Il TFF annuncia due
contenuti della sua prossima edizione, che si svolgerà a Torino dal
24 novembre al 2 dicembre 2023. In collaborazione con il Centro
Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale sarà proposta
una retrospettiva dedicata a Sergio Citti, di cui
quest’anno ricorre il novantesimo anno dalla nascita. Consulente,
collaboratore e amico di Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti ha
proposto un cinema fortemente connotato nella compresenza tra
popolarità e ricerca, un cinema in cui l’impegno non è mai
disgiunto dalla semplicità e leggerezza del racconto.
La retrospettiva è
curata da Stefano Boni, Grazia Paganelli, Matteo Pollone e Caterina
Taricano e sarà accompagnata da un convegno e da un volume edito
dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, nel
quale saranno raccolti contributi di David Grieco (nello staff del
TFF), Giancarlo Scarchilli, Carlo Verdone, Claudio Amendola, Silvio
Orlando, Fiorello, Malcom McDowell, Maurizio Ponzi, Harvey Keitel,
Jodie Foster, Giancarlo Giannini e dei tanti altri autori e attori
che hanno lavorato con Citti.
Dopo il successo
dell’anno scorso, il TFF ripropone la rassegna Mezzogiorno di
fuoco dedicata al western americano con un omaggio a
John Wayne, il più grande attore western di tutti i
tempi, nel 60° anniversario dell’uscita del suo film Donovan’s
Reef (I tre della croce del sud), il film che meglio di tutti
riassume il perfetto sodalizio tra Wayne e John Ford, il suo
regista di riferimento.
D’altronde, come
affermava Jean-Luc Godard, “come posso odiare John Wayne,
perché simpatizza per Goldwater, e poi amarlo teneramente, quando
prende improvvisamente tra le braccia Nathalie Wood, negli ultimi
minuti di Sentieri Selvaggi?” MissingI film saranno,
come di consuetudine, presentati ogni giorno alle ore 12 e
introdotti da esperti e appassionati del genere.
Sorprendenti design del personaggio
di Neytiri, protagonista di Avatar e Avatar: La via
dell’acqua sono rivelati tramite alcune concept art
originali dall’artista Joseph C. Pepe sul proprio
profilo Instagram, ed offrono uno sguardo alle prime fasi del
processo di progettazione del personaggio interpretato da Zoe Saldana.
Nel post, Pepe spiega che il design di Neytiri ha impiegato circa
un mese e mezzo per essere completamente definito e che ha
richiesto ben 113 diverse iterazioni del look del personaggio in
stretta collaborazione con James
Cameron.
Alcuni di questi primi concept di
Neytiri sono in linea con altri concept art di Avatar
rilasciati di recente su Jake e un anziano Na’vi, entrambi
caratterizzati da un colore della pelle blu più scuro, diversi
modelli di pelle e altre sottili differenze nel viso e nei capelli.
Ma ancora, come racconta Pepe, ad essere cambiati sono stati anche
la dimensioni degli occhi, il design delle strisce che
caratterizzano la pelle del personaggio, il design della
bioluminescenza, il colore delle labbra, il posizionamento delle
orecchie, la lunghezza del collo e le dimensioni della testa.
Grazie a quanto mostrato dunque
tramite questo post su Instagram, i fan possono ora avere un’idea
di come era inizialmente stata pensata Neytiri e del lavoro poi
svolto per arrivare alla versione finale vista nel film. Come
sappiamo, Neytiri è stato il personaggio di spicco del film
originale, e ha anche una serie di scene cruciali in Avatar: La
via dell’acqua. Nel tempo è dunque diventato un personaggio
particolarmente amato, anche per la cura con cui è stato
realizzato. Qui di seguito si può trovare il posto di Joseph C.
Pepe con i concept art su Neytiri.
Ecco la nostra intervista a
Giacomo Abbruzzese, il regista di Disco
Boy, film
che arriva al cinema in Italia il 9 marzo distribuito
da Lucky Red.
Disco
Boy,opera prima di Giacomo
Abbruzzese premiata con l’Orso d’Argento al 73° Festival
Internazionale del Cinema di Berlino per il Miglior Contributo
Artistico (Silver Bear for an Outstanding Artistic Contribution), è
stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale
Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente
motivazione:
“Affidandosi a
una struttura narrativa metaforica e a un impianto visivo
stilizzato, il regista racconta una storia di sradicamento e
simbiosi, in cui la flagranza dei temi della contemporaneità
storica si intreccia alla statura morale dei personaggi.
Grazie a una sapiente struttura visiva, che definisce in
chiave astratta luoghi e figure, il film restituisce un prolifico
intreccio di elementi fisici, reali, pulsionali e
spirituali.”
La categoria dei nominati alla
Miglior Regia agli Oscar 2023 contiene un coacervo di visioni
uniche, che vanno dall’intimità del racconto personale al vero e
proprio surrealismo. Non solo: vi è anche un’apertura alla commedia
come genere rivendicato dalla satira sociale, dall’umorismo nero e
dalla parodia. Sono le storie confezionate da questi candidati a
farle brillare, tanto che tutti concorrono anche nella categoria
della migliore sceneggiatura originale.
Da un lato, il duo The
Daniels e lo svedese Ruben Östlund osano trasgredire visivamente
con sequenze deliranti, rendendo veramente d’impatto il loro
debutto agli Oscar. Dall’altro, Martin McDonagh e
Todd Field presentano una narrazione molto più
lineare, ma che cerca di affascinare con la sua fotografia e non
per questo meno mordace. In mezzo a tutte queste proposte, Steven Spielberg non solo ci ricorda perché è
un’istituzione vivente del cinema, ma lo dimostra proprio
raccontandoci la storia delle sue origini. Analizziamo insieme
tutti i candidati alla Miglior Regia agli Oscar 2023 che,
ricordiamo, verranno trasmessi su Sky e NOW dalle 23:15 italiane di
domenica 12 marzo.
Daniel Kwan e Daniel Scheinert,
Everything Everywhere All At Once
Il duo di registi
americano conosciuti come i The Daniels è nato con
la regia di video musicali, quali “Rize of the Fenix” dei Tenacious
D e “Turn Down for What”
di DJ Snake e Lil Jon, quest’ultimo un successo senza tempo su
Internet. Già a quel punto il loro stile caratteristico, che
mischia surrealismo, umorismo assurdo e montaggi esplosivi, saltava
all’occhio. Sebbene abbiano diretto alcuni progetti
individualmente, i Daniels lavorano come un’unica
mente e potremmo definire la stramba commedia dell’A24Swiss Army Man (2016) il loro biglietto da
visita.
Ora, con il loro secondo
lungometraggio, Everything Everywhere at Once, si presentano
come favoriti agli Oscar 2023 con 11 nomination, tra cui miglior
film, sceneggiatura originale e regia. Hanno già iniziato a
collezionare premi su premi ad altre prestigiose cerimonie, come i
Critics Choice Awards e i Directors Guild Award (DGA). In questo caso, i
registi hanno dato prova del loro caratteristico stile
stroboscopico, dando vita a un’estetica molto originale, ricca di
colori vivaci e coreografie d’azione fluide, unite al
metalinguaggio e a riferimenti ad altri film che li hanno formati,
che vanno dall’omaggio alla parodia.
Ma se c’è una cosa che affascina di
Everything Everywhere at Once è il modo in cui
riesce a essere così eclettico senza mai perdere la sua coerenza.
Sa muoversi tra generi come la commedia e il dramma come se si
trattasse di un vero e proprio salto multiversale. Sopratutto, i
Daniels sono riusciti a gestire una sceneggiatura
a diversi livelli, in cui la storyline più leggera è capace di
contenere importanti riflessioni sull’esistenzialismo, su ciò per
cui veniamo messi al mondo e sulla complessità delle relazioni che
intrecciamo nel corso della nostra vita, essendo unica e preziosa
indipendentemente da quante realtà alternative possano
spaventarci.
Steven Spieberg, The Fabelmans
Conosciuto come “il Re
Mida di Hollywood”, Steven Spielberg è una pietra miliare della
storia del cinema. Alla fine del XX secolo, ha inaugurato l’era dei
blockbuster con classici come Lo squalo (1975), ET,
l’extra-terrestre (1982), le saghe di Indiana
Jones e Jurassic Park. Con The Fabelmans ha raggiunto la nona nomination
all’Oscar per la miglior regia, vincendola due volte per Schindler’s List (1994), che ha trionfato
anche come miglior film, e Salvate il soldato Ryan (1999).
Con tutto quello che poteva vincere
e niente da dimostrare, Spielberg ha guardato al suo passato per
ricollegarsi alle radici della sua arte. Nel 2022 ha presentato al
pubblico il
remake di West Side Story, un musical che lo ha segnato tanto
al cinema quanto nella versione originale di Broadway. Con The Fabelmans, si unisce al filone dei film
introspettivi e autobiografici come
Roma di Alfonso Cuarón, ma aggiungendovi il suo tocco
personale. Purtroppo, in questa stagione di premi, si è distinto
solo per aver vinto il Golden Globe per la miglior regia di un film
drammatico.
Anche se diverse
situazioni cambiano e i personaggi sono romanzati, è chiaro che
Sammy – il protagonista di The Fabelmans – è
Steven, e questa è la sua storia di ragazzo ebreo
di periferia. La pubblicazione di alcune registrazioni casalinghe
della sua giovinezza confermano come egli sia quasi una copia
carbone della realtà, soprattutto se andiamo a confrontare ciò che
sappiamo della vera madre di Spielberg con il personaggio di
Mitzi (Michelle
Williams). Con la sua ormai tradizionale colonna
sonora composta dal leggendario John Williams, The Fabelmans emana quell’aura magica
caratteristica di
Spielberg, che si collega al lato più felice
dell’infanzia degli spettatori cresciuti con le sue storie.
Proveniente dal mondo del teatro, il
regista anglo-irlandese è noto sul palcoscenico per il suo umorismo
nero e lo stile violento, un po’ alla Quentin
Tarantino. L’estro di Martin McDonagh è stato premiato per la prima volta
con un Oscar al miglior cortometraggio nel 2006 per Six
Shooter mentre, per i suoi lungometraggi, è stato nominato
tre volte: una per la migliore sceneggiatura originale per
In Bruges – La coscienza dell’assassino, e
un’altra per la migliore sceneggiatura e il miglior film per
Tre manifesti a Ebbing, Missouri.
Gli spiriti dell’isola è nato come un’opera
teatrale che non è mai stata realizzata perché non era considerata
abbastanza meritevole. È interessante notare che la trasformazione
di quella sceneggiatura scartata in un film gli è valsa due
Golden Globe e un Bafta, oltre a nove nomination agli Oscar 2023, tra cui la triade di miglior film,
sceneggiatura originale e regia. Con una premessa semplice come la
separazione di due amici su un’isola noiosa, McDonagh coglie l’occasione per sollevare
questioni come la solitudine, la depressione e l’angoscia di
sentire che la vita sta passando davanti ai nostri occhi senza
sfruttarla al meglio. Lontano dalla sua ordinaria brutalità, il
regista cerca qui altri modi di rappresentare la crudezza: il suo
umorismo nero è ancora presente, anche se forse in un modo troppo
british per essere apprezzato adeguatamente dall’altra
parte dell’oceano. Ciò che si apprezza maggiormente, tuttavia, è la
genialità dei suoi dialoghi, che permettono di sfruttare il talento
del suo cast, in cui risiede il peso maggiore del film.
Todd Field, Tar
La filmografia di
Todd Field è composta da tre lungometraggi, per
ognuno dei quali ha ricevuto una nomination all’Oscar. Con il suo
film d’esordio In the Bedroom (2001) è stato
nominato per il miglior film e per la sceneggiatura non originale,
e in quest’ultima categoria è stato nominato anche per la miglior
sceneggiatura non originale per Little Children
(2006). Ora con TÁR, oltre a ripetersi in entrambe le
categorie (questa volta per la sceneggiatura originale), riceve
anche la sua prima nomination per la Miglior regia agli Oscar 2023.
Come per The
Fabelmans, Field si serve della finzione
per costruire un film che all’inizio sembra un biopic, al punto che
più di una persona avrà cercato su Internet il nome di
Lydia Tár (Cate
Blanchett) al termine della visione. In seguito, il
film si trasforma in un thriller, in cui il regista sa come giocare
con il punto di vista e la suspense per manipolare la propria
trama. Proprio a questo punto, la pellicola dice molto di più di
quello che mostra, lasciando tante svolte di trama in sospeso e
senza chiarire nulla, e delegando allo spettatore il compito di
interpretare ciò che accade nello stesso modo in cui Tár ci assicura che i direttori d’orchestra
interpretano ciò che un compositore voleva esprimere nella sua
opera.
TÁR è un saggio sulla cultura
dell’annullamento e sull’arroganza delle élite intellettuali, che
guardano al mondo con aria di superiorità accademica e al contempo
normalizzano appropriazioni culturali e abusi di ogni tipo. Ma il
film va addirittura oltre, scrutando nei deliri di una paranoica,
manipolatrice e maniaca del controllo, con una Blanchett scatenata e affascinante nella sua
discesa verso la rovina. Le sue scene di direzione dell’orchestra
sono ipnotiche come la fotografia in generale.
Ruben Östlund, Triangle of
Sadness
Lo svedese Ruben Östlund è diventato un regista di culto
negli ultimi anni, grazie ai suoi film ricchi di una forte critica
alle dinamiche sociali del primo mondo. Con l’approccio più
autoriale all’interno del gruppo, Ruben Östlund si presenta agli Oscar 2023 con Triangle of Sadness, con cui ha vinto la sua
seconda Palma d’Oro al Festival
di Cannes e che chiude una trilogia di satire contro
il capitalismo, il patriarcato e la frivolezza dei media. Difatti,
aveva già affrontato questo tema con Forza Maggiore (2014) e
The Square (2017).
In Triangle of Sadness scatena tutta la sua
mordacità, prendendo di mira il capitalismo e la banalità, anche se
in modo meno sottile rispetto agli altri suoi film, fino a sfiorare
la caricatura. Östlund stesso riconosce le
contraddizioni del predicare l’uguaglianza a partire dal
privilegio, per questo inserisce nella narrazione un personaggio
come il capitano dello yacht Thomas Smith
(Woody
Harrelson), un socialista che lavora per una compagnia
di navigazione di lusso, ma che non si preoccupa minimamente del
destino dei suoi personaggi, sottoponendoli alle situazioni più
scatologiche durante il viaggio.
La disumanizzazione di ognuno di
loro, creata non dalla convenienza della sceneggiatura ma dalle
stesse maschere sociali riconoscibili in qualsiasi influencer o
nouveau riche, rende facile non provare empatia per le
loro disgrazie. Tuttavia, l’autore va oltre il semplice messaggio
“di classe”, ed esplora l’idea che la disuguaglianza, più che una
questione socio-economica, faccia parte della condizione umana, e
che questi ruoli possano essere sovvertiti in un istante: gli
oppressi possono atteggiarsi da despoti tanto quanto i loro ex
padroni.
L’attore Andy Serkis,
interprete di Gollum nella trilogia
di Il Signore degli Anelli e in quella
di Lo Hobbit, ha affermato che coglierebbe al volo
l’opportunità di unirsi ai nuovi film de Il Signore
degli Anelli recentemente annunciati. L’annuncio della
Warner Bros. Pictures ha infatti rivelato che la
New Line Entertainment e la Middle-earth
Enterprises stanno collaborando per sviluppare numerosi
nuovi lungometraggi ambientati nell’universo ideato da
Tolkien. Ciò ha naturalmente portato i fan a
speculare sul possibile ritorno di personaggi e attori familiari
dei film originali.
Ad una domanda riguardo tale
possibilità, Serkis ha infatti chiarito di amare profondamente i
film originali, dove ha dato vita alla sua iconica interpretazione
di Gollum/Smeagol. Oltre ad adorare i film a cui ha lavorato in
passato, Serkis ha espresso anche il suo forte desiderio di unirsi
ai nuovi film de Il Signore degli Anelli in
programma, qualora gli si presentasse l’opportunità. “Penso che
ci siano così tanti altri potenziali progetti per la Terra di Mezzo
che potrebbero essere realizzati, e se li stanno realizzando
davvero, ovviamente coglierei al volo l’opportunità di riaccendere
quella relazione… La Terra di Mezzo non mi ha mai lasciato“,
ha dichiarato l’attore.
Se dunque Gollum dovesse ritornare
nei nuovi film, Serkis sarebbe dunque disposto a interpretarlo,
oltre che sostanzialmente l’unico attore abilitato a farlo. Ci sono
ancora molte storie non raccontate su Gollum, lacune che potrebbero
dunque essere colmate con i nuovi film. In alternativa, un altro
modo per Serkis di tornare a far parte della saga è quello di
interpretare un personaggio diverso. Serkis già vissuto tale
situazione con il franchise di Star
Wars, interpretando prima il leader supremo Snoke in Il
risveglio della forza e Gli ultimi Jedi e poi Kino
Loy in Andor. Ciò che è certo, è che l’attore è pronto
per una nuova avventura nella Terra di Mezzo.
Il nuovo DC
Universe potrebbe ancora avere un posto per l’ex
attore di SupermanHenry Cavill,
dato che James Gunn ha
riconfermato che i DC Studios hanno avuto colloqui con la star su
altri possibili ruoli che potrebbe interpretare. Cavill, come noto,
è tornato nei panni di Superman lo scorso ottobre in una scena
post-crediti in Black Adam. Tuttavia,
solo due mesi, il nuovo co-CEO dei DC Studios Gunn ha annunciato
che l’attore non avrebbe interpretato Superman nel nuovo
DC
Universe.
Come sappiamo, l’uscita di Cavill
dal ruolo di Superman è dovuta al fatto che il
nuovo DC
Universe sta pensando ad un attore più giovane per interpretare
il celebre supereroe. Questo nuovo Superman debutterà in un film
reboot intitolato Superman: Legacy, che sarà il primo
grande progetto nel nuovo DC
Universe, scritto dallo stesso Gunn e con una data d’uscita
prevista per il 2025. Ora, tramite il proprio profilo Twitter, ha
comunque accennato alla possibilità che l’attore possa comunque
tornare alla DC in un nuovo ruolo, poiché ha parlato proprio con
Cavill riguardo queste possibilità future.
Secondo alcune ipotesi, uno dei
possibili ruoli DC che Cavill potrebbe interpretare, tra i film già
annunciati, è quello del pilota spaziale Hal
Jordan, una delle Lanterne Verdi alla guida dello show
Lanterns dell’Universo DC HBO Max. Il
ruolo di Cavill nei panni di Sherlock Holmes nei
film di Enola Holmes di Netflix aiuta in questo senso, in quanto
quella su Hal Jordan è stata descritta come una storia di detective
e misteri da risolvere. Se ciò non dovesse accadere, l’attore
potrebbe comunque rimanere nel mondo di Superman, interpretando il
padre kryptoniano di questi, Jor-El. In ogni caso,
sembra che per Henry Cavill ci sia ancora posto nel DC
Universe, bisogna solo attendere di scoprire in che modo.
Regola numero uno:
Scream è una saga ora, dunque tutto va
pensato più in grande. Regola numero due: accade sempre
l’opposto di ciò che ci si aspetta. Regola numero tre:
nessuno è al sicuro, i personaggi storici sono
carne da macello ma anche quelli nuovi sono sacrificabili, perché
ciò che conta è l’universo narrativo. Se nel 1996 il primo
Scream ha notoriamente codificato una serie di regole del
genere horror, Scream VI si propone ora
di fare altrettanto in epoca di saghe, franchise, sequel, remake,
reboot, spin-off, prequel, requel e chi più ne ha più ne metta.
Questo sesto capitolo, diretto come il precedente da Tyler
Gillett e Matt Bettinelli-Olpin e in sala
dal 9 marzo, porta dunque avanti il terrore
evocato da Ghostface e i discorsi
metacinematografici propri della serie slasher.
Portare avanti sì, ma con quel tanto
di elementi inediti che permettano alla saga di evolversi,
condizione indispensabile per sopravvivere nella continua
evoluzione dell’industria cinematografica statunitense. La prima e
più importante novità è dunque l’addio alla storica
Woodsboro come location della storia. Ci troviamo
invece ora a New York, la città che non dorme mai, dove le sorelle
Sam (Melissa Barrera) e
Tara Carpenter (Jenna Ortega),
insieme ai gemelli Chad (Mason
Gooding) e Mindy
Meeks (Jasmine Savoy Brown) tentano
di avere una vita tranquilla dopo gli orrori vissuti nel precedente
film. Ma anche stavolta saranno raggiunte dalla follia di un nuovo
Ghostface, il quale metterà subito in chiaro che
la nuova città comporta anche nuove regole.
Scream VI, dalla città
alla metropoli
I fan della saga di Scream
sanno bene quanto sia importante il contesto di Woodsboro
all’interno di questa. Il passaggio dall’iconica cittadina alla
metropoli New York è dunque stato senza dubbio l’elemento che più
di altri ha suscitato una certa curiosità nei confronti di
Scream VI. Un cambiamento che non solo è indicativo della
necessità di rinnovamento della saga, pronta ad uscire dai confini
in cui ha sempre vissuto fino ad ora, ma che preannuncia anche
nuove possibilità per percorsi futuri. Una novità dunque coerente
con le odierne richieste che l’industria rivolge a questo tipo di
saghe. New York diventa dunque il nuovo teatro degli orrori
perpetrati da Ghostface, qui libero di muoversi tra vicoli bui,
negozi, metropolitane e ogni altra sorta di luogo affollato.
Risultano dunque particolarmente
forti le scene ambientate in tali contesti, tra cui quella nella
metropolitana, di cui un assaggio si è già avuto con il trailer. Tra primi piani, luci
intermittenti, inquadrature tremolanti e la folla in cui ci si può
abilmente nascondere, ecco che tale momento diventa senza dubbio
uno dei più iconici del film, in cui l’ambiente newyorkese viene
ben sfruttato per generare quel senso di tensione dato dal trovarsi
in un luogo dove il pericolo può arrivare in ogni momento e da ogni
direzione. Non sempre nel film la città viene adeguatamente
sfruttata, ma se dovessero esserci altri film di Scream e
dovessero essere ambientati sempre a New York, ci sarà certamente
modo per esplorarla meglio.
Melissa Barrera, Jenna Ortega, Jasmine Savoy Brown e Mason Gooding
in una scena di Scream VI.
Il passato e il futuro di Scream VI
Il cambio di location non è però la
sola novità. Il quinto capitolo, uscito lo scorso anno, lo ha
anticipato e questo sesto ne è la manifestazione ancor più
vigorosa: Scream è pronto ad un ricambio generazionale.
Una nuova generazione di personaggi è stata introdotta nel
precedente film e questo nuovo è addirittura il primo a non vantare
l’eroina storica della serie, ovvero la Sidney
Prescott di Neve Campbell.
Il passaggio di testimone sembra dunque essere stato completato,
proponendo ora agli spettatori una nuova fase della saga che
mantiene sì i legami con il proprio passato, ma allo stesso tempo,
come già detto, è pronta a nuove regole, anche a costo di tradire
quelle precedentemente in vigore.
Anche a tal proposito è indicativo
il modo in cui Scream VI rifletta su tutti i passati
Ghostface, fino a risalire a all’iconico Billy
Loomis, padre di Sam e Tara. Il film non può fare a meno
di tenere in considerazione le proprie origini, presentandocele
concretamente in un cinema/museo che diviene luogo quantomai
simbolico. Al di fuori di esso, ciò che viene offerto agli
spettatori è dunque tanto una continua riflessione
metacinematografica sulla saga di Scream stessa quanto un
andare contro quelle che sono le aspettative di chi guarda. Il film
ironizza dunque su sé stesso, sull’attuale industria
cinematografica e sulle abitudini del pubblico, decisamente diverso
da quello che accolse il primo capitolo nel 1996.
Più violenza, più sangue, più
malvagità
“Tutta la serie va a rotoli dal
quinto film in poi”, afferma uno dei protagonisti di Scream V, giudicando
l’ennesimo Stab, la serie di film nel film. Ora che il
quinto capitolo di Scream è stato superato e questo sesto
è pronto ad arrivare in sala, si può tirare un sospiro di sollievo:
la serie non è andata a rotoli… per ora. Questo perché
Bettelli-Olpin e Gillett si
dimostrano nuovamente profondi conoscitori della materia e capaci
di darvi forma in modo da soddisfare sia chi è in cerca di violenza
e sangue sia chi è invece più interessato alla detective
story, nel tentativo di individuare l’assassino prima dei
protagonisti.
Scream VI si dimostra
dunque un film ricco di buona tensione, umorismo e che anche se non
può rinunciare ai classici jumpscare trova per lo meno il
modo di renderli più gradevoli e meno forzati. Non mancano certe
ingenuità nella scrittura, compensate però da sequenze capaci di
far realmente trattenere il fiato allo spettatore. I due registi si
rivelano dunque decisivi nella buona riuscita di questo nuovo
capitolo. Sarà l’ultimo? Considerando le novità introdotte è
difficile crederlo, ma per lo meno le direzioni accennate sembrano
lasciar presagire ad un futuro sempre più cupo, violento e,
soprattutto, imprevedibile.
L’8 marzo si
celebra la Giornata internazionale della donna,
per ricordare le sia le conquiste sociali, economiche e politiche
sia le discriminazioni e le violenze di cui troppo spesso le donne
sono ancora oggi oggetto in tutto il mondo. In questa giornata si
pone dunque l’attenzione su questioni legate alla necessità di
un’uguaglianza di genere. Anche il cinema non dimentica di
celebrare tutto ciò, proponendo specialmente negli ultimi anni
diversi film attenti a queste tematiche. Tra i più recenti si
possono citare titoli come Suffragette, Il diritto di contare e
She Said, ma anche
Il concorso.
Realizzato nel 2020, è questo il
secondo film della regista Philippa Lowthorpe,
meglio nota per aver diretto serie televisive come L’amore e la
vita, Jamaica Inn e The
Crown. Per questo suo secondo lungometraggio, la regista
si è affidata ad una storia vera, attraverso cui poter raccontare
alcune figure femminili di grande importanza nella storia dei
diritti delle donne ed esaltare dunque l’eterna importanza del loro
operato. A causa della pandemia da Covid-19, purtroppo, il film è
stato distribuito direttamente in home-video, mancando dunque di
raggiungere un ampio pubblico.
Si tratta però di un titolo molto
apprezzato, che proprio per le sue importanti tematiche meriterebbe
di essere riscoperto. Composto da un cast di celebri attori, Il
concorso ha infatti tutte le carte in regola per poter essere
indicato come uno dei migliori film sull’importanza
dell’uguaglianza di genere. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà utile approfondire alcune curiosità relative ad
esso. Proseguendo qui nella lettura sarà possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alla vera storia oltre il
film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di ll concorso
La vicenda si svolge a Londra nel
1970, nei giorni in cui si sta svolgendo il celebro concorso di
bellezza Miss Mondo, presentato dall’attore
Bob Hope. La cerimonia è però destinata a passare
alla storia, poiché un gruppo di donne esponenti del
Women’s LiberationMovement,
capitanate da Sally Alexander, ha deciso di
interrompere la gara per sensibilizzare l’opinione pubblica
sull’importanza dei diritti delle donne. La loro attività diventa
da quel momento popolare in tutto il mondo e fa sì che, una volta
che il concorso riprenda il suo regolare svolgimento, qualcosa di
inaspettato accada al momento delle proclamazione della
vincitrice.
Ad interpretare la protagonista del
film, Sally Alexander, vi è l’attrice candidata all’Oscar Keira Knightley, meglio nota per essere stata
Elizabeth Swan nella saga di Pirati dei Caraibi. Accanto a
lei si ritrovano poi Jessie Buckley nei panni di
Jo Robinson, Keeley Hawes in quelli di Julia
Morley, Phyllis Logan in quelli di Evelyn
Alexander e Lesley Manville nel ruolo di Dolores
Hope, moglie di Bob. Quest’ultimo è interpretato da Greg
Kinnear, attore noto per il film Qualcosa è cambiato.
Infine, Rhys Ifans è è il fondatore di Miss Mondo Eric
Morley, mentre Gugu Mbatha-Raw interpreta Jennifer
Hosten, Miss Grenada.
Il concorso: la vera storia oltre il film
Come anticipato, il film è basato su
di una vicenda realmente avvenute. Si raccontano infatti due storie
che si intersecano nella cornice del concorso di Miss
Mondo svoltosi a Londra nel 1970. Una è la storia
dell’ardente protesta guidata da un gruppo di femminister per i
diritti delle donne, mentre l’altra è il racconto di una silenziosa
rivoluzione attuata da una delle concorrenti. Oggi, i requisiti di
ammissibilità del concorso Miss Mondo hanno subito un drastico
cambiamento per soddisfare e difendere gli ideali del 21° secolo.
Ma il concorso degli anni ’70 è emerso in un tempo e in un luogo in
cui Eric Morley, il fondatore del concorso, faceva
leva su ben precisi stereotipi di bellezza.
Intorno al 1970, i concorsi di Miss
Mondo erano all’apice della loro popolarità, con addirittura 100
milioni di spettatori che si erano sintonizzati per l’edizione del
1969. Il concorso nel 1970 ha però guadagnato popolarità per motivi
completamente diversi dalla semplice esibizione di bellissime
donne. Il Women’s Liberation Movement (WLM) ha infatti quell’anno
deriso lo sfarzo di Miss Mondo, indicando tale concorso come
promotore dell’oggettivazione dei corpi delle donne e della
mercificazione della loro sessualità. Nel 1970, dunque, il WLM
iniziò a protestare attivamente per mostrare il proprio disappunto
nei confronti di quel concorso.
Nella serata del concorso, dunque,
il movimento, guidato da Sally Alexander, ha
pianificato di interrompere, in diretta televisiva, lo svolgimento
del suddetto. Un gruppetto di donne ha quindi preso d’assalto il
palco armate di bombe di farina e frutta assortita. Le attiviste
sono poi state arrestate e multate per una cifra oggi equivalente a
circa 1.500 sterline. In concomitanza con la resistenza femminista,
il film ritrae anche l’altra grande questione dei diritti sociali e
civili dei nostri tempi: il razzismo. Al concorso del 1970,
Jennifer Hosten, Miss Grenada, è stata infine
dichiarata la prima Miss Mondo afroamericana, praticamente 20 anni
dopo l’inizio dell’evento.
Il film descrive dunque la lotta
della Hosten per l’uguaglianza razziale durante lo spettacolo e la
sua trionfante vittoria alla fine di esso. Ma per Hosten, la
battaglia non sarebbe finita qui. Più tardi, molti sosterranno che
il concorso è stato pilotato a favore della Hosten da Sir
Eric Gairy, allora Primo Ministro di Grenada, che ha
servito come giudice per il concorso. Eric Morley, tuttavia, ha
sempre confutato tali affermazioni, secondo cui la Hosten non
avrebbe vinto per merito, e lo ha fatto anche rendendo pubbliche le
schede elettorali della giuria, affinché il mondo le vedesse e
capisse che tutti avevano indicato la Hosten come vincitrice.
Il trailer di Il concorso
e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Il
concorso grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google
Play e Rai Play. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 8 marzo alle ore 21:25
sul canale Rai 1.
Dopo aver realizzato nel corso degli
anni Novanta film come La recluta, Un mondo perfetto, I ponti di Madison County,
Potere assoluto e, in
particolare, Gli spietati, il
regista premio Oscar Clint Eastwood
è entrato nel nuovo millennio da vera e propria leggenda del cinema
mondiale. Nel nuovo decennio realizzerà poi ulteriori grandi opere
come Mystic River, Million dollar
Baby e Gran Torino. Prima di
queste, però, Eastwood ha portato al cinema nel 2000 uno dei suoi
film più particolari, esemplare unico nella sua filmografia. Si
tratta di SpaceCowboys, vero e proprio film di fantascienza che rielabora però
anche caratteristiche classiche del western e del genere
d’avventura.
Presentato fuori concorso alla 57ª
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, il film ha così rappresentato la prima incursione
di Eastwood in un genere sino a quel momento visto come per lui
inconciliabile. Egli, partendo da una sceneggiatura di Ken
Kaufman e Howard Klausner, ha però dato
vita ad un film incentrato sulla naturale evoluzione degli antieroi
fino a quel momento interpretati. Dopo cowboy e agenti federali, ad
avere spazio sono ora un gruppo di astronauti vecchio stile. A
favorire la realizzazione del film vi è a tal proposito stato il
significativo contributo della NASA. Questa ha infatti permesso di
dar vita alle riprese all’interno di alcuni dei suoi ambienti più
riservati.
Con un budget di 65 milioni di
dollari, Space Cowboys si configurava da subito come una
delle opere più ambiziose e rischiose nella carriera del regista.
Ancora una volta, però, questi ha saputo sorprendere tutti,
conquistando critica e pubblico. Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di Space Cowboys
La storia del film si apre nel 1958,
nel pieno delle prime sperimentazioni per mandare l’uomo nello
spazio. I membri del Team Dedalus, quattro piloti dell’U.S. Air
Force, si addestrano infatti per essere i primi americani ad
esplorare l’ignoto sopra di noi. Il loro sogno si infrange però nel
momento in cui il progetto viene trasferito alla NASA, che affida
ad altri il compito. Quarantadue anni dopo, i quattro piloti
conducono ora una tranquilla vita da pensionati. L’ingegnere
aerospaziale Frank Corvin si gode infatti la sua
pensione con la moglie Barbara. Gli altri membri,
William Hawkins, Tank Sullivan e
Jerry O’Neill, allo stesso modo hanno ormai
riposto nel cassetto il sogno di andare nello spazio. Una seconda
possibilità viene però improvvisamente loro offerta dall’ingegnere
della NASA Sara Holland.
Questa raggiunge i quattro ex piloti
per comunicare loro che un vecchio satellite russo è uscito dalla
sua orbita e minaccia di schiantarsi sulla Terra. L’unico a saperlo
riparare è proprio è proprio Frank. Egli si dichiara però disposto
ad accettare solo se potrà avere con lui i suoi vecchi compagni di
lavoro. Seppur inizialmente riluttanti, la Holland e il funzionario
responsabile della missione Bob Gerson si vedono
costretti ad accettare. Prima di poter andare nello spazio, però, i
quattro piloti dovranno riprendere l’addestramento da lì dove lo
avevano interrotto. Per completare questo non avranno però molto
tempo a disposizione, poiché il satellite si avvicina e la salvezza
del pianeta richiede tempestività.
Space Cowboys: il cast del film
Come suo solito, oltre a dirigere,
produrre e occuparsi della colonna sonora, Clint Eastwood è presente anche nei
panni del protagonista Frank Corvin. Inizialmente egli avrebbe
dovuto ricoprire soltanto il ruolo di interprete, ma non trovando
un regista disposto a credere a sufficienza nel progetto, decise di
vestire anche i panni del regista. Per la sua performance, invece,
Eastwood cercò di poter risultare un realistico anziano pilota. Per
riuscirvi si sottopose ad un duro allenamento, che gli permise di
ottenere il fisico adatto. Accanto a lui, nei panni di William
Hawkins vi è il premio Oscar Tommy Lee
Jones. Questi raccontò di aver accettato la parte
tanto per poter recitare con Eastwood quanto per poter prendere
parte ad una missione spaziale, anche se finta.
Accanto a loro, nei panni di Tank
Sullivan vi è l’attore James Garner, noto per le
serie televisive Maverick e Agenzia Rockford.
Donald
Sutherland, invece, è Jerry O’Neill. La premio Oscar
Marcia Gay Harden interpreta l’ingegnere della
NASA Sarah Holland, mentre James Cromwell è Bob
Gerson. Per molte delle scene comprendenti i quattro piloti,
Eastwood decise di lasciare libertà di improvvisazione. Molte di
queste riprese vennero poi effettivamente inserite nel film.
Attraverso tale libertà, gli attori ebbero infatti modo di
risultare maggiormente realistici nei loro rapporti. I quattro
anziani attori hanno inoltre doppiato gli interpreti che danno vita
ai quattro personaggi da giovani, così da avere una continuità
nella voce di questi.
Il trailer di Space
Cowboys e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Space Cowboys grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili
Cinema, Google Play, Apple iTunes e Tim Vision. Per
vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà
noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo
di mercoledì 8 marzo alle ore
21:00 sul canale Iris.
Disney+ ha diffuso il trailer
delle serie originale le piccole cose della
vita con Kathryn Hahn e prodotta da ABC
Signature e Hello Sunshine. Tutti gli otto episodi della
serie saranno disponibili da venerdì 7 aprile sulla piattaforma
streaming in Italia.
Basato sul bestseller di Cheryl
Strayed, le piccole cose della
vita segue Clare (Kathryn Hahn), una scrittrice
in crisi che diventa una venerata giornalista titolare di una
rubrica di consigli, anche se la sua vita sta andando a rotoli.
Quando incontriamo Clare per la
prima volta nella serie, il suo matrimonio con il marito Danny
arranca, la figlia adolescente Rae la allontana e la sua carriera
di scrittrice, un tempo promettente, è ormai inesistente. Così,
quando una vecchia amica scrittrice le chiede di sostituirla nella
rubrica di consigli Dear Sugar, lei pensa di non avere il diritto
di dare consigli a nessuno. Tuttavia, dopo aver assunto a
malincuore il ruolo di Sugar, la vita di Clare si dipana in un
complesso tessuto di ricordi, esplorando i suoi momenti più
importanti dall’infanzia a oggi e scavando nella bellezza, nelle
difficoltà e nell’umorismo delle sue ferite non rimarginate.
Attraverso Sugar, Clare crea un vero e proprio balsamo per i suoi
lettori – e per se stessa – per dimostrare che non siamo
irrecuperabili, che le nostre storie possono in definitiva
salvarci. E, forse, riportarci a casa.
La serie è interpretata daKathryn
Hahn, Sarah Pidgeon, Quentin Plair e Tanzyn Crawford, con Owen
Painter, Merritt Wever, Elizabeth Hinkler e Michaela
Watkins come guest star.
Liz Tigelaar è
creatrice ed produttrice esecutiva della serie. Anche
Lauren Neustadter,
Reese Witherspoon,
Laura Dern, Jayme Lemons, Cheryl Strayed, Stacey Silverman e
Kathryn Hahn sono produttrici esecutive della serie di ABC
Signature e Hello Sunshine.
Un efficace sistema
di parental control assicura che Disney+ rimanga un’esperienza di
visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre al “Profilo
Bambini” già presente sulla piattaforma, gli abbonati possono
impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un pubblico più
adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per garantire
massima tranquillità ai genitori.
Apple TV+ ha svelato oggi il trailer di
The Big Door Prize, la serie comedy creata dal
vincitore del premio Emmy David West Read e interpretata da un cast
corale guidato da Chris O’Dowd. La nuova serie, composta da 10
episodi della durata di mezz’ora ciascuno, sarà presentata in
anteprima al prossimo SXSW e farà il suo debutto su Apple
TV+ il 29 marzo con i primi tre episodi, seguiti da un nuovo
episodio settimanale ogni mercoledì, fino al 17 maggio.
Basata sull’omonimo romanzo di M.O.
Walsh, la serie racconta la storia di una piccola città che cambia
per sempre quando una misteriosa macchina appare nell’emporio
cittadino, promettendo di rivelare il vero potenziale di vita di
ogni residente. Dusty Hubbard (Chris O’Dowd), un padre di famiglia
e insegnante di liceo apparentemente soddisfatto e allegro, osserva
tutti quelli che lo circondano rivalutare le proprie scelte e
ambizioni di vita – sulla base dei tabulati della macchina – ed è
costretto a chiedersi se sia davvero felice come pensava un tempo.
Mentre lui rimane scettico nei confronti della macchina, sua
moglie, Cass (Gabrielle Dennis), si abbandona al sogno che là fuori
ci sia qualcosa di più grande per lei. Come molti abitanti di
Deerfield, la coppia ha vissuto una vita relativamente sicura e
senza complicazioni, fino all’arrivo della macchina Morpho. Tutto
questo, però, è destinato a cambiare quando l’intera comunità è
costretta a riconciliarsi con le proprie insoddisfazioni, alla
ricerca di un futuro migliore. Nel cast, oltre a Chris O’Dowd,
troviamo Gabrielle Dennis, Ally Maki, Josh Segarra, Damon Gupton,
Crystal Fox, Djouliet Amara e Sammy Fourlas,
“The Big Door Prize” è prodotto da
Skydance Television e CJ ENM/Studio Dragon. Tra i produttori
esecutivi figurano David West Read, che è anche showrunner, David
Ellison e Dana Goldberg per conto di Skydance Television, Miky Lee,
Young Kyu Kim e Hyun Park per conto di CJ ENM/Studio Dragon, Bill
Bost e Sarah Walker. Anu Valia, Molly McGlynn, Todd Biermann, Jenée
LaMarque e Declan Lowney dirigono la serie.
Sarà
presentato questa sera, 8 marzo, alle 21.30 al Sudestival,
Las Leonas, il documentario diIsabel Achàval e Chiara Bondì già
passato alle Giornate degli Autori di Venezia 79 e che
adesso continua il suo tour per i festival italiani.
Il
film racconta la vita non facile ma sorprendente di Leonesse
giocatrici in una squadra romana di calcio a 8, donne di Roma che
lavorano da badanti, colf, dogsitter, 30-45enni immigrate
soprattutto da Perù e Paraguay. Si raccontano con orgogliosa
umanità e sono inquadrate senza retorica: legami con casa e figli
lontani, speranze, dolori, lo sport come sfogo non fine a sé stesso
in una città multietnica ma ancora stratificata. Il documentario,
lineare e molto empatico, è il risultato di un lavoro quasi tutto
al femminile che si impreziosisce della produzione di Nanni
Moretti.
In occasione della
presentazione al Sudestival – il cinema che ti
parla, abbiamo incontrato le co-registe del film,
Isabel Achàval e Chiara
Bondì.
“Siamo sempre alla
ricerca di storie da raccontare, e una nostra amica che ha
segnalato questo campionato di calciotto al femminile. Appena
abbiamo visto giocare queste donne ci siamo innamorate. Abbiamo
cominciato a incontrarle e a parlare con loro che inizialmente ci
temevano quasi, non capivano quale potesse essere il nostro
interesse nei loro confronti, non si vedevano come
eroine moderne, così come le abbiamo viste noi. Ci interessava
raccontare il contrasto tra la vita sacrificata al lavoro e questa
esplosione di energia e gioia quando giocavano. La vita di tutti i
giorni rapportata a quel momento di libertà.”
L’idea però non era di
fare un film sportivo, ma di raccontare la vita di queste donne che
avevano una grande passione per il calcio, eppure avevano una vita
dentro la quale è stato poi interessante guardare. “Ci
interessava raccontare questo contrasto tra la claustrofobia della
quotidianità e invece la domenica. Lo stretto spazio della casa
all’interno del quale si svolge il loro lavoro in rapporto allo
spazio del campo da calcio che è uno spazio aperto, quasi una
metafora, in cui il calcio diventa aggregatore ma anche riscatto.
Giocare a calcio va oltre la vittoria, ma diventa un momento per
fare amicizia e creare comunità.”
“Entrambe abbiamo due figlie femmine e abbiamo dedicato
Las Leonas a loro –dicono Achàval e Bondì – perché ci piaceva l’idea
che prendessero ad esempio queste donne che continuano a darsi da
fare. Abbiamo imparato tanto da queste donne, soprattutto la
consapevolezza di quanto siamo fortunate.”
In merito a come hanno
realizzato il lavoro sul campo, le due registe raccontano: “Nel
processo di ricerca e selezione delle protagoniste del documentario
abbiamo cercato un coro di voci molto diverse tra loro. Queste
donne vengono da Paesi differenti, hanno condizioni molto
differenti, qualcuna ha più di una laurea e insegna, altre non
hanno neanche un lavoro fisso, sono molto diverse tra loro, hanno
storie diversissime, eppure hanno questo elemento comune, e ci
interessava costruire questo quadro differenziato ma allo stesso
tempo omogeneo.”
A produrre Las
Leonas, spicca la presenza di Nanni
Moretti, che compare anche nel film. Il regista è amico di
Isabel Achàval e Chiara Bondì e
si è interessato subito al loro progetto: “Sentivamo che Nanni
era più interessato del solito al nostro progetto, ci faceva
continuamente domande, fino a che non ci ha chiesto di produrre il
film, e ovviamente siamo rimaste incredule e abbiamo accettato
l’offerta. È un produttore molto esigente, ma per noi è stata una
grande scuola. Ci ha seguite molto nella fase di preparazione ma ci
ha lasciato molta libertà creativa. È stata un’esperienza molto
divertente averlo con noi.”
Al via la prima
edizione di Regina Fumetti Festival,
manifestazione in programma a Cattolica dal 30 marzo al 1 aprile
con la direzione artistica del fumettista e
illustratore Alessandro Baronciani.
Il Regina Fumetti
Festival è un evento unico nel panorama festivaliero italiano:
si propone di favorire nuove forme di incontro e connessione tra il
mondo dell’illustrazione e della musica per 3 giornate
esclusive di Fumetti che diventano concerti che diventano
spettacoli! Nel cuore di Cattolica, al Teatro della Regina
e nella Biblioteca CCP, si alterneranno reading, bootcamp, lezioni
illustrate, mostre e concerti illustrati.
Tra i tanti
appuntamenti in cartellone che animeranno la tre
giorni: Davide Toffolo, frontman dei Tre
Allegri Ragazzi Morti e fumettista, con lo spettacolo tratto dal
suo “Graphic novel is dead”; le prime assolute dei
reading/spettacoli di Josephine Yole Signorelli – in
arte Fumettibrutti
-, di Holdenaccio e
di Eliana
Albertini con Gero Arnone:
tutti realizzati durante il Bootcamp (ovvero un vero e proprio
workshop per la creazione di uno show tra musica e
fumetto); il concerto disegnato dei Post
Nebbia, anche questa una prima assoluta, accompagnati da
performance di live drawing; il concerto acustico
di Generic Animal che presenta in
anteprima assoluta il suo nuovo album “Mondo Rosso”; le lezioni
illustrate con tanti esponenti dell’universo dei fumetti e della
illustrazione in Italia tra cui Ale
Giorgini, Luca
d’Urbino, Valentina De
Poli e Alino.
Ad arricchire il
programma anche due mostre, la prima dal titolo “Produzione
Propria” dedicata ai libri e alle produzioni indipendenti
di Alessandro Baronciani, la seconda
dedicata, per la prima volta in Italia, ad una casa editrice: Bao
Publishing con una visita guidata insieme a Caterina Marietti e
Michele Foschini, fondatori della casa editrice.
E poi ancora dopo
festival con party e dj set. Fumettisti, illustratori, musicisti e
band accenderanno Cattolica dal 30 marzo al 1 aprile per un
festival di fumetti che si ascolta. Ulteriori informazioni e il
programma completo sono disponibili all’indirizzo: https://www.reginafumettifestival.it/
L’Assessore alla
cultura di Cattolica Federico Vaccarini
commenta il fantastico evento dicendo: “è sempre stato un mio sogno
portare un festival di fumetti a Cattolica in una veste mai vista
prima attraverso uno spettacolo in cui si combineranno tra loro
diverse arti”. Gli appuntamenti di Regina Fumetti
Festival sono gratuiti, ad eccezione degli spettacoli a
Teatro di venerdì 31 marzo e sabato 1 aprile (info su costi e
biglietti qui).
Regina Fumetti
Festival è un’iniziativa di Città di Cattolica e Teatro della
Regina, con il contributo di Acquasalata e la direzione artistica
di Alessandro Baronciani. Una produzione Galleria Disastro. Media
partner: Rockit. Si ringrazia: Ferretti Hotels Group e Panico
Concerti
Messa da parte per il
momento la volontà di confrontarsi con megaproduzioni delle
dimensioni di Sherlock Holmes, Aladdin o King Arthur – che avrebbe a nostro avviso
meritato maggior fortuna – Guy Ritchie ha riscoperto con
Operation Fortune il gusto del genere e del
B-movie che aveva contraddistinto i suoi inizi di carriera. Nel
farlo però sta tentando un percorso diverso, e per più di un
motivo. Prima di tutto sembra che stia cercando nuove soluzioni
all’interno del “suo” cinema lavorando principalmente come
esecutore, ovvero lasciando quasi del tutto da parte quel tocco
personale che agli inizi lo aveva portato alla ribalta grazie a
titoli quali Lock & Stock oppure Snatch. In secondo luogo, come ha dimostrato
il precedente Wrath of Man, ha scelto di confrontarsi anche con i
risvolti più seri se non addirittura drammatici del genere
stesso.
Operation Fortune, la trama
Questo lungo preambolo
serve per confermare che il
suo nuovoOperation Fortune segue piuttosto
pedissequamente questo nuovo percorso, proponendo comunque un paio
di variazioni sul tema interessanti. La trama è quella del classico
film alla Guy Ritchie, con il solito gruppo di
antieroi che devono recuperare l’ancora più classica valigetta che
potrebbe distruggere gli ordini e gli equilibri del mondo come lo
conosciamo. Insomma, davvero nulla di nuovo, tutt’altro. Solo che
stavolta Ritchie sceglie di “nascondere” il più possibile l’azione
e lo spettacolo della stessa, tenendola addirittura fuori campo in
almeno un paio di occasioni.
Il risultato soprattutto
all’inizio è molto interessante, è come se Operation
Fortune venisse “congelato” dentro il suo stesso involucro
per permettere allo spettatore di gustarsi il gioco, il meccanismo
a incastro più che la spettacolarità fine a se stessa. A parte un
paio di ovvii momenti concessi alla star Jason Statham per fare a cazzotti con gli
sprovveduti di turno, la prima metà del film si sviluppa come uno
spy-movie leggero e intento a far divertire gli attori nei propri
personaggi. Il tono è alterno, non tutto funziona, ma almeno ci si
diverte in particolar modo ad ammirare Hugh Grant
che si trova sempre più a suo agio in ruoli da villain e una
Aubrey Plaza che fonde con maestria simpatia e
presenza scenica.
Una commedia d’azione che
picchia duro
L’altro aspetto
interessante di Operation Fortune è che,
trattandosi di un lungometraggio costruito con l’anima della
commedia d’azione, quando decide di mettere in scena la violenza
necessaria per lo sviluppo dell’azione lo fa in maniera molto più
seria. Man mano che la tensione tra le parti cresce anche il tono
scema la leggerezza in favore di momenti maggiormente drammatici,
sapientemente sottolineati dalla colonna sonora. Non siamo ai
livelli di Wrath of Man, ma il senso ludico dello sparare
e uccidere viene abbastanza accantonato. Alla fine il risultato è
un ibrido che possiede una sua strana e particolare energia, che
non propone davvero nulla di nuovo ma sa come lavorare sugli
stereotipi del genere tradendoli almeno un minimo, in modo da
lasciare tracce di piccola originalità per chi sa dove cercarle.
Non ci sentiamo di scrivere che sia un prodotto totalmente
riuscito, ma altrettanto certamente non annoia.
Come sempre poi Ritchie
si dimostra efficace direttore di attori. Ai migliori in scena,
ovvero Plaza e Grant, abbiamo già accennato. Jason Statham propone ancora una volta il suo
“tipo fisso”, prendere o lasciare. Bisogna dire che quando viene
diretto da Ritchie però sembra cazzeggiare meno, il che lo rende un
filo maggiormente efficace. Buona l’idea di rispolverare
Cary Elwes nel ruolo della mente del gruppo, e
come sempre i pochi momenti in cui compare in scena Eddie
Marsan sono sempre godibili. Josh
Hartnett è Josh Hartnett quando si
confronta con la commedia, ovvero tanto simpatico quanto innocuo. È
il cast affiatato e giocoso il cuore di Operation Fortune, Richie
sembra averlo capito fin dalle prime scene e abbraccia l’idea
concedendo loro tutto lo spazio disponibile anche a scapito dello
spettacolo roboante. Una scelta che in fondo ci sentiamo di
condividere.
La storia di Guardiani della Galassia Vol. 3 di Gunn è
stata definita da tempo. Una parte importante di questa narrazione
consiste nel mettere finalmente Rocket al centro
della narrazione. Nonostante sia il presunto protagonista del film
del MCU, non è stato rivelato molto sul
personaggio. Le cose stanno per cambiare: il sequel approfondisce
le sue origini, che sono legate al cattivo del film, l’Alto
Evoluzionario. Guardiani della Galassia Vol. 3, in questo
modo, ribalterà il ruolo di Rocket in Avengers: Endgame che da salvatore della sua
famiglia si ritrova ad essere salvato. La domanda è una sola: la
squadra capitanata da Star-Lord (Chris
Pratt) riuscirà a salvarlo?
In Guardiani della Galassia Vol. 3
la vita di Rocket è in pericolo
Gli eventi di Avengers: Infinity War hanno sostanzialmente
lasciato Rocket da solo. Gamora è stata sacrificata da Thanos su Vormir in cambio
della Pietra della Mente; nel frattempo, il resto,
compreso Groot adolescente, è stato cancellato alla
fine del film a causa della Blipp. Certo, si è riunito con Nebula, ma nessuno dei suoi compagni di
squadra originali era presente nel MCU post schiocco di Thanos.
Nella missione di salvataggio di Avengers: Endgame, Rocket ha fatto coppia un
Thor in difficoltà. Il Dio del Tuono, infatti, in
piena depressione durante il suo viaggio nel tempo torna ad
Asgard e Rocket è costretto a
schiaffeggiarlo per riportare Thor sulla retta
via, prima di compromettere la linea temporare.
Sebbene si sia trattato di uno
sforzo di gruppo, Rocket ha sostanzialmente salvato i suoi
compagni di Guardiani della Galassia dall’essere
perennemente cancellati dall’esistenza. Ora, in Guardiani della Galassia Vol. 3, è
Rocket a dover essere salvato. Come rivelato dalla
sinossi ufficiale del film di James Gunn, la vita del procione
ciberneticamente modificato sarà in pericolo mentre il threequel
scava nel suo tragico passato. Star-Lord e il
resto della squadra devono unirsi per salvare uno dei membri
originari della banda.
James Gunn ha spesso parlato dell’importanza
di Rocket per il franchise, dicendo a un fan nel
2020: “La solitudine e la disaffezione di Rocket sono al centro
del franchise per me“. In seguito ha aggiunto: “Dirò solo
che Rocket è una parte importante di ciò che accadrà in futuro, e
molte di queste cose (come le cicatrici) sono il punto di partenza
di ciò che ho sempre pianificato per Rocket”.
Perché Rocket sarà così importante
nel film?
La tragica storia di
Rocket nel MCU sarà esplorata in Guardiani della Galassia Vol. 3 – qualcosa che
è diventato un mistero durante la gestazione del franchise. Mentre
si dice che l’Alto Evoluzionario abbia legami
personali con tutti i membri della squadra cosmica, il suo atteso
legame con la triste storia di Rocket lo rende un personaggio centrale nella
storia post-Avengers: Endgame. In base a
quanto visto nei video promozionali, sembra che sia ben consapevole
delle motivazioni e dei piani dei cattivi, rendendolo essenziale
nel loro piano per abbatterli. Il regista ha promesso un film
altamente emotivo e l’arco personale di Rocket ne
sarà il fulcro.
Nello speciale di Guardiani della Galassia: Holiday Special è
stato introdotto anche un altro animale terrestre modificato:
Cosmo, il cane spaziale. Anche in Guardiani della Galassia Vol. 3 sarà presente
Cosmo, poiché è probabile sia legato alla storia
di Rocket nel MCU. Cosmo è un cosmonauta sovietico ma sono
entrambi sono animali terrestri potenziati, dotati di sensibilità
grazie a mezzi tecnologici. Cosmo potrebbe avere
un ruolo importante nell’aiutare Rocket a venire a
patti con la natura della sua esistenza.
In ogni caso, sembra chiaro che il
Rocket che viene mostrato in Guardiani della Galassia Vol. 3 vive ancora
con le cicatrici del suo passato. Sebbene sia facile ritenere che
la sua natura aggressiva e la sua propensione alla violenza siano
tratti intrinseci, è più probabile che siano il risultato del suo
feroce rifiuto del ruolo di custode per il quale è stato
sperimentato. Questo spiegherebbe anche il motivo per cui Rocket
trova così difficile, sia in Guardiani della Galassia
che in Guardiani della Galassia Vol. 2, cercare di
fidarsi dei suoi amici e mostrare affetto nei loro confronti: la
sua storia significa che non ha mai imparato a farlo fino agli
eventi dei film.
Arriva il 30 marzo al cinema
Pantafa, il film di Emanuele
Scaringi con Kasia Smutniak, Greta Santi,Mario Sgueglia, Betti Pedrazzi, Mauro Marino, Giuseppe
Cederna e con Francesco Colella. Il film
è stato scritto da Tiziana
Triana, Vanessa Picciarelli ed
Emanuele Scaringi e prodotto da
Fandango con Rai Cinema
e distribuito da Fandango. E’ stato
presentato al
40º Torino Film Festivalnella sezione
Crazies.
Pantafa, la trama del film
Marta si trasferisce insieme a sua
figlia Nina a Malanotte, un piccolo paese di montagna. La bambina
da qualche tempo soffre di paralisi ipnagogiche, un disturbo del
sonno che può portare ad avere stati allucinatori, e Marta ha
pensato che un po’ di aria di montagna e di lontananza dalla
frenesia cittadina possano giovare alla piccola. La casa in cui si
trasferiscono però è tutt’altro che accogliente e per le strade di
Malanotte non si vedono mai bambini. I sintomi di Nina cominciano a
peggiorare già dalla prima notte, la bambina fa incubi sempre più
vividi in cui una figura spettrale le si siede sul petto, la
immobilizza e le ruba il respiro. Per Marta, madre sola in un paese
che le appare sempre più sinistro, sarà ogni giorno più difficile
trovare il modo di fare la cosa migliore per la sua bambina.
Ritrovarsi in Rye Lane, film di successo del
Sundance targato Searchlight Pictures che debutterà il 31 marzo in
esclusiva su Disney+, verrà presentato in
anteprimaper l’Italia mercoledì 29 marzo
durante la quattordicesima edizione
del Bif&st-Bari International Film&TV
Festival, che si svolgerà dal 24 marzo al 1° aprile.
Dalla regista Raine
Allen-Miller, Ritrovarsi in Rye Lane è una commedia
romantica che vede protagonisti David Jonsson (Industry,
Deep State) e Vivian Oparah (Class, The
Rebel), nei panni di Dom e Yas, due ventenni entrambi reduci
da brutte rotture, che entrano in sintonia nel corso di una
giornata movimentata nel sud di Londra, aiutandosi a vicenda ad
affrontare i loro ex da incubo e, potenzialmente, a ritrovare la
fiducia nel romanticismo.
Searchlight
Pictures, BBC Film e BFI presentano Ritrovarsi in Rye Lane, una produzione DJ
Films e Turnover Films. Scritto da Nathan Bryon e Tom Melia e
diretto da Raine Allen-Miller, il film è prodotto da Yvonne Isimeme
Ibazebo e Damian Jones. Kharmel Cochrane è la direttrice del
casting, Olan Collardy è il direttore della fotografia, Victoria
Boydell è la montatrice, Anna Rhodes è la scenografa, con i costumi
di Cynthia Lawrence-John, le acconciature e il trucco di Bianca
Simone Scott e la colonna sonora originale di Kwes. Il film è stato
sviluppato con l’assistenza di BBC Film e finanziato da Searchlight
Pictures, BBC Film e BFI (che ha concesso i fondi della National
Lottery). Gli executive producer sono Eva Yates e Rose Garnett per
BBC Film, Kristin Irving per BFI oltre a Sophie Meyer, Paul Grindey
e Charles Moore.
Ari Aster è
tornato. Il suo nuovo, visionario e fantasmagorico Beau
ha paura arriverà nei cinema italiani ad aprile con
I Wonder Pictures. Protagonista il premio Oscar
Joaquin Phoenix(“Lei”,
“Joker”), un individuo paranoico che deve affrontare una
strabiliante odissea per tornare a casa da sua madre in questo film
audace e genialmente adrenalinico.
Dopo
Hereditary,
presentato al Sundance Film Festival nel 2018 e Midsommar, inserito fra i 10 migliori
film indipendenti del 2019 dal National Board of Review Awards, il
pluripremiato autore di culto Ari Aster tornaa stupire il pubblico
con un’opera che intreccia mistero e humor nero in un viaggio folle
e immersivo.
Scritto, diretto e
prodotto da Ari Aster, Beau ha paura
presenta Joaquin Phoenix nel ruolo del titolo
affiancato da un cast che include Nathan Lane
(vincitore di un Emmy per “Only Murders in the Building” Tv, “The
Producers – Una gaia commedia neonazista”), la candidata all’Oscar
e al Golden Globe Amy Ryan (“Il ponte delle spie”,
“Birdman”,“Gone Baby Gone”), con l’attrice nominata al Golden Globe
Parker Posey (la serie tv “The Staircase – Una
morte sospetta”, “Café Society”, “Scream 3”, “Superman Returns”,
“Blade Trinity”) e la vincitrice di Grammy Patti
LuPone (“American Horror Story” Tv, “L’accademia del bene
e del male”).
Prodotto da A24 e da
Lars Knudsen and Ari Aster, Beau ha paura
uscirà nelle sale italiane ad aprile distribuito da I
Wonder Pictures.
Seth Rogen ha parlato con grande onestà dei
commenti negativi dei critici cinematografici durante una
discussione sulla salute mentale e l’insicurezza nel podcast
“Diary of a CEO“. Il
comico ha detto al conduttore Steven Bartlett che
le recensioni negative della critica “feriscono molto
tutti”.
“Penso che se la maggior parte
dei critici sapesse quanto fa male alle persone che hanno creato le
cose di cui stanno scrivendo, avrebbero dei ripensamenti riguardo
al modo in cui scrivono queste cose”, ha detto
Rogen.“È devastante. Conosco persone che non
si sono mai riprese realmente – un anno, decenni di ferite da
[recensioni di film]. È molto personale … È devastante quando ti
viene detto istituzionalmente che la tua espressione personale era
fatta male, ed è qualcosa che le persone portano con sé,
letteralmente, per tutta la vita e capisco perché. Fa
schifo.”
Bartlett ha citato la commedia sui
supereroi di Michel Gondry del 2011 Il Calabrone Verde, in cui Rogen interpretava
l’omonimo eroe al fianco di Jay Chou e
Cameron Diaz. Il film è stato bombardato dalla
critica, guadagnando un 44% su Rotten Tomatoes. Roger
Ebert ha dato al film una stella e l’ha definita “una
dimostrazione quasi insopportabile di un film senza nulla di cui
parlare”, mentre The Guardian ha affermato
che “quasi tutto ciò che riguarda il film è
deludente”.
“Per ‘Green Hornet’, le
recensioni che stavano uscendo erano piuttosto brutte”, ha
detto Rogen. “La gente lo odiava. Le persone si divertivano a
non gradire molto. Ma ha aperto a circa $ 35 milioni, che è stato
il più grande weekend di apertura a cui fossi mai stato associato
fino a quel punto. Ha funzionato abbastanza bene. Questo è ciò che
è bello a volte. A volte puoi afferrare un senso di
successo.”
Rogen ha detto che è stato “più
doloroso” sopportare le recensioni negative per la sua
famigerata commedia del 2014 The Interview perché
“la gente si divertiva a parlarne e a mettere in discussione il
tipo di persone che vorrebbero fare un film del genere”.
Rogen ha detto che era solito
gestire le recensioni negative regalandosi una bella cena o uscendo
nella sua casa al mare. Ha aggiunto: “Qualsiasi weekend di
apertura, fa schifo. È stressante. È come la nascita, è un processo
intrinsecamente doloroso”. Per Rogen, il modo migliore per
superare i critici cinematografici è continuare a lavorare.
“Questa è un’altra cosa
divertente del fare film… la vita va avanti”, ha detto il
comico. “Puoi girare un altro film mentre il tuo film [attuale] sta
ricevendo recensioni negative, il che è una cosa divertente. È
agrodolce. Sai che le cose andranno bene. Stai già lavorando.”
Abbiamo visto l’ultima volta
Seth Rogen in The Fabelmans
di Steven Spielberg, film per il quale
non si è certo dovuto preoccupare delle recensioni negative.
Keanu Reeves ha risposto alle domande dei fan
su Reddit e ha condiviso il nome
del personaggio degli X-Men che ha sempre voluto interpretare.
“Ho sempre voluto interpretare Wolverine”, ha detto Reeves
a un fan. Come sappiamo benissimo, Wolverine è stato interpretato
sul grande schermo da Hugh Jackman dal 2000 e
l’attore riprenderà il ruolo per il prossimo Deadpool 3.
Sebbene Reeves non abbia
interpretato il supereroe Marvel, ha incarnato un personaggio
DC in Constantine, il film del 2005 basato su
Hellblazer. Al momento è in lavorazione un sequel
e un fan ha chiesto a Reeves se avesse parlato con James
Gunn del film successivo. Confermando di averlo fatto, Keanu Reeves non ha fornito ulteriori
dettagli su quando è previsto il film.
Un altro utente di Reddit ha chiesto
a Reeves se avesse rubato qualcosa da qualsiasi set in cui lavora,
e l’attore ha risposto: “Non rubato… l’orologio e l’anello
nuziale di John Wick, una spada di 47 Ronin e la prima pillola
rossa che i Wachowski mi abbiano mai ha dato”. Reeves ha anche
detto che David Fincher è uno dei registi con cui
vorrebbe lavorare in futuro.
Quando gli è stato chiesto del suo
ricordo preferito del lavoro su Point Break, ha
detto: “Lavorare con Patrick Swayze. Era un gentiluomo [sic] e
un professionista totale, una star del cinema,
un’ispirazione.”
Rennervations è una serie originale in
quattro parti che abbraccia la passione di tutta una vita di
Jeremy Renner di restituire alle comunità di
tutto il mondo reinventando veicoli unici appositamente costruiti
per soddisfare le esigenze di una comunità. Lo
spettacolo di rinnovamento dei veicoli di Jeremy RennerRennervations
arriverà su Disney+ il mese prossimo. E l’attore
afferma che “Rennervations” è diventato una “forza trainante” nel
suo recupero dal grave incidente con lo ha visto coinvolto.
Tutti e quattro gli episodi
di “Rennervations” usciranno in esclusiva su Disney+ il 12 aprile.
(Guarda il trailer ufficiale qui
sotto.) Nella serie, l’attore – che interpreta
notoriamente il supereroe Marvel Occhio di Falco – collabora
con esperti costruttori per acquisire grandi veicoli governativi
dismessi e reinventali come “creazioni strabilianti” che
servono i bambini nelle comunità di tutto il mondo.
“Sono stato in questo viaggio
per molti anni e ho iniziato nella mia comunità costruendo veicoli
per le persone bisognose“, ha detto Renner in una
nota. “Ma alcuni anni fa, ho pensato, ‘Come posso
migliorare tutto questo e creare un impatto maggiore su un’intera
comunità?’ Ed è quello che fa questo
spettacolo”. Renner ha aggiunto: “Questa è una delle
mie più grandi passioni ed è una forza trainante nella mia
guarigione, e non vedo l’ora che il mondo lo veda“.Il 1 gennaio, Jeremy Renner è rimastogravemente ferito in un incidente con uno
spazzaneve vicino a casa sua a Reno, in
Nevada, che lo ha lasciato ricoverato in ospedale. L’attore ha
poi rivelato di
essersi rotto 30 ossa
nell’incidente .
“Rennervations” segue
Jeremy Renner mentre viaggia per il mondo con
il suo migliore amico e socio in affari, Rory Millikin, e una
“squadra di costruzione di stelle“. Identificano i veicoli
dismessi e li rinnovano per nuovi usi, trasformando un autobus
turistico in uno studio musicale mobile, un camion per le consegne
in un impianto mobile per il trattamento dell’acqua, un bus navetta
in un centro ricreativo mobile e un autobus urbano in uno studio di
danza mobile.
Lungo la strada, Renner
incontra diversi ospiti famosi, tra cui l’attore-produttore
Anthony Mackie (“The Falcon and The Winder
Soldier” dei Marvel Studios), l’attore-imprenditrice
Vanessa Hudgens (“Tick, Tick… Boom!”),
l’attore- il produttore Anil Kapoor (“Mission
Impossible”, “Slumdog Millionaire”) e il cantautore
Sebastián Yatra (“Encanto”).Ognuna
delle guest star si unisce a Renner per consegnare i veicoli finiti
a ciascuna organizzazione.
Il co-CEO dei DC Studios
James
Gunn è andato su Twitter per sfatare le più recenti
voci sul casting di Henry Cavill per la DC. La voce a cui si fa
riferimento afferma che l’ex interprete di Superman Henry Cavill è stato contattato per
interpretare Frankenstein nella prossima serie Creature Commandos.
Alla domanda su quanto fosse vera la voce, Gunn si è affrettato a
metterla a tacere, affermando che è “completamente falsa” e che DC
ha già l’attore per interpretare Frankenstein.
Un altro utente di Twitter ha
suggerito che la risposta di Gunn è risultata come “odio nei
confronti di Cavill”. Il regista ha risposto dicendo che la voce
era su vari siti di notizie e stava solo rispondendo alla domanda
che gli era stata posta. Ha poi spiegato che la DC ha discusso di
altri ruoli con Cavill, ma non quello di Frankenstein.
Jenna Ortega è il volto di Mercoledì di
Netflix, la seconda più grande serie in
lingua inglese di tutti i tempi dello streamer, ma realizzare la
popolare serie della famiglia Addams ha richiesto all’attore di
mettere piede in un modo che non aveva mai fatto prima
in un film o televisore. Jenna Ortega ha detto in un recente
episodio del podcast “Armchair Expert” che molte
delle sceneggiature originali di Mercoledì non
avevano senso per lei dal punto di vista del personaggio, tanto che
è andata avanti e ha cambiato i dialoghi senza consultare gli
sceneggiatori della serie tv. “Quando ho letto l’intera serie, ho capito,
‘Oh, questo è per un pubblico più giovane’“, ha detto
Ortega. “Quando ho firmato per la prima volta nello show,
non avevo tutte le sceneggiature. Pensavo che sarebbe stato
molto più scuro. Ma non lo era … non sapevo quale fosse il tono o
come sarebbero suonate le battute.”
“Non credo di aver mai dovuto puntare i
piedi più sul set come in Mercoledì”,
ha continuato. “Tutto quello che fa Mercoledì,
tutto quello che dovevo interpretare, non aveva alcun senso per il
suo personaggio. Il suo essere in un triangolo amoroso? Non aveva
senso. C’era una battuta su un vestito che deve indossare per un
ballo scolastico e lei dice: “Oh mio Dio, lo adoro”. Uffa, non
posso credere di averlo letto. Mi odio letteralmente.’ Ho dovuto
dire “No”. Ci sono stati momenti su quel set in cui sono diventato
quasi poco professionale, nel senso che ho iniziato a cambiare le
battute. Il supervisore della sceneggiatura pensava che stavo
andando bene e poi ho dovuto sedermi con gli sceneggiatori, e loro
hanno detto, ‘Aspetta, che fine ha fatto la scena?’ E sono dovuta
andare a spiegare perché non potevo andare a dire certe
cose.”
Jenna Ortega voleva chiaramente rendere
Mercoledì più tridimensionale rispetto a come il
personaggio era sulle pagine. Non voleva interpretare una Mercoledì che
mancava di crescita ed era costantemente monotona, morbosa e buffa.
Per Ortega, quell’approccio non avrebbe funzionato per un
adolescente. “Sono diventato molto, molto protettivo nei suoi
confronti“, ha detto Ortega. “Non puoi condurre una storia e
non avere un arco emotivo perché poi è noioso e non piaci a
nessuno. Quando sei piccolo e dici cose molto morbose e
offensive, è divertente e accattivante. Ma poi diventi un
adolescente ed è brutto e lo sai. Ci sono meno
scuse.”
Non è certo la prima volta che
Jenna Ortega parla di combattimenti sul set di
Mercoledì.
In una discussione l’anno scorso per la rivista
Interview , Ortega ha detto che era il regista Tim Burton che “non voleva che avessi
alcuna espressione o emozione” quando recitava Mercoledì “Voleva
una superficie piana, che capisco“, ha detto. “È
divertente e fantastico, tranne quando stai cercando di portare
avanti una trama, e il mercoledì è in ogni scena.” “Ci
sono state molte battaglie del genere perché sentivo che le persone
non si fidavano sempre di me quando stavo creando il mio percorso
in termini di, ‘Okay, questo è il suo arco narrativo. È qui
che si emoziona‘”, ha aggiunto Ortega all’epoca. “Ero
completamente persa e confusa. In genere non ho problemi a usare la
mia voce, ma quando ci sei dentro, ricordo solo di essermi sentita
sconfitta dopo il primo mese.
A pochi giorni dall’uscita in sala,
arrivano i primi commenti su Shazam! Furia
degli Dei, il sequel del film con Zachary
Levi del 2019. Il DCEU sta per avere il suo anno più
importante da quando è stato inaugurato nel 2013, poiché Warner
Bros. Discovery ha ben quattro film in uscita. E il primo è proprio
Shazam! Furia
degli Dei, inizialmente previsto per il dicembre 2022.
Dopo la prima avventura, la famiglia Shazam sta finalmente tornando
al grande schermo per un nuovo viaggio e il film si è già
posizionato per superare il primo film sia in scala che
all’esecuzione.
Il film è l’ultimo prima di
The
Flash, che a giugno ripristinerà l’ordine delle cose e
darà il via al DCU di Gunn-Safran. Le prime reazioni on line al
film fanno ben sperare.
Shazam! Furia
degli Dei continua la storia dell’adolescente Billy
Batson che, dopo aver recitato la parola magica “SHAZAM!“,
si trasforma nel suo alter ego da supereroe adulto, Shazam.
Il cast del sequel include Zachary Levi nei panni di Shazam,
Asher Angel nei panni di Billy Batson,
Jack Dylan Grazer nei panni di Freddy Freeman,
Adam Brody nei panni del supereroe Freddy,
Ross Butler nei panni del supereroe Eugene,
Meagan Good nei panni del supereroe Darla,
DJ Cotrona nei panni del supereroe Pedro,
Grace Caroline Currey nel ruolo di Mary
Bromfield/la supereroina Mary. Djimon Hounsou ritorna nei panni del Mago,
mentre Rachel Zegler,
Lucy Liu e Helen Mirren si sono unite al film come
cattivi appena creati. Shazam! Furia
degli Dei uscirà il 17 marzo 2023. Il film è prodotto
da Peter Safran.
Secondo Deadline, lo
sceneggiatore di Game of
ThronesBryan
Cogman è stato scelto per lavorare come showrunner per
l’annunciata serie remake diZorro di Disney+, con Wilmer Valderrama
ingaggiato per il ruolo principale. Questo segna l’ultima
collaborazione di Cogman con la Disney, poiché
attualmente sta anche sviluppando un remake del classico film
d’animazione fantasy del 1963 La spada
nella roccia.
La
serie Zorrosarà
prodotta da Wilmer Valderrama mentre interpreta il ruolo di
Diego De La Vega. Sarà il nuovo attore ad
assumere il ruolo dell’iconico vigilante mascherato, che è stato
notoriamente interpretato da Douglas Fairbanks, Guy
Williams e Antonio Banderas.
Disney Branded
Television sviluppa la serie dal 2021. I produttori
esecutivi sono Gary Marsh e John Gertz. Oltre ad essere lo
showrunner, Cogman è stato anche scelto per scrivere e produrre
esecutivamente il progetto, che viene descritto come un’audace
rivisitazione della serie classica della Disney.“La serie dovrebbe presentare un’avventura epica radicata
nella storia ricca e diversificata della California, piena di
umorismo, intrighi sinistri, coinvolgimenti romantici ed emozioni
spericolate“, si legge nella sinossi. “Segue il
privilegiato caballero Diego De La Vega che torna nella sua città
natale di El Pueblo de Los Angeles dopo una tragedia
familiare. Lì scopre una cultura della corruzione e
dell’ingiustizia che lo porterà ad assumere il ruolo del vigilante
mascherato Zorro, il primo vero supereroe
d’America.”
Bryan Cogman ha
trascorso più di 10 anni e otto stagioni nella serie fantasy di
successo della HBO Game of Thrones, terminando il
suo impegno come co-produttore esecutivo e scrivendo 11 episodi.
Per il suo lavoro in Game of Thrones, Cogman ha
ricevuto quattro Emmy Awards, un Hugo
Award, un Producer’s Guild of America
Award e 7 nomination al Writer’s Guild Award. È stato
produttore consulente della prima stagione de
Il Signore degli Anelli: Gli anelli del potere di
Amazon Prime e ha scritto la sceneggiatura
dell’imminente remake della Disney de La spada nella roccia.
La quarta stagione
di Barry
sarà l’ultima della serie comica di successo della
HBO. HBO ha annunciato oggi che l’ultima stagione
sarà presentata in anteprima il 16 aprile e terminerà una volta
trasmessi gli otto episodi. “È stato un viaggio incredibile
realizzare questo spettacolo, ed è agrodolce che la storia sia
giunta alla sua conclusione naturale“, ha detto Hader in una
breve dichiarazione.
“Dopo tre magistrali stagioni
diBarry, non vediamo l’ora che
gli spettatori vedano la potente, complessa ed esilarante
conclusione della storia di Barry Berkman“, ha dichiarato Amy
Gravitt, HBO/HBO Max Executive VP Comedy. “È stato un
piacere lavorare con questo team di immenso talento, tra cui Bill
Hader, Alec Berg, Aida Rodgers e l’intero cast e la troupe
eccezionali“.
https://www.youtube.com/watch?v=xW7Ld5iwRnQ
Nel teaser, Barry,
arrestato nel finaledellaterza stagione, è incarcerato. Ambientata
sulla canzone “After the Lights Go Out” dei Walker Brothers, la
clip si apre con Barry in prigione, che fa una serie di
telefonate. Il suo ex amico e mentore Cousineau dice in modo
significativo: “Ehi Barry, ti ho preso”. Quindi,
apparentemente allucinato nel cortile della prigione, Barry
immagina di guardare l’ex fidanzata Sally (Sarah Goldberg), Gene e
il suo sicario Monroe Fuches (Stephen Root) che gli passano
accanto. Mentre il teaser continua e prende slancio, vediamo
una Sally dall’aria preoccupata mentre sale su un set, Barry che
sbatte la testa contro un muro, Noho Hank (Anthony Carrigan) che
cammina con determinazione, Jim Moss (Robert Wisdom) che si
avvicina a Gene nel suo camerino, Fuches che sorride compiaciuto e
Gene, che sembra spaventato, con in mano una pistola.
Barry è
una commedia dark con Bill Hader nei panni di un
sicario depresso che accetta lavori a basso costo del Midwest, che
improvvisamente si ritrova invischiato nella recitazione quando
accetta un lavoro in una comunity di aspiranti attori della scena
teatrale di Los Angeles. La serie è interpretata anche da Stephen
Root (All the Way della HBO), Sarah Goldberg
(Hindsight), Glenn Fleshler (True
Detective della HBO), Anthony Carrigan
(Gotham) e Henry Winkler (Arrested
Development).
“Cousineau (Winkler) è
acclamato come un eroe poiché l’arresto di Barry (Hader) ha
conseguenze scioccanti. Tutto ha portato a questo: l’esplosivo
ed esilarante capitolo finale
di Barry”,
recita il logline della quarta stagione. Barry
è creato, diretto e scritto da Alec Berg ( Silicon
Valleydella
HBO ) e Bill Hader. I produttori esecutivi sono Berg, Hader,
Aida Rodgers e Liz Sarnoff con la produzione di Julie Camino.
È stato rilasciato il trailer
finale di Scream
VI per il prossimo film slasher, che uscirà nelle sale
questo venerdì 10 marzo 2023. Il video di 70 secondi presenta il
ritorno di Ghostface, che ora sta perseguitando New York City e
cerca vendetta contro le
vecchie vittime .e nuovo. Dai un’occhiata al trailer
finale di Scream
VI qui sotto:
Dopo gli ultimi omicidi di
Ghostface, i quattro sopravvissuti si lasciano
alle spalle Woodsboro e iniziano un nuovo capitolo. In ScreamVI,
Melissa Barrera (“Sam Carpenter”), Jasmin
Savoy Brown (“Mindy Meeks-Martin”), Mason
Gooding (“Chad Meeks-Martin”), Jenna Ortega (“Tara Carpenter”), Hayden Panettiere (“Kirby Reed”) e
Courteney Cox (“Gale Weathers”) tornano a
ricoprire i loro ruoli nel franchise insieme a Jack Champion, Henry
Czerny, Liana Liberato, Dermot Mulroney, Devyn Nekoda, Tony
Revolori, Josh Segarra e Samara Weaving.
Scream
VI vedrà il ritorno dei registi del
film del 2022 Scream, con Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett
di Radio Silence che tornano nel franchise dopo il successo del
quinto film. Secondo quanto riferito, la prossima puntata
continuerà con “i quattro sopravvissuti agli omicidi di Ghostface
mentre lasciano Woodsboro alle spalle e iniziano un nuovo
capitolo”.
Dopo l’accantonamento
di un
paio di grandi progetti di Star
Wars, sembra che il film di
Star Wars
del regista di Thor:
Love and Thunder,Taika
Waititi, sia ancora in lavorazione e che il regista
stesso sarà uno degli attori protagonisti. Secondo quanto
abbiamo appreso da
Variety Waititi sta ancora lavorando al suo
film di Star Wars e
che il suo ruolo nella pellicola sarà abbastanza sostanziale,
poiché il sito afferma che sarà “simile come importanza” al suo
ruolo in Jojo
Rabbit, dove
interpretava un immaginario Adolf Hitler che ha
accompagnato il personaggio principale per la maggior parte del
film.
L’uscita di The Batman
– Parte 2 non è prevista almeno fino al 2025, ma le
riprese del progetto inizieranno molto presto. Secondo il
produttore esecutivo Michael Uslan – che vanta credici come
The Batman, Joker, The
Dark Knight e altro ancora – l’attesissimo sequel
di The
Batman di Matt Reeves dovrebbe iniziare la produzione
a novembre. Con l’uscita di The Batman
– Parte 2 non pianificata fino al 3 ottobre 2025,
questo dovrebbe dare a tutti i soggetti coinvolti tutto il tempo
per ottenere tutto ciò di cui hanno bisogno.
Finora si sa poco della trama di The Batman
– Parte 2, anche se Robert Pattinson tornerà nei panni del
Cavaliere Oscuro protagonista. Il primo film ha preso in giro il
Joker e ha lasciato vivo l’Enigmista ad Arkham, quindi uno o
entrambi questi iconici antagonisti potrebbero potenzialmente
essere le nuove sfide da affrontare.
Il primo
film, The
Batman, è stato interpretato da Robert Pattinson nei panni di Bruce
Wayne/Batman, Zoë Kravitz nei panni di Selina Kyle/Catwoman,
Paul Dano nei panni dell’Enigmista, Jeffrey Wright nei panni di James Gordon del
GCPD, John Turturro nei panni di Carmine Falcone,
Peter Sarsgaard nei panni di Gotham DA Gil Colson,
Andy Serkis nei panni di Alfred Pennyworth e
Colin Farrell nei panni di Oswald Cobblepot/
Pinguino.
Quella del Miglior attore
protagonista è senza dubbio alcuno una delle categorie
degli Oscar 2023 per
cui, a pochi giorni dalla cerimonia di premiazione, non vi è ancora
un vincitore certo. I cinque interpreti candidati sono tutti
professionisti di altissimo livello, che nel corso di quest’ultima
stagione cinematografica hanno dato vita ad interpretazioni tra le
più importanti della loro carriera e per le quali vengono ora
giustamente riconosciuti. Ma c’è di più: tutti e cinque i candidati
sono qui alla loro prima nomination al premio Oscar. Parliamo di
Austin Butler
per Elvis, di Paul Mescal per
Aftersun, di Bill Nighy per
Living, di Colin Farrell per
Gli spiriti
dell’isola e di Brendan Fraser
per The Whale.
Parliamo dunque di due giovani in
ascesa, un veterano del cinema, uno dei più apprezzati attori del
nuovo millennio e un grande del passato qui al suo ritorno in pompa
magna all’interno dell’industria cinematografica. Per le loro
interpretazioni in questi film hanno ricevuto premi e
riconoscimenti di grande importanza, ma solo uno potrà ora salire
sul celebre palco del Dolby Theatre per ritirare la prestigiosa
statuetta. Nell’attesa di scoprire a chi toccherà tale onore,
scopriamo tutto quello che c’è da sapere su di loro,
sull’interpretazione per cui sono candidati, sul percorso da loro
compiuto durante questa stagione dei premi e su chi concretamente
potrebbe trionfare in questa categoria.
Austin Butler, Elvis
Con le sue interpretazioni più
recenti, l’attore Austin Butler sta dimostrando di
non essere solo un bel volto, ma anche un attore dotato di grandi
capacità. Dopo aver esordito in serie di Disney Channel e
Nickelodeon come Hannah Montana, iCarly, Ned – Scuola
di sopravvivenza e Zoey 101, Butler ha infatti
iniziato a farsi notare grazie alle serie Life Unexpected,The Carrie Diaries e The Shannara Chronicles, ma
anche grazie a ruoli secondari ma significativi nei film I morti non muoiono e
C’era una volta a…
Hollywood. L’occasione di recitare da protagonista
assoluto al cinema è però arrivata proprio grazie ad
Elvis, il film diretto da Baz Luhrmann
dedicato ad Elvis Presley.
In questo film, Butler porta dunque
in scena una versione del re del rock and roll a metà tra
il realistico e la reinterpretazione personale. Il risultato è una
vera e propria performance, che per tutte le due ore e quaranta di
pellicola ci dà prova delle qualità attoriali e canore di Butler,
ma anche del suo magnetico fascino e del suo grande carisma. La sua
è infatti un’interpretazione che divora la scena, capace di
catalizzare su di sé tutte le attenzioni, tanto nei momenti più
dinamici quanto in quelli più intimisti e drammatici. Sconfiggendo
tutti i pregiudizi che si potevano avere all’idea di questo giovane
che interpreta un’icona come Elvis, Butler si consacra dunque
definitivamente agli occhi di Hollywood.
I riconoscimenti non hanno poi
tardato ad arrivare, prima con una vittoria ai Golden Globe come
Miglior attore in un film drammatico, poi come Miglior attore ai
Bafta Awards e
infine come Miglior attore in un film commedia o musicale ai
Satellite Awards. A queste vittorie si affiancano
però anche le nomination ai Critics Choice Awards,
ai SAG Awards e, naturalmente, al premio Oscar.
L’essere stato candidato anche a quest’ultimo premio nella
categoria Miglior attore protagonista, di cui è uno dei principali
frontrunner, lo pone sotto una nuova luce, che sembra
confermare che questo giovane può davvero avere un promettente
futuro nel cinema davanti a sé.
Paul Mescal, Aftersun
Il secondo dei due giovani in attesa
è Paul Mescal, classe 1996, candidato come Miglior
attore per il film britannico Aftersun. Prima di
questo, Mescal aveva attirato molte attenzioni su di sé grazie
alla struggente miniserie Normal People, che gli
aveva fatto guadagnare una nomination agli Emmy
Awards come Miglior attore protagonista in una miniserie o
film TV, ma anche con il film La figlia oscura, dove
recita accanto ad Olivia Colman.
Aftersun rappresenta dunque la sua consacrazione nel mondo
del cinema, tanto da essere ora uno degli attori più richiesti del
momento e prossimo protagonista dell’atteso sequel di Il
gladiatore.
In Aftersun, presentato anche alla Festa
del Cinema di Roma, Mescal interpreta
Calum, un giovane padre intento a trascorrere
un’importante vacanza in Turchia insieme alla figlia undicenne
Sophie. Basato su alcune esperienze della regista Charlotte
Wells, il film ha ricevuto ampi consensi a livello
internazionale ed è stato definito come uno dei migliori titoli del
2022. La nomination ricevuta da Mescal per la sua interpretazione
ha sorpreso in molti, in quanto l’attore non era stato candidato ad
alcuni degli altri principali premi della cosiddetta Awards
Season, ma è stata accolta con molto favore, in quanto è anche
il giusto riconoscimento ad un film molto importante di questo
periodo cinematografico.
Mescal non è dunque stato nominato
né ai Golden Globe, né ai SAG
Awards, né ai Critics Choice Awards, tre
importanti premi che permettono di definire meglio i potenziali
candidati all’Oscar. Ciononostante, è poi appunto stato inserito
nella cinquina del Miglior attore protagonista agli Oscar, nella
quale sarà forse l’outsider di turno, ma senza sfigurare rispetto
agli altri candidati. Con Aftersun, infatti, Mescal ha
dimostrato di saper lavorare molto bene sull’interiorità dei propri
personaggi, esprimendo al meglio e con grande intensità il loro
complesso mondo interiore. L’attore, inoltre, ha poi ricevuto una
nomination come Miglior attore anche ai Bafta
Awards, che più di altre istituzioni tengono in grande
considerazione il cinema britannico.
Bill Nighy, Living
Passando da un attore britannico ad
un altro, ecco che anche il grande Bill Nighy ha
quest’anno ottenuto la sua prima nomination ai premi Oscar.
L’attore è principalmente noto per aver interpretato Viktor nella
serie cinematografica Underworld, Billy Mack in
Love Actually – L’amore
davvero e Davy Jones nella saga cinematografica Pirati
dei Caraibi. È però anche conosciuto per i suoi ruoli nelle
pellicole Still Crazy, L’alba dei morti dementi,
Hot Fuzz, Operazione Valchiria,
Marigold Hotel. Con
Living, egli ha ora dato vita a quella che è stata
definita, giustamente, una delle migliori interpretazioni di tutta
la sua carriera, dando prova di tutta la sua alta statura
d’interprete.
Nel film, diretto da Oliver
Hermanus e scritto dal premio Nobel per la letteratura
Kazuo Ishiguro, Nighy interpreta il burocrate
Mr. Williams, costretto a fronteggiare la sua
mortalità dopo aver scoperto di essere malato terminale. Proprio a
partire da questa consapevolezza, egli avrà modo di vivere una
seconda vita, alla scoperta della bellezza della vita, nel poco
tempo che gli rimane. Quella dell’attore è dunque non una
performance gridata, ma che al contrario lavora sulla sottrazione
per esprimere le proprie sfumature più profonde, dimostrandosi
struggente eppure ricca di gioia, capace di diventa un’ode alla
vita e ai piccoli momenti che la rendono significativa.
Grazie a Living, Nighy è
stato poi candidato come Miglior attore in un film drammatico ai
Golden Globe, come Miglior attore cinematografico
ai SAGAwards, come Miglior
attore drammatico ai Satellite
Awardse come Miglior attore ai Bafta
Awards. Anche per lui, la nomination al premio Oscar 2023
era tutt’altro che certa e il fatto che sia poi stata confermata ha
suscitato grande gioia tra l’industria, la critica e il grande
pubblico. Questo perché Nighy è uno di quegli attori che, spaziando
tra i generi e celandosi con grande mestiere dietro i propri
personaggi, ha saputo in più occasioni dar vita a ruoli memorabili.
Il fatto che finalmente, all’età di 73 anni venga riconosciuto
anche dall’Academy, è un riconoscimento quantomai gradito, sia che
poi egli vinca o meno il premio.
Colin Farrell, Gli spiriti dell’isola
Irlandese come il collega Mescal,
Colin Farrell è un attore noto per film come
Minority Report, Daredevil, The New World,Miami Vice, Sogni e delitti, In Bruges – La
coscienza dell’assassino, 7 psicopatici, e che
negli ultimi anni si è distinto anche per una serie di titoli più
autoriali come The Lobster, L’inganno e Il sacrificio del cervo
sacro, che lo hanno reso sempre più interessante agli
occhi della critica e dell’industria. Con Gli spiriti
dell’isola, con cui torna a collaborare con il regista
MartinMcDonagh e per cui ha
ricevuto la sua prima nomination all’Oscar, riceve dunque ora una
definitiva consacrazione come uno dei più brillanti interpreti
della sua generazione.
Nel film, Farrell interpreta
Pádraic Súilleabháin, un uomo mite e semplice la
cui esistenza è scandita dal proprio mestiere di mandriano e dalle
serate al pub con l’amico di sempre Colm Doherty. Quando però
questi da un giorno all’altro afferma di non voler avere più nulla
a che fare con lui, per Pádraic tutto si rimette in discussione.
Farrell è abilissimo nel rappresentare la sua ingenuità e la sua
bontà di cuore, risultando all’occorrenza comico e drammatico.
Ancor di più, però, egli si pone in modo evidente al completo
servizio del proprio personaggio, facendolo emergere come un essere
umano estremamente credibile, aiutato naturalmente dalla brillante
scrittura di McDonagh.
Con questa sua interpretazione,
Farrell ha vinto la prestigiosa Coppa Volpi per la miglior
interpretazione maschile alla Mostra del Cinema di
Venezia. Da quel momento si è affermato come uno dei
frontrunner per la categoria Miglior attore protagonista
agli Oscar 2023. Prima di arrivare ad ottenere l’ambita nomination
a tale premio, però, ha ricevuto una candidatura anche ai
SAG Awards, ai Bafta Awards, ai
Critics Choice
Awards e ai Golden Globe, trionfando
presso questi ultimi nella categoria Miglior attore in un film
commedia o musicale. È stato inoltre indicato come Miglior attore
del 2022 dalla prestigiosa National Board of
Review. Riconoscimenti importanti, dunque, che lo rendono
di fatto uno dei nomi di punta di questa cinquina.
Brendan Fraser, The Whale
Quello di Brendan
Fraser è diventato un caso di rinascita lavorativa che,
mese dopo mese, ha sempre più appassionato tanto gli interni
all’industria del cinema quanto tutti gli spettatori cresciuti con
i suoi film. Fraser, lo ricordiamo, è principalmente noto per
aver interpretato Rick O’Connell nella trilogia
colossal di La mummia, che gli ha
permesso, a cavallo tra gli anni Novanta e i primi Duemila, di
affermarsi come una moderna icona del cinema d’avventura, un vero e
proprio Indiana Jones dei nostri tempi. Oltre a
quei film, però, è ricordato anche per Il mio amico
scongelato,Un colpo da campioni,George re
della giungla… ?, Sbucato dal passato,Looney Tunes: Back in Action,Viaggio al centro
della terra e
Inkheart – La leggenda di cuore d’inchiostro.
In seguito, tuttavia, la sua
carriera è andata incontro ad un declino che lo ha quasi fatto
sparire del tutto dai radar di Hollywood. Dopo anni di anonimato è
però tornato a farsi notare grazie alla serie Doom Patrol e ai film
No
Sudden Move e The Whale. Quest’ultimo, in
particolare, è stato sin da subito indicato come il progetto che
avrebbe potuto riportarlo in auge. Il motivo è presto detto: nel
film Fraser interpreta Charlie, un uomo
estremamente in sovrappeso che non esce mai dalla propria casa ed
ha in essa tutte le interazioni umane di cui ha bisogno, tra cui
quella con la problematica figlia Ellie. Prima che sia troppo
tardi, Charlie cercherà di insegnare proprio a quest’ultima
l’importanza dell’amore verso il prossimo.
Interpretare un personaggio come
Charlie richiede dunque grandi capacità drammatiche, ma anche quel
senso della leggerezza necessario a non far scivolare il tutto
nello strazio. Fraser, con indosso un pesantissimo trucco
prostetico, riesce in tutto ciò, divertendo, emozionando,
spaventando e colpendo al cuore lo spettatore. Il successo è
immediato. Oltre a ricevere il plauso della critica e del pubblico,
Fraser viene candidato come Miglior attore ai Golden
Globe, ai Bafta Awards, ai Gotham
Independent Film Awards, ai Satellite
Awards, ai Critics Choice Awards e ai
SAGAwards, trionfando proprio presso questi
ultimi tre. La prossima fermata sono gli Oscar 2023, dove l’attore
si presenta dunque come principale candidato alla vittoria.
Miglior attore protagonista… chi vincerà?
Come si diceva in apertura, la
categoria del Miglior attore protagonista è tra le
più incerte di questi Oscar 2023. Nonostante ci
siano due evidenti sfidanti alla vittoria, ovvero
Austin Butler e Brendan Fraser,
con Colin Farrell che li insegue a poca distanza,
è ancora molto difficile stabilire chi tra loro vincerà.
Quest’ultimo, con la Coppa Volpi e il Golden Globe dalla sua, non è
infatti da sottovalutare e tra i due principali sfidanti che si
dividono i voti dei membri dell’Academy, chissà che non possa
essere proprio Farrell a spuntarla e vincere l’ambito Oscar. Sembra
invece già più facile affermare che sia Paul
Mescal che Bill Nighy abbiano meno
possibilità di vedersi chiamati sul palco a ritirare l’ambita
statuetta.
La loro candidatura è dunque da
vedere più come un incoraggiamento per il primo e come un
riconoscimento alla carriera per il secondo. Anche solo la
nomination, per loro, è infatti un traguardo assai gradito.
Tornando ai due principali sfidanti, questi si presentano agli
Oscar con tre premi vinti a testa: Golden Globe, Bafta e Satellite
Award come miglior attore in un film commedia o musicale per
Butler; e SAG, Critics Choice Award e Satellite Award come miglior
attore in un film drammatico per Fraser. Difficile dunque dire chi
tra loro sia realmente in “vantaggio”, anche se tra tutti questi
premi è noto che un certo peso ce l’ha il SAG
Award, ovvero il premio assegnato dal sindacato attori. Di
norma, chi vince questo ha poi alte probabilità di trionfare anche
agli Oscar.
Di poco rispetto al collega, Fraser
potrebbe dunque essere indicato come il principale favorito agli
Oscar 2023. Bisognerà però attendere di scoprire se l’Academy gli
riconoscerà davvero questo premio o preferirà conferirlo ad un
giovane emergente con una lunga carriera ancora davanti a sé. Al di
là di chi vincerà, però, è importante sottolineare quanto tutte e
cinque le interpretazioni candidate quest’anno siano di alto
livello e, cosa ancor più importante, molto diverse tra loro, il
che rende quindi impossibile indicare un migliore in assoluto, ma
fa senza dubbio gioire del fatto che questi grandi attori abbiano
ricevuto i riconoscimenti e le attenzioni che meritavano di
ricevere, a prescindere da chi poi vincerà o meno.