Il regista spagnolo Rodrigo
Sorogoyen, i cui crediti recenti includono
As Bestas e serie come Riot Police e Dieci
Capodanni, sarà il presidente di giuria per l’edizione di
quest’anno della Semaine de la Critique di Cannes.
Sarà affiancato dall’attore
britannico premio Oscar Daniel Kaluuya per
Judas and the Black Messiah, dalla giornalista
marocchina Jihane Bougrine, dalla direttrice della
fotografia franco-canadese Josée Deshaies e dalla
produttrice indonesiana Yulia Evina Bhara.
La sezione parallela di Cannes
dedicata ai talenti emergenti e alle opere prime e seconde si terrà
dal 14 al 22 maggio di quest’anno. “La Semaine de la Critique
dimostra inequivocabilmente il suo impegno nel sostenere e credere
nei giovani registi”, ha dichiarato Sorogoyen.
Una selezione parallela che accetti
solo cortometraggi e opere prime o seconde rappresenta un
trampolino di lancio unico per lanciare e consolidare la carriera
dei giovani registi. Senza questi spazi, continueremmo a premiare,
proiettare e dare voce solo a chi ha già un percorso consolidato,
trascurando preoccupazioni e forme emergenti.
Sorogoyen e la sua giuria
assegneranno il Gran Premio AMI Paris de La Semaine de la Critique
per il Miglior Lungometraggio, il Premio French Touch della Giuria,
il Premio Stella Nascente della Fondazione Louis Roederer per il
Miglior Attore o Attrice e il Premio Leitz Cine Discovery per il
Miglior Cortometraggio.
A dieci anni ti chiedi cosa scrivere
nella letterina di Natale. A venti quale strada seguire per dare un
senso al futuro. A trenta cerchi un lavoro che non sia solo uno
stipendio, ma anche una direzione. Poi si avvicinano i quaranta, e
con loro il tempo che accelera, insieme alla consapevolezza che
costruire qualcosa di autentico, magari una famiglia, è ormai più
un desiderio che un progetto. È a questa fase della vita che guarda
Di noi 4, una commedia delicata e
profonda, al cinema dal 31 marzo.
Diretto da Emanuele Gaetano
Forte, al suo secondo lungometraggio, Di noi 4 è
un’intensa opera indipendente, nata da un processo
creativo collettivo e partecipato. La scrittura e il lavoro sul set
hanno coinvolto anche gli attori-autori Giovanni Anzaldo e Giulia
Rupi, che insieme a Forte compongono il collettivo MUMBLE
GROUP. Insieme, hanno dato vita a un ritratto
sincero e commovente della generazione millennial
italiana: sospesa tra aspettative ereditate e sogni
propri, tra un’infanzia che resiste nei ricordi e un’età adulta che
incalza senza più attendere.
Foto tratta dal film Di Noi 4 di Emanuele Gaetano
Forte.
Cosa racconta Di noi
4?
Le feste di compleanno possono
essere momenti imbarazzanti e persino angoscianti, sia per chi deve
spegnere le candeline, sia per chi si ritrova a cantare Happy
Birthday con un sorriso di circostanza. Alda (Giulia
Rupi), Pier (Elio D’Alessandro), Giamma
(Giovanni Anzaldo) e Rachel (Roberta
Lanave) sono due coppie di amici storici che si riuniscono
una sera per cena, proprio in occasione del compleanno di Alda. Tra
una bottiglia di vino e l’altra, la conversazione si sposta presto
su sogni e desideri, come quello, semplice eppure oggi
complicatissimo, di avere un figlio.
Un desiderio che, nella loro realtà
fatta di precarietà e instabilità economica, sembra sempre più
lontano. I quattro, trentacinquenni e disillusi, vivono in una
società che non li sostiene, anzi, spesso li respinge, lasciandoli
sospesi in un limbo di insoddisfazione, frustrazione e sogni
infranti. Eppure, in mezzo a tutto questo, c’è qualcosa che
resiste: la loro amicizia, così solida e profonda da sembrare una
famiglia… una famiglia alternativa, rivoluzionaria, costruita da
quattro genitori e, forse, un unico possibile
figlio.
Di noi 4 – In foto a sinistra Alda (Giulia Rupi) e a destra Rachel
(Roberta Lanave).
Il ritratto di una
generazione, davanti e dietro la macchina da presa
In una società che ci chiede di
essere sempre più veloci e prestanti, cosa richiede davvero
più coraggio: accontentarsi di un lavoro che non si ama, o
inseguire i propri sogni nonostante la precarietà e la speranza
incerta? Alda, Pier, Rachel e Giamma rappresentano una fetta
consistente dei millennials di oggi: Alda fatica a ottenere
finanziamenti per i suoi progetti, Pier è un musicista indipendente
che non scrive tormentoni, ma poesie (e chi ricorderebbe delle
poesie?); Rachel è una laureata disoccupata che disprezza i figli
degli altri, nascondendo il desiderio di averne uno tutto suo;
Giamma, infine, è un’aspirante giornalista che scrive articoli che
a stento riescono a suscitare l’interesse della sua stessa
compagna.
Per rafforzare ancora di più questo
senso di precarietà diffusa e di sogni che arrancano, Emanuele
Gaetano Forte trasforma la sua stessa opera in una metafora
vivente: un figlio difficile da far nascere, ostacolato
dalla mancanza di fondi. Di noi 4, infatti, è un
film privo di colonna sonora, non per scelta estetica, ma
per necessità economica. La musica è assente, se non fosse per un
espediente tanto semplice quanto poetico: alcune didascalie
suggeriscono la canzone che avrebbe dovuto accompagnare la scena,
lasciando così spazio alla libera immaginazione dello
spettatore.
Di noi 4 – In foto a sinistra Giamma (Giovanni Anzaldo) e a destra
Pier (Elio D’Alessandro).
Ma non è tutto. Come racconta lo
stesso Forte, non solo i mezzi a disposizione sono stati
ridotti al minimo, ma anche la troupe è stata essenziale:
“un solo fonico, un direttore della fotografia che ha ricoperto
anche il ruolo di operatore, un focus puller e un aiuto regista
tuttofare”. E come se non bastasse, l’intero film – fatta eccezione
per una breve scena finale – è stato girato all’interno di quattro
mura: una piccola casa in cui lo spettatore è invitato a entrare,
ad accomodarsi e a lasciarsi coinvolgere da poco più di un’ora di
realtà cruda, disperata e onesta. Il tutto ripreso a camera
a mano, una scelta che restituisce ancora di più
l’intimità e la fragilità delle emozioni in gioco, oltre a
evidenziare l’artigianalità del prodotto.
La forza e i limiti di Di noi 4
Con originalità, autoironia e
dolcezza, Di noi 4 si impone come un’opera
autoriale, libera e leggera che vuole dare voce ed
espressione a quell’universale sentimento di inadeguatezza e
insoddisfazione che accomuna la generazione dei neoadulti
di oggi; quella che vede la propria vita come una perenne
corsa ad ostacoli in cui inciampare e indietreggiare sembra quasi
inevitabile. Una generazione che vive di promesse malinconiche,
asfissianti ritardi e continua ricerca di trovare il proprio posto
nel mondo, oppure di inventarselo. Una generazione a cui sono più
le possibilità negate che quelle date.
È così che Alda, Pier, Rachel e
Giamma divengono l’incarnazione delle paure, delle
frustrazioni, delle illusioni e disillusioni di tutti i
millennials. Sono i volti di una generazione che,
nonostante tutto, continua a coltivare speranze e attese, anche
quando sembrano sfuggire di mano. Quelli che, di tanto in tanto,
aprono ancora il cassetto dei sogni non del tutto dimenticati,
cercando di non lasciarli andare, pur sapendo che il mondo che li
circonda spesso non offre le risposte e le possibilità sperate.
Forte firma quindi una pièce
teatrale per il grande schermo che cattura inevitabilmente
l’attenzione del pubblico, riuscendo a trasmettere con decisione i
sentimenti dei suoi personaggi. Sentimenti che non si limitano al
desiderio di genitorialità, ma che abbracciano anche il più
profondo bisogno di costruire sé stessi, di trovare un
senso e un ruolo all’interno della società che li circonda.
Di noi 4. In foto (da sinistra a destra) Alda (Giulia Rupi), Giamma
(Giovanni Anzaldo), Rachel (Roberta Lanave) e Pier (Elio
D’Alessandro).
Al di là della travolgente
recitazione, degli apprezzabili espedienti tecnici e narrativi, che
emergono dalla necessità di lavorare con un budget limitato e dalla
scelta di raccontare una storia originale e autentica,
Di noi 4 manca però di quel pathos travolgente o
di quella spigliata dose di ilarità che avrebbero potuto
trasformarlo in un’opera davvero indimenticabile. Il film,
pur restando un prodotto interessante e con una forte capacità di
comunicare il suo messaggio, non riesce a raggiungere
quell’intensità emotiva che avrebbe dato la spinta per diventare
veramente incisivo e memorabile.
L’opera di Forte si configura come
un film dalla forte essenza e dal messaggio resiliente, capace di
trattare temi universali con sincerità e chiarezza, ma che,
purtroppo, non riesce a scalfire davvero le emozioni più profonde
dello spettatore.
Dopo
The Beekeeper, l’accoppiata Jason
Statham (Lee Christmas nella saga
I mercenari) e David Ayer ritorna
in sala con un nuovo action movie. A working man,
diretto da Ayer e scritto in collaborazione con
Sylvester Stallone, è un adattamento del romanzo
Levon’s trade di del fumettista Chuck Dixon. L’idea originaria
dello stesso Stallone era in realtà una serie, che poi però è stata
riadattata. Il film presenta un cast di figure già ampiamente note
nel panorama cinematografico internazionale. Oltre a Statham nel
ruolo del protagonista Levon, Michael Peña
(Collateral
beauty, Ant-man)
interpreta Joe Garcia, padre della giovane Jenny, mentre
David Harbour (il capitano Jim Hopper in Stranger
Things,
Un fantasma in casa) è nel ruolo del cieco Gunny, amico di
Levon. A working man ha già ottenuto dei risultati
superiori alle previsioni nel primo week end nelle sale, incassando
15,2 milioni di dollari, arrivando al primo posto per incassi negli
Stati Uniti.
A working man: un uomo nuovo
Levon lavora come capo cantiere in
un’azienda a conduzione familiare: nonostante la sua forza e le sue
grandi abilità nel combattere, ha dei solidi valori e cerca di
proteggere tutte le persone a cui tiene. Levon cerca di nascondere
il suo passato nell’esercito britannico, sta cercando di costruirsi
una nuova vita e di diventare una persona diversa, onesta. Il
suo interesse per una vita più tranquilla deriva anche dal
desiderio di voler essere più presente per la figlia, la quale vive
con il nonno dopo il suicidio della madre, moglie di Levon. Il
suocero lo colpevolizza del suicidio della donna, e, considerandolo
pericoloso e violento, vuole tenergli lontano la bambina.
Quando Jenny, la figlia del suo
capo, scompare misteriosamente, Levon non riesce a restare a
guardare: con la sua attrezzatura da soldato e il suo
addestramento, è l’unico che può ritrovarla e salvarla. Ma Jenny è
rimasta coinvolta in un traffico molto più grande di lei, e per
ritrovarla Levon dovrà affrontare tutta la mafia russa presente
nella zona.
A working man: il
supereroe
A working man si
mostra fin da subito per ciò che è veramente: un tipico film
d’azione, genere su cui Jason Statham ha costruito
la sua intera carriera. E’ certamente logico trovare elementi in
comune in vari film appartenenti allo stesso genere, tuttavia in
questo film sembra non esserci spazio per un guizzo di novità o di
originalità, ma si tratta solo ed esclusivamente di un prodotto di
puro e semplice intrattenimento.
La presenza di una trama semplice e
abbastanza scontata, come il salvataggio della ragazza in pericolo,
uniti a tante scene di combattimento con effetti speciali rendono
A working man una pellicola semplice da seguire e
abbastanza appariscente agli occhi di uno spettatore inesperto.
Tutte le vicende ruotano attorno
allo stesso Levon, presentato come una sorta di supereroe moderno,
un sicario a fin di bene. Levon è un combattente così abile da
poter sconfiggere, nel bar di Dutch, almeno una decina di grossi
scagnozzi contemporaneamente e, durante l’inseguimento in moto, da
non essere colpito da neanche un dei tantissimi colpi che gli
venivano sparati addosso. Sembra chiaro quindi che la logica non è
particolarmente considerata in questo film, ma alla fine sono anche
queste scene che lo dovrebbero rendere avvincente, creando
suspense.
Il rapporto padre-figlia
Tema centrale in A working
man è proprio il rapporto padre-figlia, presentato in
duplice forma tra Levon e la sua bambina e di Joe con la figlia
rapita Jenny. Levon sembra essere disposto a ritrovare la ragazza
scomparsa proprio in virtù dell’amicizia con Joe e del sentimento
paterno di protezione.
Un sentimento simile sembra essere
molto nobile ma poco plausibile, considerando le vicende: per
ritrovare Jenny, Levon finirà per uccidere decine di persone. In
molti casi questi vengono presentati come i super cattivi della
mafia russa, non facendo porre alcuna domanda allo spettatore sulla
questione se sia giusto o meno ucciderli. Ma poi, al preludio dello
scontro finale, lo stesso Levon si ritrova a freddare quello che
sembra essere solamente un cameriere, uscito dal locale per una
pausa.
A working man: la polizia
corrotta
Altro cliché fin troppo datato è
proprio la presenza delle forze di polizia corrotte: come nel far
west, non ci si può fidare di nessuno, e a fare giustizia deve
essere proprio Levon. Proprio per comprovare la mancanza di
rispetto di qualsiasi legge, il sicario supereroe, dopo aver fatto
una strage nella mafia russa, resta impunito da tutti, sia dalla
giustizia penale che dalla giustizia privata dei russi.
In poche parole, nel vedere
A working man sembra essere catapultati
all’interno di un videogame in cui si ammazza chiunque pur di
arrivare all’obiettivo, e non tutto deve avere necessariamente
senso perché alla fine è un gioco. Anche i titoli di testa sembrano
proprio ricordare videogiochi come GTA: la differenza sta proprio
nel fatto che un prodotto cinematografico, proprio perché
strutturato attorno ad una trama, dovrebbe mantenere una maggiore
coerenza.
Dopo un lungo periodo di gestazione,
cambi di programmazione e piattaforme, Il
Turco è finalmente arrivato in Italia. Prodotta da
Madd Entertainment e Ay Yapım, la
serie televisiva – acquistata da Mediaset e trasmessa su
Canale 5 – segna il ritorno sul piccolo schermo di
Can Yaman, scomparso dai radar dopo l’ultima
messa in onda di
Viola come il mare 2, avvenuta nell’aprile dello scorso
anno.
L’attore turco, ormai di casa in Italia, è stato
impegnato sul set di Sandokan, produzione firmata Lux Vide
che dovrebbe debuttare su Rai 1 entro la fine del 2025. Intanto,
sta promuovendo Il Turco, un progetto a cui ha dedicato anima e
corpo. La miniserie, diretta da Uluç Bayraktar, è stata girata tra
Budapest e la zona di Moena, in Trentino, e vanta un cast
internazionale. Tra i protagonisti spiccano l’italiana
Greta Ferro, nei panni di Gloria, e l’inglese
William Kemp, che interpreta l’antagonista
Mete/Marco Benedetti da Vicenza.
Diviso in due parti, in onda l’8 e
il 15 aprile, Il Turcosi ispira al
romanzoEl Turco: Un’avventura inedita durante il
secondo assedio di Vienna di Orhan Yeniaras.
La trama delle prime 3 puntate de
Il Turco
Nel XIV secolo nasce un corpo
militare privato messo a disposizione del sultano Orhan I: sono i
giannizzeri, soldati strappati da bambini alle famiglie cristiane,
convertiti e addestrati per servire l’Impero ottomano. Nel 1683,
durante il secondo assedio di Vienna, molti di questi uomini
combattono sotto il comando del Gran Visir Kara Mustafa.
Tra loro c’è Hasan Balaban, uno dei
più forti giannizzeri, che viene accusato di tradimento. Per
evitare la condanna a morte, sceglie l’esilio e, dopo essere stato
ferito, trova riparo nel piccolo paese di Moena, in Trentino. Qui
viene accolto da Gloria, una donna che vive ai margini del
villaggio e che, per la sua forza e il suo pensiero libero, viene
considerata una strega.
Nel corso delle prime tre puntate si
scopre che il vero traditore dell’Impero non è Balaban, ma Mete –
anche noto come Marco Benedetti da Vicenza – anch’egli un ex
giannizzero, ora deciso a vendicarsi e a conquistare potere dopo
essere stato sottratto alla sua famiglia da bambino. Mete dichiara
guerra proprio a Moena, dove si trova Balaban, che si unisce a
Gloria e agli abitanti per difendere il villaggio
dall’oppressione.
Can Yaman, la prova di un attore in
continua crescita
Sin dalla prima inquadratura, in cui
Hasan Balaban è sospeso fra la vita e la morte, è
evidente il salto di qualità compiuto da Can Yaman sul piano
attoriale. Le sue precedenti interpretazioni – dalle
dizi turche alle fiction italiane – avevano sempre conservato
un tono leggero, romantico, tipico delle commedie. Con Il
Turco cambia tutto: qui c’è la guerra, il sangue, la
sofferenza che tempra corpo e mente. E c’è la grande Storia del
Seicento, che arricchisce la profondità narrativa della serie.
Il lavoro fatto da Yaman su
se stesso è tangibile, non solo fisicamente, ma anche a
livello espressivo. I primi piani che la regia gli dedica esaltano
il suo impegno e la volontà di dimostrare i progressi raggiunti
negli ultimi anni. L’attore ha documentato spesso sui social i suoi
allenamenti, necessari per affrontare le scene action presenti nel
racconto, e il risultato si vede. Anche nelle sequenze più
complesse, Yaman si muove con sicurezza, ritmo, passione.
Un’intensità che emerge molto meno nella prima puntata, ma che
esplode nella terza, sia nel flashback iniziale sia durante
l’arrivo all’accampamento dei soldati di Mete.
Donne libere, fratelli risentiti,
doppiaggi mal riusciti
Se l’interpretazione di Can Yaman
nei panni di Hasan Balaban è tra le più riuscite della sua carriera
– e ci dà un assaggio di ciò che potrebbe essere il suo
Sandokan – non si può dire lo stesso per la sua partner su
schermo. Greta Ferro, che incarna la lotta femminile contro un
mondo patriarcale pronto a etichettare come “streghe” le donne
libere e autonome, porta avanti un messaggio forte e attuale. Il
suo lavoro è buono, ma l’efficacia emotiva risulta penalizzata da
un doppiaggio poco armonioso, che ne attenua la forza
espressiva.
Più coinvolgente è invece il
rapporto tra Balaban e Mete: un conflitto che va oltre la
semplice vendetta e mette in scena lo scontro tra due culture e due
destini in fondo simili. Mete, diventato Marco, è il risultato del
trauma vissuto nell’infanzia: strappato dalla sua famiglia,
convertito all’Islam e addestrato come giannizzero, incarna il lato
oscuro dell’Impero, quello che annulla l’identità e genera
mostri.
Molto apprezzate le location
naturali, che insieme alle scenografie contribuiscono a rendere
ancora più vivido e credibile il contesto della narrazione, immerso
nel paesaggio montano.Nel complesso, perciò, a parte qualche scena
di combattimento un po’ macchinosa all’inizio e alcuni passaggi
narrativi meno efficaci, Il Turco, per le prime tre
puntate, si posiziona come una miniserie valida.
Il filmDeath of a Unicorn – diretto da Alex Scharfman
– si concentra in gran parte sulle creature fantastiche del titolo
e dopo che uno di loro viene colpito e apparentemente ucciso da una
coppia di umani che si sta recando in una villa remota nella
foresta, gli unicorni si scatenano per trovare il cucciolo e
ripristinarlo con la loro magia. Ironia della sorte, le due persone
che hanno colpito l’animale in realtà si legano a queste creature.
La cosa porta ad un finale in cui i due unicorni ripristinano un
Elliot (Paul
Rudd) morto insieme al loro cucciolo, sollevando però
anche alcune grandi domande sul destino di questi personaggi.
In ogni caso, la conclusione del
film è un momento dolce che viene poi sovvertito quando la polizia
arriva sulla scena e arresta prontamente Elliot e
Ridley (Jenna
Ortega). Questo crea i momenti finali del film, che si
concludono con una nota leggermente controversa: gli unicorni
sembrano cercare di aiutare i loro nuovi amici con un metodo
perfettamente brutale. Sebbene sia un modo divertente per chiudere
il film, la natura ambigua del finale di Death of a
Unicorn ha lasciato alcuni spettatori a chiedersi cosa sia
successo a Elliot, Ridley e persino al vicino
Griff (Anthony Carrigan).
La trama di Death of a Unicorn
Death of a Unicorn
è incentrato su un padre e una figlia che inavvertitamente
investono un unicorno con la loro auto mentre si recano alla villa
isolata del capo di lui. Dopo che il conglomerato scientifico
inizia a studiarne la biologia e le proprietà curative, il gruppo
si ritrova ad essere il bersaglio dei letali genitori della
creatura. Nel corso del film, Ridley cita spesso la leggenda di una
fanciulla dal cuore puro in grado di far addormentare un unicorno e
impedirgli di causare ulteriore distruzione. Lo
Shep di Will Poulter, desideroso ddi trarre profitto
da questa scoperta, lo mette alla prova nel momento culminante del
film, minacciando di ucciderla a meno che non faccia da esca per
lui.
Paul Rudd e Jenna Ortega in Death Of A Unicorn. Cortesia di
A24
Sebbene inizialmente riesca a
tranquillizzarli, Elliot accoltella Shep prima che possa legare
completamente gli unicorni genitori, e Shep lo accoltella a sua
volta prima di essere ucciso con un calcio in faccia da uno di
loro. Mentre Ridley piange la morte del padre, gli unicorni portano
il corpo di Elliot su quello del loro cucciolo, unendo le loro
corna per rianimare non solo il proprio simile, ma anche il
personaggio di Rudd, che ritorna potentemente dalla morte tenendo
in mano uno dei corni degli unicorni genitori e vedendo ciò che il
personaggio di Ortega ha visto prima nel film.
Death of a Unicorn
si conclude con una nota volutamente ambigua
Il finale di Death of a
Unicorn è una battuta volutamente ambigua che lascia il
destino di Ridley, Elliot, Griff e degli unicorni un mistero per il
pubblico. Dopo essere sopravvissuti alla furia delle creature nel
complesso Leopold, Ridley ed Elliot si trovano in una posizione
scomoda quando Griff torna con la polizia. I due vengono arrestati,
ma il film lascia intendere che le abilità legali di Elliot li
scagioneranno da qualsiasi reato. Tuttavia, mentre sono sul sedile
posteriore dell’auto della polizia, si accorgono di essere seguiti
dal trio di unicorni che hanno incontrato (e che hanno contribuito
a rendere liberi).
Uno degli unicorni incrocia
brevemente lo sguardo di Elliot, dandogli un avvertimento
silenzioso in tempo per permettere a Ridley ed Elliot di
prepararsi. Il film si conclude con gli unicorni che attaccano
l’auto e la costringono a uscire di strada, un’improvvisa e ultima
esplosione di azione (e di violenza) dopo un film pieno di
uccisioni raccapriccianti. Dopo un film in cui gli unicorni
agiscono di propria iniziativa e con poca moderazione, è un modo
appropriato per concludere Death of a Unicorn.
Tuttavia, il film si interrompe prima di poter rivelare il destino
dei personaggi.
Téa Leoni, Paul Rudd, Jessica Hynes, Will Poulter, Anthony Carrigan
e Jenna Ortega in Death of a Unicorn. Cortesia di A24
Cosa ha detto il regista di
Death of a Unicorn sulla scena finale
Sebbene gli unicorni abbiano
apparentemente accolto Ridley ed Elliot a causa della connessione
cosmica che condividevano con loro, il loro approccio altrimenti
spietato nei confronti degli umani significa che è rimasta la
possibilità che abbiano semplicemente ucciso i personaggi
sopravvissuti fuori dallo schermo. Tuttavia, sebbene l’ambiguità
sia stata voluta dal regista/scrittore Alex
Scharfman, la storia vuole anche sottintendere che Elliot
e Ridley se la caveranno. Scharfman ritiene addirittura che Griff,
che non ha stretto un legame con gli unicorni, alla fine sopravviva
all’incontro finale con le creature.
Nel corso di un’intervista,
Scharfman ha confermato che, grazie al loro ritrovato legame,
Elliot e Ridley hanno “una connessione continua e
permanente” con gli unicorni. Secondo Scharfman, l’ambiguità e
la brutalità sono state pensate per riflettere la natura animale
delle creature, ma i loro sforzi sono volti ad aiutare Elliot e
Ridley. Scarfman ha spiegato che la loro motivazione in quella
scena è che “sono un po’ come se dicessero: ‘Sì, ok,
fantastico’. [Elliot e Ridley] sono tenuti prigionieri,
distruggiamo la macchina e vediamo cosa succede”. Ma certamente,
non comprendendo necessariamente le implicazioni sociali [della
fuga] o gli [elementi] meccanici“.
Per quanto riguarda il motivo per
cui ha permesso a Elliot di sopravvivere, Scharfman ha ritenuto che
la sua rinascita fosse importante per il “viaggio del
personaggio dall’egoismo all’altruismo”. “La bugia che
deve superare è che il suo egoismo è in realtà altruistico, che lo
sta facendo per sua figlia e che sta cercando di costruire una vita
migliore”. “Accoltellando Shep nel finale, perde
moltissimo dal punto di vista finanziario, avrebbe potuto essere
miliardario per il resto della sua vita e fare tutte le fortune e
altro ancora che cercava nel weekend, ma rifiutando, in un certo
senso, mette al primo posto qualcosa di più importante, ovvero il
riconoscimento della struttura di valori che sua figlia ha cercato
di imporgli per tutto il film“.
Sunita Mani in Death of a Unicorn. Cortesia di A24
Death of a Unicorn
avrà un sequel?
Il fatto che il finale di
Death of a Unicorn sia in qualche modo aperto
solleva immediatamente la questione se stia o meno lasciando la
porta aperta a un sequel. Tuttavia, la realtà è un’altra. L’arco
emotivo del film tra Ridley ed Elliot si risolve alla fine della
storia, e il loro rapporto padre/figlia è riparato dall’esperienza
condivisa di vedere l’intera portata cosmica dell’universo. Anche
se i destini di Riley, Elliot e Griff rimangono grossomodo
sconosciuti dopo il film, le loro storie sono risolte. Non c’è
quindi bisogno di continuare la loro storia.
Anche se non viene mostrato l’esatto
destino finale dei personaggi principali, è infatti facile supporre
che torneranno alle loro vite con un senso migliore di loro stessi.
È anche un buon promemoria del fatto che gli unicorni non possono
essere trattenuti, nemmeno dalla loro fedeltà nominale a certe
persone. Si tratta di un finale appropriatamente duro per un film
in cui gli unicorni fanno a pezzi le persone e le squarciano con le
loro corna, sottolineando come, anche quando sono d’aiuto, queste
creature siano pericolose. Tuttavia, è bello avere chiarezza da
parte del regista di Death of a Unicorn e la
certezza che gli eroi del film siano sopravvissuti alla storia.
Il famoso attore di ScrubsZach Braff è
anche un apprezzato regista che sa come raccontare una storia, come
emerge dal
film di rapine del 2017 Insospettabili
sospetti (Going In Style). Inoltre, con i
leggendari attori Morgan Freeman, Michael Caine, Alan Arkin e Christopher
Lloyd a guidare il cast, il film si rivela accattivante e
altamente comico. La storia vede un trio di pensionati ritrovarsi
con le spalle al muro quando le loro pensioni vengono bruscamente
cancellate. Tuttavia, poiché hanno ancora una famiglia a cui
badare, il trio tenta di mettere a segno un’audace rapina.
L’anzianità è dunque decisamente un
valore aggiunto in questa commedia d’azione, che nasconde i temi
della famiglia e della gerontologia dietro una veste isterica e
presentabile. Il film ha ottenuto un buon riscontro da parte dei
fan ma un’accoglienza contrastante da parte della critica, che ha
tenuto a sottolineare come il film non si discosti troppo dagli
schemi. Tuttavia, ci si può chiedere se il film sia basato su una
storia reale di pensionati indigenti che reclamano ciò che è loro
di diritto. In questo caso, indaghiamo sulla credibilità della
storia.
Insospettabili
sospetti è basato su una storia vera?
La risposta a questa domanda è che
no, Insospettabili sospetti non è basato su
una storia vera. Braff ha diretto il film da una sceneggiatura di
Theodore Melfi, che ha tratto la storia
dall’omonimo film di Martin Brest del 1979,
scritto da Edward Cannon. Nel XXI secolo abbiamo
assistito a numerosi remake di titoli classici, il che dimostra
l’importanza di essi nella cultura e nell’immaginario popolare.
Nell’ottobre 2012, New Line Cinema e Warner Brothers avevano
infatti reso noto che stavano opzionando il remake della commedia
del 1979. Tony Bill, co-produttore del film
originale, è anche produttore esecutivo di questo remake.
Tuttavia, il film aggiorna la trama
del film precedente per offrire una conclusione più felice. Melfi
ha insistito su questo putno, dal momento che i protagonisti
muoiono o finiscono in prigione nel finale del film del 1979. Non
si tratta affatto di un lieto fine e Melfi ha pensato che
oggigiorno non avrebbe voluto vedere un film con un finale tragico
dopo due ore in cui gli spettatori avevano fatto il tifo per gli
eroi. Cercò quindi di fare in modo che gli eroi mettessero a segno
una rapina perfetta e si allontanassero con i soldi verso il
tramonto, e i produttori furono d’accordo con lui. È così che è
nata la storia del film del 2017.
Il discorso che Joe fa dopo il
trapianto di reni di Willie e Al sembra quasi un discorso funebre,
anche se poi si rivela essere un discorso nuziale. Questa scena è
stata scritta in omaggio al film precedente, dove i personaggi di
Willie e Al muoiono di vecchiaia poco dopo la rapina. La
sceneggiatura di Melfi è stravagante e adrenalinica e Braff ha
affermato che il cast di veterani è stato coinvolto dopo il loro
apprezzamento della sceneggiatura. Sir Michael Caine dirà in seguito che questo è
stato uno dei film più felici della sua lunga carriera di
attore.
Le riprese si sono svolte durante le
vacanze estive e la star ha potuto raddoppiare il programma come
una vacanza in famiglia. Portò con sé la famiglia, trovò un
alloggio vicino al set e si godette le vacanze con la famiglia.
Tornando all’aspetto dell’aderenza con la realtà, gli attori
veterani hanno eseguito da soli la maggior parte delle acrobazie e
le controfigure non hanno dovuto fare molto. Secondo il regista,
gli attori erano fin troppo felici di eseguire l’azione vera e
propria perché possedevano una sorprendente scarica di adrenalina.
Inoltre, Joey King ha trascorso settimane con un
vero e proprio allenatore di softball per realizzare le sue scene
con questo sport.
Anche il veicolo della rapina
risulta piuttosto realistico. Il team di produzione ha preso in
considerazione diversi veicoli per la loro interpretazione, tra cui
la Mystery Machine di “Scooby-Doo”. La
banca fittizia, chiamata Williamsburg Savings Bank
(WSB), forse è un po’ meno fittizia di quanto si pensi. Una banca
con questo nome è infatti esistita fino a quando la HSBC
Bank ha rilevato le operazioni. Le scene sono state girate
anche nella vecchia sede della WSB nel quartiere
di Brooklyn.
Durante la rapina, Joe, Al e Willie
nascondono le loro identità indossando le maschere rispettivamente
di Frank Sinatra, Dean Martin e
Sammy Davis Jr.. Conosciuti collettivamente come
il “Rat Pack”, l’iconico trio ha recitato
nell’originale “Ocean’s 11”. Un altro film di rapine a cui
si fa riferimento nel film è “Quel pomeriggio di un giorno da
cani” di Sidney Lumet, un classico del
genere. Considerando tutti gli aspetti, il film è abbastanza
consapevole dei suoi predecessori e, anche se non è così realistico
e non propone una storia realmente avvenuta, regala decisamente più
di una bella risata.
Eden (qui
la recensione), il nuovo film diretto da Ron Howard,
arriva nelle sale italiane distribuito da 01 Distribution e
si presenta come un intenso dramma storico ispirato a una vicenda
realmente accaduta. Ambientato sull’isola vulcanica di
Floreana, nell’arcipelago delle Galápagos, Eden racconta
l’incredibile storia di un gruppo di coloni europei che, negli anni
Trenta, decisero di abbandonare la civiltà per cercare un’esistenza
alternativa in un paradiso incontaminato. Tra i protagonisti della
pellicola troviamo un cast stellare guidato da Jude Law nel ruolo del dottor Friedrich Ritter, Vanessa Kirby nel ruolo di Dora Strauch Ritter, e
Daniel Brühl nei panni di Heinz Wittmer. Accanto a loro
Sydney Sweeney, Jonathan Tittel, Ana de
Armas, Richard Roxburgh, Toby Wallace e Felix
Kammerer danno vita a una storia fatta di sogni, tensioni e
segreti sepolti sotto la superficie.
Il film segue le vicende
di Friedrich Ritter, medico tedesco, e della sua compagna Dora, che
approdano sull’isola di Floreana nel 1929 con l’obiettivo di
costruire una nuova vita lontano dalla società. Il loro esperimento
attira ben presto l’attenzione internazionale e, nel tempo, altre
persone decidono di unirsi a loro, tra cui la famiglia Wittmer e
una misteriosa baronessa austriaca accompagnata da due amanti.
Quella che doveva essere un’utopia si trasforma però in un
microcosmo teso e instabile, dove le tensioni, le gelosie e le
ambizioni personali portano a una serie di eventi oscuri e mai
completamente chiariti. Eden mette in scena questa vicenda
con uno stile visivo potente e una narrazione che fonde dramma
psicologico e mistero.
Il sogno di una nuova
vita su un’isola deserta
Nel 1932, l’Isola di
Floreana, situata nell’arcipelago delle Galápagos, divenne il
teatro di una delle storie più incredibili e tragiche della
colonizzazione. La terra, famosa per la sua natura incontaminata e
selvaggia, sembrava rappresentare un paradiso ideale per un gruppo
di coloni europei, attratti dal sogno di una vita libera dai
vincoli e dalla miseria del continente. Tra di loro, il dottor
Friedrich Ritter e la sua compagna Dora Strauch, ma anche altri
uomini e donne, inclusi la famiglia Wittmer, avevano grandi
speranze di costruire una comunità autosufficiente in quel luogo
remoto. Ma la realtà si sarebbe rivelata ben diversa.
La Nascita della
Colonia: Coloni europei si stabiliscono sull’Isola di
Floreana
Nel 1932, il gruppo di
coloni che si stabilì su Floreana partì con un sogno di
indipendenza e autarkia. Il dottor Ritter, un uomo idealista e
intraprendente, pensava di poter creare una nuova comunità agricola
che avrebbe dato vita a una vita migliore lontano dalle convenzioni
europee. La famiglia Wittmer, composta dal padre Heinz, la madre
Margret e i figli, giunse poco dopo, seguita da Eloise Bosquet, una
donna con un passato misterioso. L’isola, sebbene avesse le risorse
per sostenere una comunità, era ostile e inospitale. Le difficoltà
di adattamento e la carenza di risorse cominciarono presto a
mettere alla prova la resistenza dei coloni.
Tensioni e
Difficoltà: I conflitti tra i coloni e la lotta per la
sopravvivenza
Nonostante la loro
visione utopica, le difficoltà pratiche si rivelarono
insormontabili. I coloni dovettero fare i conti con l’isolamento,
la scarsità di risorse e il difficile adattamento al nuovo
ambiente. I conflitti tra i coloni, già presenti fin dall’inizio,
divennero sempre più intensi. Friedrich Ritter, che si era
autoproclamato leader della comunità, finì per scontrarsi con gli
altri, specialmente con Eloise Bosquet, una figura misteriosa che
si stabilì sull’isola poco dopo. Il clima di sospetto e di rivalità
aumentò, e i coloni furono costretti a fronteggiare anche la
crescente difficoltà nel mantenere il loro sogno di autarkia.
La Tragica Morte di
Eloise: Il punto di non ritorno per la comunità
Nel 1934, il clima di
tensione culminò con la morte misteriosa di Eloise Bosquet. Alcuni
sospettano che sia stata uccisa da uno degli altri coloni, mentre
altri credono che sia morta di morte naturale. La sua morte segnò
un punto di non ritorno per la colonia. Con il passare del tempo,
le difficoltà di sopravvivenza sull’isola divennero insormontabili.
Le lotte tra i coloni e le crescenti difficoltà economiche
contribuirono a distruggere il fragile equilibrio che esisteva
inizialmente. La morte di Eloise, un evento che rimase avvolto nel
mistero, divenne simbolo della fine di quel sogno di vita autonoma
e pacifica su Floreana.
La Fine di un Sogno:
La morte di Friedrich Ritter e il collasso della colonia
Nel 1935, la morte di
Friedrich Ritter segnò la fine definitiva della colonia. Ritter,
che aveva dedicato la sua vita a creare una nuova società lontano
dalla civiltà europea, morì di malattia. La sua morte rappresentò
la fine di un sogno, e la colonia, priva di un vero leader,
collassò. I coloni rimasti furono costretti a fare i conti con la
realtà di un’isola che non offriva la possibilità di sopravvivere
senza l’aiuto della civiltà. Gli ultimi abitanti dell’isola, tra
cui la famiglia Wittmer, furono costretti a lasciare Floreana,
segnando la fine di quella che era stata una delle esperimentazioni
più ambiziose della colonizzazione isolata.
Testimonianze di
Sopravvissuti: La fine della colonizzazione di Floreana
La storia della colonia
di Floreana è stata raccontata da coloro che sopravvissero e da
coloro che tornarono indietro per raccontare la tragedia. Tra
questi, la testimonianza di Margret Wittmer, l’unica sopravvissuta
della famiglia Wittmer, ha avuto un’importanza fondamentale nel
raccontare gli eventi che portarono al collasso della colonia. Le
sue memorie, piene di dolore e sofferenza, raccontano non solo le
difficoltà pratiche ma anche il profondo cambiamento emotivo che
subirono i coloni nel confrontarsi con la dura realtà. La sua
testimonianza è una delle poche fonti dirette che ci permette di
capire l’entità della tragedia che si consumò su Floreana.
La Storia di Floreana
e il Loro Impatto sul Film
La vicenda realmente accaduta della colonia di Floreana è
stata una delle storie più affascinanti e tragiche della storia
della colonizzazione isolata. Con il film Eden, Ron Howard e il suo cast danno vita a
questa drammatica realtà, esplorando le dinamiche interpersonali, i
sogni infranti e le difficoltà che hanno segnato il destino di
questi pionieri. La rappresentazione cinematografica dei personaggi
e degli eventi che si sono svolti su Floreana riesce a far rivivere
il dramma della colonizzazione e a dare visibilità alle esperanze e
alle illusioni di quei coloni, che desideravano creare una nuova
società lontano dalle convenzioni e dalle difficoltà del mondo
moderno.
Il film non si limita a raccontare gli eventi storici, ma li
esplora anche sotto il profilo emotivo, mettendo in risalto il
desiderio di riscatto e il conflitto tra l’ideale e la dura realtà.
L’interpretazione di Jude Law nel ruolo di Friedrich Ritter e di
Vanessa Kirby nei panni di Dora Strauch sono impeccabili nel
mostrare le sfumature di una coppia idealista e la lotta per
mantenere viva una visione che si sta sgretolando. Allo stesso
modo, le performance di Daniel Brühl e Sydney Sweeney aggiungono
profondità ai personaggi coinvolti in un dramma sempre più
difficile da contenere.
Riflessioni sulla Storia e l’Eredità della Colonia di
Floreana
La storia della colonia di Floreana e dei suoi abitanti
rimane una lezione di speranza, determinazione e tragica
consapevolezza dei limiti umani. La morte dei coloni, le loro lotte
interne e le sfide naturali sono un monito che ricorda quanto sia
complesso e difficile tentare di “domare” la natura e di vivere
lontano dalla società. Oggi, con il film Eden, questa storia trova una nuova forma di
narrazione, rivelando il lato umano di una vicenda che potrebbe
sembrare lontana e distante, ma che in realtà parla di valori
universali come la sopravvivenza, il sogno di un futuro migliore e
la sfida contro l’imprevisto.
Il
Messaggio del Film
Con Eden, Ron
Howard ci regala una riflessione profonda su cosa significa cercare
di costruire una nuova vita, confrontandosi con i propri limiti e
quelli imposti dal mondo che ci circonda. La storia della colonia
di Floreana, che ha visto sogni spezzati e aspirazioni naufragate,
ci invita a riflettere sulla fragilità dei progetti umani e
sull’importanza di non perdere mai di vista l’essenza della
comunità e dei legami umani, soprattutto in tempi di
difficoltà.
Con l’uscita del film nelle sale il 10 aprile 2025,
Eden non è solo una
ricostruzione storica ma anche un invito a riscoprire il valore
della speranza e della resilienza, qualità che permangono vive in
ogni epoca, e che sono fondamentali per costruire un futuro
migliore.
L’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita si è concluso con un colpo
di scena epocale, che ha rivelato che la morte di Foggy Nelson è
avvenuta su richiesta di un altro personaggio importante. Il finale
dell’episodio 7 ha apparentemente concluso definitivamente la trama
di Muse. E ora, il ritorno di Benjamin Poindexter, alias Bullseye,
ha riportato in primo piano i tragici eventi degli
episodi 1 e 2 di Daredevil: Rinascita, a
cui Matt dà finalmente una spiegazione: la morte di Foggy non è
stato un tragico incidente ma il risultato di una missione
calcolata, richiesta da un personaggio importante della serie.
Matt scopre che Vanessa Fisk ha
ingaggiato Bullseye per uccidere Foggy
Vanessa è al centro della
regnatela, non Kingpin
Nell’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita, viene rivelato che Vanessa
è stata l’artefice della morte di Foggy. Inizialmente, Matt – e
tutti gli altri – davano per scontato che la furia di Bullseye
fosse il risultato della sua follia squilibrata, con il cattivo in
cerca di vendetta contro Matt, Karen e Foggy per il loro ruolo
nella sua caduta nella terza stagione di Daredevil. Tuttavia, Matt
ha scoperto che non era vero, grazie a un suggerimento della sua
vecchia amica: Josie. L’episodio vede Matt raggiungere l’apice
della sua crisi che dura da una stagione, tornando da Josie dopo
aver capito che i suoi sforzi basati sulla legge sono solo un “fare
da babysitter al caos”.
Lì, Josie insiste perché lei, Matt e
Cherry finiscano un bicchiere di O’Melveny’s. O’Melveny’s è il
whisky che Foggy e Matt per loro tradizione bevevano dopo aver
vinto una causa, e Matt è confuso sul motivo che aveva spinto Foggy
a ordinarlo la notte in cui è morto. Matt capisce che era perché
Foggy stava festeggiando in anticipo per un caso per il suo
cliente, Benny, anche lui ucciso da Bullseye la stessa notte. Foggy
avrebbe festeggiato in anticipo solo se fosse stato convinto oltre
ogni dubbio di vincere la sua causa, il che era collegato alle
minacce ricevute da Benny per un riferimento al progetto di Red
Hook.
Red Hook è il nome di un porto di
Brooklyn, direttamente legato ai progetti di Fisk come sindaco di
New York e al suo ex impero criminale. Come rivelato nell’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita, il cliente di Foggy era in
qualche modo coinvolto in tutto questo, eppure l’abile avvocato era
fiducioso di una vittoria. Bullseye viene quindi ingaggiato per
cambiare le cose, uccidendo Benny e mettendo a tacere Foggy.
Naturalmente, la supposizione immediata di Matt è che Wilson Fisk
sia stato colui che ha assoldato Bullseye per uccidere Foggy, ma un
piccolo dettaglio nell’episodio cambia le cose.
Dopo essere stata avvisata che
Bullseye è evaso di prigione, Vanessa dice a Wilson di avere
qualcosa da dirgli. Matt ascolta e, dopo aver sentito il suo
battito cardiaco accelerare, capisce che è stata Vanessa a decidere
l’assassinio di Foggy, non Wilson. Questo ha certamente senso, dato
che Vanessa era responsabile delle attività criminali di Fisk
mentre lui era assente all’inizio di Daredevil:
Rinascita. La rivelazione porta a un breve confronto in
cui Matt chiede a Vanessa perché abbia fatto uccidere Foggy, prima
di essere interrotto da un Bullseye ancora una volta infuriato.
Perché Vanessa voleva Foggy
morto
Foggy era coinvolto negli affari di
Red Hook
L’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita termina prima che Matt possa
ottenere risposte da Vanessa, ma vuole sapere le stesse cose che
vogliamo noi: perché Vanessa ha ordinato a Bullseye di uccidere
Foggy? Come ho accennato, la risposta sta al centro del caso di
Foggy con il suo cliente, Benny. Benny era in qualche modo legato a
Red Hook, il che, prima dell’apparentemente benevola campagna
elettorale di Fisk per la carica di sindaco, era parte integrante
dell’infrastruttura del suo impero criminale e di Vanessa.
La precoce celebrazione del caso da
parte di Foggy significava che era sicuro di assolvere Benny da
qualsiasi accusa per cui avesse bisogno di un avvocato difensore,
il che avrebbe senza dubbio fatto una pessima figura sui Fisk. Per
non far emergere queste rivelazioni, Vanessa ha usato Bullseye,
uccidendo diversi passanti, come mezzo per nascondere gli omicidi
di Benny e Foggy come obiettivi. Sebbene i dettagli generali di
questo caso siano sconosciuti, sembra una ragione valida quanto
qualsiasi altra per cui Vanessa volesse la morte di Foggy.
Oltre a questo, Vanessa avrebbe
potuto semplicemente prendere due piccioni con una fava, per così
dire. Mettere a tacere Foggy era chiaramente una delle motivazioni
per l’omicidio di Vanessa, ma la vendetta avrebbe potuto essere
un’altra. Foggy è stato fondamentale nella caduta di Wilson Fisk
nella terza stagione di Daredevil, cosa che ha reso i problemi
coniugali di Vanessa e il loro impero meno efficaci di quanto non
fossero un tempo. Questo, e l’azione di Matt nei panni di
Daredevil, avrebbe potuto spingere Vanessa a uccidere Foggy per
punire lui, Matt e Karen, il tutto mentre cercava di nascondere i
suoi affari illeciti a Red Hook.
Cosa significa per Daredevil:
Rinascita l’uccisione di Foggy da parte di Vanessa
La storia della serie è stata
alterata per sempre
Charlie Cox e Vincent D’Onofrio in Daredevil: Rinascita. Cortesia
di DISNEY ITALIA
Come previsto, la rivelazione del
coinvolgimento di Vanessa nella morte di Foggy è fondamentale per
Daredevil: Rinascita. In termini di
conseguenze immediate, avrà ripercussioni sul finale della prima
stagione. Matt è stato colpito a causa del tentativo di Bullseye di
uccidere Fisk, il che significa potenzialmente che persino
Poindexter non sapeva che era stata Vanessa ad assumerlo, invece di
Wilson stesso. Tutto questo verrà probabilmente affrontato nel
finale, con ogni elemento che si ricollega al piano di Vanessa.
In termini più ampi, il tentato
assassinio di Vanessa potrebbe essere collegato a una teoria di
massa secondo cui la morte di Foggy sarebbe stata simulata in
Daredevil: Rinascita. Foggy è uno dei personaggi
più intelligenti della serie, ed è difficile immaginarlo coinvolto
in un caso che coinvolge i Fisk senza saperlo. Di conseguenza,
Foggy avrebbe potuto sapere che la sua vita era in pericolo e in
qualche modo aver simulato la sua morte, ma al momento si tratta
solo di congetture. Ciononostante, un omicidio casuale renderebbe
una finzione più difficile da realizzare rispetto a un omicidio
premeditato di cui Foggy era a conoscenza.
Infine, le azioni di Vanessa
avranno senza dubbio un impatto sulla rinascita sia di Daredevil
che di Kingpin. Matt sarà sicuramente sul piede di guerra
ora che sa che Vanessa è coinvolta nella morte di Foggy, il che lo
metterà successivamente in conflitto con Wilson. La rinascita di
Daredevil continuerà ora che Matt ha una causa per cui combattere,
il che a sua volta porterà Kingpin a incontrarlo in futuro,
soprattutto se Vanessa sarà in pericolo.
Tutto questo promette un enorme
cambiamento nello status quo della serie. Prima d’ora, la morte di
Foggy era stata trattata come un incidente casuale, con
l’attenzione della serie rivolta a fattori esterni che avrebbero
portato Matt e Fisk a tornare alle loro vecchie abitudini e a
riaccendere la loro faida. Ora che Vanessa è stata confermata come
l’artefice della morte di Foggy, Daredevil:
Rinascita ha dato ai suoi personaggi principali un
interesse molto più personale nel caos crescente che Matt sta
continuamente cercando di gestire senza l’aiuto dell’Uomo Senza
Paura.
20th Century Studios ha
annunciato che Predator: Killer of Killers, un
film d’azione e avventura animato originale ambientato
nell’universo di Predator, debutterà il 6
giugno 2025 in esclusiva su Hulu. Ora abbiamo la possibilità di
vedere il primo trailer del film che è diretto da Dan
Trachtenberg (Prey).
La storia antologica segue tre dei più feroci guerrieri della
storia umana: una predatrice vichinga che guida il suo giovane
figlio in una sanguinosa ricerca di vendetta, un ninja nel Giappone
feudale che si rivolta contro il fratello samurai in una brutale
battaglia per la successione e un pilota della Seconda Guerra
Mondiale che decolla per indagare su una minaccia ultraterrena alla
causa degli Alleati. Tuttavia, sebbene tutti questi
guerrieri siano degli assassini a pieno titolo, sono solo prede del
loro nuovo avversario: l’assassino degli assassini per
eccellenza.
Predator: Killer of
Killers è diretto dal regista di Prey, Dan Trachtenberg, con
Josh Wassung, della casa di animazione The
Third Floor, come co-regista. Il film è stato scritto da
Micho Robert Rutare da una storia di Trachtenberg
e Rutare, basata sui personaggi creati da Jim
Thomas e John Thomas. I produttori sono
John Davis, Dan Trachtenberg, p.g.a., Marc Toberoff, Ben
Rosenblatt, p.g.a., con Lawrence Gordon, James E. Thomas, John C.
Thomas e Stefan Grube come produttori esecutivi.
Questo è il primo di due film di
Predator in arrivo nel 2025, il prossimo sarà il
live-actionPredator: Badlands. Il film è
ambientato nel futuro, su un pianeta remoto, dove un giovane
Predator, emarginato dal suo clan, trova un’improbabile
alleata in Thia (Elle Fanning) e intraprende un
viaggio pericoloso alla ricerca dell’avversario definitivo.
Le capacità sovrumane di Bullseye
potrebbero aver ricevuto un potenziamento visivo in
Daredevil: Rinascita dopo la sua integrazione nel
MCU vero e proprio. Benjamin
Poindexter, alias Bullseye, ha dato il via agli eventi della
prima serie MCU di Daredevilassassinando Foggy Nelson nell’episodio 1. Dopo
che Bullseye ha ucciso Foggy, è quasi morto quando Daredevil si è
vendicato ed è stato condannato all’ergastolo, e poi la serie si è
spostata su trame incentrate su Muse, Wilson Fisk e la task force
di polizia di Fisk.
Bullseye ritorna nell’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita, dove escogita un piano per
evadere dalla prigione, a partire solo con un dente rotto. Sebbene
Bullseye non occupi molto spazio nell’episodio, semina il caos
nella vita di tutti i personaggi principali. Contro ogni
previsione, Matt Murdock salva Wilson Fisk dallo stesso destino di
Foggy Nelson quando Bullseye gli spara (qui
la spiegazione di quel gesto). Ancora una volta, Daredevil
neutralizza la mira perfetta di Bullseye con una mossa inaspettata,
ma questa volta potrebbe costargli la vita.
La luce blu di Bullseye in
Daredevil: Rinascita cita i fumetti
L’alter ego di Bullseye,
interpretato da Benjamin Poindexter, è l’opposto del personaggio di
Daredevil interpretato da Matt Murdock
Guardando l’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita, si nota che ogni volta che
Bullseye è pronto a esercitare la sua mira infallibile, la luce
dell’inquadratura diventa tutta blu. Nella serie, Matt Murdock è
accompagnato da delicate tonalità di rosso, che simboleggiano il
suo alter ego di Daredevil che riemerge. Allo stesso modo,
l’illuminazione blu di Benjamin Poindexter rappresenta la sua
inarrestabile personalità di Bullseye che emerge, apparentemente
ogni volta che si sente sotto pressione o pronto a dare sfogo ai
suoi desideri violenti.
Le tonalità blu di Benjamin
Poindexter sono anche un omaggio alle sue origini fumettistiche. Il
classico costume di Bullseye nei fumetti è blu, in contrasto con il
classico costume rosso di Daredevil.
Daredevil: Rinascita introduce un effetto
specifico che suggerisce che l’alter ego di Ben Poindexter,
Bullseye, si risvegli in determinati momenti, ma la terza stagione
di Daredevil di Netflix aveva già collegato Bullseye al colore blu:
la maggior parte delle scene di Benjamin Poindexter nella terza
stagione di Daredevil presentano un’illuminazione blu fredda.
Bullseye avrà mai un costume fedele
ai fumetti nell’MCU?
Benjamin Poindexter potrebbe essere
vicino a ottenere il suo classico costume dei fumetti
Benjamin Poindexter,
interpretato da Wilson Bethel, ha indossato un
nuovo costume nel primo episodio di
Daredevil: Rinascita, anni dopo aver impersonato
Daredevil nella terza stagione di Daredevil su Netflix. Questo
costume è chiaramente ispirato a quello che inizia a indossare in
Daredevil #20 della Marvel Comics, il momento più vicino in cui il
personaggio di Wilson Bethel è arrivato a indossare il suo iconico
costume blu dei fumetti. L’illuminazione blu di Bullseye
nell’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita suggerisce che indosserà un
costume più fedele ai fumetti al suo ritorno. Dopotutto, la seconda
stagione di Daredevil: Rinascita darà finalmente a Daredevil il suo
emblema sul petto.
Finora, Tom Hiddleston ha dovuto tenerlo segreto
quando gli è stato chiesto se avesse riprendeso il ruolo di Loki,
ma dopo il recente annuncio del cast di Avengers:
Doomsday, può finalmente parlare del suo imminente
ritorno nei panni del Dio dell’Inganno.
“Sono molto emozionato“, ha
detto Hiddleston alla star di TikTok Max Balegde quando gli è stato
chiesto come si sente riguardo al suo coinvolgimento in Doomsday.
“Interpretare Loki è stato un capitolo straordinario della mia
vita, e non è ancora finita.”“È davvero straordinario, in
realtà, che io possa parlarne perché per lo più mi trovo nella
posizione di sapere e non poter dire nulla”, ha aggiunto.
“È strano, sai che devi essere disciplinato nel portare con te
questo segreto.”
Sebbene avessimo praticamente dato
per scontato che Hiddleston sarebbe tornato prima o poi, la sua
scelta per Doomsday è stata in qualche modo sorprendente, visti gli
eventi della recente seconda stagione di Loki. Il
finale di stagione sembrava dare all’ex cattivo un finale piuttosto
definitivo, permettendogli di realizzare il suo “Glorioso Scopo” e
rivendicare un trono, anche se non era quello che aveva
inizialmente immaginato, ma la porta è rimasta aperta (o almeno
socchiusa) per il suo ritorno in futuro.
Dopo aver deciso, a tutti gli
effetti, di sacrificarsi distruggendo il Telaio Temporale e usando
la sua magia per riunire tutte le linee temporali sparse, Loki si è
essenzialmente trasformato in una versione di Yggdrasil,
l’Albero del Mondo della mitologia norrena.
È implicito che “Dio Loki” debba
sedere qui per l’eternità per garantire che i suoi amici e tutti
gli altri possano vivere in pace nelle varie linee temporali,
quindi sarà interessante vedere come il personaggio verrà riportato
in gioco.
Il video annuncio dell’inizio della produzione di
Avengers: Doomsday
L’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita contiene diversi
interessanti Easter Eggs del MCU e riferimenti alla serie
originale di Netflix. Nell’episodio
precedente, Matt Murdock ha combattuto contro Muse e il serial
killer è stato ucciso da Heather Glenn, sebbene il sindaco Fisk
abbia attribuito il merito alla sua nuova Task Force
Anti-Vigilante. Ora, questo nuovo episodio vede il ritorno di
Bullseye mentre le tensioni tra Fisk e Murdock raggiunge il
culmine.
Nell’episodio
7 di Daredevil: Rinascita, la
Task Force Anti-Vigilante di Fisk è stata sguinzagliata e Matt
Murdock ha ripreso a essere Daredevil, tutto in risposta a Muse.
Ora, questo nuovo episodio rivela le conseguenze del ritorno di
Murdock alle corna, poiché viene svelata anche un’importante verità
sulla notte in cui Foggy Nelson è stato ucciso da Bullseye. Alla
luce di ciò, ecco tutti i più grandi Easter eggs e riferimenti
MCU nell’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita.
I più grandi Easter Eggs MCU e
riferimenti a Netflix nell’episodio 8 di Daredevil: Born Again –
L’abito bianco di Fisk, il blu, Ben Urich e altro
Le luci blu di
Poindexter – L’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita si apre con un’inquadratura
di una rosa blu fuori dalla cella di Benjamin Poindexter. Inoltre,
ci sono diverse inquadrature nell’episodio incentrate su Poindexter
sature di luce blu, che richiamano l’estetica e il costume di
Bullseye nei fumetti Marvel originali. Sebbene non abbia
mai indossato un costume completo nel MCU, l’unico che abbiamo visto era
nella première, con il passamontagna blu di Poindexter e i loghi di
Bullseye sui guanti.
Poindexter viene gettato
nelle celle comuni della prigione – Fisk fa gettare
Poindexter tra la popolazione generale del Riker’s, presumibilmente
per farlo uccidere dai suoi compagni di cella. Non è molto diverso
dalla seconda stagione di Daredevil di Netflix, quando Fisk stringe
un accordo con il Punitore di Frank Castle per uccidere un
prigioniero, solo per poi incastrare Frank liberando diversi
detenuti che in seguito avrebbero cercato di ucciderlo. Anche se
Frank ovviamente sopravvive, non è senza causare un bagno di sangue
al Riker’s.
Il dipinto di Fisk e
Vanessa – Mentre Vanessa si reca nell’edificio in cui
Wilson tiene Adam rinchiuso, è interessante notare che i due sono
in piedi accanto al dipinto bianco che li ha fatti incontrare per
la prima volta nella prima stagione di Daredevil.
Allo stesso modo, l’ultima volta che sono stati visti con il
dipinto è stato alla fine della terza stagione di Daredevil, quando
l’opera d’arte era macchiata dall’ormai iconico schizzo di sangue
durante la resa dei conti tra Murdock, Bullseye e Fisk che ha
portato al suo arresto.
La scrivania di La
Guardia – In precedenza, in
Daredevil: Rinascita, il sindaco Fisk si chiede
ad alta voce se la scrivania nel suo ufficio fosse la stessa a cui
sedeva La Guardia, un uomo che il padre di Fisk ammirava, quando
era il 99° sindaco di New York. Quando ha espresso la sua
curiosità, Wilson era ancora in rapporti freddi con la moglie, dal
momento che dice che Vanessa “lo avrebbe saputo”, sottintendendo
che non poteva chiederglielo in quel momento, dati i loro rapporti.
Per indicare che la loro relazione si è ricucita, Fisk conferma che
la scrivania era effettivamente quella di La Guardia in questo
nuovo episodio, specificando che glielo ha detto Vanessa.
O’Melveny’s –
Tornando al bar di Josie, Josie stessa versa a Matt e Cherry lo
stesso scotch costoso che Foggy aveva bevuto la notte della sua
morte. Il fatto che il drink fosse di O’Melveny sorprende Matt,
visto che lui e Foggy lo bevevano solo quando vincevano una causa.
Questo significava che Foggy stava festeggiando un caso in
anticipo, e qualcuno probabilmente voleva metterlo a tacere, prima
che vincesse quel particolare caso, il che significa che l’attacco
di Bullseye era più di una semplice vendetta.
Jack “Always the Stag”
Duquesne – Parlando con Artemis, Jack Duquesne, alias
Spadaccino, conferma di essere venuto al primo Ballo in Bianco e
Nero di Fisk da solo, “sempre il cervo”. Questo conferma che non ha
una nuova relazione da quando la sua ex compagna, Eleanor Bishop, è
stata arrestata per le sue attività illegali al servizio di Fisk
(come visto in Hawkeye del 2021).
Il ritorno del completo
bianco di Fisk – Fisk entra nella sala da ballo indossando
un completo bianco, il suo look distintivo nei panni del Re del
Crimine nella serie originale Netflix di
Daredevil. In quanto tale, è un modo chiaro per dimostrare
che Fisk sta abbracciando di più il suo vecchio sé e l’oscurità,
proprio come Matt Murdock sta abbracciando Daredevil. Tra l’altro,
anche l’abito di Vanessa è notevolmente impressionante. Dato che ha
preso in carico le attività del marito quando è stato eletto
sindaco, “Red Queen” sarebbe sicuramente un soprannome appropriato
per più di un motivo.
“Assassino di zio”
– Il commissario Gallo conferma a BB Urich che Wison Fisk era il
principale sospettato dell’omicidio di suo zio, Ben Urich, che è
stato effettivamente strangolato dal Re del Crimine nella
prima stagione di Daredevil. BB conferma di
saperlo, spiegando le sue vere motivazioni per cercare di
avvicinarsi all’amministrazione Fisk (in modo da poter abbattere
l’ex Re del Crimine).
Bullseye rovina la
festa – Alla fine dell’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita, Benjamin Poindexter evade
dalla prigione e si dirige direttamente al Ballo in Bianco e Nero,
desideroso di vendicarsi di Fisk che gli ha rovinato la vita.
Questo rispecchia direttamente il finale della terza stagione di
Daredevil di Netflix, quando Bullseye rovina il ricevimento di
nozze di Wilson e Vanessa, dando inizio all’epica rissa a tre tra
Fisk, Poindexter e Murdock.
Inquadratura capovolta di
Murdock – Colpito dal proiettile destinato al sindaco
Fisk, Matt Murdock viene mostrato sanguinante sul pavimento della
sala da ballo mentre lo schermo è saturo di luce rossa, in
contrapposizione a quella blu di Bullseye. Allo stesso modo,
l’inquadratura capovolta di Murdock sdraiato sul pavimento è
riprodotta la stessa inquadratura capovolta della première
di Daredevil:
Rinascita di Foggy Nelson dopo che era stato
colpito da Poindexter.
L’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita dà una forte scossa alla
serie, svela molti segreti e promette un finale di stagione
scoppiettante. Sebbene inizialmente si dicesse che sarebbe durata
18 episodi, i piani della Marvel sono probabilmente cambiati
durante la revisione creativa della serie, con la prima stagione
che conta 9 episodi e la seconda stagione di
Daredevil: Rinascita confermata con un episodio
in meno, arrivando a 8.
La prima serie di
Daredevil dei Marvel Studios sta dando il massimo negli
ultimi episodi, e l’episodio 8 presenta un ritorno che i fan
aspettavano. Wilson Bethel è tornato nei panni di
Bullseye per l’ultima ora della serie dopo che l’episodio
7 di
Daredevil: Rinascita ha concluso la trama di Muse
con la morte del personaggio. Questo ha permesso alla serie di
esplorare di nuovo Bullseye, e il ritorno di Benjamin Poindexter è
stato piuttosto movimentato. Ci sono state anche molte rivelazioni
e un momento scioccante e pieno d’azione che ha concluso l’episodio
8 con un colpo di scena.
Un’altra morte sorprendente e
l’omicidio di Foggy Nelson vengono nuovamente presi in
considerazione
Le guardie lasciano Benjamin Poindexter alla prigione
comune.
Vanessa e Fisk gestiscono insieme la situazione di Luca.
Heather pensa che Muse e Daredevil siano la stessa persona e
che entrambi fossero lì solo per se stessi.
Buck appare nell’appartamento di Matt in cerca di Heather e
Matt scopre che Heather e Buck si conoscono. La terapeuta viene
invitata al primo ballo in bianco e nero. Fisk porta Vanessa a
vedere Adam nella sua gabbia.
Matt e Heather litigano su come Fisk potrebbe usarla.
Vanessa spara ripetutamente e uccide Adam.
Kirsten dice a Matt che Poindexter vuole parlargli, e lui
scopre che Fisk lo ha trasferito alla prigione comune.
Fisk nomina Daniel Vice Sindaco per le Comunicazioni.
Kirsten affronta Matt sul suo comportamento.
Matt, mentre beve da Josie’s, si rende conto che Foggy stava
bevendo scotch costoso perché stava festeggiando in anticipo.
Matt va in prigione per parlare con Bullseye e gli chiede se ha
ucciso Foggy per qualcuno.
Bullseye vuole essere liberato in cambio di questa informazione
e Matt gli sbatte ripetutamente la testa contro un tavolo.
Lo Spadaccino ritorna.
Bullseye sputa un dente nell’occhio di un agente per evadere
dalla prigione, travestendosi poi da agente per fuggire. Jack
Duquesne è al ballo per parlare con Fisk e si dirigono in un’area
riservata. Matt ascolta la loro conversazione.
Parlano dell’iniziativa portuale e Fisk chiede quanto riesce a
contare su Jack rivelandogli che conosce la sua identità segreta
dello Spadaccino.
Il Commissario dice a BB Urich che la task force è tutta di
Fisk e che Kingpin era il principale sospettato dell’omicidio di
Ben Urich, cosa che lei sapeva. Ha fascicoli sui membri corrotti
della task force.
Fisk e Vanessa si esibiscono nel primo ballo del ballo.
Fisk dice a Matt, indirettamente, che ci saranno conseguenze
per il suo ritorno come Daredevil.
Vanessa dice a Fisk che ha qualcosa da dirgli.
Matt capisce che è stata lei a ordinare l’omicidio di
Foggy.
Matt inizia a ballare con Vanessa e le dice di sapere che ha
fatto uccidere Foggy.
Matt si mette sulla strada di Fisk e si prende un proiettile
per lui mentre Bullseye spara.
Perché Matt Murdock salva Wilson
Fisk? Una spiegazione
Daredevil prende una decisione
scioccante alla fine dell’episodio 8
L’episodio
8 di
Daredevil: Rinascita è scioccante sotto molti
aspetti. Tuttavia, il momento più sorprendente arriva nel finale.
Daredevil e Kingpin sono stati nemici da sempre. Matt Murdock ha
avuto la possibilità di uccidere Wilson Fisk in passato, ma ha
scelto di urlargli contro, dicendogli che sarebbe andato in
prigione per quello che aveva fatto.
In quanto tale, sebbene sarebbe
stato in qualche modo soddisfacente se Matt avesse lasciato che
Bullseye uccidesse Fisk, la decisione dell’eroe mostra come
consideri la prigione di Kingpin per i suoi crimini una punizione
più grave della sua morte. Un altro fattore che influenza la sua
decisione di farsi giustizia è che Fisk non era responsabile della
morte di Foggy Nelson. Mentre Matt avrebbe potuto vedere l’intera
faccenda come un modo per ottenere giustizia per la morte del suo
amico quando la legge non poteva, Fisk non ha mandato Bullseye a
uccidere Foggy. Qualcun altro lo ha fatto.
Perché Bullseye ha ucciso Foggy
Nelson – Tutto ciò che è stato rivelato
Mentre Wilson Fisk non era
il mandante dell’omicidio di Foggy Nelson da parte di Bullseye,
Matt Murdock ha scoperto la persona responsabile grazie alle azioni
di Kingpin. L’episodio 8 inizia con Benjamin Poindexter che viene
portato dagli agenti al gen pop. Dato che Dex era stato un agente
dell’FBI
prima di trasformarsi in un criminale squilibrato, metterlo insieme
a molti criminali che aveva rinchiuso dietro le sbarre era una
chiara mossa di Fisk per farlo uccidere mentre è in prigione.
Questo porta Matt a indagare sulla morte di Foggy e alla scoperta
che è stata Vanessa Fisk a ordinare l’omicidio.
Fisk era stato allontanato, mentre
Vanessa gestiva il suo impero criminale. Mentre beveva qualcosa da
Josie’s, che non è più aperto al pubblico dalla morte di Foggy,
Matt si rende conto che Foggy stava bevendo il costoso
scotch che bevevano in genere per festeggiare dopo aver
vinto una causa. Questo significava che Foggy stava festeggiando in
anticipo, sapendo che avrebbe vinto una causa che metteva in
difficoltà gli affari di Vanessa. Questo gli fa capire che Bullseye
non ha ucciso Foggy per un vecchio rancore, ma che stava eseguendo
un ordine. Quando Vanessa avverte Fisk di avere qualcosa da dirgli
mentre Bullseye arriva, tutto prende senso e forma per Matt.
Il tentato omicidio di Wilson Fisk
e il destino di Adam spiegati
Il matrimonio di Kingpin ha
sviluppi positivi
Ayelet Zurer e Vincent D’Onofrio in Daredevil:
Rinascita
La prima stagione di
Daredevil: Rinascita ha mostrato come Wilson e
Vanessa Fisk abbiano cercato di rimettere in carreggiata il loro
matrimonio da quando lui è tornato e lei è stata costretta a
lasciare il suo ruolo nel suo impero criminale quando lui è
diventato sindaco di New York. Sembrava che tutte le loro sedute di
terapia fossero state inutili, visto che nell’episodio 7 si vede
Vanessa dare a Luca l’indirizzo del luogo in cui Fisk sarebbe stato
da solo per uccidere Kingpin. Tuttavia, ora è stato rivelato che la
coppia ha lavorato insieme per sbarazzarsi di Luca, e Vanessa non
ha mai tradito il marito.
Questo li ha portati più vicini che
mai nella serie, e Fisk decide di permettere a Vanessa non solo di
vedere Adam, ma anche di porre fine alla sua sofferenza. Il primo
episodio di
Daredevil: Rinascita ha anticipato come Adam
fosse una figura che si frapponeva tra i due. In seguito, la serie
ha confermato che si trattava effettivamente di un uomo con cui
Vanessa aveva tradito Wilson quando suo marito era via. Tuttavia,
invece di lasciare che questo creasse una frattura tra loro, i due
diventano più forti che mai quando Vanessa uccide Adam per
dimostrare a Wilson che non c’è nulla che possa separarli.
In che modo la storia di BB Urich
prende una piega pericolosa
Una rivelazione collegata a
Daredevil di Netflix viene finalmente affrontata
BB Urich è l’ospite di
Daniel al ballo, dal momento che capiamo ha secondi fini per essere
presente all’evento. Parlando con il Commissario di Polizia, scopre
che lui ha una lista di tutti i poliziotti corrotti della nuova
Task Force Anti-Vigilante del Sindaco Fisk. Le rivela anche di non
avere alcun ruolo nella task force, poiché Kingpin è l’unico
responsabile. Una domanda che i fan si chiedevano da tempo era se
BB fosse a conoscenza dell’omicidio di suo zio, Ben Urich,
in Daredevil di Netflix.
Il commissario le dice che Fisk era
un sospettato dell’omicidio di Ben Urich, ma la serie MCU rivela che BB lo sapeva già. BB
sta ora giocando una partita molto pericolosa, poiché ha consegnato
al commissario un biglietto da visita con la sua email, volendo
ricevere e rivelare le informazioni sulla task force di Fisk. Anche
se afferma che non tutto ciò che scrive è a suo nome, Fisk ha già
dimostrato all’inizio della stagione che avrebbe ucciso di nuovo se
necessario quando ha minacciato Daniel se avesse fallito di nuovo.
Daredevil: Rinascita potrebbe finire male per BB
se dovesse farsi scoprire da Fisk.
“Chiunque può sopravvivere a
cinque notti. Questa volta, non ci saranno seconde occasioni.”
Dopo il clamoroso successo del primo capitolo,
Five Nights at Freddy’s 2 segna il ritorno
del fenomeno horror targato Blumhouse, aprendo un nuovo, agghiacciante capitolo
nel mondo del terrore animatronico.
Basato sulla celebre saga di
videogiochi di Scott Cawthon, il film è diretto da Emma Tammi (The
Wind, Blood Moon), già alla regia del primo episodio che, con un
incasso record di 80 milioni di dollari nel weekend di apertura e
quasi 300 milioni di dollari a livello globale, si è affermato come
l’horror di maggior successo del 2023.
Il primo film raccontava la storia
di Mike, un giovane tormentato che accetta con poca convizione un
lavoro come guardia notturna alla Freddy Fazbear’s pizzeria, un
ristorante abbandonato, nel disperato tentativo di mantenere la
custodia della sua sorellina. Ma ciò che doveva essere una semplice
mansione si trasforma presto in un incubo soprannaturale senza via
di fuga.
Five Nights at Freddy’s 2 è prodotto nuovamente
da Jason Blum (M3GAN, Black Phone, Halloween) e Scott Cawthon.
La serie di Netflix Come
vendere droga online (in fretta) riporta sullo schermo
Moritz Zimmermann (Maximilian
Mundt) per un’altra serie di avventure all’insegna del
caos e del crimine. La terza stagione si concludeva con
l’incarcerazione di Zimmermann per otto anni, dopo essersi assunto
l’intera colpa di MyDrugs e di altre attività
criminali. Questo permette ai suoi amici di continuare la loro vita
senza problemi, soprattutto a Lenny, che
finalmente riceve le cure di cui ha bisogno e può guardare a un
futuro in cui non pensa costantemente alla sua morte imminente.
Promette anche di far uscire Moritz di prigione, ma la quarta e
ultima stagione rivela che non ha mantenuto la promessa.
La quarta stagione inizia dunque a
quattro anni dalla sua condanna in prigione, con Moritz che fa un
accordo con i poliziotti, in particolare con Benedikt
Kampe, per ottenere un rilascio anticipato. Ora che è
libero, progetta di avviare una nuova attività completamente
legale. Tuttavia, si rende subito conto che il mondo è cambiato
drasticamente negli ultimi quattro anni e che ogni idea che gli
passa per la testa è già stata trasformata in un’impresa. La
prospettiva di non essere in grado di proporre una buona idea
imprenditoriale lo spaventa e diventa ancora più sconfortato quando
scopre che Dan Riffert ha trasformato
Bonus Life in un’azienda fiorente.
L’idea gli era venuta nella prima
stagione, quando gli olandesi avevano chiesto a Moritz di creare
una copertura per la sua attività di droga. Mentre Dan era
entusiasta già allora, Moritz respinse la sua idea. Ma ora il
successo è enorme e Moritz si sente defraudato della sua parte,
ancor più quando scopre che anche il suo migliore amico, Lenny,
lavora nell’azienda. Questo lo porta a cercare di ottenere la
maggioranza di Bonus Life, ma le cose peggiorano di minuto in
minuto, soprattutto con il coinvolgimento di
Behzat, un uomo d’affari che traffica in droga ed
è molto più spietato di chiunque altro Moritz e i suoi amici
abbiano incrociato. Alla fine si dovranno fare delle scelte
difficili, soprattutto per Moritz, che dovrà decidere cosa vuole
veramente nella sua vita.
L’identità di M2000
Nella scena finale, vediamo gli
amici di Moritz riuniti da Fritzi e Lenny riceve una notifica.
Mostra una richiesta di amicizia da parte del nome utente
“M2000” e, dalle espressioni sul volto di Lenny,
sa esattamente chi è: il suo migliore amico, Moritz. Quando hanno
iniziato MyDrugs, Moritz ha scelto il nome “M1000”, che serviva
come identità della persona che gestiva MyDrugs. Era il suo alter
ego, che avrebbe dovuto limitarsi al sito e all’attività, ma col
tempo sono successe cose tali per cui Moritz è diventato sempre più
investito in quell’identità, causando tutti i problemi con Lenny e
gli altri suoi amici. Così, quando Lenny vede apparire “m2000” sul
suo schermo, non deve pensare due volte al fatto che si tratta di
un suo amico, il che è sconvolgente per lui perché lui e il resto
del mondo lo credono morto.
In realtà, Lenny non vede mai Moritz
morire. Sente solo gli spari mentre si allontana, credendo che il
suo amico ne sia il destinatario. Nessuno può biasimarlo per averla
pensata così perché, tutto sommato, Moritz sarebbe dovuto morire. È
in inferiorità numerica e non ha modo di uscire dalla situazione. È
solo un colpo di fortuna a salvarlo. Solo Ersan e Marie lo sanno e,
rispettando il desiderio di Moritz, mantengono il segreto.
Tuttavia, qualche mese dopo, è lui stesso a contattare il suo
migliore amico, che è una delle poche persone che vuole nella sua
vita, a prescindere da tutto. Sembra improbabile che possa tornare
a casa perché sono successe troppe cose, ma questo non significa
che non possa mantenere i contatti con Lenny.
La scelta del suo nome utente
potrebbe essere un modo per far conoscere a Lenny la sua identità
senza fare soffiate a nessun altro. È interessante notare che
potrebbe anche suggerire che Moritz si sia imbarcato in un’altra
impresa e, visti i suoi precedenti, è molto probabile che questa
prenda una strada criminale. È possibile che si sia trovato di
nuovo in difficoltà e che abbia bisogno dell’aiuto di Lenny per
uscirne? Se ha scelto di lasciarsi alle spalle la sua vita passata,
solo qualcosa di drastico potrebbe farlo tornare indietro e
trascinare di nuovo il suo migliore amico nei suoi guai. Oppure,
potrebbe semplicemente sentire troppo la mancanza di Lenny e voler
partecipare alla sua vita, anche se a distanza.
Anche se sopravvive, Moritz sa che
le cose sono andate troppo oltre per poter tornare a casa. A causa
del suo ego e delle sue insicurezze, si è intromesso nelle vite ben
organizzate dei suoi amici, creando ulteriore caos. Si era
ripromesso di non farsi coinvolgere in attività criminali, ma
finisce per rimanere incastrato nello stesso circolo vizioso e non
solo si impegna con i criminali, ma conduce anche i suoi amici in
situazioni pericolose. Lisa quasi muore e lui se ne fa una colpa.
Alla fine della giornata, si rende conto che non può cambiare se
stesso. Anche se ama i suoi amici, ci sono troppe storie e
conflitti che non permettono loro di trovare un terreno comune per
la pace. Moritz non vuole essere il costante perturbatore delle
loro vite, così, quando ne ha l’occasione, decide di abbandonarli a
se stessi e di uscirne una volta per tutte.
Questo è l’unico modo per tenerli
lontani dal pericolo che sembra attirare. È interessante notare che
lo troviamo a lavorare in una piattaforma petrolifera, il che
richiama un’osservazione di passaggio fatta dalla sorella quando è
uscito di prigione. Nel primo episodio, la donna gli dice di
trovarsi un lavoro entro un mese, come richiesto dalle condizioni
di libertà vigilata. Commenta che la maggior parte degli ex
detenuti fatica a reinserirsi nel mercato del lavoro, il che li
riporta alla vita criminale. Quindi, a patto che non intenda
lavorare come custode di una piattaforma petrolifera, gli
suggerisce di trovare un lavoro. Ironia della sorte, lo ritroviamo
a fare lo stesso lavoro, ma non si tratta solo di un richiamo alla
conversazione con la sorella.
Ormai Moritz ha avuto abbastanza
tempo per riflettere su se stesso e per capire che è meglio per lui
rimanere il più isolato possibile. Per gli anni in cui è stato in
prigione, tutto è andato bene per i suoi amici. Erano tutti al
sicuro, nessuno di loro si dedicava ad attività criminali ed erano
felici di come stavano andando le cose. Avevano dei problemi, ma
nessuno li faceva temere per la loro vita. Tutto questo cambia
quando Moritz esce di prigione. Così, alla fine, quando ha la
possibilità di andarsene, decide di rimanere in un luogo che è una
prigione a sé stante. Meno persone sono in contatto con lui, minori
sono le possibilità di fare del male a qualcuno. In quest’ottica,
il soggiorno in una piattaforma petrolifera in mezzo all’oceano
sembra il lavoro perfetto.
Cosa succede nel finale a Dan e
Lenny?
Mentre Moritz era in prigione, Dan e
Lenny hanno costruito Bonus Life dalle fondamenta e l’hanno
trasformata in un’impresa di successo. Ci sono stati alcuni
intoppi, ma non sono stati causati da cattiveria, bensì dai loro
stupidi errori, soprattutto quelli di Dan. Con il tempo, hanno
imparato la lezione e hanno trovato il modo di portare avanti
l’azienda nonostante le sfide. Il più grande vantaggio di tutto
questo è che possono fidarsi l’uno dell’altro e non devono
preoccuparsi che i loro ego si intromettano e che uno cerchi di
sottrarre l’azienda all’altro. Tutto questo non era possibile con
Moritz, ed è per questo che, quando torna, Dan non riesce a fidarsi
di lui.
In ogni caso, alla fine di questa
stagione di Come vendere droga online (in fretta),
con l’investimento di Behzat, che in realtà era il modo di Moritz
per ottenere il controllo dell’azienda, Bonus Life si stabilizza di
nuovo. Questa volta, Dan ha imparato la lezione. Decide di non
essere stravagante e di concentrarsi sull’essenziale per evitare
che l’azienda vada nuovamente in bancarotta. Lenny, tuttavia, non
farà parte del suo viaggio. A metà stagione, scopriamo che Kira ha
lavorato segretamente per un uomo d’affari, codificando materiale
per lui mentre diceva a suo marito, Lenny, che stava lavorando al
bar. Il suo datore di lavoro è talmente colpito dal suo lavoro che
la invita a lavorare per lui in California.
Tuttavia, prima che Kira possa
parlarne con Lenny, Moritz lo scopre e rivela il suo segreto. A
causa dell’urgenza della situazione, Lenny accantona la
conversazione, ma quando alla fine ne parla con la moglie, la
scelta di andare in America si rivela sensata. Non solo si tratta
di una grande opportunità per Kira, ma anche di una tabula rasa per
ricominciare da capo, lasciandosi definitivamente alle spalle il
caos e il pericolo. Avendo visto la morte da vicino, Lenny non
vuole che la sua famiglia sia in pericolo, quindi ha senso che lui,
Kira e il loro bambino facciano i bagagli e lascino il Paese per
sempre.
È interessante notare che riceve la
richiesta di amicizia di Moritz mentre si trova al bar con i suoi
amici e i suoi cari. Rimane scioccato nel vederla, ma è improbabile
che questa scoperta abbia un impatto sulla sua decisione. Infatti,
se scegliesse di restare per Moritz, dovrebbe rinunciare a Kira e
al loro bambino, e questo non è il patto che vuole fare. Molto
probabilmente accetterà la richiesta di amicizia perché, nonostante
gli alti e bassi, lui e Moritz sono stati l’uno il cavaliere
dell’altro. Tuttavia, questo sarà il limite delle loro interazioni
e la loro amicizia dovrà continuare sui social media.
Cosa succede a Behzat ed
Ersan?
Mentre Moritz rimane il
catalizzatore di tutti i problemi in Come vendere droga
online (in fretta), Behzat è uno dei principali
antagonisti della stagione finale. Ha costruito per sé un impero
della droga, che opera sotto la copertura di un’azienda di
surgelati chiamata Brofrost. Si era già lasciato andare
all’uccisione di persone che si avvicinavano troppo a smascherarlo
e a danneggiare la sua attività, e non importava se stava uccidendo
un rivale, uno dei suoi scagnozzi, un giornalista o un agente di
polizia. Aveva tutti gli agganci giusti per informarlo di eventuali
retate e degli sviluppi delle indagini contro di lui. E poi Ersan
coinvolge Moritz. Il duo gli chiede del denaro per investire in
Bonus Life.
Ersan lo vede come un modo per
lasciarsi alle spalle la vita criminale e fare soldi in modo
legale. Tuttavia, sottovaluta l’avidità di Moritz e il suo
desiderio di fare del male ai suoi stessi amici, il che porta
Behzat a diventare un elemento chiave per il futuro di Bonus Life.
Ersan è dunque deluso da Moritz, che vede come una via di fuga dal
mondo criminale. Alla fine, però, la fortuna lo favorisce. Quando
la polizia fa irruzione nel suo complesso, Behzat è costretto a
fuggire, ma rapisce Moritz, Ersan, Lenny e Dan. Vuole che
ricostruiscano la sua attività. A Dan viene concesso di andarsene
per mantenere le apparenze, soprattutto se Behzat vuole usare Bonus
Life come copertura per le sue attività criminali.
Ersan viene perdonato e può tornare
a far parte della banda. A Moritz e Lenny viene data una pistola in
cui uno deve uccidere l’altro e il sopravvissuto lavorerà al
programma voluto da Behzat. Tuttavia, le cose vanno drasticamente
male. Dopo che Ersan appicca un incendio come diversivo, Moritz
costringe Lenny a fuggire e rimane indietro per impedire a Behzat e
ai suoi uomini di catturare il suo amico. Ha intenzione di uccidere
Behzat, ma è in inferiorità numerica. Mentre getta la pistola,
viene sparato un proiettile. Colpisce Behzat alla gamba, che spara
per errore, uccidendo la donna che lavora per lui, che spara per
errore, uccidendo il suo collega, che spara per errore, colpendo
Behzat alla testa, uccidendolo sul colpo.
Con la morte di tutti e tre, Moritz
ed Ersan si sentono sollevati perché le uniche persone che volevano
ucciderli se ne sono andate. Inoltre, hanno l’opportunità di
ricominciare da capo, perché hanno già usato i soldi di Behzat per
comprare quasi la metà della quota di Bonus Life. Mentre Moritz
decide di abbandonare l’azienda e la sua vita precedente, dice a
Ersan di sfruttare la sua quota del cinquantuno per cento
nell’azienda per ottenere la vita che ha sempre desiderato. Con
questo gesto, Moritz rimedia ai problemi che ha involontariamente
creato a Ersan e gli regala il lieto fine che ha sempre
desiderato.
Summer H. Howell è
vicina a un accordo per recitare nella prossima serie TV
“Carrie” di Mike Flanagan nel
ruolo principale, secondo quanto riporta Variety. I
rappresentanti di Amazon e Howell non hanno rilasciato
dichiarazioni, ma alcune fonti affermano che sono attualmente in
corso trattative per l’ingresso di Howell nella serie.
Inizialmente si diceva che
“Carrie” sarebbe stato in fase di sviluppo presso
gli Amazon Studios nell’ottobre 2024. Al momento non c’è stato
alcun annuncio ufficiale di un eventuale ingaggio della serie, ma
si ritiene che ciò avverrà a breve. La serie è basata sull’iconico
romanzo omonimo di Stephen King.
La sinossi della serie la descrive
come una “rivisitazione audace e attuale della storia della
liceale disadattata Carrie White (Howell), che ha trascorso la sua
vita in isolamento con la madre autoritaria. Dopo la morte
improvvisa e prematura del padre, Carrie si ritrova a dover
affrontare il panorama alieno del liceo pubblico, uno scandalo di
bullismo che sconvolge la sua comunità e l’emergere di misteriosi
poteri telecinetici”.
Howell non è estranea al genere
horror, avendo recitato nei film della saga “La bambola
assassina“, “La maledizione di Chucky” e
“Il culto di Chucky“. Ha anche recitato in film di
genere come “Hunter Hunter“, “Spirit in
the Blood“, “Time Cut” e “Harland
Manor“, oltre a diversi episodi della serie antologica
horror “Channel Zero“. Howell ha inoltre recitato
nel film Disney+ “Clouds”, basato sull’acclamata
autobiografia “Fly a Little Higher: How God Answered a Mom’s Small
Prayer in a Big
Mike Flanagan adatterà Carrie di
Stephen King
Flanagan è diventato una delle voci
più influenti nel genere horror degli ultimi anni. Ha ricevuto
notevoli elogi per i suoi programmi TV “The
Haunting of Hill House“, “Midnight
Mass” e “The
Fall of the House of Usher” su Netflix, così come per film come “Doctor
Sleep” e “Gerald’s Game“, un altro
adattamento del romanzo di King. Più di recente, Flanagan ha
adattato il racconto del 2020 di King “The Life of
Chuck” in un film con Tom Hiddleston.
“Carrie” è stato il
primo romanzo di King ed è stato originariamente pubblicato nel
1974. Il libro è diventato un best seller ed è stato
successivamente adattato in un film nel 1976 con Sissy
Spacek nel ruolo del titolo. Diretto da Brian
DePalma, il film ha incassato oltre 30 milioni di dollari
con un budget dichiarato inferiore ai 2 milioni di dollari. È
ampiamente citato come uno dei migliori film horror di tutti i
tempi.
Nel 1999 è uscito un sequel
intitolato “The Rage: Carrie 2“, senza nessuno del
cast originale, seguito da un remake per la TV nel 2002 e da un
altro remake nel 2013 con Chloe Grace Moretz.
Adolescence non ha smesso di attirare
l’attenzione. La scorsa settimana, la serie limitata britannica è
entrata a far parte della lista di Netflix delle sue
serie in lingua inglese più popolari di tutti i tempi la scorsa
settimana al n. 9, scalzando la stagione 2 di “Bridgerton” dalla lista e spingendo la
stagione 3 di “Stranger Things” al n. 10. Ora,
Adolescence è al quarto posto della lista
con 114 milioni di visualizzazioni in soli 24 giorni.
La serie è ora solo dietro la
stagione 1 di “Mercoledì” (252,1 milioni di
visualizzazioni), la stagione 4 di “Stranger
Things” (140,7 milioni di visualizzazioni) e
“Dahmer: Monster” (115,6 milioni) nella lista.
Sembra probabile che alla fine usurperà almeno “Stranger Things” e
“Dahmer”, poiché Netflix misura questa lista in base a 91 giorni di
visione per ogni titolo, quindi Adolescence ha ancora più di due mesi per
risalire la classifca.
Mentre Denis
Villeneuve sta
ultimando la sceneggiatura per il prossimo capitolo della serie
Dune, il regista ha già puntato gli occhi su
una nuova aggiunta di alto profilo al cast del franchise. Mentre
fonti vicine al progetto affermano che non è stata presentata
alcuna offerta formale, via Deadline apprendiamo che c’è un
forte interesse per Robert Pattinson nel cast. Legendary non ha
rilasciato dichiarazioni.
Il film presenta già un cast di
prima categoria che include
Timothée Chalamet,
Florence Pugh,Zendaya,
e molti che dovrebbero tornare. Nonostante ciò, rimangono una
manciata di nuovi ruoli e, come per qualsiasi progetto Dune, le
star si stanno mettendo in fila per la possibilità di apparire
nella serie vincitrice dell’Oscar. Queste fonti affermano che
Pattinson interpreterà il ruolo del cattivo
Scytale.
Le riprese di quello che sarà
Dune:
Messiah cominceranno quest’estate, mentre Denis
Villeneuve ha confermato che dirigerà il film.
Dune
è l’universo fantascientifico espansivo e multiformato di Legendary
basato sulla serie di romanzi vincitrice dell’Hugo Award di
Frank Herbert. La collezione ha incluso due
lungometraggi, Dune
del 2021 e Dune – Parte
Due dell’anno scorso, che hanno incassato
complessivamente 1,12 miliardi di dollari al botteghino globale e
vinto otto Oscar su 15 nomination, tra cui le nomination come
miglior film per entrambi. L’ingresso più recente nell’universo è
la serie TV prequel Dune: Prophecy, della
scrittrice e produttrice di LostAlison
Schapker e ambientata 10.000 anni prima dell’ascesa di
Paul Atreides. La serie è stata presentata in anteprima su HBO e
Max a novembre con grande successo di critica.
Per quanto riguarda Pattinson, la
star di Batman è stata impegnata, ha recentemente terminato il film
A24The Drama, che vede come protagonista anche la sua
co-protagonista di DuneZendaya,
così come il film di Lynne RamsayDie, My
Love in cui recita al fianco di Jennifer
Lawrence. Attualmente sta girando l’adattamento di
Christopher Nolan di The
Odyssey. Sta anche producendo il film A24
Primetime.
La quarta stagione di “Love,
Death & Robots” torna ufficialmente su Netflix il 15 maggio con dieci brevi storie animate
realizzate in stili diversi.
La sinossi ufficiale di questa
stagione recita: “Gladiatori dinosauri, gatti messianici, rock
star delle marionette, non può che essere ‘Love, Death and Robots’.
Il quarto volume, presentato da Tim Miller
(‘Deadpool’, ‘Terminator: Dark Fate’) e David
Fincher (‘Mindhunter’, ‘The Killer’), vede
Jennifer Yuh Nelson (‘Kung Fu Panda 2’, ‘Kill Team
Kill’) tornare come supervisore alla regia per dieci sorprendenti
cortometraggi che mettono in mostra lo stile distintivo e
pluripremiato della serie, fatto di animazione all’avanguardia,
horror, fantascienza e umorismo. Allacciate le cinture”.
Dalla sua prima messa in onda nel
2019, Love, Death & Robots ha vinto 13 Emmy Awards e
15 nomination. Più di recente, ha ottenuto la sua terza nomination
consecutiva per il miglior programma animato in formato corto, la
stessa categoria per cui hanno vinto le prime due stagioni. Per
“Jibaro” della terza stagione, Alberto
Mielgo ha vinto l’Emmy Award per il miglior risultato
individuale nell’animazione.
Lo spettacolo ha anche raccolto
doppiatori di alto profilo nel corso degli anni, tra cui
Mary Elizabeth Winstead, Joel McHale, Topher Grace, John
DiMaggio, Elodie Young e Chris
Parnell.
All’Annecy International Animation
Film Festival nel 2021, Miller ha affermato: “Quello che ho
pensato è che non c’era molta animazione per adulti in Occidente, e
in particolare non in America, e in particolare non ai livelli di
budget che consentivano una CG di fascia alta come quella che stava
succedendo alla Pixar e alla DreamWorks per i bambini. E abbiamo
pensato che fosse giunto il momento di farlo per gli
adulti”.
Mangia prega ama ha
fatto conoscere agli spettatori Elizabeth Gilbert e li
ha portati in viaggio in tre differenti luoghi del mondo, ma cosa è
successo alla vera Elizabeth dopo gli eventi del film? Pubblicato
nel 2006, il libro di memorie della Gilbert Eat, Pray,
Love: One Woman’s Search for Everything Across Italy, India, and
Indonesia, racconta il viaggio dell’autrice intorno al
mondo dopo il divorzio e le cose che ha imparato e scoperto nel
corso di questo viaggio. Il libro ebbe un grande successo e non ci
volle molto perché i diritti cinematografici venissero acquistati
da un grande studio (in questo caso, la Columbia Pictures).
L’adattamento cinematografico,
intitolato semplicemente Mangia prega ama, è
uscito nel 2010, con Julia Roberts nel ruolo di Elizabeth. La
storia segue questa donna, una giornalista, che si lascia alle
spalle la sua vita moderna e apparentemente facile per
intraprendere un viaggio di un anno intorno al mondo in cui visita
tre luoghi che le insegnano lezioni di vita molto preziose:
L’Italia, dove scopre il vero piacere del
nutrimento; l’India, dove impara il potere della
preghiera; e l’Indonesia, dove trova la pace
interiore e l’equilibrio, nonché l’amore, anche se quest’ultimo è
del tutto inaspettato.
Il film è stato ben accolto dal
pubblico e lodato per l’interpretazione di Robert e per gli scenari
sorprendenti di ogni Paese. L’ultimo luogo visitato da Elizabeth è
Bali, in Indonesia, dove fa
amicizia con un consulente di nome Ketut Liyer
(Hadi Subiyanto) e incontra
Felipe (Javier
Bardem), un uomo d’affari brasiliano con il quale ha
un primo incontro turbolento, ma con il quale inizia presto ad
apprezzare la reciproca compagnia. Mentre Elizabeth continua a
lottare con i concetti di matrimonio e impegno, la sua relazione
con Felipe si avvicina alla fine, ma i due superano questi ostacoli
e alla fine del film iniziano una vera e propria relazione
formale.
Mentre il film Mangia prega
ama non ha avuto un sequel, il libro ha avuto un seguito
intitolato Committed: A Skeptic Makes Peace with
Marriage (Impegnati: uno scettico fa pace con il
matrimonio), pubblicato nel 2010, che ha offerto al pubblico un
aggiornamento su ciò che è accaduto all’autrice dopo quel viaggio a
Bali. In esso, la Gilbert spiega che lei e “Felipe” (il cui vero
nome è José Nunes) avevano progettato di
stabilirsi negli Stati Uniti e avevano giurato di non sposarsi,
poiché entrambi avevano affrontato divorzi molto negativi.
Tuttavia, il governo statunitense
non avrebbe permesso a Felipe di entrare nel Paese a meno che non
si fossero sposati, e così hanno superato le loro paure sul
matrimonio e hanno infranto la loro promessa per poter vivere
insieme. Una volta negli Stati Uniti, i due hanno gestito un grande
negozio di importazioni asiatiche fino alla vendita nel 2015 e
l’anno successivo la Gilbert ha annunciato la sua separazione da
Nunes. Più tardi, nello stesso anno, la Gilbert ha poi rivelato la
sua relazione con l’amica, Rayya Elias, rendendosi
conto dei sentimenti che provava per lei dopo la diagnosi di cancro
terminale di quest’ultima.
Le due sono rimaste insieme fino
alla morte di Elias nel 2018. La Gilbert ha poi pubblicato anche
altre opere dopo gli eventi di Mangia prega ama
come un libro di cucina scritto dalla sua bisnonna intitolato
At Home on the Range, il romanzo The Signature of All
Things e il libro di auto-aiuto Big Magic: Creative Living
Beyond Fear, che si concentra sul superamento dei dubbi su se
stessi e sull’evitare il perfezionismo, tra gli altri argomenti.
Sebbene esista una Elizabeth Gilbert in carne e ossa, la cui vita
offre una risposta a ciò che le è accaduto dopo gli eventi di
Mangia prega ama, gli spettatori hanno la libertà
di inventarsi il proprio finale quando si tratta dell’Elizabeth del
film, poiché non esiste un seguito a quella versione.
Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV
È possibile fruire diMangia
prega ama grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi diNetflix, Tim Vision e Prime Video.
Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad
un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo dimartedì 8
aprilealle ore21:10sul canaleRai
Movie.
Dopo il suo debutto alla regia del
2018, acclamato dalla critica, Searching,
Aneesh Chaganty è
tornato in forma nel sottogenere del thriller psicologico con
Run, thriller del 2020 interpretato da Sarah Paulson (American Horror Story) e
Kiera Allen. Esplorando un rapporto madre-figlia
che si è fatto teso a causa dell’ossessivo accanimento e del
soffocamento di Diane, che ignora direttamente i
desideri di indipendenza della figlia e la convince di avere tutta
una serie di pericolose malattie che necessitano continuo
controllo, Run propone come l’amore di una madre
possa essere oppressivo e persino pericoloso quando rischia di
perdere il proprio figlio.
Tuttavia, Run scava
molto più in profondità: esplora la malattia mentale e le relazioni
di co-dipendenza, e anche se Diane non è certo una cattiva
simpatica, i suoi problemi sono radicati nel terrore della vita
reale. Il finale mostra dunque la figlia Chloe che
rovescia la situazione sul suo rapitore di lunga data, con Diane al
massimo della sua vulnerabilità che finisce in una struttura
psichiatrica. Sebbene questo possa sembrare un finale aperto e
chiuso allo stesso tempo, ci sono molte cose da chiarire sulla
mentalità di Chloe e sul destino finale di Diane che non sono state
risolte al momento dei titoli di coda.
Indubbiamente, Run
fornisce un commento potente sugli effetti duraturi del trauma,
sulla natura ciclica dell’abuso e su come le persone possano dare
più valore alla giustizia o addirittura alla vendetta che a una
separazione netta. Con un finale mozzafiato che lascia dunque il
pubblico senza troppe risposte ma che anzi solleva non poche
domande su Chloe, Diane e su
quello che sarà il loro futuro in seguito, ecco la nostra analisi
della conclusione di Run, del colpo di scena in
ospedale e del suo significato.
Cosa succede nel finale di Run
Nel corso del film Chloe comprende
non possiede tutti i malanni di cui sua madre le riferisce. Ciò
diventa chiaro una volta per tutte quando, dopo un suo tentativo di
fuga, viene rinchiusa nel seminterrato della loro casa. Qui la
ragazza trova una lettera di accettazione al college, una foto di
lei da bambina in piedi sulle sue gambe, un certificato di morte
della vera figlia di Diane, con il suo stesso nome, scomparsa dopo
appena 2 ore di vita, e un articolo di giornale che parla di una
bambina rapita dall’ospedale quando era ancora in fasce.
Capisce così di essere stata drogata
in tutti quegli anni e che tutte le patologie che era convinta di
avere sono in realtà gli effetti collaterali delle pillole che la
donna le ha fatto ingerire fin da piccola. Diane, dunque, l’ha
rapita e allevata appena nata, spinta dalla sua ossessione di
essere madre a tutti i costi e traumatizzata dalla morte del suo
neonato. Nel finale, la ragazza riesce tuttavia a liberarsi da tale
situazione, facendo rinchiudere Diane in un istituto di correzione.
Sebbene possa sembrare un vantaggio per Chloe tagliare Diane fuori
dalla sua vita, il fatto che continui a far visita a alla donna in
ospedale è indicativo del suo stato mentale.
Chloe avrebbe potuto facilmente
staccarsi da Diane, soprattutto perché quest’ultima non è la sua
madre biologica. È riuscita a crearsi una vita di successo grazie
ai propri meriti e apparentemente non ha motivo di continuare a
tenere Diane con sé. Lo fa però perché vuole continuare ad
affermare il suo controllo sulla “madre” per alleviare la tensione
emotiva che deriva dal periodo della sua vita in cui non ne ha
avuta nessuna. È una relazione complicata, e apparentemente lo è
sempre stata, ma è interessante che Chloe sia così concentrata
sulla vendetta dopo il fatto, quando prima sembrava volere sempre
la sua libertà.
Cosa succederà a Diane?
Nella scena finale di
Run, Chloe somministra a Diane una familiare
pillola verde, che alla fine segna il suo destino. Il pubblico
conosce bene l’effetto di questa medicina, visto il modo in cui
Chloe ha reagito nel corso del film. Tuttavia, Diane è anche
soggetta a qualsiasi farmaco o trattamento le venga prescritto dal
personale dell’ospedale; in questo senso, potrebbe essere ancora
più indifesa di quanto lo sia mai stata Chloe, nonostante le sue
numerose malattie. Presumibilmente, l’accesso di Chloe alle
medicine significa che sarà in grado di continuare a farsi
prescrivere i farmaci per passarli a Diane come punizione continua
e persino tormento per ciò che ha fatto.
Ma il finale suggerisce anche che
Diane sarà intrappolata nell’istituto per sempre. Ha commesso gravi
crimini; è improbabile che possa essere rilasciata, ma nulla vieta
che alla fine possa fuggire. Diane ha dimostrato di essere molto
intelligente e capace; è anche una manipolatrice e, se riuscisse a
conquistare la simpatia di qualcuno, potrebbe anche essere in grado
di ottenere la sua via d’uscita. Ad oggi non si parla di un sequel
per Run, ma dal momento che Diane è viva alla fine
del film e ha ancora Chloe nella sua vita in qualche modo, è
possibile che una futura storyline possa vederle di nuovo in
contrasto.
C’è anche la possibilità che, col
tempo, Chloe smetta del tutto di far visita a Diane. In un certo
senso, questo sarebbe probabilmente un destino peggiore per la
donna: sarebbe completamente scollegata da Chloe e non avrebbe più
accesso a lei. L’ossessione di Diane per Chloe e le sue illusioni
non sembrano essersi affievolite, anche se è stata costretta a
prendere atto della realtà della sua situazione, in una certa
misura. Tuttavia, il fatto che Chloe si sia fissata sulla vendetta
piuttosto che condannare Diane alla vera sofferenza gioca a favore
del significato più profondo di Run.
La spiegazione del finale di
Run
Nel suo nucleo, Run
parla dunque della natura ciclica del trauma, della violenza e
dell’abuso. Anche se Chloe è riuscita a sfuggire alle grinfie di
Diane e a iniziare una vita apparentemente di successo, non è mai
riuscita a sfuggire a ciò che le è stato fatto. Invece di
ritagliarsi uno spazio separato con la sua ritrovata libertà, va
continuamente a trovare Diane e la tiene sotto il suo controllo.
Inavvertitamente alimenta l’illusione di Diane che Chloe tenga a
lei, almeno nella misura in cui non la abbandona completamente, e
rafforza la convinzione di Diane che Chloe abbia “bisogno” di
lei.
In un certo senso, le due donne
hanno bisogno l’una dell’altra: la loro relazione era
incredibilmente tossica, ma il ciclo di abusi e violenze può
portare la vittima a diventare un abusatore. Non è certo quello che
accade sempre: le persone che hanno subito orrori come quelli a cui
è sopravvissuta Chloe possono diventare persone a tutto tondo,
altamente funzionali e felici. Tuttavia, la scena finale di Run
suggerisce che, per alcune persone, non c’è davvero scampo. Il
corpo di Chloe è permanentemente alterato dall’abuso e
dall’avvelenamento a lungo termine che ha subito a causa della
malattia di Diane e non può perdonare completamente sua
“madre”.
Al di là di questo, l’implicazione
più terrificante del finale del film è che Chloe è potenziata e
persino liberata dal fatto di essere finalmente in grado di
mantenere il pieno controllo su Diane. È consapevole di dove si
trova in ogni momento, può decidere quando interagire e quando no,
ed è in grado di dare a Diane un assaggio della sua stessa medicina
senza che nessuno la fermi. Si tratta di un contorto do ut des che
fa riflettere sul fatto che potere e controllo hanno significati
diversi per le persone. Chloe sembra aver trovato una sorta di
chiusura o di conforto nell’essere ora in grado di diventare la
custode di Diane, mentre ci ricorda costantemente come l’ossessione
di Diane per il controllo le sia costata tutto.
La Zack Snyder’s Justice
League (qui
la recensione) ha permesso di godere della visione originale di
Snyder per il DCEU, includendo finali multipli, portando a termine
alcune storyline e stuzzicando i piani per altre che erano state
abbandonate da tempo. Sebbene i concetti di base della trama siano
simili a quelli della versione cinematografica del 2017 di Justice League, un’apertura diversa, molteplici finali
diversi e un sacco di sviluppo aggiuntivo dei personaggi lo rendono
un’esperienza nettamente diversa rispetto alla versione di
Joss Whedon.
Il film, della durata di quattro
ore, è infatti due volte più lungo della versione cinematografica
del 2017 e presenta una revisione estetica, una nuova colonna
sonora di Junkie XL, archi narrativi ripristinati,
un design alternativo per Steppenwolf e il
ripristino di diversi personaggi, tra cui cattivi come
Darkseid e DeSaad, oltre
all’aggiunta del Joker di Jared Leto. Queste nuove aggiunte
contribuiscono a creare un’esperienza del tutto nuova, che
arricchisce diversi personaggi e archi narrativi. Anche se il DCEU
è ormai defunto, andiamo qui ad analizzare il finale del film per
capire quello che avrebbe potuto essere il futuro del
franchise.
Justice League parla di famiglia
persa e ritrovata
La famiglia è stato un tema
importante in tutti i film DC, ma soprattutto in quelli di Snyder.
L’uomo d’acciaio era incentrato sui padri, con Clark
diviso tra due mondi e due padri, mentre Batman v Superman: Dawn of Justice è incentrato sulle
madri, e culmina nel fatto che Batman si rende conto dell’umanità
di Superman dopo aver sentito Clark invocare Martha, iniziando il
suo percorso di redenzione; quindi è giusto che la Zack
Snyder’s Justice League riunisca la squadra con i temi
della famiglia perduta e della famiglia ritrovata.
Batman ha perso i
genitori e il figlio adottivo, Flash ha perso la
madre e il padre è ingiustamente imprigionato,
Diana è separata dalla madre e dalle sorelle,
Aquaman è diviso tra due popoli e prova
rancore per la madre, e l’arco narrativo di Cyborg
riporta tutto a casa con la storia importante della perdita della
madre e del padre. Naturalmente, Superman è
assente dalla prima metà del film, ma quando ritorna si riunisce
con Lois, che diventerà sua moglie (ed è
potenzialmente incinta di suo figlio), e abbiamo il dialogo di
Jonathan Kent e Jor-El che gli
dicono di amare il mondo come i suoi genitori hanno amato lui.
Flash in una scena di Zack Snyder’s Justice League
Il rifiuto di Cyborg delle
tentazioni della Scatola Madre è un passo importante per
riprendersi dal dolore delle sue perdite. Sa che i suoi genitori e
il suo corpo sono morti e non può riaverli indietro. Ma questo non
significa che sia distrutto o solo. Tutti i membri della Justice
League lo imparano in un modo o nell’altro, ma è la storia di
Victor a fornire questa linea guida per il film, in quanto arriva a
perdonare e accettare Silas, suo padre due volte,
sia come padre biologico che come creatore di Cyborg. Allo stesso
modo, Bruce, il più problematico di tutti gli eroi, potrebbe aver
trovato una parvenza di pace.
Forma la Justice League e sente
Martian Manhunter dirgli che i suoi genitori ne
sarebbero orgogliosi. Naturalmente, questi temi sono in netto
contrasto con Steppenwolf,
Darkseid e gli altri Nuovi Dei.
Mentre la Justice League deve superare le proprie differenze e i
propri problemi personali, l’“unità” sotto Darkseid, attraverso
l’equazione anti-vita, si ottiene con la servitù e la rimozione del
libero arbitrio.
Come il viaggio nel tempo di Flash
aiuta a sconfiggere Steppenwolf
Uno dei maggiori punti di forza
della Zack Snyder’s Justice League è il modo in
cui dà uno scopo a ogni personaggio e alle sue abilità, legando i
loro archi caratteriali direttamente al modo in cui la squadra
vince alla fine, e questo è particolarmente vero per Cyborg e
Flash. Cyborg deve distruggere l’Unità dall’interno, ma non può
farlo senza la supercarica di Flash. Wonder Woman e Aquaman tengono Steppenwolf
lontano da Cyborg, mentre Batman fornisce una copertura all’esterno
della torre, tenendo occupati i parademoni.
Ovviamente Superman è fondamentale
per sconfiggere Steppenwolf, ma anche quando Cyborg rompe l’Unità,
la sua forza è essenziale per separare definitivamente le Scatole
Madre. E, naturalmente, tutto questo non sarebbe possibile se non
fosse per la corsa a velocità della luce di Flash, che infrange le
regole e riporta indietro l’orologio e fa letteralmente resuscitare
l’intero gruppo.
Grazie a questo valoroso lavoro di
squadra, Steppenwolf viene eliminato e l’invasione di Darkseid
viene fermata per il momento, ma la sua caccia all’Anti-Vita è
tutt’altro che finita. Dopo la chiusura del Boom Tube, dice a
Desaad di preparare la sua armata in modo da poter “usare i vecchi
metodi”. Così, mentre la Terra è temporaneamente al sicuro,
Darkseid sta portando la piena ira dei Nuovi Dei sulla Terra e
sulla neonata Justice League.
Darkseid in una scena di Zack Snyder’s Justice League
Dove si trova ogni personaggio
della Justice League alla fine del film
Se da un lato Zack Snyder’s
Justice League riunisce la squadra e risolve la minaccia
immediata di Steppenwolf, dall’altro è anche un’impostazione per
quella che avrebbe dovuto essere la fase successiva dell’Universo
DC. Per quanto riguarda Wonder Woman, è stata
separata dalla sua gente per cento anni e si è tenuta separata
anche dall’umanità. Dopo essere stata al centro della trinità della
DC in Batman v Superman: Dawn of Justice per combattere
Doomsday, Zack Snyder’s Justice League continua il
suo percorso di riconnessione, usando persino le sue esperienze per
incoraggiare Cyborg a riformare il suo legame con il mondo.
Il film si conclude con il suo
ritorno al santuario delle Amazzoni, con la Freccia di Artemide in
mano, alla ricerca dei mezzi per ricongiungersi con la madre e le
sorelle su Themyscira. Le sue avventure sono poi ulteriormente
state esplorate in Wonder Woman 1984. La ricerca di
Flash di ricongiungersi con suo padre,
riabilitando il suo nome, fa un importante passo avanti quando
ottiene un lavoro in un laboratorio criminale. Tali eventi sono poi
stati ripresi in The Flash, uscito in sala nel 2023, nel quale il
protagonista torna indietro nel tempo per salvare sua madre.
Aquaman, invece,
non ha legami personali, rifiuta la sua eredità atlantidea e da
tempo vaga da solo per il mondo, ma la Snyder Cut lo vede
raccogliere il tridente della madre per adempiere alla sua
responsabilità di recuperare la Scatola Madre atlantidea e si
conclude con lui che va a trovare suo padre. Sebbene la continuity
di Aquaman diverga dalla Snyder Cut in alcuni aspetti minori, come
l’accento di Mera e il destino dei suoi genitori, e alcuni aspetti
estetici e linguistici atlantidei, la storia era in qualche modo
destinata a riprendere quella di Arthur dopo questo punto. Il film
Aquaman e il Regno Perdutoporta poi a conclusione il
suo arco narrativo.
Batman, dal canto
suo, ha fatto molta strada dal tentativo di uccidere Superman, e la
sua missione di formare la Justice League e il modo in cui inizia
ad agire sulla base della sua fede nel ritorno di Superman ne sono
la prova. Il film lo mostra sul suo carro armato War Machine dopo
aver apparentemente radunato e legato una banda di criminali. Lo
rivedremo in The Flash, con un breve ma significativo ruolo da
mentore per il protagonista, ma non ci saranno altri progetti a lui
dedicati dopo questo film. Superman, invece, è
ancora alla ricerca del proprio ruolo nel mondo. Anche lui tornerà
per un cameo in Black
Adam, ma senza ulteriori sviluppi.
Cyborg, infine, è
stato a lungo considerato il cuore del film, e si vede. L’intera
voce fuori campo di Silas Stone è un messaggio a Cyborg
sull’accettazione del suo ruolo di eroe, anche se si applica
chiaramente anche al resto della Lega, incoraggiandolo a resistere,
combattere, scoprire, guarire, amare e vincere. Cyborg ha anche
riassemblato il registratore con il messaggio di Silas, mostrando
un nuovo livello di controllo sui suoi poteri che, se l’arco di
Snyder si fosse realizzato pienamente, lo avrebbe portato a
diventare l’eroe più potente della DC, dietro solo al Dottor
Manhattan.
La scena dell’incubo di Batman in Zack Snyder’s Justice
League
L’incubo di Batman
Mentre il “Knightmare”
di Batman
v Superman: Dawn of Justice era un’esperienza dal punto di
vista di Batman, la Zack Snyder’s Justice League
offre a Cyborg una visione di questo incubo prima di resuscitare
Superman. Dopo l’attivazione della Scatola Madre, Superman stesso
vede un’immagine dell’oggetto che brucia la Terra, seguita da
un’immagine di sé stesso che tiene in mano il corpo carbonizzato di
Lois Lane mentre Darkseid lo sorregge, seguita da scorci di un
futuro in cui il cattivo governa il mondo, Wonder Woman e Aquaman
sono morti e la Sala della Giustizia è distrutta.
Al termine della visione, il
computer del ricognitore pronuncia la frase: “Il futuro ha
messo radici nel presente”. Il film si conclude poi con
un’altra scena da incubo, solo che questa sembra svolgersi prima
degli eventi della prima scena da incubo di Batman v Superman. La squadra di
Batman in questo scenario comprende Cyborg, Flash e Mera, oltre a
una discutibile alleanza con Joker. Joker dà a Batman una carta
Joker come segno di tregua e, poiché la carta viene vista attaccata
al calcio della pistola di Batman in Batman v Superman
Knightmare, possiamo presumere che questa scena risalga a una fase
precedente della linea temporale.
Tuttavia, le cose vanno chiaramente
storte in questa versione degli eventi e la carta strappata di
Joker che passa sullo schermo nel Knightmare di Cyborg indica che
la tregua è giunta al termine. In questo particolare momento,
Superman si abbassa per affrontare la Justice League, ma proprio
mentre i suoi occhi si illuminano di rosso, Bruce Wayne si sveglia
nella sua casa sul lago, indicando che potrebbe essersi trattato
solo di un sogno. Non è chiaro quanto questo sogno sia una visione,
uno sguardo al futuro o qualcosa di completamente diverso. La
natura completa del futuro di Knightmare rimarrà per sempre un
dubbio.
Una scena di Zack Snyder’s Justice League
Cosa significa davvero il finale
della Zack Snyder’s Justice League
La Snyder Cut, in
fondo, è giustizia per Zack Snyder e il suo cast e
la sua troupe che non hanno potuto vedere la loro visione sullo
schermo nel 2017. Tuttavia, il filo conduttore dei molti finali
della Zack Snyder’s Justice League è che quasi
tutti lasciavano presagire l’inizio di qualcosa di nuovo. Se questo
poteva essere più emozionante nel 2017, nel 2021 alcuni di essi
sembrarono una commemorazione dei piani cinematografici della DC
del passato e che poi non si sono verificati.
Con la definitiva chiusura del DCEU,
la Snyder Cut è dunque a tutti gli effetti una storia senza sbocco.
Potrebbe quindi sembrare strano concludere il film con così tante
premesse per progetti cancellati da tempo, ma considerando la
natura fondamentale della Snyder Cut, alterare la storia per dare
maggiore finalizzazione sarebbe contrario al principio di
ripristinare la visione originale di Snyder per il film. Ad ogni
modo, dunque, questa Zack Snyder’s Justice
League si può intendere come un grande canto del
cigno di questo franchise, che se da un lato si chiude dall’altro
mostra quello che poteva avere da offrire al suo pubblico.
In attesa della
sesta e ultima stagione di The Handmaid’s Tale, ripercorriamo
insieme il finale del quinto ciclo di serie che si è concluso nel
2022. La quinta stagione di The Handmaid’s
Tale ha mostrato come tutte le principali storyline
siano giunte a una svolta inevitabile. Nonostante la stagione sia
iniziata con June apparentemente al sicuro in Canada, si è capito
presto che il suo obiettivo era vendicarsi di Gilead e ritrovare
Hannah, la figlia avuta con Luke. Tuttavia, anche in Canada la
minaccia di Gilead non è mai stata lontana e June ha capito che né
lei né la piccola Nichole erano al sicuro, rendendo inevitabile la
fuga da Toronto.
June e Serena: un nuovo
inizio?
Nel finale, June si è ritrovata su
un treno diretto a ovest, lo stesso su cui è salita anche Serena.
La loro sorprendente riunione ha segnato una svolta nel loro
rapporto. In passato nemiche giurate, hanno iniziato a mostrare
segni di comprensione reciproca, culminati in una conversazione
significativa nel settimo episodio. L’incontro finale ha suggerito
l’inizio di una possibile alleanza, anche se non è chiaro se
combatteranno insieme contro Gilead.
Il destino di Luke
Luke si è messo in pericolo per
salvare June durante un attentato organizzato da un cittadino
canadese ostile ai rifugiati. Sebbene sia riuscito a fermarlo, è
finito in ospedale ed è diventato un sospettato. Per permettere a
June e Nichole di fuggire, ha deciso di sacrificarsi, rischiando
un’accusa di omicidio colposo. Considerando il crescente rifiuto
dei rifugiati da parte del Canada, è probabile che Luke venga usato
come esempio politico.
Nick e la sua lealtà divisa
Nick non è riuscito a lasciarsi June
alle spalle, nonostante il suo matrimonio con Rose. Ha accettato di
collaborare con il governo americano pur di proteggere June, ma ha
compromesso la sua posizione a Gilead attaccando il Comandante
Lawrence davanti agli altri Comandanti. Questo lo ha reso un
traditore agli occhi di Gilead e ha perso anche il sostegno di
Rose, lasciandolo in una posizione molto pericolosa.
Janine e il punto di
rottura
Janine ha rifiutato il suo nuovo
incarico presso i Lawrence e, per questo, è stata arrestata
brutalmente dagli “Occhi”. Zia Lydia, che aveva sempre cercato di
proteggerla, ha reagito in modo diverso dal solito, cercando di
opporsi all’arresto. Questo gesto ha mostrato un cambiamento
importante nel suo personaggio e potrebbe anticipare il suo
passaggio alla resistenza, come raccontato in The Testaments.
Il ruolo del Canada
La quinta stagione ha mostrato un
Canada sempre più influenzabile da Gilead. L’ostilità verso i
rifugiati e il sostegno a personaggi legati a Gilead (come i
Waterford o i Wheeler) ha reso evidente come il Paese stia
cambiando. Tuttavia, con June e Nichole dirette verso le Hawaii, è
probabile che Toronto abbia un ruolo minore nella prossima
stagione.
Il significato della
canzone finale
Durante l’ultima scena tra Serena e
June, è partita “bury a friend” di Billie Eilish. La
canzone, oscura e inquietante, si è adattata perfettamente al loro
rapporto ambiguo: nemiche, complici, vittime dello stesso sistema.
I versi parlano di paura e legame, e riflettono bene la complessità
tra le due donne.
La stagione 5 come ritorno alle
origini
Il finale ha chiuso un cerchio: la
storia di June, iniziata con la sua vita prima di Gilead, sembra
entrare in una nuova fase, speriamo meno tragica. Lei e Serena sono
cambiate radicalmente rispetto alla prima stagione, e ora
potrebbero essere pronte a guidare insieme la rivoluzione.
Cosa aspettarsi dalla sesta
stagione
La sesta e ultima stagione vedrà
June impegnata a distruggere Gilead una volta per tutte. Sebbene
sia fuggita verso le Hawaii, gli eventi la riporteranno al centro
della lotta. Naomi Putnam avrà un ruolo più centrale e Serena
sembra pronta a risposarsi, ma anche a giocare una parte decisiva
nella guerra.
June sarà divisa tra Luke e Nick,
mentre Luke avrà finalmente un ruolo più attivo nella ribellione.
Personaggi come Serena, Nick, Lydia e Lawrence mostreranno i segni
di un cambiamento interiore, mentre la guerra contro il regime si
avvicina.
Il finale epico della seconda
stagione di 1923 ha finalmente riportato
Spencer
Dutton (Brandon
Sklenar) a casa, pronto a combattere per salvare il
ranch di famiglia, lo Yellowstone Dutton Ranch. Dopo un lungo
e faticoso viaggio fino al Montana, Spencer ha ritrovato
Alexandra (Julia Schlaepfer), la
moglie, congelata tra la neve mentre il treno di Spencer passava
per caso. Intanto, Jacob Dutton (Harrison
Ford) e gli uomini mandati da Donald
Whitfield (Timothy Dalton) lo attendevano
a Livingston per ucciderlo.
La guerra per lo Yellowstone:
Spencer salva il ranch
Sul ranch, le forze di Whitfield
hanno attaccato. Cara Dutton (Helen
Mirren), Zane Davis (Brian Geraghty) ed
Elizabeth Strafford (Michelle Randolph) hanno
difeso la tenuta insieme ai cowboy. In Oklahoma, Teonna
Rainwater (Aminah Nieves) è finita sotto processo per
omicidio, ma ha trovato giustizia grazie alla Marescialla
Mamie Fossett (Jennifer
Carpenter).
Spencer, appena arrivato a
Livingston, è stato attaccato, ma ha reagito insieme a Jacob e allo
sceriffo McDowell. Con l’aiuto inaspettato di Banner
Creighton (Jerome Flynn), hanno eliminato i sicari.
Spencer ha poi guidato i cowboy, ucciso il braccio armato di
Whitfield e ripreso il controllo del lodge. Grazie a lui, lo
Yellowstone è stato salvato, e Spencer ha preso il posto di Jacob
alla guida del ranch.
La tragedia di Alexandra e la
nascita di John Dutton II
Alexandra, gravemente congelata, ha
partorito un figlio, John, in ospedale a Bozeman.
È il futuro John Dutton II, padre di John Dutton
III (Kevin Costner). Alex ha rifiutato l’amputazione pur di
allattare il bambino, e ha passato le ultime ore della sua vita con
Spencer, morendo nel sonno. Dopo la sua morte, Cara si è occupata
del neonato.
Whitfield e Lindy uccisi dai
Dutton
Spencer e Jacob hanno fatto
irruzione nella villa di Whitfield e lo hanno ucciso, insieme alla
sua protetta, Lindy. Dopo aver liberato
Mabel, hanno dato fuoco alla casa. Così si è
conclusa la minaccia di Whitfield, ma la serie ha suggerito che
altri uomini potenti seguiranno le sue orme, come poi si è visto in
Yellowstone.
Elizabeth lascia il Montana
dopo la morte di Jack
Elizabeth ha scoperto che
Jack Dutton (Darren Mann) era morto e lo ha
seppellito insieme ad Alexandra. In seguito, ha lasciato il Montana
per tornare a Boston. Anche se è incinta, Cara le ha detto con
freddezza: “Non lo amerai per sempre”. Elizabeth resterà comunque
legata alla famiglia Dutton.
Banner Creighton si redime e muore
da eroe
Creighton ha capito gli errori del
passato e si è ribellato a Whitfield. Ha salvato la vita a Jacob
durante la sparatoria, ma è rimasto ucciso. Jacob, in segno di
rispetto, ha promesso di far partire la moglie e il figlio di
Banner verso Portland. È morto da uomo cambiato.
Teonna Rainwater ottiene la
libertà
Teonna, arrestata dopo aver ucciso
un agente, è stata graziata da un giudice dell’Oklahoma che ha
riconosciuto l’ingiustizia del processo. Fossett ha testimoniato a
suo favore. Teonna è così tornata libera, anche se devastata dagli
eventi. Le è stato consigliato di ricominciare una nuova vita,
magari in California.
Il destino di Spencer,
Jacob, Cara e John Dutton II
Spencer ha preso il comando del
ranch, mentre Jacob e Cara si sono ritirati per occuparsi del
piccolo John. La narrazione di Elsa Dutton ha
rivelato che Spencer non si è mai risposato, ha avuto un altro
figlio da una vedova ma non l’ha mai amata come Alexandra. È morto
nel 1969, 45 anni dopo la moglie, accanto alla sua tomba.
Nell’ultima scena, Spencer e Alex si sono ritrovati in un
“paradiso” personale, nella sala da ballo del transatlantico dove
si erano conosciuti.
Uno sguardo al futuro:
1944
Dopo 1923,
il prossimo prequel ideato da Taylor Sheridan sarà
1944, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale.
John Dutton II avrà 20 anni e potrà combattere al
fronte per poi tornare allo Yellowstone. Anche il figlio di
Elizabeth e Jack potrebbe avere un ruolo. Mentre è improbabile che
Jacob e Cara siano ancora vivi nel 1944, resta da vedere se Spencer
sarà interpretato dallo stesso attore o da uno nuovo.
Un finale che ha salvato la
stagione
Il finale di due ore di
1923 ha finalmente regalato agli spettatori la
guerra per lo Yellowstone che si aspettavano. Sebbene molti abbiano
trovato la stagione 2 più lenta e focalizzata su Spencer e Alex,
Taylor Sheridan ha voluto raccontare una storia
più intima e tragica. Con la morte di Alex, riecheggia la tragedia
di Elsa in 1883. Il finale ha alzato il
livello narrativo, salvando l’intera stagione e lasciando forti
emozioni.
L’attore di Star Trek Simon Pegg
rivela all’Awesome Con di aver proposto Nick Frost
come uno dei personaggi iconici della storia del franchise. Il
primo film sulla linea temporale di Kelvin è uscito nel 2009,
introducendo nuove versioni di personaggi classici, con
Chris Pine che interpretava il ruolo di James T.
Kirk, Zachary Quinto che interpretava Spock e
Pegg che
interpretava il ruolo di Montgomery Scott, alias “Scotty”. Dopo due
sequel, ora c’è la speranza che uno Star Trek 4
possa essere realizzato con lo stesso cast, anche se il film sembra
essere rimasto bloccato in fase di sviluppo dopo essere stato
annunciato per la prima volta nel 2016.
Durante un recente panel Awesome Con
moderato da Joe Deckelmeier di ScreenRant, Pegg, che ha
partecipato all’evento con la sua co-star della trilogia
Cornetto, Frost, condivide un aggiornamento su
Star Trek 4. L’attore che interpreta Scotty
condivide le sue speranze che un altro capitolo possa finalmente
concretizzarsi, ma, sfortunatamente, non ha notizie concrete da
condividere sullo stato del film:
Sarebbe divertente. Vorrei che
facessimo un altro film. Sarei felice di tornare con quei ragazzi e
fare un altro film, qualunque sia la storia. Amo i miei compagni di
squadra dell’Enterprise; sono le persone più dolci. Sono stato così
orgoglioso che Zoe abbia vinto un Oscar quest’anno.
Sarà dura per noi, perché
abbiamo perso Anton [Yelchin], che era un membro molto amato del
nostro gruppo. Ma qualunque sia la storia, ci sarò. Non ho novità
da darvi a riguardo, solo che non è impossibile. Quindi, dita
incrociate.
Quando gli viene chiesto chi
vorrebbe che Frost interpretasse in un futuro progetto di Star
Trek, Frost interviene, dicendo con entusiasmo, “Harry
Mudd!” Pegg è apparentemente consapevole del desiderio del suo
frequente collaboratore di interpretare questo personaggio
memorabile, rivelando di aver lanciato l’idea: “Credetemi, ho
lanciato quest’idea più volte.”
Auguri per la tua morte 3 è un progetto vivo e vegeto
stando agli ultimi aggiornamenti forniti dal regista del franchise
e dalla star principale. Diretto da Christopher
Landon, Auguri per la tua morte del 2017 era un film
horror in stile Ricomincio da capo in cui una studentessa
universitaria rimane bloccata in un loop temporale e deve rivivere
il giorno fatidico in cui viene assassinata, più e più volte. Il
film presentava un cast di spicco tra cui Jessica Rothe,
Israel Broussard, Ruby Modine e Charles
Aitken. Il film è stato seguito da Ancora auguri per la tua morte nel 2019, ed è
stato lanciato un terzo film.
Parlando all’American Cinematheque
(tramite Bloody Disgusting), Rothe e Landon forniscono un
aggiornamento su Auguri per la tua morte 3. In una
dichiarazione sicura, Rothe ha affermato che il terzo capitolo
“sta andando avanti“. Landon ha confermato questo fatto,
riecheggiando la stessa affermazione dicendo “sta andando
avanti“. Il regista e l’attrice non hanno detto nulla sulla
cronologia di produzione o sui dettagli della trama del terzo
capitolo.
Cosa aspettarci da Auguri
per la tua morte 3?
Nonostante il finale di Ancora auguri per la tua morte con
un’anticipazione post-crediti, Landon ha detto nel 2019 che non
c’era nessun sequel in fase di sviluppo attivo. La conversazione è
poi cambiata all’inizio del 2020, quando Jason
Blum ha detto che stava spingendo per la realizzazione di
un altro film. Tuttavia, i progressi su Auguri per la tua
morte 3 sono stati lenti nonostante Landon abbia
rivelato alcuni dettagli della trama nel corso degli anni.
Dopo che Landon ha fornito
un’ulteriore anticipazione sul film il mese scorso, le sue
dichiarazioni e quelle di Rothe sembrano confermare più
concretamente che Auguri per la tua morte 3 si
farà. A questo punto, sono passati sei anni dall’ultima volta che
un film del franchise è uscito sul grande schermo. Riuscirà ancora
a cogliere l’attenzione del pubblico?
Will Smith ha rivelato un dettaglio
fondamentale sul personaggio di Michael B. Jordan in Io sono
leggenda 2. Uscito nel 2007, Io sono leggenda è ambientato in un mondo
post-apocalittico e vede Smith nei panni del virologo dell’esercito
americano Dr. Robert Neville, unico sopravvissuto a New York City,
mentre cerca una cura per un virus che ha spazzato via la maggior
parte dell’umanità e trasformato gli umani in mutanti notturni. Nel
2022, è stato confermato che
Io sono leggenda 2 era in fase di sviluppo con Smith
che riprendeva il suo ruolo e Jordan pronto a recitare al suo
fianco.
Ora, durante una recente apparizione
nel podcast Drink Champs di REVOLT, Will Smith ha rivelato un dettaglio
chiave sul personaggio di Jordan in Io sono leggenda
2. La star ha discusso brevemente di come originariamente
avrebbero fatto un prequel prima che lo sceneggiatore Akiva
Goldsman suggerisse un sequel, che segue il finale
alternativo del film originale, piuttosto che quello
cinematografico, prima di continuare a rivelare che il personaggio
di Jordan è il “capo di un insediamento nel Connecticut” e
non il figlio del suo personaggio.
“Quello che avremmo dovuto fare
era il prequel… E [Akiva Goldsman] ha proposto invece di fare un
sequel a partire dal finale alternativo, dove il tuo personaggio è
ancora vivo e sai, il personaggio di Michael B. Jordan è
attualmente a capo di un nuovo insediamento… Non è mio figlio…
Quindi c’è un insediamento nel Connecticut.”
Staremo a vedere cosa significherà
questo per la trama che a questo punto è completamente originale e
si sviluppa a partire dal finale alternativo del film che però non
fa parte del finale cinematografico, in cui Neville muore.
L’originale
Io sono leggenda era basato sull’omonimo romanzo del 1954 di
Richard Matheson. Il film è stato un successo quando è stato
presentato nel 2007 e ha registrato il più grande incasso di sempre
per un film non natalizio ed è stato il settimo film di maggior
incasso del 2007.
È un monito piuttosto cupo quello
che Ron Howardlancia con il
suo nuovo film, Eden: puoi disinteressarti della
guerra, ma la guerra non si disinteresserà di te. Con un cast all
star composto da JudeLaw, Vanessa
Kirby, Daniel Bruhl, Ana
de Armase Sydney Sweeney, il film presentato al Torino
Film Festival arriva finalmente in sala, in un momento storico che
ne esalta indubbiamente il messaggio rendendolo ancor più
minaccioso. Se poi si considera che quella narrata non è una storia
frutto di fantasia (o meglio, non del tutto), bensì una vicenda
realmente avvenuta, diventa ancor più facile provare un certo
scetticismo nei confronti della capacità di coesistere
pacificamente dell’umanità.
La trama di Eden: la guerra nell’animo
Tra le due guerre mondiali, il
filosofo tedesco Dr. Friedrich Ritter (Law)
diventa una celebrità per aver abbandonato la civiltà ed essersi
trasferito sull’isola di Floreana, nelle remote Galapagos, insieme
alla sua discepola e amante Dore Strauch (Kirby).
La loro incredibile dedizione nella ricerca di una vita migliore e
di un nuovo modello di società ispira Heinz
Wittmer (Bruhl) a fuggire anch’egli verso le Galapagos per
ricominciare da capo. Heinz, la sua giovane e intraprendente nuova
moglie Margaret (Sweeney) e il figlio malaticcio
Harry arrivano sull’isola. Questo scatena
immediatamente l’ira di Dr. Ritter e Dore, che non hanno alcun
interesse ad avere vicini e detestano profondamente
l’intrusione.
Proprio quando questi due nuclei
familiari sembrano però trovare un equilibrio per coesistere
pacificamente, arriva Eloise Wagner De Bousquet
(de Armas), una misteriosa e audace presunta ereditiera, nota come
La Baronessa. La donna ha il progetto di costruire un hotel di
lusso per super-ricchi sull’isola. Come il Dr. Ritter, però, anche
la Baronessa vuole l’isola tutta per sé e usa tattiche subdole per
tormentare gli altri abitanti, spingendoli ad andarsene. Le cose si
complicano quando diventa chiaro per tutti che Eloise non si
fermerà davanti a nulla pur di reclamare l’isola. Con la
sopravvivenza della loro famiglia a rischio, i Wittmer si vedranno
costretti a entrare in un conflitto sempre più intenso e
pericoloso.
Come si può intuire, quello che
vediamo nel film di Howard è tutto fuorché un Eden. L’isola è
selvaggia proprio come gli umani che sono venuti ad abitarla e ce
lo comunica già la fotografia desaturizzata di Mathias
Herndl. Una scelta stilistica che, seppur talvolta fin
troppo didascalica, rende bene l’idea dell’oscurità che avvolge il
racconto, conferendo all’isola un aspetto tutt’altro che ospitale,
affascinante e idilliaco, rendendo la stessa visione del film una
sfida non indifferente. Tuttavia, al di là dei suoi pericoli,
l’isola è capace di dimostrarsi anche magnanima nei confronti di
chi ne ha rispetto e cura, permettendo ad esempio ai Wittmer di
prosperare e addirittura dare la luce ad un bambino (con una scena
di parto forse fin troppo sopra le righe ma che farà indubbiamente
parlare di sé).
Lo specchio del contemporaneo
Un Eden l’isola di Floreana potrebbe
dunque anche esserlo, se non fosse per la presenza umana che,
benché tenti di sfoggiare la maschera della civiltà, si dimostra
tutt’altro che capace di manifestare quanto professa. È così che
dopo una prima parte del film in cui si presentano contesto e
personaggi, anche in relazione allo svolgersi della Storia che
resta però confinata nell’altrove, si entra nel vivo di una vicenda
che ha come obiettivo quello di ribadire come non sia possibile
sfuggire alla guerra se questa è radicata nel proprio animo. Ogni
personaggio assume allora dei precisi connotati, incarnando
comportamenti con i quali abbiamo ormai profonda familiarità.
Ana de Armas è allora l’egocentrica conquistatrice
pronta a generare conflitto negli altri affinché lei possa
primeggiare, JudeLaw è l’uomo dai nobili
propositi ma che si dimostra più intenzionato a disfare quelli
altrui che coltivare i propri (o, detta altrimenti: predicando bene
ma razzolando male), mentre Sydney Sweeney è la donna che impara le regole
del gioco e le sfrutta a proprio vantaggio. Meno definiti invece i
personaggi di Daniel Bruhl e Vanessa Kirby, che finiscono dunque per
passare in secondo piano rispetto ai primi tre. La loro diventa
dunque una situazione alla Il Signore delleMosche, dove invece di cooperare per costruire le
fondamenta di una società migliore, si fanno avvelenare e
corrompere da quegli istinti bellici che sembrano dunque innati
nell’essere umano.
Tra passi falsi e colpi di scena,
Eden raggiunge il suo obiettivo
Eden ci
suggerisce dunque un’apparente impossibilità dell’essere umano di
non ricadere nei propri errori, cosa che l’attuale contesto globale
– con il quale il film si pone in dialogo – sembra confermare. Ciò
avviene dunque con un racconto che, dopo una parte iniziale
volutamente ostica per trasmettere il senso di disagio dei nuovi
arrivati sull’isola, si apre ad ad un secondo e terzo atto
decisamente più avvincenti, vuoi per i personaggi che ci sono più
noti vuoi per le loro intenzioni più chiare ma anche per la
semplice curiosità di scoprire dove li porteranno le loro azioni.
Seguiamo dunque con un crescente interesse i protagonisti del film,
anche se sempre più consapevoli della difficolta nel parteggiare
per uno tra loro.
Howard non minimizza mai le loro
azioni, che anche quando vengono compiute in nome della propria
sicurezza e sopravvivenza, ci ribadiscono tutta l’ipocrisia di
questi esseri umani. Ancor di più, però, è interessante il modo in
cui il regista segua dei percorsi che apparentemente mettono da
parte alcuni di questi personaggi salvo poi compiere veri e propri
scambi di ruolo, con le donne – e in particolare Sydney Sweeney – che acquisiscono un valore
predominante. Grazie a questi espedienti e colpi di scena,
Eden riesce ad essere un film che, seppure
tavolta può risultare fuori fuoco rispetto ai temi di suo
interesse, riesce a trovare le modalità per raccontare una storia
avvincente che si porta con sé una serie di riflessioni in aperto
dialogo con il contemporaneo.
In Tyler Perry’s
Duplicity, disponibile su Prime Video, la
fiducia dell’avvocata Marley Wells è stata irrimediabilmente
compromessa quando si è trovata coinvolta in un caso troppo
personale. Tutto è iniziato con la morte del suo caro amico Rodney
Blackburn, colpito a morte da un poliziotto bianco, Caleb Kaine,
mentre stava facendo jogging. Caleb, insieme al suo superiore Kevin
Moore — un conoscente di Marley — ha affermato di essere
intervenuto dopo una segnalazione da parte di una donna che
sosteneva di aver visto un intruso entrare nella casa del vicino. I
due agenti hanno raccontato di aver intimato a Rodney di fermarsi e
alzare le mani, ma lui avrebbe messo la mano in tasca, dando
l’impressione di estrarre un’arma. Per questo motivo, gli avrebbero
sparato, anche se si è poi scoperto che si trattava solo di un
telefono.
La morte di Rodney ha sconvolto
Marley, ma ha devastato ancora di più la sua migliore amica Fela,
moglie della vittima. Nonostante i problemi coniugali, Fela amava
Rodney profondamente. Marley ha promesso di fare causa alla città
per omicidio colposo, ma più indagava, più sentiva che mancava
qualcosa. Tra le rivelazioni emerse, è venuta alla luce una
relazione extraconiugale di Rodney, ma è stato il passato violento
di Caleb a convincere la città ad accettare un accordo
extragiudiziale da oltre quindici milioni di dollari. Sembrava
tutto risolto, ma quattro mesi dopo un evento ha spinto Marley a
scoprire la vera cospirazione dietro la morte dell’amico.
Kevin, Fela e Tony hanno ucciso
Rodney per avidità e gelosia
A un’analisi superficiale, la colpa
sembrava ricadere su Caleb Kaine, il giovane poliziotto. In realtà,
Marley ha scoperto che dietro l’omicidio c’erano Kevin, Fela e
Tony, che avevano orchestrato tutto per liberarsi di Rodney. Caleb
era solo uno strumento. Non volevano destare sospetti, conoscendo
la determinazione di Marley, quindi hanno manipolato gli eventi in
modo che la colpa sembrasse sua.
Hanno sfruttato il passato militare
violento di Caleb, durante il quale era stato accusato di
aggressione e uso di insulti razzisti, per costruire una narrativa
credibile. Così Marley ha ottenuto il risarcimento. In realtà, il
piano prevedeva che Kevin, come agente, potesse dirigere
l’intervento. Fela ha usato i pregiudizi razziali di un’anziana
signora bianca per farle segnalare un falso tentativo di
effrazione. Kevin e Caleb sono quindi arrivati “casualmente” sul
posto. Rodney, colto di sorpresa, è stato colpito. Caleb,
rendendosi conto dell’errore, ha chiesto aiuto, ma Kevin ha
ritardato l’intervento medico e Rodney è morto dissanguato.
Perché Fela, Kevin e Tony hanno
tradito Marley?
Tyler Perry’s Duplicity – Prime Video
Il coinvolgimento di Fela, Kevin e
Tony è apparso assurdo, considerato il legame con Marley e Rodney.
Ma Marley ignorava molte cose. Tony, che aveva conosciuto tramite
Fela, le aveva raccontato di essere stato licenziato dalla polizia
per razzismo e lei lo aveva difeso con successo, ottenendo un
risarcimento. Ma Tony non era innocente. Aveva un alias — Kevin —
usato su app di incontri, dove aveva conosciuto Anna Lewis, con la
quale aveva avuto una relazione violenta.
Rodney aveva aiutato Anna a
liberarsi di Tony e tra i due era nato qualcosa. Quando Tony lo ha
scoperto, è impazzito. Fela, venuta a conoscenza del tradimento, si
è infuriata. Inoltre, anche lei aveva una relazione segreta con
Kevin. Davanti a Marley, fingeva di respingerlo, ma in realtà
tramava con lui.
Dopo l’omicidio, si sono fatti
avanti con la causa, sapendo che Marley avrebbe potuto ottenere un
grande risarcimento. Una volta ottenuti i soldi, Fela si è
allontanata da Marley, ha cambiato casa e ha interrotto ogni
contatto. Pensavano che la verità non sarebbe mai venuta a galla,
ma Caleb ha incontrato Anna Lewis, che ha riaperto le indagini.
Fela, Kevin e Tony sono morti? E
cosa è successo a Caleb Kaine?
Tyler Perry’s Duplicity – Prime Video
Come parte dell’accordo, Caleb è
stato arrestato per l’omicidio di Rodney. Ma, oppresso dal senso di
colpa, ha cominciato a dubitare di quanto accaduto. L’incontro con
Anna gli ha fatto capire di essere stato incastrato. Ha quindi
cercato Marley per raccontarle la verità. Anna le ha indicato la
casa dove aveva nascosto il telefono con i video incriminanti.
Marley ha trovato il telefono, ma ha anche scoperto che Tony era in
realtà “Kevin”, l’ex di Anna.
Quando Marley ha tentato di
scappare, Tony e Kevin l’hanno sedata e portata su una barca, dove
Fela li aspettava. Avevano intenzione di ucciderla. Un poliziotto è
arrivato in quel momento, ma Kevin l’ha ucciso a sangue freddo.
Marley, però, si è risvegliata, è riuscita a liberarsi e ha
recuperato una pistola lanciarazzi. Ha colpito i tre uno per uno e
poi ha sparato un razzo per chiedere aiuto.
È improbabile che siano morti sul
colpo, ma sicuramente sono stati feriti gravemente, abbastanza da
permettere alla polizia di arrestarli. Una volta svelata la verità,
Caleb è stato scagionato. È apparso in TV con Marley, raccontando
la vera storia e riabilitando la sua reputazione. L’aggressione al
soldato nero durante il servizio militare si è rivelata essere
stata in difesa di Jennifer, sua futura moglie. Con tutte le accuse
ritirate, Caleb ha potuto riprendere in mano la sua vita.
Diretto da Kamel Guemra,
Carjackers, nella Top 10 di Prime Video in
questi giorni, racconta la storia di una banda criminale
organizzata guidata da una ragazza di nome Nora. Il film narra le
complicazioni sorte durante una missione di Nora e di come sia
riuscita a superarle.
Carjackers non ci fornisce
molte informazioni sul passato dei personaggi, quindi non scopriamo
mai le vere ragioni dietro la loro malinconia. Sì, hanno derubato
delle persone, ma il regista ci fa percepire che fossero vittime
delle circostanze più che vere anime malvagie. Tuttavia, lascia al
pubblico il compito di immaginare cosa possa essere successo loro
in passato, rendendo il racconto, almeno secondo me, un po’
superficiale. Detto ciò, vediamo cosa è successo a Nora e se è
riuscita a salvarsi.
Cosa era stato incaricato di fare
Elias?
Elias era un mercenario, un sicario
al soldo dei ricchi e potenti. Faceva qualsiasi cosa gli venisse
richiesta, purché fosse ben pagato. Conosceva bene il sistema e
seguiva una regola fondamentale: se vuoi prosperare, lavora per i
ricchi e non metterti mai contro di loro. Elias non aveva scrupoli,
eseguiva ogni ordine.
Un giorno, mentre era tra un
incarico e l’altro, ricevette una chiamata dalla direzione
dell’Imperial Hotel: una banda aveva appena derubato un uomo
facoltoso e il management voleva che trovasse i responsabili prima
che colpissero di nuovo. Elias aveva un occhio attento per i
dettagli e sapeva il fatto suo. L’uomo derubato era in compagnia di
due escort al momento dell’attacco; una di loro rimase gravemente
ferita, ma i rapinatori si assicurarono che venisse portata in
ospedale.
Nora, leader della banda, era da
anni nel giro. Insieme a Steve, Joe e Prestance, aveva rapinato
molti ricchi, sempre facendo attenzione che nessuno morisse.
Agivano in modo estremamente organizzato, consapevoli che un solo
errore li avrebbe messi nel mirino della polizia. Ma stavolta le
cose si erano fatte più rischiose: l’escort aveva quasi perso la
vita.
La banda lavorava
all’interno dell’Imperial Hotel, il che permetteva loro di
selezionare con cura i bersagli e colpirli dopo il check-out. Elias
sospettava che i colpevoli fossero tra il personale, così iniziò a
interrogarli, compresa l’escort una volta dimessa. Sebbene lei
avesse riconosciuto Nora, non disse nulla. Elias decise di restare
in hotel fino a beccarli. Mentre interrogava l’escort, vide Nora
guidare l’auto di un cliente dal parcheggio. Il modo in cui guidava
gli fece sospettare che fosse coinvolta. Non disse nulla, ma iniziò
a seguirla.
Nora è riuscita a vendicarsi di
Peter Vandervielt?
Il piano originale di Nora era
derubare una donna di nome Debra Ford, una trafficante d’armi.
Tuttavia, qualcosa accadde all’Imperial Hotel che la spinse a
cambiare obiettivo. Una collega di Nora, impiegata nel reparto
pulizie, fu violentata dal figlio di un ricco mercante di diamanti,
Peter Vandervielt. Dopo l’aggressione, Peter usò i suoi contatti
per far sì che l’hotel sistemasse tutto offrendo del denaro alla
vittima. La direzione accettò, per non perdere un cliente
importante.
Nora rimase sconvolta
dall’ingiustizia e non riusciva ad accettare tanta disumanità. Così
convinse la sua banda a puntare su Peter anziché sulla trafficante.
Steve e gli altri erano titubanti, temevano di esporsi troppo, ma
alla fine Nora li convinse. Elias, intanto, era sempre più convinto
che fosse lei la mente del gruppo, e capì che avrebbe tentato di
vendicarsi di Peter.
Aveva ragione: Nora e la sua banda
riuscirono a derubare Peter e a fuggire. Ma Peter, più scaltro del
previsto, aveva nascosto un localizzatore nei diamanti. Grazie a
quello, Elias trovò il loro nascondiglio. Fece irruzione e uccise
Steve, Zoe e Prestance, ma Nora riuscì ancora una volta a
scappare.
Nora era devastata, e si sentiva in
parte responsabile per la morte dei suoi compagni, che per lei
erano come una famiglia. Il suo mentore Luis, ex membro della
malavita, le consigliò di vendicarsi di Peter, dicendole che solo
così avrebbe trovato pace. Così Nora tornò all’Imperial Hotel,
affrontò Peter e, prima che Elias potesse salvarlo, lo uccise con
un colpo di pistola. Ma Nora non sapeva che Elias aveva ancora un
asso nella manica.
Elias è riuscito a
catturare Nora?
Nora si era legata sentimentalmente
a un pianista dell’hotel, Jalil. Sapeva che lasciarsi coinvolgere
era un errore, ma non riuscì a evitare di innamorarsi. Confessò a
Jalil la verità su di lei, e come temeva, lui decise di lasciarla:
aveva una figlia piccola e non poteva rischiare per amore.
Dopo l’omicidio di Peter, Elias
scoprì del legame tra Nora e Jalil, e decise di usarlo come leva.
Rapì Jalil e minacciò Nora, chiedendole tutti i soldi in cambio
della vita dell’uomo. Nora accettò di condurlo al nascondiglio del
denaro, ma non aveva intenzione di cedere. Appena ne ebbe
l’occasione, assalì Elias con un coltello e lo ferì gravemente.
Il finale di
Carjackers
Nel finale di Carjackers,
Nora uccide Elias, vendicando i suoi amici. Jalil, testimone
dell’omicidio, rimane sconvolto e se ne va, probabilmente pentito
di essersi innamorato di lei. Nora prende i soldi e fugge,
lasciando il corpo di Elias alle spalle. Ora dovrà cambiare città e
sparire, perché la polizia è sulle sue tracce. Ha ucciso sia Elias
che Peter, e il padre di quest’ultimo — uomo potente — di certo non
resterà a guardare. Questo lascia intuire che un sequel potrebbe
essere all’orizzonte, anche se molto dipenderà dal successo del
film, che a mio avviso non è garantito.