha creato la sua identità di Victor Timely nel 1901. Usando la sua conoscenza del futuro per trasformare la città di Timely, Wisconsin (da lui fondata) in una meraviglia tecnologica, Kang ha inconsapevolmente plasmato l’Universo Marvel nel mondo che poi è diventato. Ant-Man and The Wasp: Quantumania ha messo in evidenza questa variante Kang, suggerendo che sarà la chiave di qualsiasi storia Loki abbia intenzione di raccontare nella seconda stagione.
Il viaggio nel tempo e il multiverso sembrano avere una definizione molto diversa nel MCU rispetto che sulla carta, con il primo che espande il secondo. Tenendo conto di ciò, Timely potrebbe non essere responsabile della creazione della Terra-616 che abbiamo imparato a conoscere, ma potrebbe comunque gettare le basi per molte delle innovazioni di quel mondo o addirittura per un’intera nuova realtà…
Kamala Kang
Se la vista di quei Kang che ululano come pazzi in quel colosseo è indicativa, alcune di queste varianti sono decisamente folli. Tuttavia, questo dà ai Marvel Studios l’opportunità di divertirsi con Loki, come quando abbiamo incontrato personaggi come il Presidente Loki e l’Alligatore Loki durante la prima stagione dello show. Kamala Kang è stata creata nella storyline Infinity Warps, che ha visto due diversi personaggi fondersi in uno per creare nuovi eroi e cattivi. Questo mashup aveva tutti i superpoteri di Ms. Marvel combinati con l’intelletto e la padronanza di Kang nel viaggiare nel tempo.
Non è rimasta a lungo in circolazione, ma questo è stato un divertente cameo per Iman Vellani. Al momento, sembra che i Marvel Studios si dedichino a Majors come variante di Kang, ma se sono disposti a rompere gli schemi, questa è un’idea che ha del potenziale. In alternativa, saremmo lieti di vedere Kangaroo Kang!
Nathaniel Richards
Nel finale di Loki, Colui che resta ha detto di essere stato uno scienziato che ha scoperto l’esistenza del Multiverso nel 31° secolo. Da lì, ha incontrato le sue Varianti, la maggior parte delle quali non erano così gentili come lui sosteneva di essere.
Non è ancora stato stabilito se tutti i Kang nascono come Nathaniel Richards, ma deve esserci almeno uno di loro là fuori che è stato il “primo” a scoprire il Multiverso. Il Kang di Terra-616 deve ancora essere rivelato, naturalmente, ma anche se Loki e Mobius non riuscissero a rintracciarlo in questo momento cruciale, Ravonna Renslayer potrebbe farlo!Sì, siamo pronti a scommettere che vi siete dimenticati di lei. Anche lei è in cerca di risposte e potrebbe essere colei che inavvertitamente accende la scintilla che porta a un’altra Guerra Multiversale. Il Kang del fumetto è ossessionato da lei e potrebbe essere più importante di quanto abbiamo mai immaginato…
Anche quest’anno l’appuntamento più atteso dal mondo del cinema, la Notte degli Oscar 2023, è su Sky: la 95ª edizione degli Academy Awards sarà in diretta nella notte tra il 12 e il 13 marzo dalle 23.15 su Sky Cinema Oscar (canale 303 di Sky e in streaming su NOW), su Sky Uno e in chiaro su TV8.
Dagli studi Sky Francesco Castelnuovo accompagnerà gli spettatori per l’intera serata, commentando i momenti salienti, dal Red Carpet fino a tutte le premiazioni dal Dolby Theatre di Los Angeles, insieme al “Cinemaniaco” Gianni Canova e la giornalista di Sky TG24 Francesca Baraghini. Con loro in studio Costantino della Gherardesca, conduttore di Pechino Express, dal 9 marzo in esclusiva su Sky e NOW, e l’attore Claudio Santamaria, che dal 24 marzo sarà tra i protagonisti della seconda stagione della serie Sky Original Christian, in esclusiva su Sky e NOW.
La Notte degli Oscar 2023 sarà riproposta integralmente nella mattina e nel pomeriggio di lunedì 13 marzo su Sky Cinema Oscar, successivamente sarà disponibile anche on demand su Sky e in streaming su NOW, mentre in prima serata l’appuntamento con “Il meglio della Notte degli Oscar 2023” sarà dalle 21.15 su Sky Cinema Oscar® e Sky Uno, in seconda serata su TV8, disponibile anche on demand su Sky e in streaming su NOW.
Paramount+ ha pubblicato oggi il video musicale ufficiale del singolo “Grease Is the Word” tratto dalla nuova serie originale Grease: Rise of The Pink Ladies. Subito dopo la première negli Stati Uniti e in Canada, la serie musicale debutterà in esclusiva su Paramount+ con due episodi venerdì 7 aprile in Italia, oltre che nel Regno Unito, in Australia, America Latina, Germania, Svizzera, Austria, Francia e successivamente in Corea del Sud. Dopo la première, i nuovi episodi della stagione in dieci episodi saranno disponibili in streaming ogni venerdì.
“Grease Is the Word” è una rivisitazione in chiave moderna dell’iconica canzone “Grease”, scritta da Barry Gibb e interpretata da Frankie Valli, che è stata il brano di apertura del celebre film musicale del 1978. Il brano sarà presente insieme a 30 canzoni originali nella prima stagione di GREASE: RISE OF THE PINK LADIES, con il produttore musicale esecutivo e cantautore nominato ai GRAMMY Award Justin Tranter al timone. Come si vede nel video musicale di “Grease Is the Word”, ogni canzone della serie sarà accompagnata da un pezzo coreografato, guidato dal coreografo Jamal Sims.
I dettagli sull’uscita del film completo Grease: Rise of The Pink Ladies di Capitol Records saranno annunciati in seguito. Grease: Rise of The Pink Ladies vede protagonisti Marisa Davila nel ruolo di Jane, Cheyenne Isabel Wells nel ruolo di Olivia, Ari Notartomaso nel ruolo di Cynthia, Tricia Fukuhara nel ruolo di Nancy, Shanel Bailey nel ruolo di Hazel, Madison Thompson nel ruolo di Susan, Johnathan Nieves nel ruolo di Richie, Jason Schmidt nel ruolo di Buddy, Maxwell Whittington-Cooper nel ruolo di Wally e Jackie Hoffman nel ruolo di Asst. Principal McGee.
La serie musicale si svolge quattro anni prima dell’originale “Grease”. Nel 1954, prima che il rock ‘n’ roll spadroneggiasse, prima che i T-Birds fossero i più cool della scuola, quattro emarginati stanchi osano divertirsi a modo loro, scatenando un panico morale che cambierà per sempre la Rydell High.
Dagli studi televisivi Paramount, Grease: Rise of The Pink Ladies è scritto e prodotto esecutivamente da Annabel Oakes (“Atypical”, “Minx”), che funge anche da showrunner e ha diretto un episodio successivo. Alethea Jones (“Made for Love”, “Dollface”, “Evil”) ha diretto l’episodio pilota e altri due episodi ed è produttrice esecutiva. Marty Bowen e Wyck Godfrey producono esecutivamente per Temple Hill, mentre Adam Fishbach è anche produttore esecutivo.
Prodotto da Grace Gilroy e prodotto esecutivamente da Erik Feig e Samie Kim Falvey attraverso PICTURESTART. Le coreografie sono di Jamal Sims, che ha curato anche la regia, e le musiche di Justin Tranter, candidato ai GRAMMY Award e produttore musicale esecutivo.
Lo sceneggiatore di Rogue One: A Star Wars Story, Gary Whitta, si è pubblicamente opposto tramite il proprio account Twitter ad un’affermazione rilasciata dall’attore Freddie Prinze Jr., il quale sostiene che Dave Filoni, la mente creativa dietro alcune delle più grandi proprietà di Star Wars, tra cui la serie The Clone Wars e The Mandalorian, avrebbe diretto l’iconica scena con protagonista Darth Vader nel film spin-off del 2016. “Non so se la gente lo sappia, forse non mi è permesso dirlo, ma non mi interessa più“, ha affermato Prinze Jr. “Dave ha diretto quella scena in Rogue One dove – beh, praticamente l’intera fine del film – in cui arriva Vader e si anticipa quello che succederà in Una nuova speranza. Ha diretto tutto lui”.
Whitta, però, non ci pensa due volte a smentire tale dichiarazione e chiarisce che i commenti fatti da Prinze Jr. non sono corretti e che Dave Filoni non ha avuto alcun ruolo nel direzione della famigerata scena in cui Darth Vader invade una stazione spaziale e si fa largo in una stanza piena di soldati. Nei suoi tweet, Whitta afferma che è stato il regista del film, Gareth Edwards, a filmare la scena e fa riferimento a Hal Hickel di Industrial Light & Magic, che a sua volta attribuisce a Edwards il merito di aver diretto quell’epico momento.
Anche un report di Umberto Gonzalez di TheWrap affermava invece che alla regia di quella c’era in realtà il regista della seconda unità Simon Crane. Tuttavia, Whitta rimane fermo sul fatto che in realtà si trattasse di Edwards, e per smentire Gonzalez ha persino approfondito il modo in cui la scena è stata aggiunta alla fine della produzione di Rogue One: A Star Wars Story e come egli l’abbia diretta. A distanza di anni, dunque, la famigerata scena è ancora al centro delle discussioni, il che non sorprende dato l’impatto che ha avuto su tutti i fan della saga.
There appears to be some bullshit going around about who directed Rogue One’s Vader/hallway scene. It was Gareth. ILM’s Hal Hickel, who was on set that day, clears up any confusion here: https://t.co/DCUvowjZDN
La serie spin-off di Game of Thrones,House of the Dragon si sta preparando per la sua seconda stagione e i fan saranno felici di sapere che ci saranno ancora più draghi pronti a prendere il volo quando finalmente arriverà in onda. Parlando a una proiezione FYC della serie questa settimana, il co-creatore Ryan Condal ha detto che “incontreremo cinque nuovi draghi” nei nuovi episodi e ha confermato che le riprese della serie inizieranno “molto presto”. Le sue parole sono state diffuse da The Hollywood Reporter.
Con la seconda stagione di House of the Dragon destinata ad approfondire ulteriormente te la guerra di successione nota come “La danza dei draghi”, non è troppo sorprendente scoprire che saranno presentate molte più creature. Finora, abbiamo avuto modo di osservare oltre 10 draghi nella serie, e con il romanzo Fire & Blood dell’autore George RR Martin che si svolge in un arco temporale davvero lungo, abbiamo un sacco di tempo per poter ammirare nuovi draghi!
Basato su Fire & Blood di George RR Martin, House of the Dragon racconta l’ascesa e la caduta dei Targaryen, l’unica famiglia dei signori dei draghi sopravvissuta al destino di Valyria. La serie si svolge 200 anni prima degli eventi del pluripremiato adattamento in serie di Game of Thrones, che ha trasmesso il suo episodio finale nel 2019.
Everything Everywhere All at Once, il film candidato a ben 11 premi Oscar, ha appena raggiunto un raro traguardo, collezionando premi apparentemente ovunque e per tutto, tenendo fede al proprio titolo. La commedia fantascientifica sul multiverso diretta da Daniel Kwan e Daniel Scheinert detiene infatti ora ben 158 premi vinti presso varie importanti associazioni di critici. Questo conteggio pone Everything Everywhere All at Once ben al di sopra delle 101 vittorie di premi riportate de Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re, rendendolo dunque il nuovo film più premiato di sempre.
In termini di premi totali vinti, Everything EverywhereAll at Once batte ancora Il Ritorno del Re con un ampio margine: 336 premi contro 213 e 691 nomination contro 337. Le recenti vittorie del film dei Daniels includono sei vittorie all’Hollywood Critics Association Award, due vittorie al Golden Globe, sette vittorie agli Independent Spirit Awards e quattro agli Screen Actors Guild Awards. I maggiori destinatari di questi premi sono gli attoriMichelle Yeoh e Ke Huy Quan per la migliore attrice e il miglior attore non protagonista, nei panni della coppia sposata in difficoltà Evelyn e Waymond Wang. Quan ha anche fatto la storia con il suo recente SAG, diventando il primo attore maschio asiatico a vincere tale premio.
Il numero di premi vinti da Everything Everywhere All at Once è però destinato a salire ancora, considerando le sue 11 nomination agli Oscar 2023, dove è il grande favorito in molteplici categorie. Il film condivide proprio lo stesso numero di nomination de Il Ritorno del Re, che nel 2004 vinse in tutte le undici categorie per cui era candidato, divenendo così insieme a Ben-Hur di William Wyler e Titanic di James Cameron per il terzo film con il maggior numero di Oscar vinti nella storia del premio. Potrà il film dei Daniels eguagliare anche questo record? Non resta che attendere la notte del 12 marzo per scoprirlo.
Il trailer ufficiale di No Hard Feelings rivela finalmente qualcosa di più sulla nuova commedia con protagonista la premio Oscar Jennifer Lawrence. Il film, che vede la star abbracciare il suo lato più cattivo, seguirà il suo personaggio sfortunato Maddie mentre accetta di fingere di uscire con un diciannovenne per aumentare la sua autostima prima che vada al college. Il film, che uscirà nelle sale statunitensi il 23 giugno, è interpretato anche da Andrew Barth Feldman, Natalie Morales e Matthew Broderick.
Il trailer anticipa dunque una commedia piuttosto sboccata, sulla scia di titoli come Bad Teacher o Bad Moms. Tuttavia, sembrano essere presenti anche elementi da coming of age tipici di film come Juno, che combina la sua commedia assurda e sporca con uno studio più approfondito dei personaggi, della loro psicologia e del loro mondo emotivo. Come se non bastasse, No Hard Feelings segna anche il debutto della Lawrence in una commedia pura, ricordando che un titolo come Il lato positivo prevedeva primariamente forti elementi drammatici.
Dopo il drammatico e indipendente Causeway, No Hard Feelings segna dunque un ulteriore ritorno sulle scene per l’attrice, che si era presa un breve pausa dalle scene in concomitanza con la sua gravidanza. Stavolta, inoltre, la Lawrence sembra qui intenta a dar vita ad un personaggio che, a giudicare dal trailer, si preannuncia già memorabile. Non resta dunque che attendere anche l’uscita italiana del film per poter scoprire di cosa è stata capace la premio Oscar alle prese con una commedia che si preannuncia tanto politicamente scorretta. Nell’attesa, ecco di seguito il primo trailer di No Hard Feelings.
Netflix ha rilasciato il trailer ufficiale di The Night Agent per la prossima serie di thriller d’azione che segue un agente dell’FBI di basso rango che viene gettato nella mischia inconsapevolmente. Il trailer di Night Agent ci dà un’idea di cosa aspettarci dallo show, guidato da Gabriel Basso (Super 8) nel suo primo grande progetto televisivo come attore protagonista. La serie sarà disponibile per lo streaming alla fine di questo mese, il 23 marzo.
Tratta dal romanzo di Matthew Quirk, The Night Agent è una serie thriller d’azione incentrata sul personaggio di un agente dell’FBI di basso livello che lavora nel seminterrato della Casa Bianca con l’incarico di presidiare un telefono che non suona mai… finché una sera uno squillo lo proietta in una cospirazione pericolosa e in rapido sviluppo che conduce fino allo Studio Ovale.
The Night Agent è creato e prodotto da Shawn Ryan. Nel cast Gabriel Basso nei panni di Peter Sutherland, Luciane Buchanan nei panni di Rose Larkin, la candidata all’Oscar Hong Chau, Sarah Desjardins nei panni di Maddie Redfield, Fola Evans-Akingbola nei panni di Chelsea Arrington, Eve Harlow nei panni di Ellen, Enrique Murciano nei panni di Ben Almora, Phoenix Raei nei panni di Dale e DB Woodside nel ruolo di Erik Monks.
I produttori esecutivi sono Seth Gordon, Marney Hochman per MiddKid Productions, Julia Gunn per Exhibit A, Jamie Vanderbilt, William Sherak, Paul Neinstein e Nicole Tossou per Project X e David Beaubaire per Sunset Lane Media. Proviene dai Sony Pictures Television Studios.
Il CEO della Disney Bob Iger ha parlato del futuro della saga di Star Warse del Marvel Cinematic Universe, rivelando, per quanto riguarda la prima delle due, che la Lucasfilm sta adottando un approccio molto più cauto con i propri film, dopo la controversa trilogia sequel e il fallimento al botteghino di Solo: A Star Wars Story. Negli ultimi anni, la Lucasfilm si è concentrata su una serie di programmi TV Disney+ di successo, tra cui The Mandalorian, Andore Obi-Wan Kenobi. Nonostante i rapporti sul piano dello studio di “aumentare” la produzione dei film di Star Wars, ci sono state diverse recenti cancellazioni, tra cui Rogue Squadron di Patty Jenkins e il progetto senza titolo di Kevin Feige.
Iger ha poi confermato che la Disney cambierà le sue strategie con una maggiore attenzione alla qualità piuttosto che alla quantità, offrendo contenuti più robusti ma ad un ritmo di realizzazione più lento. Per quanto riguarda il Marvel Cinematic Universe, invece, Iger ha affermato che “Ci sono 7.000 personaggi e tante storie ancora da raccontare. Quello che dobbiamo tenere in considerazione non è necessariamente il volume delle storie Marvel che stiamo raccontando, ma quante volte torniamo su certi personaggi noti. I sequel in genere funzionano bene per noi. Ma abbiamo davvero bisogno di un terzo e un quarto film, per esempio, o è ora di passare ad altri personaggi?”.
Iger, dunque, sembra anticipare che ciò che sembra valga già per la saga di Star Wars, varrà presto anche per il Marvel Cinematic Universe. Ovvero meno film, meno sequel e maggior spazio alla qualità e, soprattutto, a personaggi nuovi con storie nuove. Si tratta naturalmente di piani i cui frutti si potranno vedere sul lungo periodo, ma che certamente dimostrano come la Disney stia apportando seri cambiamenti alla propria strategia produttiva e distributiva, alla luce anche dei tutt’altro che entusiasmanti guadagni di Ant-Man and the Wasp: Quantumania.
Showtime ha finalmente svelato il trailer completo dell’attesissima seconda stagione di Yellowjackets, la cui premiere è prevista per il 24 marzo 2023 negli USA. Il contributo video svela che la serie continuerà a raccontarci due linee temporali, con i restanti membri dei sopravvissuti che cercano di superare a un rigido inverno compiendo atti indicibili. Più di due decenni dopo, il loro oscuro passato è tornato a perseguitare i sopravvissuti, che devono affrontare il trauma e le conseguenze della loro vita nella natura selvaggia. Il contributo presenta anche l’apparizione della tanto attesa versione adulta di Lottie, interpretata da Simone Kessell.
Dai un’occhiata al trailer della seconda stagione diYellowjackets di seguito:
“Nella seconda stagione, sono passati due mesi dagli eventi che ha visto coinvolti Shauna e Jackie – con risultati disastrosi”, si legge nella trama ufficiale. “Di fronte alla loro crescente fame e paura, la tensione tra i nostri Yellowjackets è solo peggiorata. Le dure condizioni dell’inverno si stanno intensificando di giorno in giorno e la psiche dei nostri sopravvissuti si sta deteriorando altrettanto velocemente. Minacciati dall’oscurità della natura selvaggia e dai ricordi ossessionanti che dominano le menti nel presente, i nostri protagonisti saranno costretti a prendere decisioni impossibili. Mentre affrontano l’orribile verità di ciò che comporta la sopravvivenza, il vero incubo per ognuno di loro sarà capire chi sono e cosa sono disposti a sacrificare per sopravvivere.
Yellowjackets attualmente è interpretato da Christina Ricci, Juliette Lewis, Melanie Lynskey, Tawny Cypress, Samantha Hanratty, Sophie Thatcher, Sophie Nélisse, Jasmin Savoy Brown, Steven Krueger e Warren Kole. Tra le new entry della seconda stagione troviamo l’attrice nominata agli Emmy Lauren Ambrose (Six Feet Under, Servant) nei panni di Van Palmer da adulta, Simone Kessell (Obi-Wan Kenobi) nei panni di Lottie da adulta ed Elijah Wood nei panni del detective cittadino Walter.
Yellowjackets è creato e prodotto da Ashley Lyle e Bart Nickerson. I produttori esecutivi sono Drew Comins, Karyn Kusama e Jonathan Lisco, che funge anche da showrunner. È prodotto da Entertainment One.
L’imminente film DC The Flash si preannuncia come un affare epico con enormi implicazioni per l’universo cinematografico condiviso della DC e il suo futuro. Con i cineasti Jonathan Goldstein e John Francis Daley, tuttavia, la prima uscita da solista sul grande schermo del supereroe più veloce che c’è, probabilmente sarebbe stata un po’ diversa. Nel corso di un’intervista, Goldstein e Daley hanno infatti rivelato alcuni dettagli delle idee che avevano per The Flash, prima di abbandonare il progetto.
“Abbiamo lanciato questa idea di un supereroe più a umano, dove la fine del mondo nnon è necessariamente la posta in gioco“, ha detto Daley. “Per noi il protagonista sta solo imparando a gestire i suoi poteri ed, in qualche modo, anche la sua vita disfunzionale. Più imperfetto possiamo creare un supereroe, meglio è, perché questa è la sfida intrinseca: come si fa a dare l’imperfezione a qualcuno che è, sai, fisicamente perfetto?“. Goldstein e Daley hanno poi anche spiegato perché hanno però poi abbandonato il progetto su The Flash. Prima di scrivere la loro versione della sceneggiatura, i due cineasti hanno incontrato la star del film, Ezra Miller, e i produttori per parlare delle loro idee.
“Ben presto è diventato chiaro che non volevano fare esattamente la stessa cosa che avevamo in mente noi“. The Flash ha avuto una produzione notoriamente travagliata, con numerosi scrittori e registi coinvolti nel progetto, tra cui Goldstein e Daley. The Flash è stato infine diretto da Andy Muschietti a partire da una sceneggiatura di Christina Hodson, con Goldstein, Daley e Joby Harold che hanno però ricevuto i crediti della storia. Il film arriverà ora al cinema il 23 giugno 2023, con Ezra Miller che tornerà dunque a vestire i panni del Velocista Scarlatto dopo essere apparso in un cameo in Batman v Superman: Dawn of Justice e in Justice League.
Torniamo a parlare di Beetlejuice 2, sequel della commedia fantastica diretta daTim Burtonnel 1988. Dopo anni e anni di speculazioni sulla realizzazione di tale sequel, tra cui recenti criptiche affermazioni dello stesso Burton a riguardo, sembra proprio che tale progetto stia entrando in una fase di maggior concretezza. Stando a quanto riportato da alcune fonti, l’attrice Jenna Ortega potrebbe passare dalla famiglia Addams ai Deetz, tra i protagonisti del primo film. La star di Mercoledì, la serie Netflix ideata dallo stesso Burton, sembra infatti aver ricevuto un’offerta per interpretare la figlia di Lydia Deetz, il personaggio di Winona Ryder, in Beetlejuice 2.
Tale seguito a lungo in lavorazione del Beetlejuice del 1988, dovrebbe inoltre riunire Tim Burton con i membri del cast originale, ovvero Michael Keaton nei panni del “bio-esorcista” Betelgeuse, Winona Ryder in quelli Lydia, e Catherine O’Hara nel ruolo della matrigna di Lydia, Delia Deetz. Nel febbraio 2022, inoltre, si riportava che tale sequel sarebbe stato prodotto dalla Plan B di Brad Pitt. Al di là di queste indiscrezioni, però, non ci sono ancora conferme sull’effettiva realizzazione di questo sequel, atteso ormai da oltre 30 anni.
Bisognerà dunque vedere se la possibile presenza della Ortega sarà l’ingranaggio che farà sbloccare il tutto. L’attrice, infatti, è ormai uno dei grandi nomi di punta di Hollywood, che oltre ad essere divenuta iconica grazie alla serie Mercoledì, può vantare anche un ruolo da protagonista nei film Screame Scream VI, con quest’ultimo attualmente in sala. È inoltre possibile che la sua presenza spinga ancor di più Burton a voler effettivamente realizzare il sequel di uno dei suoi film più iconici. Non resta dunque che attendere nuovi eventuali sviluppi.
Disney ha dato il via alle celebrazioni per il suo 100° Anniversario, annunciando una serie di esperienze esclusive, mostre, concerti e una linea di nuovi prodotti dedicati in arrivo quest’anno. Ciò significhe che verrà messo in commercio anche del merchandising targato Disney100, e un esempio è il nuovo entusiasmante Funko Pop di R2-D2, l’iconico droide simbolo di Star Wars, uno dei franchise ormai più importanti per la Disney sin dalla sua acquisizione di Lucasfilm nel 2012. Questo nuovissimo Star Wars Pop! di Funko viene fornito con un proprio supporto speciale, che consente a R2-D2 una maggiore stabilità sia in esposizione che in gioco.
L’aspetto sfaccettato offre il taglio e una lucidatura ancor più preziosa, attirando molta più attenzione di quanto avrebbe fatto piacere a Luke Skywalker in Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza. Il Funko Pop di R2-D2 è alto circa 7 centimetri e attualmente può essere preordinato solo negli Stati Uniti tramite il sito ufficiale. Non c’è però da dubitare sul fatto che tale nuovo prodotto sarà presto disponibile anche in Europa, per la gioia dei collezioni e dei fan.
A partire da questo nuovo entusiasmante Funko Pop, che tutti i fan della saga di Star Wars non potranno che apprezzare, ricordiamo dunque che il 16 ottobre 2023 ricorrerà il 100° Anniversario dal giorno in cui Walt Disney e suo fratello Roy presentarono al mondo intero la magia Disney per la prima volta, portando meraviglia nella vita di milioni di persone. Disney, dunque, celebrerà le storie e i personaggi dei suoi primi 100 anni per tutto il 2023. Nell’attesa, ecco di seguito il nuovo Funk Pop di R2-D2 in tutto il suo splendore.
Il problema della conservazione ambientale è senza dubbio il più gravoso che la società contemporanea deve affrontare nel presente e immediato futuro. A questo proposito Apple TV+ ha prodotto Extrapolations, serie in otto episodi ambientata in un futuro prossimo in cui non c’è davvero più tempo da perdere, e gli effetti del riscaldamento globale stanno influendo radicalmente sulla conformazione geopolitica del pianeta.
Vista l’importanza del tema trattato molte delle più importanti star hollywoodiane si sono mobilitate per partecipare la progetto: nei vari episodi, in veste di protagonisti o semplici guest-star, troviamo infatti attori del calibro di Sienna Miller, Kit Harington, Tahar Rahim, Edward Norton, Marion Cotillard, Heather Graham, Matthew Rhys, Keri Russell, David Schwimmer, Gemma Chan, Forest Whitaker e molti altri, compresa addirittura la divina Meryl Streep in una guest appearance.
Extrapolations, la conservazione del Pianeta
Un problema fondamentale come la conservazione del pianeta avrebbe meritato un progetto molto migliore di questo per essere esposto al pubblico: nonostante gli evidenti mezzi a disposizione Extrapolations fin dal confuso pilota si dimostra un progetto che non sa proporre un centro narrativo forte, disperdendo invece l’attenzione dello spettatore in storie fin troppo separate tra loro che toccano i vari aspetti di come l’essere umano stia distruggendo l’habitat naturale. E questo risulta ancor più sbalorditivo perché al centro del progetto figura quello Scott Z. Burns che in passato ha dimostrato notevole lucidità e stringatezza di esposizione, prima come sceneggiatore per Steven Soderbergh (Contagion su tutti) ma anche come regista di The Report con Adam Driver e Annette Bening per Amazon Prime Video.
Nel caso di Extrapolations invece dopo un primo episodio che gira a vuoto iniziando alcune delle storie dei capitoli successivi senza offrire una trama portante, il resto delle puntate si sviluppa tentando costantemente di trovare un equilibrio tra la raffinatezza della messa in scena e l’impegno civile della tematica. Tale tentativo rimane in alcuni casi accettabile, nella maggior parte delle situazioni esposte totalmente insoddisfacente. Ci sono ad esempio degli episodi – come quello che vede protagonista Daveed Diggs nel ruolo di un rabbino che cerca di salvare la propria comunità in una Miami allagata dalle acque – che se non fossero stati sovraccaricati da una eccessiva volontà di “educare” invece che lasciar libero lo spettatore di assimilare emotivamente, avrebbero anche potuto funzionare.
E invece il filo conduttore di Extrapolations è la ridondanza, il mettere il messaggio sempre di fronte a storia e personaggi, mancando in questo modo la possibilità di offrire una narrazione efficace e figure emotivamente avvicinabili. In questo marasma generale si raggiungono momenti di comicità probabilmente involontaria, come nella fine del pilot con l’arco narrativo del personaggio interpretato da Matthew Rhys. Certo, poi qualcosa in Extrapolations nonostante una serie di tentativi sopra le righe alla fine funziona: quando sullo schermo compare una Meryl Streep che interpreta una donna che deve fare i conti con il tempo che le resta, ecco che la bravura innata dell’attrice riesce a dotare il personaggio di pathos. Ci si commuove, certo, ma ci mancherebbe non succedesse di fronte alla Streep in versione strappalacrime!
Tanta, troppa la carne al fuoco messa da Extrapolations. Ambientata in un futuro prossimo che col passare degli episodi diventa sempre più lontano e disperato, la serie pian piano scivola dentro la fantascienza e la distopia senza veramente rendere partecipe il pubblico del problema che vuole affrontare. La veridicità scientifica di alcuni fatti o dati esposti nel corso dei capitoli non diventa mai allarmante, in quanto “persa” dentro una confezione visivamente leccata quanto purtroppo inerme. Il risultato è uno show che non sa mai arrivare al punto, molto probabilmente perché vuole raggiungere più obiettivi di quanti può raccontarne in maniera coerente e concisa. Davvero peccato…
Ogni anno il 10 marzo si festeggia la giornata dedicata a Super Mario, l’idraulico più famoso del mondo. Celebra con noi il MAR10 DAY e non perdere l’ultimo trailer del nuovo film d’animazione Super Mario Bros. – Il Film, ambientato nel mondo di Super Mario Bros. firmato da Nintendo e Illumination.
Diretto da Aaron Horvath e Michael Jelenic (produttori di Teen Titans Go! – Il Film ), da una sceneggiatura di Matthew Fogel (The LEGO Movie 2: Una Nuova Avventura, Minions 2 – Come Gru Diventa Cattivissimo), nella versione originale di Super Mario Bros. – il filmChris Pratt doppierà Mario, Anya Taylor-Joy sarà la Principessa Peach, Charlie Day sarà Luigi e Jack Black doppierà Bowser; Keegan-Michael Key presta la voce a Toad, Seth Rogen e Fred Armisen rispettivamente a Donkey e a Cranky Kong. A Kevin Michael Richardson spetta il ruolo di Kamek e a Sebastian Maniscalco quello di Spike. Il film è prodotto dal fondatore e CEO di Illumination Chris Meledandri e da Shigeru Miyamoto per Nintendo. Il film è co-finanziato da Universal Pictures e Nintendo e distribuito in tutto il mondo da Universal Pictures.
Smartphone, tablet, computer… la nostra società è oramai dominata dalle diverse forme tecnologiche e dalla digitalizzazione. Nel quotidiano costituiscono una “materia prima” fondamentale, in quanto capsule di tutti i beni necessari. Sono strettamente legate all’internet, bacino costante di informazioni – oramai indispensabile anche per l’attività lavorativa – e a volte possono rappresentare l’unica strada per salvare qualcuno. È in questo ultimo concetto che si annida il cuore di Missing, nuovo screenlife movie che sfrutta l’innovazione tecnologica per mettersi sulle tracce di una persona scomparsa.
È il sequel indipendente di Searching, dal quale non si trascina dietro né storia né personaggi ma solo la sua modalità investigativa: i dispositivi elettronici. La pellicola fa parte di un genere cinematografico ancora da esplorare, che nasce e fiorisce con l’era dei social e del web, e che proprio per questo ha davanti a sé un terreno fertile sopra cui edificarsi e prendere lo spazio che merita. Il film, scritto e diretto dal duo Nicholas Jonson e Will Merrick e distribuito da Sony, è ora nelle sale cinematografiche dal 9 marzo.
Missing, la trama del film
In Missing June (Storm Reid) è un’adolescente la cui vita ruota attorno al suo indispensabile Mac, escludendo dalla sua sfera privata la madre Grace (Nia Long). Quando la donna, insieme al compagno Kevin (Ken Leung), parte per un viaggio a Cartagena, in Columbia, June passa una settimana con le sue amiche all’insegna del divertimento. Ma il giorno in cui è previsto il ritorno della madre, quest’ultima non si presenta all’aeroporto dove la ragazza la sta aspettando. Scoprirà così che Grace è scomparsa e, tramite l’uso dei social e di google, June cercherà di mettersi sulle sue tracce, fino ad arrivare ad una sconvolgente scoperta sia sul genitore che sul suo passato.
Un thriller da gustare sullo schermo di un computer
Sapremmo stare per un lasso anche breve di tempo senza smartphone o pc? Probabilmente no. Questi dispositivi fanno oramai parte di noi e, che lo accettiamo o meno, assorbono gran parte del nostro tempo. A volte piuttosto che vivere la realtà, ci rifugiamo nel virtuale, una dimensione dalla quale traiamo tanti spunti, ma che è anche fonte di distrazione. Eppure spesso sembra che la nostra vita sia tutta lì, sullo schermo di un telefono o di un computer. Missinginizia a filare la sua trama partendo da una netta fotografia dell’era moderna dell’elettronica e del cyberspazio, due armi a doppio taglio in grado di essere sia supporto che distruzione.
I registi costruiscono l’intero film all’interno di un Mac e di un iPhone, strumenti che si alternano l’un l’altro per restituirci una storia dalla forte suspense, il cui peso è retto totalmente dalle spalle di una perspicace e determinata June. È lei il perno attorno al quale ruota ogni dinamica. Ne sostiene il ritmo serrato e gli snodi narrativi, non perdendo al contempo la sua struttura e visione adolescenziale. Il processo di sleuthing è affidato in toto a lei, tanto che i suoi comprimari, seppur siano coinvolti nella ricerca, sono nel racconto sempre marginali e addirittura superflui.
Un’altra nota accattivante è la modalità di ripresa: la macchina da presa affida in gran parte alla webcam il compito di seguire la protagonista, alternandosi di tanto in tanto con delle sequenze della schermata del computer, le quali mostrano il processo di tracciabilità – quasi da hacker – attuato da June. Quest’ultime rendono possibile la progressione del caso, svelandone dettagli salienti, oltre a macinare agghiaccianti plot twist.
Non solo: la composizione visiva delle immagini al computer permette allo spettatore di partecipare all’indagine, mentre scopre di pari passo con la protagonista indizi e rivelazioni. Il cinema tradizionale perciò quasi si nasconde, e cercarne le caratteristiche diventa difficile persino quando la webcam si sovrappone all’inquadratura. Ci si rende subito conto che il frame sgranato non ha permesso uno scollamento con l’occhio della telecamera digitale e, proprio in quel momento, realizziamo di essere noi stessi spie della vicenda.
Internet, un problema e una salvezza
Se da una parte con Missing abbiamo una scrittura stuzzicante, il cui tono galvanizzato non cala mai, dall’altra abbiamo un contenuto su cui riflettere. La pellicola non vuole solo inghiottirci dentro la casa di June, nella quale con velocità si consuma l’imprevedibile thriller, ma mira a smascherare l’internet e l’uso dei social network. Perché se è vero che con il loro avvento si è trasformata in contemporanea la società e perfino il modo di intendere delle professioni, è altrettanto vero che ha corroso la verità delle cose. I registi inseriscono questa tematica in maniera sottile e sta a noi rimanere vigili per coglierla.
Quando il caso della madre di June comincia a essere mediatico, la ragazza si scontra con l’altra faccia della medaglia del web. Nonostante sia abituata a perdersi fra Snapchat, FaceTime, Tik Tok, che usa giornalmente per riprendere la sua vita, si accorge solo dopo quanto possano essere veicolo di informazioni sbagliate a danno degli altri. È il problema, innanzitutto, delle fake news. Una piaga che al giorno d’oggi, ad esempio, ha condannato il giornalismo. Divulgare contenuti fuorvianti, magari distorti e reinterpretati, può ledere le persone coinvolte. I social sono una grossa finestra di comunicazione e per tale ragione andrebbero usati con parsimonia e criterio.
Spesso però accade l’inverso: argomenti, magari delicati, vengono maneggiati senza un minimo di conoscenza – e coscienza -, allontanando gli utenti dalla realtà e costituendo un pericolo. Le app possono essere veicolo di bufale, ma anche di insulti e congetture, che in Missingla protagonista è costretta ad affrontare per difendere la reputazione della madre. E seppur per un periodo breve, è obbligata a mettere in stand-by la ricerca del genitore, impegnandosi in una lotta a suon di commenti social che possa restituirle la dignità.
Missing costruisce sullo schermo sia una storia che, bene o male, mantiene alta l’attenzione fino allo sconcertante climax finale, sia una denuncia verso i tempi dei social, i quali, ci rammenta, dovrebbero essere sfruttati in modo più avveduto. È uno screenlife movie che rappresenta bene la gioventù contemporanea, il suo approcciarsi alla quotidianità attraverso i nuovi canali d’informazione, risultando così essere un prodotto fresco e intelligente. Un plauso anche al lavoro fatto sulla sceneggiatura, semplice ma dotata di ricorrenti guizzi narrativi, volti a coinvolgere un pubblico in agitazione. Una pellicola che, nella sua buona fattura, non deluderà il suo spettatore, soprattutto quello giovanile.