Nel corso del D-23 Expo, la Marvel ha annunciato che
Shira Haas e Tim Blake Nelson
entrano a far parte del cast di Captain America: New World Order, nei panni
rispettivamente di Shira e il Leader.
Anthony Mackie, che ha interpretato il supereroe Sam
Wilson, alias il Falcon, nel Marvel Cinematic Universe dai tempi
di Captain America: The Winter Soldier, guida il
film come nuovo Capitan America per la prima volta. Il cast del
quarto film di “Captain America” includerà anche Shira
Haas nei panni di Sabra e Tim Blake
Nelson nei panni di The Leader, oltre a Danny
Ramirez e Carl Lumbly, che sono apparsi
nella serie The Falcon and the Winter Soldier, nei panni di
Joaquin Torres e Isaiah Bradley, rispettivamente.
Lo sviluppo di Captain America
4 è stato annunciato il giorno del finale di The Falcon and the Winter Soldier, con il creatore
dello show Malcolm Spellman e lo sceneggiatore
Dalan Musson chiamati a firmare la
sceneggiatura.
Nell’ambito del panel dello studio
al Comic-Con di San Diego, a cui era presente Screen Rant, la Marvel ha rivelato la data di
uscita del film: 3 maggio 2024, oltre al titolo ufficiale: Captain America: New World Order.
Al D-23 Expo è stato presentato il
primo trailer di Secret
Invasion, la nuova serie Marvel / Disney+ che vede tornare nel MCUSamuel L.
Jackson, Cobie Smulders e per la prima
volta nell’Universo Condiviso Emilia Clarke e
Olivia Colman.
La serie sarà presentata in
anteprima su Disney+ e vede la
partecipazione anche di Ben Mendelsohn, che riprende il ruolo di
Skrull Talos,
Olivia Colman,
Emilia Clarke, Kingsley Ben-Adir, Christopher McDonald e
Killian Scott.
La serie di eventi comici crossover
mette in mostra una fazione di Skrull mutaforma che si sono
infiltrati sulla Terra per anni. La Smulders ha ripreso il ruolo in
diverse foto Marvel tra cui Spider-Man: Far
From Home, Captain America: Civil War e tutti i film degli
Avengers. Di recente ha ricevuto ottime recensioni per la sua
interpretazione di Ann Coulter in American Crime Story:
Impeachment.
In occasione del D-23,
Marvel Studios ha annunciato il
regista incaricato di dirigere il riavvio di Fantastici
Quattro. Matt Shakman, regista che ha
lavorato tantissimo in tv e che ha firmato anche l’apprezzata
The Boys di Prime Video, è stato incaricato da Kevin Feige e
compagnia di riportare sul grande schermo la prima famiglia
Marvel.
Fantastici
Quattro uscirà nei cinema l’8 novembre 2024 e darà il
via alla Fase 6 del MCU. Un film dei Fantastici
Quattro è in lavorazione da tempo, con il regista di
Spider-Man: No Way HomeJon
Watts che avrebbe dovuto dirigere. Watts ha abbandonato il
film e al suo posto è stato incaricato Matt Shakman. Il
pubblico ha avuto il primo assaggio dei Fantastici
Quattro in Doctor Strange nel Multiverso della Follia.
John Krasinski interpreta il Reed Richards
multiversale in quel film, ma è improbabile che continuerà a
interpretare il ruolo e il casting per il film è ancora avvolto nel
mistero.
Indiana Jones 5 ha
fatto sfoggio del suo primo trailer durante il D23 Expo. Sebbene il
video non sia stato rilasciato online, Harrison
Ford è apparso sul palco per parlare del filmato,
insieme al regista James Mangold e alla
co-protagonista Phoebe
Waller-Bridge.
“Grazie per aver reso questi
film un’esperienza così incredibile per tutti noi”, ha detto,
apparendo piuttosto emotivo. “Sono molto orgoglioso di dire che
questo è fantastico. [Indica Waller-Bridge] E questo è uno dei
motivi”. “I film di ‘Indiana Jones’ parlano di fantasia e mistero,
ma parlano anche di cuore”, ha continuato. “Abbiamo una
storia davvero fantastica da raccontare, oltre a un film che ti
spaccherà il culo”. Ford ha anche accennato al fatto che
questa fosse la sua ultima volta nel ruolo, dicendo: “Ci siamo.
Non ci cascherò più. Ma grazie mille”.
Sebbene la trama sia stata in gran
parte tenuta nascosta fino ad ora, il nuovo trailer offre ai fan il
primo vero sguardo a Indy di nuovo in azione. L’ultima volta che il
personaggio è stato visto sullo schermo è stato 14 anni fa con
Indiana Jones e il regno dei teschi di cristallo.
Ford aveva 64 anni quando uscì, e ora ne ha 80, quindi sembra che
nessuna barriera di età non possa fermare il più grande archeologo
del mondo.
Accanto a Ford e Waller-Bridge ci
sono i nuovi arrivati nella serie Mads
Mikkelsen, Toby Jones, Boyd Holbrook, Thomas
Kretschmann e Antonio Banderas.
Indiana Jones 5 è infatti
in gestazione da diversi anni, con il progetto inizialmente
sviluppato da Steven Spielberg, prima che egli si
ritirasse dal progetto. Il regista di Le Mans ‘66 e LoganJames
Mangold è poi stato chiamato a dirigere il film, con
Harrison Ford
confermatissimo nei panni dell’iconico avventuriero. Accanto a lui,
in ruoli ancora non meglio chiariti, vi saranno gli attori Phoebe
Waller-Bridge e Mads Mikkelsen.
Quanto oggi mostrato sembra relativo, oltre allo stesso Jones,
proprio ai personaggi interpretati da questi ultimi due attori.
Nelle foto diffuse si possono
infatti ritrovare quello che sembra certo essere il costume che la
Waller-Bridge sfoggerà nel film, mentre ve ne è anche uno che
potrebbe essere relativo all’antagonista, anche se non è ancora
certo che Mikkelsen avrà effettivamente tale ruolo. Accanto ai
costumi, alcuni artwork anticipano quelle che potrebbero essere
delle scene del film, con ambientazioni esotiche e inseguimenti su
improbabili mezzi. Si possono ritrovare tali foto dei costumi e dei
concept art qui di seguito, sul profilo ufficiale di ComicBook.
Indiana Jones 5 ha una data d’uscita attualmente fissata
al 30 giugno 2023.
Uscito in sala nel 2005, il film
Romanzo criminale è stato uno dei primi
fortunati casi di opere ispirate a reali vicende criminali. Da quel
momento è infatti un filone che ha poi avuto grande seguito negli
anni, tanto al cinema quanto in televisione. Diretto da Michele
Placido, il film si concentra infatti sulle vicende
della celebre Banda della Magliana, considerata la più potente
organizzazione criminale che abbia mai operato a Roma tra gli anni
Settanta e i primi dei Novanta. La storia poi riportata su
pellicola viene però tratta dal romanzo omonimo di
Giancarlo De Cataldo, pubblicato nel 2002.
Il libro, che descrive gli intricati
traffici che intercorrevano tra stato e criminalità, ripercorre la
storia di un decennio d’Italia cercando di offrire una panoramica
completa sulla celebre banda. Dato il suo successo, i diritti per
una trasposizione vennero acquistati nel giro di breve, e
altrettanto rapidamente iniziò la produzione del film, con un cast
di interpreti comprendente alcuni tra i nomi più celebri del
momento. A lavori ultimati, il titolo aveva raggiunto la durata
complessiva di 174 minuti, ridotti poi a 153 per la versione
cinematografica.
Il successo fu straordinario. Oltre
a rivelarsi uno dei maggiori incassi al botteghino del periodo,
Romanzo criminale raccolse ampi consensi di critica, ed
ottenne alcuni tra i maggiori riconoscimenti dell’industria. Il
titolo si aggiudicò infatti ben otto David di Donatello e cinque
Nastri d’argento. La sua popolarità divenne tanto vasta che solo
pochi anni dopo, nel 2008, si diede vita ad una serie televisiva
ispirata al film. Di grande successo anch’essa, contribuì alla fama
del film, oggi divenuto un vero e proprio cult della cinematografia
italiana dall’inizio del nuovo millennio ad oggi.
Romanzo criminale: la
trama del film
La storia del film ha inizio nella
fine degli anni Sessanta, quando quattro ragazzini rubano un’auto e
nella fuga investono un agente. Grazie a tale colpo, scoprono il
brivido suscitato dal crimine, e decidono di volerlo provare
ancora. Iniziano così a stabilire i loro nomi, che sono il
Libanese, il Dandi, il
Freddo e il Grana. Diventati
adulti, i quattro hanno già assaggiato il sapore della rovina e ne
conoscono i rischi, ma decidono ugualmente di perpetrare il loro
desiderio di potere dando vita ad una vera e propria banda. In poco
tempo, il gruppo, a cui nel frattempo si sono aggiunti altri
membri, reisce ad ottenere il controllo assoluto del traffico di
droga a Roma.
Ridenominati Banda della Magliana
dalla stampa, per via del loro quartiere di residenza, il gruppo in
breve espande il proprio dominio anche ad altri campi, come quello
della prostituzione e del gioco d’azzardo. Raggiunto un enorme
potere, la banda inizia però a mostrare anche i primi segni di
frattura. Libano diventa sempre più ambizioso, Freddo medita di
abbandonare il giro, e una serie di altri contrasti interni inizia
a minare il rapporto ta i membri. Questi si renderanno così conto
di quanto possa essere pericoloso raggiungere i massimi livelli di
un sistema complesso come quello della criminalità, e di quanto
possa essere difficile rimanerne a capo.
Romanzo criminale: il cast
e i personaggi del film
Come detto in apertura, il film
vanta nel cast alcuni dei maggiori interpreti del cinema italiano.
Questi ricoprono ruoli di personaggi non realmente esistiti, ma
comunque ispirati ai veri criminali della storia. Il primo e più
importante è Il Freddo, uno dei
leader della banda, interpretato nel film da Kim Rossi
Stuart. Accanto a lui, tra i principali protagonisti,
si ritrovano Pierfrancesco
Favino nei panni di Il Libanese e
Claudio
Santamaria in quelli di Il Dandi. Per
poter interpretare tali ruoli, i tre attori hanno condotto diverse
ricerche sul periodo storico e sui membri della vera Banda della
Magliana. Favino, in particolare, venne particolarmente apprezzato
per la sua performance, vincendo poi il David di Donatello come
miglior attore non protagonista.
Oltre a loro, nel film si ritrovano
anche Stefano
Accorsi, nei panni del commissario Nicola
Scialoja, Riccardo
Scamarcio in quelli de IlNero, e Jasmine
Trinca nelle vesti di Roberta, la donna di cui Il
Freddo si innamora perdutamente. Un giovane Elio
Germano è invece Il Sorcio, criminale
entrato solo in seguito a far parte della Banda. Come lui anche
Il Secco, a cui dà volto l’attore Stefano
Fresi. Infine, tra gli altri interpreti principali si
ritrovano Anna Mouglalis nei panni di
Cinzia Vallesi, Antonello Fassari
in quelli di Ciro Buffoni, e
Francesco Venditti in quelli di
Bufalo. Massimo Popolizio dà
volto a Il Terribile, mentre è presente un cameo
di Placido nel ruolo del padre del Freddo.
Romanzo criminale: le
differenze con la storia vera
Per quanto il film aspiri a
raccontare in modo più fedele possibile la vera storia della Banda
della Magliana e della sua scalata al potere, diverse sono le
differenze presenti con la realtà dei fatti. Per motivi di resa
cinematografica, infatti, si è scelto di optare per alcune
variazioni, più o meno significative, che hanno portato così ad una
serie di “tradimenti” nei confronti di quello che è stato il vero
corso degli eventi. La prima di queste differenze è che nella
realtà non tutti i membri della banda si conoscevano sin da
giovani. Contrariamente a quanto mostrato nel film, infatti, Il
Freddo subentrò soltanto in seguito nel gruppo formato dal Libanese
e dal Dandi. Diversa è poi la sorte di alcuni dei personaggi
rispetto a quanto mostrato nel film, in particolare per quanto
riguarda Il Terribile.
Nel film, inoltre non vi è nessun
riferimento al bar dove i boss erano soliti riunirsi per
pianificare i colpi e gli omicidi. Si dà qui maggior risalto al
locale Full 80, e l’acquisto del celebre night club
sarebbe dunque da porsi in un periodo successivo rispetto a quello
narrato nella prima parte del film. Diverse semplificazioni furono
poi fatte riguardo al giro d’affari della Banda, come anche
riguardo al loro declino. A proposito di questo, è bene notare che
il vero criminale a cui il personaggio de Il Freddo si ispira non è
stato ucciso, ma è divenuto un collaboratore di giustizia ed è
tutt’ora in vita. L’uccisione del Dandi, invece, avviene nel film
per bano del Bufalo. Nella realtà, invece, quest’ultimo incaricò un
killer.
Romanzo criminale: la
serie e dove vedere il film in streaming e in TV
Con un totale di 22 episodi su 2
stagioni, Romanzo criminale – La serie
andò in onda dal 2008 al 2010, ottenendo ampi consensi di critica e
pubblico. Viene indicata come una delle prime grandi serie
italiane, sulla quale si sarebbero poi basati anche grandi successi
come Gomorra e Suburra. I personaggi mantengono
qui gli stessi nomi, ma hanno naturalmente volti diversi rispetto a
quelli del film. Francesco Montanari interpreta Il
Libanese, Vinicio
Marchioni Il Freddo e Alessandro
Roja Il Dandi. Vi è poi Andrea
Sartoretti nei panni di Bufalo, Marco
Giallini in quelli di Il Terribile ed Edoardo
Leo che dà vita a Nembo Kid. Alessandra
Mastronardi interpreta invece la parte di Roberta.
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Romanzo
criminale è infatti presente su Rakuten TV,
Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. In base alla
piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo
sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio
della qualità video. Il film verrà inoltre trasmesso in televisione
sabato 10 settembre alle
ore 21:00 sul
canale Cine34 del digitale terrestre.
La giuria presieduta da
Julianne Moore ha annunciato i vincitori di
Venezia 79, l’edizione 2022 della Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia.
A conquistare il Leone d’Oro è stato
il prezioso documentario diretto da Laura Poitras,
All the Beauty and the Bloodshed, mentre doppi premi per
Bones and All, che porta a casa il premio Marcello
Mastroianni a Taylor Russell e la
migliore regia a Luca Guadagnino, e a Gli
Spiriti dell’Isola, che vince la Coppa Volpi Maschile,
Colin Farrell, e la Migliore Sceneggiatura, Martin
McDonagh.
Era da Venezia70 che un documentario non conquistava il Leone
d’Oro, e Laura Poitras ha raggiunto il risultato
conquistato da Gianfranco Rosi con Sacro
GRA. Ecco di seguito tutta la lista di vincitori.
Si è tenuta venerdì 9 settembre alle
ore 17.00 presso la Sala degli Stucchi dell’Hotel Excelsior la
cerimonia di premiazione del Leoncino
d’Oro istituito da AGISCUOLA e promosso da A.G.I.S.,
A.N.E.C. e David di Donatello – Accademia del Cinema Italiano, alla
presenza di Roberto Cicutto (Presidente
La Biennale), Alberto Barbera (Direttore
della Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica), Andrea Del
Mercato (Direttore Generale La
Biennale), Luigi Lonigro (Presidente
Unione Editori e Distributori Cinematografici).
Hanno fatto gli onori di casa: Piera
Detassis (Presidente Accademia del Cinema Italiano –
Premi David di Donatello), Mario
Lorini (Vicepresidente AGIS e Presidente
ANEC), Carmela Pace (Presidente Unicef
Italia), Simone Gialdini (Direttore Generale
Anec).
Giunto alla 34° edizione, il
Leoncino è divenuto nel tempo uno dei premi collaterali più
importanti e significativi della Mostra del Cinema di Venezia.
Anche quest’anno il gruppo di giovani giurati provenienti da tutta
Italia ha assegnato – in seguito ad un accordo siglato con il
Comitato Italiano per l’UNICEF – il prestigioso premio
Segnalazione Cinema For UNICEF, riconoscimento
istituito dal Comitato Italiano per l’UNICEF presso la Mostra sin
dal 1980.
Nel corso della cerimonia di
premiazione, è stato assegnato il Premio Leoncino
d’Oro della 79. Mostra d’Arte Cinematografica di
Venezia al film “The
Whale” di Darren Aronofsky
alla presenza di Andrea Romeo, CEO di I Wonder Pictures, con la
seguente motivazione:
“Un’umanità strabordante,
magistralmente interpretata, affronta il disperato tentativo di
riscatto, tanto straziante quanto necessario. Amicizia, religione,
morte e amore vengono messi in scena attraverso la tormentata
ricerca della sincerità in un’atmosfera claustrofobica ispirata
dall’omonima opera teatrale.Una pellicola spietata che
rappresenta un accorato invito alla riconciliazione con gli altri e
soprattutto con sé stessi. Per queste motivazioni, il Leoncino
d’Oro della 79esima edizione del cinema di Venezia va a “The Whale”
di Darren Aronofsky.”
La giuria ha assegnato
la Segnalazione Cinema For UNICEF al film
“Athena”
di Romain Gavras con la seguente motivazione:
“Una moderna tragedia che si
concretizza in un potente crescendo di violenza, dove diventa
impossibile stabilire le reali responsabilità. L’esecuzione di un
bambino innocente diviene pretesto per la rivolta. L’odio e la
devastazione lacerano un tessuto sociale già fragile, in cui sono
proprio i giovani ad imbracciare le armi. Discriminazione,
ghettizzazione e, soprattutto assenza di tutela dei più basilari
diritti umani, degenerano in una realtà ben più vicina di quanto
mai avremmo potuto immaginare.Per queste ragioni la
Segnalazione Cinema for Unicef della 79esima Mostra internazionale
d’arte cinematografica di Venezia va a “Athena” di Romain
Gavras.”
La Pellicola d’Oro, dopo il successo del
premio nazionale presso la Casa del Cinema del 14
giugno scorso per la XII Edizione ricca di ospiti,
è riuscito a mantenere l’appuntamento con la
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia, anche quest’anno, presso la Sala
Tropicana – Spazio Italian Pavillon all’interno dell’Hotel
Excelsior.
I VINCITORI della
VI Edizione del premio collaterale
de La Pellicola d’Oro sono stati premiati da
FRANCESCO RUTELLI (Presidente ANICA)
e MIGUEL GOTOR (Assessore alla Cultura del
Comune di Roma).
MIGLIOR SARTA DI SCENA –
LAURA MONTALDI per il film CHIARA di Susanna Nicchiarelli prodotto da Vivo Film –
Rai Cinema – Tarantula.
MIGLIOR DIRETTORE DI
PRODUZIONE – BARBARA BUSSO per il film IL SIGNORE DELLE FORMICHE di Gianni Amelio prodotto da
Kavac Film – IPC Movie – Tender Stories Rai Cinema.
MIGLIOR CAPO MACCHINISTA –
CESARE PASCARELLA per il film IL SIGNORE DELLE FORMICHE di Gianni Amelio prodotto da
Kavac Film – IPC Movie – Tender Stories Rai Cinema.
Il premio cinematografico è promosso
ed organizzato dall’Ass.ne Culturale “Articolo 9 Cultura &
Spettacolo” e dalla “S.A.S. Cinema” di cui il presidente è lo
scenografo e regista Enzo De Camillis, sottolineando la
collaborazione ed il patrocinio di: MiC Direzione Generale Cinema,
RomaLazioFilmcommission, l’ANICA, l’APA, l’Ass.For. Cinema.
Ponendosi l’obiettivo di portare
alla ribalta quei “mestieri” il cui ruolo è fondamentale
per la realizzazione di un film ma che, allo stesso
tempo, sono praticamente “sconosciuti” o non correttamente valutati
dal pubblico.
“Con tale premessa ringraziamo
per l’ospitalità lo spazio de Italian Pavilion, Luce Cinecittà. Un
importante appuntamento che ci ha dato la possibilità di
divulgare in campo internazionale il lavoro del
dietro le quinte del cinema, ringraziando in particolare
l’organizzazione di Cinecittà/Luce che con professionalità sono
riusciti a coordinare gli eventi in tempi sempre più stretti
offrendoci questa meravigliosa opportunità veneziana.
La Biennale di Venezia e il suo presidente Roberto
Cicutto, il Direttore Alberto Barbera che ci ha offerto questa
meravigliosa opportunità” – sottolinea il Direttore del
premio Enzo De Camillis.
Va a Siccità di Paolo Virzì (Venezia 79) e
al cast corale dei suoi protagonisti il Premio Francesco
Pasinetti 2022 assegnato a Venezia, come tradizione, dal
Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI).
Lo annuncia il Direttivo del
Sindacato precisando che il vincitore è stato scelto considerando
tutti i film italiani presentati nelle diverse sezioni e
sottolineando, comunque, la qualità e l’originalità delle proposte
viste nelle diverse sezioni e in particolare nella ‘rosa’ di
Venezia 79 ricca di opere che confermano la vivacità e la vocazione
anche internazionale di un cinema che, grazie anche all’offerta
della Mostra, merita di riaccendere l’attenzione del pubblico nelle
sale.
La motivazione –Siccità, nella rappresentazione distopica di una realtà
messa a dura prova da una catastrofe mette a fuoco la confusione di
un tempo che la pandemia e la crisi, anche economica, rende ancora
più difficile mettendo in primo piano la difficoltà delle
solitudini che Virzì mette in scena anche con lo sguardo alla
tradizione della commedia italiana grazie a un cast corale nel
quale spiccano con diverse sfumature i personaggi interpretati da
Silvio Orlando, Valerio Mastandrea, Elena Lietti, Tommaso Ragno,
Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Monica Bellucci, Diego Ribon,
Max Tortora, Emanuela Fanelli, Gabriel Montesi e Sara
Serraiocco.
Il film nasce da un soggetto di
Paolo Giordano e Paolo Virzì. Scritto da Francesca Archibugi, Paolo
Giordano, Francesco Piccolo e Paolo Virzì, è una produzione
Wildside, società del gruppo Fremantle e Vision Distribution, in
collaborazione con Sky, in collaborazione con Prime Video. Sarà sale dal 29 settembre per
Vision Distribution.
La Settimana Internazionale della
Critica (SIC), sezione autonoma e parallela
organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici
Italiani (SNCCI) nell’ambito della 79. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia (31 agosto – 10 settembre 2022), ha assegnato oggi,
venerdì 9 settembre, i premi della
37esima edizione.
La giuria
internazionale composta da Rok Biček, Nico
Marzano e Barbara Wurm ha
assegnato il Gran Premio
IWONDERFULL a “Eismayer” di David
Wagner. Questa la motivazione: “Questa
opera prima, matura e sorprendentemente coerente su molti
livelli (recitazione, ambientazione, regia) è un eccezionale
esempio di narrazione efficace, diretta e senza soluzione di
continuità. Il film accetta la sfida di conquistare uno degli
ultimi baluardi istituzionali dell’omofobia: l’esercito.
Descrivendo il regno dell’autodisciplina e della mera obbedienza,
rappresenta una riflessione sorprendentemente genuina e pacata
sulla natura dei nostri sentimenti, sul loro nesso con i
nostri corpi, i nostri atteggiamenti e le nostre convinzioni. Un
film sul “coraggio di superare” e sul coming out, sul conoscere se
stessi e gli altri”.
La stessa giuria ha
anche assegnato una menzione speciale al
film “Anhell69” di Theo
Montoya perché “Mediante un’estetica
audace ed eclettica, che rende conto di energie dolorose ma allo
stesso tempo vitali, sospese tra la vita e la morte –
quest’ultima percepita come un dato di fatto – quest’opera fluttua
coerentemente attraverso gli strati urbani di tragedie imperanti.
La giuria decide, all’unanimità, di premiare questo sensibile
e poetico “canto di morte”, una travolgente “película trans” nel
suo genere.”
All’unico film
italiano in Concorso, “Margini” di Niccolò
Falsetti, va il Premio del Pubblico THE FILM
CLUB con una percentuale di gradimento di 4,52/5,00.
L’affluenza nelle sale ha superato i numeri
pre-pandemia.
La giuria composta da
Marta Bellamoli, Riccardo Chiaramondia, Marianna Giorgia
Marchesini, Lorenzo Rigobello e Vittoria Savoia ha deciso di
assegnare il Premio Circolo del Cinema di
Verona al film “Anhell69” di Theo Montoya con
la seguente motivazione: “Per la capacità di unire
il documentario con le suggestioni tipiche della tradizione
cinematografica colombiana. Per aver fatto convivere i vivi e i
morti attraverso uno spiritualismo terreno, in cui sangue e
sperma diventano la chiave per accedere a un mondo altro. Per una
coraggiosa opera di documentarismo magico.”
Il Premio
Mario Serandrei – Hotel Saturnia per il Miglior Contributo
Tecnico, assegnato da un’apposita commissione di esperti
composta Marco Contino, Anna Maria Pasetti e Lorenzo Rossi è
andato al film “Anhell69” di Theo Montoya. La
motivazione: “Per la capacità di raccontare
l’annichilimento di una generazione attraverso una fotografia che
innesta sulle testimonianze di vittime e sopravvissuti le atmosfere
di una favola dark, un cinema nel cinema che, tra luci e
tenebre, restituisce il senso di una realtà di uomini ed
ectoplasmi, di vita e morte”.
Nell’ambito della
settima edizione di SIC@SIC (Short Italian
Cinema @ Settimana Internazionale della Critica) la giuria composta
da tre professionisti dell’industria cinematografica
– Marco Alessi, Valerio
Ferrara e Tita Tummillo De Palo
– ha selezionato i seguenti vincitori tra i sette
cortometraggi in concorso:
Premio
Miglior Cortometraggio “Puiet” di Lorenzo
Fabbro e Bronte Stahl con la
motivazione “Per la capacità con cui l’opera
filmica mantiene un costante rapporto tra immagine-movimento e
immagine-tempo, affidando all’apparire del soggetto un ruolo
narrativo a tratti disarmante. Un romanzo di formazione immerso in
una sorta di realismo magico che ci ricolloca in una ciclicità del
divenire intima e universale.”
Premio
Migliore Regia “Albertine where are
you?” di Maria Guidone con la
motivazione “Un lavoro di regia che va oltre le
convenzioni stilistiche e proietta la spettatrice in un viaggio
spazio temporale tra il presente, il passato e il futuro,
interrogandosi sull’amore universale e libertà dei corpi. Un
racconto che diventa saggio per poi tornare racconto senza perdere
mai la propria eleganza, armonia e fluidità.”
Premio
Miglior Contributo Tecnico “Reginetta” di Federico
Russotto con la motivazione “Per aver
dimostrato una grande padronanza tecnica nella messa in scena, in
un lavoro in cui le musiche, la fotografia e il montaggio
ripropongono un immaginario storico e in costume, caro alla nostra
tradizione cinematografica, sotto una nuova veste, inedita e
inaspettata.”
“Si
conclude quella che abbiamo immaginato come una “edizione della
rinascita”, aperta e inclusiva, orientata a un ideale di
condivisione, all’amicizia, all’amore, al senso di comunità.
Abbiamo privilegiato un’idea di cinema autoriale eppure
accessibile e i vincitori della SIC 2022 assecondano questa linea
editoriale che vuole anche essere un segnale di fiducia e un invito
al ritorno in sala da parte del pubblico”, commenta
così questa edizione il Delegato Generale
Beatrice Fiorentino.
“È
estremamente positivo il bilancio di questa 37esima Settimana
Internazionale della Critica. Innanzitutto per la qualità dei film,
testimoniata dalla risposta del pubblico e della stampa italiana e
internazionale. Gli spettatori che hanno votato per il
premio del pubblico hanno assegnato ai sette film in concorso un
punteggio medio di 4 su 5. Oltre 1.000 professionisti e giornalisti
hanno preso parte a un intenso programma di interviste,
incontri e momenti di networking organizzati nella neonata Casa
della Critica, che ben presto è diventata un punto di riferimento
per le delegazioni dei film e non solo per loro. Possiamo già
annunciare che l’anno prossimo la Casa della Critica sarà
confermata e rafforzata con nuovi contenuti. Ci fanno
particolarmente piacere le scelte delle varie giurie che hanno
premiato Eismayer, uno dei film più amati e applauditi della
selezione, l’italiano Margini, che ha appassionato gli spettatori,
il colombiano Anhell69 che rientra perfettamente in una linea di
cinema queer a cui la Sic quest’anno ha saputo dare voce e respiro
con forza, autorevolezza ed energia, tanto da aggiudicarsi
anche il Queer Lion andato al tedesco Skin Deep. Un grazie sentito
a tutti i nostri magnifici sponsor, alla DGCA del MiC, alla
Biennale di Venezia, a Cinecittà che ci ha accompagnato anche
quest’anno nell’avventura di Sic@Sic”
dichiara Cristiana
Paternò, Presidente del Sindacato Nazionale
Critici Cinematografici Italiani (SNCCI).
Se c’è un tema ricorrente nei
film presentati a Venezia
79 è quello delle relazioni familiari: questa
volta non si tratta di padri o di figli (come in The Son
o The
Haunting Sun), ma di
fratelli. Les
Miensè un film fatto di interni domestici:
racconta in chiave melodrammatica i bisticci fraterni che, come
mostra il regista e sceneggiatore Roschdy
Zem(I figli degli
altri), sono inevitabili manifestazioni d’affetto.
Les miens: sinossi
del film
Nella sua famiglia,
Moussa (Sami
Bouajila) è considerato il fratello buono e
affezionato, mentre Ryad (Roschdy
Zem) incarna il familiare ricco e troppo impegnato per
pensare ai suoi cari. In realtà, nonostante faccia di tutto per
mascherare i suoi sentimenti, Moussa è infelice
e oberato dal lavoro. Quando finalmente decide di concedersi
una serata di svago in discoteca, una brutta caduta gli causa un
insolito trauma cranico. A causa della botta, Moussa
perde tante delle sue qualità positive: parla senza filtri, è
aggressivo e pessimista. Il cambiamento di Moussa
crea scompiglio all’interno della famiglia: tutti, dal
fratello, ai figli fino alla sorella dell’uomo, devono
imparare a prendersi cura di quella che, fino a quel momento, era
la figura più premurosa della famiglia.
Battibecchi coinvolgenti, tra
l’ironia e l’aggressività
Les miens è un
film molto parlato. Le scene conviviali, attorno alla tavola,
davanti ad un caffè, trasmettono il calore burrascoso della
famiglia di Moussa e Ryad. È
impossibile non immedesimarsi nei personaggi: ci sono zie,
fratelli, nipoti, archetipi che tutti, almeno una volta, hanno
incarnato ad una cena natalizia o ad un pranzo pasquale. Nel film,
le discussioni sono frequenti e sono le scene di maggiore azione: i
duelli verbali, i monologhi, gli sfoghi sono coinvolgenti e
pungenti. Pur senza raggiungere vette estreme, il film è un
continuo succedersi di climax e anticlimax e rende
perfettamente l’idea degli scontri familiari: per quanto si possa
discutere, ci si riappacifica sempre. Come da bambini, così anche
da grandi.
Come abbiamo detto
però, Les miens è un film abbastanza
statico: gli interni domestici sono ricorrenti e ripetuti. Vengono
intervallati solo da qualche ambientazione in esterna e dagli
uffici di Moussa e Ryad. Per
un film così riflessivo e introspettivo la scelta si rivela
efficace. Certo, un po’ di movimento in più non avrebbe
guastato.
Ryad è il riflesso (deformato) di
Moussa
Fin dall’inizio, Ryad e
Moussa sono personaggi simili e opposti. Entrambi lavorano
come matti, il primo è un famoso presentatore sportivo, il secondo
è consulente in una banca. E, anche se inizialmente non si direbbe,
entrambi si preoccupano per la famiglia, ma in modo diverso. Sarà
necessario l’incidente di Moussa per permettere ai
due fratelli di scoprire i reciproci tratti comuni e di ripensare
il proprio rapporto.
In conclusione, Les
miens è un dramma familiare ricercato e riflessivo.
Evitando i colpi di scena, Roschdy
Zemrealizza un film che punta al
realismo e che si muove negli spazi domestici, tra persone
comuni. Les miens coglie gli aspetti
emozionanti dell’ordinario e celebra l’amore fraterno, in tutte le
sue sfumature.
Dopo che Il dubbio – un caso
di coscienza del regista iraniano Vahid
Jalilvand è stato candidato nel 2019 come Miglior film
straniero, il regista viene accolto da un’altra vetrina importante
– il concorso di Venezia
79 – per presentare la sua ultima opera Beyond
the Wall (Oltre il Muro), potente nella sua essenza di
film di genere, forse addirittura una delle visioni più di
intrattenimento del festival, nonostante la sua dura natura.
Il male esiste anche oltre il muro
Dopo lo stupendo Il male non esiste, vincitore dell’orso d’oro
a Berlino, ci immergiamo nuovamente nell’intricato arazzo
dell’apparato repressivo dell’Iran, della crudeltà e violenza del
suo spietato sistema giudiziario, presentandoci scelte narrative
che – non essendo state approvate dal governo italiano – lo
collocano sicuramente nella schiera di dissidenti cinematografici
più audaci, insieme ai tre registi già incarcerati Jafar
Panahi (sempre in concorso con il suo No Bears a Venezia), Mohammad
Rasoulof e Mostafa Aleahmad.
Ali, un uomo cieco,
sta tentando di suicidarsi quando la sua terribile intenzione viene
interrotta dal portiere del suo palazzo. Viene informato che la
polizia è alla ricerca di una donna fuggita e nascosta da qualche
parte nell’edificio. A poco a poco, Ali scopre che la donna,
Leila, si trova nel suo appartamento. Dopo aver
partecipato a una protesta dei lavoratori finita nel caos, la donna
è sconvolta dalla perdita del figlio di quattro anni, che non vede
da quando è stata portata via da un furgone della polizia. A poco a
poco, Ali si lega emotivamente a lei. Desideroso di fuggire dalla
realtà, aiutare Leila diventa un rifugio nella sua stessa
immaginazione, in cui ci è concesso – non senza poca fatica – di
entrare con gli occhi socchiusi.
Beyond the Wall: il fim più di genere di Jalivand
Navid
Mohammadzadeh, co-protagonista del precedente film del
regista e nel cast di Leila’s Brothers, film
acclamatissimo a Cannes 2022, torna a collaborare
con il regista nei panni di un personaggio enigmatico, che ci
conduce nei meandri di una storia sul senso di colpa e sul
sacrificio per l’altro, in cui un montaggio e riprese frenetiche
spesso rendono difficile la decodifica di prospettive
apparentemente agli antipodi, ma che capiamo fin dall’inizio che
dovranno intersecarsi.
Beyond the Wall non
fatica a catalizzare l’attenzione dello spettatore su di sè,
avvalendosi di un crescendo tensivo verace, che lo avvicina quasi
agli schemi dei film mainstream, più che d’autore, aspetto che
potrebbe sorprendere positivamente anche chi non è avvezzo al
cinema israeliano. Non stiamo parlando di un film perfetto, ma di
un racconto che sceglie di srotolare la propria matassa di dubbi,
denunce e prospettive, allacciandosi all’impianto teatrale, quel
palcoscenico che ha visto Jalivand crescere e
affermarsi come regista. La chiusura spazio-temporale vivifica le
sorti di un protagonista indebolito dall’impossibilità di movimento
e che deve trovare nel suo ignegno la chiave di lettura di un
rompicapo in cui sono coinvolte più esistenze.
Anche se il finale perde di tono
rispetto alle drammatiche prospettive iniziali, fondamento della
storia di Ali, Beyond The Wall (Oltre il
Muro) farà parlare di sè, anche solo per la sua audacia
nell’assumere i connotati da film “di genere” e di gran lunga più
accessibile rispetto agli altri di Jalivand.
La regista italiana Susanna
Nicchiarelli torna alla Mostra
internazionale di Venezia per presentare un
nuovo film sulla figura femminile. Questa volta il balzo indietro
nel tempo è notevole: siamo nel 1211 e la
Chiaradi cui Nicchiarelli
parla è Santa Chiara d’Assisi. Dopo Nico
1988 (2017) e Miss Marx (2020), il terzo
ritratto di donna è giovane, avanguardista e spirituale. A
interpretare la protagonista c’è Margherita
Mazzucco, che già ha vestito i panni di una ragazza forte,
quelli di Lenù de L’amica
geniale. Accanto a Mazzucco, non può
mancare l’amico e profeta di Chiara:
Andrea Carpenzano (La
Terra dell’Abbastanza, Calcinculo) è Francesco
d’Assisi.
Rivoluzione e femminismo del
1200
Due anni dopo Miss Marx,
anche il nuovo film di Susanna
Nicchiarelli è in concorso a Venezia
79. Non è la prima volta che viene realizzato un
lungometraggio sui santi d’Assisi, si pensi a Fratello sole,
sorella luna (1972) o a Chiara e
Francesco (2007). Tuttavia, l’obiettivo
di Nicchiarelli è quello di raccontare
una versione diversa della fondatrice delle clarisse. Nel
lungometraggio, Chiaraè
prima di tutto una giovane e coraggiosa ragazza di diciotto anni,
che lotta per affermare i suoi ideali. ”Nel film c’è un
messaggio contemporaneo molto forte perché viene raccontata una
storia di disparità sociale. Chiara e Francesco portano un
messaggio molto rivoluzionario, si mettono con gli ultimi”,
dice Nicchiarelli. Poi aggiunge: ”Chiara
è anche una femminista, voleva fare per le donne quello che
Francesco ha fatto per gli uomini, ma non ha potuto”.
La scelta degli interpreti
La volontà di fare un film fresco e
giovane, nonostante il tema della vocazione religiosa e
l’ambientazione medievale, ha spinto la regista a scegliere per
Chiara e Francesco due
interpreti come Margherita Mazzucco e
Andrea Carpenzano. ”Credo siano
entrambi molto bravi come attori. Non serviva essere retorici o
ampollosi con questo film. Margherita e Andrea mi hanno aiutato a
riscrivere le battute, ad adattarle a loro. Poi avevano età
l’giusta.”
E aggiunge:
”Margherita è molto simile a Chiara, non urla, ha lo stesso
tipo di tranquillità e calma.” Non a
caso, Mazzucco confessa che la parte più
ardua per lei è stata la rappresentazione della rabbia: ”Sì, la
parte pratica è stata difficile: girare scalzi, con gli abiti. Ma
più di tutto ho fatto fatica ad arrabbiarmi. Non è nella mia natura
ma è una parte umana di Chiara che andava raccontata.”
Entrambi gli attori hanno fatto le
loro ricerche sui santi d’Assisi, sempre guidati dalla
regista. Mazzucco e Carpenzano
sono riusciti a portare i tratti dei loro personaggi moderni in un
contesto storicamente lontano. Il realismo storico è dato dagli
ambienti, dalla lingua – un mix di umbro, latino e francese – e dai
costumi – ancora una volta opera del costumista Massimo
Cantini Parrini (Miss Marx,
Pinocchio, Cyrano). A creare invece il ponte tra presente e
passato ci pensano gli interpreti, due celebri ragazzi di oggi che
recitano la parte di due famosi giovani di allora.
Il film è dedicato alla medievista
Chiara Frugoni
Per scrivere il suo film,
Nicchiarelli si è basata sugli scritti della
storica medievista Chiara Frugoni. L’autrice
è venuta a mancare lo scorso aprile, ma finché ha potuto ha
partecipato attivamente alla creazione dei personaggi del
lungometraggio. Nicchiarelli confessa:
”Frugoniha dedicato la sua vita
al racconto di Chiara e Francesco. Ho scoperto Chiara con i suoi
libri, perché prima conoscevo una santa molto più canonizzata,
quella addomesticata dalla Chiesa nei secoli successivi alla sua
morte.” Continua Nicchiarelli: ”Questa
storica ha svelato una Chiara diversa, più umana, e un Francesco
che non solo parla agli uccelli, ma anche allepersone.”
Il supporto di
Frugoni è stato essenziale anche durante la
lavorazione. La regista confessa: ”Quando non sapevo come
ambientare una scena o come rappresentare un personaggio, scrivevo
a Chiara. In risposta, lei mi mandava delle immagini, un quadro,
una raffigurazione, e da li partiva rappresentazione.”
Considerando i precedenti
Nico, 1988 e Miss
Marx, Chiara potrebbe sembrare
il capitolo conclusivo di una trilogia sulla figura femminile che
retrocede nel tempo. Nicchiarelli parla però
di una ”trilogia involontaria”, non calcolata a tavolino
ma che ha come tratto comune il racconto di donne forti. L’auspicio
della regista è che ”la forza del messaggio di
Chiara sia contagiosa: spero che contagi gli
spettatori del film.’
La presidente della
LucasfilmKathleen Kennedy non
sembra pronta a dare il via libera a nessun nuovo film di Star
Wars prima del 2024. Stando ad alcune fonti del settore, la
Kennedy non sembra infatti avere in programma alcuna dichiarazione
relativa al franchise nel corso D23 Expo. L’esitazione della
Kennedy potrebbe derivare dalla volontà di non replicare casi
passati in cui si sono promossi film che finora non si sono
concretizzati. Allo stesso modo, la consapevolezza che i recenti
film di Star Wars non hanno incontrato il favore dei fan
sperato ha portato la Lucasfilm a dover considerare con più
attenzione i propri progetti.
Tale attesa probabilmente porterà
dunque ad un intervallo di almeno cinque anni tra Star Wars: L’ascesa di
Skywalker, uscito del 2019, e il prossimo film della saga.
Ad ora i soli prodotti garantiti sono le serie televisive
rilasciate su Disney+, da Obi-Wan Kenobi
all’imminente Andor, fino all’annunciata Ahsoka.
Tra i progetti cinematografici attualmente in sospeso vi sono
invece una nuova trilogia affidata da Rian
Johnson, già regista di Star Wars: Gli ultimi
Jedi, e Rogue Squadron, un film
incentrato sui piloti di caccia la cui regia è affidata a
Patty Jenkins (Wonder
Woman).
Fortunatamente per i fan, almeno un
film di Star Wars sembra ancora garantito, ovvero quello
ancora senza titolo con Taika Waititi
come regista. I recenti rumor indicano che il progetto è in una
fase di sviluppo avanzata e che potrebbe essere il prossimo titolo
della saga a vedere il buio della sala, tra il 2023 e il 2024. Se
ciò venisse confermato, significherebbe che le riprese dovrebbero
iniziare relativamente presto, per concedere tempo sufficiente al
montaggio, agli effetti visivi ed altri aspetti del processo di
post-produzione. Per quanto riguarda i restanti progetti e il
futuro della saga, bisognerà vedere se realmente la Kennedy non
farà alcun annuncio o se qualcosa verrà rivelata nel corso del
D23.
Mentre i fan aspettano di avere
delle prime immagini ufficiali del prossimo Indiana Jones
5, al D23 Expo di oggi sono stati svelati i costumi del film
oltre ad alcuni concept art che anticipano un’avventura in Serbia.
Lucasfilm e Disney stanno
naturalmente cercano di tenere segreta la trama il più a lungo
possibile, e quanto oggi rivelato dà l’idea di essere piuttosto
vago, non anticipando dunque molto su ciò che ci si può aspettare.
Dato quanto il pubblico è entusiasta per questo quinto film, questi
elementi servono dunque principalmente a stuzzicare ancor di più la
curiosità.
Indiana Jones 5 è infatti
in gestazione da diversi anni, con il progetto inizialmente
sviluppato da Steven Spielberg, prima che egli si
ritirasse dal progetto. Il regista di Le Mans ‘66 e LoganJames
Mangold è poi stato chiamato a dirigere il film, con
Harrison Ford
confermatissimo nei panni dell’iconico avventuriero. Accanto a lui,
in ruoli ancora non meglio chiariti, vi saranno gli attori Phoebe
Waller-Bridge e Mads Mikkelsen.
Quanto oggi mostrato sembra relativo, oltre allo stesso Jones,
proprio ai personaggi interpretati da questi ultimi due attori.
Nelle foto diffuse si possono
infatti ritrovare quello che sembra certo essere il costume che la
Waller-Bridge sfoggerà nel film, mentre ve ne è anche uno che
potrebbe essere relativo all’antagonista, anche se non è ancora
certo che Mikkelsen avrà effettivamente tale ruolo. Accanto ai
costumi, alcuni artwork anticipano quelle che potrebbero essere
delle scene del film, con ambientazioni esotiche e inseguimenti su
improbabili mezzi. Si possono ritrovare tali foto dei costumi e dei
concept art qui di seguito, sul profilo ufficiale di ComicBook.
Indiana Jones 5 ha una data d’uscita attualmente fissata
al 30 giugno 2023.
L’attrice Susan Sarandon,
che interpreterà il principale antagonista Victoria
Kord nel prossimo film del DCEU della Warner Bros.
Pictures Blue
Beetle, ha parlato di come il film avrà molte
scene recitate in spagnolo. La storia, come noto, segue
Jaime Reyes, la cui vita cambia totalmente quando
si imbatte in un misterioso alieno che lo trasforma nell’eroe del
titolo. Ad interpretare il protagonista vi sarà con la star di
Cobra KaiColo Maridueña. Poiché la
maggior parte del cast di Blue Beetle è composta da
personaggi e attori latini, il film sembra sarà dunque recitato
anche in spagnolo con sottotitoli.
“La cosa favolosa – ha
affermato la Sarandon – è che è il primo eroe latinoamericano
ad avere un proprio film… Ancora meglio, tutti i messicani, perché
la sua famiglia è messicana e tutti gli attori erano messicani o
messicano-americani, ed è in spagnolo, quindi è
sottotitolato.”. Dalle dichiarazioni dell’attrice, tuttavia,
non è chiaro in che proporzione il film sarà recitato in lingua
spagnola, ma è questo un dettaglio che potrebbe essere chiarito con
l’avvicinarsi dell’uscita del film in sala. La notizia va però a
confermare l’intenzione del DCEU di essere sempre più inclusivo
tanto nella scelta degli attori quanto dei suoi progetti.
Sono passati quasi 10 anni da quando
tale universo condiviso ha preso vita, a cominciare da L’uomo d’acciaio di
Zack Snyder. Sebbene il franchise sia cambiato in modo
significativo nel corso degli anni, il DCEU sta ancora andando
avanti, poiché la Warner Bros. continua a dare vita a sempre nuovi
eroi. Mentre i piani di rilascio dello studio per i propri film DC
sono cambiati drasticamente per il 2022, il 2023 ha quattro
progetti in programma, supponendo che nient’altro venga modificato
nel programma di rilascio. Tra questi quattro vi è proprio l’atteso
Blue Beetle.
Siamo quasi al gran finale a
Venezia 79, ieri sul red carpet hanno sfilato le
ultime delegazione prima della serata di chiusura, tra gli altri la
regista italiana Susanna Nicchiarelli che ha
presentato insieme al cast il film in concorso Chiara. Sul red carpet anche Nicolas
Winding Refn con il suo Copenhagen Cowboy, presentato
fuori concorso.
Nel film Chiara ha diciotto
anni, e una notte scappa dalla casa paterna per raggiungere il suo
amico Francesco. Da quel momento la sua vita cambia per sempre. Non
si piegherà alla violenza dei famigliari, e si opporrà persino al
Papa: lotterà con tutto il suo carisma per sé e per le donne che si
uniranno a lei, per vedere realizzato il suo sogno di libertà. La
storia di una santa. La storia di una ragazza e della sua
rivoluzione.
La storia di Chiara e Francesco è
entusiasmante. Riscoprire la dimensione politica, oltre che
spirituale, della ‘radicalità’ delle loro vite – la povertà, la
scelta di condurre un’esistenza sempre dalla parte degli ultimi ai
margini di una società ingiusta, il sogno di una vita di comunità
senza gerarchie e meccanismi di potere – significa riflettere
sull’impatto che il francescanesimo ha avuto sul pensiero laico,
interrogandosi con rispetto sul mistero della trascendenza. La vita
di Chiara, meno conosciuta di quella di Francesco, ci restituisce
l’energia del rinnovamento, l’entusiasmo contagioso della gioventù,
ma anche la drammaticità che qualunque rivoluzione degna di questo
nome porta con sé.
La serie tv Copenhagen Cowboy
Copenhagen Cowboy è una serie noir
in sei episodi satura di luce al neon e adrenalina che parla di una
giovane ed enigmatica eroina, Miu. Dopo una vita di servitù, alle
soglie di un nuovo inizio, si aggira nel tetro paesaggio del mondo
criminale di Copenaghen. Alla ricerca di giustizia e vendetta, Miu
incontra la sua nemesi, Rakel, e insieme intraprendono un’odissea
nel naturale e nel soprannaturale. Alla fine, il passato trasforma
e definisce il loro futuro e le due donne scoprono di non essere
sole, ma di essere molti.
La recente uscita di
Thor: Love and Thunder su
Disney+ ha permesso di confermare
ufficialmente il posto che il film occupa nella timeline del
Marvel Cinematic Universe. Come
noto, quando l’MCU ebbe inizio nel 2008 con
l’uscita di Iron Man, il piano di Kevin
Feige per il franchise era già particolarmente ambizioso.
Il boss dei Marvel Studios voleva infatti creare un
universo collegato di film che presentasse continuità e personaggi
simili ai Marvel Comics. Il piano e il franchise sono poi
stati effettivamente il successo che tutti noi oggi conosciamo, ma
più tale universo cinematografico si è espanso, più si è
naturalmente complicato.
Durante la Infinity Saga, la
sequenza temporale dell’MCU era ragionevolmente semplice,
poiché i film venivano distribuiti grossomodo in ordine
cronologico. A partire dalla Fase 4, le cose
hanno però cessato di essere così e molti dei film usciti
recentemente non seguono più un ordine di questo tipo. L’ultimo
film ad oggi uscito in sala, Thor: Love and
Thunderha suscitato dunque il dubbio su
quando si stessero svolgendo gli eventi narrati rispetto alle altre
opere. È stato ora rivelato che quanto avviene nel film ha luogo
esattamente dopo gli eventi di She-Hulk e Ms Marvel.
Alcuni fan hanno però notato
apparenti problemi con tale collocazione nella timeline. Nello
specifico, la storia del film si svolge alla fine del 2025, ma il
riferimento di Thor a Jane e la sua rottura prima di Captain America: Civil
War suggerisce che Thor: Love and
Thunder avvenga nel 2024. Dato però che in Ms
Marvel è esplicitato che il
tutto si svolge 2025, sembra che il posto di Thor: Love and
Thunder nella timeline sia ancora non del tutto
chiaro. Per semplificare, si può supporre che il tutto si svolga
tra il 2024 e il 2025. La questiona dà però ulteriormente l’idea di
quanto tale timeline sia sempre più complessa.
Al D-23 è stato mostrato il primo
trailer di Disenchanted, il sequel di Come
d’Incanto che vede tornare protagonisti Amy Adams e Patrick Dempsey, 15 anni dopo che Giselle
(Adams) e Robert (Dempsey) si sono sposati.
Giselle è diventata disillusa a
causa della vita in città, quindi trasferiscono la loro famiglia
nella sonnolenta comunità suburbana di Monroeville in cerca di una
vita più da favola. Sfortunatamente, non è la soluzione rapida che
aveva sperato. Suburbia ha una serie completamente nuova di regole
e un’ape regina locale, Malvina Monroe (Maya
Rudolph), che fa sentire Giselle più fuori luogo che mai.
Si rivolge così alla magia dell’Andalasia per chiedere aiuto,
trasformando accidentalmente l’intera città in una fiaba della vita
reale e mettendo a rischio la felicità futura della sua
famiglia.
Le star Amy Adams e Patrick Dempsey hanno svelato che
Disenchanted, il sequel del film di
successo Come d’incanto, debutterà in streaming in
esclusiva su Disney+ il 24 novembre 2022.
La Disney ha offerto ai fan una
prima occhiata al remake live-action di
Biancaneve, con Rachel Zegler (West
Side Story) e Gal Gadot (Wonder Woman). Le
prime immagini del film diretto da Marc Webb sono
state svelate come parte della presentazione dello studio al
D-23.
Biancaneve è basato
sul classico di Walt Disney Biancaneve e i sette
nani del 1937, a sua volta basato sulla fiaba del 19°
secolo dei fratelli Grimm. È stato il film d’animazione inaugurale
della Disney e fondamentale per l’impero Disney.
Rachel Zegler ha detto che è stato “un
onore” riportare in vita il classico “per l’età moderna”. Ha
detto che, per il suo personaggio, il film parla di “Trovare un
senso di azione in modo che possa essere una sovrana giusta e una
regina meravigliosa”.
Gal Gadot ha osservato che interpretare la
regina malvagia era “molto diverso da quello che avevo fatto
prima. Sono abituata a recitare dall’altra parte di dove dovrebbe
essere il cuore”.
L’attrice di Wonder
Woman ha definito la regina un “cattivo iconico”
e ha detto che “stare sotto la sua pelle è stato così
delizioso”.
Originariamente annunciato nel 2020
come sequel del film del 2019, Mufasa
racconta la storia delle origini dell’iconico padre di Simba,
esplorando la sua infanzia trascorsa con il fratello cattivo Scar.
Il film si avvarrà della voce di Aaron Pierre e di
Kelvin Harrison Jr. che interpreteranno le
versioni più giovani dei personaggi, al posto di James Earl
Jones nei panni di Mufasa sia nell’originale del 1994 che
nel remake in CGI del 2019, e Jeremy Irons e
Chiwetel Ejiofor nei panni del malvagio Scar.
Oltre ad annunciare il titolo, in
occasione della convention Disney è stato mostrato al pubblico un
filmato in anteprima esclusivo del film. Il filmato inizia con
Rafiki (John Kani) che racconta la storia di
Mufasa ai giovani cuccioli, rivelando che il leone era in realtà un
cucciolo orfano che ha dovuto navigare per il mondo da solo fino a
diventare il re della Rupe dei Re. In quanto tale, il film va oltre
le iconiche terre del branco per mostrare il cucciolo Mufasa in un
deserto, dove viene colpito da un’alluvione che lo renderà
orfano.
L’attrice Letitia
Wright ha recentemente raccontato del grave infortunio che
ha subito sul set di Black Panther: Wakanda
Forever. Il film, in uscita ad novembre, è il
sequel di Black Panther, il
grande successo del MCU del 2018, con Wright che
riprende il ruolo di Shuri, la sorella di
T’Challa/Black Panther (Chadwick
Boseman). A seguito della prematura scomparsa di
Boseman, Wakanda Forever come noto renderà omaggio
all’attore e nel film il ruolo di Black Panther passerà
probabilmente alla Wright. Nel corso delle riprese, però, la Wright
ha subito un grave infortunio durante l’esecuzione di un’acrobazia,
fratturandosi la spalla e subendo una forte commozione cerebrale
che ha avuto effetti duraturi.
L’incidente, avvenuto nell’agosto
del 2021, ha mandato l’attrice in ospedale e la produzione è stata
interrotta per tutto il resto dell’anno in attesa che l’interprete
potesse tornare sul set. In una recente intervista, la Wright ha
ora parlato più approfonditamente di questo suo grave infortunio,
ricordando la moltitudine di sfide fisiche richieste durante le
riprese, ritenendosi però immensamente orgogliosa di ciò che ha
realizzato dopo essersi ripresa dall’infortunio. “Ci sono state
anche molte sfide fisiche da affrontare, – ha raccontato
l’attrice – ma sono stata davvero orgoglioso del fatto che di
fronte alle avversità ho potuto riprendermi e dare quella vita e
quella forza in più al mio personaggio.”
“Vedere tutti dare il 110
percento ti ispira ogni giorno. – ha poi affermato la Wright –
Il viaggio non è stato indolore, ma alla fine puoi stare in
cima alla montagna e dire di avercela fatta. Si spera che questo si
trasferisca al film e che le persone escano dalla sentendosi
estasiate e piene di potere, perché così è come ci sentiamo dopo
averlo realizzato”. L’appuntamento con Black Panther:
Wakanda Forever è dunque fissato per l’9
novembre, e in quell’occasione si potrà ammirare
l’interpretazione dell’attrice, con tutto quello che vi è
dietro.
Il occasione del D-23, Disney ha
svelato i nomi del cast vocale di Elemental,
il 27esimo lungometraggio della Pixar. Diretto da
Peter Sohn (Il
viaggio di Arlo, cortometraggio Parzialmente
nuvoloso) e prodotto da Denise Ream (Il
viaggio di Arlo, Cars 2), il film segue le vicende di un’insolita
coppia, Ember e Wade, in una città i cui abitanti sono fuoco,
acqua, terra e aria, e vivono insieme. L’“ardente” giovane donna e
il ragazzo “che segue la corrente” stanno per scoprire qualcosa di
fondamentale: quanto hanno davvero in comune.
Nel film ascolteremo la voce di
Mamoudou Athie, che abbiamo visto in
Jurassic World – Il Dominio, e Leah
Lewis, di L’altra metà.
Diretto da Peter
Sohn (Il
viaggio di Arlo, cortometraggio Parzialmente
nuvoloso) e prodotto da Denise Ream (Il
viaggio di Arlo, Cars 2), il film segue le vicende di un’insolita
coppia, Ember e Wade, in una città i cui abitanti sono fuoco,
acqua, terra e aria, e vivono insieme. L’“ardente” giovane donna e
il ragazzo “che segue la corrente” stanno per scoprire qualcosa di
fondamentale: quanto hanno davvero in comune.
Elemental è un film
originale ispirato all’infanzia di Peter Sohn a New York. “I
miei genitori sono emigrati dalla Corea all’inizio degli anni
Settanta e hanno costruito un frequentato negozio di alimentari nel
Bronx”, ha affermato il regista. “Eravamo una delle tante
famiglie che si erano avventurate in una nuova terra con sogni e
speranze, in un unico crocevia di culture, lingue e piccoli
bellissimi quartieri. Questo è quello che mi ha portato a
Elemental”.
“La nostra storia è basata sui
classici elementi: fuoco, acqua, terra e aria”, ha aggiunto
Sohn. “Alcuni elementi si mescolano tra loro, altri no. E se
questi elementi fossero vivi?”.
Il occasione del D-23, Disney ha
diffuso il primo trailer de La
Sirenetta, il suo prossimo live action che vedrà
protagonista, nella pinna verde di Ariel, Halle Bailey, giovane pop-star molto nota
negli Stati Uniti.
“Sono sicura che tutti voi qui
dentro possiate relazionarvi con Ariel e quanto sia speciale per
tutti noi”, ha detto Halle Bailey dal palco del D-23 “Essendo
una bambina che nuotava in piscina, immaginando di essere una
sirena, non avrei mai immaginato che questo sogno potesse prendere
vita [in questo modo]… I tre giorni di riprese di “Part of Your
World” sono state l’esperienza più bella della mia vita: sentire
tutti i sentimenti che prova, la sua passione, il suo disagio,
tutto ciò che sta vivendo. È stato così eccitante per me
interpretare quelle emozioni e avere Rob
(Marshall) che mi dirigeva ed essere una forza
così commovente in questo film è stato davvero un onore”.
La
Sirenettavedrà nel cast Halle
Bailey (nei panni di Ariel), Jonah
Hauer-King (nei panni del Principe
Eric), Javier
Bardem (in trattative per interpretare Re
Tritone), Melissa
McCarthy (nei panni di Ursula, la perfida strega
del mare), Daveed
Diggs (Sebastian), Jacob Tremblay (Flounder) e Awkwafina (Scuttle).
Questa versione del classico sarà diretta dal regista
di Il Ritorno di Mary
Poppins e Into The
Woods,Rob Marshall, e includerà sia
i brani dell’originale d’animazione del 1989, sia canzoni inedite a
cui lavoreranno Alan
Menken e Lin-Manuel Miranda. Il
film arriverà il 26 maggio 2023 al cinema.
Un sequel di Inside
Out (attualmente intitolato solo Inside Out
2), il grande successo della Pixar
del 2015, è in arrivo! La notizia ha iniziato a circolare già
ultime ore e il progetto è poi stato annunciato ufficialmente al
panel di animazione del D23 Expo. Inside Out racconta la
vita di cinque emozioni antropomorfe che lavorano nella mente di
una giovane ragazza di nome Riley, aiutandola a crescere. Il film
originale vedeva Amy Poehler nei panni di Gioia,
Phyllis Smith nei panni di Tristezza, Bill
Hader nei panni di Paura, Lewis Black nei
panni di Rabbia, Mindy Kaling nei panni di
Disgusto e Richard Kind in quelli di Bing
Bong.
Con il sequel ora essere confermato,
Inside Out si unisce a Toy Story, Cars, Gli
Incredibili, Monster & Co. e Alla ricerca di Dory
come uno dei film Pixar ad ottenere un seguito. Come noto, lo
studios preferisce focalizzarsi su progetti sempre nuovi,
sviluppando dei sequel solo se si presentano idee estremamente
buone. Lo stesso regista di Inside Out, Pete
Docter, affermò nel 2015 di non avere idee per altre
storie che potessero dunque configurarsi come dei sequel,
preferendo invece concentrarsi su quello che sarebbe poi diventato
nel 2020 un altro grande successo della Pixar, ovvero Soul.
L’ufficialità di un Inside Out
2 porta con sé anche alcuni ulteriori dettagli. Sappiamo
infatti che a dirigere il film sarà Kelsey Mann,
mentre della sceneggiatura si occuperà Meg
LeFauve. Il film è inoltre atteso in sala per
l’estate 2024. Stando a quanto riportato da alcune
testate, però, sembra che non tutti gli attori del primo film
torneranno a doppiare gli iconici personaggi. Hader e la Kaling
sembra infatti che non riprenderanno i loro ruoli di Paura e
Disgusto, apparentemente per mancati accordi di natura economica.
Alcuni dettagli di trama sono infine stati rivelati e sappiamo che
non solo il tutto si svolgerà nella mente di una Riley adolescente,
ma che ci saranno anche nuove emozioni protagoniste.
Tutti conosciamo Santa Chiara da
Assisi, ma sappiamo molto poco della ragazza di 18 anni che si
è spogliata dei suoi abiti nobiliari per ”stare insieme agli
umili”. Con Chiara,
la regista Susanna
Nicchiarelli continua il suo lavoro sulle figure
femminili che hanno vissuto accanto, o spesso nell’ombra, di uomini
potenti. Margherita Mazzucco (L’amica
geniale) è la giovane Chiara,
mentre Andrea Carpenzano (La
Terra dell’Abbastanza, Calcinculo) è San Francesco. Il film è
stato presentato in Concorso alla
79ª Mostra
internazionale di Venezia ed è una produzione
Vivo film con Rai Cinema e
Tarantula.
La storia di
Chiara d’Assisi
Dopo
Nico, 1988 e Miss
Marx, Susanna
Nicchiarelli torna a raccontare di una donna in
grado di segnare la storia. Agli inizi del Duecento, una giovane
ragazza nobile di nome Chiara
(Margherita Mazzucco) scappa con una cara amica
dalla casa paterna per seguire le orme di Francesco
(Andrea
Carpenzano). Francesco ha fondato un ordine
di frati basato sulla vita in povertà che prontamente accoglie le
ragazze. Chiara, spogliata delle sue nobili vesti,
non avrà però vita semplice: le opposizioni paterne, quelle del
pontificato e infine anche gli scontri con Francesco,
ostacoleranno il desiderio della ragazza di servire il popolo.
D’altronde, ricordiamolo, a vivere tutto ciò è una donna
diciottenne del XIII Secolo.
L’Umbria protagonista
A livello paesaggistico, la
protagonista del film è l’Umbria. La terra d’origine non solo di
Santa Chiara, ma anche di
Nicchiarelli. La location principale è la Chiesa
di San Pietro a Tuscania (ambientazione di film
come Uccellacci e Uccellini), ampia pietra immersa
nel verde che è luminosa di giorno e angosciante di notte, ma
sempre credibile. Infine, una nota di merito va alle scene
conviviali: in Chiara i banchetti non mancano e, a
seconda della situazione e dei personaggi, sono ricchi, scarni o
esotici.
La musicalità
di Chiara
Chiara è un film
che viaggia indietro nel tempo ma che porta con se il presente,
soprattutto a livello sonoro. La lingua in cui i personaggi parlano
è un volgare dialettale dalle cadenze umbre, che si alterna al
latino dei testi e al francese delle canzoni che pervadono le
scene. L’utilizzo di queste tre lingue collabora a trasmettere
l’atmosfera del XIII Secolo: Chiara parlava
in volgare, predicava in volgare perché era la lingua del popolo,
un parlato distante dal latino ecclesiastico. Francesco
inoltre amava il francese, il suo nome deriva proprio da quella
lingua, quella delle chanson.
La modernità
di Chiara non è tanto nelle parole
utilizzate, quanto nel montaggio sonoro: pur non essendo un
musical, nel film i personaggi ballano e cantano interrompendo
l’azione e venendo pervasi dalla musica. Nel film si scorgono le
tracce gioiose di Jesus Christ Superstar come di
tanti altri musical ”laici”. In questo senso, si coglie la volontà
della regista di realizzare un film che possa parlare dei giovani
di allora – nel 1211 Chiara è una diciottenne e
Francesco ha solo trent’anni – e che sia allo stesso tempo
in grado di comunicare ai giovani di oggi. Gli accostamenti tra
sequenze d’azione e sequenze musicali possono apparire kitsch o
incoerenti, ma denotano uno stile registico forte e riconoscibile
che, ovviamente, può piacere o non piacere.
Il duo Mazzucco – Carpenzano
Le scene più belle sono quelle in
cui Chiara e Francesco sono fianco a
fianco. La forza dei personaggi nella storia è resa dal potente duo
attoriale Mazzuccco e Carpenzano.
Lei, una ragazza di diciotto anni reduce dalla serie di
successo L’amica geniale. Lui, un attore
promettente del cinema indipendente italiano (soprattutto con
i Fratelli
D’Innocenzo).
I volti di pietra, gli sguardi persi
che hanno contraddistinto i personaggi precedentemente interpretati
dalla coppia di attori, questa volta vengono adattati allo scenario
religioso e pittorico
di Chiara. Mazzucco e Carpenzano sanno
alternare spiritualità e pathos religiosi ai tipici sentimenti dei
giovani: l’entusiasmo, l’idealismo, la voglia di cambiare il
mondo.
In concorso a Venezia 79 c’è anche
Khers Nist di Jafar Panahi (Il
palloncino bianco, Il Cerchio). Sul red carpet
della 79ª
Mostra internazionale di Venezia manca però il
realizzatore, nonché l’attore principale del film: da
luglio, Panahi è
nuovamente sotto arresto. Tuttavia, il cineasta non demorde e
porta sulla scena un’altra storia meta-cinematografica e critica
nei confronti del regime iraniano.
Di cosa parla Gli orsi
non esistono
Un regista (Jafar
Panahi) è costretto a seguire a distanza le riprese del
suo film, girato a Teheran. Da una piccola casa in un
paesino rurale a pochi chilometri dalla città e dal
confine, Panahi dirige la sua troupe nella
realizzazione di un film su una coppia di innamorati che tenta di
fuggire dall’Iran.
Allo stesso tempo, un’ipotetica foto
scattata da Panahi nel villaggio contadino
diventa la prova intangibile di un amore clandestino. Il
regista segue da vicino queste due storie d’amore: in entrambi
casi, è lui a tenere le fila dei rapporti.
Conflittualità diffusa
Gli orsi non
esistono è attraversato da una tensione perenne che,
assumendo varie forme, cresce scena dopo scena. Nel film che il
regista sta girando in città, i personaggi sono visibilmente
preoccupati. Ma la situazione nel villaggio non è molto diversa: un
luogo apparentemente tranquillo, legato alle tradizioni e fatto di
persone semplici, si rivela ugualmente carico di conflitti.
Anche se Gli orsi non
esistono non può definirsi un film violento,
guardandolo si ha la disturbante sensazione che basti davvero poco,
anche una fotografia, per scatenare gli animi. Il film è
quindi critico, ma non è privo di ironia.
Panahi usa la metafora degli orsi per parlare
di mentalità, di tradizioni, di regole e abitudini che, sulla base
del nulla, sono in grado di generare paure reali.
Una celebrazione dei mezzi
cinematografici
Al di là delle tematiche politiche
tanto care a Panahi, Gli
orsi non esistono è una celebrazione
dell’arte cinematografica. Cineprese, hard disk, video amatoriali,
montaggi meta-narrativi, sequenze notturne: tutto rimanda al lavoro
della macchina cinematografica in ogni suo fase. I commenti
tecnici, il lavoro con gli attori, la voglia di catturare la vita
del villaggio, tutti questi elementi esprimono l’amore
di Panahi per la settima arte.
La figura demiurgica di Panahi
Panahi è il
demiurgo de Gli orsi non esistono: né è il
regista, lo sceneggiatore e l’attore principale. Non solo
nella realtà, ma anche nella meta-narrazione. È lui che muove
l’azione, sul set-verità di Teheran e nella dinamiche del
villaggio. Tuttavia, sembra che gli avvenimenti cadano addosso
a Panahi: tutti si muovono, si agitano,
cercano la fuga, l’amore, la felicità e la vendetta, mentre lui non
fa altro che riprendere, suggerire e osservare.
Sicuramente, Panahi ha
voluto inserire molto della sua condizione di cineasta indipendente
in un paese come l’Iran. Stoico e silenzioso, il regista indossa
sempre la stessa espressione ed emette pochissime parole. La sua
figura, in parte dà sicurezza, in parte appare stanca e svogliata a
combattere l’ennesima battaglia. Guardando Gli orsi non
esistono si ha come la sensazione che il
dovere di raccontare una storia simile alle
precedenti (vedi
Taxi Teheran) sia maggiore della voglia
di realizzare il film.
Sbilanciarsi di fronte a tematiche
come la migrazione, la libertà e i confini è rischioso. Tuttavia,
va detto che quello che davvero si apprezza di un film
come Gli orsi non esistono è il gioco
narrativo: il mescolamento di cinematografico e
meta-cinematografico, il parallelismo delle due storie d’amore. E
alla fine il confine veramente interessante è quello, molto labile,
tra finzione e realtà.
On the Fringe,
esordio dell’attore ispano-argentino Juan Diego
Botto al lungometraggio, dopo una serie di corti
all’attivo, ci immerge in una serie di storie intersecate tra di
loro che si svolgono nell’arco di una giornata e con protagonisti
personaggi, appunto, ai margini, che vengono sfrattati dai loro
appartamenti, o bambini che vengono portati via dai servizi sociali
perchè abbandonati dai genitori. Nel cast, Penélope Cruz, Luis Tosar,
Christian Checa, Adelfa Calvo,
Juan Diego Botto, Aixa
Villagrán, Font García.
Il primo dramma sociale di Juan Diego Botto
Presentato in anteprima mondiale
nella sezione Orizzonti della 79ª Mostra del Cinema di Venezia, On
the Fringe ci presenta le storie di quei membri della
società che sono stati privati del diritto ad avere un tetto sopra
la propria testa. Nel bel mezzo della crisi immobiliare e della
recessione spagnola, questi personaggi si trovano a dover fare i
conti con l’essere sfrattati e l’andare incontro a un futuro
incerto in cui non c’è nessun aiuto se non la loro resistenza
collettiva.
La storyline che dà il via a questo
groviglio di esistenze da risolvere è quella di
Selma, una bambina che viene prelevata a casa sua
dai servizi sociali perché rimasta apparentemente da sola,
abbandonata dalla madre. A rendersi conto della situazione è
Rafa (Luis Tosar), un avvocato
che si occupa di casi sociali e che è a conoscenza dei alcune
problematiche interne a questa famiglia di immigrati.
Sorge però una sorta di conflitto
parallelo a quello professionale di Rafael che,
trascorrendo così tanto tempo ad aiutare gli altri, si allontana
progressivamente alla moglie Helena (Aixa
Villagrán), che ha problemi di salute, e dal figlio (o
“figliastro”, come il ragazzo chiarisce più volte), un adolescente
di nome Raúl (Cristian Checa)
che, a causa del ritardo di Rafa, si perde una
gita scolastica ed è costretto ad accompagnarlo in una giornata di
lavoro. Proprio nel corso di queste 24 ore, tra i fastidi e
l’irritazione che subentrano tra i due, Rafa dovrà
rendersi conto del disequilibrio che sta nascendo tra il suo
impegno pubblico e quello che ci mette nella sfera privata.
Facciamo poi la conoscenza di
un’altra esistenza che si incrocerà con Rafa,
quella di Azucena (Penélope
Cruz), che ha un bambino piccolo e che sta per essere
sfrattata dalla sua casa non riuscendo a pagare l’affitto.
Attraverso incontri di gruppo organizzati con altri individui che
stanno cercando di sistemare situazioni simili, e ripresi con un
tono quasi documentaristico, gli sfortunati “clienti” di
Rafa si organizzano per mettere insieme piani
d’azione e fermare gli sfratti, ma sconfiggere le banche – e la
polizia che agisce in difesa dei loro interessi – è tutt’altro che
semplice; così, la militanza sembra funzionare più come un gruppo
di sostegno emotivo che altro.
Il quadro dei personaggi di
On the Fringe è completato da
Manuel (lo stesso Botto), un
immigrato argentino che ha perso il lavoro e da un suo amico
(Font García), che ha fatto un investimento
costoso con i soldi della madre (Adelfa Calvo) e
non solo ha perso tutto ma non osa dirglielo.
On the Fringe: una corsa contro il tempo
Come vediamo in On the
Fringe, gli effetti dell’eccessiva speculazione, dei
costosi rimborsi e delle privatizzazioni possono colpire tutte le
classi sociali, che si tratti dell’immigrata araba
Badia, della povera Azucena o
dell’apparentemente benestante pensionata Teodora.
Come afferma Botto, in Spagna ci sono 41.000
sfratti all’anno, più di 100 al giorno. Il film si addentra nelle
loro storie e mostra come questa paura influisca sulle loro
relazioni, sia in famiglia che tra amici.
Botto trova umanità
e forza di ciascuno dei personaggi di On the
Fringe, uniti dal dolore e da un senso di fallimento, ma
prima di tutto individui, protagonisti di un dramma che assume
connotazioni personali, le quali vengono intercettate da
Rafa, a costo di mettere a repentaglio la sua di
vita.
Le lancette dell’orologio scorrono
inesorabilmente in questa corsa contro il tempo orchestrata da
Azucena, che vuole organizzare una manifestazione
per osteggiare il suo sfratto. On the Fringe, a
tratti, assume le sembianze di un thriller, in cui tutti i pezzi
devono combaciare per poter far ottenere la propria ricompensa a
ogni giocatore. Solo che in questo caso – un esordio deciso da
parte di Juan Diego Botto – sembra che tale premio
sia irraggiungibile fin dall’inizio. Il sistema non lo
permette.
Paolo Virzìtorna allaMostra internazionale d’arte
cinematografica. DopoNotti Magiche(2018),
quest’annopresenta aVenezia 79Siccità,
un film corale, satirico e calato nel reale. Il lungometraggio è
nato durante il periodo delle zone rosse e dei lock-down e si basa
sulla sceneggiatura scritta dal regista insieme ai suoi
co-sceneggiatori storici, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo. Al team si aggiunge come ”alter-ego del
gruppo” Paolo
Giordano, autore del
celebre saggio sulla pandemia Nel Contagio (2020).
Siccità è ambientato
in una Roma totalmente prosciugata dove non piove da tre anni.
L’erogazione contingentata dell’acqua e gli scarafaggi che
pervadono la città danno del filo da torcere ai personaggi del
film. Nessun protagonista, ma tante personalità che incarnano i
lati drammatici e ironici degli italiani messi a contatto con un
problema globale. La dottoressa angosciata(Claudia
Pandolfi), il ”professore” onnipresente in televisione
(Diego Ribon), le vittime dei tagli sul lavoro
(Max Tortora,
Valerio Mastandrea), i ricchi (Vinicio
Marchioni,
Monica Bellucci), gli acculturati (Elena
Lietti, Tommaso Ragno), i giovani
(Sara Serraiocco), tutte le categorie tendono ad
assomigliarsi nei momenti di crisi.
L’attualità raccontata in tempo
reale
Il regista ha scelto di raccontare
subito, non appena ha potuto, un periodo assurdo e reale, quello
della pandemia globale, attraverso una storia paradossale ma
plausibile. ”Siccità era un film ambizioso e anche molto
pazzo da realizzare nel momento in cui citrovavamo”, esordisce Paolo Virzì.
”Era doveroso affrontare questo tema
subito. Noi, come cineasti sentiamo di avere un piccolo ruolo:
raccontare il nostro tempo, le nostre vite. Ci siamo
tuffati a sognare. Attraverso una visione quasi fantascientifica,
abbiamo immaginato una Roma deldopodomani.”
In realtà, il film
di Virzì è ancora più attuale di quanto
il regista potesse programmare. Accanto al tema dell’epidemia,
viene affrontato quello del cambiamento climatico. Il
lungometraggio esce in sala il 29 settembre, dopo
un’estate di siccità, caldo torrido e fiumi in secca. Un’epidemia
scatenata dalle blatte, un virus legato ai pipistrelli. Ma anche il
Tevere prosciugato nella finzione e il Po nella realtà.
La necessità di fare un film
collettivo
Virzì ripercorre le prime tappe della
scrittura di Siccità, quando durante il lock-down
fantasticava insieme agli sceneggiatori. ”In un’epoca in
cui le strade erano vuote, sognavamo unaRoma caotica,
sognavamo di affollare le strade davanti alla macchina da presa
con vicende e esseri umani, con angosce nuove e
indecifrabili, infelicità, frustrazione.”
Il regista evidenzia la volontà di
fare un film sì corale e affollato, ma dotato di senso.
Siccità parla di
connessioni: tutti i suoi personaggi sono in
qualche modo legati tra loro. La scommessa del
film era quella di ”Prendere temi globali come quello della
pandemia e dell’estinzione e comporreun grande mosaico
narrativo che avesse in sé la potenza
dell’arte cinematografica e del grande schermo, un film dotato
di forza emozionale e dell’ambizione di sfidare il futuro, la
speranza di tornare in sala”.
Riguardo al tono emotivo di
Siccità, lo sceneggiatore Paolo
Giordano aggiunge ”Il periodo della pandemia darà
frutto a molte narrazioni esangui, di personaggi soli e
abbandonati. Al contrario, da questo team io ho tratto la forza e
la voglia di un mondo affollato, caotico, a volte un po’ nevrotico
ma pieno di convialità e voglia di stare insieme”.
Riguardo ai ruoli creati,
anche nei precedenti film scritto
con Virzì e Archibugi, Francesco
Piccolo confessa: ”Noi non abbiamo mai voluto
fare troppe distinzioni tra buoni e cattivi, essi non sono
troppo diversi tra di loro e tutti meritano di essere
amati.” Continua: ”Abbiamo sempre creato personaggi
da amare molto anche nelle loro meschinità. E, in essi, abbiamo
voluto costruire una speranza. Tutti in
Siccità hanno la sensazione di essersi
staccati dal mondo e di volersi ricongiungere con esso.”
Uno zoom sul cast
di Siccità
Virzì ha poi
giustificato le sue scelte in termini di casting. Gli interpreti
sono tanti nomi importanti del cinema italiano e ognuno di loro
incarna un diverso modo di essere. Il regista parla del cast come
parlerebbe dei membri di una grande famiglia, raccontandone
aneddoti e qualità: da Elena Lietti, che ha
iniziato come comparsa sul set de La
pazza gioia, alla difficoltà fisica nel riuscire a far
entrare l’altissimo Max Tortora in
un’inquadratura orizzontale. ”Claudia
Pandolfi è mia sorella, è come se
avessimo un DNA livornese in comune. Ho voluto usare il suo colare
per portarlo in un personaggio gelido.” Continua:
‘‘Agli inizi della sua carriera,
Silvio Orlando era un clown puro, sapevo che
avrebbe potuto riprendere quel personaggio buffo simile a Charlot e
portalo in Siccità.”
C’è una prospettiva salvifica
in Siccità?
Nonostante lo scenario apocalittico,
nonostante la frenesia del film, alla base
di Siccità c’è una visione ottimista. Ci si
chiede se il film voglia offrire una prospettiva salvifica.
Virzì afferma: ”C’è una speranza nel
film, che emerge raccontando il naturale, il destino dell’uomo
sulla terra. Non aspettatevi da noi [del cinema] risposte, ma
sicuramente è un invito ad alzare lo sguardo.”
Il regista conclude: ”Perché, in
fondo, l’arte di raccontare è la vera medicina. Se
parli di grandi temi e non tieni conto di una persona, dei suoi
amori e delle infelicità, rischi di non capir nulla. Solo se ti
avvicini alle persone ne cogli tutta la forza.”
Dopo Notti Magiche
(2018), un film che ruota attorno alle acque del Tevere, con
Siccitàil regista Paolo
Virzì racconta di una Roma totalmente
prosciugata. Presentato fuori concorso alla 79ª
Mostra Internazionale di Venezia, il film arriverà
nelle sale il 29 settembre2022.
Siccità è un film corale che mescola scenari
apocalittici e personaggi strampalati, con l’efficace ricetta dello
”strano ma vero” che
contraddistingue Virzì.
Siccità: la
trama
Prendiamo un’ipotesi assurda: Roma
caput mundi, città dall’antichissimo sistema idrico, è a
corto di acqua. Non piove da tre anni e l’erogazione pubblica viene
contingentata. Il Tevere è in secca e gli scarafaggi – le blatte –
invadono strade e case. Uno scenario apocalittico, ma non troppo
distante da quello attuale. In questo contesto, si muovono una
serie di personaggi. Gli individui sembrano dapprima scollegati, ma
nel corso del film inciampano tutti l’uno nella vita
dell’altro.
Tra gli altri, c’è una
dottoressa che scopre una nuova epidemia (Claudia
Pandolfi), un carcerato che evade per sbaglio
(Silvio Orlando), un ex-commerciante che vive in
mezzo alla strada (Max Tortora), un tassista
sonnolente (Valerio Mastandrea). Tutti questi
personaggi, buffi e veri, si trovano a dover fare i conti con una
città troppo calda, troppo sporca e troppo diseguale, che non
sembra aver nulla a che fare con la nostra capitale.
Riflessioni post-pandemiche
Siccitàpotrebbe
sembrare un film a episodi, ma in realtà è un’unica grande
narrazione che ruota attorno ad un solo tema: il rapporto
tra l’individuo di oggi e l’ambiente. Dopo la pandemia
globale scoppiata nel 2020 e vista la minaccia della crisi
climatica, l’argomento è spaventosamente attuale.
Virzì ci mostra una Roma dai toni seppia. Una
città in cui l’arido Tevere in secca sembra il deserto dei Sinai e
in cui la sporcizia, le blatte e la polvere contribuiscono a creare
uno scenario da fine del mondo.
Un cast simpatico e decisamente
ampio
Foto di Greta De Lazzaris
In questo contesto vengono calati
una serie di personaggi curiosi. Esattamente come accadrebbe – o
forse è meglio dire com’è accaduto e come accadrà – in un momento
di crisi, in Siccità vediamo il modo in cui
reagiscono al cambiamento climatico individui molto diversi tra
loro.
Silvio Orlando, un evaso di prigione, vaga come
Charlot con la sua piccola tanica d’acqua.
Valerio Mastandrea, in preda ad un malessere costante,
continua a fare il tassista pur in preda ai deliri febbrili. C’è
poi chi decide di iniziare una nuova avventura (Elena
Lietti,
Vinicio Marchioni), chi prova ad adottare un punto di
vista pragmatico e razionale (Claudia
Pandolfi, Sara Serraiocco) e chi
preferisce non cedere allo sconforto (Monica
Bellucci). In tutto questo, non può mancare un
”professore” che invade i salotti e i telegiornali (Diego
Ribon).
La bravura degli attori, unita alla
sceneggiatura – scritta dal mitico team Francesca
Archibugi, Francesco Piccolo,
Paolo Virzì a cui si
aggiunge Paolo Giordano – portano il film ad
essere coinvolgente, ironico e profondo. I tratti più marcati, le
discussioni più profonde, si alternano alle battute italianissime e
divertenti.
Il peso invalidante della
responsabilità
Lo stile
di Virzì e l’abilità del cast sono la linfa
di un film che potrebbe funzionare ma fatica a prendere il volo.
Nonostante anche in altri casi Virzì abbia
affrontato temi tristissimi attraverso racconti dolce-amari
(Ella e John – The Leisure
Seeker, La pazza gioia, ma anche Tutti i santi giorni) questa volta la pesantezza
dello scenario del film impedisce alla narrazione di prendere il
volo.
Siccità parte
lento, si carica di tanti personaggi e di altrettante tematiche –
l’ambiente, l’epidemia, il confronto generazionale – e avanza
a fatica. Sicuramente, il film è un riflesso della società odierna,
dell’Italia mal governata, impari, perennemente in crisi. Tuttavia,
mescolare così tanto materiale, avendo a disposizione così poca
acqua è alquanto
impegnativo. Siccità presenta diversi
livelli di lettura. Da un lato, osa toccando una serie di questioni
moderne e difficili, dall’altro tutta questa densità ostacola
quella sensazione di leggerezza realistica e palpabile che
tipicamente lascia un film di Virzì.