Netflix ha rilasciato il trailer e nuove immagini per
Wendell &
Wild, il nuovo film horror in animazione
stop-motion del visionario regista Henry Selick,
già celebre per aver diretto The Nightmare Before
Christmas e Coraline. Questo suo nuovo film, inoltre,
vanta anche la presenza di Jordan Peele
(Get Out, Noi, Nope) come scrittore,
produttore e doppiatore, cosa che rende Wendell & Wild una
delle uscite cinematografiche più attese dell’anno. Il racconto è
inoltre basato su un libro inedito di Selick e Clay McLeod
Chapman, trasformato poi in una sceneggiatura dallo stesso
Selick e Peele.
Il nuovo trailer rilasciato presenta
Kat Elliot (doppiata da Lyric
Ross), un’adolescente dallo stile dark che è letteralmente
costretta ad affrontare i suoi demoni. Questi hanno in realtà dei
nomi, ovvero Wendell (doppiato da
Keegan-Michael Key) e Wild
(doppiato da Jordan Peele). Il trailer non rivela
però il motivo per cui Kat è stata presa di mira da queste due
mostruose creature, ma sembra che il racconto ruoterà intorno ad un
trauma represso e ad un’infanzia sfregiata. Tematiche dunque affini
alla poetica di Selick, che già con Coraline aveva
esplorato dinamiche simili attraverso una componente fantasy
horror.
Allo stesso modo, questo primo
trailer dimostra ancora una volta tutta la grande attenzione
riposta da Selick nel rendere l’animazione in stop motion più
entusiasmante che mai. Tra personaggi estremamente caratteristici,
colori e ambienti espressionisti e una forte incursione nella mente
della protagonista, queste prime immagini di Wendell &
Wild sembrano anticipare un’opera di Selick all’ennesima
potenza. Wendell & Wild sarà presentato in anteprima
mondiale al 47° Toronto International Film Festival l’11 settembre.
Successivamente, il film d’animazione arriverà su Netflix il
28 ottobre, giusto in tempo per Halloween. Qui di
seguito è possibile vedere il trailer.
L’attrice Lashana
Lynch, vists di recente anche in No Time To Die, ha
raccontato di essere rimasta particolarmente sorpresa dal fatto che
i Marvel Studios la volessero per un cameo nel
film Doctor Strange nel Multiverso
della Follia. La sorpresa deriva dal fatto che la Lynch
aveva già avuto un ruolo nell’MCU, interpretando Maria
Rambeau in Captain Marvel, ovvero
la collega e migliore amica della protagonista. Come affermato poi
nella serie WandaVision, dove compare la figlia Monica
Rambeau, Maria è deceduta e ciò ha dunque posto fine alla presenza
della Lynch nel Marvel Cinematic Universe.
L’esplorazione del Multiverso nel
nuovo film dedicato a Doctor Strange ha però permesso il
ritorno dell’attrice, se pur con un ruolo in parte differente. Chi
ha visto il film saprà infatti che la Lynch ha sì ripreso i panni
di Maria Rambeau, la quale però è anche la Captain Marvel di Terra-838. In una recente
intervista l’attrice ha dichiarato “è stato stupefacente. Kevin
Feige me l’ha detto molto tempo prima che il mondo sapesse cosa le
stava succedendo, il che è stato triste perché mi è piaciuto molto
Captain Marvel e lavorare con Brie e tutti.
Ma che bello avere questo momento per noi, anzi, per la cultura; è
stato un colpo di scena che non ci saremmo mai aspettati.”
Come noto, però, il personaggio
viene brutalmente eliminato durante lo scontro con la Scarlet Witch
di Elizabeth
Olsen. Questo breve cameo dell’attrice potrebbe dunque
essere anche l’ultima volta che la si vede in un progetto Marvel, ma considerando la natura
del Multiverso non è da escludere del tutto una sua possibile
ricomparsa in futuro. Attualmente Doctor Strange nel
Multiverso della Follia è presente sulla piattaforma
Disney+, disponibile per chi
desidera vederlo o rivederlo, ritrovando sia il cameo della Lynch
come anche i tanti altri presenti.
Negli scorsi mesi è stato
annunciato un nuovo progetto seriale dei Marvel Studios, ovvero Wonder
Man. Questa nuova serie, che andrà a trovare il
proprio spazio sulla piattaforma Disney+, è incentrata su uno
dei personaggi più antichi della Marvel,
ovvero Simon Williams alias Wonder
Man. Introdotto nel 1964 nei Marvel Comics, inizialmente come un cattivo, il
personaggio è poi stato ripensato come un eroe negli anni ’70. Egli
ha acquisito poi i suoi poteri quando il Barone
Zemo lo ha trasformato in un essere di energia ionica,
conferendogli forza e velocità sovrumane, invulnerabilità e
manipolazione dell’energia stessa. Tolti i panni del supereroe,
Williams ha invece un lavoro quotidiano come attore e stuntman.
Proprio per via di questa sua
professione, alcun rumor suggeriscono di come la serie sarà
ambientata ad Hollywood e darà vita ad una vera e propria satira
dell’industria cinematografica statunitense. Se così fosse, sarebbe
un’importante novità in casa Marvel, che andrebbe
sostanzialmente a parlare, in modo più o meno velato, anche di sé
stessa e del suo impatto su Hollywood. Ad oggi del progetto si sarà
però molto poco, se non che Destin Daniel Cretton,
già regista di Shang Chi e la Leggenda dei Dieci
anelli, sarà il co-creatore e produttore esecutivo di
Wonder
Man, insieme allo sceneggiatore capo
Andrew Guest (Brooklyn Nine-Nine).
Mentre ancora non è noto chi
interpreterà il protagonista, è però stato annunciato che il premio
Oscar Ben Kingsley
riprenderà il ruolo di Trevor Slattery, il finto
Mandarino già comparso in Iron Man
3 e, successivamente, in Shang-Chi e la leggenda
dei dieci anelli. Considerando che Slattery è a
sua volta un attore, l’ipotesi che la serie possa essere ambientata
ad Hollywood non fa che rafforzarsi. Bisognerà però che la serie
entri in fase di produzione per avere maggiori certezze.
Attualmente, il progetto si trova però solamente in fase di
sviluppo e le riprese non inizieranno prima del 2023.
Il 5 maggio 2023
uscirà al cinema il film Guardiani della Galassia Vol.
3, l’atteso nuovo capitolo dedicato ad alcuni dei
più amati personaggi di tutto il Marvel Cinematic Universe.
Il precedente film, il Vol. 2, risale ormai al
2017 e tante cose sono cambiate da quel momento. Per i guardiani
del film, questo nuovo film sarà anche l’ultimo dedicato a loro e
li racconterà mentre riprendolo le loro avventure dopo gli eventi
di Avengers: Endgame, dirigendosi verso
nuovi orizzonti narrativi. Proprio considerando l’importanza di
questo nuovo film, il regista James Gunn ha
recentemente spiegato di come il suo stile di regia sia cambiato
per l’occasione.
Rispondendo a un fan su Twitter,
che chiedeva quanto debba essere rigida o
collaborativa una produzione per la riuscita di un film,
Gunn ha infatti notato come il suo approccio all’imminente sequel
di Guardiani della
Galassia sia stato molto meno rigido di quanto non fosse
nel film originale. “Film diversi richiedono atmosfere
diverse“, ha twittato. “Personalmente sono più sciolto di
prima. Cambio spesso le cose sul set, il che era eretico per me nel
periodo di Guardians of the Galaxy Vol. 1“. Gunn ha poi
aggiunto che un regista che è spontaneo sul set va bene, a patto
che sia ancora preparato per le riprese e non dia per scontato il
tempo e il talento del cast e della troupe.
Dal nuovo Guardiani della
Galassia Vol. 3 sembra dunque ci si possa aspettare qualcosa
di fedele ai precedenti due film ma allo stesso di completamente
nuovo, che stando al regista ha permesso di arricchire il tutto.
Come noto, il cast di questo nuovo capitolo si compone di
Chris Pratt,
Zoe Saldana,
Dave Bautista,
Vin Diesel,
Karen Gillan,
Bradley Cooper,
Pom Klementieff. New
entry è invece l’attore Will Poulter,
che assumerà i panni del potente Adam Warlock.
Ecco tutti i protagonisti della
sesta giornata di Festival, alla 79esima Mostra d’Arte
Cinematografica di Venezia protagonisti sul red
Penelope Cruz,
Tilda Swinton,
Julianne Moore. Di seguito tutte le foto:
Tilda Swinton ha presentato in
concorso The
Eternal Daughter. Tornate nell’antica dimora di
famiglia, trasformata in un hotel ma carica di un misterioso
passato, un’artista e la madre anziana affrontano segreti rimasti a
lungo sepolti.
Alla fine ho scoperto che il mio personale senso di colpa,
naturalmente legato a quello di mia madre, mi impediva di creare
una storia simile. Quando però, due anni fa, ho deciso di
ambientarla in un hotel inquietante e misterioso, qualcosa è
cambiato: ho capito che i fantasmi possono intrecciarsi alle nostre
emozioni più profonde e intime.
I film dedicati ai supereroi sono
oggi quantomai dominanti nel cinema mondiale. Attraverso di loro si
animano racconti capaci non solo di infondere tanta meraviglia, ma
anche di raccontare attraverso potenti metafore il mondo
contemporaneo. Quello del cinecomic è dunque ormai un
genere esplorato da più punti di vista, definitosi in una serie di
caratteristiche ricorrenti. Queste vanno dalla formazione del
supereroe al suo addestramento nell’uso dei superpoteri, dallo
scontro con la nemesi alla comprensione del proprio ruolo nella
società. Il film del 2000 Unbreakable – Il
predestinato (qui la recensione), è invece un
brillante esempio di come poter decostruire tale struttura di
racconto.
Reduce dal successo di Il
sesto senso, il regista M. Night Shyamalan
decide infatti di dar vita ad un film incentrato sulla figura del
supereore. Inizialmente, Unbreakable avrebbe dovuto
rientrare nella classica costruzione del viaggio
dell’eroe, ma poiché il regista trovò molto più interessante
il racconto della formazione del protagonista, decise di
concentrarsi esclusivamente su questo. Il film si svela dunque come
una lunga origin story, priva di elementi come lo scontro
con il villain di turno. Tutta la vicenda diventa così una densa
riflessione sul ruolo del supereroe, sulla sua nuova situazione e
sull’acquisizione di consapevolezza riguardo i propri poteri.
Un’opera dunque insolita, oggi
inserita all’interno di un racconto più ampio che nel corso degli
anni si è arricchito di due sequel. Al momento della sua uscita,
Unbreakable non mancò di affermarsi come un titolo molto
apprezzato, venendo anche indicato come uno dei migliori film a
tema supereroe di sempre. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e ai suoi sequel. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Unbreakable – Il predestinato: la trama del film
Protagonista del film è
David Dunn, una guardia di sicurezza che vive una
normalissima esistenza, diviso tra il lavoro e la famiglia,
composta dalla moglie Audrey e dal figlio
Joseph. Tutto quello che credeva di sapere di sé
cambia però per sempre il giorno in cui il treno su cui si trova
deraglia brutalmente. L’evento causa la morte di tutti i
passeggeri, mentre David ne esce totalmente incolume e senza
neanche un graffio. La notizia si diffonde rapidamente e David si
ritrova ad essere a suo modo una celebrità. In particolare, a
mettersi in contatto con lui è Elijah Price,
proprietario di una galleria d’arte.
Quando lo incontra, il misterioso
uomo rivela a David di essere estremamente fragile, affetto dalla
nascita da una osteogenesi imperfetta che rende le sue ossa simili
al vetro. Elijah introduce così David alla teoria sui supereroi, la
cui esistenza sembra essere tutt’altro che un mito. Motivato
dall’uomo, David inizia così a testare la propria resistenza,
scoprendosi dotato di una forza sovrumana che lo rende invincibile.
Allo stesso tempo, egli scopre che entrando in contatto con altre
persone può vedere i loro eventuali atti criminali. Decide a questo
punto di usare i suoi poteri per fare del bene, senza sapere però
quanto forte possa essere anche il male.
Unbreakable – Il predestinato: il cast del film
Nel dar vita al film, Shyamalan
aveva in mente solo un attore possibile per il ruolo di David Dunn,
ovvero Bruce Willis. I
due, che avevano già lavorato insieme per Il sesto senso,
diedero così vita ad una nuova collaborazione. Per il ruolo, Willis
ha sfoggiato per la prima volta una rasatura completa, con cui è
stato poi conosciuto da quel momento fino ad oggi. Allo stesso
modo, egli si è sottoposto ad un rigido allenamento fisico, volto
ad implementare la sua muscolatura. Ciò gli ha permesso di poter
interpretare molte delle scene più complesse che si ritrovano nel
film. Nel ruolo di sua moglie Audrey si ritrova l’attrice Robin Wright,
mentre Spencer Treat Clark è il loro figlio
Joseph.
Ad interpretare Elijah Price vi è
invece Samuel L.
Jackson, anch’egli unico attore considerato per il
ruolo dal regista. L’attore ha poi partecipato in modo attivo alla
costruzione estetica del personaggio, a cui nel corso del film
viene anche associato il colore viola. Questa scelta fu
particolarmente gradita da Jackson, il cui colore preferito è
proprio il viola. L’attrice Charlayne Woodard è
invece presente nel ruolo della madre di Elijah, pur essendo
l’interprete più giovane di alcuni anni rispetto a Jackson. Sono
poi presenti nel film anche Michael Kelly nel
ruolo del dottor Dubin e Eamonn Walker in quelli
del dottor Mathison. Il regista Shyamalan compare invece con un
cameo nei panni di uno spacciatore allo stadio.
Unbreakable – Il
predestinato: i sequel, il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
A distanza di circa quindici anni da
Unbreakable, Shyamalan ha realizzato il film Split, thriller basato
sulle molteplici personalità di Billy Milligan.
Mentre lavorava al progetto, il regista ha deciso di farlo
diventare un sequel del film del 2000, dando così vita ad un
universo narrativo unico. I due film, con personaggi e vicende
apparentemente scollegate, hanno poi trovato un loro intreccio con
il terzo capitolo della trilogia. Intitolato Glass e uscito al cinema nel 2019, questo ha visto la
partecipazione di Willis e McAvoy nei rispettivi ruoli, come anche
il ritorno di Samuel L. Jackson nei panni di
Elijah Price, ovvero Mr. Glass.
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Unbreakable – Il predestinato è infatti
disponibile nel catalogo di Chili,Apple
iTunes e Disney+. Per vederlo, in base
alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno martedì 6
settembre alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
Impostosi come uno dei registi più
innovativi e importanti degli ultimi 30 anni, Quentin
Tarantino vanta nella propria filmografia grandi opere
come Pulp Fiction, Bastardi senza gloria e
C’era una volta a…
Hollywood. Tra i suoi film più amati vi è però
Kill Bill – Vol 2, seconda parte del
dittico incentrato sulla disperata ricerca di vendetta della sposa
Beatrix Kiddo. Vera e propria summa della poetica di Tarantino, il
regista ha fatto confluire in questo tutto il suo amore per il
cinema e la cultura popolare. Tra violenza, citazionismo e sequenze
ormai entrate nell’immaginario collettivo, prende così forma uno
dei film ancora oggi più iconici di Tarantino.
La genesi di questo, come noto,
risale al set di Pulp Fiction, dove il regista iniziò a
concepire la storia insieme all’attrice Uma
Thurman. A quasi dieci anni da quel momento, Kill
Bill ha infine preso vita. Nonostante siano stati realizzati
come un’unica pellicola, il volume 1 e il volume 2 hanno degli
elementi caratterizzanti. Infatti, se il primo volume è più
orientale, dedicato ai film di kung-fu e allo Yakuza film,
il volume 2 appare invece proteso verso l’occidente ed ispirato ai
suoi miti, con le atmosfere da spaghetti-western, con riferimenti a
film di Sergio Leone e la presenza di almeno sei
tracce della colonna sonora eseguite da EnnioMorricone.
Affermatosi da subito come un
grandissimo successo, con un incasso mondiale di 152 milioni di
dollari, Kill Bill – Vol. 2 ha così contribuito
ulteriormente a consolidare la fama di Tarantino, rendendolo uno
dei grandi autori della sua generazione. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori ed alla sua colonna sonora.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Kill Bill – Vol. 2: la trama del film
Protagonista del film è
Beatrix Kiddo, anche nota come La
Sposa, letale assassina membro del gruppo Deadly Viper
Assassination Squad, capitanata dallo spietato
Bill. Stanca di quella vita priva di certezze e
punti fissi, Beatrix decide di staccarsi da tutta quella violenza
nel momento in cui scopre di essere incinta. Fugge così in Texas,
sotto falsa identità, innamorandosi di un giovane e organizzando
con lui delle nozze sbrigative. Durante le prove di queste, però,
si presenta a sorpresa in chiesa il suo vecchio capo Bill. Ben
presto, quel luogo sacro si trasforma in un vero e proprio teatro
di morte, da cui nessuno sembra poter uscire vivo. Creduta morta,
Beatrix si risveglierà però dopo quattro anni di coma.
Comprende dunque cosa è successo,
cosa le è stato fatto e cosa le è stato tolto per sempre. Senza
pensarci decide dunque di organizzare una vendetta letale contro i
suoi ex colleghi di lavoro, ricercandoli uno ad uno per ucciderli
tutti. Dopo aver eliminato l’assassina O-Ren
Ishii, la stessa sorte toccherà a Budd e
ElleDriver, la più spietata
degli assassini della Deadly Viper Assassination Squad. L’ultimo
sulla sua lista è Bill, colpevole di aver organizzato quel
tradimento. Prima di poter arrivare a lui, però, Beatrix dovrà fare
i conti anche con il proprio passato e con ciò che l’ha legata
all’uomo che sta andando ad uccidere. Soltanto chiudendo tutti i
conti con la propria vita passata potrà iniziarne una nuova in
pace.
Kill Bill – Vol. 2: il cast del film
Il ruolo della protagonista, Beatrix
Kiddo, è sempre stato unicamente pensato per l’attrice Uma Thurman,
dato che il personaggio è stato sviluppato insieme a lei. Per poter
assumere il ruolo, la Thurman si è poi sottoposta a diversi
allenamenti, tanto per il combattimento corpo a corpo quanto
nell’utilizzo della spada. Michael Madsen, attore
ricorrente nel cinema di Tarantino, interpreta Budd, altro
assassino ora attivo come semplice buttafuori. Daryl
Hannah è invece Elle Driver, la più cattiva degli
assassini di Bill. L’attore Michael Parks compare
invece nei panni di Esteban Vihaio, un pappone e padrino di Bill.
Samuel L.
Jackson, attore feticcio di Tarantino, è presente con
un cameo nei panni del suonatore di organo in chiesa.
Ad interpretare lo spietato Bill vi
è David Carradine. Tale personaggio era stato
offerto anche agli attori Jack Nicholson, Kurt Russell e Mickey Rourke,
i quali l’avevano però rifiutato. Prima di Carradine, però, ad
interpretare Bill era stato chiamato l’attore Warren
Beatty. Dopo un periodo di contrattazione, anche questi
rifiutò, permettendo a Tarantino di avere la libertà di offrire il
ruolo a Carradine, avendo scritto il personaggio proprio pensando a
questi. L’attore e artista marziale hongkonghese Gordon
Liu è infine presente nei panni del leggendario maestro
Pai Mei. Inizialmente, Tarantino voleva doppiare il personaggio, ma
decise di abbandonare l’idea e permettere all’attore di recitare
con la propria voce.
Kill Bill – Vol. 2: la colonna sonora, il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
Anche Kill Bill, come ogni
film di Tarantino, si avvale di una colonna sonora assai ricercata,
piena anch’essa, come il film, di citazioni e riferimenti. Molti
delle canzoni presenti sono infatti tratte da altri film, dando
vita a legami che arricchiscono questo volume 2 di ulteriori
significati. In generale, ogni brano sembra essere la perfetta
descrizione di quanto avviene in scena o nell’interiorità dei
personaggi. Tra i brani più noti tra quelli presenti se annoverano
diversi del maestro Morricone, il più dei quali appartenenti ai
film western più celebri da lui musicati, come Il buono, il
brutto, il cattivo e Per un pugno di dollari. Si
annoverano poi anche Goodnight Moon di Shivaree, A
Satisfied Mind di Johnny Cash e I giorni dell’ira di
Riz Ortolani.
Per vedere il film e ascoltare la
sua colonna sonora, è possibile fruire del titolo grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Kill Bill – Vol 2
è infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google
Play e Now. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma
di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere
un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso
di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui
guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di martedì 6 settembre alle ore
21:00 sul canale 20 Mediaset.
Diretto da
Santiago Mitre e interpretato dal divo argentino
Ricardo Darín, Argentina 1985 è
un viaggio emozionante e divertentissimo in un periodo doloroso
ma di grande riscatto nella storia del Paese dell’America del Sud.
Il film è stato presentato nella sezione in Concorso della
selezione ufficiale della 79° Mostra Internazionale di Venezia.
La storia di Argentina
1985
Il film è ispirato
alla vera storia dei procuratori Julio
Strassera e Luis Moreno Ocampo, che
nel 1985 vennero incaricati di indagare e perseguire i responsabili
della fase più sanguinosa della dittatura militare argentina. Senza
lasciarsi intimidire dall’ancora notevole influenza che l’esercito
aveva sulla loro fragile, nuova democrazia, Strassera e Moreno
Ocampo formarono un giovane team legale di improbabili eroi per
ingaggiare la loro battaglia di Davide contro Golia. Costantemente
minacciati, insieme alle loro famiglie, lottarono contro il tempo
per dare giustizia alle vittime della giunta militare.
L’ironia è la chiave del
racconto
Santiago
Mitre e Mariano Llinás firmano un copione
brillante, che stempera tutti gli aspetti più spaventosi e
minacciosi della storia vera legati a Strassera e alla sua squadra,
pur restituendo una grande dignità ai testimoni e a coloro che
hanno affrontato lo stress di testimoniare davanti agli imputati le
terribili esperienze vissute nel periodo della dittatura. Il film
che ne viene fuori è proprio così, commovente e brillante, in
alcuni passaggi esilarante, una caccia alla giustizia in nome di
una democrazia appena conquistata che ha fatto di Strassera e della
sua squadra un gruppo di eroici combattenti sotto l’egida della
fiducia nella legge.
Mitre si mette
completamente al servizio della storia, dando costante ritmo alla
narrazione della vicenda con grande spirito. Ricardo
Darín è poi un mattatore di grande classe, il suo Julio
Strassera è infaticabile, ligio, onesto e retto, ma è
anche spiritoso, ironico, divertente, infaticabile e sempre pronto
a mettersi in gioco, anche di fronte alle minacce rivolte alla sua
famiglia, che nel film ha un ruolo di primo piano e che è
interpretata da attori magnifici.
Una pagina di storia fondamentale
per l’Argentina
L’ironia è per Mitre
l’arma con cui rielaborare una pagina fondamentale nella storia del
suo Paese: all’epoca dei fatti, Mitre era ancora un bambino ma
senza dubbio il guardare a quel processo, a quello che ha
significato, alle forze in gioco in quel momento attraverso una
lente di parziale leggerezza gli ha permesso di raggiungere anche
la giusta distanza emotiva, per regalare al pubblico un film
avvincente ed emozionante, che arriverà su Amazon Prime Video.
Ci sono voluti più di 10 anni e il
sostegno di una produzione danese per realizzare un film come
Innocence. Guy Davidi, regista e
sceneggiatore israeliano, ha messo in piedi un documentario critico
e toccante. Innocence affronta un tema di
punta per i giovani d’Israele: il servizio militare
obbligatorio.
Presentato alla 79ª
Mostra internazionale di
Venezia nella sezione Orizzonti, Innocence
è prodotto da Danish Documentary Production,
Medalia Productions, Making Movies e Real Lava Sagafilms.
Di cosa
parla Innocence
Innocence è un
collage di testimonianze che parla di forze armate mettendo in
primo piano i due suoi maggiori nemici: innocenza
e sensibilità. In Israele, fin da
bambini i cittadini imparano le gesta e l’importanza
dell’esercito. Attraverso un’opera di storytelling che inizia
all’asilo, gli israeliani vengono incoraggiati a prestare servizio
militare. Così, non appena compiono 18 anni sono obbligati a unirsi
all’esercito: i ragazzi per 36 mesi, le ragazze per 24.
Il regista del film Guy
Davidi sceglie quindi di creare una narrazione
opposta: invece di cantare le gesta dei soldati, racconta di coloro
che, costretti al servizio militare, hanno perso la vita: c’è chi è
rimasto ucciso e chi ha scelto il suicidio. Unendo video
amatoriali, interviste ai parenti delle vittime, lettere d’addio,
disegni e riprese sul campo, Innocence mostra
la perdita d’innocenza a cui sono costretti i ragazzi
d’Israele.
Dall’olocausto alla
militarizzazione
Fino a che punto la
narrazione dell’olocausto è storia e quando diventa invece uno
strumento politico? Questa è la tagliente domanda che
Davidi vuole porre al pubblico, in primo
luogo ai suoi concittadini. Oggi l’Israele è abilissimo nella
narrazione dell’utilità e dell’eroicità del proprio esercito.
Facendo leva sui soprusi subiti dagli ebrei durante la Seconda
Guerra Mondiale, il governo sembra giustificare la necessità di
avere delle forze armate potenti e pronte a difendere i
cittadini.
Mostrare la realtà in modo
critico
L’autore smonta completamente la
legittimazione della violenza messa in piedi dal governo
israeliano. Per riuscire nella sua operazione, il regista non fa
altro che servirsi della realtà: prende i video
amatoriali realizzati tra le mura domestiche, riprende i
bambini che giocano vicino al confine militare, si reca nelle
scuole dove le maestre spiegano ai bambini e ai ragazzi le gesta
dell’esercito. Da tutto questo materiale vero, calato negli eventi
e nella quotidianità, scaturisce in maniera naturale il
documentario. Non serve aggiungere altro, la realtà si commenta da
sola.
Il punto di vista dei deboli: i
bambini
L’operazione del regista
gira tutta attorno all’arte del raccontare: mostra il lato
oscuro della politica di militarizzazione adottata dal suo
Paese. In particolare, pone luce sulle storie non raccontare e
sulle personalità non adatte alle armi. In una parola, i deboli. La
debolezza però non viene condannata e neppure
compatita. Davidi vuole far prendere
coscienza dell’esistenza di essa, cosa che non avviene di frequente
in Israele.
Chi sono, per eccellenza, i deboli,
le creature da proteggere? I bambini. È l’autore
stesso ad esprimere il suo interesse per i più piccoli.
”Non c’è niente che mi tocchi di più della sensibilità di un
bambino quando scopre il mondo, e non c’è niente che mi ferisca di
più che vederla annientata. Israele non è un luogo in cui si
valorizza l’innocenza.”
Un percorso a tappe
Per arrivare al cuore dello
spettatore, Davidi inizia il suo documentario
mostrando i disegni dei bambini, opere per eccellenza sincere e
innocenti, che però raffigurano i soldati. Da qui, step dopo step,
segue la crescita di un cittadino: la fine delle scuole, l’inizio
dell’addestramento, il giuramento, tutti i passaggi che, a poco a
poco, tolgono innocenza ai giovani israeliani.
Dopo l’introspettivo ed
enigmatico Il bene mio, Pippo Mezzapesa scende sulla Terra, anzi agli inferi,
tra i clan della
mafia foggiana, raccontando con Ti mangio il cuore, la
storia della prima pentita di questo misterioso e terribile (e
ancora sconosciuto) spaccato di malavita del Sud Italia.
Ti mangio il cuore, la
trama
Puglia. Arso dal sole e
dall’odio, il promontorio del Gargano è conteso da criminali che
sembrano venire da un tempo remoto governato dalla legge del più
forte. Una terra arcaica da Far West, in cui il sangue si lava col
sangue. A riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un
amore proibito: quello tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta,
e Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione
fatale che riporta i clan in guerra. Ma Marilena, esiliata dai
Camporeale e prigioniera dei Malatesta, contesa e oltraggiata, si
opporrà con forza di madre a un destino già scritto.
Sanguigno, verace,
contrastato come la sua fotografia, Ti mangio il
cuore vuole essere una tragedia greca in salsa mafiosa che
ripropone degli schemi già visti e raccontati abbondantemente da
cinema e televisione. E se da una parte la storia è universale e
gli interpreti sono intriganti, la confezione finale si perde in
formalismi poco ispirati.
L’esordio al cinema di
Elodie
Si parla già tanto
dell’esordio al cinema di Elodie, che interpreta la femme fatale
Marilena e si intuisce presto che non è solo perché la cantante fa
notizia come personaggio pubblico. La giovane si scopre dotata di
un bel talento istintivo e naturale per il grande schermo, complici
forse quei suoi lineamenti così intensi e quegli occhi grandi e
affamati di storie. La sua Marilena è irresistibile, sia nella
prima parte della storia, quando è l’altezzosa e fiera moglie del
boss, sia nella seconda parte, quando è l’amante gravida di un
principe mafioso in crisi esistenziale.
Accanto a lei c’è
Francesco Patanè che avevamo
ammirato ne Il Cattivo Poeta. Qui il giovane
interprete genovese si cimenta non solo con un dialetto che non è
suo, ma con un personaggio che affronta una vera e propria discesa
nell’Ade, a toccare le corde più oscure della sua anima. Intorno a
loro un cast di enorme talento (tra gli interpreti ci sono
Lidia Vitale, Francesco Di Leva, Michele Placido e
Tommaso Ragno) che impreziosisce una storia di
grande ambizione ma di tiepida esecuzione.
Ti mangio il cuore si ammanta di grande
passionalità e ferocia, vorrebbe essere un affresco crudo e
spietato di una realtà ancora nascosta, ma non esprime con i fatti
questa intenzione esplicata nel titolo e in definitiva la sua
ambizione tragica non trova riscontro nell’esito.
Isabelle Huppert torna nei panni di una
forzuta protagonista, tanto nella mente quanto nello spirito, con
La Sindacalista, film presentato nella sezione
Orizzonti a
Venezia 79, di Jean-Paul Salomè. Solo lo scorso anno,
la Huppert aveva interpretato un personaggio
similare nel film La promessa – Il prezzo del potere di
Thomas Kruithof e presentato sempre nell’ambito di
Orizzonti. Nel cast Grégory
Gadebois, François-Xavier Demaison,
Pierre Deladonchamps, Alexandra Maria
Lara, Gilles Cohen, con la partecipazione
di Marina Foïs e Yvan Atta.
Nonostante l’attrice francese si
confermi un’interprete straordinaria, capace di trainare l’intera
narrazione, La Sindacalista risulta un film fin
troppo didascalico e senza un tono preciso, quando dovrebbe giocare
attentamente con il concetto di dubbio e le differenti prospettive
sorte attorno a una vicenda contorta e inspiegabile: l’attacco alla
sindacalista Maureen Kearney.
La Sindacalista: Isabelle Huppert è Maureen Kearney
La Sindacalista è
la storia vera di Maureen Kearney, la principale
rappresentante sindacale di una multinazionale nucleare francese e
che diventò un’informatrice segreta, denunciando accordi top-secret
che sconvolsero il settore nucleare del Paese. Sola contro il
mondo, ha combattuto con le unghie e con i denti contro i ministri
del governo e i leader dell’industria per portare alla luce lo
scandalo e difendere più di 50.000 posti di lavoro. La sua vita è
stata sconvolta quando è stata violentemente aggredita nella sua
stessa casa, aggressione a cui è seguita un’indagine
discutibilissima, pur trattandosi di un caso davvero delicato.
Improvvisamente, nuovi elementi arrivarono a creare dubbi ne
perplessità nella mente degli investigatori: è così che, da
vittima, Maureen diventa sospettata.
La storia di
Kearney è, prima di tutto, la storia di un’eroina:
Salomé vuole approcciarsi al tribolato racconto di
una vicenda sconcertante in questo modo, rendendo Isabelle Huppert padrona dello schermo a tutti
gli effetti. Anche nei frangenti meno coinvolgenti, riusciamo
quanto meno a cogliere sul volto e tramite la fisicità
dell’Huppert,
la sofferenza di una donna che non può raccontare la sua
verità.
Un film “televisivo” e senza un ritmo coerente
Maureen Kearney non
è una “vittima” facile, ed è per questo che la polizia non tarderà
a dubitare della sua dichiarazione: è scaltra, determinata e
integerrima, ma nasconde una personalità molto più sfaccettata.
Sono proprio le fragilità di Maureen a renderla un
personaggio femminile interessante sullo schermo;
Salomè riesce a rendere giustizia a una vittima
reale e riesce sicuramente a creare un personaggio coerente sulla
carta. Il difetto principale de La sindacalista
sta però nella gestione del ritmo e del tempo del racconto: il
dubbio si insinua nella sfera professionale e famigliare di
Maureen, e il cambio di prospettive – vero fulcro
drammatico del film – arriva soltanto quando l’attenzione dello
spettatore è ormai già persa. Manca una giusta direzione degli
attori, che non riescono a seguire Maureen nelle
sue implausibili divagazioni, uno stato mentale concettualmente
intricato, ma banalizzato in una visione complessiva da “racconto
di cronaca” che forse sarebbe stato più agevole per il formato
televisivo.
Maureen è sola
contro uomini che fanno parte dell’élite, vengono dalla grande
école, ma lei è semplicemente una sindacalista che appartiene al
popolo e vuole viverci, per questo viene punita. Il confronto di
genere viene messo in chiaro fin da subito da
Salomè, in realtà non in maniera totalmente
bilanciata, poiché intuiamo che la cinepresa è sempre a favore di
Huppert, anche quando il suo personaggio
inizia a nutrire dubbi rispetto alle confessioni precedentemente
fatte. Un messaggio forte, convalidato da un’attrice pioniera di
ruoli femminili vigorosi, non sempre positivi, ma che hanno segnato
dei momenti importanti nella storia del cinema – pensiamo a
La Pianista, di Michael Haneke
(2001) ed Elle, di Paul
Verhoeven (2016). Il confronto, in questo caso, non
regge, benché Huppert rimanga Huppert e tenti di raccontare la verità del
suo personaggio in ogni modo, ma non è seguita da una sceneggiatura
che permette di farci conoscere la storia di Maureen
Kearney nel modo in cui il film si proponeva.
Sempre con la volontà di farle
interpretari personaggi ancorati alla realtà,
Salomè si affida completamente all’interpretazione
di Huppert per sostenere una storia che vorrebbe
essere un thriller paranoico, ma finisce per limitare parecchio un
film in cui la parola delle donne, il loro posto nelle sfere di
potere e la loro insinuata natura manipolatrice, avrebbe potuto
dare molto di più.
La star di Doctor Strange nel Multiverso della
Follia,Xochitl Gomez, ha raccontato in
una recente intervista della sua esperienza sul set del film
Marvel, tra i più importanti nella
definizione della Fase 4. Nella
storia, l’attrice interpreta America Chavez, una
ragazza dotata della capacità di saltare tra gli universi, un
potere di cui la Scarlet Witch di Elizabeth Olsen
vuole assolutamente impadronirsi. Per la Gomez si è trattato del
primo ruolo importante della sua carriera, pur avendo recitato in
alcuni episodi della serie NetflixIl Club delle Babysitters.
Durante l’intervista, l’attrice ha
anche rivelato che il celebre attore Patrick
Stewart, che nel film è tornato ad interpretare il
personaggio di Charles Xavier degli X-Men, le ha dato diversi
preziosi consigli. “Patrick Stewart mi ha dato ottimi consigli,
che porterò sempre con me, essendo ancora alle prime armi. Erano
consigli del tipo assicurati di rivolgerti con riguardo e sii
sempre molto accogliente con le persone. Mi ha fatto riflettere su
una questione molto importante, non puoi mai sapere chi hai di
fronte, potrebbe essere una grande star ma tu non lo sai ancora. E
ho imparato molto con questo suo insegnamento. Voglio essere anche
io sempre disponibile”.
Il ruolo della Gomez nel Marvel Cinematic Universe è
presumibile che sia lungi dall’essere terminato e molto
probabilmente la si vedrà ancora nel futuro della saga,
specialmente considerato quanto utile possa rivelarsi il suo
potere. L’esperienza positiva vissuta durante il set di
Doctor Strange nel
Multiverso della Follia come anche i consigli ricevuti le
permetteranno certamente di affermarsi come una delle grandi star
delle prossime fasi della Marvel. Ad oggi, però, non è noto
quando il personaggio di America Chazev farà il suo ritorno sul
grande schermo.
A un anno dall’uscita in sala di
Shang-Chi e la leggenda
dei Dieci Anelli, uno dei principali film della
Fase 4 del Marvel Cinematic Universe, l’attore
protagonista di questo, Simu Liu, ha deciso di
condividere con i fan le sue riflessioni sulle implicazioni
psicologiche che un ruolo di questo calibro comporta. Con un post
sul proprio profilo Instagram, l’attore ha infatti non solo colto
l’occasione per celebrare il primo anniversario del film, ma anche
per raccontare ciò che è venuto dopo il successo di questo.
“Esattamente un anno fa è uscito
questo piccolo film che ha cambiato completamente la mia vita. Si è
trattato di nient’altro che di un viaggio assolutamente
incredibile… ma dopo aver avuto del tempo per rifletterci so che
questa vita ha un credibile prezzo.” – ha scritto l’attore –
“Mi sono ritrovato improvvisamente catapultato in un mondo che
non mi apparteneva e non ero pronto a fare i conti con le
ramificazioni mentali di una vita vissuta
pubblicamente.”.
L’attore ha poi continuato
affermando che “oggi, nel giorno dell’anniversario dell’uscita
di Shang-Chi, sono particolarmente emozionato perché ho iniziato un
percorso di terapia e sto dando priorità alla mia salute. Sto
guarendo e sono sulla strada per diventare qualcosa di più di un
supereroe: un uomo bravo e rispettabile.”. Da quando il film
Marvel è stato distribuito, Liu è
diventato una celebrità a tutti gli effetti, venendo coinvolto in
molteplici progetti che lo hanno portato ad avere una vita
piuttosto frenetica. Come noto, Liu riprenderà poi il ruolo di
Shang-Chi nell’annunciato sequel, attualmente in fase di
sviluppo.
L’icona della WWE e star del cinema
di successo Dwayne Johnson ha
pubblicamente ringraziato su Twitter l’attore Brendan
Fraser per averlo supportato nel suo ingresso nel secondo
film del franchise di La Mummia: La
Mummia – Il ritorno, un film che, in generale, ha permesso a
Johnson di potersi attivamente dedicare ad una carriera nel mondo
del cinema. Il suo elogio è ora arrivato in risposta ad un video
divenuto virale dove si vede Fraser reagire con grande commozione
alla standing ovation tributatagli al Festival di Venezia per il suo nuovo film
da protagonista, The Whale.
Nel film diretto da Darren
Aronofksy, Fraser interpreta Charlie, un uomo limitato dal
suo sovrappeso che, sentendo avvicinarsi la morte, cerca di
riallacciare i rapporti con la figlia prima che sia troppo tardi.
Nel tweet, Johnson scrive: “Mi rende così felice vedere questa
bellissima ovazione per Brendan. Lu mi ha aiutato a entrare nel suo
franchise con La Mummia – Il ritorno, per quello che è stato
il mio primo ruolo in assoluto, che ha dato il via alla mia
carriera a Hollywood. Faccio il tifo per te e per il tuo successo
fratello e congratulazioni anche al mio amico Darren
Aronofsky.”
Johnson è solo l’ultimo di un lungo
elenco di personalità del cinema che accolgono con grande
entusiasmo il ritorno in auge di Fraser, un attore popolarissimo a
cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila ma caduto
poi nel dimenticatoio. Ora, oltre ad aver recitato in The
Whale, Fraser è atteso anche nel prossimo film di Martin
Scorsese, Killers of the Flower
Moon, dove reciterà accanto a Leonardo
DiCaprio e Robert De
Niro.
La serie Netflix ha infatti confermato le sue grandi capacità
nell’interpretare personaggi crudeli e spietati. Dotato di un volto
angelico ingannevole, Bower è infatti in grado di dar vita a
personaggi che si rivelano poi in tutta la loro malvagità. Nel
corso dell’intervista rilasciata per il podcast Happy, Sad,
Confused l’attore ha raccontato di quanto si presentò
per il provino di Harry Potter, ma anche, appunto, di quanto
adorerebbe poter prendere parte alla saga di James Bond in qualità
di cattivo. Come noto, dopo No Time To Die non vi sono ancora piani ufficiali per
un prossimo film su James Bond, se non che occorrerà trovare un
nuovo protagonista dopo l’abbandono di Daniel
Craig.
Con la popolarità ritrovata, Bower
potrebbe dunque seriamente ambire ad ottenere il ruolo dei suoi
sogni e in seguito a questa sua rivelazione sono in molti a
ritenerlo perfetto per interpretare un nemico del celebre agente
007. Prima di quel momento, però, lo si potrà rivedere nel dramma
sulla guerra civile Horizon, nei panni del patriarca Ed
Becker nel dramma sull’esorcismo True Haunting, e,
naturalmente, ancora una volta nei panni di Vecna, il quale andrà
in cerca di vendetta nella stagione 5 di Stranger
Things.
In un momento storico in
cui registi affermati sembrano rivolgersi a se stessi per trovare
ispirazione di nuove storie, anche Emanuele
Crialese sceglie di raccontarsi con
L’Immensità,
film biografico presentato in concorso a Venezia 79.
L’Immensità, la trama
Roma, anni 70: un mondo
sospeso tra quartieri in costruzione e varietà ancora in bianco e
nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara
e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il
loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a
lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli su cui Clara riversa
tutto il suo desiderio di libertà. Adriana, la più grande, ha
appena compiuto 12 anni ed è la testimone attentissima degli stati
d’animo di Clara e delle tensioni crescenti tra i genitori. Adriana
rifiuta il suo nome, la sua identità, vuole convincere tutti di
essere un maschio e questa sua ostinazione porta il già fragile
equilibrio familiare ad un punto di rottura. Mentre i bambini
aspettano un segno che li guidi, che sia una voce dall’alto o una
canzone in tv, intorno e dentro di loro tutto cambia.
Impossibile scindere la
storia dalla persona con L’Immensità, film per cui
Crialese ha rilasciato molte dichiarazioni, tutte
attentissime nella scelta delle parole e nell’equilibrio delle
affermazioni. Perché se da una parte è
legittimo raccontarsi nel profondo attraverso il cinema, è
altrettanto legittimo scegliere fino a che punto esporsi. E così il
regista sceglie di raccontare la sua adolescenza alla ricerca di un
corpo che lo rappresentasse, ma non solo.
Penelope Cruz diventa la madre di Crialese
L’Immensità è un racconto di famiglie, di tempi
che non esistono più, di ispirazioni e di voglia di libertà, di
autenticità e di onestà, come comunica la scena molto intensa di
Penelope Cruz in chiave almodovariana, che
interpreta la madre (di Crialese) e che chiede al padre la libertà
di lasciarsi, l’onestà di accettare che quel matrimonio è
finito.
Forse proprio per il
grande coinvolgimento emotivo che c’è dentro a L’Immensità, sembra
che il racconto di Crialese sia spesso fuori fuoco, disorientato da
tanti spunti, alcuni onirici altri terribilmente realistici, con la
ferma intenzione di raccontare tanto senza però poi riuscire ad
approfondire nulla.
Il racconto di sé
Il risultato è un film
che procede per episodi e impressioni, ambientato in una calda luce
estiva, affogato in un’emozione fortissima che si avverte ma che
non riesce a fluire dallo schermo alla sala e che lascia
disorientati. Tra musical e racconto drammatico, autobiografia
romanzata e storia di formazione e accettazione,
L’Immensità è un film che si fa sommergere
dall’incertezza e della reticenza, come quando ci si sente
costretti a raccontare un segreto che non si è pronti a
condividere.
Molti fan della DC non vedono l’ora
di vedere in sala Shazam!
Fury of the Gods, soprattutto considerando che la
data di uscita del tanto atteso sequel è stata posticipata più
volte. Di recente, infatti, è stato annunciato che la sua
distribuzione è stata spostata dal dicembre di quest’anno al 17
marzo del prossimo anno. Una decisione apparentemente presa per
evitare la concorrenza con l’altro grande titolo di dicembre:
Avatar: The Way of Water. A causa di questo ennesimo
rinvio, i fan hanno iniziato a speculare sullo stato effettivo di
Fury of
the Gods.
In molti si sono infatti chiesti se
questa data di uscita ritardata avrà o meno un impatto sul film
stesso. Secondo il regista David F. Sandberg, già
dietro la macchina da presa del primo Shazam!, non è questo il caso. Con il proprio
account di Instagram egli ha infatti smentito i rumor su delle
ipotetiche riprese aggiuntive, volte a migliorare alcuni aspetti
poco convincenti. Stando a quanto dichiarato dal regista, il
montaggio finale del film è pronto e si sta operando unicamente
sugli effetti speciali, la color correction e altri elementi di
post-produzione. Il regista afferma inoltre che lo studios è
soddisfatto del risultato del film e che lo spostamento nella data
di uscita è da motivarsi unicamente con strategie promozionali.
Shazam! Fury of
the Gods arriverà nelle sale il 17
marzo2023, e vedrà il ritorno di
Zachary Levi nei panni
dell’eroe del titolo. Nel cast è confermato anche il ritorno di
Asher Angel, mentre i villain saranno interpretati
dalle new entry Helen
Mirren, Rachel
Zegler eLucy
Liu. Mark Strong non
tornerà nei panni del Dottor Sivana, mentre Djimon Hounsou
sarà ancora una volta il Mago.
Gli attori Ben Stiller e
Sean Penn sono
stati ufficialmente banditi dalla Russia dal ministero degli Esteri
russo. Stiller, come noto, è il protagonista di popolari commedie
come Zoolander e Ti presento i miei,
nonché il regista di programmi come Escape at Dannemora e
la serie Apple
TV+Severance. Penn, invece, è l’attore premio
Oscar per Mystic River e
Milk, nonché il regista di film come Into The
Wild e Flag Day. I due avevano inoltre recitato
insieme nel film I sogni segreti di Walter
Mitty, da Stiller anche diretto.
I due attori sarebbero “colpevoli”
di aver preso le parti dell’Ucraina, invasa dalla Russia nel
febbraio di quest’anno. Entrambi hanno infatti visitato il paese e
parlato del conflitto con il presidente ucraino
Zelensky. Penn, inoltre, ha girato un documentario
sul conflitto, implorando in seguito il coinvolgimento degli Stati
Uniti in esso, affermando: “l’Ucraina è la punta della lancia
per un democratico abbraccio dei sogni. Se la lasciamo combattere
da sola, la nostra anima come America è perduta”. Stiller ha
invece visitato i rifugiati ucraini in Polonia e a Kiev, in qualità
di ambasciatore di buona volontà per l’Agenzia delle Nazioni Unite
per i rifugiati.
Il ministero degli Esteri russo ha
dunque bandito Stiller e Penn dal Paese, citando il “principio
di reciprocità“. Come reso noto, i due fanno parte di un
elenco di 25 “funzionari di alto rango, rappresentanti delle
comunità economiche e di esperti, nonché figure culturali” che
apparentemente hanno avuto un impatto negativo sulla reputazione
della Russia secondo le linee guida del Paese stesso. Il bando, che
sembra essere di natura permanente, ha nei mesi colpito anche altre
personalità del cinema con il regista Rob Reiner e
l’attore premio Oscar Morgan
Freeman.
Si intitola World
Apart – Mondi Lontaniil film diretto
da Cecilia Miniucchi, presentato durante una delle tre
Masterclass SIAE per le Giornate degli Autori, nell’ambito della
79a Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. In
questa occasione, abbiamo incontrato Bob Odenkirk, trai protagonisti del film, che
ci ha raccontato com’è stato lavorare a un progetto tanto
particolare, in un momento in cui il mondo cambiava per sempre.
Ma come mai l’attore di
Better Call Saul ha detto di sì a questo
progetto?
“Ho accettato perché volevo
essere spaventato – ha spiegato – Mi piace essere
spaventato e mi piace correre rischi. Abbiamo cominciato a girare
il film all’inizio del lockdown: la vita era molto spaventosa, i
miei figli seguivano le lezioni universitarie nelle loro stanze e
stavamo fingendo che tutto andasse bene, ma non avevamo idea della
situazione. I giorni erano opprimenti e difficili, ma dal nulla mi
è arrivata una chiamata da Cecilia, che mi ha chiesto se volevo
fare un film girato con gli iPhone attraverso FaceTime. Mi ha detto
che avrebbe scritto una sceneggiatura con 3 coppie chiuse nelle
loro case e io ho detto sì. Volevo di nuovo sapore nella mia vita, volevo recitare perché
non ero sicuro che avremmo potuto farlo di nuovo. Non avevamo
ancora girato la sesta stagione di Better Call Saul, non sapevamo
come saremmo finiti e io volevo restare in contatto con la
recitazione. Inoltre io sono un fan di Danny Huston, sono un suo
fanboy. Quando ho saputo che Danny Huston avrebbe fatto del
progetto ho accettato, perché volevo lavorare con lui.”
L’attore ha raggiunto la
fama soprattutto per il ruolo di Saul Goodman nella serie Breaking
Bad, e poi diventato protagonista di Better Call Saul, serie spin
off di grande successo. Come avrebbe reagito il suo avvocato al
lockdown?
“Sarebbe diventato matto!
Sarebbe stato inferocito e frustrato, perché lui vive una vita di
interazione sociale e non vuole stare da solo con i suoi pensieri.
A questo proposito ero un po’ preoccupato per Worlds Apart, perché
penso che la storia riguardi queste persone, la loro frustrazione e
il fatto che stanno soffocando. Quando tutto questo passerà
definitivamente, le persone si dimenticheranno di come ci si
sentiva. Sono contento che Cecilia abbia messo in background i
report di notizie sulla diffusione del coronavirus, perché i
protagonisti sono davvero personaggi dentro una pentola a
pressione.”
Una delle principali
difficoltà del personaggio in World Apart è stata per Odenkirk,
paradossalmente, l’estrema vicinanza tra la sua situazione di
reclusione e quella del personaggio.
“Questi personaggi vivono il
momento che vivevamo noi stessi mentre giravamo. Cercano di
distrarsi, ma non possono fare altro se non aspettare e sperare che
la cosa si risolva. In un modo strano, abbiamo usato i sentimenti
che tutti stavamo provando in quel momento. Io ho guardato la TV
per settimane, con i report di notizie che invadevano casa mia.
Aspettavamo la parola vaccino o qualche altra buona notizia, e i
personaggi del film fanno la stessa cosa. Poi hanno la loro vita
personale, che è un disastro completo. Cecilia voleva scrivere una
commedia romantica, ma c’era la pressione di una pandemia. Il
nostro desiderio è quello di intrattenere, lei voleva che il tono
fosse leggero e infatti il cuore di questa storia non è
minaccioso.”
È giusto dimenticare il
periodo del lockdown?
“Penso che dobbiamo farlo. È
stato veramente difficile fare un film durante una pandemia e un
lockdown. Cecilia su FaceTime controllava l’angolo di ripresa
attraverso un computer che guardava un altro computer. Ha scritto
una storia in poche settimane con tre personaggi che si preoccupano
l’uno dell’altro e si desiderano a vicenda e ha dato a tutti una
sorta di arco narrativo. Questo è stato davvero difficile, sono
orgoglioso che lei sia riuscita a realizzare una storia in cui si
riescono a sentire le pressioni di quei personaggi. Ma il pericolo,
oltre alla sfida stessa, è che la gente non voglia più sentirne
parlare. Le persone vogliono dimenticare.”
Ecco la nostra intervista a
Pippo Mezzapesa, regista di Ti
mangio il cuore, presentato a Giornate degli Autori
nell’ambito di Venezia 79.
Puglia. Arso dal sole e dall’odio,
il promontorio del Gargano è conteso da criminali che sembrano
venire da un tempo remoto governato dalla legge del più forte. Una
terra arcaica da far west, in cui il sangue si lava col sangue. A
riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un amore
proibito: quello tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e
Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione
fatale che riporta i clan in guerra. Ma Marilena, esiliata dai
Camporeale e prigioniera dei Malatesta, contesa e oltraggiata,
si opporrà con forza di madre a un destino già scritto.
Il D23 Expo 2022,
l’evento in cui la Disney è solita annunciare importanti novità
relative ai suoi progetti imminenti e futuri, avrà inizio nei
prossimi giorni ed è possibile che in quell’occsaione i Marvel Studios annuncino ufficialmente il
regista e il cast del film Fantastici 4
della Fase 6 del MCU. Da quando la Disney
ha riacquisito i diritti sulla celebre famiglia di supereroi, i fan
aspettano con impazienza un nuovo film su di loro, dopo
Fantastici Quattro (2005),
Fantastici Quattro e Silver Surfer (2007) e il poco
apprezzato Fantastic 4 (2015). Questi erano però tutti
progetti slegati dal Marvel Cinematic Universe, cosa che
il prossimo film non sarà.
Un primo assaggio del loro arrivo lo
si è avuto con la presenza di Reed Richards, interpretato da
John Krasinski,
nel film Doctor Strange nel Multiverso
della Follia. Ad oggi però ancora non è stato rivelato né
chi dirigerà né che interpreterà i protagonisti della pellicola.
L’imminente D23 Expo sembra ora l’evento ideale per annunciare
tutto ciò, considerando che il film è attualmente atteso in sala
per il novembre 2024. Per il fronte regia, il nome
più quotato in queste ultime settimane è quello di Matt
Shakman, già distintosi presso i Marvel Studios per aver diretto la
miniserie WandaVision.
Per quanto riguarda il cast invece,
per il ruolo di Reed Richards tra i fan sono ultimamente circolati
i nomi di Penn Badgley e Jamie Dornan,
oltre ovviamente a John Krasinski. Per la donna
invisibile Sue Storm, invece, le candidate ideali sembrerebbero
essere Lily James,
Amanda
Seyfried, Jodie Comer,
Saoirse Ronan e
Vanessa Kirby.
Per i ruoli di La Cosa e la Torcia Umana, invece, i rumor
vorrebbero in lizza attori come Jason Segel o
Seth Rogen per
il primo, e Dacre
Montgomery o Zac Efron per
il secondo. Si tratta ovviamente di sole teorie, che potrebbero
trovare conferma o meno all’imminente D23 Expo.
Ecco la nostra intervista a
Francesco Patané, protagonista maschile di
Ti mangio il cuore, di Pippo Mezzapesa, presentato a Giornate
degli Autori nell’ambito di Venezia
79.
Puglia. Arso dal sole e dall’odio,
il promontorio del Gargano è conteso da criminali che sembrano
venire da un tempo remoto governato dalla legge del più forte. Una
terra arcaica da far west, in cui il sangue si lava col sangue. A
riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un amore
proibito: quello tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e
Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione
fatale che riporta i clan in guerra. Ma Marilena, esiliata dai
Camporeale e prigioniera dei Malatesta, contesa e oltraggiata,
si opporrà con forza di madre a un destino già scritto.
Nel cast del film di Pippo
Mezzapesa anche Elodie, Lidia Vitale,
Francesco Di Leva,
Michele Placido e Tommaso
Ragno.
Cinefilos.it offre
la possibilità di vedere al cinema, gratis, Margini, un film di Niccolò Falsetti con
Francesco Turbanti, Emanuele
Linfatti e Matteo Creatini presentato in
concorso alla 37° Settimana della Critica in occasione di Venezia
79.
Ecco le date in cui sarà possibile partecipare alle proiezioni
presso i cinema di Roma e Milano:
GIULIO CESARE ROMA
Giovedì 8 settembre – 10
inviti
Venerdì 9 settembre – 10
inviti
Sabato 10 settembre – 10
inviti
MIGNON ROMA
Giovedì 8 settembre – 10 inviti
Venerdì 9 settembre – 10 inviti
Sabato 10 settembre – 20 inviti
ANTEO PALAZZO DEL CINEMA MILANO
Giovedì 8 settembre – 5
inviti
Venerdì 9 settembre – 5
inviti
Sabato 10 settembre – 5
inviti
I biglietti saranno validi per
qualsiasi spettacolo indicato e potranno essere richiesti, fino ad
esaurimento, inviando una email a [email protected]
in cui andranno specificati
il giorno
in cui si intende utilizzare i biglietti e un
secondo giorno alternativo
nel caso per il giorno prescelto non ci sia più disponibilità di
posto.
Gli orari delle proiezioni andranno consultati direttamente sui
siti dei cinema.È di fondamentale importanza che nell’email venga evidenziato
che si sta chiedendo l’invito via CINEFILOS.
I biglietti potranno essere ritirati direttamente alla cassa dei
cinema presentando la email di conferma ricevuta unitamente ad un
documento di identità
Giulia Amati è la
regista di Kristos, l’ultimo bambino, documentario
selezionato in Notti Veneziane a Venezia 79.
Dei trenta abitanti di Arki,
un’isola del Dodecanneso battuta dal vento, Kristos è l’ultimo
bambino rimasto. Ha dieci anni ed è l’unico alunno della maestra
Maria che gli si dedica con devozione. Presto Kristos
inizierà il suo ultimo anno di scuola elementare. Per terminare la
scuola dell’obbligo dovrebbe lasciare Arki e trasferirsi in
un’isola più grande. La sua famiglia però non ha i mezzi per
permetterselo e suo padre vuole che diventi un pastore, un mestiere
che la famiglia si tramanda da generazioni. Maria non riesce ad
accettare questa situazione ed è determinata a trovare una
soluzione per farlo continuare a studiare. Kristos rimarrà
sull’isola per diventare un pastore come i suoi fratelli maggiori
oppure lascerà Arki per continuare gli studi lontano, dall’altra
parte del mare?
Olivia Wilde torna dietro la macchina da presa
per la seconda volta con uno dei film attesi dai più giovani della
Mostra del Cinema di Venezia 2022: Don’t
Worry Darling. La scelta dei due protagonisti per
questa prima incursione della Wilde nel thriller psicologico è ciò
che ha attirato attenzione mediatica nei confronti del progetto:
Harry Styles e Florence Pugh sono gli interpreti principali
di un film che rappresenta un grande passo indietro rispetto
all’esordio registico della Wilde, Booksmart – La rivincita delle
sfigate, in cui emergeva chiaramente tutta la sua
creatività. Contenuta da un budget sostanzioso, che punta tutto sul
casting e sulla spettacolarizzazione di due delle icone giovani più
amate del momento, Don’t
Worry Darling è un film dimenticabile e fuori
tempo massimo, con qualche intuizione interessante ma che si perde
nello stesso meccanismo gestionale che attanaglia i suoi
protagonisti.
Benvenuti al progetto Victory
Don’t
Worry Darlingsegue le vicende
Alice (Florence
Pugh) e Jack (Styles)
una giovane e appartentemente felicissima coppia che vive nella
comunità idealizzata di Victory, una città aziendale sperimentale
che ospita gli uomini che lavorano per il progetto top-secret
chiamato appunto Victory e le loro
famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta,
propugnato dall’amministratore
delegato Frank (Pine) –
in egual misura visionario dell’azienda e life coach motivazionale
– sostiene ogni aspetto della vita quotidiana nell’affiatata utopia
del deserto.
Mentre i mariti trascorrono ogni
giorno all’interno del quartier generale del Victory
Project, lavorando allo “sviluppo di materiali avanzati”,
le loro mogli – tra cui l’elegante compagna
di Frank, Shelley (Chan)
– passano il tempo a godersi la bellezza, il lusso e la
dissolutezza della loro comunità. La vita è perfetta, con tutti i
bisogni dei residenti soddisfatti dall’azienda. Tutto ciò che
chiedono in cambio è discrezione e impegno indiscusso per la causa
di Victory.
Laddove una Florence Pugh – che ormai ha consolidato la
propria figura di giovane promessa del cinema – riesce a prendere
le redini del film e a offrire quanto meno una performance in linea
con le precedenti, Harry Styles sembra non riuscire ad afferrare
completamente la psicologia della sua dolce metà, inserendosi in
maniera ottimale nel contesto patinato e anni ‘50 del film,
concorde con il carisma che ha sempre esibito nelle performance
canore, ma senza quella consapevolezza e raffinatezza che lo avevo
innalzato in Dunkirk di Christopher Nolan.
Un ruolo in cui serviva espressività più che parole, e con cui si è
iniziato a parlare di una sua possibile carriera anche nell’ambito
della recitazione.
Don’t Worry Darling, un passo falso per Olivia Wilde
Don’t
Worry Darling è un film derivativo e questa è
forse la delusione più grande se pensiamo che a dirigerlo è stata
la stessa
Olivia Wilde
che, con arguzia e una regia frizzante, si era imposta nella scenda
indipendente con il primo film Book Smart – La rivincita
delle sfigate. La forte componente femminile, tanto sulla
scena quanto da un punto di vista ideologico, viene completamente
meno in una sceneggiatura che richiama tantissimo Black
Mirror, non in termini di lungimiranza narrativa, anzi,
quanto più nella spettacolarizzazione del pericolo e delle insidie
che si nascondono all’interno di cornici tecnologiche
apparentemente perfette.
Non stiamo parlando di un’aggiunta
significativa al fuori concorso di Venezia 2022,
ma Don’t
Worry Darling ha una nota di merito
importante: sarà un film che richiamerà l’attenzione e la presenza
del pubblico nelle sale, e che potrà comunque soddisfare il palato
degli appassionati di thriller grotteschi senza troppe pretese.
Tantissimi i riferimenti iconografici, tra Shutter
Island e The Truman Show, passando per
Sucker Punch e Stepford Wives,
che racchiudono Don’t Worry Darling in una morsa di
citazionismo e dinamiche interne ai personaggi che non conoscono
suspense o un crescendo tensivo che ne legittimi un comparto visivo
così prorompente.
Se Don’t Worry
Darling si consacrerà come un passo falso
nella carriera di Florence Pugh, questo non ci è
dato dirlo, ma l’auspicio è che Olivia Wilde
faccia presto ritorno alla scena indipendente, presentandoci
personaggi che possano davvero lasciare il segno e non vivere
nell’ombra dell’icona che li interpreta. Le donne di Victory si
coalizzano contro un sistema che le rende impotenti, le ha
sottratte dalle responsabilità che volevano avere, contrapponendole
a uomini di tutto punto, che nascondono più di un segreto. La
verità è che due semplici ragazze di 17 anni, Amy
e Molly, avevano raccontato molto più della
solidarietà femminile in Booksmart, celebrandola
in tutte le sue sfaccettature. Le donne di Don’t
Worry Darling, invece, dovrebbero preoccuparsi eccome
non solo del progetto Victory, ma anche della
sceneggiatura in cui sono state inserite.
Amanda (Benedetta
Porcaroli) ha ventiquattro anni ed è un’irrequieta
perdigiorno. È da sempre accompagnata da un senso di malessere:
sogna di avere un’amica e non ne ha mai posseduta una. I vari
traslochi e l’anaffettività dei membri della sua famiglia – ricca e
glaciale – non hanno di sicuro aiutato.
Amanda soffre di
una forte solitudine. Tuttavia, non appena scopre che da
piccolissima passava molto tempo con Rebecca
(Galatea Bellugi), figlia di un’amica della madre,
si pone un unico scopo: convincere Rebecca a diventare la
sua migliore amica. La missione non è semplice, dato che
Rebecca passa le sue giornate chiusa nella sua camera
da letto…
Amanda è un elogio della
stranezza
La regista e sceneggiatrice
di Amanda sceglie di fare un film che
ruota tutto attorno alle stranezze. Dalle due bambine iniziali che
si comportano come adulte snob a bordo piscina, fino ai costumi e
alle ambientazioni, tutto appare variopinto e fuori
dall’ordinario. Per prima cosa, sono i
personaggi ad essere eccentrici. La protagonistaè un
soggetto stravagante: si comporta come una ragazzina capricciosa e
viziata, fa ciò che vuole ma allo stesso tempo rifiuta e critica la
famiglia borghese che la sostiene.
Personaggi insoliti
Non sono meno strani
di Amanda i
suoi famigliari, dal padre fantasma e praticamente afono alla
nipote di sette anni che dichiara di amare ”Dio come persona”. E la
potenziale amica Rebecca non può che essere una ragazza
che soffre di agorafobia. In tutto il film non c’è un personaggio
banale o ordinario.
Guardando Amanda, sembra di entrare nella
casa di cura de La pazza gioia (Paolo
Virzì): nel film c’è così tanta follia da gestire che,
per praticità, viene normalizzata. Per questo motivo, il
lungometraggio risulta drammatico e divertente allo stesso tempo:
le battute arrivano caotiche e inattese, la azioni della
protagonista e dei suoi aiutanti sono imprevedibili. Il
nonsense domina ogni aspetto del film ma, invece di
sminuire la storia, diventa sostanza stessa delle immagini.
Un mondo a colori, ma
desaturato
Le tinte di Amanda
sono allo stesso tempo variopinte e desaturate: la villa in cui
vive la protagonista, come anche quella di Rebecca, i
sobborghi, gli abiti dei personaggi, tutto è ricco di sfumature. Da
un lato, guardando il lungometraggio sembra di essere dentro uno
spot pubblicitario di Gucci, dall’altro c’è una velatura grigia che
ricorda le atmosfere di Dogtooth (YorgosLanthimos).
L’estetica del film rispecchia in tutto e per tutto l’interiorità
della protagonista e dei personaggi principali. In
Amanda infatti, si parla di anime colorite e
esuberanti, ma velate di tristezza e, in ogni caso, outsider.
L’esordio di Michele Bravi come
attore
Amanda, nei suoi
pellegrinaggi notturni tra cantieri occupati e feste abusive,
conosce un ragazzo solitario tanto quanto lei. L’attore che si
nasconde dietro alla figura affascinante e gotica
è Michele Bravi, giovane cantante italiano
che esordisce come attore proprio con questo film. La performance
di Bravi è stata messa molto in evidenza
nella promozione di Amanda. Forse però, più che a
livello di interpretazione, l’interiorità del cantante è in linea
con la storia del film. Michele Bravi è
un musicista che, nelle sue canzoni e nei suoi spettacoli, parla di
dolore, psicoterapia e rinascita per celebrare la diversità e
l’accettazione di sé.
Sempre a livello
attoriale, Benedetta
Porcaroli, l’interprete della protagonista, è abile
nei panni della ragazza folle e infantile. La mimica, i movimenti
del corpo e il tono delle battute sono realistici e coinvolgenti.
Grazie alla sua
performance, Porcaroli sa esprimere il
senso totale del film e personifica molto bene l’oscillazione di
stati d’animo che Carolina
Cavallivuole raccontare.
Fuori concorso è stato presentato
stasera Don’t worry
darling, con protagonisti
Florence Pugh, Olivia Wilde, Chris
Pine, Gemma
Chan, Nick Kroll, Harry Styles. Ecco tutte le foto dei
protagonisti sul red della 79esima Mostra D’Arte Cinematografica di
Venezia.
Il commento di Olivia Wilde
Questo film è la mia lettera d’amore a quel
cinema che supera i confini della nostra immaginazione. È
ambizioso, ma penso che abbiamo realizzato qualcosa di molto
speciale. Immaginate una vita in cui avete tutto quello che
desiderate. Non soltanto le cose materiali o tangibili come una
bella casa, auto meravigliose, cibo delizioso e feste a non finire,
ma anche le cose veramente importanti: l’amore vero con il partner
perfetto, gli amici migliori e una vita con uno scopo
significativo. Che cosa vi farebbe rinunciare a tutto questo? Cosa
sacrifichereste per fare la cosa giusta? Sareste disposti a
smantellare il sistema che è stato progettato al vostro servizio?
Questo è il mondo, e la domanda, di Don’t worry
darling.
Alice e Jack vivono nella comunità
idealizzata di Victory, la città aziendale sperimentale che ospita
gli uomini che lavorano al progetto top-secret Victory e le loro
famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta,
propugnato dall’amministratore delegato Frank – in egual misura
visionario aziendale e life coach motivazionale – caratterizza ogni
aspetto della vita quotidiana nell’affiatata utopia del deserto.
Mentre i mariti trascorrono ogni giorno all’interno del quartier
generale del Victory Project, lavorando allo “sviluppo di materiali
avanzati”, le loro mogli – tra cui l’elegante compagna di Frank,
Shelley – possono trascorrere il loro tempo godendosi la bellezza,
il lusso e la dissolutezza della loro comunità. La vita è
perfetta, con tutti i bisogni dei residenti soddisfatti
dall’azienda. Tutto ciò che chiedono in cambio è discrezione e
impegno indiscusso per la causa di Victory. Ma quando iniziano ad
apparire delle crepe nella loro vita idilliaca, mostrando sprazzi
di qualcosa di molto più sinistro che si nasconde sotto la
facciata attraente, Alice non può fare a meno di chiedersi
esattamente cosa stiano facendo a Victory, e perché. Quanto è
disposta a perdere Alice per svelare ciò che sta realmente
accadendo in questo paradiso?
Autore negli ultimi anni di
sofisticati thriller il cui obiettivo primario è quello di
esplorare l’animo umano, il premio Oscar Roman
Polanski ha nel 2011 firmato la regia di
Carnage (qui la recensione), ancora oggi
considerato uno dei migliori film ambientati interamente in un
unico ambiente. Impostato come una commedia nera, quest’opera
assume sempre più connotati inaspettati portando ben presto gli
spettatori a trovarsi di fronte a qualcosa di umanamente
spaventoso, dove tutti gli istinti primordiali e gli aspetti
taciuti vengono infine svelati, tra contraddizioni, ipocrisie,
manie e una lunga altra serie di vizi che caratterizzano l’essere
umano.
Scritto dallo stesso Polanski
insieme a Yasmina Reza, il film è basato
sull’opera teatrale scritta proprio da quest’ultima, intitolata
Il dio del massacro (in originale Le Dieu du
Carnage). Acclamata, premiata e messa in scena in più Paesi,
questa ha infine attirato l’attenzione di Polanski, il quale vi ha
ritrovato temi affini a quelli da lui trattati nel suo cinema più
recente. Presentato poi in concorso alla Mostra del Cinema di
Venezia, il film Carnage ha poi ottenuto a sua volta ampi
consensi, merito in particolare di dialoghi taglienti, un quartetto
di grandissimi attori e una regia che porta lo spettatore ad essere
sempre vigile su quanto accade.
I film le cui storie si svolgono in
un unico ambiente sono infatti particolarmente delicati, un
elemento fuori posto può far perdere l’equilibrio che regge il
tutto, ma Carnage riesce egregiamente in questo compito.
Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente
utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a
questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e
al cast di attori. Infine, si elencheranno anche
le principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Carnage: la trama del film
La vicenda ha inizio in un parco di
Brooklyn, dove due bambini litigano violentemente e uno dei due
ferisce l’altro al volto, colpendolo con un bastone. È a quel punto
che entrano in gioco le famiglie dei due, che decidono di
incontrarsi per discutere dell’accaduto. I coniugi
Alan e Nancy Cowan vengono così
ospitati nell’appartamento di Penelope e
Michael Longstreet, genitori del bambino vittima
dell’aggressione. Le coppie si presentano da subito diametralmente
opposte e non è semplice intavolare una discussione proficua. Ben
presto, la contesa si sposterà dalle accuse reciproche
sull’educazione dei figli a questioni personali. Complice l’alcol,
i quattro si troveranno ad affrontare i più disparati argomenti in
un febbricitante e caotico carosello che li metterà tutti contro
tutti.
Carnage: il cast del film
Come anticipato, uno degli elementi
di maggior forza del film è il suo cast di attori, i quali sono
grossomodo solo quattro per tutto il film. Ad interpretare i
coniugi Alan e Nancy Cowan vi sono gli attori premio Oscar Christopher
Waltz e Kate Winslet.
Waltz, in particolare, ha per questo ruolo lavorato molto sul suo
accento, cercando di risultare un credibile americano. Penelope e
Michael Longstreet sono invece interpretati dalla premio Oscar
Jodie Foster e
dal candidato all’Oscar John C. Reilly.
Sono poi brevemente presenti anche i figli delle due coppie, con
Elvis Polanski nel ruolo di Zachary Cowan e
Eliot Berger in quello di Ethan Longstreet. Fa un
cameo anche lo stesso Polanski, il quale compare come vicino dei
casa dei Longstreet.
Carnage: il significato del film
All’interno del film si scontrano
dunque due coppie di adulti borghesi, ognuno con una propria
carriera professionale tale da conferirgli un certo grado di
autorità. Eppure, come anticipato, più il racconto viene portato
avanti e più emergono una serie di contraddizioni e vizi
apparentemente innate nell’animo umano. Polanski nel corso del film
concede allo spettatore numerosi segnali delle derive che si
manifesteranno ben presto, inquadrando i suoi personaggi in modo
stretto, claustrofobico, abbandonando dunque una dimensione
teatrale che sarebbe potuta essere fin troppo ovvia. Ciò che è
importante è infatti qui mostrare come la facciata di perbenismo
dei personaggi venga progressivamete abbandonata.
In loro il regista fa confluire
tutte le caratteristiche delle società per bene e civili, le quali
nascondono i propri difetti senza però mai risolverli davvero. I
quattro personaggi si svelano dunque come personalità consumate da
quel Dio del Massacro che dà il titolo all’opera teatrale. Un Dio
malvagio che si manifesta nell’egoismo, nell’individualismo e nel
desiderio di supremazia nei confronti degli altri. Si tratta dunque
di una deriva umana a cui tutti, in modo più o meno evidente,
sembrano destinati, svelando dunque un punto di vista
particolarmente cinico del regista. Unico elemento di speranza sono
proprio i bambini, con i due figli delle due coppie capaci infine
di riappacificarsi come i loro genitori non sono riusciti a
fare.
Carnage: il trailer e dove
vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Carnage grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili
Cinema, Infinity, Now e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
lunedì 5 settembre alle ore 00:50
sul canale Rete 4.
Ci sono scrittori di narrativa che
hanno conosciuto ulteriore popolarità grazie al cinema e tra questi
vi è indubbiamente Cormac McCarthy. Film come
Non è un paese per vecchi e
The Road, entrambi tratti da suoi acclamati romanzi, si
sono infatti affermati come titoli di particolare rilievo, in
special modo per la qualità del racconto offerto. Ancor prima di
questi, però, ad arrivare sul grande schermo nel 2000 è stato
Passione ribelle, tratto dal suo libro
Cavalli selvaggi. A dirigere il film vi è il premio Oscar
Billy Bob Thornton, qui
alla sua seconda regia dopo Lama tagliente, grazie a cui
aveva vinto la prestigiosa statuetta.
Il libro a cui il film si ispira è
stato pubblicato nel 1992 e rappresenta il primo capitolo della
cosiddetta Trilogia della frontiera, composta anche da
Oltre il confine e Città della pianura. Questi
tre volumi si incentrano sulle vicende formative di due giovani
cowboy lungo il confine tra Texas e Messico. I due successivi
romanzi non sono però mai stati adattati per il grande schermo,
principalmente a causa dello scarso entusiasmo verso Passione
ribelle. Il film, che aveva originariamente una durata di
circa tre ore, è stato pesantemente fatto modificare dal produttore
Harvey Weinstein, finendo con lo snaturarne il
racconto.
La versione originale esiste ancora,
ma per problemi di diritto d’autore non è mai stata rilasciata. Ai
fan del western, dunque, non rimane che riscoprire questo film
anche nei suoi difetti, potendovi ritrovare però anche diversi
elementi di fascino. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Passione ribelle: la trama del film
La vicenda si svolge nel 1949, un
periodo in cui il mito del selvaggio west è ormai al tramonto.
Protagonista del film è John Grady Cole, un
giovane cowboy del Texas che parte all’avventura verso il Messico
assieme all’amico Lacey Rawlins. I due percorrono
il confine che divide lo Stato americano dal Messico, incontrando
lungo il tragitto numerosi personaggi bizzarri, caratteristici dei
luoghi visitati. Il loro vagabondare li porta infine presso il
ranch dell’aristocratico Don Hector de la Rocha y
Villarreal. L’uomo acconsente ad assumere i due, che
iniziano così a lavorare per lui. A cambiare ogni cosa, in
particolare per John, vi è però l’incontro con la bella
Alejandra.
Questa è la figlia di Don Hector, a
cui l’uomo è particolarmente legato e che tenta di proteggere da
ogni fattore esterno. Più i due giovani si conoscono, più la
passione l’uno per l’altro si fa forte. La zia di lei tenterà di
metterla in guardia, ma nulla potrà fermare il loro amore. Quando
questo verrà scoperto, Don Hector non esiterà ad eliminare il
problema facendo arrestare John e Lacey con l’accusa di omicidio. I
due giovani cowboy si trovano così costretti a dover sopravvivere
in quell’ambiente a loro estraneo e particolarmente difficile. Il
desiderio di rivedere Alejandra, però, sarà più forte di ogni cosa
e John non avrà pace finché non l’avrà soddisfatto.
Passione ribelle: il cast del film
Il ruolo del protagonista John Grady
Cole è interpretato dall’attore Matt Damon, anche se
originariamente prima di lui il ruolo era stato offerto a
Leonardo DiCaprio e Brad Pitt.
Damon, dichiaratosi particolarmente affascinato dal racconto,
dall’ambientazione e dai sentimenti presenti, partecipò con grande
entusiasmo al film. In seguito ai pesanti tagli imposti, egli
criticò apertamente le scelte dei produttori, affermando di non
riconoscere più il film per cui aveva nutrito tanta passione.
Accanto a lui, nel ruolo dell’amico Lacey Rawlins, vi è invece
l’attore Henry Thomas, conosciuto per essere stato
Elliott in E.T. – L’extraterrestre.
Lucas Black,
invece, compare nei panni di Jimmy Blevins, un ragazzo incontrato
dai due cowboy e che si rivelerà decisivo nel loro percorso. Ad
ottenere il ruolo della bella Alejandra, protagonista femminile del
film, è stata la premio Oscar Penelope Cruz,
all’epoca già particolarmente popolare. Per il ruolo era però stata
considerata anche Natalie Portman, che rifiutò, e
Jordana Brewster, che non ottenne però la parte.
L’attore e musicista Ruben Blades interpreta
invece il padre di lei, Don Hector, mentre Miriam
Colon è la zia Doña Alfonsa. Nel film si ritrova anche il
noto Sam Shepard nel ruolo di J. C. Franklin e
Robert Patrick in quelli di Cole, il padre di John
Grady.
Passione ribelle: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. Passione
ribelle è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Chili, Google Play e Apple iTunes. Per
vederlo, in base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o
noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di
questo per una comoda visione casalinga. È bene notare che in caso
di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato
limite temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il
film sarà inoltre trasmesso in televisione il
giorno lunedì 5 settembre alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Kill Bill – volume I e
II sono i film cult del 2003 e 2004 di Quentin
Tarantinon con Uma Thurman, David Carradine, Daryl
Hannah, Michael Madsen, Vivica A. Fox, Lucy Liu e
Samuel L. Jackson.
Il film si apre con la seguente
didascalia: “La vendetta è un piatto che va servito freddo”. Una
sposa gravida (Uma Thurman) è distesa a terra gravemente ferita in
una Chiesa il giorno del suo matrimonio. Prima di essere sparata
alla testa dice al suo aguzzino, un certo Bill (David Carradine),
che quello che porta in grembo è il suo bambino. Così lui la
risparmia.
Qualche tempo dopo, la donna trova
una certa Vernita Green (Vivica A. Fox) nella sua
abitazione e comincia un sanguinoso combattimento tra le due, che
viene sospeso quando la figlia di quest’ultima torna da scuola.
Emergerà dal loro dialogo che entrambe le donne sono ex membri
della Deadly Viper Assassination Squad, squadra di assassini
d’elite sotto la guida di Bill. Fu proprio questa squadra, dietro
comando di Bill ad attaccarla durante il suo matrimonio.
La donna riesce ad uccidere Vernita,
depennandola da una lista. Un gesto che fa il paio con la
didascalia iniziale, che ci fanno capire che la donna vuole
uccidere tutta la banda.
Da qui inizia una lunga serie di
feroci e coinvolgenti combattimenti, intervallati da lunghi
flashback che fanno sempre più chiarezza sulla storia. Una storia
molto lunga, tanto da essere divisa in due parti da 110 minuti
ciascuna, uscite al cinema nel 2003 e nel 2004. Non solo, per il
2014 è prevista anche una terza parte, con la sposa pronta di nuovo
a dare battaglia a dieci anni dalla morte di Bill.
Kill Bill vol 1 e vol 2
Questa volta Quentin
Tarantino l’ha fatta proprio grossa. Certo, nella sua
carriera ci ha regalato film complessi, violenti all’ennesima
potenza, deliranti, avvincenti, rimpinzati di citazioni
cinematografiche dall’alto del suo amore, tra gli altri, per il
cinema di Sergio Leone. Nella sua carriera, Tarantino ha sfiorato
spesso il capolavoro, raggiungendolo forse con l’ultimo suo
lungometraggio: Bastardi senza gloria, rivisitazione geniale sulla
fine del Nazismo.
Kill Bill pure
rischia di essere annoverato tra i capolavori sfiorati di Quentin,
forse per l’eccessiva lunghezza della storia, non essendo
sufficiente lo spezzettamento del film in due parti. La prima parte
infatti da sola non è autosufficiente, portando lo spettatore a
dover per forza di cose seguire anche la seconda parte.
Quest’ultima pecca di sequenze dilatate, eccessive focalizzazioni.
Il ritmo generale del film in questa seconda parte è molto più
lento della prima. Ed ecco dunque che, se quest’ultima può essere
considerata un capolavoro, la seconda tende a sfiatarsi, facendo
perdere al film “una stella” nelle valutazioni.
E’ giusto però dire
quali sono gli elementi che rendono Kill Bill un
potenziale capolavoro. Tarantino dirige un cast di prim’ordine,
dando a tutti i personaggi un giusto spazio nella storia. Nel cast
figurano, oltre a Uma Thurman, anche David Carradine,
Daryl Hannah, il fido Michael Madsen, Vivica A. Fox, Lucy Liu e
Samuel L. Jackson.
Perfetta anche la parte tecnica
della regia. Non un’inquadratura fuori posto, non un movimento di
camera infelice. Kill Bill formalmente si avvicina alla perfezione.
Gli anni hanno permesso di affinare una già ottima tecnica.
La brillantezza di Tarantino è
palesemente dimostrata anche dall’attenzione che il
regista-spettatore mostra verso le tendenze cinematografiche che
hanno dimostrato maggiore dinamismo negli ultimi anni, in primis
l’animazione. Vero e proprio film nel film, i venti minuti firmati
I.G. Production, che raccontano la tragica infanzia di una delle
future vittime della bionda protagonista, nella fattispecie la
strabica Lucy Liu, killer della Yakuza,
rappresentano una rara gemma di intensità emotiva e spessore
drammaturgico. Le sequenze animate della casa nipponica, oltre ad
essere un felicissimo esempio di contaminazione
meta-cinematografica, dimostrano inequivocabilmente la maturità
raggiunta da un mezzo espressivo, troppo spesso bistrattato dal
cinema “tradizionale”.
Superlativa anche a colonna sonora,
che spazia da brani dance anni ‘70 a motivi tradizionali
giapponesi, per finire in morbide ballate blues. Il giro del mondo
in una ventina di pezzi che vanno a comporre un quadro fecondo come
quello che accompagnò Pulp Fiction dieci anni
fa.
Insomma, dopo i precedenti
Four Rooms e Jackie Brown, che hanno fatto temere
ai più un adagiamento e appagamento creativo di Tarantino sui
successi dei primi due film (Le Iene e Pulp
Fiction), con Kill Bill Tarantino sfoggia tutta la propria
creatività e il proprio estro in cabina di regia superando anche sé
stesso.