In occasione della consegna
dell’American Cinematheque Award a Scarlett Johansson lo scorso weekend, il
presidente dei Marvel StudiosKevin Feige ha
rivelato che l’attrice tornerà a lavorare con la Marvel per un nuovo misterioso
progetto in cui figurerà come produttrice.
Come riportato da
Deadline, il progetto top secret sarà totalmente slegato da
Black
Widow, quindi non avrà nulla a che fare con il
personaggio di Natasha Romanoff. Ricordiamo che Johansson è stata
la prima attrice del MCU ad essere coinvolta in qualità
di produttrice esecutiva in un film dei Marvel Studios (Black
Widow, appunto).
“Scarlett ha prestato il suo
talento e il suo potere da star al Marvel Cinematic Universe per oltre
un decennio. Sono estremamente grato per il fatto che ha scelto di
svolgere un ruolo chiave in esso per così tanti anni”, ha
osservato Feige. “Lavorare con lei è stata davvero una delle
collaborazioni più memorabili e gratificanti della mia
carriera.”
Black
Widow è uscito contemporaneamente nei cinema e su
Disney+, cosa che ha spinto Scarlett Johansson a citare in giudizio la
Disney. La diatriba si è poi risolta con un accordo milionario e
dalle parole di Feige è chiaro che, nell’intera vicenda, il boss ha
avuto un ruolo da mediatore tra le due parti. Speriamo di saperne
di più sul ritorno di Johansson nel MCU il prima possibile.
Sul red carpet dell’American
Cinematheque, l’attrice ha così commentato la faida con la Disney:
“Ho fatto qualcosa che non era mai stato fatto prima. Mi
sentivo in un territorio inesplorato. È stato terrificante. Avevo
tantissimi dubbi, ma al tempo stesso mi sentivo come se stessi
facendo la cosa giusta. Ora, grazie a quello che ho fatto, nessuno
dovrà mai più affrontare una cosa simile. Quindi, alla fine, penso
che ne sia valsa la pena.”
Il nome di Hailee Steinfeld è sempre stato associato al
ruolo di Kate Bishop, ancor prima
dell’ufficializzazione del cast dell’attrice da parte dei Marvel Studios. Pare infatti che la star
di Bumblebee
fosse sempre stata nel mirino dello studio. Tuttavia, da quelle
voci di corridoio alla conferma definitiva è trascorso un bel po’
di tempo.
Ora, vedremo finalmente l’attrice
candidata all’Oscar per Il
grinta nei panni dell’erede di Occhio di Falco in Hawkeye, l’attesissima nuova serie della
Marvel che debutterà su Disney+ a partire dal prossimo 24
novembre. In occasione della conferenza stampa globale di
presentazione della serie, Kevin Feige ha rivelato
alcuni interessanti dettagli proprio in merito al casting di
Steinfeld.
Come riportato da
ComicBookMovie, infatti, il presidente dei Marvel Studios ha spiegato che
l’attrice non ha sostenuto alcun provino per il ruolo di Kate
Bishop, a conferma che lo studio aveva sempre pensato a lei per la
parte. “Hailee non ha fatto nessuna audizione”, ha
dichiarato Feige. “Siamo stati davvero molto fortunati che
fosse aperta alla possibilità di interpretare il personaggio,
perché abbiamo sempre pensato che fosse una sorta di prototipo di
Kate.”
“Come molto spesso accade,
quando pensiamo ad un attore per un determinato ruolo, alla fine
capita che accetti sempre di interpretarlo”, ha aggiunto il
produttore. “Con Hailee ci sono stati soltanto alcuni incontri
per discutere della cosa e siamo veramente grati che abbia voluto
entrare a far parte del MCU, perché abbiamo sempre saputo
che sarebbe stata grandiosa. Ed infatti lo è.”
Qualcosa ci dice che i Marvel Studios abbiano dei grandi
piani in serbo per l’attrice e per il personaggio. D’altronde, è
quasi certo che Kate assumerà il ruolo di Occhio di Falco in modo
permanente, raccogliendo così l’eredità di Clint Barton. Tuttavia,
non ci resta che guardare Hawkeye per scoprire in che direzione andrà la storia
di Kate.
Arriva da
Deadline la conferma che la produzione di Black
Panther: Wakanda Forever è stata ufficialmente sospesa
e che le riprese del film ripartiranno all’inizio del prossimo
anno, precisamente a gennaio. La ragione è l’infortunio sul set di
Letitia Wright, interprete di Shuri.
Ora, in una lunga lettera inviata da
Kevin Feige, Louis D’Esposito e Nate
Moore al cast e alla troupe del film, sono emersi nuovi
dettagli proprio in merito all’incidente che ha coinvolto
l’attrice, avvenuto lo scorso agosto, sul set allestito a Boston,
mentre stava girando una scena d’azione. Nel frattempo, la
produzione è andata avanti, realizzando tutte le scene in cui non
era coinvolto il personaggio di Shuri. Tuttavia, non essendosi
Wright ripresa in tempo, i Marvel Studios hanno ritenuto opportuno
bloccare temporaneamente i lavori sul film, posticipando anche la
data di uscita da luglio a novembre 2022.
Nella lettera scritta da Feige,
D’Esposito e Moore, è emerso che Letitia Wright ha riportato una frattura alla
spalla e persino una commozione cerebrale: “Quelle che
credevamo fossero ferite minori, in realtà, si sono rivelate più
gravi del previsto, visto che Letitia ha dovuto fare i conti con
una grave fattura alla spalla e una commozione cerebrale che ha
avuto numerosi effetti collaterali. È stato difficile. Ora Letitia
è in via di guarigione, seguita dai medici e aiutata dal sostegno
della sua famiglia.”
I dirigenti dello studio hanno poi
ringraziato l’attrice per aver fatto di tutto per cercare di
tornare il più velocemente possibile sul set: “Sappiamo quanto
Letitia ami il ruolo di Shuri e quando sia difficile per lei stare
lontana dal set. Sta lavorando sodo per riprendersi. Non vediamo
l’ora di rivederla al lavoro. Ci ricongiungeremo tutti più forti di
prima.”
Black
Panther: Wakanda Forever arriverà nelle sale l’8
luglio 2022. Il presidente dei Marvel Studios,
Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio
interpretato al compianto Chadwick
Boseman nel primo film, non verrà interpretato da
un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI. Il sequel si
concentrerà sulle parti inesplorate di Wakanda e sugli altri
personaggi precedentemente introdotti nei fumetti Marvel.
Letitia Wright (Shuri), Angela
Bassett (Ramonda), Lupita
Nyong’o (Nakia), Danai
Gurira (Okoye), Winston
Duke (M’Baku) e Martin
Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei
rispettivi personaggi interpretati già nel primo film.
L’attore Tenoch Huerta è in trattative
con i Marvel
Studios per interpretare il villain principale del
sequel.
Il ruolo dell’artista transgender
Lili Elbe in
The
Danish Girl è probabilmente uno dei più conosciuti – e
acclamati – della carriera di Eddie Redmayne. Tuttavia, in una recente
intervista con il
Times di Londra, l’attore britannico ha ammesso che, oggi, non
accetterebbe la parte.
All’epoca dell’uscita in sala del
film di Tom Hooper, che valse a Redmayne una
candidata all’Oscar come miglior attore protagonista (l’ambita
statuetta – lo ricordiamo – l’aveva già vinta per il ruolo di
Stephen Hawking ne La
teoria del tutto), la scelta di far interpretare un
personaggio transessuale ad un uomo cisgender venne accolta da
numerose critiche. A quanto pare, oggi Redmayne sembra essere
d’accordo con quelle contestazioni.
“No, adesso non accetterei
quella parte”, ha confessato l’attore. “All’epoca accettai
perché ero mosso dalle migliori intenzioni, ma penso che sia stato
un errore. La discussione riguardo alle frustrazioni sui casting è
dovuta al fatto che molte persone non hanno voce in capitolo. Deve
esserci un livellamento, altrimenti ci saranno sempre dibattiti di
questo tipo.”
Eddie Redmayne in difesa della comunità transgender
Non è la prima volta che Eddie Redmayne si espone in difesa della
comunità transgender: lo scorso anno, infatti, il protagonista
della saga di Animali Fantastici aveva criticato duramente
le dichiarazioni di J.K. Rowling, la celebre scrittrice
britannica nota per aver dato vita al magico mondo di Harry
Potter, accusata di transfobia.
All’epoca, aveva dichiarato: “Il
rispetto nei confronti delle persone transgender resta un
imperativo culturale. Negli anni anche io ho cercato costantemente
di educare me stesso. Avendo lavorato sia con J.K. Rowling che con
diversi membri della comunità trans, ci tengo a chiarire con
fermezza la mia posizione. Non sono d’accordo con i commenti di Jo!
Le donne trans sono donne! Gli uomini trans sono uomini! Le
identità non-binarie sono valide! So che i miei amici e colleghi
transgender sono stanchi di questa continua messa in discussione
delle loro identità. Vogliono soltanto vivere le loro vite in pace
ed è arrivato il momento di lasciarglielo fare.”
La santa
piccola è Annaluce, la giovanissima Sofia
Guastaferro che sin dalla prima sequenza si prende di
forza la scena, dopo il titolo e fino alla conclusione del film di
Silvia Brunelli. Una storia minima, esemplare
senza avere la pretesa di esserlo, ma insieme piuttosto diretta e
smaccata nei temi scelti da non poter passare agli annali come
originale o unica. Che questa sia stata o meno una preoccupazione
della esordiente regista, sicuramente poco importa che prima di lei
siano arrivati Matteo Garrone e Alice Rohrwacher a raccontare la
realtà periferica e quotidiana della Napoli di oggi.
Dove e con chi vive la
Santa piccola
Tutto si svolte in – e
intorno a – un rione del capoluogo campano, dove tutti si
conoscono. E dove ogni giorno è uguale, per tutti. Anche per gli
inseparabili Mario e Lino, fratello di Annaluce, costretto a
respingere le incursioni del violento padrone di casa e occuparsi
della sorellina e della madre, affetta da depressione e poco
presente a sé stessa. A ogni costo. Anche approfittando delle
serate di svago con l’amico per raggranellare qualche euro
concedendo le sue grazie a questo o quella vizioso pagante in un
crescendo di incontri sempre più espliciti (e sempre più spogli e
freddi, anche quando la passione si fa narrativa).
Tutto cambia quando
Annaluce rianima una colomba data per morta, facendo gridare al
miracolo. Ma è solo la prima delle prove che la ragazzina dà di una
supposta santità. Cambiando completamente l’atteggiamento del rione
nei confronti della sua famiglia. Una soluzione, una via di fuga o
nulla di tutto ciò?
Dalla Mostra di Venezia
al Roma International Film Festival
Lo scorso giovedì 18
novembre, La santa piccola ha aperto la XX edizione del
RIFF – Rome Independent Film Festival diretto da
Fabrizio Ferrari, ma il suo viaggio inizia nel
2019. Quando, come recita la biografia della stessa regista, la
sceneggiatura del film ha partecipato alla Biennale College Cinema,
vincendo come unico titolo italiano. E venendo segnalato per il
fondo Eurimages, dalla stessa Biennale, al Consiglio Europeo, che
ha individuato nella Brunelli la regista europea esordiente del
2020.
Ancora prima, la storia
nasce sulla carta. Quella del romanzo omonimo di Vincenzo Restivo
del 2017 però è leggermente diversa. Forse più onesta, più
realistica, di quella che Silvia Brunelli e Francesca Scanu hanno
riadattato nel soggetto e nella sceneggiatura della produzione Rain
Dogs, in collaborazione con Mosaicon Film, TVCO, Minerva Pictures e
Antracine. Eppure…
La Santa piccola, tra
miracoli e delusioni
Probabilmente proprio in
questo tradimento sta molto del fascino del film. Ingenuo e
sregolato, i cui personaggi continuano a confrontarsi immutabili e
a offrirsi al pubblico in maniera molto diretta. Nel loro sogno di
andare via dal rione, nell’illusione che i soldi portino la
felicità, nell’idealizzazione di un amore che è molto più terreno e
senza speranza di quello che ci piacerebbe sperare e in definitiva
nel sottolineare l’assurdità che sia ancora la superstizione a
unire e muovere folle di disperati.
Oppio dei popoli, diceva
uno, tanto tempo fa, e l’effetto sembra essere ancora quello, in
molti casi. Quello che ci raccontiamo è che credere che la bontà
esista, che ci sia un futuro migliore, ci avvicina a quel
traguardo, o ci fa essere migliori in vista di esso, ma il
risultato è solo quello di prendere per buona ogni panzana o di
assecondare i propri bisogni, che siano di evasione, di guadagno o
di risposte che abbiamo paura di ricavare da quello che ci
circonda.
Folklore, dramma e
favola sono in ogni momento. Contrappuntati da una musica dura e
rock che fortunatamente contiene il rischio di confusioni liriche.
Come regia e riprese, a tratti scomposte o fin troppo semplici,
sicuramente per scelta, ma forse non solo. Conferma ne siano certe
monotone linee di dialogo, alternate a scambi tanto distanti dai
soggetti coinvolti da stridere. Più che rappresentare come sia la
vita stessa, con i suoi “schiaffi”, a spingerci verso la nostra via
o ad aprircene di nuove, a emergere da questo scontro di
generazioni e interpretazioni sono i personaggi. Non gli adulti,
vittime dell’ignoranza, non i giovanissimi, ancora troppo piccoli
per sapere quando smettere di ‘giocare’, quanto semmai Lino,
l’unico a vedere la realtà, volente o nolente, e Mario, l’unico a
‘sentire’ davvero, abbandonandosi alle fantasie senza cedere alle
illusioni.
Jeremy Renner ha fatto il suo debutto nel
MCU nei panni di Clint Barton in
Thor
del 2011, grazie ad un breve cameo che ha presentato ufficialmente
il personaggio al pubblico, prima del suo ritorno in
The Avengers.
Nonostante sia uno degli Original
Six e sia apparso in diversi film del MCU (il più recente è stato
Avengers:
Endgame), Occhio di Falco ha sempre operato in qualità di
personaggio di supporto all’interno dell’universo cinematografico.
Tuttavia, le cose sembrano essere destinate a cambiare grazie a
Hawkeye, l’attesissima serie dedicata a Clint
Barton, che arriverà su Disney+ dal 24 novembre e che vedrà il
debutto del personaggio di
Kate Bishop sul grande schermo, interpretato da
Hailee Steinfeld.
In occasione della promozione dello
show, Renner ha parlato con BBC
Radio del suo futuro nel MCU al di là della serie. Durante
l’intervista è stato sottolineato proprio il fatto che Occhio di
Falco sia stato un personaggio poco sfruttato dai Marvel Studios, cosa che ha spinto il suo
interprete a parlare di cosa vorrebbe per l’arciere in futuro.
“Nei fumetti, Occhio di Falco è
il capo dei Vendicatori della West Coast. Personalmente, mi
piacerebbe vederlo in quel tipo di ruolo da leader, alla Captain
America, anche sul grande schermo”, ha spiegato Jeremy Renner. “Penso che sarebbe riuscito
a prendere certe decisioni e a fare determinati tipi di cose.
Dovrebbe essere un quarterback e non un ricevitore. Sarebbe molto
interessante.”
Il futuro di Occhio di Falco nel MCU dopo Hawkeye
Occhio di Falco ha assunto un ruolo
da leader molte volte nei fumetti, al di là dei Vendicatori della
West Coast. Il MCU potrebbe fare lo stesso se
Renner fosse ancora interessato a interpretare Clint Barton dopo la
serie. Introdurre i Vendicatori della West Coast, ad esempio,
sarebbe un altro modo per la Marvel di espandere il numero di
superteam nell’universo cinematografico. Tuttavia, Occhio di Falco
potrebbe anche assumere il ruolo di leader della squadra principale
degli Avengers o anche quello di capo dei Thunderbolts, squadra che nei fumetti ha guidato
per diverso tempo.
Con L’acqua l’insegna
la sete – Storia di classe, Valerio
Jalongo torna al documentario dopo Il senso della bellezza e riprende il
tema della scuola, affrontato nel 2010 con il film di finzione
La scuola è finita. Il nuovo lavoro è
stato svolto nell’arco di 15 anni, con 5 anni di riprese,
attraverso cui il regista romano, ticinese d’adozione, racconta la
scuola senza falsa retorica, ma con autentica sensibilità ed
emozione.
I protagonisti di L’acqua,
l’insegna la sete – Storia di classe
2020. Il professore in pensione
Gianclaudio Lopez parte da una poesia di Emily
Dickinson per iniziare a parlare dei suoi alunni. Quella 1 E
dell’Istituto Superiore “Roberto Rossellini” di Roma che nel
settembre 2004 cominciò a raccontarsi in una sorta di video-diario.
Scorre i loro temi e poi li riporta agli autori, oggi trentenni,
per parlare con loro di quegli anni, della loro esperienza a
scuola, ma anche delle loro vite di oggi. Si sono realizzati o
stanno ancora cercando la propria strada? Hanno avuto dalla scuola
ciò che pensavano? Cosa hanno dato alla scuola? Così si raccontano
Lorenzo Albrizio, che ha tenacemente creduto nei
suoi sogni e oggi è mago, giocoliere, animatore, con una sua
azienda e venti dipendenti; Jessica Carnovale,
piena di energia e sempre positiva, che lavora in un ospizio per
anziani e cerca in ogni modo di farli sentire amati.
Gianluca Diana, che ama la natura e si prende cura
degli alberi, Corinna Jacobini, che gestisce una
pensione casalinga per cani; ha un carattere timido e chiuso e
ancora non ha trovato la propria strada. Alessio
Schippa, che ha messo da parte il sogno di diventare un
calciatore, fa lavori saltuari e appena può si dedica alla sua
passione: è un pokerista. Yari Venturini, che oggi
è cuoco e animatore di discoteche e si dedica a crescere sua
figlia, dopo essersi lasciato alle spalle un’adolescenza a dir poco
travagliata. Poi c’è il professor Lopez, che anche
in pensione continua a pensare ai suoi ragazzi e vuole dare loro
ancora un’altra possibilità.
L’acqua, l’insegna la sete –
Storia di classe, la scuola tra vitalità e malinconia
Con L’acqua l’insegna
la seteValerio Jalongo, regista, ma
anche autore del soggetto e della sceneggiatura, quest’ultima
insieme a Linda Ferri, dà la sua visione di
scuola come un luogo pieno di vita, ma il film è percorso anche da
una malinconia dolce-amara. Già il titolo porta in sé questa doppia
valenza: l’idea, che emerge dalla poesia di Dickinson, che per
capire veramente qualcosa, bisogna privarsene. Nel caso dei ragazzi
della I E e del professor Lopez, si potrebbe dire che per
apprezzare davvero il valore di quegli anni di scuola, occorra
rivederli da adulti, o da pensionati, quando sono ormai conclusi.
Nel titolo c’è anche l’idea di come i ragazzi, non solo i
protagonisti di questo bel doc, abbiano bisogno, sete di scuola
come luogo di incontro, in cui essere accolti, visti, capiti,
incentivati a sviluppare le loro potenzialità e talenti. Certo,
colpisce e rattrista che molti non abbiano ancora espresso fino in
fondo il loro talento, che siano ancora alla ricerca di sé e della
propria strada. Allora, ci si può domandare: è colpa della scuola?
L’acqua, la insegna la sete è dunque la
fotografia di una scuola in crisi, che ha fallito come istituzione,
se qualcuno rimane indietro, se non si riesce a recuperare tutti,
se qualcuno si perde?
Il film, però, mette in campo anche
altre riflessioni, se è vero che alcuni dei ragazzi hanno finito
gli studi e iniziato a lavorare nel mondo dello spettacolo, del
cinema, sui set – l’Istituto Rossellini è dedicato proprio ai
mestieri del cinema e della tv – ma hanno abbandonato quel mondo,
che descrivono come arido e privo di umanità, di attenzione
all’altro. Una concezione peraltro oggi invalsa in moltissimi
rapporti di lavoro, spesso solo orientati al risultato e privi di
empatia e umanità. Così come si solleva anche un’altra grande
questione. Se infatti la scuola dà fiducia, fornisce strumenti per
coltivare i propri talenti e costruirsi un futuro, sta pur sempre
all’individuo credere in sé, non scoraggiarsi di fronte alle
delusioni e continuare a perseverare per realizzare sé stesso.
Il difficile lavoro del professore
e dell’alunno
Il documentario di
Jalongo è tra i pochi lavori – viene in mente
La scuola di Daniele
Luchetti, tratto da due illuminanti libri di
Domenico Starnone – che mostrano cos’è veramente
la scuola, il lavoro del professore, la fatica per coinvolgere i
ragazzi, anche quando, dice Lopez, “vogliono andare al bagno in
massa”, o quando: “sono talmente presi dalla loro noia che
trovano noioso tutto. Dovresti essere un prestigiatore per farli
stupire, per farli restare a bocca aperta e dire: ma veramente a
scuola si può scoprire questo?”. Vedere come Lopez abbia fatto
– e ancora, da pensionato, faccia – il suo lavoro con passione, un
grande lavoro, è davvero coinvolgente ed emozionante. E sebbene non
tutti siano come lui, non tutti riescano a coinvolgere così tanto i
ragazzi, ad ascoltarli, a stabilire con loro un rapporto così
autentico, è pur vero che molti sanno fare bene il loro lavoro. Il
film mostra anche il lato sorprendente dei ragazzi, quei gesti
inaspettati che ripagano di tutta la fatica, come il raccontarsi in
modo spassionato in un tema. Fa toccare con mano allo spettatore,
qualora non lo sappia o non lo ricordi per esperienza personale,
quanto siano importanti per i ragazzi quegli anni. I protagonisti
del lavoro, peraltro spesso con storie non facili alle spalle,
ricordano bene il professor Lopez e le sue lezioni, come lui
ricorda di loro. Ha conservato i loro temi e quando insieme a loro
li rilegge la commozione è autentica, da entrambe le parti.
L’acqua l’insegna la
sete è un racconto sentito ed emozionante. Il regista
fa una scelta oculata in mezzo al mare magnum del materiale girato
in cinque anni, riuscendo in 76 agili minuti a dare uno spaccato
intenso e significativo delle vite dei protagonisti, anche al di là
della scuola. Il film risulta essere un potente inno alla vita,
come la scuola stessa è, con tutto il suo spettro di esperienze ed
emozioni, positive e negative. Emblematica in tal senso
l’inquadratura dei banchi dall’alto, colmi di scritte, vissuti. La
scuola è proprio questo: un concentrato di vita, racchiusa in un
tempo relativamente breve e in poco spazio. Questo film come pochi
sa raccontarla.
Dove vederlo
L’acqua, l’insegna la
sete – Storia di classe è in sala solo il 22, 23 e 24
novembre, distribuito da Desir in 15 città
italiane, in 18 sale. Prodotto da Aura Film,
Rsi,Radiotelevisione Svizzera,
Ameuropa International, con Rai
Cinema, è una coproduzione svizzero-italiana.
Dopo le prime foto
Amazon Studios ha diffuso il poster ufficiale di
The
Tender Bar, il nuovo film da regista di George Clooney che vedrà protagonisti
Ben Affleck, Lily Rabe, Tye Sheridan e
Christopher Lloyd. La pellicola sarà presentata in
anteprima alla Royal Festival Hall del Southbank Centre con la
partecipazione di Clooney al 65mo BFI London Film Festival. Amazon
Studios rilascerà THE TENDER BAR su Prime Video il 7 gennaio 2022
Il film racconta la storia di J.R.
Moehringer (Ben
Affleck), un uomo che non ha mai conosciuto suo padre, un
dj di New York, e che, pur d’instaurare un tacito legame col
genitore, durante l’infanzia ascoltava sempre la radio in attesa
della voce paterna. Quando quella voce così confortante per J.R. ha
smesso definitivamente di parlare, l’uomo ha iniziato a cercare
conforto nei frequentatori del bar del quartiere, alla disperata
ricerca di una surrogata figura paterna.
In occasione della consegna del
premio dell’American Cinematheque, Scarlett
Johansson è stata protagonista di un red carpet
per la prima volta in due anni: l’attrice, infatti, non aveva
partecipato alla premiere di Black Widow.
Sfilando sul tappeto rosso,
Johansson ha avuto modo di parlare per la prima volta della causa
intentata ai danni dei Walt Disney Studios per colpa degli incassi
del cinecomic di Cate Shortland, che alla fine si
è risolta con un accordo milionario tra l’attrice e lo studio.
Parlando con
Variety, Scarlett
Johansson ha parlato in primis dell’esperienza di
realizzare Black Widow: “È stato
uno dei momenti più alti della mia carriera. Amavo andare sul set
ogni giorno e lavorare con la regista dei miei sogni Cate Shortland
e con il nostro incredibile cast. Ogni giorno mi sentivo davvero
fortunata.”
A proposito del rinvio del film a
causa della pandemia di Covid-19, ha aggiunto: “Quando è
esplosa la pandemia e abbiamo dovuto posticipare il film, è stato
un duro colpo per tutti noi. Sono stati momenti veramente
difficili. Tuttavia, ero felice che il film potesse essere visto al
cinema in un momento in cui più persone erano vaccinate e si
sentivano sicure di tornare in sala. Non ho mai voluto che il
pubblico si sentisse come se stesse rischiando la vita o la salute
per andare al cinema.”
Parlando invece della faida con la
Disney, ha spiegato: “Ho fatto qualcosa che non era mai stato
fatto prima. Mi sentivo in un territorio inesplorato. È stato
terrificante. Avevo tantissimi dubbi, ma al tempo stesso mi sentivo
come se stessi facendo la cosa giusta. Ora, grazie a quello che ho
fatto, nessuno dovrà mai più affrontare una cosa simile. Quindi,
alla fine, penso che ne sia valsa la pena.”
A proposito, invece, del supporto
che in quell’occasione ha ricevuto da colleghe come Elizabeth Olsen e Jamie Lee Curtis, ha dichiarato: “È stato
davvero importante per me, perché ci si può sentire davvero soli in
una situazione del genere. Sapere che tutte queste donne forti
erano dalla mia parte, mi ha fatto capire che avevo intrapreso la
strada giusta e che ne valeva la pena. È stato molto toccante. Mi
ha dato la forza in un momento davvero molto stressante.”
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la
sceneggiatura è stata riscritta nei mesi scorsi da Ned
Benson(The Disappearance of Eleanor
Rigby). Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz. Il film arriverà nelle sale il 7 luglio e
su Disney+ con
Accesso Vip il 9 luglio.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Tuttavia, la scena a metà dei titoli
di coda del film ha rivelato la presenza di un altro personaggio,
ossia Eros/Starfox, che proprio negli ultimi
giorni è stata “ufficializzata” anche dai Marvel Studios attraverso i loro profili
social,
con tanto di character poster del personaggio in questione.
Starfox è interpretato da
Harry Styles(Dunkirk) e, grazie
ai fumetti, sappiamo che si tratta del fratello di Thanos. È chiaro
che il personaggio avrà un ruolo molto più importante in futuro, ma
sembra che nei piani iniziali doveva essere parte della squadra
principale, quindi essere al centro della storia già nel film di
Zhao.
Parlando con
The Direct, infatti, il co-sceneggiatore Ryan
Firpo ha spiegato perché, alla fine, il debutto di Eros
sia stato confinato alla scena a metà dei titoli di coda.
“Quando abbiamo iniziato a lavorare al pitch, avevamo circa 40
diversi Eterni. Così, abbiamo iniziato a scegliere quelli che ci
piacevamo di più. Eros era uno di questi e all’inizio doveva essere
tra i protagonisti”, ha spiegato Firpo.
“Alla fine, però, abbiamo deciso
di concentrarci sulla storia d’amore tra Sersi e Ikaris, e abbiamo
pensato che, in base alle dinamiche di gruppo, se c’era Ikaris non
poteva esserci anche Eros, perché altrimenti sembrava che questi
due personaggi si stavano pestando i piedi a vicenda”, ha
aggiunto.
“Tuttavia, abbiamo sempre saputo
che si tratta di un grande personaggio e che, potenzialmente,
poteva essere il nostro portale verso una comunità molto più grande
di Eterni che vive nel cosmo. Quindi, alla fine, ci siamo resi
conto che era il personaggio perfetto da introdurre in una scena
post-credit, soprattutto per via di quel legame con Thanos. Anche
se non viene coinvolto nella storia principale, fin dall’inizio
sapevamo che l’avremmo introdotto nei titoli di coda”, ha
concluso il co-sceneggiatore.
Eternals,
il terzo film della Fase Quattro dell’Universo Cinematografico
Marvel diretto dalla regista vincitrice dell’Academy
Award Chloé Zhao, arriverà il 3 novembre
nelle sale italiane. Il film targato Marvel
StudiosEternals presenta
un nuovo team di supereroi dell’Universo Cinematografico
Marvel: l’epica storia, che abbraccia migliaia di anni, mostra
un gruppo di eroi immortali costretti a uscire dall’ombra per
unirsi contro il più antico nemico dell’umanità, The Deviants.
Il cast del film
comprende Richard
Madden, che interpreta l’onnipotente
Ikaris; Gemma
Chan, che interpreta Sersi, amante
dell’umanità; Kumail
Nanjiani, che interpreta Kingo, dotato dei poteri del
cosmo; Lauren Ridloff, che interpreta la
velocissima Makkari; Brian Tyree Henry, che
interpreta l’intelligente inventore Phastos;Salma
Hayek, che interpreta la leader saggia e spirituale
Ajak; Lia McHugh, che interpreta Sprite,
eternamente giovane e al tempo stesso piena di
saggezza; Don Lee, che interpreta il
potente Gilgamesh; Barry Keoghan, che interpreta il solitario
Druig; e Angelina
Jolie, che veste i panni dell’impetuosa guerriera
Thena.Kit
Harington interpreta Dane Whitman.
Uscito al cinema nel 1998, il film
Lost in Space – Perduti nello spazio è
l’adattamento cinematografico dell’omonima serie televisiva andata
in onda negli anni Sessanta. Questa era a sua volta basata sul
romanzo Il Robinson Svizzero, riadattato per appartenere
al genere fantascientifico. Il titolo è stato un grande classico ed
ha poi trovato con questo lungometraggio ulteriore popolarità anche
tra le generazioni più giovani. Interpretato da un cast di celebri
interpreti, il film è diretto da Stephen Hopkins,
esperto del genere e autore anche di noti film horror.
Lo studios di produzione, la New
Line Cinema, aveva acquisito i diritti sull’opera nella speranza di
dar vita ad un nuovo franchise, composto di sequel per il grande
schermo ma anche di serie televisive e altri prodotti ad esso
legati. Tuttavia, il film non ottenne l’accoglienza sperata. La
critica giudicò male il film, considerato troppo cupo e poco
brillante rispetto alla serie originale. Lo stesso pubblico, sul
momento, non si interessò al titolo. Ciò portò al debole incasso di
soli 136 milioni di dollari, a fronte di un budget di circa 80. Di
conseguenza, lo studios decise di non dar vita ad ulteriori
film.
Con il tempo, tuttavia, Lost in
Space – Perduti nello spazio ha riacquistato un certo
prestigio, affermandosi come un titolo scult degli anni Novanta.
Inoltre, molti fan del genere oggi lo scoprono, o riscoprono,
grazie ai suoi passaggi televisivi. Per la sua atmosfera, i
personaggi e gli effetti speciali, il film svela infatti un certo
fascino, che gli permette ancora oggi di essere un titolo
ricercato. Diverse sono poi le curiosità legate alla trama e al
cast di questo film, e di seguito sarà possibile scoprire le
principali tra queste.
Lost in Space – Perduti nello
spazio: la trama del film
La storia si concentra sulla
missione spaziale dell’astronave Jupiter II. L’anno è il 2058, e la
famiglia Robinson, composta dal professore John,
la moglie Maureen e i figli Judy,
Penny e Will, vengono scelti per
completare la costruzione di un portale per l’iperspazio in orbita
attorno al pianeta Alpha Prime. Questo è l’unica speranza per gli
abitanti della Terra di sopravvivere. Ad opporsi all’operazione vi
è però un gruppo di terroristi noti come La Rivolta Globale. Alcuni
infiltrati di questi, infatti, riescono a manomettere l’astronave
all’insaputa dei Robinson. Una volta partiti, questi rilevano così
dei malfunzionamenti che li stanno portando fuori rotta.
Rapidamente, dovranno evitare di andare a finire nell’orbita del
sole, e pur riuscendoci si troveranno ad dover atterrare su un
pianeta a loro sconosciuto.
Qui si scontrano con terribili
creature del luogo, che danno loro la caccia. Ma le avventure per
loro sono appena iniziate e i pericoli sono molti di più quello che
potrebbero pensare. Sul pianeta sono infatti presenti dei
misteriosi portali, che sembrano poterli mettere in contatto con le
versioni future di loro stessi. Ciò che queste raccontano, però,
potrebbe non essere del tutto vero. Distinguere la realtà dalla
menzogna sarà così fondamentale per i Robinson. La famiglia dovrà
prima di tutto trovare il modo di salvarsi da quel pianeta, e solo
così potranno forse riuscire a completare la loro missione e
salvare il resto dell’umanità.
Lost in Space – Perduti nello
spazio: il cast del film
Come anticipato, a dare volto alla
famiglia protagonista vi son alcuni noti interpreti di Hollywood.
Il volto del professor John Robinson è infatti quello dell’attore
premio Oscar William
Hurt, noto il film Il bacio della donna
ragno. L’attrice Mimi Rogers ha invece
interpretato Maureen Robinson, mentre Heather
Graham il ruolo della figlia Judy. Quest’ultima,
inoltre, intraprese una relazione con il regista proprio durante le
riprese del film. Lacey Chabert ha invece dato
vita all’altra figlia, Penny, mentre JackJohnson, divenuto celebre proprio grazie a questo
film è l’interprete di Will. Il personaggio di Will è inoltre
presente anche in versione adulta, interpretata dal noto Jared
Harris, celebre per le serie Chernobyl e
The Crown.
L’attore Matt
LeBlanc, celebre per il personaggio di Joey nella sit-com
Friends, interpreta nel film il ruolo del pilota Don West.
Per via delle riprese in contemporanea della serie e del film,
l’attore per poter partecipare al lungometraggio dovette compiere
numerosi spostamenti, trovandosi così a vivere un periodo piuttosto
intenso della sua carriera. Curiosamente, il ruolo era stato
offerto anche a Matthew Perry, protagonista in
Friends con il ruolo di Chandler. Altro celebre ruolo
presente nel film è quello del dottor Smith, spia dei terroristi.
Per il ruolo erano stati considerati gli attori Kenneth
Branagh e Tim Robbins, ma venne
infine affidato a Gary
Oldman, dichiaratosi un grande fan della serie
originale.
Nel film compaiono inoltre in alcuni
noti cameo alcuni degli interpreti originali della serie. L’attore
Dick Tufeld, infatti, riprende qui il suo ruolo di
voce di Robot. Mark Goddard, invece, che nella
serie era Don West, compare qui nelle vesti di un generale.
L’attrice June Lockhard, interprete di Maureen, dà
invece qui vita alla preside del giovane Will, mentre le interpreti
delle due figlie dei Robinson, Marta Kristen e
Angela Cartwright, danno vita a delle giornaliste.
Gli unici a non aver voluto partecipare sono stati gli attori
Bill Mumy e Jonathan Harris. Il
primo desiderava interpretare la versione adulta di Will, ma gli
venne negato. Il secondo invece desiderava riprendere il suo ruolo
del dottor Smith, e non accettò diversamente.
Lost in Space – Perduti nello
spazio: la colonna sonora, il trailer e dove vedere il film in
streaming
Particolarmente apprezzata, la
colonna sonora venne inizialmente rilasciata in formato di album
nel marzo del 1998. Questo conteneva i principali brani del film,
composti dal musicista Bruce Broughton. La colonna
sonora in questione non presenta alcun legame con quella della
serie, che era stata realizzata da un giovanissimo John
Williams. Negli anni seguenti, sono state poi rilasciate
diverse versioni di tale album, fino a giungere nel 2016 alla
pubblicazione di un’edizione completa di tutti i brani presenti nel
film e durante i titoli di coda. Tra i più celebri di questi si
annoverano i titoli Thru the Planet, Jupiter Chrashes e
The Robot Attack.
Per gli amanti del film, o per chi
volesse vederlo per la prima volta, è possibile fruirne grazie alla
sua presenza su una delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Lost in Space – Perduti nello
spazio è infatti presente nel catalogo di Tim
Vision. Per vederlo basterà noleggiare il singolo film. Si
avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. Il film verrà però anche trasmesso in televisione
sabato 20 novembre alle ore 23:45
sul canale Italia 1.
In principio, il
Creatore forgiò la Ruota del
Tempo, la quale intesse il Disegno delle Ere utilizzando
le vite degli uomini come suoi fili. Sette sono i raggi della
Ruota, ognuno rappresentante un’epoca, e a farla girare vi è
l’Unico Potere, forza motrice dell’Universo. Il Creatore, inoltre,
imprigionò Shai’tan il Tenebroso, una entità
potente e malvagia per tenerlo lontano dalla Ruota. Ma con il
ruotare delle ere, il Tenebroso trovò il modo per interferire con
il mondo e per difendersi da questa minaccia la Ruota provocò la
nascita periodica del cosiddetto Drago, potente campione della
Luce. A lui spetta il compito di imprigionare Shai’tan ancora e
ancora, fino alla fine dei tempi.
Parte da tale premessa la nuova
serie fantasy di Amazon intitolata La Ruota del Tempo. Questa è
basata sull’imponente ciclo letterario ideato da Robert Jordan, scritto nel corso di
vent’anni e completato da Brandon
Sanderson in seguito alla scomparsa dello scrittore,
avvenuta nel 2007. Composto da 14 romanzi, ognuno non inferiore
alle 800 pagine, è questo uno dei maggiori racconti fantasy degli
ultimi decenni, il quale da tempo aspettava di poter essere
adattato in opera audiovisiva. Grazie allo showrunner Rafe
Judkins ciò è infine divenuto realtà, con una prima
stagione composta da 8 episodi ed una seconda già confermata e in
fase di riprese.
Questa prima stagione, in
particolare, si concentra sulla ricerca da parte di
MoiraineDamordred (RosamundPike), strega appartenente alla potente
organizzazione delle Aes Sedai, della reincarnazione del Drago
Rinato, colui che potrà riportare l’ordine nell’Universo.
Individuandolo in uno tra i giovani Rand al’Thor
(Josha Stradowski), Perrin
(Marcus Rutherford), Mat
(Barney Harris), Egwene
(MadeleineMadden) e
Nynaeve (Zoë Robins), Moiraine
decide di portarli tutti e cinque con sé verso la Torre Bianca,
intraprendendo un viaggio che cambierà per sempre le loro vite e le
sorti del mondo.
La nuova avventura fantasy di Amazon
In un panorama cinematografico e
televisivo sempre più ricco di racconti fantasy, molti dei quali
finiscono per assomigliarsi fin troppo tra loro, La Ruota del
Tempo aspira evidentemente a proporsi come qualcosa di
diverso. Un’ambizione tutt’altro che facile da soddisfare,
considerando quanto titoli come Il Signore degli Anelli e
Il Trono di
Spade si siano imposti nell’immaginario collettivo,
ridefinendo canoni e modalità di rappresentazione. Dalla sua,
tuttavia, la serie ideata da Judkins vanta una base letteraria
particolarmente solida, complessa e ricca di concetti a loro modo
originali.
Dai primi tre episodi potuti vedere
in anteprima, questa introduce infatti senza esitazioni nel pieno
dell’azione, in un contesto dove la magia è un qualcosa di molto
raro e accessibile solo ad alcune donne prescelte. Potrebbe questo
sembrare un risvolto frutto dei più recenti movimenti di rivalsa
femminile, se non fossero dinamiche descritte da Jordan più di
vent’anni fa. Già solo questo elemento permette di comprendere
quanto tale serie possa risultare sorprendete nel suo racconto,
composto naturalmente da quelle tappe tipiche del genere ma nelle
quali si possono ritrovare gradite sorprese o eventi tali da
attirare l’attenzione dello spettatore.
Tra ambienti selvaggi e lerce
taverne, tra poteri da scoprire e cruenti nemici da affrontare,
La Ruota del Tempo si misura così con i suoi simili con la
consapevolezza di quali siano i suoi punti di forza e puntando su
tale patrimonio per potersi distinguere. Ciò che più di ogni altra
cosa può aiutare in ciò è la concezione filosofica ed universale
alla base della storia, la quale sembra acquistare di spessore
episodio dopo episodio. All’interno della Ruota, ognuno può
scoprire poteri e origini imprevedibili, rendendo di fatto ogni
personaggio una potenziale continua sorpresa.
La Ruota del Tempo: la recensione
Adattare un racconto tanto ampio e
complesso come quello de La Ruota del Tempo è
un’operazione a dir poco spaventosa. Ciò che dai primi episodi
visti si può rimproverare agli sceneggiatori è l’aver condensato in
poco tempo un ampio numero di eventi, i quali probabilmente
avrebbero meritato un ritmo più disteso, un maggiore
approfondimento e, in alcuni momenti, una messa in scena più
accattivante. Allo stesso tempo, occorrerà scoprire quanto i
personaggi fin qui potranno affermarsi e rendersi memorabili. Nei
primi tre episodi si intuisce il loro potenziale, senza però che
questo si esprima in modo ancora del tutto convincente.
Nonostante ciò, in quanto si vede
si può ritrovare una gradita rielaborazione di determinati
elementi, dalla magia agli elementi più sanguinolenti, i quali
acquistano una valore estetico più adeguato al mezzo qui
utilizzato. Gli scontri con i Trolloc, terribili creature simili a
tori antropomorfi, sono particolarmente violenti e lasciano intuire
come la serie possa passare da momenti più spensierati ad altri ben
più cupi. Nel complesso, inoltre, è bene notare come il racconto
rimanga perfettamente comprensibile anche da chi non ha mai letto i
libri di Jordan.
Se quanto visto nei primi tre
episodi, intitolati Commiato, L’ombra attende e Un
luogo sicuro, dovesse confermarsi anche nei successivi
quattro, questa prima stagione potrebbe davvero affermarsi come una
gradita sorpresa. Visivamente ricca tra imponenti scenografie e con
un’atmosfera che raggiunge anche toni da horror, vi è infatti una
magnificenza di buon livello. In attesa anche di poter vedere la
nuova serie de Il Signore degli
Anelli, prevista per il 22 settembre 2022 sempre su
Amazon Prime Video, La Ruota del Tempo è
dunque un titolo fantasy di particolare fascino per ogni amante del
genere, nonché una buona occasione per riscoprire l’omonima saga
letteraria.
Rami Malek è il
nuovo astro nascente del cinema contemporaneo. Di lui si erano già
notate le capacità in passato, grazie ad alcuni film in cui pur con
ruoli secondari si faceva notare non poco. Californiano ma di
origini egiziane e greche, Malek ha una bella gavetta alle spalle,
che si divide tra cinema e televisione. Ha cercato di dare forma al
sogno della vita, quello di diventare attore, con molti sacrifici e
tanto impegno, anche quando i genitori non erano d’accordo sulla
sua scelta di dedicarsi al mondo dell’arte.
2. È noto per un’acclamata
serie. Parallelamente al cinema, Malek recita anche in
alcuni episodi di serie TV come Una mamma per amica
(2004), The War at Home (2005-2007), Medium
(2005), 24 (2010) e The Pacific (2010). Il grande
successo arriva però grazie al ruolo di Elliot Alderson nella serie
Mr. Robot. Composta da quattro stagioni andate in onda dal
2015 al 2019, questa ha permesso a Malek di affermarsi come uno dei
più interessanti attori della sua generazione e di vincere numerosi
premi.
Rami Malek in
Twilight
3. Ha recitato nella nota
saga fantasy. Non tutti lo sanno, ma Malek ha avuto un
ruolo nella saga cinematografica di Twilight, più
precisamente in Breaking Dawn – Parte 2 (2012) di
Bill Condon. In questo film, l’attore americano
interpreta Benjamin, un vampiro creato da Amun in persona, con il
potere di manipolare i quattro elementi, ovvero terra, aria, fuoco
e acqua. Sia durante che dopo la realizzazione del film, Malek ha
ringrazio molto i fan della saga per il supporto ricevuto. Questo è
stato uno dei primi ruoli cinematografici che hanno permesso
all’attore di affermarsi presso un pubblico più vasto.
Rami Malek è Freddie Mercury
4. Ha interpretato il
celebre cantante. Alla fine di novembre del 2016 venne
annunciato che Rami Malek sarebbe stato Freddie
Mercury nel film sui Queen in uscita nel
2018. Per proporsi per il ruolo egli ha registrato un video in cui
cantava e che la ha mandato proprio ai Queen, per fare in modo che
lo ascoltassero prima di vederlo. In ogni caso, ha dovuto poi
cantare dal vivo davanti a Brian May e
Roger Taylor e sembra che la scelta sia stata
subito unanime. Così inizia la storia dell’interpretazione della
stella della musica rock, anche se entrare in un personaggio così
sfaccettato e complesso non è stato affatto facile.
5. Ha studiato a lungo le
movenze di Mercury. Per prepararsi al ruolo, oltre ad aver
visto tutti i video di Freddie, Malek ha studiato i movimenti di
alcuni cantanti, immaginando come questi possano aver ispirato
Mercury, da Liza Minnelli a David
Bowie e fino Jimi Hendrix. Ha poi passato
ore e ore alle prove costumi, indossato un trucco preciso e dei
denti posticci Inoltre, Malek ha cercato di capire che cosa avesse
ispirato Freddie, cercando di esprimere il suo carattere
meraviglioso e le sue sfumature, di renderlo umano, un umano che fa
errori come tutti gli altri.
Rami Malek in Mr.
Robot
6. È stato il ruolo che lo
ha fatto diventare famoso. Per Malek, il 2015 è stato
l’anno della svolta, cioè da quando ha iniziato ad interpretare il
ruolo da protagonista per la serie Mr. Robot. Malek è
infatti Elliot Alderson, un ragazzo che si occupa
di sicurezza informatica per la Allsafe Cybersecurity. Elliot ha
diversi problemi, tra cui quello di relazionarsi con le persone.
Questo problema lo fa vivere in un costante stato di ansia,
convivendo con deliri dettati dalla paranoia e con allucinazioni.
Eppure, nella vita privata, Elliot è un hacker fenomenale, e usa le
sue abilità per scovare i segreti più intimi delle persone. Per
questo ruolo, l’attore americano è stato nominato ben due volte ai
Golden Globe (nel 2016 e nel 2017) e ha
vinto un Emmy nel 2016 come miglior attore in una serie
drammatica.
Rami Malek in Until Dawn
7. Ha fornito le sembianze
al personaggio di un videogioco. Nel 2015 l’attore decide
di prestare la sua voce per uno dei personaggi del videogioco
Until Dawn. In questo titolo horror, pubblicato dalla Sony
Computer Entertainment esclusivamente per Playstation 4, Malek
presta la propria voce al personaggio di Joshua
Washington, detto Josh, uno dei protagonisti. Until
Dawn è un survival-horror e lo scopo è quello di far
sopravvivere i protagonisti il più a lungo possibile, attraverso
gli 11 capitoli in cui il gioco si divide. I dieci personaggi si
trovano in uno chalet per la solita vacanza invernale e cinque di
essi decidono di fare uno scherzo ad una loro compagna che,
sentendosi umiliata, scappa nel bosco circostante, raggiunta dalla
sorella. Quando le due si accorgono di essere seguite da qualcuno,
inizia l’avventura.
Rami Malek: chi è la sua fidanzata
8. Ha conosciuto l’attuale
compagna sul set di un film. Sul set del film Bohemian
Rapsody Malek ha conosciuto l’attrice Lucy
Boynton, di 13 anni più giovane. Nota anche per i film
Rebel in the Rye e Assassinio sull’Orient
Express, nel film dedicato ai Queen questa interpreta Mary
Austin, la compagna e amica di Mercury. Proprio grazie alla
vicinanza tra i loro personaggi, tra i due attori è nato l’amore e
dal 2018 sono inseparabili. Lei ha anche accompagnato Malek in
occasione dei premi Oscar a cui lui era candidato.
Rami Malek non è su Instagram
9. Malek non ama molto i
social. In più interviste l’attore ha dichiarato di non
fare uso e di non essere molto interessato ai social network. Il
motivo? Estraniano troppo dalla realtà e sono troppo impersonali.
Ai social preferisce passare del tempo con la sua famiglia o con i
suoi amici, oppure andare a fare una passeggiata o isolarsi per un
paio di giorno e staccare la spina. A dimostrazione di quanto
detto, Malek non ha nessun profilo Instagram. Tuttavia, l’attore ha
una pagina Facebook, che non viene però aggiornata dal 2016, e un
profilo Twitter che usa molto di rado. Si possono tuttavia
ritrovare diverse fan page a lui dedicate con foto e notizie.
Rami Malek: età e altezza dell’attore
10. Rami Malek è nato il 12 maggio del 1981 a Los
Angeles, Stati Uniti. L’attore è alto complessivamente
1.71 metri.
Il MCU
è noto per il suo umorismo, in particolare quando si tratta di
battute sagaci e i gli “insulti” tra i personaggi. Sembra che,
anche nei momenti di sofferenza, i personaggi della Marvel
non possano fare a meno di prendersi in giro l’un l’altro.
Rocket Raccoon: ” Sembri un gelato
sciolto”
Rocket
Raccoon è probabilmente il personaggio più sarcastico
di tutti, riuscendo in qualche modo ad essere la bocca più
intelligente di una nave piena di eroi noti per la loro
irriverenza. Il suo umorismo meschino lo porta spesso ad essere in
contrasto con gli altri, che di solito non trovano le sue battute
così divertenti. Nonostante la sua caratteristica maleducazione,
Rocket è ancora tra le migliori spalle animali del
MCU.
Quando Rocket e
Hulk vanno a New Asgard in
Avengers: Endgame, loro, insieme al pubblico,
assistono per la prima volta alla trasformazione fisica di
Thor. Quando si rendono conto che il potente dio
del tuono si è davvero lasciato andare, Rocket non
può fare a meno di commentare che sembra una pozza di gelato
sciolto, un commento che viene completamente ignorato dai suoi
compatrioti.
Loki: “Una formica e uno stivale
hanno dispute?”
Thor
può avere i muscoli, ma il suo fratello adottivo ha certamente
sviluppato l’arguzia da abbinare. Il titolo di Loki come dio della malizia gli serve bene
nelle sue imprese, dato che trascorre molto del suo tempo sullo
schermo nel MCU
tramando trucchi e schemi, il più infame dei quali include il suo
tentativo di conquistare la Terra in The Avengers.
Nick Fury è
diventato la prima linea di difesa della Terra contro le
macchinazioni di Loki, sostenendo che il suo mondo non ha
nessun litigio con gli Asgardiani. Loki osserva seccamente, nel suo modo
speciale, che un tale litigio sarebbe simile a un insetto che si
scontra con lo stivale di qualcuno che sta per schiacciarlo. Questa
battuta fa sì che Fury si renda subito conto di
quanto sia pericolosa questa nuova minaccia.
Natasha: ““Ehi bei fusti, uno di
voi sa dov’è lo Smithsonian? Dovrei recuperare un fossile”
Natasha
Romanov si presenta come una donna d’acciaio, senza
legami, con uno spirito combattivo. Nel profondo, tuttavia, la
Vedova Nera si preoccupa molto intensamente per i
suoi amici, diventando, in più di un modo, l’anima stessa dei
Vendicatori.
Un Vendicatore a cui Natasha è
particolarmente legata è Steve Rogers, al cui fianco trascorre una
notevole quantità di tempo a combattere in The Winter Soldier. Tuttavia, il suo caro
amico non sfugge alla sua ira, diventando il bersaglio di una burla
da “vecchio” nella primissima battuta di Natasha nel film.
Tuttavia, è chiaro che le sue battute derivano da un grande affetto
per l’amico.
Tony: “Vostra madre sa che
indossate le sue vesti?”
Il
coraggio diTony Stark
è pari solo alla sua straordinaria capacità di non rimanere mai
senza parole. L’invincibile
Iron Man
ha un malsano bisogno di avere l’ultima parola in ogni scambio che
ha, rendendo difficile per gli altri
Vendicatori
avvicinarsi alla sua personalità irritabile.
Nonostante sia, a tutti gli effetti,
un uomo ordinario, Tony Stark sembra completamente
e totalmente indifferente all’esistenza di esseri ultraterreni.
Quando incontra due divinità nordiche in una sera,
Tony non mette in discussione i limiti della
realtà come farebbero molti altri, ma decide invece di prendere
apertamente in giro uno di loro nel bel mezzo della battaglia – una
decisione che porta molto rapidamente ad una rissa totale.
Thor: “Siete veramente meschini! E
ridicoli!”
Thor,
principe di Asgard, figlio di
Odino e dio del tuono può spesso sembrare fuori
posto in una stanza piena di terrestri. Questo non è mai stato più
vero che nel primo film degli Avengers, quando il
dio nordico si stava ancora adattando alla cultura e alla
sensibilità umana.
Non è un segreto che la formazione
originale dei Vendicatori non andasse esattamente d’accordo
all’inizio, e mentre Thor di solito non faceva
parte delle discussioni più accese, sembrava divertirsi a fare da
spettatore. Mentre Tony e Steve discutevano dei reciproci meriti come
eroi, Thor commentava compiaciuto i difetti morali
dell’umanità.
Yelena: “Sei decisamente una
poser”
Yelena
Belova è una delle più recenti aggiunte al MCU,
facendo la sua prima apparizione in Black Widow. Ha rapidamente colpito i fan, che
hanno ammirato le sue abilità di combattimento e il suo coraggio.
Nonostante sia una combattente feroce, Yelena è anche estremamente
divertente, il che la rende un candidato perfetto per un nuovo
membro della squadra dei Vendicatori.
Una delle migliori gag della
Vedova Nera è il disappunto di
Yelena per la posa da combattimento di Natasha,
che lei prende in giro definendo la sua sorella adottiva una
“poser”. Alla fine, Yelena non può resistere ma prova lei stessa la
posa, con conseguente immenso disprezzo per se stessa.
Pepper: “Io faccio tutto ciò che il
signor Stark mi richiede, incluso occasionalmente gettare via la
spazzatura”
Pepper
Potts può avere un ruolo di supporto nel MCU,
ma è ancora un personaggio vitale nel vastissimo universo
cinematografico. Il suo paziente sostegno a Tony
Stark durante le sue numerose imprese lo ha tenuto legato
a terra, dandogli qualcosa per cui combattere.
Il momento più selvaggio di
Pepper nel corso delle sue sette apparizioni
cinematografiche arriva nella sua primissima scena, quando saluta
Christine Everhart (Leslie Bibb)
dopo la sua avventura di una notte con Stark.
Quando Everhart è un po’ scortese
nell’incontrarla, Pepper insulta la donna nel modo
più educato ma anche sprezzante possibile, affermando perfettamente
il suo personaggio come qualcuno con cui non bisogna scherzare.
Drax: “Devi solo trovare una donna
che sia patetica, come te”.
Nonostante il suo nome
intimidatorio, Drax il Distruttore è in realtà uno
dei personaggi più divertenti del MCU.
La sua mentalità completamente letterale e il suo vocabolario sono
spesso i punti salienti di qualsiasi scena in cui si trovi,
soprattutto perché gli conferiscono un’impareggiabile propensione
alla brutale onestà.
Quando Drax viene a
sapere dell’interesse romantico di Peter Quill per
Gamora, che al momento sembra non essere
corrisposto, fa del suo meglio per consolare il suo amico
ricordandogli quanto siano diversi i due in realtà. Anche se non
sta cercando di essere cattivo, i commenti di Drax
vengono fuori come meno che confortanti, facendo di più per
insultare Peter che per consolarlo.
Tony: “Può capitare di fare
cilecca. Sai, non è così raro: una volta su cinque…”
Durante uno dei periodi più
cattivi di Loki, i Vendicatori
furono formati per combattere lui e i suoi eserciti fuori dal loro
pianeta. Poco prima della battaglia finale del terzo atto,
Tony viene mandato in cima alla sua stessa torre,
che Loki aveva requisito, per recuperare la sua ultima tuta,
portando a una scena indimenticabile tra i due personaggi
iconici.
Il re delle battute del MCU
ha una delle sue migliori battute durante questa intensa scena,
quando Loki si rende conto per la prima volta che
l’eroe non può cadere sotto l’incantesimo della Pietra
della Mente. Mentre Loki lo guarda confuso, Tony
coglie l’occasione per fare una battuta sull’impotenza, aggiungendo
l’insulto al danno.
Hulk: “Un dio gracile”.
Hulk
potrebbe non essere il membro dei Vendicatori che
si esprime meglio, preferendo parlare con i pugni. Tuttavia, tutti
dovrebbero sapere che è meglio non impegnarsi in uno sparring
verbale con il colosso, perché è più probabile che abbia la meglio
piuttosto che lasciarsi insultare.
In una delle scene più iconiche di
The Avengers, Loki tenta di dichiarare la sua supremazia sui
Vendicatori e sul loro pianeta, solo per Hulk che ” schiaccia” l’asgardiano a terra,
lasciandolo indietro dopo aver lasciato cadere un memorabile
one-liner.
Adalberto (Cristiano
Caccamo) è fidanzato con Luna
(Emanuela Rai): i due ragazzi vivono in città e
studiano all’università. Quando Luna rivela
ad Adalberto di essere incinta, cambia
l’armonia tra i due. Lui nasconde un segreto inconfessabile su di
sé, che potrebbe essere rivelato dalla nascita di un figlio. Per
risolvere la situazione, Adalberto deve per forza tornare
alla casa dei genitori, presentando così a Luna la sua
famiglia. Quella del ragazzo è una famiglia letteralmente
mostruosa: un padre e una sorella vampiri, una madre strega, una
nonna fantasma e uno zio zombie. Come se non bastasse, i parenti di
Adalberto vivono isolati e disprezzano gli umani: le
ostilità e le verità nascoste metteranno a dura prova la relazione
dei due giovani, come anche il futuro di loro figlio.
Sketch comici e mostruosità
Con un cast del genere, la risata è
assicurata in Una famiglia mostruosa. I genitori
di Adalberto sono interpretati da Massimo
Ghini, nei panni del conte Vladimiro,
vampiro snob e senza polso, e Lucia Ocone, strega
dispettosissima e arrogante. Coppia opposta è quella dei genitori
di Luna: Lillo è il padre,
un’imprenditore cafone arricchitosi in modo discutibile, mentre la
madre è Ilaria Spada, nelle vesti della bella
moglie appariscente. Entrambe le coppie funzionano e strappano
continue risate nell’ironia gridata dei loro personaggi.
I genitori di Adalberto
sono la caricatura dei personaggi legati ai racconti mostruosi, già
ripresi ironicamente ne La famiglia
Addams, Hotel
Transylvania e tutto l’immaginario di Halloween. In
Una famiglia mostruosa sembra però che il
regista voglia forzare l’ironia, calcando un po’ troppo la mano.
Stesso discorso vale per la coppia degli imprenditori romani:
simpatici nella loro assurdità, ma che raccontano uno stereotipo
italiano visto e rivisto.
Chi sono i veri
mostri?
De
Biasi unisce così una comicità tipicamente italiana,
legata alla malagiustizia del nostro paese, ad una molto
anglosassone, quella dei racconti dell’orrore divertenti. Il
miscuglio che ne esce è, per restare in tema, un calderone non ben
amalgamato. Mettendo a confronti i due mondi, Una famiglia
mostruosa vuole chiedere allo spettatore: qual è la
famiglia veramente mostruosa? E con mostruosa s’intende
un po’ tutto: volgare, strana, brutta, poco affettuosa, scorretta.
L’idea è interessante, ma il discorso non abbastanza profondo e la
morale che resta sembra posticcia.
Barbara Bouchet e Pippo Franco nel
cast di Una famiglia mostruosa
La trama del film sembra più che
altro unire tutta una serie di siparietti comici tra i personaggi.
Tra questi, fanno sorridere le parti lasciate al nonno di
Luna, un anziano smemorato (Pippo
Franco), e alla nonna di Adalberto, un fantasma
che vaga per la villa (Barbara Bouchet). Nei loro
ruoli, Franco e Bouchet sono le
figure più sagge e distaccate dalle mostruosità dei figli e nipoti,
facendo teneramente sorridere.
Il ruolo quasi marginale dei
protagonisti
La coppia
Caccamo-Rei, teoricamente protagonista del film,
in realtà viene molto oscurata dal resto del cast. Come accade
nella storia, i due personaggi principali hanno poco carattere e
sono schiacciati dai membri delle famiglie ingombranti.
Adalberto e Luna sembrano uscire di scena per
buona parte del film, lasciando i riflettori ad attori con
parti più colorite e più abili nell’interpretazione dei propri
ruoli. Non aiutano la quasi totale mancanza di battute divertenti
per la coppia, in contrasto con le raffiche che sparano
continuamente gli altri personaggi.
Magia e freaks
La dimensione magica che è stata
inserita in Una famiglia mostruosa non convince
fino in fondo. De Biasi strizza l’occhio a
moltissime
commedie horror, da Frankenstein
Junior agli Scary Movie,
per non parlare del cinema di Tim
Burton. I trucchi magici e gli effetti
speciali usati non sono nulla di nuovo per il genere.
La parodia dell’horror è una novità
nel cinema italiano. Forse anche per questo
motivo, Una famiglia mostruosa spiazza lo
spettatore per alcune scelte di stile che appaiono grottesche. In
generale, vale la pena vedere il film per il tentativo, non
perfettamente riuscito, di portare qualcosa di nuovo nell’ambito
della
commedia italiana. In ogni caso, il giudizio finale resta al
grande pubblico.
Una famiglia mostruosa esce nelle sale italiane
giovedì 25 novembre 2021.
Dal 19 Novembre è disponibile su
NetflixTick, Tick… Boom!, adattamento dell’omonimo
spettacolo teatrale di Jonathan Larson, il celebre
compositore e drammaturgo di Broadway, ideatore dell’iconico
musical Rent.
Tick, Tick… Boom!: la vita
dell’artista a New York
Tick, Tick… Boom! è
ambientato cinque anni prima della morte di
Larson– scomparso prematuramente nel 1996 – mentre
incombe il suo trentesimo compleanno ed è alle prese con
l’ideazione di quello che spera essere il rock-musical che lo
consacrerà come artista, Superbia.
Jonathan (Andrew
Garfield) vive in un appartamento fatiscente,
ignorato dal suo agente, lavora in una tavola calda e cerca di
scrivere l’ultima canzone mancante nel libretto, da cui dipende
l’arco emotivo di Superbia. Nonostante le
difficoltà della vita da artista a New York,
Jonathan crede nel suo talento. L’incedere un
breve incoraggiamento da parte di Steven Sondheim
lo sprona a perseguire il suo sogno, presentandosi come “il
futuro del teatro musicale“.
Miranda, che ha
reinventato il musical di Broadway con Hamilton (proprio come il musical rock di
Larson del 1996, Rent), è qui su
un terreno familiare. Ha interpretato il ruolo di
Larson in un revival off-Broadway del 2014 di
Tick, Tick… Boom! In questa trasposizione, non si
limita affatto ad adattare la storia di Larson dal punto di vista
cinematografico, ma ne estrapola il viaggio quotidiano di un uomo,
regalandoci un’epopea di vita sugli artisti sconfitti dal
pragmatismo quotidiano.
Tick, Tick… Boom!
fu originariamente concepito dallo stesso Larson come un one man
show autobiografico. Dopo la sua morte, la produzione è stata
rilanciata come uno spettacolo a tre, coinvolgendo il suo migliore
amico e la sua compagna come personaggi. Nella versione
cinematografica, Miranda passa dalla performance teatrale delle
canzoni con i cantanti Karessa (Vanessa
Hudgens) e Roger (Joshua
Henry) a una narrazione cinematografica degli eventi con
la fidanzata di Larson, Susan
(Alexandra
Shipp) e il migliore amico Michael
(Robin de Jesus).
Ci sono camei luminescenti, che
scalderanno i cuori dei fan di Broadway, nel corso dell’intera
pellicola, tra cui Judith Light, Jonathan
Marc Sherman, Joel Grey, Daphne
Rubin-Vega, Adam Pascal, Phillipa
Soo, Phylicia Rashad, Bebe
Neuwirth, Renee Elise Goldsberry e
Bernadette Peters, mentre la star di
PoseMj Rodriguez interpreta una
delle co-protagoniste al fianco di Jonathan.
Miranda ha visto
Garfield nella produzione di Broadway del 2018 di
Angels in America e ha ricordato la sua
performance come “trascendente“. “Me ne sono andato
pensando: ‘Oh, quel ragazzo può fare qualsiasi cosa’”, ha
ricordato il regista. “Non sapevo se sapesse cantare, ma
sentivo che poteva fare qualsiasi cosa. Così l’ho implicitamente
scritturato nella mia mente probabilmente un anno prima di parlarne
con lui“.
Tick, Tick… Boom!: l’istrionismo di
Garfield vince ancora
L’arma segreta del regista
Lin-Manuel Miranda per questo adattamento
cinematografico di Tick, Tick… Boom! dell’opera
del suo mentore per scelta sfrutta l’istrionismo attoriale
e l’aspetto da fanciullo sempreverde di Andrew
Garfield, quegli occhi penetranti e gentili e il viso che
convoglia molteplici espressioni anche quando il dolore lo
inonda.
Probabilmente è proprio il fascino
fanciullesco di Garfield e la sua vulnerabilità
“da uomo qualunque” a rendere più intense le scene drammatiche con
il migliore amico Michael (una gemma assoluta di
attore, Robin de Jesus). Ex venditore d’arte
trasformato in un attuale uomo aziendale in carriera, Robin
de Jesus è l’antitesi di Andrew Garfield.
Miranda non demonizza o banalizza mai le vite e le
lotte di coloro che hanno plasmato la vita dell’uomo che ha
influenzato i suoi sforzi artistici.
Tick Tick Boom
fiorisce dal punto di vista cinematografico e l’adattamento di
Miranda è un trionfo; sfrutta pienamente i brani
musicali di Larson sullo schermo, conferendogli
nuova vita.
In un numero iniziale con
Jonathan e Michael, mentre
quest’ultimo si trasferisce in un nuovo appartamento di lusso,
Miranda gioca con la velocità e gli strumenti del
montaggio per rendere omaggio alle doti performative dei due. E,
per la maggior del minutaggio, riesce ad equilibrare la
verosimiglianza della performance di Larson del
suo proprio musical come forma di narrazione, lo squallore
romanzato della vita di New York a basso costo e la teatralità più
calcolata delle fantasie digressive del suo personaggio
principale.
Dopo La La Land di Damien
Chazelle, anche il musical di Larson fa
propria la necessità di preservare l’integrità della propria voce
artistica per configurare la propria individualità e rendersi
cantori generazionali. Il ‘Jon‘
Larson di Andrew Garfield è
ossessionato da un orologio che ticchetta incessante in
Tick, Tick… Boom!, che scandisce il percorso
ingeneroso di una gavetta che non sembra mai concretizzarsi.
Il film di Miranda
indaga il complesso di superiorità degli artisti, attraverso l’idea
di creare un’arte che sia “in anticipo sui tempi”. Come il musical
di Chazelle che ha vinto l’Oscar, anche
Tick, Tick… Boom! traccia il coming-of-age di
Jonathan Larson e la crescita all’interno della
giungla newyorchese impara mentre dà vita a
Superbia.
L’approccio leggermente surreale del
film funziona egregiamente esplorando il processo creativo di
Larson, indugiando sulla personalità artistica del grande autore: a
tratti incompresa, avanguardista, spettacolare. Ma dietro
all’artista, vuole suggerirci Miranda, altro non
c’è che un giovane in cerca di fortuna nella Grande Mela, che tenta
disperatamente di sopperire allo scorrere inesorabile del tempo,
perso prima che riesca ad essere trasferito in canzone. Un tributo
sentito e assolutamente umano, un omaggio al mondo del teatro e del
musical da recuperare assolutamente.
Natasha Liu Bordizzo (The Society)
è stata scelta come protagonista al fianco di Rosario Dawson nella
serie limitata Disney+Star
Wars: Ahsoka, uno spin-off della serie di successo
dello streamer The
Mandalorian. Bordizzo interpreterà il personaggio di
Sabine Wren della serie animata Star
Wars Rebels.
Da sempre le tematiche razziali sono
al centro di lunghi e accesi dibattiti nel mondo e negli Stati
Uniti in particolare. Tanti sono i film che ogni anno trattano tali
vicende, il più delle volte raccontando storie realmente avvenute.
Uno dei più popolari del 2016 è Loving –
L’amore deve nascere libero, diretto
dall’acclamato regista Jeff Nichols. All’interno
di questo si narra la storia di Richard e Mildred Loving, coppia
passata alla storia per il caso giudiziario contro lo stato della
Virginia e le sue leggi raziali. Una vicenda a lungo dimenticata e
che trova nuovo vigore proprio grazie all’interessamento ricevuto
in seguito al film.
La volontà di realizzare un film sui
due coniugi nasce dall’attore Colin
Firth e da Nancy Buirski. I due
lavorarono a lungo sullo sviluppo di un documentario su tale
vicenda, realizzato poi nel 2011 con il titolo di The Loving
Story. Dopo aver visto il film Take Shelter di
Nichols, i due decisero poi di affidare a lui la realizzazione di
un film di fiction basato sui Loving. Il regista era però
inizialmente restio a lavorare ad un film su commissione, ma
accettò per via delle grandi tematiche ed emozioni racchiuse nella
storia. Prese così vita il film, poi affermatosi come un gran
successo sin dalla sua presentazione nel concorso del Festival
di Cannes.
Giunto in sala, Loving – L’amore
deve nascere libero continuò a ricevere lodi da parte della
critica, la quale sottolineò la bravura dei due interpreti. Allo
stesso modo, anche al box office si affermò come un modesto
successo, incassando circa 13 milioni di dollari a fronte di un
budget di quasi 9. La strada verso il successo del film era però
ancora lunga, e con l’arrivo della stagione dei premi il titolo si
affermò come uno dei principali protagonisti di questa. Tra i
motivi di successo si ritrova indubbiamente anche la capacità del
regista di rendere universale la storia d’amore dei due
protagonisti, costretti a combattere contro innumerevoli
avversità.
Loving: la trama del film
La vicenda è ambientata nel 1958,
nello stato della Virginia. Richard Loving è un
operaio edile, bianco, mentre la sua compagna Mildred
Jeter è una donna di colore. Cresciuti insieme sin da
piccoli, i due si amano profondamente e sognano di poter dar vita
ad una famiglia. Per loro, la differenza del colore della loro
pelle non è mai stato un problema, cosa che invece sembra essere
per quanti li circondano. Per via delle leggi presenti nel loro
Stato, infatti, i due sono costretti a viaggiare fino a Washington
DC per potersi sposare. Tornati a casa, però, si ritrovano
arrestati e condannati ad un anno di carcere per via della loro
unione. Fortunatamente, i due ottengono una sospensione della pena
a condizione che lascino la Virginia.
I Loving si trasferiscono dunque a
Washington DC, dove un’unione come la loro non è vista con lo
stesso odio. Con il tempo però i due non possono non sentire la
nostalgia di casa e dei loro cari. Una svolta nella loro vicenda
arriverà grazie ai discorsi che in quegli anni Martin
Luther King inizia a tenere nel paese in favore dei
diritti civili per le persone di colore. Ispirati da tale
movimento, i Loving decidono di rivolgersi all’Unione Americana per
le Libertà Civili. Qui l’avvocato Bernie Cohen
promette di aiutarli nel loro caso contro la Virginia. Prende così
piede una causa legale che porterà a cambiare la Costituzione degli
Stati Uniti, non senza però ostacoli, difficoltà e momenti di
grande crisi.
Loving: il cast del film
Per dar vita alla coppia
protagonista, Nichols si è rivolto all’attrice Ruth
Negga, divenuta popolare grazie a 12 anni
schiavo e World War z, e Joel
Edgerton, noto per film come Warrior e
Il grande
Gatsby. Rispettivamente nei panni di Mildred e Richard
Loving, i due si sono preparati per le loro interpretazioni
studiando le vere vicende dei due, e dando vita a diverse prove
hanno potuto sviluppare l’ottima chimica di coppia poi riproposta
al momento delle riprese. Per la sua performance, la Negga è poi
stata candidata al premio Oscar come miglior attrice. Nel film è
poi presente l’attore Michael
Shannon nel ruolo di Grey Villet, reporter della
rivista Life. Per Shannon si trattava del quinto film realizzato
insieme al regista. Nick Kroll, celebre come
attore e doppiatore comico, ha invece recitato nel ruolo
dell’avvocato Bernie Cohen. Marton Csokas, noto
per il ruolo di Celeborn nella trilogia Il Signore degli
Anelli, è invece lo sceriffo Brooks, che si pone in contrasto
con i Loving.
Loving: la vera storia dietro il
film
Grazie anche al documentario The
Loving Story, che ha il pregio di raccontare nel dettaglio
molta della vita privata dei Loving, il regista Nichols ebbe modo
di dar vita ad una storia particolarmente fedele a quanto realmente
accaduto. La vicenda ha inizio nel 1958, quandp Mildred e Richard
si sposano a Washington DC, trovando però la prigionia ad
attenderli al loro ritorno in Virginia. I due vengono infine
forzati a lasciare lo Stato, dove i matrimoni interraziali erano
assolutamente vietati dalla legge. Per i Loving, trasferitisi
intanto a Washington, ha così inizio una battaglia legale che li
portò fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Da qui ha inizio
il caso entrato nella storia come Loving vs. Virginia. A
contribuire alla risonanza di ciò contribuì anche il magazine Life,
che in data 18 marzo 1966 pubblicò un servizio intitolato The
crime of being married, firmato dal fotoreporter Grey
Villet.
Gli scatti fotografici di questi
sono entrati nella storia, e raccontano la quotidianità di una
famiglia come le altre, il cui unico peccato è avere un diverso
colore della pelle. La battaglia legale dei due coniugi si risolse
infine con una vittoria il 12 giugno del 1967. In tale data la
Corte Suprema dichiarò incostituzionale il Racial Integrity
Act del 1924, di fatto abolendolo. Ebbero così fine le
restrizioni legali relative ai matrimoni interraziali negli Stati
Uniti. I Loving ebbero così modi di vivere finalmente a pieno il
loro amore, insieme anche ai loro tre figli. A separarli,
purtroppo, arrivò la morte di lui, sopraggiunta nel 1975, all’età
di soli 41 anni, per via di un incidente stradale. Mildred ebbe
invece modo di vivere fino al 2008, continuando negli anni a
battersi per i diritti civili delle persone di colore.
Loving: il trailer e dove vedere il
film in streaming
Per gli appassionati del film, o per
chi dovesse ancora vederlo, è possibile fruire di
Loving grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten Tv,
Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 19 novembre alle ore
22:50 sul canale Rai
Movie.
Discovery ha messo
in produzione Johnny vs Amber, un documentario di
due episodi che racconta la storia della fine della relazione tra
Johnny Depp e
Amber Heard, e come si è trasformata in un caso
giudiziario.
Il film sarà in due puntate perché
ognuna di essere racconterà una versione dei fatti., con
interviste, registrazioni e testimonianze, anche filmati girati
dalla coppia stessa. Il documento sarà disponibile su Discovery
Plus questo autunno.
Nel 2016, Amber
Heard ha chiesto il divorzio da Johnny
Depp e il caso, che si è concluso con un verdetto
dell’Alta Corte britannica contro Depp, ha conquistato i titoli di
tutto il mondo. Clare Laycock, vicepresidente senior per la
pianificazione e gli approfondimenti e capo dell’intrattenimento
presso Discovery, ha dichiarato: “La serie fornisce una visione
approfondita dell’epica battaglia che ha alimentato le campagne dei
fan di #JusticeforJohnnyDepp e #IStandWithYouAmberHeard e il caso
molto pubblico dell’Alta Corte che ci ha attanagliato. Tutti.
Optomen ha fatto un lavoro fantastico trasformando questa storia a
più livelli in qualcosa di avvincente e terrificante”.
Charlotte Reid,
vicepresidente incaricato per l’intrattenimento di Discovery, ha
dichiarato: “La storia di ciò che è successo tra Johnny e Amber
continua a essere estremamente divisiva, tra i fan e il pubblico in
generale. Abbiamo deciso di realizzare un documentario che
esplorasse la storia da ciascuna delle loro prospettive, in modo
che lo spettatore possa andare oltre i titoli, capire chi sono e
decidere a chi credere in questa complessa storia umana. Pensiamo
che sia una storia avvincente e contemporanea sulla verità e le
bugie che speriamo possa aprire una conversazione con i nostri
spettatori su Discovery Plus”.
Nick Hornby, co-CEO
di Optomen, ha aggiunto: “Attraverso i nastri, i video
domestici e i messaggi di testo mostrati in tribunale, questi film
offrono agli spettatori una visione rara e importante su un
matrimonio che è andato tragicamente storto e sul comprendere
meglio l’importantissimo problema di violenza domestica”.
West
Side Story, l’adattamento cinematografico del
musical diretto dal vincitore dell’Academy Award® Steven Spielberg, arriverà il 23
dicembre nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney
Company Italia.
Diretto dal vincitore dell’Academy
Award® Steven Spielberg, da una sceneggiatura del vincitore del
Premio Pulitzer e del Tony Award® Tony Kushner, West
Side Story racconta la classica storia delle
feroci rivalità e dei giovani amori nella New York del 1957. La
rivisitazione dell’amato musical è interpretata da
Ansel Elgort (Tony), Rachel Zegler
(María), Ariana DeBose (Anita), David
Alvarez (Bernardo), Mike Faist (Riff),
Josh Andrés Rivera (Chino), Ana
Isabelle (Rosalía), Corey Stoll (Tenente Schrank), Brian
d’Arcy James (Agente Krupke) e Rita
Moreno (nel ruolo di Valentina, proprietaria del negozio
in cui lavora Tony). Moreno, una degli unici tre artisti ad aver
vinto i premi Oscar®, Emmy®, GRAMMY®, Tony® e Peabody, è anche una
dei produttori esecutivi del film.
La squadra creativa del film, che
unisce il meglio di Broadway e Hollywood, include Tony Kushner, che
è anche il produttore esecutivo; il vincitore del Tony Award®
Justin Peck, che ha ideato le coreografie del film; il celebre
direttore d’orchestra della Los Angeles Philharmonic e vincitore
del GRAMMY Award® Gustavo Dudamel, che ha curato le registrazioni
dell’iconica colonna sonora; il compositore e direttore d’orchestra
candidato all’Academy Award® David Newman
(Anastasia), che ha composto la colonna
sonora; la compositrice vincitrice del Tony Award® Jeanine Tesori
(Fun Home, Thoroughly Modern
Millie), che ha supervisionato il cast per le parti
cantate; e il music supervisor candidato al Grammy® Matt Sullivan
(La Bella e la Bestia,
Chicago), produttore esecutivo delle musiche del
film. Il film è prodotto da Spielberg, dalla produttrice candidata
all’Academy Award® Kristie Macosko Krieger e dal produttore
vincitore del Tony Award® Kevin McCollum. West Side Story
è l’adattamento cinematografico dello spettacolo di Broadway
originale del 1957, con libretto di Arthur Laurents, musiche di
Leonard Bernstein, testi di Stephen Sondheim, e ideato, diretto e
coreografato da Jerome Robbins.
La colonna sonora originale di
Encanto, che sarà pubblicata oggi, 19
novembre, via Virgin Records/Universal Music Italia, comprende otto
canzoni originali dell’autore/compositore vincitore del Tony e del
GRAMMY Lin-Manuel Miranda (Hamilton,
Oceania), insieme alle musiche della premiata compositrice
Germaine Franco (Dora e la città perduta, La piccola
boss, Prendimi!). Nella versione italiana del film,
Alvaro Soler interpreta la canzone originale “Oruguitas
innamorate” (versione italiana del brano “Dos Oruguitas”,
interpretata nella versione originale in spagnolo da Sebastián
Yatra). L’artista Carlos Vives interpreta il brano “Colombia, Mi
Encanto”. La colonna sonora è ora disponibile a questo link.
Il film Walt Disney Animation
Studios Encanto arriverà il 24
novembre nelle sale italiane. ALVARO SOLER,
spagnolo di Barcellona ma tedesco di padre e di casa a Berlino
(dove si è trasferito nel 2015 per registrare il suo primo album
dopo aver vissuto 7 anni a Tokyo), ha totalizzato oltre 80 dischi
tra Oro e Platino (di cui 20 solo in Italia) e oltre 4 miliardi di
stream. L’artista, che ha pubblicato il suo ultimo disco
quest’estate intitolato Magia e ha ottenuto la certificazione Oro
per il singolo omonimo, ha dichiarato a proposito del suo
coinvolgimento in Encanto: “è stato un sogno divenuto
realtà. Da quando ho memoria canto le canzoni della Disney, sono un
grandissimo fan di tutte le colonne sonore come quella de Il
Re Leone o Tarzan. Oruguitas innamorate è una canzone
molto speciale e piena di magia, che spero vi piaccia come ha
incantato me fin da subito. Sono felicissimo di far parte di
quest’esperienza meravigliosa”.
“Dos Oruguitas” ha segnato una
prima volta per Miranda. “È la prima canzone che ho scritto –
dall’inizio alla fine – in spagnolo”, afferma. “Racconta
il viaggio dei nonni di Mirabel, la loro consapevolezza che a volte
bisogna lasciar andare, bisogna fare l’impossibile“.
Immergendosi nella musica della
storia ambientata in Colombia, Miranda ha affermato: “Molti
ritmi mi sono familiari, ma la strumentazione e l’orchestrazione
sono diverse e spesso uniche in Colombia. Una delle cose più
divertenti è che la fisarmonica è davvero centrale nella musica. È
stata davvero una gioia immergermi in artisti che non conoscevo e
approfondire quelli che ho amato crescendo, come Carlos Vives, con
cui abbiamo la fortuna di lavorare in questo film. L’intero
processo consisteva nell’innamorarsi della musica e della cultura
colombiana e nella possibilità di suonare in quello
spazio”.
Mike Elizondo (i brani “96,000” nel
musical In the Heights, “My Shot (Rise Up Remix)” in
The Hamilton Mixtape) ha co-prodotto le canzoni.
“Spero che gli spettatori cantino queste canzoni, proprio come
è accaduto per molti classici Disney”, ha affermato Elizondo.
“Contengono molti messaggi positivi sulla famiglia e sui
rapporti che ci legano. Inoltre, spero che il pubblico si renda
conto della varietà della musica colombiana. Ho imparato moltissimo
sui ritmi e gli stili musicali di questo Paese nel corso della
produzione e spero che questa colonna sonora spinga il pubblico a
esplorare maggiormente la musica colombiana”.
La famiglia Madrigal – Margherita De Risi, Franca
D’Amato, Encanto – Cast 4:17
Un miracolo – Margherita De Risi 2:42
La pressione sale – Alessia Amendola 3:22
Non si nomina Bruno – Renata Fusco, Fabrizio Vidale,
Ilaria De Rosa, Alvaro Soler, Diana Del Bufalo, Margherita De Risi,
Encanto – Cast 3:36
Cos’altro farò? – Diana Del Bufalo, Margherita De Risi
2:59
Dos Oruguitas – Sebastián Yatra 3:35
Tutti voi – Margherita De Risi, Franca D’Amato, Luca
Zingaretti, Ilaria De Rosa, Gianfranco Miranda, Encanto – Cast
4:38
¡Hola casita! – Germaine Franco 0:46
Colombia, Mi Encanto – Carlos Vives 2:55
Two Oruguitas – Sebastián Yatra 3:35
Oruguitas innamorate – Alvaro Soler 3:35
Abre los ojos – Germaine Franco 3:16
Vi presento la “Familia” – Germaine Franco
2:08
Ho bisogno di te – Germaine Franco 2:28
La voce di Antonio – Germaine Franco 2:15
El baile Madrigal – Germaine Franco 2:50
Crepe nel muro – Germaine Franco 1:23
La tenace Mirabel – Germaine Franco 1:36
Domande a colazione – Germaine Franco
1:26
La torre di Bruno – Germaine Franco 0:52
La scoperta di Mirabel – Germaine Franco
2:57
Tango disfunzionale – Germaine Franco
2:42
A caccia del passato =Germaine Franco –
2:26
Alleati di famiglia – Germaine Franco
1:15
La visione finale – Germaine Franco 2:11
Isabela “La perfecta” – Germaine Franco
1:21
Las hermanas pelean – Germaine Franco
1:18
La casa sa – Germaine Franco 1:29
La candela – Germaine Franco 3:20
El río – Germaine Franco 1:27
È colpa mia – Germaine Franco 1:21
El camino de Mirabel – Germaine Franco
2:10
Mirabel’s Cumbia Germaine Franco 2:48
La tana del topo – Germaine Franco 1:21
Tío Bruno – Germaine Franco 2:23
Impresiones del Encanto – Germaine Franco
2:29
La cumbia de Mirabel – Germaine Franco
2:46
La famiglia Madrigal – Lin-Manuel Miranda
4:17
Un miracolo – Lin-Manuel Miranda 2:41
La pressione sale – Lin-Manuel Miranda
3:22
Non si nomina Bruno =Lin-Manuel Miranda
3:35
Cos’altro farò? – Lin-Manuel Miranda 2:59
Dos Oruguitas – Lin-Manuel Miranda 3:34
Tutti voi – Lin-Manuel Miranda 4:53
Colombia, Mi Encanto – Lin-Manuel Miranda
2:54
La colonna sonora originale di
Encanto è firmata dalla premiata compositrice Germaine
Franco. Franco ha lavorato a stretto contatto con i filmmaker e
Miranda per creare una colonna sonora distintiva che unisse le
canzoni con la storia.
Encanto è diretto da Byron
Howard (Zootropolis, Rapunzel – L’intreccio della
torre) e Jared Bush (co-regista di Zootropolis),
co-diretto da Charise Castro Smith (sceneggiatrice di The Death
of Eva Sofia Valdez) e prodotto da Clark Spencer e Yvett
Merino. La sceneggiatura è firmata da Castro Smith e Bush.
Nel film, la magia di Encanto ha
donato a ogni bambino della famiglia un potere unico, dalla
superforza al potere di guarire. Tutti tranne Mirabel. Ma quando
scopre che la magia che circonda Encanto è in pericolo, Mirabel
decide che lei, l’unica Madrigal ordinaria, può essere l’ultima
speranza della sua straordinaria famiglia.
In anteprima la prima immagine di
Tre
di troppo, la nuova commedia per tutta la famiglia diretta
e interpretata da Fabio De Luigi con
Virginia Raffaele, in uscita al cinema il 27
gennaio 2022 distribuito da Warner Bros.
Pictures. Nel cast anche Fabio Balsamo, Marina
Rocco, Barbara Chichiarelli.
Tre di troppo, la
trama
Marco (Fabio De Luigi) e Giulia
(Virginia Raffaele) vivono la propria vita di coppia in modo
armonioso e passionale. Entrambi sfoggiano una forma invidiabile e
una mise sempre alla moda.Per loro il mondo si
divide in due: l’Inferno, abitato da genitori esasperati e
soggiogati da piccoli esseri pestiferi, e il Paradiso, dove uomini
e donne liberi da sensi di colpa, si godono i piaceri della vita
senza figli e fieri di vivere in appartamenti sempre in perfetto
ordine. Loro sanno bene da che parte stare, ben distanti da quelle
coppie di amici in perenne crisi coniugale e logorati dalla vita da
genitori. Eppure, il destino è già all’opera per sconvolgere le
loro vite e sgretolare tutte le loro certezze: all’improvviso e
inspiegabilmente, si risvegliano con tre bambini di 10, 9 e 6 anni
che li chiamano mamma e papà. Liberarsene e tornare alla felice
vita “precedente” diventerà il loro unico obiettivo.Una
commedia sulle gioie e le difficoltà di essere o diventare
genitore.
Il soggetto è di Michele
Abatantuono, che ne firma anche la sceneggiatura assieme a Laura
Prando e Fabio De Luigi. Il film è una produzione Warner Bros.
Entertainment Italia, Colorado Film Production e Alfred Film ed è
prodotto da Maurizio Totti, Alessandro Usai e Iginio Straffi per
Colorado Film e da Roberto Amoroso e Maria Theresia Braun per
Alfred Film.
Il regista Brett
Morgen è al lavoro su un nuovo documentario dedicato a
David Bowie, che secondo quanto riferito ha a
disposizione migliaia di ore di filmati inediti per il progetto.
Morgen è un regista di documentari molto famoso, che nel corso
della sua carriera ha firmato film molto importanti, tra cui
Jane, Kurt Cobain: Montage of Heck e
Chicago 10 del 2017. Il suo documentario del 1999,
On the Ropes, ha fatto guadagnare al regista una
nomination all’Oscar e molte persone credono che la mancanza di una
nomination per Jane agli Oscar del 2018 sia stato uno dei più
grandi torti di quell’anno.
Bowie è una delle figure più
riconoscibili e influenti nella storia del rock e nel corso degli
anni sono stati fatti numerosi tentativi per portare il suo
personaggio sul grande schermo. L’anno scorso, il film biografico è
uscito Stardust, ma il film non aveva l’approvazione
degli eredi di Bowie, e quindi il film non ha potuto giovare della
musica dello stesso, tanto che Johnny Flynn,
l’attore protagonista, ha eseguito diverse cover per il film.
In una recente intervista, la vedova
di David Bowie, Iman, ha affermato di non essere
interessata a un film biografico sul marito. Ha dichiarato: “È
sempre un no. Ci chiediamo sempre l’un l’altro: ‘Lo farebbe?’ Non
lo farebbe”.
Fortunatamente, il film di Morgen su
Bowie, attualmente senza titolo, ha il sostegno degli eredi.
Secondo Variety, il regista sta lavorando segretamente al
progetto da quattro anni e si baserà su migliaia di ore di filmati
di concerti inediti. Secondo quanto riferito, il film spingerà i
confini del cinema documentario, poiché fonti vicine al progetto lo
descrivono come “un’esperienza cinematografica immersiva
costruita, in parte, su migliaia di ore di materiale mai visto
prima”.
Con
The Beatles: Get Back dietro l’angolo (il documentario
in tre parti uscirà su Diseny+ il 25 novembre), questo nuovo film
documentario su un’icona della musica basato su filmati inediti
sembra essere una replica di quel progetto produttivo.
Al concorso di IULM e Noir
in Festival per il cinema italiano, ideato
da Gianni Canova in accordo
con Giorgio Gosetti, concorrono sei film
finalisti scelti a insindacabile giudizio dagli ideatori del Premio
fra i noir di produzione italiana usciti in
sala nel corso dell’anno solare 2021.
I sei film finalisti verranno
proiettati fra il 10 e il 15 dicembre a Milano nella Sala dei 146
di IULM 6, in via Carlo Bo 7, con la
partecipazione degli autori.
A scegliere il vincitore sarà una
giuria popolare di 80 giovani studenti e di
appassionati, guidata da tre critici cinematografici tra
cui un Presidente/moderatore. Dopo una discussione collettiva al
termine di ogni proiezione, i membri della giuria potranno
esercitare il proprio diritto di voto deponendo la scheda con il
loro giudizio nell’urna appositamente predisposta. La graduatoria
finale indicherà il vincitore. Il voto di ciascuno dei tre critici
partecipanti avrà valore 5. In caso di parità nella deliberazione
finale, il voto del Presidente sarà determinante.
Il risultato finale verrà annunciato il 15 dicembre.
I titoli finalisti di quest’anno sono:
La terra dei figli di Claudio
Cupellini
venerdì 10 dicembre, ore 17.30
A Classic Horror Story di
Roberto De Feo e Paolo Strippoli
sabato 11 dicembre, ore 15.00
Calibro 9 di Toni D’Angelo
sabato 11 dicembre, ore 17.30
Un confine incerto di Isabella
Sandri
domenica 12 dicembre, ore 17.30
State a casa di Roan Johnson
lunedì 13 dicembre, ore 17.30
Il mio corpo vi seppellirà di
Giovanni La Pàrola
martedì 14 dicembre, ore 17.30
“Mai come
quest’anno”, dicono Gianni
Canova e Giorgio Gosetti,
“la scelta dei finalisti è stata un’autentica impresa perché
l’attrattiva del genere si è dimostrata finalmente una chiave
originale sfruttata da molti nostri autori, sceneggiatori e
registi. Il contesto della pandemia ha certamente penalizzato la
visibilità di molte opere di qualità e anche per questo ci pare
importante proporre una nuova finestra a opere capaci di
appassionare pubblici diversi. La forza del Premio è ormai
confermata dai vincitori delle passate edizioni: siamo certi che
anche quest’anno il carisma di Claudio Caligari accompagnerà il
nostro campione del 2021”.
Per iscriversi gratuitamente
alla giuria è necessario essere maggiorenni e
inviare, entro domenica 5 dicembre 2021, una mail
a [email protected] con
oggetto GIURIA CALIGARI 2021 segnalando: nome, cognome, mail di
riferimento, categoria di appartenenza del giurato (01 – Studente
universitario IULM oppure 02 – Appassionato/a di Noir).
Tutte le proiezioni sono
gratuite e aperte a tutti fino ad esaurimento dei posti
disponibili.
Il co-regista di
Batgirl, Adil El Arbi, ha anticipato che le riprese del
film inizieranno a breve. Arbi, insieme al collega co-regista
Bilall Fallah, ha
recentemente direttoBad Boys For Life, che ha performato molto
bene per un film uscito nel 2020 durante la pandemia di COVID-19.
La coppia sta anche lavorando ad un progetto Marvel per Disney+, ma in rampa di lancio nel loro
futuro c’è Batgirl, scritto da Christina Hodson, e che uscirà nel
2022,
esclusivamente per HBO Max (immaginiamo Sky, da noi).
All’inizio di quest’anno, è
stato annunciato che Leslie Grace
interpreterà Batgirl. Il suo precedente ruolo
cinematografico è stato nell’adattamento della WB di In the
Heights, acclamato dalla critica. Mentre la trama di
Batgirl è ancora nascosta, il film vedrà
J.K. Simmons torna
nel ruolo del commissario Gordon, visto l’ultima volta in
Justice League di Zack
Snyder. Si dice anche che il film vedrà il ritorno di
Batman, ma non è noto se sarà Ben Affleck, Michael
Keaton o un altro attore, mentre si esclude Robert
Pattinson. Jacob Scipio partecipa al film
in un ruolo non rivelato e Brendan Fraser
interpreta il cattivo Garfield Lynns, noto anche come
Firefly.
Il co-regista Adil El
Arbi ha anticipato l’inizio delle riprese del film in una
recente storia Instagram:
Batgirl doveva
essere diretto da Joss Whedon, regista
di The
Avengers e Avengers:
Age of Ultron, nonché della versione cinematografica
di Justice
League. Tuttavia, nel 2018, il regista ha deciso di
abbandonare il progetto, ammettendo di non essere riuscito a
“decifrare la storia”.
La prima scena post-credits di
Venom:
La furia di Carnage vede Eddie Brock su una
spiaggia caraibica mentre parla del futuro con il simbionte che gli
esce dalla spalla. La scena è breve e si conclude con i due che
guardano l’orizzonte in perfetto stile buddy movie.
Adesso è stata diffusa da SONY la
versione estesa della scena, in cui il simbionte insiste con il
dire che Eddie gli vuole bene e il giornalista tenta di negare.
Eccola di seguito:
Tom Hardy ritorna sul grande schermo nel
ruolo del “protettore letale” Venom, uno dei personaggi Marvel più enigmatici e complessi.
In Venom: La
furia di Carnage assisteremo allo scontro tra il
simbionte e Cletus Kasady, aka Carnage, uno degli antagonisti più
celebri dei fumetti su Spider-Man, interpretato da Woody
Harrelson.
Nel cast del sequel
anche Michelle
Williams(Fosse/Verdon) nei panni
di Anne Weying, Naomie
Harris(No Time to Die) nei panni
di Shriek e l’attore inglese Stephen
Graham (Boardwalk Empire, Taboo). Il film
uscirà in autunno al cinema.
KJ Apa, acronimo di
Keneti James Fitzgerald Apa, è un attore e
musicista nativo della Nuova Zelanda. In breve egli ha guadagnato
sempre più consensi, venendo considerato come uno degli attori da
tenere d’occhio per il prossimo futuro dato il suo talento nella
recitazione e nella musica. Nonostante la giovane età, l’attore
vanta infatti la partecipazione a diversi titoli di successo, tanto
in televisione quanto al cinema.
Ecco 10 cose che non sai di KJ Apa.
KJ Apa: i suoi film e le serie TV
1. È noto per alcune serie
TV. Apa debutta come attore recitando dal 2014 al 2015 nei
panni di Kane Jenkins nella serie Shortland Street. Nel
2016 è invece Jack nella serie The Cul De Sac. Il grande
successo arriva però per lui grazie ad un’altra serie televisiva,
ovvero Riverdale. In questa recita dal 2017 nel ruolo
del protagonista Archie Andrews, popolare giocatore di fooball del
liceo con la passione per la musica. In questa recita accanto agli
attori Lili Reinhart,
Camila Mendes e
Cole
Sprouse.
2. Ha recitato anche per il
cinema. Oltre alla carriera televisiva, negli anni Apa si
è ritagliato sempre più ruoli di rilievo anche in film per il
cinema. Il primo di questi è stato Qua la zampa! (2017), dove interpreta
la versione giovane del protagonista Ethan, il quale da adulto ha
il volto di Dennis Quaid.
In seguito ha recitato in Il coraggio della verità – The Hate
U Give (2018), con Amanda Stenberg,
The Last Summer (2019) e Cosa mi lasci di te
(2020). Nel 2020 è poi protagonista del film Songbird, film thriller
dedicato alla pandemia di Covid-23, una mutazione più letale del
Covid-19.
KJ Apa in Riverdale
3. È stato notato all’ultimo
dai produttori. Il casting per trovare Archie è stato un
processo particolarmente difficile, con Roberto
Aguirre-Sacasa, ideatore della serie, che ha dichiarato:
“Penso che abbiamo letteralmente visto ogni giovane ragazzo dai
capelli rossi a Los Angeles o almeno così ci sembrava.” Il
team di produzione ha trovato Apa solo tre giorni prima che
dovessero presentare il test della rete al network, ciò ha creato
tensioni negli ultimi giorni fino alla presentazione in studio.
Dopo un primo provino, l’attore si è subito dimostrato la scelta
giusta per il ruolo.
4. Ha interpretato anche un
altro personaggio. All’interno della serie Apa interpreta
il protagonista Archie Andrews e ad oggi sono oltre cento gli
episodi in cui è comparso in tali vesti. Vi è però stato un caso in
cui l’attore si è trovato ad interpretare brevemente anche un altro
ruolo. Ciò è avvenuto nell’episodio 4 della terza stagione. Qui Apa
compare nei pannni del giovane Fred Andrews, il padre di Archie,
durante i suoi anni al liceo. In questo episodio, inoltre, KJ
sembra assomigliare molto a Dylan McKay della serie Beverly
Hills, 90210. Dylan McKay è lì interpretato da Luke
Perry, che in Riverdale interpreta Fred
Andrews.
KJ Apa e il suo fisico
5. Ha un fisico molto
curato. Dal 2016, da quando ha iniziato a
girare Riverdale, KJ Apa non ha perso tempo e ha
subito iniziato a lavorare sul suo fisico (già comunque allenato,
in quanto adora praticare lo sport, soprattutto il rugby). Nella
serie KJ Apa interpreta Archie, il protagonista e sembra che
nella terza stagione non possa fare a meno di stare senza
maglietta. Infatti, il protagonista appare molto spesso a petto
nudo, sfoderando un fisico tonico e del tutto invidiabile. Lo
stesso Apa ha dichiarato di essersi impegnato molto in palestra e
ha raggiunto un fisico pazzesco a furia di sessioni di
allenamento.
6. Ha conquistato tutti sul
set. Pare che questo “nuovo corpo” sia piaciuto parecchio
alla produzione, che infatti ci tiene che in quasi tutte le puntate
della terza stagione il protagonista stia a petto nudo, salvo
qualche caso. Inutile dire che una notizia del genere abbia mandato
in visibilio le tantissime fan dell’attore. Lo stesso Apa ci tiene
al fatto di mostrare il suo corpo: insomma, dopo un lavoro intenso,
e di grande impegno che è durato molti mesi, ha desiderio di
mettere in mostra i frutti della propria fatica. Frutti che sono
messi in mostra anche sul suo profilo Instagram.
KJ Apa: la fidanzata e il figlio
Keneti Apa
7. Ha una relazione con una
modella. Molto riservato circa la sua vita privata, Apa ha
confermato nel 2020 il suo avere una relazione con la modella
francese Clara Berry. Nonostante non siano molte
le occasioni in cui si sono fatti vedere insieme, eccetto eventi di
gala o premier speciali, i due sono sembrati a tutti una coppia
molto affiatata e i fan dell’attore hanno in più occasioni espresso
tramite i social la loro felicità per questa sua relazione.
8. È diventato
padre. Come noto, nel maggio del 2021 la coppia ha
annunciato di essere in attesa del loro primo figlio. Questo è poi
nato il 23 settembre di questo stesso anno con il nome di
Sasha Vai Keneti Apa. L’attore ha poi raccontato
di come la paternità lo stia aiutando a sentirsi una persona
migliore e più responsabile, nonostante la sua giovane età.
KJ Apa è su Instagram
9. Ha un account sul noto
social. Apa ha un profilo Instagram ufficiale seguito da
oltre 19 milioni di persone. Sicuramente Riverdale l’ha
aiutato a raggiungere una certa fama, che già in parte si era
conquistato precedentemente. I suoi 65 post raccontano la sua vita
quotidiana, fatta di lavoro, incontri sul set e relax con la
famiglia e con gli amici. La sua bacheca dimostra suo lato ironico
ma anche l’impegno che ci mette nel lavoro che svolge. Su Instagram
ci sono anche le foto della sua fatica fisica, attraveso cui
dimostra di essersi veramente impegnato negli allenamenti in
palestra.
KJ Apa: età e altezza dell’attore
10. KJ Apa è nato il 16 giugno del 1997 a Auckland, in
Nuova Zelanda. L’attore è alto complessivamente 1.80
metri.
Il regista di Red
Notice,
Rawson Marshall Thurber ha dichiarato che una parte 2
e una parte 3 del film di Netflix sono una possibilità reale e possibilmente
verrebbe girarli back-to-back. Thurber ha scritto e diretto il
film, con Dwayne
Johnson,
Gal Gadot e
Ryan Reynolds che ha appena debuttato su Netflix,
guadagnandosi il titolo di film più visto sullo streamer nella
prima giornata di messa on line.
Parlando con THR, che ha chiesto
informazioni sul potenziale del sequel, Thurber sembrava più
ottimista. Il regista ha detto che pensa che sia “una possibilità
reale”. Ecco cosa ha dichiarato:
“Se dovessimo fare un sequel,
l’unica cosa responsabile sarebbe girare il due e tre
consecutivamente. È una produzione così grande, e se riesci a
metterla insieme una sola volta, sarà meglio per tutti. Compreso
per la mia salute mentale”.
Un Red Notice
emesso dall’Interpol è un avviso globale per dare la caccia e
catturare i criminali più ricercati al mondo. Ma quando un’audace
rapina riunisce il miglior profiler dell’FBI
(Johnson) e due criminali rivali (Gadot, Reynolds), non si può dire
cosa accadrà.
La trama di Red
Notice
In Red
Notice John Hartley (Dwayne Johnson) è il più grande
profiler dell’FBI ed è alle prese con un nuovo red notice, il
mandato dell’Interpol per la cattura dei maggiori latitanti. Le sue
ricerche in tutto il pianeta lo catapultano in una rocambolesca
rapina, durante la quale è costretto ad allearsi con il più grande
responsabile di furti d’arte, Nolan Booth (Ryan Reynolds), per
poter catturare la ladra di opere artistiche più ricercata al
mondo, soprannominata “L’Alfiere” (Gal Gadot). Ne segue una grande
avventura che trascina i tre protagonisti, sempre insieme loro
malgrado, in giro per il globo tra piste da ballo, prigioni isolate
e giungle selvagge. Ritu Arya e Chris Diamantopolous completano un
cast stellare. Con la sceneggiatura e la regia di Rawson Marshall
Thurber (Una spia e mezzo, Skyscraper), la produzione di Hiram
Garcia, Dwayne Johnson e Dany Garcia di Seven Bucks Productions,
Flynn Picture Co. di Beau Flynn e Bad Version, Inc. di Thurber, Red
Notice è un elegante gioco giramondo del gatto col topo… dove i
gatti però sono due.
Dopo essere stato presentato in
anteprima all’ultima edizione del Festival di Venezia, Spencer
di Pablo Larraín è arrivato nelle sale americane lo scorso 5
novembre. La performance di Kristen Stewart nei panni di Lady Diana è
stata molto apprezzata dalla critica e, secondo i più, l’attrice
potrebbe realmente conquistare la sua prima candidatura agli
Oscar.
Nel corso degli anni, Stewart ha
dimostrato di avere parecchio talento, liberandosi sempre più
dall’ombra del personaggio di Bella nella saga di Twilight e prendendo parte a numerosi progetti
decisamente più impegnati, venendo spesso diretta da regista di
particolare fama e calibro, tra cui Olivier Assayas e Woody
Allen.
Ora, in una recente intervista con
Variety,
Kristen Stewart ha avuto la possibilità di commentare
l’Oscar Buzz in merito alla sua interpretazione in Spencer,
ammettendo candidamente: “Non me ne frega un c***o”.
L’attrice è stata volutamente ironica (ha anche riso quando ha dato
la sua risposta), ma ha comunque specificato che gli Oscar sono
qualcosa che tende a mettere in risalto solo determinati film,
piuttosto che dare voce anche ad altri progetti, ugualmente belli,
che tuttavia finiscono per passare inosservati rispetto ai “grandi
titoli”.
“Gli Oscar sono una cosa assai
divertente”, ha spiegato l’attrice. “Ci sono film
incredibili che a malapena vengono visti. Il che è indice del punto
in cui ci troviamo quanto a presenza cumulativa: cosa ci piace
guardare, cosa ci interessa. Tuttavia, apprezzo davvero che una
cosa in cui sono stata coinvolta abbia acceso una conversazione
così ampia. Alla fine facciamo film per connetterci gli uni con gli
altri.”
Al momento Spencer
non ha ancora una data di uscita italiana ufficiale. Il film è
ambientato nell’arco di un fine settimana e racconta il momento in
cui Lady D. decise che il suo matrimonio con il principe Carlo era
finito. Ricordiamo che Kristen Stewart è attualmente impegnata sul
set di
Crimes of the Future, il nuovo film di David Cronenberg in
cui reciterà al fianco di Viggo Mortensen, Léa Seydoux e Scott
Speedman.