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Venezia 78: Premio Internazionale Roberto Rossellini

Venezia 78: Premio Internazionale Roberto Rossellini

E’ stato presentato in anteprima alla 78a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia presso l’Italian Pavilion la nuova edizione del Premio Internazionale Roberto Rossellini, diretto da Roberto Petrocchi.

Presenti all’incontro Renzo Rossellini, Roberto Petrocchi e il Preside della Scuola Nazionale di Cinema – Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Adriano De Santis.

E’ intervenuto, inoltre, Francesco Verdinelli, Assessore alla Cultura del Comune di Calvi dell’Umbria – dove questa estate si è svolto il Premio Nazionale in onore di Rossellini.

L’Evento di Calvi apre alla prospettiva di manifestazioni analoghe nell’intero territorio nazionale, purché coerenti con gli obiettivi del Premio e in sinergia con il Premio Internazionale Roberto Rossellini, con la finalità di valorizzare il patrimonio artistico-culturale della provincia.

Nato nel 1999 a Maiori – località particolarmente cara al maestro del cinema italiano, in cui ha girato diversi film come: Paisà, 1946; L’amore, 1948; Viaggio in Italia, 1954 – per volontà di Renzo Rossellini (figlio del celebre cineasta), il Premio è stato sospeso nel 2013 a causa della mancanza dei necessari apporti finanziari.

Dopo questa lunga pausa, durata circa un decennio, la manifestazione riprende finalmente la sua attività.

Il Premio Internazionale Roberto Rossellini, ha l’ambizione d’incentivare i giovani talenti, in Italia e nel mondo – importante, in tal senso, il contributo dell’Istituto Italiano di Cultura di New York e di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, assieme alle partnership degli Istituti di Los Angeles e di Pechino, e ad altri istituti italiani operanti nel mondo – ed inaugurare un percorso di studio parallelo e coincidente con il Progetto completamento dell’Enciclopedia Audiovisiva della Storia, fortemente voluta da Roberto Rossellini.

Il punto di partenza sarà il rinnovato omaggio al maestro, portando avanti la sua idea di cinema e di arte: cinema etico e Umanesimo, ricerca di verità nel frammento del presente ed interpretazione della storia.

La cerimonia di premiazione del Premio Internazionale Roberto Rossellini si terrà alla Casa del Cinema di Roma il 18 dicembre 2021, all’interno della XIII edizione dell’International Fest Roma Film Corto.

Il disegno del logo del Premio Rossellini è stato realizzato da Fabrizio Cintoli.

NOTE DEL DIRETTORE ARTISTICO ROBERTO PETROCCHI

“Quando Renzo Rossellini – al quale avevo proposto un convegno permanente sull’opera e la figura di Roberto Rossellini, che ne permettesse un approfondito studio in ambito scolastico e universitario – mi ha proposto di ridare vita al Premio intitolato a suo padre, sono stato investito immediatamente dalla volontà di ricercare i presupposti necessari affinché il Progetto si realizzasse ma, soprattutto, facendo mio il desiderio di Renzo, che potesse attuarsi nel pieno rispetto delle volontà di Roberto Rossellini: fare del cinema un’arte davvero utile alle persone. Va in questa direzione il suo grande Progetto, al quale dedicò molte delle sue energie, di un’Enciclopedia Audiovisiva della Storia, ma anche il proposito d’incentivare il Talento di giovani autori e registi.

Quanto ha rappresentato Roberto Rossellini per il cinema e la cultura, c’impone la sfida di ridare vita definitivamente al Premio, a Roma, come riteniamo giusto che sia, con una connotazione Internazionale, pur lasciando aperta la possibilità ad iniziative analoghe, sempreché rispettose delle finalità del Progetto, che potranno nascere nella provincia dell’intero territorio nazionale – è il caso del Premio, svoltosi questa estate a Calvi dell’Umbria –, con lo scopo di valorizzarne il patrimonio, ed operare in autonomia, ma sempre in modo sinergico con l’Evento di Roma,. senza escludere la prospettiva di Premio itinerante”.

(Roberto Petrocchi)

Venezia 78: Jamie Lee Curtis tra Leone d’Oro e Halloween Kills

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Venezia 78: Jamie Lee Curtis tra Leone d’Oro e Halloween Kills

Jamie Lee Curtis ha avuto una carriera incredibile, piena di ogni sorta di opportunità. Lei stessa lo ha affermato in conferenza stampa a Venezia 78, dove presenta in anteprima, fuori concorso, Halloween Kills, ma dove riceve anche il Leone d’Oro alla Carriera. “Sono un’attrice. Scrivo libri per bambini. Creo siti web e podcast. Ho venduto yogurt che ti fa fare la cacca. Ho fatto pubblicità Hertz con O.J. Simpson. Sono stata in grado di fare così tanto e sono molto fortunata a poter fare quello che faccio, in qualunque forma sia”. Queste le sue parole alla platea di giornalisti accorsi ad ascoltarla.

Jamie Lee Curtis Leone d’oro alla carriera a Venezia 78

Eppure, il riconoscimento del Leone d’oro alla carriera al Festival Internazionale del Cinema di Venezia 78 la sorprende molto, nonostante sia alla Mostra per presentare l’ennesimo capitolo di una saga che porta avanti dal 1978.

Venezia 78: Gabriele Mainetti presenta, finalmente, Freaks Out

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Venezia 78: Gabriele Mainetti presenta, finalmente, Freaks Out

Dopo tanta attesa e tanti spostamenti dovuti alla pandemia, finalmente il pubblico (selezionato del festival di Venezia) è riuscito a vedere nelle anticipate del mattino Freaks Out, il secondo film da regista di Gabriele Mainetti, che, dopo il successo di Lo Chiamavano Jeeg Robot, ha ripreso mano con Nicola Guaglianone a una vecchia storia che hanno trasformato in realtà.

“Dopo l’esperienza di Jeeg, Nicola (Guaglianone, sceneggiatore, ndr) e io ci siamo detti ‘ora che famo, cosa raccontiamo?’ – ha detto il regista –  Ci siamo visti in quello che poi sarebbe diventato lo studio della mia casa di produzione e ci siamo detti ‘buttiamo giù tutti i film che vogliamo fare e poi decidiamo’. Dall’unione di tante idee diverse è arrivata questa storia. Poi un giorno Nicola mi ha detto ‘famolo nella seconda guerra mondiale’. Ci divertiva accostare ai freak un elemento conflittuale forte, il nazista”.

Gabriele Mainetti presenta Freaks Out a Venezia 78

Il film ha avuto una lavorazione lunga e difficile, con la sfida di lavorare una produzione italiana come fosse un colossal e di farlo in maniera credibile, soprattutto per quello che riguarda la messa in scena e il fattore storico. “Ci sono volute più settimane e più soldi ma siamo riusciti a portare a termine il progetto e siamo felici di essere qui in concorso. Raramente in Italia si sono fatti progetti di queste dimensioni e qualità di artigianato. Mainetti sosteneva che le capacità per fare grandi film di azione e effetti speciali nella nostra tradizione ci sono. E ha dimostrato sulla sua pelle che è possibile” ha spiegato Andrea Occhipinti di Lucky Red che produce il film.

Ovviamente il primo riferimento che viene in mente già dal titolo del film è Freak di Tod Browing, vero capolavoro senza tempo, e Mainetti ha ammesso che per lui si tratta di un “maestro di un film meraviglioso che non è stato accolto come doveva, e che ha avuto vita e carriera distrutta da quell’insuccesso. Il titolo però è anche un gioco di parole perché ‘freak out’ in inglese vuol dire impazzire, come succede al nostro Franz. Infine una terza interpretazione del titolo è il fatto che i nostri freak sono nel grembo del circo Mezzapiotta e quando il circo viene bombardato si ritrovano improvvisamente fuori dal loro spazio sicuro, costretti a misurarsi con la loro diversità. Ci siamo rifatti ai grandi sceneggiatori del passato Rodolfo Sonego, Piero De Bernardi per raccontare dei personaggi vigliacchi che riescono in un rapporto reale con gli altri a tirare fuori la parte più bella. La nostra è una Armata Brancaleone, ma i nostri sono ancora più tosti e simpatici”.

Nel cast di Freaks Out ci sono Aurora Giovinazzo, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini. Il film arriva in sala il 24 ottobre.

Mona Lisa and the Blood Moon, recensione del film di Ana Lily Amirpour

A cinque anni di distanza da The Bad Batch torna in concorso a Venezia 78 con il suo ultimo film, Mona Lisa and the Blood Moon, la regista di origine iraniana naturalizzata statunitense Ana Lily Amirpour. Proprio a Venezia, la regista dallo stile inconfondibile, convinse vincendo il Premio Speciale della Giuria sbilanciando i pronostici che vedevano altri film favoriti.  Come nel film precedente la protagonista è una donna che non accetta passivamente ciò che le accade ma combatte per trovare il  proprio posto nel mondo.

Mona Lisa and the Blood Moon, la trama

La Mona Lisa del titolo fa di cognome Lee ed è interpretata da una giovane attrice, la sudcoreana Jeon Jong-seo nota principalmente ai più per il suo ruolo in Burning di Lee Chang-dong. La ritroviamo ad inizio film in una prigione psichiatrica, non sappiamo da dove viene ne tantomeno si scoprirà, però sarà intuibile da subito il motivo della sua reclusione. Il modo in cui la regista sceglie di mostrarla porterà il pubblico a parteggiare immediatamente per lei e per quello che sarà la sua storia. La vicenda è ambientata a New Orleans, il tessuto mistico e l’alone magico che da sempre contraddistingue nell’immaginario collettivo la città renderà la storia e il personaggio di Mona Lisa più credibile. 

Mona Lisa and The Blood Moon film 2021La ragazza grazie alle sue capacità riuscirà a scappare dalla struttura in cui è rinchiusa proprio durante la notte di luna piena che il titolo richiama, da lì la sua vicenda prosegue, si arricchisce di particolari, si fa più intrigante a mano a mano che Mona incrocia vari personaggi  facendo crescere la sceneggiatura insieme alla sua protagonista. Quello di Mona Lisa Lee è un viaggio verso la consapevolezza di sé stessa che ottiene solo dopo l’incontro con gli altri personaggi. Come nella realtà ci sono persone che possono aiutare a raggiungere i nostri obiettivi e persone che ce ne allontanano. Sicuramente per quanto riguarda il film della prima sfera fanno parte l’eccentrico Dj Fuzz interpretato da un convincente Ed Skrein, subentrato in corsa al posto di Zac Efron, e Charlie, Evan Whitten, bambino con cui la protagonista creerà un solido legame e che ci regala i momenti più poetici del film; dell’altra sfera fanno invece parte in primis la Bonnie Belle di Kate Hudson che seppur può essere considerata un’alleata di Mona lo fa invece solo per un proprio tornaconto personale e l’agente Harold interpretato dal caratterista Craig Robinson che risulterà essere un buffo ostacolo tra Mona e il suo futuro e che avrebbe fatto meglio a dar retta a ciò che il biscotto della fortuna gli suggeriva.

Colonna sonora come punto di forza

Punto di forza del film è sicuramente una coinvolgente colonna sonora, curata dall’italiano Daniele Luppi, dove emergono atmosfere funky house e la fotografia di Paweł Pogorzelski che si sposa sapientemente con le indicazioni che l’Amirpour ha impartito per ottenere un ambientazione reale e allo stesso tempo surreale puntellata di luci psichedeliche. 

Ana Lily Amipour si conferma una regista matura con le idee chiare, nel suo stile non esistono mezze misure quindi se lo spettatore sceglierà di stare al suo gioco l’esperienza non potrà che essere rivelatrice di significato e significanti senza tralasciare il puro intrattenimento, in caso contrario invece sarà difficile che il film possa convincere fino in fondo. 

Venezia 78: intervista ai protagonisti di Una relazione

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Venezia 78: intervista ai protagonisti di Una relazione

Ecco la nostra intervista ai protagonisti di Una Relazione, il film di Stefano Sardo con Guido Caprino ed Elena Radonicich. Presentato nella selezione di Giornate degli Autori a Venezia 78, il film sarà al cinema il 13, 14 e 15 settembre e dopo disponibile su su Amazon Prime Video.

Segui il nostro speciale di Venezia 78!

Don’t Look Up: il teaser del film con Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence

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Netflix ha diffuso il trailer di Don’t Look Up, il nuovo film del regista premio all’Oscar Adam McKay che vede protagonisti Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence. Nel cast anche Jonah Hill, Timothée Chalamet, Cate Blanchett, Ron Perlman, Tyler Perry, Melanie Lynskey, Rob Morgan, Mark Rylance, Ariana Grande, Matthew Perry Chris Evans. Don’t Look Up arriverà in streaming il 24 Novembre 2021.

Don’t Look Up, la trama

La laureanda in astronomia Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) e il professor Randall Mindy (Leonardo DiCaprio) fanno una straordinaria scoperta: una cometa in orbita all’interno del sistema solare. Il primo problema è che si trova in rotta di collisione con la Terra. E l’altro? La cosa non sembra interessare a nessuno. A quanto pare, avvisare l’umanità di una minaccia delle dimensioni del monte Everest rappresenta un evento scomodo da affrontare. Con l’aiuto del dottor Oglethorpe (Rob Morgan), Kate e Randall partono per un tour mediatico che li porta dall’ufficio dell’indifferente presidente Orlean (Meryl Streep) e del suo servile figlio nonché capo di gabinetto Jason (Jonah Hill), fino alla stazione di The Daily Rip, un vivace programma del mattino condotto da Brie (Cate Blanchett) e Jack (Tyler Perry). A sei mesi dall’impatto della cometa, gestire continuamente le cronache e catturare l’attenzione del pubblico ossessionato dai social media prima che sia troppo tardi risulta essere un’impresa incredibilmente comica. Cosa spingerà il mondo intero a guardare in alto?

Don’t Look Up è scritto e diretto dal premio Oscar Adam McKay (La grande scommessa) ed è anche interpretato da Mark Rylance, Ron Perlman, Timothée Chalamet, Ariana Grande, Scott Mescudi (alias Kid Cudi), Himesh Patel, Melanie Lynskey, Michael Chiklis e Tomer Sisley.

Don’t Look Up: Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence nelle prime foto

Doctor Strange: le 10 varianti più potenti nei fumetti

Doctor Strange: le 10 varianti più potenti nei fumetti

Una versione decisamente spaventosa di Doctor Strange è apparsa nel quarto episodio della serie What If… ?. Tale versione ha acquisito la magia oscura per diventare una delle varianti più potenti dello Stregone Supremo nel Multiverso impostato dal MCU. Nei fumetti della Marvel Comics, ci sono diverse varianti di Stephen Strange, alcune più potenti di altre, che esistono sia nella continuity di Terra-616 che nel più ampio Multiverso composto da realtà e dimensioni infinite.

Strange 2099

Strange 2099, o Jeannie (come era anche conosciuta), è emersa cento anni avanti nel futuro, in una delle linee temporali più oscure della Marvel Comics. La Strega Suprema ha numerosi poteri magici, inclusa l’immunità ai cambiamenti nella linea temporale dovuti ad alcune azioni del passato.

Ma le sue abilità di base, incluso il lancio di illusioni e la guarigione magica, non sono così avanzate come quelle del Doctor Strange di Terra-616. Nel momento in cui appare nei fumetti, non ha avuto il livello di istruzione che Stephen o altri hanno sperimentato, nonostante sia naturalmente molto abile nella magia.

MC2

Nell’universo alternativo MC2 di Terra-982, Doctor Strange non era più lo Stregone Supremo, ma era ancora un Maestro delle Arti Mistiche. Ha mantenuto i suoi poteri di Terra-616 e li ha usati quando è uscito dalla pensione e ha riformato i Difensori per affrontare il suo successore, Doc Magus.

Doc Magus ha effettivamente sconfitto Doctor Strange in questo confronto, dimostrando che lo stregone più anziano aveva perso colpi quando si trattava di arti mistiche in questo universo.

Sir Stephen Strange

Sir Stephen Strange appartiene alla realtà 1602 di Terra-311, dove l’Universo Marvel esiste in un ambiente tipicamente elisabettiano. Ha gli stessi poteri e abilità della sua versione contemporanea e ha usato i suoi poteri per raggiungere una breve alleanza con la versione a fumetti di Uatu l’Osservatore.

Ciò gli ha concesso una rara visione del Multiverso e del pericolo che potrebbe affrontare la sua realtà. Ha usato la sua conoscenza per aiutare a salvare il suo mondo, ma a costo della sua stessa vita. Fu ucciso per tradimento da King James, anche se non fu esattamente quella la fine per Strange.

Ultimate Doctor Strange

Doctor Strange nell’universo Ultimate di Terra-1610 sembra essere, in generale, più potente di suo padre. Stephen Strange Jr. è in grado di esercitare una varietà di poteri senza nemmeno usare la magia, tra cui la proiezione astrale e l’ipnotismo.

Praticamente, ogni potere che suo padre Stephen Strange Sr. aveva è stato realizzato attraverso la magia, o nel caso delle sue abilità come artista delle arti marziali, tramite un intenso allenamento. È meno abile di suo padre quando si tratta di arti mistiche, in quanto non ha sperimentato molta formazione, ma possiede una grande attitudine naturale per la magia.

Ducktor Strange

Ducktor Strange, il “papero” delle arti mistiche, proviene dalla stessa realtà di Howard il papero. Questa variante di Doctor Strange sembra avere le stesse abilità di quella di Terra-616. Ha anche un’abilità naturale aggiunta, che ovviamente proviene dalla sua fisiologia aviaria.

Simon Strange ha dimostrato la sua enorme abilità nelle arti mistiche quando ha usato la magia per spostare le persone da Duckworld di Terra-791021 all’universo Marvel principale di Terra-616, attraverso il Nexus di tutte le realtà.

Croctor Strange

Ducktor Strange non è l’unica variante antropomorfa di Doctor Strange nei fumetti. Croctor Strange si unisce al rango di una delle migliori varianti di Loki, Alligator Loki, in qualità di versione coccodrillo di Strange.

Croctor Strange sembra avere gli stessi poteri e abilità della sua controparte umana in Terra-616, con l’aggiunta dei suoi attributi rettiliani. Croctor Strange proviene dallo stesso universo di Spider-Ham, e dal momento che quel personaggio è già apparso al cinema, è possibile che anche questa variante di Doctor Strange possa andare incontro alla stessa sorte.

Strange-Thing

Strange-Thing, una potente fusione di Doctor Strange e Uomo Cosa, condivide le straordinarie abilità di entrambi i personaggi. Non solo Strange-Thing è uno dei maghi più potenti dell’Universo Marvel, ma in qualità di guardiano del Nexus di tutte le realtà sulla Terra, ciò gli concede la capacità di spostare la realtà e attraversare le dimensioni.

Questa versione del personaggio proviene da Terra-1298, dove aiutò a fermare Madelyne Pryor dallo sfruttare il potere del Nexus per mezzi nefasti. 

Braccio destro di Dottor Destino

Sebbene la variante di Doctor Strange che funge da braccio destro di Destino in Secret Wars del 2015 sia apparentemente simile in potenza alla sua versione di Terra-616, in realtà ha contribuito alla creazione di Battleworld insieme alla versione Dio Imperatore di Doom.

Aveva anche il potere e il potenziale per diventare lui stesso Dio Imperatore in questa versione al collasso del Multiverso, ma ha ceduto l’occasione. Ciò suggerisce che il Braccio destro di Destino avesse un potere terrificante. Tuttavia, non è stato abbastanza per salvarlo dall’ira del Dottore, che alla fine lo ha ucciso per aver tradito il trono.

Discepolo di Dormammu

Il Doctor Strange apparso in What If.. ? si rivolge alla magia oscura per salvare la vita di Christine. Nel numero 18 della serie di fumetti, Stephen Strange segue un percorso altrettanto oscuro. Strange raggiunge un enorme potere in qualità di discepolo di Dormammu, ma soprattutto perde tutti i suoi scrupoli.

Questa variante di Strange uccide il Barone Mordo, anche dopo la guarigione delle sue mani. Libera Umar, la sorella di Dormammu, dalla sua prigione dimensionale e cospira con lei contro il suo maestro oscuro, cosa che avvicina questa versione di Strange al potere delle entità oscure.

Dr. Strangefate

Il Dr. Strangefate combina i poteri mistici del Doctor Strange della Marvel Comics e del Dr. Fate della DC Comics. I due personaggi magici presentano molti degli stessi poteri, ma Dr. Fate ha la capacità di viaggiare naturalmente tra mondi paralleli, rendendo questa variante incredibilmente potente.

Inoltre, il personaggio, emerso dal crossover di Amalgam Comics negli anni ’90, è in realtà Charles Xavier. Con il potere mentale del Professor X, questa fusione dei tre personaggi classici è una delle più potenti presente nei fumetti.

Venezia 78: Qui Rido Io, intervista ai protagonisti

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Venezia 78: Qui Rido Io, intervista ai protagonisti

Ecco la nostra intervista a Mario Martone, regista, e a Iaia Forte e Maria Nazionale, tra i protagonisti di Qui rido io, il film sulla vita e sull’opera di Eduardo Scarpetta presentato in concorso a Venezia 78 e in sala dal 9 settembre con 01 Distribution.

Leggi la recensione di Qui rido io

Arriverà il 9 settembre al cinema Qui rido io, il nuovo film di Mario Martone che sarà presentato a Venezia 78. Nel cast del film Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta, Roberto De Francesco, Lino Musella, Paolo Pierobon, con Gianfelice Imparato e con Iaia Forte. Il film è distribuito da 01 Distribution.

La trama di Qui rido io

Agli inizi del ‘900, nella Napoli della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il grande attore comico Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Il successo lo ha reso un uomo ricchissimo: di umili origini si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca che nel cuore del pubblico napoletano ha soppiantato Pulcinella. Il teatro è la sua vita e attorno al teatro gravita anche tutto il suo complesso nucleo familiare, composto da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Al culmine del successo Scarpetta si concede quello che si rivelerà un pericoloso azzardo. Decide di realizzare la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla, fischi e improperi sollevati dai poeti e drammaturghi della nuova generazione che gridano allo scandalo e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Inizia, così, la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia. Gli anni del processo saranno logoranti per lui e per tutta la famiglia tanto che il delicato equilibrio che la teneva insieme pare sul punto di dissolversi. Tutto nella vita di Scarpetta sembra andare in frantumi, ma con un numero da grande attore saprà sfidare il destino che lo voleva perduto e vincerà la sua ultima partita.

No Time to Die: il regista smentisce una teoria sul villain di Rami Malek

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Ora che la data di uscita di No Time to Die è finalmente più vicina che mai, si continuano a susseguire le teorie in merito alla vera identità e alle motivazioni del nuovo villain che James Bond si troverà ad affrontare, ossia l’enigmatico Safin interpretato dal premio Oscar Rami Malek.

Tuttavia, una delle più grandi teorie in merito alla vera identità del personaggio è stata di recente smentita da una voce più che autorevole, ossia il regista del film Cary Joji Fukunaga. Secondo tale teoria, infatti, Safin non sarebbe altri che il Dr. Julius No, celebre nemesi di 007 creata da Ian Fleming nel romanzo “Licenza di uccidere” del 1958 e interpretata dall’attore Joseph Wiseman nel film Agente 007 – Licenza di uccidere del 1962.

Intervistato da SFX Magazine, Fukunaga ha parlato del misterioso personaggio interpretato da Malek, spiegando come la difficoltà di creare un antagonista credibile e memorabile abbia portato allo sviluppo di Safin come nuovo cattivo, nella speranza che possa resistere alla prova del tempo.

“Tutti pensano che sia facile realizzare questi tentpole. Pensano che si basino tutti sulla stessa identica formula e che basti questo per spingere la gente ad andare al cinema”, ha detto Fukunaga. “La realtà, invece, è che se vuoi fare un buon film devi prendere le cose seriamente e spenderci del tempo. Ci vogliono persone davvero intelligenti per dare vita a queste storie, soprattutto per creare questi personaggi che, si spera, possano in qualche modo diventare immortali. Safin è il nuovo cattivo e no… non è il Dr. No, come alcuni hanno ipotizzato. Si spera che riesca a resistere alla prova del tempo.”

“Dare vita ad un cattivo che non sembri ridicolo, che può essere preso sul serio, che risulti spaventoso anche per quello che sta cercando di fare e e per cui deve essere necessariamente fermato, è più difficile di quanto le persone riescano effettivamente ad immaginare”, ha concluso il regista.

Tutto quello che sappiamo su No Time to Die

No Time to Die, atteso nelle sale italiane il 30 settembre 2021, vede nel cast Daniel Craig (James Bond), Léa Seydoux (Madeleine Swann), Ralph Fiennes (M), Naomie Harris (Eve Moneypenny), Ben Whishaw (Q), Rory Kinnear (Bill Tanner) e Jeffrey Wrigh (Felix Leiter). Le new entry del cast sono invece Rami Malek, Billy Magnussen, Lashana Lynch e Ana de Armas.

In No Time to Die, Bond si gode una vita tranquilla in Giamaica dopo essersi ritirato dal servizio attivo. Il suo quieto vivere viene però bruscamente interrotto quando Felix Leiter, un vecchio amico ed agente della CIA, ricompare chiedendogli aiuto. La missione per liberare uno scienziato dai suoi sequestratori si rivela essere più insidiosa del previsto, portando Bond sulle tracce di un misterioso villain armato di una nuova e pericolosa tecnologia.

Venezia 78, foto dal red carpet: Toni Servillo, Mario Martone

Venezia 78, foto dal red carpet: Toni Servillo, Mario Martone

Ecco le foto dal red carpet di Qui Rido Io, di Mario Martone con Toni Servillo. Il film è stato presentato a Venezia 78.

La sinossi di Qui Rido Io

Il film ritrae il re dei comici napoletani, il grande attore e commediografo Eduardo Scarpetta, che sarà interpretato da Toni Servillo. Scarpetta, che fu padre naturale di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, dedicò tutta la sua vita al teatro, realizzando opere che sono diventate dei classici intramontabili, come Miseria e Nobiltà. Ottenne straordinari successi e fu protagonista della celebre disputa con Gabriele D’Annunzio per Il figlio di Iorio, parodia dell’opera del Vate, che fu oggetto di un memorabile processo.

Black Panther: Wakanda Forever e la “presenza” di Chadwick Boseman sul set

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Nonostante le riprese di Black Panther: Wakanda Forever siano attualmente in corso, ancora non è chiaro quale direzione prenderà la storia del film. Tuttavia, sia i Marvel Studios che il regista Ryan Coogler hanno confermato che il personaggio di T’Challa non verrà né interpretato da un altro attore né ricreato attraverso la CGI.

Sappiamo che il sequel onorerà l’eredità del compianto Chadwick Boseman e che la maggior parte degli attori del primo film riprenderanno i loro ruoli, mentre di recente abbiamo avuto la conferma che il sequel servirà per introdurre ufficialmente il personaggio di Riri Williams, alias Ironheart, prima del debutto della serie destinata a Disney+. Ad oggi, questo è tutto ciò che è stato reso noto in merito al film.

In una recente intervista con The Guardian, Angela Bassett ha discusso della sua lunga e fortunata carriera, parlando ovviamente anche del ruolo di Ramonda in Black Panther e del suo attuale impegno con le riprese di Wakanda Forever. Senza rivelare nulla a proposito della trama, l’attrice candidata all’Oscar ha parlato dell’impatto che la morte di Boseman ha avuto sul nuovo film e dei modi in cui la sua eredità continua a vivere anche durante le riprese.

“Durante la prima settimana di riprese, tutti noi abbiamo sentito la presenza di Chadwick sul set e, al tempo stesso, la sua assenza su quel trono”, ha spiegato Bassett. “Ci siamo riuniti e gli abbiamo reso omaggio prima di iniziare a girare. È stato un momento meraviglioso. Ognuno di noi ha speso delle bellissime parole per lui. Tutti tenevano a Chadwick. Ci ha cambiati e ispirati allo stesso tempo.”

Black Panther: Wakanda Forever arriverà nelle sale l’8 luglio 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI. Il sequel si concentrerà sulle parti inesplorate di Wakanda e sugli altri personaggi precedentemente introdotti nei fumetti Marvel.

Letitia Wright (Shuri), Angela Bassett (Ramonda), Lupita Nyong’o (Nakia), Danai Gurira (Okoye), Winston Duke (M’Baku) e Martin Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei rispettivi personaggi interpretati già nel primo film. L’attore Tenoch Huerta è in trattative con i Marvel Studios per interpretare il villain principale del sequel.

Mario Martone racconta il suo Eduardo Scarpetta in Qui Rido Io a Venezia 78

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Terzo film italiano in concorso a Venezia 78, Qui rido io è il racconto della vita e dell’arte di Eduardo Scarpetta da parte di Mario Martone, regista molto amato dalla Biennale che si appoggia al talento di Toni Servillo per mettere in scena uno dei geni del teatro italiano.

Nelle parole di Toni Servillo stesso, infatti, “Scarpetta è come un animale, la sua brama di vivere lo porta a predare le donne, il teatro, le tournée, i testi, in uno scambio continuo tra vita privata e palcoscenico. Questo affresco dimostra di quanta vita sia fatto il teatro e quanto teatro ci sia nella vita” e quanto, aggiungiamo, questo atteggiamento predatorio abbia reso grande l’arte di Scarpetta ma difficile la sua vita privata, come viene raccontato nel film.

La conferenza stampa di Qui Rido Io di Mario Martone a Venezia 78

L’idea del film nasce, in Martone, dall’allestimento teatrale de Il Sindaco del Rione Sanità, testo di De Filippo che ha portato anche al cinema (presentato a Venezia). Il regista afferma che “c’era un mistero che si poteva affrontare, parlando di una tribù straordinaria con al centro un genio del teatro, un patriarca amorale, che spinto dalla sua fame di riscatto e di rivalsa, si era innalzato oltre il limite, tanto da far scrivere sul muro della propria villa ‘Qui rido io‘.”

Il film si concentra sulla figura artistica e umana di Eduardo Scarpetta, che Martone descrive come “una figura mitologica e primordiale, aveva avuto figli con la moglie, con la sorella della moglie e con la nipote della moglie, li fece studiare tutti, maschi e femmine, e diventarono tutti attori, Eduardo De Filippo divenne il genio del teatro italiano che sappiamo.

Scarpetta era un divoratore, aveva divorato Pulcinella, il Teatro San Carlino dove ha visto morire Antonio Petito, e divorava la vita, i figli che non avranno mai il suo nome e la sua eredità, ma a cui trasmette misteriosamente il seme potentissimo della creatività. In tutto questo c’è anche molto dolore. Cosa potevano vivere queste donne, questi figli? Abbiamo provato a immaginarlo. Pensiamo, ad esempio, che tutti i suoi figli, legittimi e non, dovevano interpretare a un certo punto della loro infanzia Peppeniello di Miseria e nobiltà, che alla fine della commedia abbraccia il suo vero padre, Felice Sciosciammocca, cioè appunto Scarpetta. In questo c’è qualcosa di inconsciamente sadico.”

Qui rido io arriva al cinema il 9 settembre distribuito da 01 Distribution.

Leggi la recensione di Qui rido io

Shang-Chi: Simu Liu risponde ai troll che avevano “predetto” il flop del film

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In termini di incassi al botteghino, Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli ha superato qualsiasi aspettativa, incassando circa 90 milioni di dollari negli Stati Uniti durante il weekend del Labor Day. Ora, la star del film Simu Liu ha utilizzato i social media per rispondere a tutti i troll di YouTube che avevano profetizzato il flop del film ancora prima della sua uscita.

L’attore, che ha già dimostrato in passato di essere una persona decisamente schietta e senza troppi peli sulla lingua (come la replica diretta a Bob Chapek, CEO Disney, che aveva definito Shang-Chi “un esperimento”), ha condiviso attraverso le sue Instagram Stories (via CBM) un collage che riprende tutte le anteprime dei video di YouTube che avevano parlato, con largo anticipo e senza alcuna cognizione, di un presunto flop del cinecomic. Liu ha replicato aggiungendo al centro dell’immagine un gigantesco “LOL”.

Chiaramente, l’interprete di Shang-Chi ha tutte le ragioni per celebrare il successo del cinecomic Marvel. Il film, infatti, è già diventato la terza migliore apertura nell’era del Covid-19 con 29,6 milioni di dollari (appena dietro ai 29,9 milioni di Fast and Furious 9). Parallelamente, Shang-Chi è anche diventato il più grande weekend d’apertura durante la settimana del Labor Day di tutti i tempi. All’estero, invece, il film ha incassato 56,2 milioni di dollari, per un totale globale di 146,2 milioni.

L’uscita nelle sale di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è fissata al 3 settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato regista di Short Term 12The Glass Castle e Il Diritto di Opporsi con Michael B. JordanJamie Foxx e Brie Larson, è stato scelto per dirigere il film, che vanta la sceneggiatura di Dave Callaham (The Expendables, Godzilla, Wonder Woman 1984).

Vi ricordiamo che nei panni del protagonista ci sarà l’attore canadese Simu Liu, visto di recente nella commedia di Netflix Kim’s Convenience. Insieme a lui, nel cast, figureranno anche Tony Leung nei panni del Mandarino, e Awkwafina, che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo superpotere è l’ipnosi.

Venezia 78: intervista ai protagonisti de La Scuola Cattolica

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Venezia 78: intervista ai protagonisti de La Scuola Cattolica

Ecco la nostra intervista ai protagonisti, regista e attori, de La Scuola Cattolica, il nuovo film di Stefano Mordini che è stato presentato a Venezia 78 nel Fuori Concorso.

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Aquaman 2: James Wan rivela un Ocean Master in versione Cast Away

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James Wan, regista di Aquaman and the Lost Kingdom, aveva già condiviso nei giorni scorsi un primo sguardo al nuovo costume che il protagonista Jason Momoa sfoggerà nell’attesissimo sequel. Ora, invece, ha deciso di condividere uno scatto dal dietro le quinte in compagnia di Patrick Wilson, che torna nei panni di Orm Marius / Ocean Master.

La foto è decisamente particolare, ma potrebbe avere un collegamento diretto con il finale del primo film, dove re Orm è  stato arrestato dalle guardie di Atlantide. Nello scatto condiviso da Wan via Instagram, infatti, è possibile notare che Wilson sfoggia un look completamente diverso: non è più Ocean Master dopo essere stato detronizzato dal suo fratellastro. Al contrario, nello scatto sembra molto simile al Chuck Noland di Cast Away, anche se non è ancora chiaro che tipo di ruolo avrà il cattivo nella storia al centro del sequel.

È probabile che il personaggio, trovandosi sulla Terra, non trascorrerà molto tempo dietro le sbarre, sotto’acqua. Forse Arthur si rivolgerà a lui per chiedere aiuto? Un’altra possibilità è che Ocean Master unisca le forze con Black Manta. A questo punto, aspettiamoci che Wan condivida anche il primo sguardo al personaggio di Mera interpretato da Amber Heard.

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Tutto quello che c’è da sapere su Aquaman 2

Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman and the Lost Kingdom, sequel del film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. Nel sequel, diretto ancora una volta da James Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno anche Patrick Wilson nei panni di Ocean Master, Amber Heard, che tornerà nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta, che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film.

David Leslie Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente di Wanscriverà la sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter Safran saranno co-produttori. Aquaman and the Lost Kingdom uscirà nelle sale americane il 16 dicembre 2022.

Qui rido io: recensione del film di Mario Martone con Toni Servillo

Due anni dopo aver adattato in chiave moderna per il cinema l’opera teatrale Il sindaco del rione Sanità, scritta da Eduardo De Filippo, il regista Mario Martone porta sul grande schermo la storia degli ultimi anni di vita di Eduardo Scarpetta, padre dei De Filippo e tra i più celebri commediografi e attori della scena teatrale napoletana. Il film in questione è Qui rido io (affermazione che riprende quella presente sulla facciata di Villa La Santarella, di proprietà di Scarpetta), presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e interpretato da Toni Servillo. Da Martone scritta insieme a Ippolita Di Majo, la pellicola è però ben più che un semplice racconto biografico.

La vicenda si apre infatti sui primi anni del Novecento, quando Scarpetta è un uomo di teatro già affermato e popolarissimo. Le sue repliche di Miseria e nobiltà registrano sempre il tutto esaurito e il successo sembra destinato a non dover finire mai. In questo clima di euforia, Scarpetta si concede però un pericoloso azzardo: realizza una parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. Al momento del debutto, la commedia viene interrotta tra urla e fischi e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso Vate. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia, che scuoterà profondamente Scarpetta e la sua ricca famiglia composta da mogli, amanti e figli legittimi e illegittimi.

L’arte di saper far ridere

Come anticipato, ad un primo impatto Qui rido io potrebbe sembrare una classica biografia di un personaggio tanto stravagante quanto importante del teatro e della cultura italiana. Addentrandosi sempre più nel racconto, tuttavia, ci si accorge come quella messa in atto da Martone sia un’operazione molto più interessante, che non solo esplora le origini di una dinastia teatrale ma si avvale di un caso storico esemplare per riflettere sul concetto di commedia e di autore. Vero punto centrale del film è infatti la causa per plagio che D’Annunzio muove contro Scarpetta. Durata dal 1906 al 1908, questa portò ad una sempre più necessaria definizione dell’odierno diritto d’autore.

Ciò che emerse durante quella causa, però, fu particolarmente interessante per la definizione della commedia stessa, all’epoca considerata un genere infimo, che distraeva dai veri problemi della vita e della gente. Quello tra D’Annunzio e Scarpetta era dunque lo scontro tra chi si ergeva intellettualmente a rappresentante del popolo e chi quello stesso popolo lo raccontava in modo molto più sincero di quanto si credesse. Non mancano le contraddizioni nello stesso Scarpetta, che Martone sceglie saggiamente di non omettere, ma ciò che affascina è il ritrovare qui quei primi segnali di riscatto che avrebbero portato la commedia ad essere uno dei generi primari dello spettacolo italiano.

E se per alcuni un altro film biografico di Martone come Il giovane favoloso, dedicato a Leopardi, poteva essere risultato particolarmente pesante, Qui rido io risulta invece essere non solo un racconto scorrevole e piacevole, ma anche una visione particolarmente divertente. Il merito va in primis ad un Toni Servillo mattatore assoluto che, in un ruolo come quello di Scarpetta che non poteva che essere interpretato da lui, dà sfogo ad un carisma eccezionale. Accanto a lui spiccano poi anche Maria Nazionale nel ruolo della moglie Rosa, Cristiana Dell’Anna in quelli dell’amante Luisa e Eduardo Scarpetta (discendente della dinastia) nel ruolo di Vincenzo, suo bisnonno e figlio dell’originale Eduardo.

Qui rido io Toni Servillo

Qui rido io: la recensione del film

Come si potrà intuire, la dinastia degli Scarpetta-De Filippo è un altro degli elementi centrali del film. Particolarmente articolata e ricca di nomi identici che si ricorrono, questa ha percorso l’intero Novecento. Seguendo anche le vicende di più membri della famiglia, molti dei quali sul punto di ottenere la fama poi cresciuta e consolidatasi nel tempo, Qui rido io diventa anche il ritratto di un uomo potentissimo al momento del suo declino. La causa in cui Scarpetta si ritrova coinvolto, e dalla quale comunque uscirà vittorioso, segnerà comunque la fine della sua carriera. A partire da quel momento il racconto si incupisce, il ritmo sembra rallentare proprio come il suo protagonista.

Proprio come nel teatro si giunge ad un ultimo atto in cui qualcosa sta finendo e qualcos’altro ha invece inizio. Si svela anche così il continuo intrecciarsi tra teatro e vita, con tutte le similitudini e le discordanze del caso. Non per nulla Martone costruisce il suo film proprio come se ci si trovasse dinanzi ad un palcoscenico, con frequenti inquadrature totali, scene corali, caos e battute pronunciate a raffica. Si tratta probabilmente del modo più interessante per far emergere tutta la forza di un film come Qui rido io, dove la vita è teatro e dove il teatro è vita, dando vita ad un cortocircuito da cui emergono spunti e riflessioni particolarmente brillanti.

Last night in Soho, recensione del film di Edgar Wright

Last night in Soho, recensione del film di Edgar Wright

Noi esseri umani non possiamo vederci. Vediamo gli altri, li giudichiamo, ma per sapere come siamo, come stiamo con un certo colore di abiti, quanto siamo alti, che faccia abbiamo dopo una serata per locali, abbiamo bisogno di una superficie riflettente. Ma dietro quella stessa superficie – porta diretta sul nostro essere esteriore – si possono nascondere anche portali magici di universi interiori. Attraverso gli specchi ci guardiamo in tutte le nostre sfaccettature, ma sulla scia della potenza suggestiva del nostro inconscio, attraverso un oggetto così banale e ordinario, possiamo scrutare anche altro: mondi perduti, interiorizzati, e rispediti su superfici riverbanti, ponti diretti con universi scomparsi.

Anche lo schermo cinematografico è una superficie riflettente. Locus delle proiezioni degli spettatori-sognatori, lo schermo si fa tela bianca su cui dipingere e riempire con la forza dei propri desideri.

Lo sa bene Edgar Wright, sognatore e spettatore bulimico nutritosi per anni di sostanza filmica attraverso la quale crescere e formarsi sia professionalmente che affettivamente. Un apprendimento assimilato e restituito per mezzo di uno stile dinamico e riconoscibile, che una volta riflettuto su nuovi specchi, esplode per rinascere come una fenice araba.

È uno scontro continuo tra sguardi e superfici riflettenti, Last Night in Soho. Specchi e schermi, reduplicazioni di spazi interiori e universi sognati, si uniscono in una miccia primordiale, reminiscenza espressionista (che genera con una forza iconoclasta una nuova fase dell’opera di Edgar Wright. Una nuova fase tutta da scoprire, con la stessa curiosità di chi si approccia con fare indagatorio dinnanzi allo specchio.

Last night in Soho, la trama

Eloise “Ellie” Turner (Thomasin McKenzie) si trasferisce a Londra con il sogno di diventare una fashion designer. Limpatto con la grande città non è semplice per una ragazza che viene dalla Cornovaglia. Lo studentato in cui vive si rivela inoltre un ambiente non adatto alla propria indole, già ampiamente colpita da un lutto che continua a tormentarla. Decide quindi di affittare una stanza a casa di unanziana signora. Una notte, comincia a sognare la Londra degli anni Sessanta e una giovane bella e piena di talento, Sandie (Anya Taylor-Joy), che cerca di sfondare nello spettacolo. Il sogno si reitera con meraviglia, fino a quando il passato non diventa un incubo che rischia di invadere il presente.

last night in sohoIl passato riflesso nel futuro

Per ricostruire e non rottamare bisogna avere una relazione passionale con il passato. Edgar Wright lo sa bene, ha basato tutta la sua filmografia su tale assunto. Nel corso della sua carriera ha saputo prendere tutto ciò che ha visto per ribaltarlo, interiorizzarlo e farlo proprio, creando patchwork cinematografici intessuti di omaggio con il proprio passato da spettatore cinematografico. Ma adesso il regista compie un ulteriore passo avanti nella sua carriera registica. Partendo da questa stessa dichiarazioni d’intenti, ne applica i principi alla sua filmografia per creare qualcosa di nuovo. Stilisticamente Last Night in Soho è un figlio ribelle che stacca completamente i legami con i propri fratelli maggiori. Tracce del regista che fu (e rimane) si ritrovano nella sua Ellie, figlia degli anni Duemila con una mente forgiata dall’onda nostalgica di una Swinging London che l’ha segnata, influenzandone il proprio estro artistico.

Se già Baby Driver si presentava come un ibrido, spartiacque tra un discorso autoriale ben definito e riconoscibile, con Last Night in Soho Wright si discosta completamente dalla sua visione precedente per creare qualcosa di nuovo. Deostruisce il proprio mondo, uscendo dalla sua comfort zone per rinascere di nuovo. Spogliandosi di quellaspetto parodico con cui omaggiare, ribaltandoli, i film che lo hanno segnato, cresciuto, modellato, e che tanto caratterizza la propria visione dell’opera, Wright ricerca adesso la pura citazione e su quella costruire un discorso maturo, serio, di angoscia e attesa. Un gioco all’omaggio che in Last Night in Soho non preclude l’apprezzamento completo del film anche per coloro che non riescono a cogliere ogni riferimento cinefilo, permettendo loro di entrare nei meandri di una mente rotta, a pezzi, come uno specchio frantumato. 

Mind the Gap in Soho

Per un’opera incentrata sui gap mentali, passaggi tra passato e presente, allucinazioni, ghost story che incontrano l’horror più puro, non c’è spazio per un umorismo dilagante, inquadrature strette, zoom, o movimenti di macchina improvvisi. Tutto è disteso, allungato, come un braccio pronto a sferrare una coltellata mortale, così da insinuare nello spettatore quel giusto senso di angoscia e suspense tale da scaraventarlo in una ragnatela di misteri, dubbi, paure. 

Sfruttando la potenza riflettente di specchi, lame e vetrine, Wright si infila tra le crepe di una giovane mente alimentata da sogni di un passato mai incontrato, se non su poster, fotografie e vinile, enfatizzando ogni distorsione e setacciando ogni metro fino a scavare le propaggini incancrenite di incontri soprannaturali, macchiati di vendetta e rivendicazione personale. La Londra degli anni Sessanta è una coperta di Linus entro la quale avvolgersi per distanziarsi dal mondo che la circonda. Toccare con le dita la superficie di uno specchio è un campanello per entrare nelluniverso agognato, desiderato. Eloise si traveste da Alice attraverso lo specchio, per nascondersi nel mondo della propria fantasia per scappare dalla propria realtà.

L’essenza duale e dicotomica di spettri del passato che collimano in sogni del presente si riscontra visivamente nella scelta della fotografia ombrosa e in una resa cromatica accesa fatta di colori sgargianti, luminosi, accesi come gli abiti che riveste il corpo di una Ana Taylor-Joy evanescente e luciferina. Le inquadrature sembrano invece accarezzare un incanto feroce di una stilista di abiti che finisce per ricucire le violenze del passato tra i meandri onirici del presente. Come il rosso che insegue il blu nel neon rotto che illumina la stanza di Eloise a Soho (interessante che a essere illuminata sia proprio la sillaba “BI”, associazione linguistica a un concetto di doppio, lo stesso alla base del film), così quello che nasce come un sogno, un passaggio segreto tra le vie di una Londra anni Sessanta così tanto agognata, passerà il testimone alle sfumature dell’incubo. Dormire, sognare, colpire, e rinascere, un Uroboros onirico tinto di thriller che Wright costruisce con attenzione, tra immagini sovrimpresse e moltiplicate, immergendo e coinvolgere in maniera immersiva il proprio spettatore, rendendolo partecipe in prima persona delle cadute all’inferno della sua Ellie. Elettrizzanti le scene dei balli, momenti privilegiati di uno scarto incosciente tra desiderio di sicurezza e reale inquietante che sfugge ed eccede i confini dell’inquadratura e del montaggio, reduplicandosi e moltiplicandosi in visioni caleidoscopiche allucinanti e allucinogene. 

Last night in Soho, un gioco di doppi

Sfruttando appieno il contrasto generante tra una colonna visiva giocata su violenza e allucinazione, e quella musicale composta dA brani eleganti e romantici da pop anni ’60, Edgar Wright si immerge nelle ossessioni scavando sotto la profondità epidermica della normalità. La sua Ellie è una ragazza giovane, piena di sogni, apparentemente normale, che vive rinchiusa nella sua ammirazione per gli anni Sessanta ritrovandosene poi prigioniera. E siccome tutti nutriamo una passione viscerale, ecco che il regista insinua nello spettatore il timore che dietro anche la nostra situazione di persone ordinarie si possa nascondere qualcosa di terribile e orrorifico. Si viene a creare dunque un ulteriore contrasto, reiterato in quello estetico di uno sguardo angelico che nasconde un’indole mefistofelica incarnato dal viso di Anya Taylor-Joy, il quale si oppone a sua volte all’innocenza di una Thomasin Mackenzie capace di reggere benissimo il peso del ruolo della protagonista, giocando tra innocenza, fragilità e coraggio.

È un gioco di duplicazioni Last Night in Soho, di sguardi riverberati su specchi, lame taglienti, che fanno da ponti tra desideri indicibili, e incubi spettrali. Come Lo studente di Praga, lo specchio fa da perfetta congiunzione tra le due anime imprigionandole in tempi e spazi a se stanti, mentre tutto attorno è una danza del terrore da ballare sulle note di brani anni Sessanta tra i locali di Soho. 

MCU: il più grande insegnamento che Tony ha dato a Peter proviene da Iron Man 3

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Da quando Peter Parker è stato introdotto in Captain America: Civil War, Tony Stark è diventato il suo mentore. Sebbene riluttante all’inizio, Tony alla fine si è sobbarcato la grossa responsabilità si trattare il giovane eroe come suo protetto.

Col tempo, la relazione tra Spider-Man e Iron Man ha iniziato ad assumere sempre più i contorni di quella tra un padre e suo figlio. Nonostante Tony non fosse presente in Spider-Man: Far From Home, la sua presenza ha comunque avuto un ruolo chiave nel film, dal momento che Peter si è ritrovato ad affrontare le conseguenze della morte del suo mentore dopo gli eventi Avengers: Endgame. È innegabile che, attraverso i film del MCU in sui sono apparsi insieme, il legame tra i due personaggi sia cambiato, iniziando come strettamente professionale e terminando come rapporto molto più intimo.

Sebbene Tony possa non essere il mentore ideale, ha impartito alcune grandi lezioni al suo protetto, inclusa probabilmente la più importante di tutte, presente in Spider-Man: Homecoming. Dopo che il tentativo di Peter di catturare Avvoltoio, causando l’incidente del Traghetto per Staten Island, Tony si riprese il costume aggiornato che aveva regalato al giovane eroe. Successivamente, Iron Man ha avuto modo di riflettere su quanto assomigli a suo padre, ma questa lezione non proveniva dallo stesso Howard Stark, ma bensì dall’esperienza dell’eroe in Iron Man 3.

spider-man: homecoming RDJ e Holland

Dopo l’esperienza di pre-morte in The Avengers, Tony era ossessionato dal pensiero di un’altra invasione aliena. Ovviamente, a quel tempo, non sapeva ancora che Thanos stava agendo nell’ombra, in attesa del momento giusto per fare la sua mossa ed entrare in possesso di tutte le Gemme dell’Infinito. Tuttavia, l’ansia di una minaccia invisibile lo ha portato ad un vero e proprio stato di paranoia in Iron Man 3, spingendolo a creare una sfilza di costumi nella speranza di essere preparato al peggio.

Proprio per questo, quando è stato privato della protezione della sua armatura dopo essersi schiantato in Tennessee, ha dovuto trovare un modo per andare avanti e dirottare la tana del Mandarino senza il contributo del suo costume. In un momento in cui stava per avere un altro attacco di panico dopo aver realizzato che il costume di Iron Man non sarebbe stato pronto in tempo per il suo attacco al nascondiglio del terrorista, il suo giovane amico Harley Keener gli ha fornito supporto emotivo, suggerendogli l’idea di improvvisare.

Alla fine, Tony voleva che Peter imparasse che è l’uomo che indossa il costume che definisce l’eroe, qualcosa che aveva capito a sue spese in Iron Man 3. A questo punto, Peter si sentiva troppo ansioso per dimostrare a se stesso che Tony aveva ragione. Entrambi gli eroi hanno quindi imparato una lezione durante gli eventi di Spider-Man: Homecoming che non ha fatto altro che rafforzare ancora di più il loro legame.

Venom: La furia di Carnage, Andy Serkis concepisce il film come una “storia d’amore”

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Alla fine del primo Venom, Eddie Brock (Tom Hardy) e il suo famelico “parassita” avevano sviluppato una sorta di amicizia, seppur alquanto complicata. Ora, sembra che quel fiorente legame sia destinato a essere una parte importante nell’atteso sequel Venom: La furia di Carnage.

In una nota di produzione ufficiale (via ComicBook), il regista Andy Serkis ha rivelato di concepire il suo film come una storia d’amore non convenzionale. Ma in riferimento a chi? Ovviamente, al simbionte e al suo “ospite”. “Il film è una storia d’amore, ma non la classica storia d’amore a cui potrebbero pensare tutti”, ha spiegato Serkis.

“Riguarda la straordinaria relazione tra il simbionte e l’ospite”, ha aggiunto. “Ogni storia d’amore nasconde delle insidie, ha i suoi alti e i suoi bassi. La relazione tra Venom e Eddie è causa di problemi e di stress. Questi due personaggi provano quasi odio l’uno nei confronti dell’altro, ma sono costretti a stare insieme. Non possono vivere l’uno senza l’altro. Questa è l’amicizia, questo è l’amore. Le relazioni umane si basano su questo tipo di cose.”

Per molti fan, la dinamica tra Eddie e Venom è stato uno degli aspetti più divertenti del primo film, mentre altri hanno ritenuto che i dialoghi tra i due fossero più irritanti che divertenti. Sarà di certo interessante vedere come Andy Serkis e la sceneggiatrice Kelly Marcel hanno lavorato sul rapporto tra questi due personaggi. Di recente, il film è stato anticipato di circa due settimane nelle sale americane, dove arriverà ora il prossimo 1 ottobre. In Italia, l’uscita è fissata per il 14 dello stesso mese.

Quello che sappiamo su Venom: La furia di Carnage

Tom Hardy ritorna sul grande schermo nel ruolo del “protettore letale” Venom, uno dei personaggi Marvel più enigmatici e complessi. In Venom: La furia di Carnage assisteremo allo scontro tra il simbionte e Cletus Kasady, aka Carnage, uno degli antagonisti più celebri dei fumetti su Spider-Man, interpretato da Woody Harrelson.

Nel cast del sequel anche Michelle Williams (Fosse/Verdon) nei panni di Anne Weying, Naomie Harris (No Time to Die) nei panni di Shriek e l’attore inglese Stephen Graham (Boardwalk Empire, Taboo). Il film uscirà in autunno al cinema.

Batgirl sarà il viaggio di Barbara Gordon alla ricerca della sua autostima

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Lo scorso luglio è arrivata la notizia che l’attrice Leslie Grace, vista di recente nel musical Sognando a New York – In the Heights, interpreterà Barbard Gordon in Batgirl, il film dedicato all’iconico supereroe DC che arriverà direttamente sulla piattaforma di streaming HBO Max.

Adesso, in una recente intervista con ET Online, Grace ha parlato per la prima volta del suo ingaggio, anticipando quello che sarà l’arco narrativo del personaggio nel film. Secondo l’attrice, Barbara sarà pronta a dimostrare qualsiasi tipo di ostacolo che potrebbe presentarsi lungo la sua strada, pur di dimostrare il suo valore.

“Barbara è una persona che è stata sottovalutata anche dal suo stesso padre. Spesso e volentieri è stata tenuta lontana rispetto ai grandi problemi della vita. Quindi, è desiderosa di dimostrare a se stessa e agli altri che ci sono tante cose che è in grado di gestire”, ha spiegato l’attrice. “Questo viaggio si concentrerà molto su quest’aspetto.”

“Mi sento come se fossi al centro di un viaggio infinito per provare a me stessa quali barriere si possono infrangere e quali limiti si possono superare per se stessi”, ha aggiunto Grace. “Sono entusiasta di mettere un po’ di quell’entusiasmo, di quella spinta e anche po’ di testardaggine nel personaggio di Barbara.” 

Cosa sappiamo del film su Batgirl

Batgirl, che arriverà direttamente su HBO Max (la piattaforma di streaming di proprietà di WarnerMedia), sarà diretto da Adil El Arbi e Bilall Fallah, registi di Bad Boys for Life e di alcuni episodi dell’attesa serie Ms. Marvel, in arrivo su Disney+. Nel film dovrebbe tornare J.K. Simmons nei panni del Commissario James Gordon, già interpretato in Justice League.

Christina Hodson, che ha scritto lo spin-off Bumblebee e che ha lavorato anche ai film DC Birds of Prey e The Flash, ha scritto la bozza più recente della sceneggiatura. “Con Batgirl, speriamo di condurre il pubblico in un viaggio divertente. L’obiettivo è mostrare loro un lato diverso di Gotham”, aveva dichiarato il produttore Kristin Burr. “La sceneggiatura di Christina è piena di spirito. Adil e Bilall hanno un’energia talmente viva che è quasi contagiosa, cosa che li rende i registi perfetti per questo nuovo progetto sull’universo di Batman. Sono semplicemente entusiasta di poter far parte dell’universo DC. È fantastico.”

In origine, Batgirl doveva essere diretto da Joss Whedon, regista di The Avengers e Avengers: Age of Ultron, nonché della versione cinematografica di Justice League. Tuttavia, nel 2018, il regista ha deciso di abbandonare il progetto, ammettendo di non essere riuscito a “decrifrare la storia”.

Shang-Chi: perché il film non affronta le conseguenze del Blip?

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Shang-Chi: perché il film non affronta le conseguenze del Blip?

In Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, le conseguenze del Blip vengono citate a malapena. Chiaramente, molti fan si sono domandati il perché di questa scelta, decisamente in contrasto con quanto avviene, invece, nelle serie targate Disney+ (pensiamo ad esempio a WandaVision e The Falcon and the Winter Soldier).

Essendo il primo film della Fase 4 ad essere ambientato dopo gli eventi di Avengers: Endgame, i fan si aspettavano un riferimento. Tuttavia, è probabile che d’ora in avanti non ci sarà più bisogno di rivisitare quei cinque anni in ogni singola storia futura. Ad ogni modo, in una recente intervista con The Direct, il produttore di Shang-Chi, Jonathan Schwartz, ha spiegato il motivo per cui nel cinecomic dedicato al primo supereroe asiatico della Marvel non sia stato dedicato più tempo alle conseguenze del Blip.

“L’idea era quella di rendere chiaro allo spettatore che il film fosse ambientato dopo Endgame, ma al tempo stesso non volevamo soffermarci troppo su quegli eventi”, ha dichiarato Schwartz. “C’era molto da raccontare a proposito di Shang-Chi. Volevamo concentrarci sulla storia di questo personaggio e raccontare al pubblico come lo stesso si relaziona in merito al suo percorso, e non a quello già tracciato da altri in precedenza.”

Shang-Chi non rivela, infatti, se personaggi come l’eroe eponimo, Katy e Wenwu siano stati ridotti in polvere durante gli eventi di Avengers: Infinity War. Tuttavia, non sembra che sia stato così, quindi è probabile che non siano stati influenzati più di tanto dalla minaccia di Thanos quanto personaggi come Monica Rambeau e gli stessi Vendicatori.

L’uscita nelle sale di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è fissata al 3 settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato regista di Short Term 12The Glass Castle e Il Diritto di Opporsi con Michael B. JordanJamie Foxx e Brie Larson, è stato scelto per dirigere il film, che vanta la sceneggiatura di Dave Callaham (The Expendables, Godzilla, Wonder Woman 1984).

Vi ricordiamo che nei panni del protagonista ci sarà l’attore canadese Simu Liu, visto di recente nella commedia di Netflix Kim’s Convenience. Insieme a lui, nel cast, figureranno anche Tony Leung nei panni del Mandarino, e Awkwafina, che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo superpotere è l’ipnosi.

Alien – La clonazione: trama, cast e curiosità sul film

Alien – La clonazione: trama, cast e curiosità sul film

Iniziata nel 1979, la saga di Alien è oggi una delle più affascinanti narrazioni sullo scontro tra l’essere umano e gli alieni. Il primo film, diretto da Ridley Scott, è ancora oggi considerato uno dei più importanti horror di fantascienza di sempre e il suo sequel Aliens – Scontro finale, diretto da James Cameron, è uno dei migliori secondi capitoli mai arrivati al cinema. Dopo questi, nel 1992 è arrivato al cinema il poco apprezzato Alien³, diretto da David Fincher e caratterizzato da divergenze artistiche tra lo stesso regista e la produzione. Con questo terzo capitolo la saga sembrava essersi conclusa, ma nel 1997 è invece stato realizzato Alien – La clonazione.

Il nuovo film, diretto stavolta da Jean-Pierre Jeunet (che pochi anni dopo questo film realizzerà il ben diverso Il favoloso mondo di Amelie), si configura però come un seguito piuttosto diverso. Questo è infatti ambientato 200 anni dopo gli eventi del precedente film e con la presenza alla regia di Jeunet il film sfoggia uno stile visivo particolarmente unico e a suo modo distinto da quello dei precedenti film. Nonostante ciò, il film venne accolto in maniera piuttosto tiepida dalla critica, che non mancò però di sottolineare i miglioramenti presenti rispetto al precedente film.

Dopo questo film, però, la saga di Alien prese nuove strade, vedendo da prima arrivare al cinema il crossover Alien vs. Predator e il suo sequel, e in seguito i film Prometheus e Alien: Covenant, i quali fungono da prequel della saga principale. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Alien – La clonazione: la trama del film

Duecento anni dopo la morte di Ellen Ripley, a bordo di un’astronave laboratorio in viaggio verso la Terra, grazie ad una combinazione diabolica di genetica umana resa possibile da un’alleanza fra una banda di contrabbandieri ribelli e un’equipe di scienziati, viene prodotto un essere alieno che si rivela molto più pericoloso e ingestibile del previsto. Per combattere la minaccia aliena, i responsabili della mostruosità decidono di riportare in vita Ellen tramite la clonazione, poiché lei è l’unica ad essere riuscita a sconfiggere tali creature.

La nuova Ripley, chiamata anche Clone 8, è tuttavia formata da una combinazione del sangue originale con un DNA estraneo. Proprio a causa di tale miscuglio, la donna ha generato una serie di mutazioni come anche una gravidanza inaspettata e particolarmente pericolosa. Alleatasi con il gruppo di mercenari e scienziati, Ripley si trova così nuovamente a dover preservare la specie umana, specialmente considerando la sempre più prossima vicinanza al pianeta Terra. Nessuno può però prevedere da che parte stia realmente Ripley, che sempre più avverte delle tendenze aliene.

Alien - La clonazione cast

Alien – La clonazione: il cast del film

Per il nuovo Alien era indispensabile la presenza dell’attrice Sigourney Weaver nel ruolo di Ellen Ripley. L’attrice, tuttavia, non era assolutamente interessata a partecipare ad un quarto capitolo. Pur di convincerla, i produttori le offrirono un compenso molto più elevato, ma alla fine la Weaver accettò anche poiché aveva trovato interessante l’idea di dar vita ad un personaggio allo stesso tempo simile e diverso rispetto a quello visto nei precedenti film. L’attrice ha inoltre avuto grande potere decisionale, e si impose ad esempio perché la scena dell’incontro con la regina degli alieni non venisse rimossa.

L’attrice Winona Ryder recita invece nel ruolo di Annalee Call, la più giovane tra i membri a cui Ripley si allea. Per partecipare al film, la Ryder si è trovata anche ad eseguire una scena d’immersione subacquea, cosa da lei sempre rifiutata per via di un incidente avvenuto anni prima e nel quale è quasi affogata. L’attore Ron Perlman, celebre per aver interpretato Hellboy al cinema, è Ron Johner, il mercenario del gruppo, mentre Dominique Pinon è Dom Vriess, il paraplegico meccanico dell’astronave. Gli attori Gary Dourdan e Mchael Wincott sono poi i membri dell’equipaggio Gary Christie e Frank Elgyn.

Alien – La clonazione: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Alien – La clonazione è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple iTunes, Amazon Prime Video, Disney+ e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 7 settembre alle ore 23:45 sul canale Rai 4.

Fonte: IMDb

Matrix Resurrection: ecco il teaser che annuncia il trailer

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Matrix Resurrection: ecco il teaser che annuncia il trailer

Ecco il teaser trailer di Matrix Resurrection che ci invita a visitare il sito ufficiale del film per guardare le due versioni “interattive” del primo teaser dell’atteso film che ci riporta nel mondo di Neo.

Matrix 4 vedrà nel cast il ritorno di Keanu ReevesCarrie-Ann Moss e Jada Pinkett-Smith al fianco delle new entry Yahya Abdul-Mateen II, Neil Patrick Harris, Jonathan Groff, Jessica HenwickToby Onwumere e Christina Ricci. L’uscita nelle sale è fissata per il 22 dicembre 2021. Il nuovo capitolo del franchise sarà diretto da Lana Wachowski. La sceneggiatura del film è stata firmata a sei mani con Aleksandar Hemon e David Mitchell.

Venezia 78: intervista a Maya Sansa

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Venezia 78: intervista a Maya Sansa

Ecco la nostra intervista a Maya Sansa che è presente a Venezia 78 nella sezione Orizzonti per Il paradiso del pavone, di Laura Bispuri.

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La Caja, recensione del film di Lorenzo Vigas

La Caja, recensione del film di Lorenzo Vigas

Con il titolo di La Caja, Lorenzo Vigas torna al Lido di Venezia, presentandolo in concorso alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, dopo che nel 2015 era stato premiato con il Leone d’oro al miglior film per Ti guardo, facendolo diventare la prima opera di nazionalità sudamericana a ricevere il riconoscimento. I colleghi che lo seguiranno, saranno Guillermo del Toro nel 2017 con La forma dell’acqua (anche se, a onor del vero, concorreva con la bandiera degli Stati Uniti) e Alfonso Cuaròn l’anno successivo con Roma.

Ai tempi Vigas era esordiente: Ti guardo era il suo primo lungometraggio e parlava di un rapporto morboso dai tratti omoerotici tra un uomo di mezza età e un giovane appartenente a una gang di Caracas. Ne La Caja – la cui traduzione è “la cassa” – la questione è molto diversa, ma ad avere séguito è la relazione sbilanciata che s’instaura tra un uomo sulla cinquantina e un ragazzo adolescente.

La Caja, la trama

Hatzín (interpretato da Hatzín Mendoza) sta viaggiando in treno diretto al nord del Messico per recuperare i resti del padre che son stati trovati in una fossa comune. Solo e apparentemente abbandonato a se stesso, l’unico contatto che ha è quello con la sua nonna, a cui telefona periodicamente, rassicurandola e aggiornandola sui suoi spostamenti.

La cassa del titolo è quella dentro la quale ad Hatzín vengono finalmente consegnate le spoglie del papà, e che lui tiene in braccio portandola sommessamente su un autobus di ritorno verso casa della nonna. Fintanto che, durante il viaggio, non nota dal finestrino un uomo che gli pare fortemente familiare (Hernán Navarrete), e che decide d’iniziare a seguire ad ogni costo, anche quello di cambiare definitivamente rotta.

Sì, perché le tematiche che Vigas fa emergere da La Caja, affondano le radici in tanta della cultura e dell’immaginario sudamericani. Una ferita e un dolore profondi e penetranti, che gridano gli effetti di un’orfanezza così diffusa, da essere diventata una condizione sociale.

Ed è di questa fame continua che narra il film, prodotto ancora una volta da Michel Franco, a sua volta presente a Venezia per il film Sundown. Un vuoto appartenente ad un popolo intero, che accomuna talmente tanto da generare un incessante bisogno di giustizia.

L’uomo che Hatzín segue è un personaggio semplice e ambiguo, per quanto non troppo calcato nelle sue sfumature. E la resa che fanno entrambi gli attori della loro relazione, è sempre su una linea vagamente tratteggiata, che non regala mai prove degne di reale profondità, che raccontino per davvero il dramma in corso.

Una storia che “gronda sangue”

Probabilmente è anche un bene che sia così, perché, nell’essere certamente un’occasione mancata, agevola nell’adoperare il giusto distacco a seguire una storia che, in realtà, gronda sangue da ogni lato.

Perché Hatzín interpreta lo smarrimento e l’estenuante ricerca di un padre che riguardano Paesi interi. La necessità di sentire di appartenere a qualcuno, e da questo qualcuno provenire, è così inscritta nell’uomo, da generare una mancanza di senso rispetto alla propria stessa vita, che è proprio quello contro cui dovrà iniziare a combattere il giovane protagonista.

Ma se è vero che chi ci genera ci spiega la nostra sorgente, è altrettanto vero che non ci determina. Così può addirittura accadere di essere in grado di prendere una posizione di netto distacco da qualcosa che decisamente non si condivide, rifiutare di seguire le orme del proprio padre, e da lì scegliere per la vita.

Perché, di fronte alle sofferenze subite da una situazione politico sociale in cui Hatzín è nato e per la quale non può fare niente, il potere che gli resta in mano ha molta più forza di quella che gli può essere imposta dalla sua storia. Ed è a partire da questo che può scegliere davvero l’esempio da seguire.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: 10 curiosità sul nuovo film Marvel

Attualmente in sala, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli (qui la recensione) è il nuovo film della Marvel, nonché il primo a vantare un supereroe asiatico. Come già avvenuto per gli altri titoli che compongono questo ricco universo narrativo, anche il nuovo film si configura come una origin story che lascia presumere che il personaggio sarà tra i principali nuovi volti dell’MCU. Numerose sono poi le curiosità legate al lungometraggio, da scoprire sia che se si è già visto il film, sia se non lo si è ancora andati a vedere.

Ecco 10 curiosità su Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: un primo adattamento del personaggio

1. Stan Lee voleva dar vita al personaggio già negli anni Ottanta. Ben prima che il Marvel Cinematic Universe venisse anche solo concepito, il padre di molti dei supereroi della Marvel, Stan Lee, aveva già ipotizzato un adattamento per il grande o piccolo schermo del personaggio di Shang-Chi. Verso la fine degli anni Ottanta, infatti, egli iniziò a sviluppare il progetto pensando a Brandon Lee come interprete del protagonista. Il personaggio di Shang-Chi era infatti basato a livello visivo su Bruce Lee, e suo figlio Brandon sembrò essere una scelta logica per il ruolo. Il progetto, però, non venne mai realizzato.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: il primato stabilito dal film

2. È il primo film del Marvel Cinematic Universe con un protagonista asiatico. Oltre ad essere il venticinquesimo film del MCU, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli ha stabilito l’importante primato di essere il primo film incentrato su un supereroe asiatico. L’obiettivo era infatti quello di esplorare “temi asiatici e asioamericani, realizzati da cineasti asiatici e asioamericani”, in modo simile a quanto fatto con la cultura africana e afroamericana in Black Panther (2018).

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: il cast del film

3. Simu Liu ha richiesto alla Marvel di considerarlo per il ruolo tramite Twitter. Divenuto noto grazie a serie televisive come Kim’s Convenience, Blood and Water e Taken, l’attore Simu Liu attendeva da tempo un ruolo che potesse consacrarlo all’interno del mondo di Hollywood. Nel dicembre del 2018 egli scrisse dunque tramite il social network Twitter all’account ufficiale della Marvel, richiedendo espressamente di essere preso in considerazione per il ruolo di Shang-Chi. Nel luglio del 2019, infine, egli scrisse un nuovo Tweet in cui ringraziava la Marvel per avergli assegnato il ruolo.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli film

4. Tony Leung non conosceva Mandarino. Meglio noto per aver recitato in diversi film di Wong Kar-wai, come Hong Kong Express, Happy Together e soprattutto In the Mood for Love, l’attore Tony Leung è stato scelto per interpretare il villain Mandarino in Shang-Chi. Leung, tuttavia, non sapeva assolutamente nulla del personaggio e la Marvel gli permise di non dover fare ricerche a riguardo, bensì di immaginare una storia originale per il personaggio. Leung si concentrò così sull’ipotizzare ciò che lo ha portato a divenire il cattivo che è.

5. Awkwafina si è allenata in modo particolare per il suo ruolo. Nel film l’attrice Awkwafina, recentemente vincitrice del Golden Globe per il suo ruolo da protagonista in The Farewell – Una bugia buona, interpreta qui Katy, la migliore amica del protagonista, verso cui prova un affetto molto sincero. Coinvolta anche lei in diverse scene d’azione, l’attrice si è preparata addestrandosi nelle acrobazie d’auto e nel tiro con l’arco.

6. Michelle Yeoh è tornata a far parte del Marvel Cinematic Universe. Michelle Yeoh è la terza attrice ad ottenere un doppio ruolo nel Marvel Cinematic Universe, dopo Gemma Chan per Captain Marvel (2019) ed Eternals (2021) e Laura Haddock. Quest’ultima ha infatti avuto una piccola parte in Captain America – Il primo Vendicatore (2011) prima di interpretare Meredith, la madre di Peter Quill, in Guardiani della Galassia (2014) e Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017). Proprio in questi secondo film la Yeoh aveva interpretato Aleta Ogord, prima di assumere il ruolo di Jiang Nan in Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli curiosità

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: il significato degli anelli

7. Gli Anelli hanno ognuno un proprio simbolo. I simboli nel logo dei Dieci Anelli sono caratteri cinesi: “hong” (vasto), “xiong” (che significa in vario modo maestoso, maschile o eroico), qiang” (forza e potere), “wei” (che significa in vario modo potere o timore reverenziale), “quan” (autorità e potenza), “li” (potenza e forza), “zhuang” (forte, robusto), “wei” (grandezza), “jie” (eccezionale) e “sheng” (ascendente).

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: i registi per il film

8. Ang Lee avrebbe potuto dirigere il film. Quando nel 2003 il regista premio Oscar Ang Lee portò al cinema il film Hulk, primo adattamento dedicato al personaggio, egli si disse intenzionato a produrre, ed eventualmente anche dirigere, un film su Shang-Chi. Suo desiderio era infatti di portare al cinema un supereroe asiatico, dimostrandone il potenziale. A causa dello scarso successo di Hulk, tuttavia, il progetto non venne mai realizzato.

9. Per Destin Daniel Cretton è il primo film commerciale della sua carriera. Il regista hawaiano con origini giapponesi Destin Daniel Cretton vanta ad oggi una serie di lungometraggi di stampo indipendente quali Short Term 12, Il castello di vetro e Il diritto di opporsi, tutti interpretati dalla premio Oscar Brie Larson. Nel momento in cui questi è stato scelto per la regia di Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, per lui è stata l’occasione per misurarsi con un progetto molto diverso e particolarmente più commerciale rispetto ai suoi precedenti lavori.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: le auto presenti nel film

10. Il film presenta diversi nuovi modelli di BMW. Come Black Widow (2021), che ha debuttato due mesi prima di questo film, anche Shang-Chi contiene un ampio presenza di prodotti BMW. I coupé M8 e i8 sono infatti presenti all’inizio del film nelle scene ambientate a San Francisco, mentre Katy ruba un prototipo iX3, non ancora rivelato pubblicamente all’inizio delle riprese, per il viaggio a Ta Lo.

Fonte: IMDb

Scene da un matrimonio: recensione della miniserie con Jessica Chastain e Oscar Isaac

Alla 78esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, viene presentato, nella sezione Fuori Concorso, Scene da un matrimonio, miniserie tv di cinque puntate che in Italia uscirà il 20 settembre su Sky Atlantic.

A dirigerla è Hagai Levi, regista e sceneggiatore israeliano, che viene dalla creazione di In Treatment nel 2008 e The Affair del 2014. La serie è una rivisitazione di quella omonima del ’73 di Ingmar Bergman, dove la trama e le fila principali delle tematiche non si discostano molto dalla versione svedese, ma possiedono fondanti distinzioni che mostrano chiaramente l’ambientazione ai giorni nostri.

In Scene da un matrimonio Mira (Jessica Chastain) e Jonathan (Oscar Isaac) sono due ex sposi che si incontrano in momenti diversi, principalmente nella casa dove abitavano quando erano moglie e marito, e discutono molto, a ondate, passandosi di volta in volta il testimone dell’egoismo, del bisogno, del vuoto e della dipendenza.

Scene da un matrimonio, un racconto aggiornato ai tempi

Nonostante negli anni ’70, quando era uscito Scene da un matrimonio, stessero iniziando le prime rivoluzioni d’idee e ruoli – anzi: forse soprattutto per questo –, a prendere la decisione di andarsene era stato Johan (Erland Josephson), così come ad avere reazioni fisiche violente e ad avere il ruolo talvolta più distaccato.

Nel dramma riscritto da Hagai Levi, invece, le situazioni sono quasi del tutto invertite, non fosse altro perché oggi a subire la scelta del partner è il marito, che si trova quindi a dover gestire ogni anfratto del proprio mondo emotivo, fino a quel momento pressoché sconosciuto.

La ricchezza del riaccostarsi alla triste storia di un matrimonio che finisce, riadattandola alla mentalità di oggi, sta prevalentemente nel fatto che non c’è spiegazione o matassa che possa veramente sbrogliarsi e ricevere finalmente la luce, ed è una questione che vale da che mondo è mondo. Perché il punto principale è sempre uno, e uno solo: è difficile e ci vuol pazienza.

La sintonia armoniosa con cui Jessica Chastain e Oscar Isaac si muovono e danzano nel corso delle sequenze, racconta in maniera perfetta l’andatura di ogni fase che si attraversa quando ci si lascia, ma non ci si vuole lasciare. I protagonisti incastrano gli stati emotivi, alternandoli, raccontandone lo smarrimento, e parlando di qualcosa che conosciamo tutti molto bene – certo: chi più chi meno.

L’universalità dei sentimenti di Scene da un matrimonio

Ma è buffo, per alcuni aspetti, osservare come tutto il mondo (dei sentimenti) sia paese, quando si parla di amore, e quando si capisce che non ci si capisce più, ma in fondo ancora ci sia ama. E poi, come riconoscere se ancora ci si ama veramente? C’è da ammettere che fiumi d’arte si son sprecati su un argomento di tale portata, e tanti ancora ne scorreranno.

Certo è che il lavoro fatto da Hagai Levi è scritto in maniera efficace e chiara, e lo sviluppo del canone naturalistico è reso, appunto, in modo sempre scorrevole dagli attori, che si rimpallano il bisogno di riconoscimento reciproco, con una complicità tale che a volte quasi sfugge loro di mano.

In Scene da un matrimonio Chastain e Isaac traducono un amore di coppia della durata di diciassette anni con la capacità di un talento interpretativo raro, che fu anche del duo formato dalla musa di Ingmar Bergman, Liv Ullmann, e di Erland Josephson. Così come era stato per Storia di un matrimonio di Noah Baumbach, presentato in anteprima sempre a Venezia nel 2019, e per gran parte delle coppie raccontate in chiave assurda da Woody Allen. La potenza di tali storie si sorregge sulla forza del dialogo di chi le interpreta, anche e in modo particolare di quel dialogo che non è espresso. Quasi a voler mostrare, mettendolo in scena, ciò che nella vita parrebbe così complicato da realizzare.

Gold Digger, la nuova serie thriller in arrivo su SKY e NOW

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Gold Digger, la nuova serie thriller in arrivo su SKY e NOW

Gold Digger è la nuova serie tv in arrivo su Sky Serie e NOW, un intenso thriller romantico con Julia Ormond e Ben Barnes. Creata da Marnie Dickens (Thirteen) e con la regia dei primi tre episodi affidata a Vanessa Caswill.

Gold Digger: in streaming, ecco dove vederlo

Gold Digger uscirà dall’8 settembre su SKY SERIE. Gold Digger in streaming sarà disponibile su NOW

Gold Digger disponibile su NOW e anche on demand su Sky. Iscriviti a soli 3 euro per il primo mese e guarda il film e molto altro.

Gold Digger streaming tramaGold Digger: trama e cast

Dopo aver passato decenni della sua vita totalmente concentrata sui bisogni delle persone attorno a lei – il suo ex marito, Ted, e i suoi tre figli, Patrick, Della e Leo – Julia Day (Ormond), una ricca sessantenne, si lancia in una relazione destinata a suscitare accese discussioni. Il suo nuovo compagno, infatti, è più giovane di lei, anzi molto più giovane di lei. Infatti, Benjamin (Barnes), giovane prestante, ha trentasei anni. La famiglia di Julia, compresa la sua ex suocera, una donna senza peli sulla lingua, non ha dubbi: altro che amore, quell’uomo dev’essere per forza un cacciatore di dote. Se non fosse che Julia, innamoratissima, è pronta a difendere questa relazione con tutta se stessa. Per tutta la vita ha sacrificato la sua vita personale, erano anni, infatti, che non si sentiva così viva, così capita e così amata. La sua sarà la scelta giusta? Oppure i suoi figli e il suo ex marito riescono a vedere qualcosa che lei non vede? Cosa nasconde Benjamin? Soprattutto, cos’è successo nel passato della famiglia Day?

Nel cast di Gold Digger protagonisti sono Julia Ormond (Le Streghe dell’East End, The Walking Dead: World Beyond) e Ben Barnes (Le Cronache di Narnia, Dorian Gray) nei panni dei protagonisti, che con la loro scandalosa relazione amorosa portano in scena un vero e proprio tabù: l’equilibrio dey Day, una famiglia benestante della Londra viene infatti scosso quando la madre annuncia di essersi innamorata di un ragazzo con la metà dei suoi anni. Nel cast anche Alex Jennings come Ted Day, l’ex marito di Julia. Sebastian Armesto come Patrick Day, il maggiore dei figli di Julia e Ted. Yasmine Akram come Eimear Day, la moglie di Patrick. Jemima Rooper come Della Day, la figlia di Julia e Ted. Archie Renaux come Leo Day, il figlio di 25 anni di Julia e Ted, che vive ancora con sua madre. Nikki Amuka-Bird come Marsha, l’ex migliore amica di Julia che ha avuto una relazione con Ted. Karla-Simone Spence interpreta Cali Okello, la figlia di Marsha, la giovane adulta travagliata alle prese con la perdita di suo padre. Julia McKenzie come Hazel, la madre di Ted. Indica Watson come Charlotte Day, la figlia di Patrick e la nipote di Julia. David Leon come Kieran, fratellastro di Benjamin

 La prima stagione di Gold Digger

  • St. 1 episodio 1: Her Boy: Julia e Benjamin si incontrano per caso e iniziano a frequentarsi. Quando Julia lo presenta ai suoi figli adulti, si chiedono se le intenzioni di Benjamin siano motivate finanziariamente.
  • St. 1 episodio 2: Julia porta Benjamin nella sua casa nel Devon, e lui è sorpreso di vedere l’estensione della sua ricchezza. La visita è interrotta da un confronto teso con Ted, che mette in discussione le motivazioni di Julia per formare una nuova relazione. Julia sceglie di tornare a Londra e chiede di incontrare gli amici di Benjamin, ma quando si rifiuta di mostrarle dove vive, lei inizia a temere che le stia nascondendo qualcosa. Della si presenta senza preavviso alla porta del suo ex, e viene messa sotto pressione da suo fratello perché dissotterra Benjamin.
  • St. 1 episodio 3: Quando i figli di Julia accusano Benjamin di infedeltà, minaccia di dividerli. Ma la loro relazione si rafforza man mano che vanno a vivere insieme e Benjamin fa la proposta.
  • St. 1 episodio 4: Julia decide di non dire ai suoi figli che è fidanzata quando visitano a Natale, lasciando Benjamin sentirsi rifiutato. Tuttavia, finisce per lasciarlo scivolare durante la cena e nessuno dei suoi figli è felice per lei. Ted mette in discussione con rabbia le motivazioni di Benjamin e propone cinicamente a Marsha in un atto di superiorità. Quando individua le sue ragioni egoistiche e lo rifiuta, lo spinge a ricominciare a bere, oltre a sollecitare i suoi figli a impedire che il matrimonio vada avanti per il bene della loro eredità.
  • St. 1 episodio 5: La tensione si intensifica quando il membro della famiglia perduto da tempo di Ben arriva a casa di Julia e si ingrazia la famiglia. Julia decide una volta per tutte di scoprire la verità sul passato di Ben.
  • St. 1 episodio 6: Con l’arrivo del giorno del matrimonio di Julia e Ben, vengono rivelati altri segreti del passato: per Julia su Ben e per i bambini sul tormentato matrimonio dei loro genitori. Julia e Ben riusciranno ad arrivare all’altare?

Sex Education 3: trailer della nuova stagione in arrivo

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Sex Education 3: trailer della nuova stagione in arrivo

Netflix rilascia il trailer di Sex Education 3, la terza stagione di Sex Education che sarà disponibile dal 17 settembre 2021 con otto nuovi episodi, in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.

È un nuovo anno: Otis fa sesso occasionale, Eric e Adam hanno ufficializzato la loro relazione e Jean sta per avere un bambino. Nel frattempo, la nuova preside Hope (interpretata da Jemima Kirke) cerca di ripristinare gli standard di eccellenza della Moordale, Aimee scopre il femminismo, Jackson si prende una cotta, mentre un messaggio vocale perduto incombe ancora.

Tra i nuovi membri del cast anche: Jason Isaacs nel ruolo di Peter Groff, il fratello maggiore, di maggior successo e decisamente poco modesto del padre di Adam; l’artista Dua Saleh, al debutto attoriale nel ruolo di Cal, un nuovo studente non binario della Moordale; e Indra Ové nel ruolo di Anna, la madre adottiva di Elsie, la sorellina di Maeve.

La serie è interpretata da: Asa Butterfield, Gillian Anderson, Emma Mackey, Ncuti Gatwa, Connor Swindells, Aimee-Lou Wood, Kedar Williams-Stirling, Chaneil Kular, Simone Ashley, Mimi Keene, Tanya Reynolds, Mikael Persbrandt, Patricia Allison, Sami Outalbali, Anne-Marie Duff, George Robinson, Chinenye Ezeudu, Alistair Petrie, Samantha Spiro, Rakhee Thakrar e Jim Howick.

Sex Education è scritta e creata da Laurie Nunn e prodotta da Eleven. Il team di sceneggiatori comprende Sophie Goodhart, Selina Lim, Mawaan Rizwan, Temi Wilkey e Alice Seabright, con il contributo di Jodie Mitchell. La terza stagione è diretta da Ben Taylor e Runyararo Mapfumo, mentre Laurie Nunn, Ben Taylor e Jamie Campbell sono i produttori esecutivi.

Il Buco, recensione del film di Michelangelo Frammartino

Il Buco, recensione del film di Michelangelo Frammartino

Nel 2007, quando il regista Michelangelo Frammartino stava girando in Calabria Le quattro volte, viene invitato dal sindaco per una visita nel Parco del Pollino e, nell’occasione, con grande fierezza il primo cittadino gli fa vedere l’Abisso del Bifurto. L’esperienza è così impressionante, da spingere Frammartino a farne un film, mosso dalla suggestione di quei luoghi primordiali, e dal suono senza fondo del baratro della grotta.

Perché è proprio attorno a questi punti che ruota la narrazione de Il Buco, presentato in Concorso alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia. Il silenzio totalizzante, senza alcun tipo di scelta musicale, i dialoghi praticamente inesistenti, vengono fatti interrompere solo a tratti dal richiamo di un pastore verso il suo gregge, o dai fischi di speleologi che si calano tra le rocce, che risultano comunque essere parte di un codice proveniente da un mondo antico.

Il Buco, un codice proveniente da un mondo antico

La storia, infatti, è ambientata nel 1961, quando un gruppo di esploratori piemontesi decide di partire per una spedizione volta a tracciare le profondità dell’Abisso del Bifurto, appunto. E il tutto in un periodo storico che stava gettando le basi per cui molti degli equilibri biologici di quella zona si sarebbero iniziati irreversibilmente a incrinare.

Quando in Italia il boom economico stava esplodendo, e cominciavano a fiorire palazzi di centinaia di metri, degli uomini si incuneavano nei primordi dei meandri della Terra, evento che diventa l’ottima scusa per Michelangelo Frammartino per raccontare e portare alla luce una volta di più qualcosa che oggi abbiamo – evidentemente – sepolto sotto strati di cemento.

Le uniche parole si sentono all’inizio del film, e sono di una trasmissione televisiva di quegli anni, nella quale il telecronista si mostra arrampicato su un’impalcatura che sale verso la cima del Pirellone in costruzione, nel cuore di Milano, e ne spiega la spettacolarità, l’avanguardia. Ed è esattamente di questo calibro la missione che vuole intraprendere il regista: scendere nella natura selvaggia e incontaminata, grezza e inospitale, per narrarla in contrasto con tutto quel che poi lo scintillio apparente della modernità avrebbe inesorabilmente portato di lì a poco. E lo fa con espedienti che lavorano per alternanza tra l’asprezza degli spazi e dei volti, e l’affaccio di quel che stava penetrando man mano nel quotidiano, proprio come la televisione vissuta come un rituale serale condiviso nella piazza del paese. Il mondo artificiale, l’intervento predatorio dell’uomo, è raccontato a chiazze di colore, improvvise ma ancora timide, esemplificato da ritagli di giornali raffiguranti Sophia Loren, Kennedy, Marilyn Monroe, che vengono dati alle fiamme dagli speleologi e poi gettati nella caverna per scorgerne eventuali passaggi.

Un inno al dominio del creato

Il quadro che dipinge Frammartino è ancora avvolto dal dominio del creato, che abbraccia e ingloba tutte le scene, quasi come se fosse un’entità che impera dall’alto, e gestisce governando ciò che è concesso da ciò che non lo è. È dell’incontaminazione che vuole parlare, di com’era un tempo, lasciando una testimonianza che fa da monito su come sarebbe davvero il luogo che abitiamo, dentro al quale siamo solo ospiti, e che possiede una potenza che sa essere anche distruttiva.

Attraverso delle immagini che spesso sono statiche, inamovibili come montagne, a volte estenuanti per la lentezza, e che fanno sobbalzare dai rumori tuonanti e inaspettati, Il Buco fa esattamente ciò che promette: trascina in un terreno ostile, a cui è l’uomo a doversi adattare, senza possibilità di contrattazione di sorta, pena: la morte, oppure – e probabilmente, forse, è peggio – l’estraniazione in grandi città che fanno dimenticare le radici alle quali apparteniamo.

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