È di pochi giorni fa la
notizia che Black Widow, l’attesissimo
cinecomic Marvel con protagonista il
personaggio di Vedova Nera interpretato da Scarlett
Johansson, arriverà ora nelle sale il 7 Maggio 2021, a
quasi un anno esatto di distanza dal debutto inizialmente fissato
per il film nei cinema americani (1 Maggio 2020).
A lungo si è parlato della
possibilità che Black Widow potesse
arrivare direttamente su Disney+ come accaduto con il live
action di Mulan, e
all’epoca di questa teoria sempre più insistente anche David
Harbour, interprete di Guardiano Rosso nel film, aveva
sostenuto l’ipotesi. Adesso, attraverso il suo account Instagram, la star di
Stranger Things ha rivoluto un messaggio a tutti i fan
del MCU, scusandosi per l’ulteriore rinvio del cinecomic ed
invitandoli ad essere pazienti.
“Mi dispiace”, ha esordito
l’attore. “Dovrete aspettare fino a Maggio 2021 prima di poter
infilare una cannuccia nella mia testa con l’elmetto e sorseggiare
la vostra Diet Coke, e meravigliarvi di come il Guardiano Rosso
riesca ad infilare il suo corpo eccessivamente carnoso in quel
super costume”. Le parole di Harbour fanno riferimento
all’immagine con la quale ha scelto di accompagnare il suo
messaggio: il copribicchiere dedicato al suo personaggio, parte del
merchandising ufficiale ispirato a Black Widow.
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è stata riscritta
nei mesi scorsi da Ned Benson(The
Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Arriva da
Variety la notizia che SEGA è attualmente al lavoro sullo
sviluppo di un live action basato su Yakuza, il
celebre videogioco creato dalla società multinazionale giapponese.
SEGA sta collaborando al progetto insieme a 1212 Entertainment e
Wild Sheep Content. Erik Barmack, Roberto Grande e Joshua Long
figureranno in qualità di produttori. Al momento il live action è
alla ricerca di uno sceneggiatore.
Yakuza è il secondo
franchise più redditizio di SEGA dopo Sonic the Hedgehog (anche
questo arrivato di recente sul grande schermo grazie ad un adattamento live
action che ha visto nel cast, tra gli altri, anche
Jim Carrey). Il primo capitolo della saga videoludica è stato
pubblicato nel 2005 e da allora sono stati realizzati ben sette
sequel e otto spin-off, quasi tutti acclamati dalla critica e dalla
comunità nerd.
È probabile – ma non ancora
confermato – che l’adattamento cinematografico si concentrerà sulla
storia del protagonista Kazuma Kiryu, che viene scarcerato dopo
essere stato incastrato per un omicidio che in realtà non ha
commesso. Da lì tornerà a far parte della Yakuza (la mafia
giapponese), alla disperata ricerca di una fortuna dal valore di 10
miliardi di yen.
“Yakuza ci offre un nuovo
terreno di gioco in cui ambientare storie avvincenti con personaggi
complessi in un ambiente unico che il pubblico ha raramente visto
prima”, ha dichiarato in una nota ufficiale 1212
Entertainment. “La saga di Kazuma Kiryu ha un fascino
cinematografico incorporato: un mix di azione cinetica con
esplosioni di commedia, molteplici trame convergenti e un
avvincente viaggio verso la redenzione.”
Il produttore Erik Barmack ha
aggiunto: “Con la nostra esperienza nel raccontare storie
globali, siamo entusiasti di portare questo enorme progetto sulle
piattaforme di tutto il mondo”.
Jurassic
World: Dominion chiuderà ufficialmente la nuova
trilogia dedicata ai celebri dinosauri, ma al tempo stesso punterà
nuovamente i riflettori sul cast originale della saga. Sappiamo
infatti da diverso tempo che Sam Neill,
Laura Dern e
Jeff Goldblum torneranno nei panni dei rispettivi
personaggi già interpretati nel primo iconico Jurassic Park del 1993.
Sappiamo anche, però, che i ruoli
del Dr. Alan Grant, il Dr. Ellie Sattler e il Dr. Ian Malcolm non
saranno ridotti alla stregua di brevi cameo. In una recente
intervista con
Games Radar, il regista Colin Trevorrow – che tornerà dietro la
macchina da presa dopo aver già diretto Jurassic
World del 2015 – ha sottolineato ancora una volta
l’importanza dei personaggi originali della saga all’interno della
storia di Dominion.
“Questo è il film che stavo
aspettando di fare fin dall’inizio”, ha ironizzato Trevorrow.
“È quello al quale i due film precedenti ci stavano portando.
Fa davvero parte di una storia più ampia, di un disegno molto più
grande.”
“Penso che le persone stiano
sottovalutando l’importanza dei personaggi di Sam Neill, Sam Neill
e Jeff Goldblum in questo film”, ha continuato il regista.
“È un film di gruppo che avrà la capacità di prendere questi
personaggi amati da oltre 30 anni e di far capire come
interagiscono tra loro nel contesto di un mondo che non abbiamo mai
visto prima, di cui non siamo stati testimoni fino ad oggi.È un
aspetto davvero molto eccitante per me.”
Jurassic
World: Dominion vedrà sia Chris
Pratt che Bryce
Dallas Howard tornare nei loro ruoli. Insieme a
loro, ritroveremo anche Justice Smith, Daniella
Pineda, Jake Johnson e Omar
Sy. Laura
Dern e Sam
Neill riprenderanno rispettivamente i ruoli che
avevano in Jurassic
Park, rispettivamente la Dr. Ellie Sattler e il Dr. Alan
Grant. I personaggi sono stati visti per l’ultima volta
nel Jurassic Park 3 del 2001. Un altro eroe
originale, Ian Malcolm, interpretato da Jeff
Goldblum, ha firmato per tornare in Jurassic
World 3. Goldblum è stato visto l’ultima volta
in Jurassic World:
Il Regno Distrutto.
Nella giornata di ieri è arrivata la
notizia che ad
Ottobre si terrà una sessione di riprese aggiuntive della
Snyder Cut di Justice
League, l’attesissima versione di
Zack Snyder del cinecomic uscito nelle sale nel 2017.
A differenza però di quanto appreso ieri, pare che
Henry Cavill, l’interprete di Superman, non sarà coinvolto
nei reshoot.
THR aveva specificato che ad essere coinvolto nella
realizzazione del nuovo materiale utile a terminare i lavori sulla
Snyder Cut sarebbero stati Ben Affleck (Batman), Henry
Cavill (Superman), Gal
Gadot (Wonder Woman) e probabilmente
anche Ray
Fisher (Cyborg). Adesso, però, è stato proprio Cavill
a smentire il suo coinvolgimento in una recente intervista con
Collider in occasione della promozione del film Enola
Holmes (disponibile sulla piattaforma di streaming dallo
scorso 23 Settembre).
“Non girerò alcuna scena
aggiuntiva”, ha specificato Cavill. “Almeno per quanto
riguarda il mio personaggio, ci saranno tutte cose già realizzate
in passato. Ovviamente non so in che modo di evolveranno le cose,
come cambieranno e come verranno adattate in base alla durata della
nuova versione o a qualsiasi altra cosa che accadrà in fase di
post-produzione. Se c’è una cosa che ho imparato in questi quattro
anni dall’uscita di Justice League? La reazione dei fan! Per
quanto mi riguarda… adesso voglio soltanto godermi la
festa.”
Collider sottolinea però che l’intervista in questione è stata
realizzata prima che venisse ufficializzata la notizia delle
riprese aggiuntive di Justice
League. È probabile dunque che Henry Cavill sapesse già dei reshoot, ma al
momento dell’intervista non gli era ancora stata concessa la
possibilità di parlarne pubblicamente. Non ci resta che attendere
ulteriori dettagli in merito.
Il budget per le riprese aggiuntive
della Snyder Cut di Justice League
Le riprese aggiuntive della
Snyder Cut di Justice
League dovrebbero avere luogo ad Ottobre e durare
soltanto per una settimana. Nonostante la breve durata, il budget
sarà comunque elevato: pare infatti che saranno necessari 70
milioni di dollari per girare il nuovo materiale. Al momento non
sappiamo se anche Jason
Momoa (Aquaman) e/o Ezra
Miller (Flash) saranno coinvolti nei reshoot.
Vi ricordiamo che
la Snyder
Cut di Justice
League uscirà nel 2021 sulla piattaforma
streaming di Warner Bros HBO Max che è disponibile negli USA
dall’Aprile scorso. Attualmente non sappiamo se in Italia la
versione debutterà su qualche piattaforma streaming dato che HBO
MAX non è disponibile nel nostro paese. Ma sappiamo che HBO in
Italia ha un accordo in esclusiva con SKY, dunque potrebbe essere
una valida teoria pensare che in Italia il film possa essere
programmato su SKY CINEMA o su SKY ATLANTIC. Tuttavia, quest’ultima
è solo una supposizione dunque non ci resta che aspettare ulteriori
notizie.
La
morte di Chadwick Boseman, star di Black Panther, ha lasciato una ferita profonda
nell’industria cinematografica di Hollywood, ma anche nel cuore di
tutti i fan del personaggio del MCU incarnato dall’attore
statunitense. Proprio per l’importanza che l’attore ha ricoperto
grazie all’interpretazione del primo supereroe di colore, gli
omaggi alla memoria di Boseman continuano ad arrivare da ogni parte
del mondo.
In tal senso, l’ultimo arriva
direttamente dall’artista Nikkolas Smith,
responsabile della creazione di un bellissimo murale in cui è
possibile vedere Boseman che si scambia il tradizionale saluto di
Wakanda con un bambino che indossa una maschera di Pantera Nera. Il
murales è stato esposto presso il Downton Disney sito nel
Disneyland Resort ad Anheim, in California.
“Questo è speciale. Il mio
tributo al re Chad è adesso su un muro in mostra a Downtown
Disney”, ha scritto Smith sul suo profilo Instagram
ufficiale. “Per me è un momento che chiude un cerchio: i miei
ultimi due progetti in qualità di Disney Imagineer risalgono alla
scorsa estate e riguardavano il Children’s Hospital e l’Avengers
Campus. Per milioni di bambini, T’Challa era una leggenda più
grande della vita stessa, e non c’era nessuno più degno di assumere
quel ruolo di Chadwick Boseman.”
“Sono veramente grato di aver
potuto onorare la vita e la missione di Chadwick in questo modo.
Sono grato alla famiglia Disney per essere stata così solidale nei
confronti del mio viaggio come artista”, ha concluso Smith. Il
Disneyland Resort è ancora oggi chiuso a causa della pandemia di
COVID-19, ma il complesso di Downtown Disney è invece aperto, ed è
lì che è possibile ammirare il commovente murale.
Dal 9 settembre è disponibile su
NetflixThe Social Dilemma, un
documentario ibrido che racconta, in maniera chiara e per certi
versi aggressiva, qual è l’impatto che i social media hanno sulla
vita di ognuno di noi, un impatto che ha molto poco di conscio da
parte degli utenti e si basa su delle logiche che fanno appello
alla psicologia, alla sociologia, ad una parte irrazionale
dell’utente stesso che finisce per essere l’oggetto del mercato di
Facebook, di Instagram, di Pinterest, di Twitter, ecc.
Di che parla The Social Dilemma
Il documentario è formato da una
parte classica, che riporta una serie di interviste e testimonianze
di ex dirigenti e impiegati delle aziende social, e da una parte di
fiction, in cui seguiamo la vita di un adolescente sempre più perso
all’interno del suo smartphone, il quale grazie ad un espediente
visivo prende forma in una specie di consolle gestita da tre
piccoli omini che modificano le impostazioni di pubblicità e
cockies delle sue schermate social, proprio per tenere sempre più
alta l’attenzione del ragazzo sul suo aggeggio elettronico. Un
espediente che abbiamo visto in Inside Out della Pixar, per intenderci, ma che
questa volta dà voce non più alle 5 emozioni primarie di ognuno di
noi, ma ad un infido sistema operativo di un cellulare
intelligente.
A dirigere The Social
Dilemma c’è Jeff
Orlowski, giovane regista già vincitore di un Emmy
Award con Chasing Ice, documentario sullo
scioglimento dei ghiacciai del 2012. Orlowski si sposta nella
Silicon Valley, culla di tutte le sedi delle grandi aziende che
controllano la vita social di ognuno di noi, per raccogliere
interviste di ex dipendenti che spiegano il funzionamento e
l’influenza che i social hanno nella vita di tutti.
Perché i social sono gratuiti?
L’assunto del documentario è
semplice: come mai questi social sono gratuiti? È presto detto, lo
sono perché non vogliono venderci nulla, dal momento che il
prodotto in vendita siamo proprio noi utenti con i nostri dati. Ma
i dati, in questo caso, e dopo molteplici scandali e denunce per
appropriazione indebita degli stessi, non sono una merce che frutta
di per sé, sono un ponte verso la definizione di un tipo di
cliente.
Le due linee narrative di
The Social Dilemma, quella fiction e quella
prettamente documentaristica, rappresentano le due principali
conseguenze dei social nella vita degli utenti. Se da una parte
sono responsabili dell’ossessione che, soprattutto trai giovani,
essi esercitano sulla menti e sul comportamento sociale, dall’altra
sono in grado di manipolare gli stessi utenti arrivando ad
innescare meccanismi che sono in grado addirittura di indirizzare
non solo la scelta di comprare un prodotto piuttosto che un altro,
ma anche di condizionare la scelta di voto. Questo tipo di
influenza è stata scandagliata in un altro documentario,
The Great Hack (trai
nominati ai BAFTA 2019), sempre disponibile su Netflix e datato
2019, in cui si indagano i ruoli di Facebook e degli adv nelle
elezioni presidenziali del 2016 negli USA che hanno visto trionfare
Trump.
La bolla dei social crea la nostra verità
In questo caso, questo
tipo di discorso si svincola dalla contingenza delle elezioni, in
particolare, e diventa una riflessione più grande su quello che
significa per la democrazia perpetrare nell’utilizzo dei social
così come facciamo oggi. Numerose, nel film, sono le sequenze in
cui vengono mostrati i leader politici del mondo che utilizzano i
social non solo per comunicazioni diretta ma anche per basarsi
sulle strutture ad algoritmi di questi social, che formano per ogni
fruitore una bolla, un mondo in cui si costruisce una propria
verità e proprie motivazioni. Per questo è così facile che in rete
si riuniscano persone come i terrapiattisti, ad asempio, o i
negazionisti del COVID-19, i complottisti in generale.
Il film si serve di The
Truman Show per spiegare un concetto molto semplice: noi
tutti siamo Truman e non ci accorgiamo del mondo fittizio che ci
viene propinato perché quello che i social ci mostrano ci piace,
sono una sintesi perfetta di interessi, rispondono alle nostre
curiosità, tutto perché sono regolati da un meccanismo a cui
parliamo costantemente, a cui diamo costantemente indicazioni
attraverso like, commenti, visualizzazioni e ricerche.
L’influenza socio-politica involontaria dei social
E questo vuole dire che niente di
ciò che vediamo in rete è vero, perché niente è privo di influenza
rispetto a chi ha utilizzato un account, un canale social, e ha
così disegnato, attraverso le sue scelte, un profilo di dati che
attivano l’algoritmo che involontariamente ci manipola. Sì, si
tratta di una manipolazione non volontaria dei comportamenti
socio-politici, dal momento che invece nasce per spingere il
soggetto al consumismo, e quello che avviene di conseguenza è una
effetto collaterale non calcolato a monte. In questo senso, i
social sono gratuiti perché l’introito vero è rappresentato da noi
utenti.
Questo processo non è irreversibile,
ma per cambiare direzione si dovrebbe mettere in moto una serie di
processi che scardinerebbero la maniera di questi colossi di
utilizzare i loro stessi strumenti, una serie di precauzioni che
possano contrastare l’assuefazione e stimolare il libero arbitrio
senza alcun tipo di condizionamento. Servirebbe, insomma, che
Facebook, ad esempio, rinunciasse al suo profitto. Tuttavia lo
stesso The Social Dilemma è un prodotto offerto da
una piattaforma che ci suggerisce ogni giorno dei prodotti in base
a “ciò che hai guardato”, per cui, chi lo sa, forse è già
troppo tardi e forse l’unica soluzione è fare come Truman,
scegliere di varcare quella porta azzurra nel cielo del suo mondo,
ed uscire a vedere cosa c’è fuori.
Il lungo periodo di lockdown a
causa della pandemia ha provocato danni enormi sotto tutti i punti
di vista ma ha anche rafforzato il sentimento di unione e di
collaborazione tra le persone. Fare squadra per cercare di
recuperare il terreno perso! Questo è il senso alla base della
campagna promozionale pensata da Univideo,
l’associazione di categoria che rappresenta gli Editori
Audiovisivi su media digitali (DVD, Blu-ray, 4K Ultra HD)
e online (piattaforme di distribuzione digitale) insieme a
Feltrinelli, uno dei principali player nella vendita di prodotti
per l’Entertainment. L’obiettivo è far ripartire i consumi
attraverso una maggiore presenza, in totale sicurezza, degli
italiani nei punti vendita.
Sino al 31 ottobre,
acquistando un qualsiasi prodotto DVD, BLU-RAY, 4K Ultra HD presso
un punto vendita Feltrinelli e online su laFeltrinelli.it, si avrà
la possibilità di vincere subito migliaia di gift card dal valore
unitario di 30 €. Non solo, per chi non è immediatamente
baciato dalla fortuna, sarà possibile concorrere al super premio
finale, una smart TV Hisense ULEDTV 4K da 65 pollici.
“RIACCENDIAMO LE EMOZIONI” questo è
il titolo della campagna, mette al centro alcuni dei prodotti
culturali e di intrattenimento da sempre apprezzati dal grande
pubblico: i DVD e i Blu-ray, con i loro contenuti emozionali ad
altissima qualità, hanno tenuto compagnia a migliaia di famiglie
italiane, anche nei giorni più bui del lockdown, tendenza che
si è poi mantenuta al termine della quarantena e che ha allargato a
nuove componenti della popolazione con una accelerazione verso la
riduzione del divario generazionale nella fruizione dei media.
“Si tratta di
un’iniziativa –spiega Lorenzo Ferrari Ardicini,
Presidente di UNIVIDEO e di CG Entertainment –molto
importante, pensata per sostenere i consumi di prodotti culturali e
di intrattenimento in un periodo complicato sia per le nostre
imprese, sia per i negozi sia per i consumatori. La risposta è fare
sistema, collaborare per cercare di far tornare i clienti ad
acquistare visitando in punti vendita. Una promozione come –
Riaccendiamo le Emozioni – ha proprio questa finalità, ovvero
favorire l’acquisto di un oggetto da sempre considerato speciale,
come il Dvd o il Blu-ray e concorrere per aggiudicarsi
immediatamente una gift card dal valore di 30 euro da spendere in
altri prodotti presenti nei negozi Feltrinelli”.
UNIVIDEO è
l’associazione di categoria che rappresenta gli Editori Audiovisivi
su media digitali (DVD, Blu-ray, 4K Ultra HD) e online (piattaforme
di distribuzione digitale) www.univideo.org.
La 38° edizione del Torino
Film Festival si presenta rinnovata sia nella struttura
che nella fruizione: per la prima volta, alla presenza in sala si
affiancherà un programma online.
Grazie a una sala virtuale di 500
posti, realizzata in collaborazione con MyMovies, sarà infatti
possibile vedere tutti i film in concorso. Saranno inoltre
disponibili online le masterclass, le conferenze stampa, numerosi
contributi video inediti, le attività didattiche e alcuni incontri
in via di definizione.
Un progetto pilota destinato a
diventare una delle caratteristiche del festival e un’opportunità
per ripensare in maniera creativa a come renderlo più accessibile e
fruibile a un pubblico sempre più ampio.
“Siamo consapevoli che si tratta di
un grande cambiamento – afferma Enzo Ghigo, presidente del Museo
Nazionale del Cinema -, che però tiene il passo con i tempi. Il
cinema nasce per essere fruito in sala, è quello il suo posto, ma
le nuove tecnologie ci permettono di arrivare ovunque,
moltiplicando la forza comunicativa della settima arte. È con
questo spirito che il TFF sbarca online, senza rinunciare alle sue
origini, quando si chiamava ancora Cinema Giovani, trattando molti
temi tra cui giustizia sociale e inclusione, visti attraverso
l’occhio creativo di giovani cineasti”.
“Proporre contenuti sia online che
in presenza, creare sinergie con il territorio, tentare nuove
sfide, uscire dagli spazi fisici, utilizzare tecnologie avanzate –
sottolinea Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del
Cinema. Questi sono alcuni degli obiettivi che il museo si è
proposto in questo anno in cui, insieme a Film Commission Torino
Piemonte, ha festeggiato il ventennale. Il Torino Film Festival li
rappresenta tutti, con una nuova linfa, pronto ad aprirsi ai
molteplici linguaggi del cinema”.
LA NUOVA IDENTITÀ VISIVA
Nel guardare avanti, progettando un
festival che data la situazione attuale ha scelto di accettarne la
sfida, si è voluto anche ripensarne in toto l’identità visiva,
riannodando i fili col passato, con la città e con quello che ne è
l’edificio simbolo e dal 2000 sede del Museo Nazionale del Cinema:
la Mole Antonelliana e in particolare la stella a dodici punte che
ne costituisce il punto più alto.
Oggetto complesso, sfaccettato,
misterioso e quindi icona perfetta per rappresentare la nuova
identità visiva del Torino Film Festival e segnarne il nuovo passo.
La stella diventa l’emblema della manifestazione, il nuovo logo che
in sé racchiude la memoria della città, della nascita del cinema,
dell’operosità e dell’ingegnosità del nostro territorio, mirabile
rappresentazione del nuovo corso del Torino Film Festival.
UN FESTIVAL DIFFUSO
Mantenendo forte il legame con il
territorio, il Torino Film Festival si presenta come un vero e
proprio festival diffuso sia grazie all’applicazione della
tecnologia digitale che a una capillarizzazione delle proposte. Tra
proiezioni, eventi e iniziative speciali, il festival arriverà
infatti in molti punti della città (e non solo) ampliando il suo
impatto su tutto il territorio e raggiungendo zone mai prima d’ora
coinvolte dalla manifestazione.
“L’edizione di quest’anno avrà
questa doppia anima – racconta Stefano Francia di Celle, direttore
del Torino Film Festival. All’apertura verso il web si affiancherà
un forte e rinnovato legame con le realtà cinematografiche e
culturali locali. Il mio obiettivo è di declinare i contenuti del
festival anche in luoghi insoliti, coinvolgendo interlocutori e
pubblici nuovi, alla (ri)scoperta di quello che Torino può dare. 12
punti, 12 luoghi che, disegnando la mappa del festival, evocano le
12 punte della Stella della Mole, il dodecaedro protagonista della
nuova identità visiva della manifestazione”.
I luoghi del festival
1. Mole Antonelliana – Museo
Nazionale del Cinema
2. Le sale: Cinema Massimo, Ambrosio Cinecafè, Cinema Classico
3. Le sale di Comunità Acec: Teatro Monterosa, Cinema Teatro
Agnelli, Cineteatro Baretti
4. Film Commission Torino Piemonte
5. Accademia Albertina di Belle Arti
6. Museo Nazionale del Risorgimento Italiano
7. Fondazione per la Scuola della Compagnia San Paolo
– IC Rita Levi Montalcini Scuola Pascoli
8. Xké. Il laboratorio della curiosità
9. MUSA
10. Le Roi Dancing
11. Villa d’Agliè
12. La Stella in città
“Torino non rinuncia al suo Torino
Film Festival. La Fondazione ha riprogrammato l’evento e si
presenta all’appuntamento con proiezioni diffuse in presenza e
tramite i canali digitali in cui proporre anteprime e film in
concorso sullo schermo – dichiara Francesca Leon, Assessora alla
Cultura Città di Torino. Grazie a quanti hanno fatto in modo che
nell’anno del ventennale della Film Commission e del Museo del
Cinema la città mantenesse uno dei suoi progetti più noti ed
apprezzati dal pubblico e dagli operatori. Buon festival a tutti e
tutte”.
EVENTO SPECIALE THE TRUFFLE
HUNTERS
Uno degli eventi speciali di questa
edizione del TFF è l’anteprima italiana del film The Truffle
Hunters, il docufilm diretto e prodotto da Michael Dweck e Gregory
Kershaw, con la produzione esecutiva di Luca Guadagnino e la sua
Frenesy Film Company. Presentato in anteprima mondiale al Sundance
Film Festival il 30 gennaio 2020, il film racconta la vita di
alcuni anziani cercatori del tartufo d’Alba, dei loro rituali, del
loro rapporto con i cani e con il territorio. L’evento è realizzato
in collaborazione con la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco
d’Alba e con l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero.
Il film verrà distribuito in Italia
da Sony Pictures.
“È un film importante, di respiro
internazionale, che racconta uno dei prodotti dell’eccellenza del
nostro territorio attraverso un mestiere poco conosciuto che
conserva un fascino antico – sottolinea il Presidente della Regione
Piemonte. Sono andato personalmente al Sundance per vedere e
celebrare questo importante momento, e ho visto l’entusiasmo
suscitato da questo emozionante racconto”.
“Il cinema – continuano il
Presidente della Regione e l’Assessore regionale alla Cultura – è
fatto di simboli e contiene sempre un messaggio. È doveroso
sottolineare quanto sia importate soprattutto in momenti come
questo scendere in campo e se possibile con più determinazione di
prima, per trasmettere il messaggio della resilienza umana di
fronte alle avversità. Il Piemonte c’è e oggi riparte dai suoi
simboli in Italia e nel mondo”.
IL PREMIO STELLA DELLA MOLE
La stella diventa il nuovo simbolo
del Torino Film Festival e l’istituzione del Premio STELLA DELLA
MOLE la renderà il riconoscimento massimo con cui saranno premiati
i vincitori del festival, al pari del Leone di Venezia, la Palma di
Cannes, l’Orso di Berlino, il Pardo di Locarno.
Il Premio avrà una componente
tecnologica del tutto unica: grazie alla collaborazione del
Politecnico di Torino e con il coinvolgimento di Competence
Industry Manifacturing 4.0 – polo costituito dai due atenei
torinesi insieme a 23 partner industriali per la diffusione di
competenze legate all’Industria 4.0 – il riconoscimento che verrà
consegnato ai vincitori del festival è realizzato in alluminio
attraverso la tecnologia avanzata dell’Additive Manufacturing.
“Viviamo in un mondo che sta
effettivamente ‘cambiando passo’”, ricorda il Rettore del
Politecnico di Torino Guido Saracco. “In un quadro come quello
attuale, il ruolo di una grande università come il Politecnico di
Torino è anche quello di creare sempre più contatti tra il mondo
della ricerca e la società civile e questa collaborazione va
proprio in questa direzione: il coinvolgimento del CIM 4.0, centro
altamente tecnologico della nostra città, in un’operazione
culturale come il Premio Stella della Mole è il simbolo del fatto
che la ricerca e l’innovazione possono permeare davvero il nostro
tessuto sociale e arricchirlo con modalità del tutto nuove”. “Aver
contributo alla realizzazione del Premio destinato alla premiazione
del Torino Film Festival 2020, ci rende felici e orgogliosi –
sottolinea Enrico Pisino, Ceo del CIM 4.0 – ma soprattutto dimostra
come le nuove competenze e tecnologie, che caratterizzano le
attività del nostro centro focalizzato sulla industria 4.0, possano
contribuire a ideare oggetti bellissimi e di design, destinati
anche ad altri settori rilevanti come ad esempio quelli
rappresentati dal cinema e dal turismo”.
LE MASTERCLASS
Sono sei le masterclass confermate
del 38° Torino Film Festival, una serie di incontri con i grandi
protagonisti e autori del cinema contemporaneo internazionale, una
chiacchierata in libertà che non si limita ad una lezione di cinema
ma che va oltre, mettendo in luce particolarità meno conosciute dei
protagonisti.
Imprevedibile Stefania con Stefania
Sandrelli e Andrea Occhipinti, a cura di Massimo Sordella
Spedizione torinese con Aleksandr
Sokurov e i suoi allievi, a cura di Alena Shumakova
La natura nel cinema con Giorgio
Diritti e Paolo Pejrone, a cura di Gian Luca Favetto
Formare le nuove generazioni di
filmmaker e attivisti con Mohsen Makhmalbaf, a cura di Fedra Fateh
e Vahid Rastgou
Cinema e uguaglianza sociale per un
mondo più giusto e sostenibile con Waad Al Kateab e Taghi Amirani,
a cura di Fedra Fateh
Women in film: le voci in
evoluzione delle donne nel cinema, ospiti in via di definizione, a
cura di Fedra Fateh
In linea con gli obiettivi di
sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, la
Fondazione Compagnia di San Paolo guarda all’attrattività dei
territori con il sostegno a progetti e modelli in cui la proposta
dell’offerta culturale incontra profondamente l’identità del
territorio.
Il cinema rientra a pieno titolo tra
i driver per accrescere, accreditare, posizionare e promuovere
l’offerta di Torino in una prospettiva di attrattività e sviluppo
ed in quest’ottica la Fondazione riconosce nel Torino Film Festival
un player fondamentale del comparto culturale cittadino con un
progetto culturale forte, identitario, capillare e, da quest’anno
anche diffuso.
Xkè? Il laboratorio della curiosità,
centro per la didattica situato in via Gaudenzio Ferrari, a pochi
passi dalla Mole Antonelliana, ospiterà infatti per la prima volta
un calendario di eventi volto a rafforzare l’attenzione del Torino
Film Festival per i temi fondamentali dell’istruzione e della
formazione, mentre nelle aule della Rotonda del Talucchi
dell’Accademia Albertina, oggetto di un recente restauro della
Fondazione, si svolgerà la serata inaugurale del festival. Il
festival dimostra inoltre di rivolgere un occhio di riguardo ai
temi della didattica con il progetto Una sala cinematografica per
la scuola – realizzato insieme alla Fondazione per la Scuola della
Compagnia di San Paolo che utilizza il cinema – e il documentario
in particolare – come strumento di partecipazione, crescita,
inclusione e innovazione.
La Fondazione CRT sperimenta per la
prima volta un percorso di collaborazione con il Torino Film
Festival e con il Museo Nazionale del Cinema focalizzato sulla
raccolta fondi, secondo due direttrici: da un lato, grazie alle
professionalità del TFF, l’attivazione di un modulo ad hoc sui
festival cinematografici nell’ambito del corso Talenti per il
Fundraising della Fondazione CRT, per ampliare le competenze di 50
giovani aspiranti professionisti della raccolta fondi; dall’altro,
al termine di questo percorso di formazione, l’inserimento di due
Talenti del Fundraising nella struttura del TFF e del Museo
Nazionale del Cinema a partire da gennaio 2021, con borse di
tirocinio sostenute da Fondazione CRT.
La Rai conferma anche per il 2020 il
suo ruolo di main media partner del Torino Film Festival.
L’iniziativa fa parte di Torino
Città del Cinema 2020, un progetto di Città di Torino, Museo
Nazionale del Cinema e Film Commission Torino Piemonte, con il
sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il
Turismo, in collaborazione con Regione Piemonte, Fondazione per la
Cultura Torino www.torinocittadelcinema2020.it
Ecco il trailer e il poster
italiani di Quello
che tu non vedi, il film che arriverà nelle nostre
sale a partire dal prossimo 3 dicembre. Il film è diretto
da Thor Freudenthal e
scritto da Nick Naveda. Nel cast
Charlie Plummer, Taylor Russell, Andy Garcia, AnnaSophia
Robb, Beth Grant. Basato sull’omonimo romanzo
di Julia Walton edito in Italia
da Sperling&Kupfer (in uscita
il24 Novembre 2020)
In Quello
che tu non vedi Adam (Charlie Plummer, Premio Marcello
Mastroianni come miglior attore emergente a Venezia 74° per
Lean on Pete) è un adolescente brillante ma introverso,
con il sogno nel cassetto di diventare chef. Adam soffre di
allucinazioni visive e vive circondato da amici immaginari che si
presentano nei momenti meno opportuni. Espulso a metà del suo
ultimo anno di liceo a causa di un incidente durante la lezione di
chimica,si trasferiscein una scuola
privata per finire l’anno. Adam ha poche speranze di riuscire ad
adattarsi e vorrebbe solo mantenere il segreto sulle sue continue
visioni fino a quando non prenderà il diploma e potrà iscriversi
all’università di cucina. Ma quando incontra Maya (Taylor
Russell, Escape Room), schietta e tremendamente
intelligente, scatta un’intesa istantanea alla quale non potrà
resistere. Man mano che la loro storia d’amore diventa più
importante, lei lo spinge ad aprire il suo cuore e a non chiudersi
nella sua condizione. Grazie all’amore e al sostegno sia della sua
ragazza che della famiglia, Adam lotta per la prima volta per
uscire dal tunnel e per fronteggiare le sfide che lo attendono.
L’introduzione di Smart Hulk è stata
una mossa alquanto intelligente in relazione all’arco narrativo di
Bruce Banner nel
MCU, ma sappiamo ormai da tempo che il tradizionale Gigante
Verde tornerà ben presto nell’universo condiviso. Sebbene sia una
delle figure più emblematiche nel mondo dei film di supereroi, la
presenza di
Hulk sul grande schermo ha sempre percorso una strada
accidentata. Da quando la Marvel ha venduto i diritti
cinematografici di molte delle sue proprietà a diversi studi negli
anni ’90,
Hulk ha avuto una serie di problemi con le storie autonome in
live action, a dispetto invece della maggior parte dei suoi
compagni Vendicatori.
Il
MCU ha sempre accolto
Hulk come personaggi di supporto nei film dedicati agli
Avengers e persino in Thor:
Ragnarok, nonostante non sia mai stato in grado di
raggiungere un accordo con la Universal per realizzare un nuovo
standalone dopo il film del 2008 con
Edward Norton. Tuttavia, il potenziale inesplorato del Gigante
di Giada sembra adesso essere nuovamente limitato proprio
dall’introduzione di Smart Hulk.
1L’Hulk originale è indispensabile per
la Fase 5
Il
nuovo team di Avengers 5 è ancora un mistero, ma sarà sicuramente
composto da eroi per lo più inesperti che hanno bisogno di un
mentore a sua volta esperto. Ancora una volta, Thor e Hulk sono i
personaggi più appropriati per ricoprire questo ruolo, poiché sono
entrambi vivi e attivi: essendo però Hulk l’unico grande supereroe
a rimanere attivo durante i cinque anni del “Blip”, potrebbe essere
più preparato.
Mentre il MCU cerca di superare l’impatto di
Thanos, potrebbe diversificare le sue forze antagoniste con una
mente nascosta (cioè Kang) che trasforma davvero l’Hulk originale
nel cattivo principale di un film degli Avengers, ottenendo
finalmente ciò che Loki (Tom
Hiddleston) ha sempre voluto.
Dopo il grande successo ottenuto
alla 35. Settimana Internazionale della Critica di
Venezia dove è stato presentato come evento speciale,
arriva al cinema solo il 26, 27, 28 ottobreTHEROSSELLINIS di Alessandro
Rossellini, prodotto da B&B Film, coprodotto da VFS
Films con Rai Cinema in associazione con Istituto Luce
Cinecittà.
Roberto Rossellini è stato un genio
del cinema e un padre spiccatamente anticonformista. I suoi amori
hanno riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo,
scandalizzando la rigida morale degli anni Cinquanta e dando alla
luce una famiglia numerosa, orgogliosamente multietnica e
decisamente allargata. Alessandro, primo nipote del grande regista,
ha avuto una carriera traballante da fotografo e un lungo passato
di tossicodipendenza. Come primo nipote di un genio, non si sente
all’altezza del cognome. Decide così di girare a 55 anni il suo
primo film, affrontando con ironia la saga dei Rossellini e
obbligando i parenti sparsi in tutto il mondo a un’impossibile
terapia familiare davanti alla macchina da presa.
IN THEROSSELLINIS si trovano così le testimonianze di
Renzo, Robin, Isabella, Ingrid, Gil e Raffaella
Rossellini che Alessandro guida on the road in un racconto
intimo e ironico capace di appassionare lo spettatore.
Alle interviste si alternano le
immagini di repertorio, tra cui quelle
dell’Archivio Privato della Famiglia Rossellini e dell’Istituto
Luce Cinecittà, e le scene di alcuni capolavori di Roberto
Rossellini, come ROMA CITTÀ APERTA, LA PRESA DEL POTERE DA
PARTE DI LUIGI XIV, EUROPA ’51, VIAGGIO IN ITALIA oltre a quelle di
MY DAD IS 100 YEARS OLD di Guy Maddin e Isabella Rossellini e KILL
GIL, Vol. 1 di Gil Rossellini.
Spiega Alessandro Rossellini:
“Con il titolo del film ho voluto prendere in giro
un cognome che per me è stato da sempre molto ingombrante,
passato alla storia del cinema per le idee rivoluzionarie di nonno
Roberto, regista venerato ancora oggi come
un profeta dai cinefili di tutto il mondo. Nonno fu
però un personaggio ben noto anche per la sua vita privata,
parecchio avventurosa. Il suo genio e il suo carisma hanno
affascinato i cronisti del tempo, creando un grande circo
mediatico attorno alla sua figura. Il nostro album di
famiglia si è così composto con bellissime
fotografie patinate e cinegiornali dai toni
scandalistici. Tutto questo ha avuto per me e gli altri
discendenti un peso enorme, influenzando le nostre vite, anche dopo
la scomparsa di nonno. Ogni famiglia mitizza il proprio
passato, denso di storie e gioie, nascondendo a volte sotto il
tappeto i conflitti più dolorosi. In questo
senso, forse noi Rossellini siamo l’iperbole di una
famiglia: affascinante, appassionata ed anche bugiarda. L’arte
di narrarsi al meglio è forse l’unico pezzetto di genio creativo
che abbiamo ereditato da nonno Roberto. Questo film
documentario è il mio personale tentativo di
restituire un’immagine sincera della mia
grande, amata e complicata famiglia”.
Ecco il trailer e il poster di
Cosa
sarà, il nuovo film di Francesco
Bruni che chiuderà la 15° Festa del Cinema di Roma. Nel
cast del film Kim Rossi Stuart, Lorenza
Indovina, Barbara Ronchi, Giuseppe Pambieri,
Raffaella Lebbroni, Fotinì Peluso, Tancredi Galli, Nicola
Nocella.
SINOSSI
La vita di Bruno Salvati è in una
fase di stallo.I suoi film non hanno mai avuto successo e il suo
produttore fatica a mettere in piedi il prossimo progetto. Sua
moglie Anna, dalla quale si è recentemente separato, sembra già
avere qualcun altro accanto.E per i figli Adele e Tito, Bruno non
riesce a essere il padre presente e affidabile che vorrebbe.
Un giorno Bruno scopre di avere una
forma di leucemia. Si affida immediatamente a un’ematologa
competente e tenace, che lo accompagna in quello che sarà un vero
e proprio percorso a ostacoli verso la guarigione. Ilprimo
obiettivo è trovare un donatore di cellule staminali compatibile:
dopo alcuni tentativi falliti, Bruno comincia ad avere seriamente
paura,Cosa sarà di lui?
Suo padre Umberto, rivelandogli un
segreto del suo passato, accende in tutti una nuova speranza.
Bruno e la sua famiglia
intraprendono un inatteso percorso di rinascita, che cambierà i
loro rapporti e insegnerà a Bruno ad alzare gli occhi da sé
stesso e a guardare gli altri.
Arriva da
Deadline la notizia che
Ryan Gosling sarà il protagonista del nuovo progetto
di David Leitch nei panni di uno stuntman. Il film
in questione è stata ufficialmente acquistato dalla Universal dopo
una lotta apparentemente agguerrita con altri studi che hanno
cercato di accaparrarsi il progetto (tra cui Netflix, la Paramount e la MGM).
Ryan Gosling sarà coinvolto nel progetto anche in
qualità di produttore insieme a Guymon Casady della Entertainment
360. Al momento non sono stati svelati dettagli sulla trama del
film. Nonostante i numerosi progetti sia di Gosling che di Leitch,
pare che il film entrerà quanto prima in produzione.
Nonostante questa volta ci fosse
Gunn al timone del progetto e non più Ayer, Courtney ha spiegato
che il suo approccio al ruolo non è minimamente cambiato, così come
quello dell’intera produzione. “Probabilmente perché c’erano
davvero tante cose che erano già state stabilite, e penso che James
lo sapesse”, ha spiegato l’attore. “Sta facendo il suo
film, ma penso che nessuno abbia sentito il bisogno di abbandonare
ciò che era già stato stabilito. In sostanza, Boomerang è lo stesso
ragazzo.”
Jai Courtney ha poi specificato: “Sarà
diverso lo scenario e ovviamente ci saranno tantissimi personaggi
in più. Sarà un film che avrà un suo tono specifico, ma posso
assicurarvi che le persone si divertiranno lo stesso, esattamente
come ci siamo divertiti noi a realizzarlo”. L’attore ha
poi aggiunto che non pensa che Captain Boomerang riuscirà mai a
comportarsi bene nei confronti degli altri, etichettando il suo
personaggio come una sorta di “ostacolo” per la
squadra.
Nel franchise di James Bond i personaggi femminili sono stati
spesso oggetto di numerose critiche, dal momento che sono stati
quasi sempre utilizzati in qualità di tipiche damigelle in pericolo
o di femme fatale che puntualmente venivano sedotte da 007. A
quanto pare, però, nell’attesissimo No Time to Die pare
che il ritratto delle donne sarà gestito in maniera totalmente
diversa, e soprattutto in un modo più rappresentativo rispetto ai
tempi moderni.
La star di Captain
Marvel,Lashana Lynch, dovrebbe interpretare un ruolo
di rilievo nella 25esima avventura dell’agente più amato del grande
schermo. Parlando con
TechRadar, l’attrice ha spiegato di aver lavorato per
sviluppare il personaggio di Nomi in una donna che potesse essere
il più forte possibile. A quanto pare, Lynch è stata molto aiutata
dalla sceneggiatura, dal momento che gli autori pare avessero gli
stessi obiettivi in merito al suo personaggio.
“Il modo in cui le donne vedono
loro stesse e il modo in cui vengono rappresentate è completamente
autentico. Sono consapevoli di poter bastare a se stesse”, ha
spiegato l’attrice. “È un qualcosa che si potrà vedere in
questo nuovo film, e non soltanto in relazione ai personaggi
femminili che esistono già nel franchise, ma anche in quelli nuovi
di zecca come il mio.”
Lynch ha poi aggiunto: “Oggi c’è
un maggiore senso di empowerment, che è una cosa davvero importante
da percepire quando vai a lavorare. Ancora più importante, è
mostrare tutto ciò alle giovani generazioni.”
In No Time to Die, Bond si
gode una vita tranquilla in Giamaica dopo essersi ritirato dal
servizio attivo. Il suo quieto vivere viene però bruscamente
interrotto quando Felix Leiter, un vecchio amico ed agente della
CIA, ricompare chiedendogli aiuto. La missione per liberare uno
scienziato dai suoi sequestratori si rivela essere più insidiosa
del previsto, portando Bond sulle tracce di un misterioso villain
armato di una nuova e pericolosa tecnologia.
Si intitola Guida romantica a posti perduti il nuovo film
di Giorgia Farina, che torna alla regia a cinque
anni da Ho ucciso Napoleone e a otto da Amiche da morire.
Continuando a raccontare delle sfaccettature dell’animo femminile,
la regista si concentra questa volta più sul disagio, intimo e
sofferente, che sui toni comici, leggeri ma grotteschi delle
precedenti storie, scegliendo Jasmine Trinca come protagonista e mettendole
accanto un Clive Owen un po’ stropicciato ma comunque
affascinante.
Benno è un giornalista tv
trasferitosi in Italia, convive con una forma grave di alcolismo,
che nasconde con mille bugie e accorgimenti alla moglie infermiera
(Irène Jacob). Nel suo stesso condominio, al piano
di sotto, vive Allegra, travel blogger che, paradossalmente, ha
paura di uscire di casa ed ha una fervida immaginazione. Vive una
storia un po’ sbilenca con il giovanissimo Michele (Andrea
Carpenzano) a cui mente sulla sua paura. Benno e Allegra
si incontrano per caso, e partono insieme per un viaggio, su una
vecchia Volkswagen azzurra, in cui sperano di ritrovare se
stessi dietro alle loro bugie, facendo tappa in luoghi abbandonati
ma in qualche modo significativi, romantici, come dice il titolo
del film.
Guida romantica a posti perduti in GdA
2020
Presentato alle Giornate degli Autori nell’ambito di
Venezia 77, Guida romantica a posti perduti è un road
movie in pieno stile, con una coppia di protagonisti buffamente
assortita e un andamento incerto, proprio come quello di Benno e
Allegra. La storia vorrebbe adottare uno sguardo profondo e
introspettivo sul disagio dei due protagonisti, eppure risulta
sempre superficiale, ma davvero emozionante, tutto troppo poco
approfondito per risultare in qualche modo credibile.
Owen e Trinca sono
ottimi attori, ma questa volta non sembrano sostenuti a dovere da
una sceneggiatura che non lascia i due personaggi esprimersi come
potrebbero. Il ritmo è ondivago, la sceneggiatura procede per
episodi slegati ma soprattutto ogni tentativo di introspezione si
scontra con dialoghi superficiali e sciatti, che non rendono
giustizia né agli attori né alle intenzioni nobili della
regista.
Uno sguardo superficiale per quanto bene intenzionato
Le due solitudini
si incontrano in un finale musicale che dovrebbe essere
liberatorio, in cui i due dovrebbero finalmente entrare in contatto
con se stessi e con chi hanno di fronte, ma sembra tutto inutile,
la regia non affonda il coltello nel cuore della storia, e Benno e
Allegra rimangono due figurine a bordo di una
Volkswagen azzurra, che non hanno niente in comune e che non
riescono a guarirsi.
Sembra interessante però
sottolineare quanto siano meglio riusciti, magari anche
involontariamente, i due comprimari, Carpenzano e Jacob, il primo
che conferma il suo carisma e la sua faccia da schiaffi venata di
una dolcezza infinita, la seconda che anche nelle sue poche pose
sfodera l’eleganza da fuoriclasse che la regista non riesce a
cavare dai suoi protagonisti.
Quando venne annunciato per la prima
volta che la
Snyder Cut di Justice
League sarebbe diventata realtà, venne anche
specificato che non sarebbero state girate nuove scene per la
versione del cinecomic che arriverà il prossimo anno su HBO Max. A
quanto pare, però, sembra che adesso i piani di Zack Snyder siano cambiati.
Stando infatti a quanto riportato da
THR, il regista tornerà sul set per alcune riprese aggiuntive
del suo taglio del film, riprese che coinvolgeranno Ben
Affleck (Batman), Henry Cavill (Superman), Gal Gadot (Wonder
Woman) e probabilmente anche Ray Fisher (Cyborg), nonostante quest’ultimo
si sia pubblicamente scagliato contro la Warner Bros. e il regista
Joss Whedon per aver alimentato un ambiente di
lavoro tossico durante le riprese aggiuntive della versione
cinematografica del film.
Per quanto riguarda il personaggio
di Cyborg, sempre grazie alla fonte apprendiamo che Fisher sarebbe
in trattative per un’apparizione in The Flash di Andy Muschietti. Pare che le
trattative siano adesso in una fase di stallo per questioni
puramente economiche, legate al ruolo che Cyborg avrebbe dovuto
avere nella storia e allo screen time che sarebbe stato
dedicato al personaggio: inizialmente Cyborg doveva avere un ruolo
di rilievo nel film, ma in seguito la sua apparizione sarebbe stata
ridotta soltanto a tre scene.
Il budget per le riprese aggiuntive
della Snyder Cut di Justice League
Le riprese aggiuntive dovrebbero
avere luogo ad Ottobre e durare soltanto per una settimana.
Nonostante la breve durata, il budget sarà comunque elevato: pare
infatti che saranno necessari 70 milioni di dollari per girare il
nuovo materiale. Al momento non sappiamo se anche Jason Momoa (Aquaman)
e/o Ezra Miller
(Flash) torneranno per le riprese aggiuntive della
Snyder Cut di Justice
League. Naturalmente vi terremo aggiornati.
Vi ricordiamo che
la Snyder
Cut di Justice
League uscirà nel 2021 sulla piattaforma
streaming di Warner Bros HBO Max che è disponibile negli USA
dall’Aprile scorso. Attualmente non sappiamo se in Italia la
versione debutterà su qualche piattaforma streaming dato che HBO
MAX non è disponibile nel nostro paese. Ma sappiamo che HBO in
Italia ha un accordo in esclusiva con SKY, dunque potrebbe essere
una valida teoria pensare che in Italia il film possa essere
programmato su SKY CINEMA o su SKY ATLANTIC. Tuttavia, quest’ultima
è solo una supposizione dunque non ci resta che aspettare ulteriori
notizie.
Notorious
Pictures, società quotata sul mercato AIM Italia,
organizzato e gestito da Borsa Italiana, attiva nella produzione,
acquisizione e commercializzazione dei diritti di opere filmiche
(full rights) attraverso tutti i canali di distribuzione (cinema,
home video, tv, digital) e nella gestione di sale cinematografiche
attraverso la controllata Notorious Cinemas, annuncia le
acquisizioni di 7 nuove opere cinematografiche presentate ai
recenti virtual markets di Cannes e Toronto.
Guglielmo
Marchetti, Presidente e Amministratore Delegato della
Società, ha così commentato: “In questo particolare periodo
Notorious continua ad arricchire il suo forziere di contenuti
audiovisivi con 7 nuovi film di elevato valore artistico e
commerciale. Tutti i film saranno valorizzati al meglio nello
sfruttamento nei diversi media, sfruttando tutte le nuove
opportunità che il mercato digitale ci mette a disposizione. In
particolare mi piace segnalare l’acquisizione di due grandi film
molto attesi: il ritorno sul grande schermo dopo il premio Oscar®
per Joker di Joaquin Phoenix con il suo nuovo film C’mon C’mon e
The Gerogetown Project con Russell Crowe e Sam Worthington”.
Notorious Pictures si consolida
nella distribuzione Theatrical con i seguenti nuovi film:
UNDERCOVER: Commedia musicale di Steve Pink con
Zachary Levi (Shazam!) e
con la star di Riverdale e A un metro da te
Cole Sprouse. L’ex cantante rock Jack, diventato padre
di famiglia, perde il lavoro. Con il mutuo da pagare e il prestito
da prendere per il college della figlia, nasconde alla moglie di
essersi licenziato e, per guadagnare, lavora come cantante per una
cover band di ventenni che si esibisce nei matrimoni. Scoperto
dalla moglie, il matrimonio va in crisi, ma Jack fa di tutto per
recuperarlo e intanto aiuta il chitarrista della cover band, Ben, a
tirare fuori il suo talento come cantautore, invece di nascondersi
dietro alla chitarra.
THE GEORGETOWN PROJECT: Horror su un
esorcismo scritto e diretto da M.A. Fortin e Joshua John Miller ed
interpretato da
Russell Crowe e
Sam Worthington. Un attore dalla vita travagliata ,
inizia a crollare psicologicamente mentre interpreta un film su un
esorcismo. Sua figlia comincia così a chiedersi se ci sia qualche
aspetto più sinistro dietro a questo crollo di cui non è a
conoscenza.
C’MON C’MON il nuovo film dell’ultimo premio
Oscar Joaquin Phoenix prodotto e distribuito dalla
A24. Regia di Mike Mills (Le donne della mia vita)
racconta la storia di Johnny, artista celebre alla radio per i suoi
documentari interviste, che parte intraprende un viaggio
attraverso l’America con il suo giovane nipote.
LANSKY: Thriller sulla vera storia di
Meyer Lansky, mafioso bielorusso naturalizzato statunitense,
esponente principale del cosiddetto “Sindacato ebraico”. Ritiratosi
a Miami sotto la protezione dell’FBI decide di raccontare la sua
storia al giornalista David Stone. Pian piano però si trasformerà
in un gioco al massacro organizzato da Lansky per continuare a
truffare tutto e tutti. Regia di Eytan Rockaway con Harvey
Keitel, Sam Worthington e Minka Kelly.
SONGBIRD: Thriller romantico girato a Los
Angeles durante il Lockdown. Protagonisti le star dei social
KJ Apa (Riverdale) e Sofia
Carson (Descendants) insieme ad un’importante cast che
comprende Demi Moore,
Alexandra Daddario, Peter Stormare, Craig Robinson e
Bradley Whitford. Produce Michael Bay.
MAFIA INC: Thriller Mafioso di produzione
canadese con uno straordinario Sergio Castellitto nel ruolo del padrino Frank
Paternò. Il film è tratto dall’omonimo libro d’inchiesta e diretto
da Podz e narra la storia di un certo Vincent “Vince” Gamache,
figlio di un sarto quebecchese che lavora per conto del boss
mafioso Paternò. La sorella di Vince, Sofie, è fidanzata ad uno dei
figli di Paternò. La relazione tra le due famiglie diventa
particolarmente tesa quando Vince sarà cacciato dal clan siciliano
per aver commesso un grave errore.
GOD YOU ARE SUCH A PRIK: Teen Drama tratto
dall’omonimo libro, un caso letterario in Germania. La vita di
Steffi non potrebbe essere più perfetta: è giovane, è innamorata e
ha in programma un viaggio con destinazione Parigi. Tutto
cambia non appena riceve inaspettatamente una diagnosi devastante:
non ha molto tempo da vivere. Steve, un bad boy che ha appena
conosciuto, si offre di accompagnarla a Parigi. Senza ulteriori
indugi e con un’auto rubata, i due partono per un’incredibile
avventura. Basato su una storia vera.
Patrick Stewart ha ammesso di aver
fantasticato su un possibile crossover tra gli universi di
due delle più celebri e longeve saghe della storia del cinema:
Star Wars e Star Trek. L’attore britannico è noto per
tutta una serie di ruoli a dir poco iconici, tra cui quello di
Jean-Luc Picard nell’universo di
Star Trek, appunto, ma anche per quello di Charles Xavier
nella saga di X-Men.
Stewart ha interpretato il ruolo di
Picard per la prima volta nel 1989, nella serie tv Star Trek:
The Next Generation, personaggio che ha poi portato anche al
cinema in ben quattro film del franchise cinematografico. Più di
recente, è tornato nei panni del capitano dell’Enterprise nella
nuova serie Star Trek: Picard, la cui seconda stagione
dovrebbe arrivare nel 2021.
In una recente intervista con
Men’s Journal in merito alla collaborazione con la piattaforma
Uber Eats (per la quale ha realizzato uno spot in cui appare al
fianco di Mark Hamill, interprete di Luke Skywalker
nella saga di Star Wars),Patrick Stewart ha ammesso di aver
fantasticato sulla possibilità di un crossover tra i due universi
cinematografici, quello di Star Wars e quello di Star Trek.
Patrick Stewart entusiasta all’idea
di un crossover tra Star Trek e Star Wars
Definendo entrambi gli universi
“iconici”, Stewart ha anche ammesso di aver provato a lanciare a
chi di dover alcune delle sue idee, ma senza successo.
“Ammetto che, almeno noi di Star Trek, abbiamo
fantasticato su un universo combinato con Star
Wars”,ha ammesso l’attore.“Sono state lanciate molte idee per mettere
insieme questi due universi iconici e far entrare in contatto tutti
questi fantastici personaggi. Personalmente, ne sarei
entusiasta.”
Ovviamente, il desiderio di Stewart
è una semplice fantasia, dal momento che i due franchise sono di
proprietà di due studi concorrenti. Inoltre, si tratta di una
possibilità ancora più improbabile considerati i diversi focus di
ogni saga. Nonostante vengano spesso paragonati, Star Wars e Star Trek sono praticamente agli antipodi:
mentre Star Trek si rifà alla fantascienza nel senso più
canonico del termine, Star Wars è annoverabile più come un’avventura fantasy
ambientata nello spazio. Tuttavia, nel corso degli anni ciò non ha
mai impedito ai fan di entrambi i franchise – e a quanto pare
neanche a Stewart – di confrontare le due realtà, sperando che ad
un certo punto ci sarebbe potuto essere davvero un
crossover.
Ben Affleck ha parlato dell’attuale situazione
delle sale cinematografiche messe in ginocchio dalla pandemia di
Covid-19, spiegando che dal suo punto di vista l’emergenza
sanitaria ha ucciso ogni possibilità di ripresa per i film
indipendenti, e che il futuro delle sale sarà esclusivamente nelle
mani dei grandi blockbuster.
Nel corso della sua carriera,
Affleck ha sempre abbracciato un’idea di cinema a tutto tondo,
prendendo parte tanto a blockbuster campioni d’incassi quanto a
pellicole realizzate con budget meno dispendiosi. Intervistato di
recente da EW,
l’attore e regista ha condiviso i suoi pensieri in merito al futuro
di Hollywood e allo scenario che si presenterà a livello mondiale
dopo che la pandemia sarà ufficialmente cessata.
Secondo Affleck, il futuro delle
sale cinematografiche sarà esclusivamente dei blockbuster, e che
tutti gli altri film saranno destinati alle piattaforme di
streaming. “Penso che dopo il Covid-19, film come The Town o
Argo, tutti quelli che ho realizzato da regista, finiranno in
streaming”, ha dichiarato l’attore. “Probabilmente ci
saranno dai 20 ai 25 film all’anno che verranno distribuiti nelle
sale e saranno tutti grandi film, che si tratti della Disney, del
cinecomic Marvel o di Star
Wars… film che possono comunque garantire incassi che, nella
peggiore delle ipotesi, si aggirano sul mezzo miliardo di
dollari.”
Poi aggiunge: “Penso che sarà
molto, molto difficile per i film drammatici o per i film a medio
budget tipo The Town trovare uno spazio in sala. Vedremo o film
giganteschi che verranno distribuiti su larga scala o film piccoli
che magari troveranno posto in alcuni cinema per questioni di
prestigio e poi verranno proposti direttamente sulle piattaforme di
streaming. Ognuno può trarre le sue conclusioni in merito, ma nel
bene o nel male penso che sarà questa la direzione dell’industria.
Io mi baso su ciò che sto vedendo attualmente… e anche
sull’esperienza che ho avuto quando ho fatto i miei film da
regista.”
I prossimi progetti di Ben Affleck
Ricordiamo che tra i prossimi
progetti di Ben Affleck figurano DeepWater, thriller erotico di Adrian Lyne in cui
l’attore reciterà al fianco di
Ana de Armas, e The Last Duel, il nuovo dramma storico di
Ridley Scott in cui vedremo Affleck recitare insieme a
Matt Damon e
Adam Driver. Inoltre, come confermato di recente, l’attore
tornerà a vestire i panni di Batman in The Flash di Andy Muschietti.
Amatissimo dal pubblico sin dalle
sue prime apparizioni sul grande e piccolo schermo, negli ultimi
anni Dylan McDermott è tornato alla ribalta
partecipando ad alcuni entusiasmanti progetti televisivi.
Ma adesso scopriamo insieme
tutto quello che c’è da sapere su Dylan McDermott,
sulla sua movimentata vita privata e sulla sua lunghissima carriera
divisa tra cinema e tv.
Dylan McDermott vita privata: un
inizio difficile
10. Nato il 2
ottobre del 1961 a Waterbury, in Connecticut, Stati Uniti, Dylan
McDermott è figlio di Diane Marino, di origini italo-britanniche, e
Richard McDermott di origini irlandesi. Dylan nasce quando i suoi
genitori hanno rispettivamente 15 e 17 anni, ancora troppo giovani
per affrontare tutte le difficoltà della vita di coppia.
Dopo soli sei anni, infatti, nel
1967, Diane e Richard divorziano e Dylan, insieme
alla sorella minore Robin, va a vivere con sua madre. La
separazione dei genitori causa a entrambi i figli molto dolore ma
purtroppo il destino continua ad accanirsi sulla famiglia. Il 9
febbraio di quello stesso anno, purtroppo, Diane Marino
viene uccisa da John Sponza, l’allora compagno della
donna. Nonostante Sponza abbia sempre sostenuto che la donna si
fosse sparata accidentalmente mentre stava pulendo la pistola, la
polizia non ha mai creduto alla sua versione. John Sponza, infatti,
all’epoca era legato alla criminalità organizzata e pochi anni più
tardi, nel 1972, venne trovato ucciso da un colpo di pistola nel
bagagliaio di un’auto a Waltham, in Massachusetts.
Quando la madre muore, Dylan ha solo
5 anni e, insieme alla sorella Robin, viene affidato alla
nonna materna, Avis Rogers Marino. A Waterbury, McDermott
continua a studiare e si diploma alla Holy Cross High School. Nel
frattempo, Dylan riallaccia i rapporti con suo padre Richard, ormai
al suo terzo matrimonio, che vive e lavora nel quartiere newyorkese
di Greenwich Village. La terza moglie di suo padre, appena
ventitreene, è la drammaturga femminista Eve
Ensler, autrice dei famosi Monologhi della
Vagina. Sarà proprio quest’ultima, riconoscendo il talento
di Dylan, a incoraggiarlo a intraprendere la carriera d’attore.
Dopo l’ennesimo divorzio del padre,
Dylan decide di cambiare il suo nome di battesimo da Mark a
Dylan, in onore al figlio mai nato di Eve e suo
padre.
Dylan McDermott film
9. Grazie
all’incoraggiamento della matrigna Eve Ensler, Dylan comincia a
studiare recitazione e a partire dal 1987 inizia a ottenere i primi
ingaggi per il grande schermo. Tra la fine degli anni ottanta e
l’inizio degli anni novanta, Dylan McDermott
partecipa a film come Hamburger Hill: collina 937
(1987), Blue Iguana (1988),
Twister (1989), Fiori d’acciaio
(1989), Hardware – Metallo letale (1990),
Diario di un assassino (1991), Nel centro
del mirino (1993), Miracolo nella 34ª
strada (1994), Mister Destiny (1995) e
A casa per le vacanze (1995) – diretto da Jodie
Foster.
Tra questi film, i più importanti –
o comunque quelli che il pubblico ricorda con più attaccamento –
sono Miracolo nella 34ª strada, grande classico
natalizio per famiglie, e ovviamente Fiori
d’Acciaio. Quest’ultimo, diretto da Herbert
Ross nel 1989, è un film molto importante per Dylan
McDermott, sia per la sua carriera che per la sua vita privata.
Il film – tratto dall’omonimo dramma
teatrale di Robert Harling, anche
sceneggiatore del film – racconta della vita di un gruppo di donne,
nella cittadina immagina di Chinquapin, in Louisiana, che passa il
tempo a spettegolare nel salone di belleza di Truvy Jones
(Dolly Parton). Oltre alla proprietaria del
salone, di questo gruppo fanno parte la vedova Louise “Ouiser”
Boudreaux (Shirley
MacLaine) e la sua amica Clairee Belcher
(Olympia Dukakis), la devota aiutante di Truvy,
Annelle (Daryl Hannah), la signora Mary Lynn
Eatenton (Sally Field) e sua figlia Shelby
(Julia
Roberts). Queste donne sono tutte molto diverse tra
loro ma accomunate da problemi quotidiani.
La grave malattia di Shelby e i
tragici eventi che ne seguiranno, metteranno a dura prova le donne
del gruppo che dovranno farsi forza l’una con l’altra per andare
avanti senza spezzarsi, proprio come dei Fiori d’Acciaio.
Dylan McDermott e Julia Roberts in
Fiori d’Acciaio
8. Nel film,
diventato un classico del cinema degli anni ottanta, Dylan
McDermott interpreta Jackson Latcherie,
marito di Shelby, interpretata a sua volta da un giovanissima
Julia
Roberts. I due attori, che nel film interpretano la
perfetta coppia del sud nonostante i continui drammi familiari,
divennero all’epoca una coppia anche nella vita reale.
Grazie al loro incontro sul set di
Fiori d’Acciaio, Dylan e Julia cominciano infatti
a frequentarsi, facendo impazzire i paparazzi e i giornali
scandalistici dell’epoca. Nonostante siano una coppia molto
affiatata sia sul lavoro che nella vita privata, la loro storia non
dura che pochi mesi.
I due si conoscono, infatti, nel
1988, durante le riprese del film e da subito tra loro nasce
qualcosa. Il loro rapporto, definito come molto intenso e
passionale, si esaurisce purtroppo quasi subito. Pare sia stata
Julia Roberts, definita troppo volubile dai
giornali dell’epoca, a dire basta e a lasciare Dylan dopo pochi
mesi di fidanzamento.
Nonostante pare fosse un’ abitudine
quella della Roberts di cambiare spesso partner, nessuno dei suoi
fan prese molto bene la rottura con McDermott. Il motivo di un così
repentino cambio di rotta, viene rivelato qualche tempo più tardi.
Julia Roberts annuncia pochi mesi dopo il suo fidanzamento
ufficiale con l’attore Kiefer Sutherland che
abbandona successivamente nel bel mezzo dei preparativi del
matrimonio, per fuggire con un nuovo amore, Jason Patrick. [fonte: La
Repubblica]
Dylan McDermott filmografia
7. Tra gli anni novanta e duemila,
Dylan McDermott partecipa a tantissimi progetti
cinematografici tra i quali ricordiamo Solo se il
destino (1997), Appuntamento a tre
(1999), Texas Rangers (2001), Party
Monster (2003) Wonderland – Massacro a
Hollywood (2003), La maga delle spezie
(2005), The Messengers (2007), Have
Dreams, Will Travel (2007), Mercy (2009),
Noi siamo
infinito (2012), Candidato a sorpresa
(2012), Attacco al potere
– Olympus Has Fallen (2013), Freezer
(2013), Comportamenti molto… cattivi (2014),
Automata (2014),
Mercy (2014), Survivor (2015) e
Amore inaspettato (2017).
Nella maggior parte di questo film,
Dylan interpreta un ruolo secondario tranne che in un caso. Nel
film del 2013, Freezer, l’attore finalmente si
mette alla prova con un ruolo da protagonista.
Diretto da Mikael
Salomon, Freezer è un thriller che racconta la storia di
Robert Saunders (Dylan McDermott), che si sveglia
legato e rinchiuso in una cella frigorifera.
Robert non ricorda nulla di come si
arrivato lì ma solo di essere andato a cena con la sua ragazza e di
essersi risvegliato nella cella. Poco dopo scopre però di essere
stato rapito da due mafiosi russi convinti che sia stato proprio
lui a sottrarre loro ben 8 milioni di dollari. Saunders non ha idea
di cosa stiano parlando i due mafiosi ed è convinto si tratti di
uno scambio di persona. L’uomo dovrà quindi trovare il modo per
uscire dalla sua prigione di ghiaccio prima di morire congelato o
di essere torturato dai mafiosi russi.
Dylan McDermott serie tv
6. Parallelamente
alla sua carriera cinematografica, Dylan McDermott si dedica anche
alla televisione. I suoi primi esperimenti televisivi risalgono
alla fine degli anni novanta quando per la prima volta compare sul
piccolo schermo nel film The Neon Empire (1989),
diretto da Larry Peerce. Qualche anno più tardi,
nel 1991, è la volta di un secondo film, sempre per la tv, dal
titolo Terre Desolate (Into The Badlands), diretto
da Sam Pillsbury.
Dopo aver testato le sue capacità in
un paio di film per il piccolo schermo, Dylan comincia ad accettare
i suoi primi ruoli in alcune serie tv di successo come I
Racconti della Cripta (1992), Ally McBeal
(1998) e Will &
Grace (2003). Nel 1997, arriva per lui il primo ruolo
importante nella serie The Practice – Professione
Avvocati.
5. La serie, creata da David
E. Kelley per la ABC, racconta delle
vicende di un gruppo di talentuosi avvocati penalisti della città
di Boston. The Practice è andata in onda dal 1997
al 2004 per un totale di 8 stagioni e 168 episodi. Dylan
McDermott nella serie interpreta l’avvocato Bobby
Donnell, uno dei personaggi principali, e compare in ben
147 episodi. Considerato regular fino alla settima stagione,
nell’ottava e ultima, invece, passa al ruolo di semplice guest
star. In The Practice, McDermott recita al fianco di attori come
James
Spader, Jessica
Capshaw,Ron Livingston,
Camryn Manheim e molti altri ancora.
Dylan McDermott in AHR – American
Horror Story
4. Dopo aver
militato in alcune serie tv americane come Big
Shots (2007-2008), Dark Blue (2009-2010),
Hostages (2013-2014), Stalker (2014-2015) e
LA to Vegas (2018), Dylan si dedica a un progetto
assai ambizioso.
Nel 2011, Ryan
Murphy e Brad Falchuck, autori della
fortunata serie Glee, creano per il network della
FX, una serie tv horror dal titolo
American Horror
Story. La serie è stata ideata in modo tale che ognuna
delle sua stagione sia autoconclusiva e abbia trama, personaggi e
ambientazioni differenti. Il cast della serie raramente cambia ma
gli attori interpretano ruoli diversi a seconda delle stagioni.
Dylan McDermott, un
po’ come alcuni dei suoi colleghi, ha partecipato a quattro
stagioni differenti di American Horror
Story che nello specifico sono Murder
House (stagione 1), Asylum (stagione 2),
Apocalypse (stagione 8)
e 1984
(stagione 9). Tuttavia, i ruoli più complessi e duraturi per
l’attore sono stati quelli delle prime due stagioni.
American Horror Story – Murder
House
In Murder
House, Dylan interpreta il dottor Benjamin
Harmon, un psichiatra di Boston che vive con la moglie
Vivien e sua figlia Violet. A seguito dell’aborto spontaneo di sua
moglie, i coniugi entrano in crisi e Ben si lascia andare ad una
relazione extraconiugale con una sua studentessa, Hayden McClaine.
Quando però la ragazza resta incinta di suo figlio, per paura di
essere scoperto, Ben decide di trasferirsi a Los Angeles con la sua
famiglia per cambiare vita.
Ma i problemi purtroppo lo seguono
da Boston fino alla west coast. Qui la famiglia compra una casa che
più tardi si scopre essere infestata e in cui succedono cose molto
strane e pericolose. A complicare ulteriormente la vita di Ben c’è
la sua ex amante Hayden che, decisa a interrompere la gravidanza,
ha bisogno del supporto emotivo ed economico di Ben.
American Horror Story – Asylum
Se Muder House è ambientata nella
California dei giorni nostri, la seconda stagione di American
Horror Story, Asylum, si
svolge invece contemporaneamente due epoche molte lontane tra
loro.
Una coppia di giovani amanti è in
vista al manicomio di Briarcliff, luogo ormai
chiuso e in rovina da molto tempo. La coppia, amante della macabro,
non vede l’ora di visitare le tetre stanze abbandonate della
struttura che ha la fama di essere un posto infestato dai fantasmi
dei suoi pazienti. Il manicomio, infatti, fu chiuso a causa
dell’altissimo numero di decessi tra i suoi pazienti, tutte morti
avvenute in modalità assai ambigue. Durante la loro visita di
piacere, gli amanti faranno purtroppo la conoscenza del malvagio
killer incappucciato…
Un flashback ci riporta al 1964,
anno in cui il manicomio di Briarcliff è in piena attività. La
struttura è gestita da Sorella Jude e da
Monsignor Timothy, che hanno creato un clima di
assoluto terrore tra i pazienti.
A Briarcliff ci sono tantissime
persone rinchiuse, come il giovane Kit Walker,
accusato di essere il serial killer “Bloody Face”; Grace
Bentrand, una psicopatica che ha trucidato la sua
famiglia; e Lana Winters, una giornalista
rinchiusa con la sola colpa di essersi dichiarata lesbica.
Tuttavia, a far più paura dei pazienti, sono proprio le persone che
gestiscono la struttura. Tra questi ci sono il dottor
Arden che si diverte a fare trani esperimenti sui paziente
e che pare nasconda un passato da nazista; e Sorella Mary
Eunice, apparentemente innocua ma in preda a possessioni
demoniache.
In Asylum,Dylan McDermott interpreta Johnny
Morgan, figlio di Oliver Thredson, medico ultimo
arrivato a Briarcliff, e di Lana Winters. Dopo aver passato la sua
infanzia a scuoiare e torturare piccoli animali, rimbalzando così
tra le tante famiglie adottive, da adolescente diventa un piccolo
criminale e viene arrestato.
Dylan McDermott in The
Politician
3. La
collaborazione tra Dylan e Ryan Murphy e soci continua anche nel
2019 quando l’attore viene scelto per entrare a far parte del cast
della nuova serie The
Politician, creata in esclusiva per Netflix.
Creata da Ryan
Murphy, Brad Falchuck e Ian
Brennan – trio inseparabile sin dai tempi d’oro di
Glee – The Politician racconta la
storia di Payton Hobart (Ben
Platt), uno studente del liceo di Santa Barbara deciso
a diventare presidente del corpo studentesco. Le aspirazioni di
Payton, tuttavia, non si limitano solo al controllo del liceo; il
ragazzo sogna infatti di poter diventare un giorno il nuovo
Presidente degli Stati Uniti.
Deciso a realizzare i suoi sogni un
passo alla volta, Payton comincia la sua campagna elettorale nella
scuola di Saint Sebastian, ma c’è chi è pronto a tutto pur di far
naufragare i suoi piani mettendogli i bastoni tra le ruote. Il
ragazzo dovrà quindi lottare per arrivare al traguardo e capire che
nel mondo della politica non sempre si può giocare pulito.
Nella serie – arrivata a 2
stagioni e 15 episodi – Dylan
McDermott interpreta Theo Sloane, padre
di Astrid
Sloane, fidanzata di River Barkley,
sfidante di Payton alle elezioni. Pur non avendo un ruolo
principale nella serie, il personaggio di Theo è fondamentale
poiché riesce sempre a influenzare il comportamento della figlia.
Lui è un uomo affascinante, arrogante, ricco e sicuro di sé, un
uomo che fa di tutto per ottenere ciò che vuole. Astrid, al
contrario, è meno combattiva, atteggiamento che manda il padre su
tutte le furie. In uno degli episodi chiave della stagione Theo
dice alla figlia:
“Sei una che molla, una perdente
e la più grande delusione della mia vita” [fonte:
Fandom]
Dylan McDermott in Hollywood
2. Squadra che
vince non si cambia. Ne sa qualcosa Ryan Murphy
che nel 2020, ancora un volta, arruola Dylan
McDermott per una nuova miniserie, sempre targata
Netfix, dal titolo Hollywood.
Creata dall’imbattibile coppia
Murphy-Brennan, la miniserie in sette puntate, è ambientata nella
Hollywood del secondo dopoguerra e segue le vicende di attori,
autori e registi emergenti che lottano contro i pregiudizi delle
major. Mescolando storie e leggende della Hollywood degli anni
d’oro, Ryan Murphy riscrive la storia del cinema dando al pubblico
un finale alternativo.
La serie, con l’aiuto dei suoi
personaggi così bizzarri e coloriti, affronta con leggerezza alcuni
dei temi più scottanti dei nostri giorni e della Hollywood di
quegli anni. Si parla di prostituzione, di razzismo, di corruzione
e ingiustizia sociale e di come, a volte, scegliere la strada più
difficile sia l’unica cosa saggia da fare.
Nella miniserie
Hollywood,Dylan McDermott
interpreta l’eccentrico Ernest “Ernie” West,
proprietario di una stazione di servizio, attività di copertura per
la sua rete di prostituzione. Ispirato a Scotty Bowers – un ex
marine diventato il magnaccia più famoso di Hollywood dagli anni
quaranta agli ottanta -, il personaggio di Ernie assume giovani
ragazzi di bell’aspetto per lavorare alla pompa di benzina e
vendere il proprio corpo al migliore offerente.
Dylan McDermott oggi
1. Grazie ai suoi
ultimi ruoli nelle serie AHS,The
Politician e Hollywood,Dylan McDermott oggi è di nuovo sulla cresta
dell’onda. L’attore è infatti impegnato con due progetti molto
importanti, un film e un cortometraggio, che dovrebbero arrivare
nelle sale a partire dal 2021.
Il cortometraggio, dal titolo
Proof of Loss, racconta la storia di una famiglia
devastata dalla perdita della propria causa, bruciata in un enorme
incendio. Si parla dell’elaborazione del lutto e della difficile
ricostruzione dell’equilibro emotivo di un intero nucleo familiare.
Il secondo progetto di Dylan, invece, riguarda il film dal titolo
King Richard, un biopic che racconta
della vita d Richard Williams, padre e allenatore
delle superstar del tennis Venus e Serena
Williams.
Purtroppo, a causa della
pandemia di Coronavirus ancora in corso, non
sappiamo ancora quando questi due progetti saranno rilasciati.
Tuttavia, se volete essere sempre informati sulla vita privata e
professionale di Dylan McDermott, vi consigliamo
di seguire il suo account Instagram, costantemente in
aggiornamento.
Come riportato da
Deadline, i Walt Disney Studios hanno annunciato le nuove date
di uscita dei loro prossimi progetti, alcuni dei quali sarebbero
dovuti arrivare nelle sale già quest’anno, ma che alla fine sono
stati posticipati a causa della pandemia di Covid-19. Partiamo
subito da Black Widow, l’attesissimo
cinecomic Marvel con Scarlett
Johansson, che non arriverà più nelle sale il prossimo
6 Novembre ma bensì il 7 Maggio del 2021.
Il film inaugurerà ufficialmente la
Fase 4 del MCU e di conseguenza sono stati posticipati anche i
successivi due cinecomic che sarebbero dovuti arrivare subito dopo
Black Widow:
stiamo parlando de Gli
Eterni, che dal 12 Febbraio 2021 slitta adesso al 5
Novembre 2021, e di Shang-Chi and the Legends of the Ten Rings,
che dal 7 Maggio 2021 arriverà adesso al cinema il 9 Luglio
2021.
Per quanto riguarda gli altri
titoli, l’uscita di Soul,
il nuovo film d’animazione Disney e Pixar, sembra essere confermata
per il prossimo 20 Novembre (il film non arriverà su Disney+ come ipotizzato nelle ultime
settimane, ma uscirà al cinema), mentre Assassinio
sul Nilo di Kenneth Branagh è stato leggermente
posticipato: dal 23 Ottobre di quest’anno, il film uscirà adesso il
18 Dicembre. Per quest’anno resta confermato anche
Free Guy – Eroe per gioco con Ryan Reynolds, che
uscirà l’11 Dicembre.
Ancora,
The King’s Man – Le Origini, il prequel della saga di
Kingsman con Ralph Fiennes, arriverà il 12 Febbraio 2021,
mentre l’attesissimo West
Side Story di Steven Spielberg è stato posticipato di un
anno: inizialmente previsto per il prossimo 18 Dicembre, il nuovo
adattamento del celebre musical arriverà adesso nelle sale il 10
Dicembre 2021.
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è stata riscritta
nei mesi scorsi da Ned Benson(The
Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Nato come film per denunciare una
volta di più gli orrori della guerra in Vietnam,
Rambo è in breve diventato un grande
classico, nonché uno dei più apprezzati film del suo anno, il 1982.
È inoltre il film che, insieme a Rocky, ha contribuito a
lanciare la carriera dell’attore Sylvester
Stallone. Oggi inserito tra i più grandi personaggi
della storia del cinema, il combattivo veterano si è visto
diventare protagonista di un’intera saga, oggi composta da ben 5
film realizzati tra il 1982 e il 2019.
La sua storia ha però origine nel
romanzo del 1973 Primo sangue, dello scrittore
David Morrell. Quando ne vennero acquisiti i
diritti, per i produttori fu subito chiaro che a ricoprire il ruolo
del protagonista sarebbe dovuto essere Stallone. A lui fu inoltre
permesso di collaborare alla sceneggiatura, e durante la scrittura
di questa si operarono una serie di cambiamenti volti a rendere il
film meno violento rispetto al testo letterario. Riscontrando poi
un grandissimo successo di critica e pubblico, lo studios di
produzione decise di dar vita ad una trilogia, composta da
Rambo 2 – La vendetta (1985) e Rambo III
(1988).
A distanza di vent’anni da
quest’ultimo capitolo, il personaggio è infine stato riportato sul
grande schermo per un quarto capitolo, intitolato John
Rambo (2008). Ma la saga non si concludeva lì, e nel 2019 è
infatti stato rilasciato Rambo: Last
Blood, che apparentemente potrebbe essere il capitolo
conclusivo della saga. Nel corso degli anni il personaggio è
certamente evoluto e cambiato, ma il senso generale della sua
storia è rimasto presente in ognuno dei suoi film. Le cicatrici che
il veterano si porta dietro dal Vietnam non guariscono, rimangono
vive sul suo corpo e nella sua mente, diventando un monito per
tutti.
Rambo: la trama dei film
Rambo (1982)
Il primo film introduce il
protagonista: il veterano della guerra del Vietnam John Rambo. A
sette anni dal suo congedo, questi giunge in una piccola cittadina
per fare visita ad un vecchio commilitone. Qui scopre con profonda
tristezza che il suo amico è morto di cancro a causa
dell’esposizione a un erbicida durante la guerra. Ritrovatosi
sempre più solo, Rambo inizia allora un innocuo vagabondaggio nella
piccola città. La sua presenza non è però ben vista dal violento e
arrogante sceriffo Will Teasle, che finisce per arrestarlo. Portato
alla stazione di polizia, Rambo subisce le angherie e i soprusi
degli ufficiali. Tale violenza risveglia però in lui il ricordo
delle torture subite come prigioniero di guerra.
Assalito da tali memorie, Rambo
inizia a ribellarsi alla brutalità dei poliziotti, dimostrando una
forza immane e una grande capacità di rispondere agli attacchi. In
breve, riesce a fuggire dalla stazione, dirigendosi poi nel bosco.
Lo sceriffo non è però intenzionato a lasciarlo a piede libero, e
scatena così tutto il corpo di polizia a disposizione contro di
lui. Nel frattempo, Teasle scopre la vera identità dell’uomo e di
cosa egli sia capace. Se quanto viene detto di Rambo è vero,
nessuno ha alcuna possibilità contro di lui in un territorio a lui
famigliare come quello del bosco. Ma lo sceriffo non sembra
disposto ad arrendersi. La sua arroganza sarà però la sua rovina,
poiché nessuno è veramente attrezzato per dare la caccia al letale
Rambo.
Rambo 2 – La vendetta (1985)
Nel primo dei sequel, John Rambo si
ritrova condannato e costretto ai lavori forzati per via di quanto
compiuto nel precedente film. La sua sorte cambia però nel momento
in cui il colonnello Trautman gli offre l’opportunità di tornare in
Vietnam per una nuova missione. Rambo, che nella sua testa non ha
mai realmente abbandonato la giungla vietnamita, decide di
accettare l’incarico. Istruito sulla sua missione, che prevede il
recupero di alcuni prigionieri statunitensi, egli si reca dunque
sul luogo. Una volta lì, Rambo viene messo in contatto con Co Bao,
una ragazza vietnamita che lavora però per il governo
americano.
Grazie a lei, Rambo riesce ad
infiltrarsi in uno dei campi di concentramento, dove trova numerosi
prigioni in situazioni disperate. Davanti a quegli orrori, il
soldato decide di disubbidire agli ordini, e si impegna per salvare
uno dei prigionieri. Tentando di riportarlo alla base americana,
Rambo e Co Bao vengono però traditi da uno dei loro alleati, che li
vende al nemico in cambio della libertà. I tre riescono però a
sfuggire alla trappola, nascondendosi nella giungla. Ben presto,
Rambo capirà di essere stato abbandonato da Trautman e
dall’esercito. Per sopravvivere dovrà ora fare affidamento a tutte
le sue capacità, poiché nella giungla è estremamente facile cadere
nella trappola dei soldati vietnamiti.
Rambo III (1988)
Con il terzo film della serie,
scopriamo che ora Rambo vive in Thailandia, dove si è recato per
cercare una nuova pace interiore aiutato dai monaci buddhisti, ai
quali in cambio offre aiuto nel restauro del loro monastero. Qui
però il veterano non è dedito solo ad attività pacifiche. Egli
partecipa infatti regolarmente a degli incontri di lotta, donando
poi i soldi vinti ai suoi nuovi amici monaci. La sua tranquillità
viene però nuovamente spezzata da una nuova visita di Trautman.
Questi chiede infatti al soldato di prendere parte ad una missione
in Afghanistan per fornire ai locali delle armi per combattere
contro gli occupanti russi. Rambo però, memore delle esperienze
precedenti, decide di rifiutare l’incarico.
Si troverà tuttavia a cambiare idea
nel momento in cui verrà a sapere che Trautman è stato catturato
dai russi. Si reca così in Pakistan, dove alleatosi con un gruppo
di ribelli del luogo tenta un primo assalto per salvare il
colonnello. L’attacco non va però nel migliore dei modi. Pur
riuscendo a liberare Trautman, Rambo si ritrova con questi nel bel
mezzo del nulla, lasciati a piedi dall’elicottero con il quale
avevano tentato la fuga. Esposti agli attacchi del nemico, i due
uomini dovranno ora cercare di sopravvivere in un territorio a loro
pressoché sconosciuto. La loro unica salvezza sarà di nuovo le
grandi doti da stratega di Rambo.
John Rambo (2008)
Sono passati ormai molti anni dalle
sue ultime avventure. Rambo continua la sua pacifica vita lavorando
su un battello al confine tra la Thailandia e la Birmania. Su
questo riceve un giorno la visita di alcuni missionari, i quali gli
chiedono di accompagnarli nel territorio birmano dove si sta
svolgendo un conflitto, con l’intento di portare aiuti umanitari ai
soldati. Inizialmente riluttante, Rambo infine accetta, consapevole
che il territorio sia cosparso di pericolose mine antiuomo. A
missione compiuta, scopre però che quello stesso gruppo di
missionari è stato ora catturato e rinchiuso in un campo di
prigionia. Insieme ad un gruppo di mercenari, il veterano parte
allora in loro salvataggio.
La missione va a buon fine, e Rambo
riesce a salvare il gruppo di ostaggi, che durante la loro
prigionia avevano subito atroci torture. Durante la fuga, però,
l’esercito birmano scopre l’accaduto ed organizza una tempestiva
caccia all’uomo. Rambo è così costretto a rifugiarsi nella giungla,
dove darà nuovamente prova delle sue capacità di sopravvivenza e
combattimento. A finire nei guai sono però ora i mercenari che lo
avevano aiutato nell’impresa. Il suo nuovo obiettivo sarà dunque
ora quello di organizzare un ultimo colpo, annientando l’esercito
birmano e salvando i suoi alleati.
Rambo: Last Blood (2019)
Decisosi a tornare negli Stati Uniti
alla fine del precedente film, Rambo è ora in pace con sé stesso, e
vive una nuova tranquillità nel suo ranch, dove vive insieme alla
nipote di una sua cara amica. Quest’ultima è in procinto di partire
per il college, e l’ormai anziano veterano già manifesta una certa
malinconia per la cosa. Molto protettivo nei confronti della
giovane, non riesce a vivere senza il terrore che qualcosa di
brutto possa capitarle. Gli orrori visti nel corso della sua vita
non possono infatti essere dimenticati. Una sera quanto da lui
temuto si avvera. La ragazza non torna a casa, e Rambo inizia così
subito a cercarla. Rivoltosi ad un’amica di lei, scopre che la
nipote è stata venduta ad un cartello di trafficanti umani in
Messico.
Imbracciata l’artiglieria pesante,
si reca immediatamente nel paese, oltrepassando il pericoloso
confine. Arriverà infine a rintracciare la giovane, ma il gruppo di
messicani che la tiene in ostaggio si rivela essere più temibile
del previsto. Ridotto in fin di vita, Rambo dovrà trovare un altro
modo per penetrare nel lodo edificio e compiere la sua missione.
Aiutato da una giornalista del luogo, che ha un conto in sospeso
con il suddetto cartello, Rambo dimostrerà ancora una volta che
nonostante l’età è ancora il più temibile dei guerrieri.
Rambo: i guadagni dei film al box
office e dove vedere i film in streaming
Quella di Rambo è una delle serie
cinematografiche di maggior successo della storia. Dato il grande
successo dei film, questa si è posizionata infatti al 31° nella
classifica delle saghe più redditizie di tutti i tempi. Il suo
incasso complessivo è infatti quello di oltre 1.4 miliardi di
dollari, a fronte di un budget totale di circa 220 milioni.
Singolarmente, il primo film ha incassato circa 125 milioni nel
mondo. Il primo dei sequel è ad oggi il film con il maggiore
incasso, attestatosi intorno ai 300 milioni. Seguono i 189 milioni
del terzo e i 113 milioni del quarto capitolo. Il quinto capitolo è
invece stato il meno remunerativo, con un incasso globale di “soli”
91 milioni.
Per gli amanti della saga, o per chi
volesse vederla per la prima volta, è possibile fruirne grazie alla
sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. I film di Rambo sono infatti
presenti nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play,
Microsoft Store, Apple iTunes, Now TV, Tim Vision, e Netflix. Per vederli, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale, avendo così modo di
guardarli in totale comodità e al meglio della qualità video. È
bene notare che con un abbonamento generale non si hanno tempi di
scadenza entro cui guardare i film.
Quella che doveva essere una
manifestazione pacifica alla convention del partito democratico
statunitense del 1968 si è trasformata in una serie di scontri
violenti con la polizia e la Guardia nazionale. Gli organizzatori
delle proteste, tra cui Abbie Hoffman, Jerry Rubin, Tom Hayden e
Bobby Seale, sono stati accusati di cospirazione e incitamento alla
sommossa in uno dei processi più noti della storia americana.
Prodotto da: Marc Platt, Stuart Besser, Matt
Jackson e Tyler Thompson
Humans è la serie
di fantascienza creata dal team britannico Sam Vincent e Jonathan
Brackley, per Channel 4 basata sul dramma di
fantascienza svedese Real Humans. la serie
esplora i temi dell’intelligenza artificiale e della robotica,
concentrandosi sull’impatto sociale, culturale e psicologico
dell’invenzione dei robot antropomorfichiamati “sintetizzatori”. La
serie è prodotta congiuntamente da AMC negli Stati Uniti e da
Channel 4 e Kudos nel Regno Unito. In Italia è stata acquistata e
trasmessa da Tim Vision.
Humans: dove vederla in
streaming
La serie Humans in streaming in Italia è
disponibile su Tin Vision
Humans: la trama e il cast
In un futuro parallela
contemporanea, il dispositivo tecnologico più in voga del momento è
il cosiddetto synth, un avanzato androide dalle sembianze molto
simili a quelle umane, ideato allo scopo di diventare un badante
domestico per famiglie o un operaio per compiti più umili. Persone
come George Millican, un anziano rimasto vedovo, lo usano non solo
per essere aiutati nella vita quotidiana, ma anche come un
dispositivo da compagnia, verso il quale può svilupparsi un legame
affettivo. Nel Regno Unito una famiglia dei sobborghi, la famiglia
Hawkins, ne compra uno ricondizionato, scoprendo presto che tale
modello possiede capacità molto più avanzate di quelle
pubblicizzate, comportandosi e pensando in modo simile ad un essere
umano, con una propria volontà.
Il synth degli Hawkins non è
l’unico esemplare con tale caratteristica, ma è membro di un
ristretto gruppo di dispositivi che alcuni, come Leo, figlio del
professore che ha ideato il codice in grado di far sviluppare una
libera volontà ai robot, cercano di proteggere, mentre altri, in
particolare l’ingegnere Edwin Hobb, cercano di neutralizzare
profetizzando un’imminente singolarità tecnologica.
In Humans
protagonisti sono Manpreet Bachu nei panni di
Harun Khan (serie 1), un’amica di Mattie, che la aiuta ad hackerare
i sintetizzatori. Emily Berrington nei panni di
Niska, un sintetizzatore consapevole costruito da David Elster per
essere la sorella di Leo. Ruth Bradley nel ruolo
di Karen Voss (serie 1–3), un ispettore investigativo e partner del
sergente investigativo Pete Drummond. Lucy Carless
nel ruolo di Mattie Hawkins, la figlia adolescente di Laura e Joe.
Gemma Chan come Anita / Mia, un synth servile
appartenente alla famiglia Hawkins. Pixie Davies
nei panni di Sophie Hawkins, la figlia minore di Laura e Joe.
Jack Derges nel ruolo di Simon (serie 1),
l’attraente assistente sintetizzatore e fisioterapista di Jill
Drummond.
Sope Dirisu nel ruolo di Fred
(serie 1), un sintetizzatore consapevole costruito da David Elster
per essere un fratello di Leo. Rebecca Front nei panni di Vera
(serie 1), un sintetizzatore medico del NHS che dovrebbe sostituire
Odi come badante di George Millican. Tom Goodman-Hill nel ruolo di
Joe Hawkins, il marito di Laura. Jill Halfpenny nel ruolo di Jill
Drummond (serie 1), la moglie disabile di Pete. Ivanno Jeremiah
come Max, sintetizzatore e confidente cosciente di Leo Elster,
costruito da David Elster per essere un fratello di Leo. Neil
Maskell nei panni di Pete Drummond (serie 1–2), un infelice
sergente detective della Special Technologies Task Force che è
sempre stato sospettoso dei sintetizzatori.
Colin Morgan nei
panni di Leo Elster, figlio di David Elster, un fuggitivo in parte
sintetizzatore ritenuto dal resto del mondo morto in un incidente
d’auto; Katherine Parkinson nei panni di
Laura Hawkins, un avvocato e madre di tre figli che si sente a
disagio con i sintetizzatori. Theo Stevenson
nei panni di Toby Hawkins, il figlio adolescente di Laura e Joe,
che è attratto ed è diventato protettivo nei confronti di Anita.
Will Tudor nel ruolo di Odi (serie 1–2), il malfunzionante
assistente di sintetizzatori di George Millican. Danny
Webb nel ruolo di Edwin Hobb (serie 1–2), un ricercatore
di intelligenza artificiale. William Hurt
nei panni di George Millican (serie 1), un ricercatore di
intelligenza artificiale in pensione e vedovo che soffre di perdita
di memoria e disabilità fisiche secondarie a un ictus.
Marshall Allman
nei panni di Milo Khoury (serie 2), Sonya Cassidy
nei panni di Hester (serie 2), Carrie-Anne Moss nei panni di Athena Morrow
(serie 2) Billy Jenkins nel ruolo di Seraph Sam. Holly Earl come
Agnes (serie 3), Ukweli Roach come Anatole (serie 3), Mark Bonnar
nel ruolo di Neil Sommer (serie 3), Dino Fetscher nel ruolo di
Stanley (serie 3) e Phil Dunster nel ruolo di Tristan (serie
3).
Humans 3 stagione
Terza stagione per la serie di
fantascienza che ci porta nel mondo dei synth, androidi umanoidi
creati da David Elster. Un anno dopo “Day Zero”, in cui migliaia di
umani e androidi sono morti dopo la distribuzione del codice di
coscienza, i synth senzienti sono stati segregati in una comunità
guidata da Max, Mia e Flash, mentre Laura, separata da Joe, si
impegna per i loro diritti. Nel frattempo entrano in scena nuovi
synth dagli occhi arancioni.
Stagione 3 episodio 1 – Un anno
dopo l’alba della coscienza del synth, Leo è ancora in coma,
lasciando Max, Mia e Flash a mediare una difficile pace con lo
spaventoso mondo umano. La lotta di Laura per i diritti di synth
riceve una spinta inaspettata.
Stagione 3 episodio 2 – Un raid
della polizia nel Railyard lascia Max alle prese con la caduta
della sua decisione di vita o di morte. La situazione peggiora
quando Agnes inizia una campagna antiumana. Laura scopre
un’operazione che potrebbe minacciare la sopravvivenza del
sintetizzatore.
Stagione 3 episodio 3 – Laura
lotta per scoprire la verità sull’operazione Basswood; Mattie e Leo
confrontano i loro sentimenti l’uno per l’altro.
Stagione 3 episodio 4 – Laura
conduce una visita tesa della Commissione Dryden al Railyard, ma la
rabbia di Agnes potrebbe minacciare il successo. Mia affronta il
suo passato quando incontra Ed. Una serata fuori si trasforma in
tragedia.
Stagione 3 episodio 5 – Le verità
vengono rivelate e piani pericolosi vengono messi in atto al
Railyard.
Stagione 3 episodio 6 – Laura e
Leo scoprono verità scioccanti e dolorose; Niska continua il suo
viaggio misterioso.
Stagione 3 episodio 7 – Laura
vacilla dalla sua decisione straziante; Il viaggio di Niska prende
una svolta inaspettata.
Stagione 3 episodio 8 – Umani e
sintetizzatori vanno testa a testa; Laura, Niska e Mattie devono
affrontare decisioni importanti.
Humans 2 stagione
Seconda stagione per la serie di
fantascienza che ci porta nel mondo degli androidi. I “synth”, i
robot umanoidi creati da David Elster, si trovano in una nuova e
spaventosa condizione ed in perenne fuga da un mondo che non
capiscono. Avranno il coraggio di scegliere di essere umani in
tutto e per tutto? In questa stagione troviamo anche Carrie-Ann
Moss (”Matrix”) nel ruolo della dottoressa Athena.
Stagione 2 episodio 1 – Niska vive
come una fuggitiva a Berlino, mentre gli altri Synth sono a terra
nel Regno Unito.
Stagione 2 episodio 2 – Karen e
Pete scoprono che un Synth speciale viene venduto al mercato nero;
Mia rischia di svelare il suo segreto per aiutare Ed.
Stagione 2 episodio 3 – Athena
arriva nel Regno Unito; Iniziano le valutazioni della coscienza di
Niska.
Stagione 2 episodio 4 – La
relazione di Mia ed Ed è minacciata; Le cose sembrano cupe per
Niska quando Laura chiama un testimone a sorpresa.
Stagione 2 episodio 5 – Mia è
costretta a intraprendere un’azione drastica; Hester e Leo
individuano il silo; Pete individua il prezioso Seraph rubato.
Stagione 2 episodio 6 – Athena
sfida Milo sulla sua etica, ed è scioccata quando rivela il suo
piano; Max avvia una nuova comunità di sintetizzatori.
Stagione 2 episodio 7 – Mattie
chiede a Max di aiutare a salvare Leo dall’influenza di Hester;
Toby riceve un messaggio inquietante.
Stagione 2 episodio 8 – Hester
cerca vendetta su Leo; Karen prende la situazione nelle sue mani;
Joe fa una confessione scioccante a Laura.
Humans 1 stagione
Avvincente serie britannica di fantascienza.
Jo Hawkins decide di acquistare un ”synth”, cioè un androide con
l’aspetto di una donna, senza consultare prima la moglie o la sua
famiglia. Anita, così si chiama il robot, suscita una serie di
inaspettate reazioni da parte dei figli mentre attraverso dei
flashback si capisce il suo passato. Il ”synth” potrebbe sapere
molto più di quello che sembra…
Stagione 1 episodio 1 – Laura Hawkins inizia
a sospettare che ci sia qualcosa di insolito nella loro famiglia
“Synth” Anita.
Stagione 1 episodio 2 – Niska organizza una
brutale fuga dal bordello; Il segreto di Leo viene rivelato; George
è inorridito all’idea di ricevere un nuovo Synth.
Stagione 1 episodio 3 – Anita salva la vita
a Toby; George cerca di liberarsi; Pete è arrabbiato per l’omicidio
del bordello.
Stagione 1 episodio 4 – Laura insiste che la
famiglia porti Anita per il test; Leo si avvicina di un passo alla
ricerca di Mia; Niska si vendica. Guarda su Prime Video incluso con Prime
Stagione 1 episodio 5 – Killer Synth è la
notizia dell’ultima ora e il panico pubblico sta crescendo; Il
segreto di Joe minaccia di distruggere la famiglia.
Stagione 1 episodio 6 – Con Joe in esilio ei
bambini stanchi delle bugie dei genitori, Laura decide che è ora di
dire la verità.
Stagione 1 episodio 7 – Karen si reca a casa
di George per trovare Niska; Pete è determinato a scoprire chi è
Karen.
Stagione 1 episodio 8 – Con i Synth in
cattività, il devastato Hawkins si rende conto di quanto Mia
significhi per loro.
Officine UBU è lieta di rilasciare
il trailer di IMPREVISTI
DIGITALI (Effacer L’historique / Delete History) che,
dopo il trionfo alla 70esima edizione della Berlinale, dove si è
aggiudicato l’Orso d’Argento, arriva dal 15 ottobre al cinema. Il
film è diretto dalla consolidata coppia di registi Benoît Delépine
e Gustave Kervern che raccontano, con il loro stile libero e
dissacrante, le disavventure di tre vicini di casa le cui vite
vengono stravolte a causa della loro inettitudine nel rapportarsi
con le nuove tecnologie.
IMPREVISTI
DIGITALI è una commedia sociale dolce-amara,
parzialmente ispirata al Movimento dei Gilet Gialli, che mette a
fuoco in modo ironico e pungente alcune delle assurdità che
caratterizzano la deriva digitale della società moderna, ormai
globalizzata e intangibile.
Tre vicini di casa in un sobborgo
francese si ritrovano coinvolti in una serie di imprevisti causati
dalla loro inettitudine nel rapportarsi alle nuove tecnologie.
Marie ha paura di perdere il rispetto di suo figlio a causa di un
sex tape finito online, Bertrand s’invaghisce della voce di una
centralinista e cerca di proteggere la figlia dal cyber bullismo e
Christine, che ha perso il marito a causa della sua dipendenza
dalle serie tv, è disposta a tutto per far aumentare la sua
valutazione come autista privato. I tre si lanceranno così in una
battaglia contro i giganti di internet. Una battaglia ben al di
fuori della loro portata… forse.
IMPREVISTI DIGITALI
arriverà al cinema distribuito da Officine UBU da giovedì 15
ottobre.
Parte dei titoli che compongono la
Fase 4 del MCU cambieranno
drasticamente l’universo cinematografico così come abbiamo imparato
a conoscerlo fino ad oggi. Dopo la fine della Saga dell’Infinito, i
Marvel Studios hanno ben pensato di
prendersi una breve pausa; purtroppo, a causa della pandemia di
Covid-19, questa pausa è durata ben più del previsto, dal momento
che Black
Widow non ha ancora debuttato al cinema (e quasi
sicuramente verrà posticipato al 2021).
Nella Fase 4 del MCU troveremo un mix
di sequel e storie originali. Ciò offrirà al pubblico e ai fan la
possibilità di rivedere sul grande schermo personaggi a cui sono
già affezionati e altri di cui farà la conoscenza per la prima
volta (almeno da un punto di vista cinematografico). Al momento non
sappiamo ancora quale sarà il nuovo assetto dei Vendicatori dopo i
tragici eventi di Avengers:
Endgame, né sappiamo come sarà il prossimo film
interamente dedicato all’amatissima squadra. Questo, unito
all’introduzione di tanti nuovi personaggi, porterà ad uno
stravolgimento del franchise dal punto di vista narrativo.
Quando i Marvel Studios potranno
ufficialmente dare il via alla Fase 4, data l’attuale crisi
sanitaria globale, è ancora un mistero. C’è ancora la possibilità
che la Fase 4 possa subire dei cambiamenti significativi, ma in
base ai titoli che sono stati confermati ad oggi,
Screen Rant ha provato a spiegare in che modo i prossimi film
del MCU
cambieranno l’assetto dell’universo condiviso:
1Doctor Strange in the Multiverse of
Madness
Come protettore della
dimensione primaria del MCU, il lavoro di Doctor Strange (Benedict
Cumberbatch) sarà ancora più significativo nella nuova avventura
Doctor Strange in the Multiverse of Madness. Affidato a
Sam Raimi dopo l’abbandono di Scott Derrickson (regista del
primo film), il sequel esplorerà ulteriormente il Multiverso, come
suggerisce anche il titolo. Ciò offrirà ai Marvel Studios una
maggiore apertura narrativa che potrebbe in qualche modo permettere
collegamenti con la famigerata introduzione gli X-Men e dei
Fantastici Quattro nell’universo condiviso, ma anche con l’arrivo
di altri personaggi come il Blade di
Mahershala Ali.
Doctor Strange in the Multiverse of Madness sarà anche
il primo film a connettersi ad una delle serie Marvel in arrivo su
Disney+, con il sequel che sarà
narrativamente collegato a WandaVision
e a Loki. Non si sa
ancora se lo Stregone Supremo apparirà effettivamente nei suddetti
programmi tv, ma anche se non farà un’apparizione fisica, sappiamo
che gli eventi di quel film avranno un impatto su entrambe le
serie. Ciò anticipa che le serie e il MCU saranno intimamente
connessi d’ora in avanti.
Cosa hanno in comune i cercatori di
“oro bianco” nelle sperdute isole della Nuova Siberia, a largo
dell’Oceano Artico, il direttore del Museo del Mammut, un genetista
di Harvard, il pioniere sud coreano della clonazione e un centro di
sequenziamento del DNA cinese? La risposta sembra semplice quanto
bislacca: l’interesse per il mammut lanoso, un
animale preistorico vissuto 30.000 anni fa. Lo spiega in maniera
dettagliata Christian Frei nel suo nuovo documentario
Genesis 2.0, presentato nella sezione
World Cinema Documentary del Sundance
Festival, che arriva in sala dal 24
settembre.
Frei,
documentarista svizzero candidato all’Oscar per il suo
The War Photographer (2001), sceglie
questo animale preistorico che un gruppo di studiosi sta cercando
di riportare in vita attraverso le moderne tecniche di
manipolazione del DNA e la clonazione con un’operazione simile a
quella intrapresa dai protagonisti di Jurassick
Park, per illuminare l’universo dell’ingegneria
genetica moderna e il livello al quale si è spinta. Quali sono le
sue possibili implicazioni in un futuro in cui il mondo potrebbe
essere del tutto nuovo rispetto a come oggi lo si conosce, in cui
l’uomo potrebbe avere il potere di manipolare e generare
artificialmente vita umana? Siamo pronti a una sorta di nuova
genesi, appunto una Genesis 2.0?
I più fortunati e gli
ultimi nello scenario tra fascino e inquietudine di Genesis
2.0
In uno scenario che inizialmente
appare straniante e fantascientifico, ma che poco a poco, con
sorpresa dello spettatore, assume i contorni del reale, il
regista, affiancato dal giovane ma capace Maxim Arbugaev,
che si occupa della parte più ardua delle riprese, quella in Nuova
Siberia, porta alla scoperta di un mondo affascinante e
inquietante al tempo stesso. Un mondo molto polarizzato,
dove la divisione tra chi fa il lavoro più duro, rischiando anche,
paradossalmente, la vita per avere un’opportunità di guadagno e di
sopravvivenza, e chi invece opera in contesti protetti traendo i
maggiori profitti, è netta. Un aspetto questo, che
Frei aveva già indagato nei suoi precedenti lavori
e su cui continua a puntare l’obiettivo.
I primi sono i cacciatori di
zanne di mammut nella tundra siberiana che, come un tempo
i cercatori d’oro, battono le impervie isole della Nuova Siberia
palmo a palmo nella speranza di trovare zanne di mammut grosse e
integre, che possano valere abbastanza sul mercato dell’avorio da
ripagare della fatica e del rischio della vita stessa, della
lontananza dai familiari per lunghi mesi. Tra loro c’è anche
Peter Grigoriev, cacciatore di zanne non solo per
denaro, ma anche per collaborare con suo fratello Semyon
Grigoriev, direttore del Mammoth Museum
dell’Università Federale Nord Orientale di Jakutsk, in Jakuzia.
Semyon vuole riportare in vita il mammut lanoso, estinto migliaia
di anni fa. Quando il fratello Peter gli annuncia che lì, nella
tundra siberiana, ne hanno trovato uno sorprendentemente integro,
pensa che il momento è finalmente arrivato. Se riuscirà a
convincere il patron della Sooam Biotech pioniere
nel campo della clonazione, Woo Suk Hwang, che in
Corea del Sud clona animali da compagnia, e se coinvolgerà la
BGI – Beijing Genomic Institute – principale
azienda cinese e ad oggi mondiale che si occupa di sequenziare il
genoma e trasformarlo in big data, allora il suo sogno di
veder nascere un nuovo mammut lanoso potrà forse diventare realtà,
aprendo la strada ad una vera e propria rivoluzione genetica.
Tante questioni in una
visione equilibrata
È evidente come un documentario di
questo tipo ponga infinite questioni, accenda i riflettori su
tantissime realtà. Fa riflettere sui limiti della ricerca, se ce ne
debbano essere e se sia giusto spingersi fino a sfidare la natura,
riscrivendo le sue stesse leggi. Questa dicotomia è efficacemente
rappresentata dal canto epico di origini antichissime presente nel
film, che mette in guardia l’uomo dal disturbare gli spiriti della
natura. Il canto si pone come un argine ideale all’opera dei
cacciatori, che cercano di placare gli spiriti facendo delle
offerte dopo aver estratto i resti dei mammut dal terreno. I
cacciatori stessi insistono infatti sulla valenza quasi mitica di
questo animale, i cui resti sono sacri e pertanto, secondo la
tradizione, non andrebbero toccati. Essi si muovono dunque
contravvenendo ai dettami dei padri. Perciò cercano poi di placare
gli spiriti affinché non si vendichino contro di loro, portando
malasorte.
Il lavoro di Frei e
Arbugaev, però, mette anche sotto gli occhi del
pubblico gli effetti del riscaldamento globale. Oggi che i ghiacci
si stanno sciogliendo, un numero sempre maggiore di zanne affiora e
viene rinvenuto dai cacciatori. Se per loro è un bene, perché
torneranno a casa con un buon bottino, per l’ambiente ciò segna un
punto di non ritorno. Ecco, di nuovo, la dicotomia uomo – natura.
Quali sono, poi, i rischi della manipolazione della vita? Cosa
accade quando un potere così grande è in mano a persone che
inevitabilmente cercano di trarne profitto? Cosa accade se l’uomo
si fa prendere dall’onnipotenza e dimentica i suoi limiti? E
ancora: gli studenti che a Boston in una convention sulle
biotecnologie sognano di salvare il mondo con l’ingegneria genetica
tengono nella dovuta considerazione i risvolti del loro lavoro?
Frei e Abrugaev non danno
giudizi, si pongono come testimoni equidistanti, pur non
nascondendo le emozioni suscitate in loro dagli incontri
che questo progetto li ha portati a fare: dal misto di curiosità e
inquietudine raccontato da Frei alla sensazione di
essere accolto come un membro del gruppo provata da
Arbugaev, che ha condiviso molto tempo con i
cacciatori di zanne in Nuova Siberia. I registi pongono
dubbi, lanciano molteplici spunti di riflessione e soprattutto
illustrano una realtà ancora oggi misconosciuta.
Il racconto attraverso le
voci degli attori della vicenda in Genesis
2.0
I due autori
riescono a far raccontare questo mondo così particolare
direttamente dai suoi protagonisti, riprendendoli in
azione, chi in laboratorio, chi all’università e chi
tra i ghiacci artici. Siapprende quale
sia il loro quotidiano e cosa li spinga a far parte di questo
progetto. Le voci off dei documentaristi fanno solo da
raccordo ai vari momenti del racconto, portato avanti con
un’efficace alternanza tra la location siberiana e quella dei
laboratori americani, cinesi e coreani.
Peter Grigoriev,
cacciatore di zanne e fratello di Semyon
Grigoriev, racconta cosa spinge lui e i suoi colleghi a
mettere in gioco tutto pur di trovare le zanne: “Una volta che
ne trovi una non smetti più. Come fai a rinunciare? I soldi servono
sempre. È la natura umana non accontentarsi mai. Se le cose vanno
bene, l’uomo non riesce a fermarsi”. Raccontano che una grossa
zanna integra di prima qualità può valere dai 45.000 ai 90.000
dollari, per essere poi venduta sul mercato cinese, dopo essere
stata cesellata ed essere divenuta un’opera d’arte, a circa un
milione di dollari.
È attraverso il giovane cercatore
Spira Sleptsov, per la prima volta alla ricerca di
zanne, che si comprende come spesso dietro a un lavoro così
rischioso e difficile vi siano condizioni disperate: Spira è in
Nuova Siberia perché ha un grosso debito in banca e una zanna di
prima qualità è la soluzione su cui ha scelto di puntare. Se ne
trovasse una da 90 kg, dice, smetterebbe.
Semyon Grigoriev
illustra entusiasta il filmato del 2013 che documenta il
ritrovamento di un giovane mammut ghiacciato in una grotta artica e
il tentativo di estrarne il DNA. Trovare un mammut integro dopo
migliaia di anni, dice, “è come il primo volo nello spazio o la
grande muraglia cinese”.
Alla Genetically Engineered
Machine Competition di Boston è evidente l’entusiasmo dei
giovani che si affacciano stupiti e galvanizzati al mondo e alle
enormi potenzialità dell’ingegneria genetica. Si inseriscono nuovi
codici genetici in organismi viventi, in quello che a un occhio
profano sembra a tutti gli effetti un gioco con il codice della
vita. Si modifica e si progetta la vita stessa.
George Church, genetista
alla Harvard Medical School di Boston, che collabora al
progetto della resurrezione genetica del mammut lanoso, è convinto
che “la biologia di sintesi cambierà tutto” e aprirà le
porte di un nuovo mondo. “Sarà la prossima grande
rivoluzione” perché, afferma, “la nostra specie è pronta a
prendersi dei rischi”. Di fronte a queste parole si resta al
contempo affascinati e spaventati.
Alla Sooam
Biotech, azienda sud coreana che clona animali da
compagnia, si fa la conoscenza del fondatore , Woo Suk
Hwang, pioniere della clonazione. Fu il primo uomo a
clonare con successo un cane nel 2005, un levriero afgano di nome
Snuppy. Ancora oggi la Sooam Biothech è l’unica azienda al mondo
che lo può fare: “per 100.000 dollari la Sooam clona il vostro
cane, e avrete un secondo clone in omaggio!”, recita uno
slogan. È impressionante vedere come le persone siano disposte a
rivolgersi all’azienda pur di riavere l’animale d’affezione che
hanno appena perso, tale e quale, pur di non affrontare
l’elaborazione di un lutto. Hwang è interessato a recuperare una
specie estinta come il mammut lanoso.
Infine c’è la BGI
uno dei più grandi centri di sequenziamento del DNA del mondo, in
Cina. Una giovane addetta ha il compito di illustrare le finalità
dell’azienda. Quando le si chiede se facciano il loro lavoro
esclusivamente per preservare il DNA, lei risponde con un’innocenza
disarmante: “Per tutto!” e resta basita di fronte al
quesito riguardo alla questione etica derivante dalla manipolazione
del genoma, questione che per l’azienda sembra non porsi affatto.
Ciò lascia intravedere gli enormi margini di profitto che si
profilano dietro a un business di questo tipo, oltre al potere che
giace nelle mani di chi possiede un patrimonio come “quasi 2
milioni di campioni sulla popolazione per la diagnosi prenatale non
invasiva”.
Più si procede nel racconto, più ci
si rende conto che si ha a che fare con persone che, intervenendo
con l’ingegneria genetica sul processo della creazione della vita,
mirano a “rendere Dio perfetto!” Inevitabilmente ci si
chiede se sia prudente lasciare un potere così grande in mano a un
ristretto gruppo di persone, che possono disporne a loro
piacimento, sebbene dichiarino di farlo per i fini più nobili di
ricerca e prevenzione delle malattie.
Lo stile di Frei e
Abrugaev
Frei è asciutto nel
documentare il mondo della comunità scientifica che si muove
attorno al tema della clonazione, ma non per questo non coinvolge.
Mostra in modo eloquente le masse di studenti invasati, come
l’alacre lavorio dei laboratori di ricerca e la noncuranza
sorprendente per i risvolti etici. Tutto ciò è efficacemente
alternato, in un continuo ping pong che mostra le due facce di una
stessa medaglia, con il lavoro di Arbugaev in
Siberia, dove colpisce e domina il grigiore delle isole in parte
ghiacciate e disabitate. I colori desaturati accentuano questo
aspetto. Della fotografiain Nuova
Siberia si occupa lo stesso Maxim
Arbugaev. La desolazione, la disperazione dei cacciatori
che rischiano la vita è costantemente presente. Nell’ultima parte
del racconto l’alternanza tra questi due mondi, apparentemente così
distanti, opposti, ma legati da un filo ormai palese, si fa più
serrata e questo accresce un senso di angoscia nello spettatore. Il
montaggio è curato da Thomas
Bachmann.
Le musiche di
Max Richter e Edward Artemyev
accompagnano con atmosfere rarefatte e plumbee questo viaggio.
Genesis
2.0è illuminante
Genesis
2.0 è senz’altro un lavoro che merita la
visione, poiché fa luce su un mondo che altrimenti resterebbe
pressoché sconosciuto. Un mondo che sembra lontano anni luce dalla
realtà quotidiana, ma che invece promette ricadute nient’affatto
secondarie su di essa. Perciò vale la pena superare le
proprie remore e iniziare a riflettere su tematiche come quella
della clonazione e più in generale dell’ingegneria genetica, le cui
implicazioni riguardano il futuro dell’umanità.
Il titolo inglese del film
Il giorno sbagliato è Unhinged,
termine con il quale si indicano quelle persone mentalmente
instabili. Da subito, infatti, si introduce lo spettatore ad una
sequenza iniziale dove si affronta il tema del crescente nervosismo
sociale, il quale è alla base degli atti di violenza di ogni tipo.
Diretta da Derrick
Borte e scritto da Carl Ellsworth, la
pellicola tenta dunque di riflettere su una realtà
preoccupantemente sempre più radicatà, in particolare negli Stati
Uniti, affidandosi ai toni e alle caratteristiche del genere
thriller. Nonostante le premesse iniziali particolarmente
interessanti, il film finisce però per attrarre più per il cosa
racconta che non per il come.
Protagonista del film è Rachel
Hunter (Caren Pistorius), madre di Kyle e da poco
divorziata dal marito. Per lei il giorno che si appresta ad
iniziare è un giorno come un altro, ma quando per accompagnare il
figlio a scuola si trova bloccata nel traffico, con la conseguenza
di ritrovarsi anche licenziata dal suo unico lavoro, capirà che
quello è proprio un giorno sbagliato. I guai per lei non sono però
ancora realmente iniziati. In preda alla frustrazione, infatti,
commetterà l’errore di suonare con prepotenza il clacson al suv che
davanti a lei non parte allo scattare del verde del semaforo.
L’uomo alla guida del veicolo, Tom Cooper (interpretato da un
mastodontico Russell
Crowe), inizierà infatti ad inseguirla per tutta la
città, con il chiaro intento di fare del male a lei e alle persone
a lei care.
Un duel(lo) urbano
Era il 1971 quando il regista
Steven Spielberg dimostrava con
Duel quanto potesse essere avvincente il duello tra due
automobilisti. Una lotta per la sopravvivenza tra grande e piccolo,
tra spietato squalo e indifeso pesciolino, che è ora alla
base anche di Il giorno sbagliato. Per il film di Borte
l’opera di Spielberg sembra infatti essere una chiara fonte
d’ispirazione, la cui vicenda viene però ora ricollocata nella
snervante città di New Orleans. Il nuovo contesto permette così di
trattare una problematica sempre più diffusa (negli Stati Uniti in
particolare, ma non da meno anche nel resto del mondo), ovvero
quella della violenza al volante. La premessa di base è infatti
particolarmente intrigante. In una società sempre più afflitta da
nevrosi, non puoi sapere chi ti circonda in mezzo alla strada. Né
tantomeno come potrebbe reagire ad un tuo errore.
È così che quando avviene
l’incidente che scatena la furia dell’automobilista interpretato da
Crowe, ha inizio un thriller inquietante proprio perché non troppo
lontano da episodi realmente accaduti. Il pregio di Il giorno
sbagliato è infatti quello di costruire una vicenda che dà
sfogo a paure che ogni spettatore può aver vissuto mentre si
trovava al volante. Tutto ciò è inoltre avvalorato dalla semplicità
con cui il conflitto ha inizio, e da cui prendono poi piede
inaspettate conseguenze al limite dello splatter. È allora qui che
entra in gioco la lezione di Spielberg. Gli inseguimenti e i
depistaggi tra le due automobili protagoniste sono avvincenti,
lasciano lo spettatore con il fiato sospeso. Il mastodontico suv
guidato da Crowe, dal canto suo, sembra un vero e proprio squalo
della strada, imprevedibile e inarrestabile.
La lotta tra i due personaggi
risulta ancor più convincente per via delle loro simili vicende
personali. Rachel è una donna nel bel mezzo di un divorzio, Cooper
un uomo che dalla separazione coniugale ne è uscito in ginocchio e
mentalmente provato. Egli rivede così in Rachel la donna che lo ha
distrutto. Nel marito di lei sé stesso. La sua caccia diventa
allora personale e sempre più aggressiva. Da questo punto di vista,
il personaggio di Crowe è paragonabile al Bill Foster di
Michael
Douglasin Un giorno di ordinaria
follia, altra probabile fonte di ispirazione per il film.
Tematiche e personaggi con un gran potenziale narrativo, dunque,
che finiscono però con lo sprecarsi mano mano che la narrazione
prosegue.
Il giorno sbagliato: la
recensione
Come anticipato, la prima parte del
film risulta essere la più convincente proprio per via delle
premesse che vengono offerte allo spettatore. Quelle degli
inseguimenti tra i due protagonisti, come detto, risultano essere
tra le sequenze più emotivamente forti del film. La stessa regia di
Borte sembra particolarmente ispirata, dando vita ad un ambiente
claustrofobico e a un ritmo teso. Si rimane dunque contrariati nel
momento in cui ciò viene lentamente a trasformarsi per diventare
altro. È certamente interessante la scelta di far diventare
obiettivo di Tom Cooper anche le persone care a Rachel. Questa si
rivela però infine controproducente nel momento in cui ci si
allontana dal focus originale. Quando la storia si amplia,
assumendo risvolti eccessivi, si perde il controllo del mezzo,
finendo fuori strada.
Il giorno sbagliato rientra
a quel punto nei binari di un più classico thriller, non portando a
compimento quanto inizialmente promesso. La sensazione diventa
allora quella di star assistendo ad un film che, come detto in
apertura, risulta più affascinante per cosa racconta che
non per il come. Fortunatamente, la presenza dei due
interpreti principali aiuta a mantenere vivo l’interesse. Crowe è
quanto mai minaccioso, e sfoggia una presenza scenica raramente
vista nelle sue interpretazioni più recenti. La giovane Pistorius,
invece, permette di nutrire una certa empatia per il suo
personaggio, seguendone le disavventure fino all’ultimo. Giungendo
al finale, pur se non pienamente soddisfatti, il film riesce
comunque a lanciare il suo messaggio di allarme. E sarebbe bello
immaginare che dopo la visione de Il giorno sbagliato ci
si penserà due volte prima di suonare il clacson a sproposito.
A giugno avevamo appreso la
notizia che sarebbe stato il celebre compositore
olandese Junkie XL ad occuparsi della
colonna sonora di Godzilla
vs. Kong, l’attesissimo film della coppia
Legendary/Warner in cui vedremo scontrarsi i due iconici mostri
cinematografici.
Junkie XL è
noto per aver curato le musiche di film quai Il cavaliere
oscuro – Il ritorno, L’uomo d’acciaio, Mad Max: Fury Road,
Deadpool, Batman v Superman: Dawn of
Justicee, più di recente, Alita:
Angelo della Battaglia e Terminator:
Destino oscuro. Si tratta di uno dei compositori più
richiesti quanto si tratta di
pellicole action e, più in generale, di
grandi blockbuster.
“Sono un vero patito di
Godzilla. Ho tutte le versioni giapponesi dei film. Ad un certo
punto, solo per puro divertimento, ho anche scritto qualcosa per
Godzilla. Circa due anni fa, ho incontrato Adam perché ha mostrato
interesse per il mio lavoro. Gli ho detto: ‘Sai che sono il più
grande fan di Godzilla del pianeta e, anni fa, ho scritto anche
delle cose?. E lui mi ha risposto: ‘Mi prendi in giro?’. Così
abbiamo iniziato a parlare, ho modificato quello che avevo fatto,
gliel’ho fatto sentire e se n’è totalmente innamorato.”
Tutto quello che sappiamo su Godzilla vs. Kong
Inizialmente previsto per il
prossimo 20 Novembre, la data di uscita di Godzilla
vs. Kong è stata posticipata al 21 Maggio 2021 a causa
della pandemia di Covid-19. Il film ha ricevuto un PG-13, ossia un
divieto ai minori di 13 anni. La motivazione consiste nella
presenza nel film di “intense scene di violenza e distruzione e
di linguaggio volgare”. Nessun divieto ai minori di 17
anni, quindi, lasciando presagire che il film sarà molto meno crudo
di quanto i fan probabilmente si aspettano.