Approdato sugli schermi italiani il 17 Giugno, La brava moglie è il nuovo film di Martin Provost, che ha ricevuto in patria quattro candidature ai Premi Cèsar, aggiudicandosi il premio per i migliori costumi.
La brava moglie: la trama
L’impeccabile e piuttosto rigida Madmoiselle Paulette Van Der Beck (Juliette Binoche) gestisce assieme al marito una scuola per casalinghe provette, che si occupa sostanzialmente di “sfornare” una nuova generazione di mogli e madri perfette, secondo un disegno ben strutturato per le donne dell’epoca pre sessantottina. Un incidente infausto lascia però Paulette vedova e in piena bancarotta, preda di dubbi su come poter andare avanti: da questi presupposti scaturirà una nuova consapevolezza per la donna, indipendente dall’età anagrafica e innestata sui desideri e le emozioni di una psiche racchiusa da troppo tempo in una gabbia domestica patriarcale.
Una commedia ruffiana e arguta dalle tinte sessantottine, in un Alsazia volta all’educazione di giovani ragazze in età da marito. L’imperativo categorico delle giovani ragazze è compiacere il consorte e adempiere al proprio ruolo di moglie, angelo del focolare domestico: cucinare, rammendare, fare il bucato sono faccende inserite in una filosofia di devozione e subalternità di cui le ragazze si devono appropriare. Ma le ragazze approdate all’istituto di Paulette Van Der Beck (una Juliette Binoche estremamente divertente) sono figlie di una nuova generazione, che cominciava a marciare verso una presa di coscienza femminile; l’austero e regale microcosmo in cui le ragazze sono inserite dovrà quindi fare i conti con la ventata di un nuovo modello femminile, emancipato e autonomo, rappresentato dalle giovani.
L’impegno civile tinteggiato di comicità arguta in La brava donna
La brava moglie si inserisce all’interno della filmografia di un regista che ha sempre avuto un occhio di riguardo verso l’universo femminile, indagandolo in pellicole intense ed affascinanti, quali Séraphine, incentrato sulla figura della pittrice francese Séraphine de Senlis, interpretata con sfumature di rara, e Quello che so di lei, teatro di un’ossimorica amicizia ostile tra Catherine Deneuve e Catherine Frot. Qui musa del regista diventa Juliette Binoche, alle prese con un ruolo ironico e profondo al tempo stesso, irradiante progressiva emancipazione e un arco di sviluppo caratteriale ben definito, da vedova inconsolabile a causa di un marito che ha sperperato ogni risparmio nel gioco di azzardo) a nuova figura identitaria femminile, poderosa nella sua consapevolezza di donna ed educatrice.
Lo scontro generazionale fa dell’ambientazione scolastica il punto di maggior forza, in cui la coralità delle nuove leve femminili si scontra con due figure autoritarie – non per questo meno ironiche – della Binoche e di Yolande Moreau, che interpreta la cognata della protagonista, personaggio ilare ma fondamentale per lo sviluppo della trama, alla stregua di un “fool” shakesperiano. La brava moglie mostra come il tema dell’impegno civile non debba necessariamente stagliarsi su un fondale drammatico, e come un po’ di quella leggerezza calviniana, mai superficiale o banale, bensì volutamente arguta, sia la chiave di lettura ottimale per entrare in contatto con un universo femminile traviato da regole ferree e assodate, inizialmente senza alcuna possibilità di ribellione. I toni della commedia sagace ben si adattano infatti alla trama elaborata da Provost, benchè il secondo atto della pellicola risulti a tratti particolarmente didascalico e impregnato di sovraesposizione tematica, nonostante l’interessante intuizione del passaggio al musical. Viene forse leggermente meno la capacità di Provost di sondare la profondità psicologica femminile senza inutile forzature o caricature.

La brava moglie è Juliette Binoche nella sua capacità istrionica
Juliette Binoche è innegabilmente la punta di diamante dell’intera narrazione; la sua duttilità artistica viene enfatizzata in uno schema filmico che la vede come focus magnetico totalizzante, tanto nel primo atto quando viene sottolineata la portata autoritaria e intransigente del suo personaggio, tanto nel proseguo della narrazione, in cui assume tratti caratteriali decisamente più avveniristici e umani. Il punto focale tematico de La brava donna è il rinascimento non tanto di un’epoca, quanto di una singola identità che assume le tinte di una parabola universale e che trova in un minutaggio ben definito la possibilità di intrattenere con piacere lo spettatore in sala. Il riconoscimento della parità di genere e il percorso di emancipazione socioculturale dei personaggi de La brava moglie sono tinteggiati ad acquerello e non mancano molteplice inquadrature strutturate come quadri nel film, quasi a voler fermare sullo schermo piccole tappe quotidiane (la possibilità di indossare un pantalone; il conoscere il significato della parola masturbazione) che simboleggiano qualcosa di molto più grande.
Sebbene siano visibili un po’ di difetti strutturali in La brava moglie, il ritmo narrativo sostanzialmente funziona e la storia della simpatica signora Paulette riesce a incorniciare con un sorriso una storia di transizione tra l’ancien régime e la contestazione. Un’attenzione non banale al racconto di costume, con qualche inquietudine suggerita dietro l’apparente idillio, riesce a consegnarci una pellicola che fa delle interpreti istrioniche e ilari il suo punto di maggior forza.





Come stabilito nella sua prima apparizione, il potere principale di Taskmaster sono i suoi “riflessi fotografici”, che gli consentono di memorizzare e replicare istantaneamente tutti i movimenti fisici che vede eseguire, non importa quanto complessi, anche se osservati per pochi istanti.
Anche se i suoi poteri gli hanno permesso di accumulare un ampio catalogo di stili di combattimento “rubati” da vari eroi e cattivi della Marvel, le abilità uniche di Taskmaster sono un’arma a doppio taglio. Quando continua ad accumulare abilità da aggiungere al suo arsenale, parallelamente i suoi ricordi personali vengono lentamente cancellati.
Anche se Taskmaster è stato un antagonista per lo più enigmatico per oltre 30 anni dopo il suo debutto, la miniserie omonima del 2010 a lui dedicata ha finalmente iniziato a far luce sul suo misterioso passato. È stato rivelato, infatti, che l’uomo che sarebbe diventato Taskmaster era originariamente un agente dello SHIELD di nome Tony Masters, reclutato a causa delle sue doti naturali di memoria eidetica e replicazione dell’azione fisica.
Durante la sua carriera di mercenario, Taskmaster ha sempre inseguito il denaro. A tal fine, ha partecipato ad allenamenti e collaborazioni sia con eroi che con cattivi, totalmente dipendente da ciò che soddisfava i suoi interessi immediati. Nelle sue prime apparizioni, Taskmaster gestiva una scuola segreta per scagnozzi, addestrando agenti per gruppi terroristici come l’Hydra e l’AIM, ed entrando in conflitto con eroi come Captain America e gli Avengers.
Quando l’originale Captain America, Steve Rogers, abbandonò il suo ruolo iconico a causa delle crescenti pressioni dovute all’operare per conto di un governo con cui non era d’accordo, la Commissione degli Stati Uniti sulle Attività Sovrumane cercò rapidamente di sostituirlo con un altro agente. Quando il soldato John Walker è stato selezionato per ereditare il ruolo, era chiaro che avrebbe avuto bisogno di un addestramento extra per gestire le aspettative.
Come effetto collaterale delle sue abilità, Taskmaster ha dimenticato la maggior parte dei dettagli del suo passato prima di indossare la sua identità attuale, comprese le sue precedenti relazioni interpersonali. Nella sua vita passata come agente dello SHIELD, tuttavia, Tony Masters ha eseguito spesso missioni al fianco dell’agente Mercedes Merced, che era anche sua moglie.
Mentre operava come istruttore presso l’Accademia dei Vendicatori, Taskmaster divenne casualmente responsabile dell’addestramento di uno studente che possedeva le sue esatte capacità di “riflesso fotografico”. Jeanne Foucault era una giovane supereroina in formazione proveniente da una famiglia distrutta, dove era stata sfruttata da sua madre per la sua naturale capacità di replicare qualsiasi azione avesse visto.
Considerata la sua capacità di replicare i movimenti di qualsiasi persona che incontra, Taskmaster ha una storia consolidata di utilizzo contro gli eroi della Marvel dei loro stessi stili di combattimento. Ci sono stati alcuni casi, tuttavia, in cui non è stato in grado di utilizzare adeguatamente questa capacità.

Il primissimo progetto d’animazione in computer grafica della Pixar è stato
Un altro easter egg di vecchia data, già apparso in molti film Disney e Pixar, è il numero A113. Questo è un numero di una delle aule del California Institute of the Arts, dove registi come
La catena “arcade and food” Pizza Planet è stata una delle location principali del primo lungometraggio della Pixar, 
Mentre Alberto e Luca stanno cercando di intrufolarsi a Portorosso via mare, vengono captati nelle loro forme subacquee da una donna su una barca. La barca si chiama Elena, che era anche il nome della nonna di Miguel nel film della Pixar 
Pinocchio non è l’unico classico personaggio Disney presente nella stanza di Giulia. C’è anche un giocattolo di Paperino appoggiato ai piedi del suo letto. Paperino è stato creato dalla Disney nel 1934, quindi sarebbe stato molto popolare nel periodo in cui è ambientato
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Anche se il concept di una creatura marina che diventa curiosa della vita sulla Terra e si trasforma in un essere umano ha molto in comune con
Quando Luca saluta la sua famiglia e Alberto alla fine del film, il treno su cui salgono lui e Gina riporta il numero 94608 nella parte anteriore. Questo è il codice postale dei Pixar Animation Studios di Emeryville, in California.






Abbiamo già menzionato “Sylvie” diverse volte, ed infatti nel terzo episodio apprendiamo che si tratta dell’alias che la versione femminile di Loki ha deciso di darsi. È sicuramente una variante, ma una chiara mancanza di volontà da parte della serie di approfondire il suo passato ci fa pensare che ci sia ancora dell’altro da scoprire…
Uno dei momenti più importanti del terzo episodio arriva quando Loki rivela di essere bisessuale, qualcosa che molti fan speravano di vedere nel MCU da diversi anni. Non abbiamo mai visto il Dio dell’Inganno avere un interesse amoroso in questo universo condiviso, ma se una seconda stagione della serie si farà, allora le cose potrebbero ambiare.
Una delle più grandi rivelazioni in questo terzo episodio arriva quando Sylvie menziona casualmente che gli agenti della TVA sono tutti Varianti. Mentre Mobius è stato chiaramente portato a credere di essere stato creato dai Custodi del Tempo, la verità è molto più oscura: sembra che a queste varianti siano stati tolti i ricordi e, in seguito, che siano stati sottoposti al lavaggio del cervello per lavorare al servizio della compagnia.
Stiamo iniziando a ricevere qualche informazione in più su cosa significa essere una variante nel MCU, e poiché la TVA ne è piena… beh, questo spiegherebbe perché ci sia un Multiverso pieno di versioni alternative degli eroi e dei cattivi con cui abbiamo familiarizzato negli ultimi anni.
Quando Sylvie tenta di incantare Loki, c’è un momento stranamente toccante che molti fan hanno già ipotizzato potrebbe portare a una storia d’amore tra le varianti. È una bella idea e sarebbe divertente da esplorare nei prossimi episodi. Tuttavia, non possiamo fare a meno di chiederci se in quella scena ci sia qualcosa di più…
