Arriva in sala dal 3 giugno
Adam, primo film di Maryam
Touzani, già autrice del documentario che ispirò
Much Loved, del regista Nabil
Ayouch, suo compagno. Il percorso internazionale del film
inizia a Cannes
2019, dove partecipa nella sezione Un Certain
Regard. Il film viene poi proposto per rappresentare il
Marocco agli Oscar 2020. E’ con
questo biglietto da visita che si presenta alla riapertura delle
sale italiane.
Il cinema di Maryam Touzani
e Nabil Ayouch
Giornalista cinematografica
marocchina, Touzani è autrice nel 2014 del
documentario Sous ma Vieille Peau,
incentrato sul tema della prostituzione in Marocco. Da qui nasce
nel 2015 Much Loved, pellicola diretta da
Nabil Ayouch, osteggiata in patria quanto
apprezzata all’estero, che affronta senza pietismi, ma con realismo
e vitalità il tema. La collaborazione con il suo compagno prosegue
due anni dopo con Razzia, di cui
Touzani è anche co-sceneggiatrice e protagonista.
Il film ha partecipato per il Marocco alla corsa agli Oscar
2018 e fotografa abilmente il paese con le sue
contraddizioni, con una particolare attenzione al femminile, anche
grazie all’occhio, o per meglio dire alla penna, di Maryam
Touzani.
La condizione femminile in un paese
che va verso la modernità, ma porta con sé ancora ampi retaggi di
un costume arcaico, che marginalizza le donne e rende loro
difficile compiere scelte libere, è dunque da sempre al centro del
discorso portato avanti dalla coppia. È così che si arriva ad
Adam.
Adam, la trama
Abla, Lubna Azabal,
vive a Casablanca con sua figlia Warda, Doual
Belkhauda, di otto anni. Lì ha un negozietto, ricavato
all’interno della sua abitazione, dove vende prodotti da forno
dolci e salati. Una sera una donna incinta, Samia, Nisrin
Erradi, che cerca lavoro e non ha una casa, bussa
alla sua porta e, respinta, resta a dormire sul marciapiede di
fronte alla casa. Così, pur dubbiosa, Abla decide di farla entrare
e darle una mano almeno fino al parto. Quest’incontro cambierà le
vite di entrambe, aiutando Abla a superare una perdita e Samia ad
accettare la rischiosa sfida di essere madre senza un marito, in un
paese che stigmatizza fortemente le madri nubili e i loro
figli.
Per Touzani un esordio
impegnato e solidale con Adam, figlio della speranza

Oggi Touzani si
mette in prima persona dietro la macchina da presa. Tratta e
approfondisce la difficile questione della maternità per le donne
nubili, laddove il nascituro non sia riconosciuto dal padre. Si
concentra poi sul legame che si instaura tra due donne sole, che si
trovano ad affrontare le loro paure.
La visione di Maryam
Touzani è empatica ed emozionante. Si concentra su un
mondo piccolo, limitato nello spazio – quello della casa di Abla e
poco più – ma emotivamente molto ricco ed intenso. Le due
protagoniste sono davvero molto brave, coinvolgenti, intense e
padrone dei personaggi, con un’ottima Nisrine
Erradi, che riesce a far muovere il suo personaggio con
disinvoltura tra leggerezza e dramma, coraggio e sconforto. Mentre
Lubna Azabal – I tempi che
cambiano di Andrés Téchiné, nonché
protagonista di La donna che canta di
Denis Villeneuve – è padrona del personaggio di
Abla, riuscendo ad essere coinvolgente anche nel registro minimale
proprio di questa figura di donna che vive nel ricordo del passato,
anziché abbracciare il presente. Abla gestisce la casa e la
famiglia in modo rigoroso, essenziale, quasi monastico. È rigida
con sé stessa e anche con gli altri, non si lascia andare. Finchè
non arriva Samia, che in qualche modo le ricorda sè stessa, anche
se le loro storie sono diverse. Samia è giovane, allegra e
perseverante, ma deve affrontare una scelta difficile: cosa fare
del bambino che porta in grembo? Non vuole farlo crescere senza un
padre, figlio illegittimo, perchè sarebbe destinato ad essere
“emarginato per tutta la vita”. Lo sguardo della regista è
da una parte franco e diretto. Prende chiaramente posizione
rispetto alla questione femminile, evidenziando come il Marocco
ancora, per molti aspetti, non sia un paese per donne. “La
morte non appartiene alle donne”, afferma Abla, mentre Samia
le fa eco: “Poche cose ci appartengono”.
Allo stesso tempo però, non manca,
anzi pare essere il fulcro del film, la speranza in un futuro
diverso, migliore. Se c’è chi nega il proprio aiuto a Samia in nome
di pregiudizi radicati, o ci sono donne che spettegolano e
malignano, i protagonisti rappresentano la parte migliore della
società. Innanzitutto le donne che non si arrendono, che sono
capaci di gesti di solidarietà, di empatia, che fanno e rivendicano
le loro scelte, e anche gli uomini come Slimani, Aziz
Hattab, che non si lasciano condizionare dalla mentalità
prevalente. In questo nucleo sociale, in cui non a caso ci sono due
bambini, si alimenta la speranza di un paese diverso e più
autenticamente moderno. Adam, non può che
essere un auspicio per un nuovo inizio. Basti pensare alle
molteplici valenze che il nome di Adamo porta con sé, rimandando sì
al tema del peccato originale, ma anche all’idea di origine del
mondo, essendo Adamo il primo uomo sulla terra. La speranza è
dunque che il Marocco rinasca migliore, grazie alle nuove
generazioni.
Stilisticamente,
Touzani fa tesoro della lezione del marito,
tenendosi lontana da facili pietismi. Predilige realismo e
semplicità. In quest’ottica scrive il film e lo dirige. Un film
“piccolo” nel raggio d’azione fisico, che si concentra su un solo
tema, ma che non soffre di questa dimensione limitata, capace
invece di consentire alla regista di controllare meglio gli
elementi, portando a termine un lavoro onesto, ottimamente
confezionato e coinvolgente. Una menzione meritano anche le musiche
di Said Radi, che contribuiscono a creare la
giusta atmosfera e portare lo spettatore nel mondo di Touzani,
accompagnando alcuni dei mometi più intensi del film. Il risultato
è dunque più che convincente. Ciò che la regista ha ancora bisogno
di affinare è uno sguardo ancor più originale. L’influenza di
Ayouch infatti si sente, ma
Touzani troverà sicuramente col tempo una strada
più personale. Adam è in sala dal 3
giugno, prodotto da Nabil Ayouch e distribuito da
Movies Inspired.
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