Letitia Wright, interprete di Shuri nel
MCU, crede che prima o poi i
Marvel Studios realizzeranno un film dedicato
agli Avengers tutto al femminile. Durante i primi anni, una delle
critiche più comuni che venivano mosse all’universo condiviso era
proprio la mancanza di supereroi femminili. Nonostante l’importanza
del personaggio di Vedova Nera all’interno del franchise, il primo
film in solitaria con protagonista una donna è arrivato soltanto
nel 2019, con l’uscita di Captain
Marvel.
Diversi supereroi femminili sono
stati introdotti durante la Saga dell’Infinito, e alla fine tutte
si sono riunite nella memorabile battaglia finale di Avengers: Endgame. Proprio quel momento ha
riacceso le discussioni su un ipotetico film sugli Avengers al
femminile. Attrici come Scarlett Johansson e Brie Larson hanno già espresso la loro circa
tale possibilità, ma ad oggi i Marvel Studios non hanno ancora
annunciato nulla di ufficiale al riguardo. Con così tanto interesse
nei confronti del potenziale film, anche un’altra star del MCU è piuttosto fiduciosa che il
film verrà realizzato prima o poi.
Letitia Wright ha fatto il suo debutto nel
MCU nel 2018 nei panni di Shuri in
Black
Panther ed stata protagonista anche dell’ormai celebre
scena tutta al femminile vista nell’atto finale di
Avengers: Endgame. In una nuova intervista con
Yahoo, a Wright è stato chiesto della possibilità che la
Marvel realizzi in futuro il tanto
agognato film dedicato alla
A-Force. Stando alle parole della Wright, sembra che la Casa
delle Idee sia intenzionata a rendere il progetto una realtà; si
tratta solo di una questione di tempo…
“Non credo che sia qualcosa per
la quale dobbiamo più lottare”, ha spiegato Letitia Wright. “Victoria Alonso crede
fortemente nel progetto, così come Kevin Feige. È solo questione di
tempo prima che lo facciano.”
Il team A-Force “perfetto” secondo Letitia Wright
Sulla base della risposta di Wright,
sembra che Victoria Alonso, produttrice di
Avengers: Endgame ed vice-presidente esecutivo
della produzione dei Marvel Studios, sia particolarmente
concentrata nel realizzare un film sugli Avengers tutto al
femminile. Inoltre, il presidente dei Marvel Studios Kevin Feige è sempre
stato un grande sostenitore delle eroine sul grande schermo e della
possibilità di dare loro un maggior spazio, che si tratti di film
in solitaria o di gruppo. Quando a Wright è stato chiesto chi
avrebbe voluto vedere al suo fianco nell’ipotetico film, l’attrice
ha menzionato personaggi del calibro di Valkyria, Captain Marvel, Okoye e Nakia.
Basato sul libro di Lily
Brooks-Dalton, adattato per il cinema da Mark L. Smith
The
Midnight Skydebutterà in
streaming su Netflix
nel dicembre del 2020. La pellicola racconta uno scegnario
post-apocalittico e segue Augustine (George Clooney), uno
scienziato solitario nell’Artide che cerca di impedire a Sully
(Felicity Jones) e ai suoi colleghi astronauti di rientrare sulla
Terra, colpita da una misteriosa catastrofe globale. Clooney dirige
l’adattamento dell’acclamato romanzo di Lily Brooks-Dalton La
distanza tra le stelle, e lo interpreta a fianco di David
Oyelowo, Kyle Chandler, Demián Bichir e Tiffany Boone.
La Mostra Internazionale del
Cinema di Venezia ha rinnovato il contratto dell’attuale
direttore artistico Alberto Barbera. La
Biennale di Venezia ha annunciato oggi che il Consiglio di
Amministrazione ha rinnovato Barbera, il cui titolo ufficiale è
Direttore della Sezione Cinema.
La Biennale ha annunciato oggi i
nuovi direttori di ogni sua sezione e, mentre sono stati sostituiti
i direttori di musica, danza e teatro, Barbera tornerà per un terzo
mandato consecutivo e un quarto mandato assoluto alla direzione del
festival. Il suo primo mandato risale al triennio 1999-2001,
tornando al Lido nel 2011.
Il festival del prossimo anno si
svolgerà dall’1 all’11 settembre.
Barbera ha fatto molto per
rafforzare la posizione del festival cinematografico più antico del
mondo negli ultimi anni, attirando al Lido i grandi studi
cinematografici e artisti di fama mondiale. Proprio quest’anno,
Barbera e la sua organizzazione hanno permesso lo svolgimento in
presenza del festival, l’unico di caratura internazionale che si è
svolto da febbraio ad oggi. La manifestazione si è svolta con
successo e senza intoppi.
Così si chiude la Festa del
Cinemadi Roma 2020, con la presentazione
del quarto lavoro da regista di Francesco Bruni,
Cosa sarà. Sceneggiatore tra gli altri di
Paolo Virzì, cui lo lega un lungo sodalizio
artistico e umano, Bruni firma in proprio commedie
francamente divertenti, ma anche acute e non prive di un certo
disincanto, in cui l’elemento fondante attorno a cui ruota tutto
sono i rapporti umani, in special modo quelli familiari, tra mariti
e mogli e ancor più tra genitori e figli. Non per niente, le sue
commedie realistiche, un po’ strampalate e fresche hanno spesso
lanciato giovani talenti. È stato così con il suo esordio Scialla!, che lanciò Filippo
Scicchitano, come con Tutto quello che
vuoi, che fece emergere
Andrea Carpenzano. Oggi è la volta di Fotinì
Peluso, che interpreta ottimamente Adele, la figlia del
protagonista. La sfida è difficile, poiché si tratta di far ridere
o sorridere del dramma di un uomo ancora giovane gravemente malato
e della sua paura di non farcela.
La trama di Cosa
sarà
Bruno Salvati, Kim Rossi Stuart, è un regista di commedie
quasi sconosciuto. Si è separato dalla moglie Anna, Lorenza
Indovina. Facendo dei controlli dopo un banale incidente,
scopre di avere la leucemia. L’unica speranza di guarigione è un
trapianto di cellule staminali. Inizia così il suo percorso da
paziente, guidato da una competente e pragmatica ematologa,
Raffaella Lebboroni, alla ricerca di un
donatore compatibile. Inizia però, anche un viaggio che lo porterà,
ancor prima che tra le corsie dell’ospedale, alla scoperta di un
segreto di famiglia e alla ricerca, assieme ai figli Adele,
Fotinì Peluso, e Tito, Tancredi
Galli e al padre Umberto, Giuseppe
Pambieri, di una persona che può essere la sua unica
speranza. Questo percorso lo porterà anche a ripensare sé stesso e
i suoi rapporti familiari.
Finché c’è vita c’è
speranza, e ironia
E’ lo stesso Francesco
Bruni a spiegare come in questo film – era già accaduto
nei precedenti – vi sia un contenuto autobiografico, opportunamente
arricchito e rivisitato. Soggetto e sceneggiatura sono del regista,
la seconda in collaborazione con Kim Rossi Stuart. Dunque si tratta di una
storia molto personale, dolorosa e delicata. Si percepiva che lo
fosse. Ecco forse perché Bruni ha sentito il
bisogno di tornare nella Livorno in cui è cresciuto per raccontarne
almeno una parte. Per molti versi, dunque, è lui il Bruno Salvati
della storia, che parla della malattia che lo ha colpito e dalla
quale è guarito – si è salvato, appunto, nomen omen – e di
come questa si possa rivelare un’opportunità per ricominciare, per
cambiare.
Il film rispetta in pieno lo stile
di Bruni riuscendo ad essere al tempo stesso
divertente e amaro, poetico e drammatico, doloroso, realistico, ma
anche movimentato e perfino buffo. Del tutto assente la retorica,
come da sana abitudine del regista. Non si scade mai nel
melodramma, ma si stempera, si alleggerisce con la situazione
comica. Kim Rossi Stuart è convincente nei diversi
registri richiesti dal film, bravissimo nel drammatico, ma non meno
efficace nella commedia.
Foto di Paolo Ciriello
Bruni fa di
Salvati un personaggio che, come altri nei suoi film, non è il
padre che vorrebbe essere, un uomo anche fragile, che non nasconde
la paura, ma che attraverso quest’esperienza trova il coraggio e il
modo di cambiare, di scrollarsi di dosso un’immagine di sé che
forse non gli corrisponde più e comincia a dare maggiore ascolto a
chi gli sta intorno. Il sottofinale è emblematico di questo
cambiamento. Il cast ha anche una presenza femminile importante:
brave Lorenza Indovina, Barbara
Ronchi nel ruolo di Fiorella, Raffaella
Lebboroni e la già citata FotinìPeluso. Scelte perfette sono due brani della
colonna sonora: Perfect day, che crea un ossimoro
emozionante in uno dei momenti forse più dolorosi del film, e I
will survive.
Cosa sarà è anche un sentito omaggio a
Mattia Torre, regista e autore di
Boris e La linea
verticale, prematuramente scomparso. In alcune scene
del film, come quella del dibattito mancato, si ritrova proprio un
po’ della sua impronta, quell’umorismo graffiante e dissacrante,
quel voler far ridere a tutti i costi anche della morte, quel
trattare con umorismo qualsiasi cosa succeda nella vita perché
comunque, finché si è vivi e lo si può raccontare, se ne può
sorridere. In Cosa sarà l’ironia, il riso amaro non
esita a trasformarsi in franca risata. Così come il regista non
rinuncia a punteggiare il film di una pungente ironia sul mondo del
cinema, complice anche un cameo di Ninni
Bruschetta (Boris e
La linea verticale), nel ruolo del
produttore cinematografico.
Il quarto lavoro da regista di
Francesco Bruni è dunque una sorta di lungo flirt
con la morte, al termine del quale non si esce incupiti o avviliti
o tristi, ma col sorriso sulle labbra di chi dice: è andata bene!
Il funambolo che cammina sulla ringhiera del balcone è Salvati, ma
è anche il regista, che pur non cadendo per fortuna, né in questa
vicenda umana, né registicamente, riuscendo a tenere il film in
equilibrio tra commedia e dramma, ha ben presente però che c’è chi
cade. Restituisce però anche la consapevolezza che il funambolo può
essere ciascuno di noi, in qualsiasi momento, e che non sempre va
tutto bene.
Cosa sarà avrebbe dovuto iniziare il suo
percorso in sala dal 24 ottobre. La nuova chiusura imposta
dall’ultimo Dpcm costringe ora a trovare altre strade di fruizione,
che si spera non penalizzino troppo un lavoro che merita la
visione.
Da Romanzo
criminale a Suburra, dopo un particolare
fiorire di libri inchiesta e di cronache giudiziarie, sembrava che
il tema del sottobosco malavitoso della Capitale fosse stato
sufficientemente sviscerato. Purtroppo l’attualità degli ultimi
anni ha confermato ancora una volta – e nel modo peggiore – come la
fantasia sia in grado di superare la realtà. Che evidentemente
molti lati oscuri da svelare. Come tenta di fare il documentario
Ostia Criminale – La mafia a Roma di
Daniele Autieri e Stefano Pistolini, presentato
tra gli Eventi Speciali della Festa di Roma 2020 (dal 26 ottobre su
Dplay Plus e successivamente in tv nel ciclo Nove Racconta).
Il Romanzo criminale di
Ostia
La tesi di fondo è quella – come si
legge nelle note di regia – secondo la quale Mafia e il suo canone
hanno risalito la penisola fino a Ostia, il mare di Roma, e qui
hanno messo radici, servendosi di potenti famiglie criminali e dei
collaudati meccanismi di usura, spaccio e sottomissione della città
“normale”. Negli anni grandi operazioni delle forze dell’ordine si
sono impegnate per contrastare il fenomeno, ma la guerra ancora non
è vinta. Ammesso che questa guerra si possa vincere, tanto più in
un momento nel quale le difficoltà economiche promettono di
favorire ulteriormente gli affari della criminalità
organizzata.
Ma nello sviluppo del film non c’è
una vera e propria dialettica, visto che le testimonianze che
vediamo alternarsi sullo schermo non rivelano nulla di
particolarmente nuovo, puntando semplicemente a raccogliere il
materiale utile a confermare l’ipotesi di partenza. Non poco,
purtroppo, stando a quel che si sente raccontare dai tanti
intervistati, scelti tra forze dell’ordine, professionisti, mondo
giuridico, informazione e società civile, oltre ovviamente a
cittadini del Lido in questione, nel X Municipio di Roma, definito
“la più grande realtà territoriale mai sciolta per Mafia del nostro
paese”.
Dalla Banda della Magliana
ai clan
Abbiamo ancora tutti negli occhi la
testata di Roberto Spada al giornalista che gli chiedeva
dell’appoggio dei post fascisti di CasaPound alla famiglia che
controlla Ostia, a ogni livello, ma le radici del Male da quelle
parti sono ben più profonde. Risalgono agli anni della tristemente
nota Banda della Magliana e successivi, agli omicidi dei boss
locali del 2011 e all’arrivo degli Spada, ultimi eredi di quelli
che avevano deciso di “prendersi Roma”, come romanzato con successo
sul grande e piccolo schermo.
La narrazione procede per
capitoli tematici, portandoci avanti e indietro negli ultimi dieci
anni attraverso le parole del Capo della Squadra Mobile di Roma e
dei vertici dei Carabinieri di Ostia che ci descrivono i
sopralluoghi nella centrale dello spaccio di Piazza Gasparri, nelle
Case Popolari di Ostia Ponente dove vivono gli Spada, all’Idroscalo
e fino ai Garage di Ostia Nuova. La ‘Nuova Alba’ del 2013, la
‘Apogeo’, con il sequestro di beni per 19 milioni, e la ‘Eclissi’,
con gli arresti di personaggi chiave della famiglia, nel 2018 fino
alla ‘Ultima spiaggia’ del 2019 sono le operazioni chiave in questa
cronologia… speriamo non le ultime.
Il ricordo di quei momenti si
affianca alle analisi del giornalista Paolo Mondani e le voci
contrapposte del magistrato ed ex Delegato del Sindaco Alfonso
Sabella e di Mario Giraldi, legale delle famiglie Fasciani e Spada,
sostenitore della loro “autorevolezza” e della differenza tra
“Pentitismo” e “Infamità”… Ma soprattutto alle storie vere di
proprietari di bar, tabaccai, edicolanti vessati e costretti ad
abbandonare le attività, un necessario tuffo nella realtà,
faticosamente riconoscibile ai meno informati in tanta (e tanto)
fredda cronaca.
Mafia e corruzione, un male
antico
L’illegalità come regola, un sistema
mafioso a tutti gli effetti che coinvolge ogni livello della
comunità rendendo tutti pedine e insieme complici, anche solo per
paura. Un potere assoluto al quale non sembra possibile porre
rimedio, solo assistere al suo perpetrarsi con nuovi protagonisti.
Almeno a sentire le conclusioni del lavoro dei due registi e dei
rappresentanti delle istituzioni. L’impotenza di fronte alla
‘Malavita del Mare’ ha molti responsabili, ma – per usare le parole
di uno dei cittadini interpellati – “La Mafia di Ostia ci sarà
sempre”. Come dimostra la guerra ancora in corso, combattuta a
colpi di pistola nelle strade, e che loschi intermediari (come il
‘Diabolik’ Piscitelli ucciso nell’agosto del 2019 al Parco degli
Acquedotti, su una panchina dove ancora qualcuno porta fiori)
stanno cercando di risolvere a favore di ‘Ndrangheta e Camorra.
Eppure di questa “Università della
Mafia” non si fa che raccontare quanto già letto sui giornali, una
operazione utile alla memoria e interessante per chi avesse perso
le tappe più importanti, ma che non rende l’operazione né unica né
imprescindibile. In compenso – e forse per reazione – quasi ci si
sorprende a incantarsi nelle pause più cinematografiche per lo
scorrere delle immagini di palazzi e strade vuote alternate a
splendide spiagge deserte, panorami ripresi dall’alto che mostrano
il biancheggiare di un mare sommerso di luce, ma inesorabilmente e
simbolicamente muto.
Gli amanti di Forrest Gump di Robert Zemeckis potrebbero aver riconosciuto
ne
Il processo ai Chicago 7, l’ultimo film di Aaron Sorkin disponibile su Netflix, un volto noto, ossia quello di Abbie
Hoffman. Il personaggio in questione appare in entrambi i film, al
centro di proteste in entrambi i casi, dal momento che il film di
Zemeckis del 1994 offre a grandi linee un sguardo abbastanza esteso
sul gran parte della storia americana.
Interpretato nel film Netflix di
Sorkin da Sacha Baron Cohen, Hoffman è stato uno degli
imputati nel processo alla fine degli anni ’60 contro un gruppo di
leader protestanti verso la guerra del Vietnam, che furono
perseguiti dopo che una manifestazione avvenuta al di fuori della
Convenzione Nazionale Democratica del 1968 si trasformò in un
sommossa. Ne
Il processo ai Chicago 7, Baron Cohen riesce a
catturare quel difficile equilibrio tra sincerità ed umorismo
tipico della personalità di Hoffman. Dato il suo lavoro in film del
calibro di Borat, non sorprende che Baron Cohen riesca a
fare sue le buffonate comiche che Hoffman ha portato al processo, e
al tempo stesso di brillare durante i momenti più seri del film,
come quando Hoffman viene chiamato a testimoniare durante il
processo.
In Forrest Gump, Abbie Hoffman è interpretato da
Richard D’Alessandro e incontra il personaggio del titolo
interpretato da Tom Hanks durante una manifestazione per la
pace tenutasi davanti al Lincoln Memorial a Washington DC. Mentre
Hoffman incita la folla, invita Gump sul palco a fare un discorso,
ma proprio mentre cerca di parlare, il suo microfono viene staccato
da un sabotatore. Sulla base della cronologia del film e della vita
reale, si può stimare che questo incontro tra Forrest Gump e Abbie
Hoffman sia avvenuto alla fine del 1968, dopo le proteste alla
Convenzione Nazionale Democratica, ma prima che Hoffman venisse
incriminato e sottoposto al conseguente processo.
Jared Leto tornerà nel DCEU nei panni del
malvagio Joker in occasione della Snyder Cut di Justice
League. L’attore sarà coinvolto nelle riprese
aggiuntive, ma attorno al suo ruolo nel progetto vige ancora il più
fitto mistero. L’attore non compare nell’universo cinematografico
DC della Warner Bros. dal 2016, quando ha debuttato per la prima
volta con la sua versione dell’acerrimo nemico di Batman in
Suicide
Squad. Nel film diretto da David Ayer, i fan hanno seguito Joker e la sua
relazione con Harley Quinn. Dopo la sua prima apparizione, sembrava
che la versione di Leto del Clown Principe del Crimine sarebbe
continuata su larga scala. La Warner Bros. stava inizialmente
sviluppando non solo un film per lui e Harley, ma anche un film in
solitaria.
Mentre il DCEU ha cambiato rotta
dopo il flop di Justice
League del 2017, così hanno fatto i piani per il
Joker di Jared Leto. Nel frattempo, è stato realizzato
lo standalone con Joaquin Phoenix, che gli è valso perfino un
Oscar come miglior attore, mentre Margot Robbie ha ripreso il ruolo di Harley in
Birds of Prey, con la sua relazione con il
Joker che è stata interrotta dopo che lui ha rotto con lei
(qualcosa che nel film è stato soltanto accennato). Sembrava che
Leto avesse chiuso con il DCEU, soprattutto dopo il casting
nell’attore nei panni di Michael Morbius in Morbius
della Sony Pictures, ma a quanto pare Zack Snyder ha dei piani per la sua iterazione
dell’iconico villain nel suo montaggio di 4 ore che arriverà su HBO
Max il prossimo anno.
Secondo quanto riferito, Leto
prenderà parte alle riprese aggiuntive della Snyder Cut di Justice
League. Oltre a non sapere quanto grande o piccola
sarà la sua parte, quale sarà davvero il ruolo di Joker nel taglio
originale del cinecomic? La
Snyder Cut, che durerà ben 4 ore e che dovrebbe essere
rilasciata su HBO Max sotto forma di miniserie, arriverà ad un
certo punto nel 2021; una data precisa non è stata ancora
ufficializzata. Fino a quando il prossimo trailer non uscirà o fino
a quando Snyder non deciderà di stuzzicare i fan in merito al ruolo
di Joker attraverso i social media, ci vorrà un po’ prima che si
capisca cosa farà davvero Leto nel film. Tuttavia,
sulla base dell’easter egg del Joker presente nel trailer della
Snyder Cut, ci sono alcuni potenziali ruoli
che potrebbe assumere nel nuovo taglio, come evidenziato da un
nuovo report di
Screen Rant.
Joker sta lavorando con Batman
Batman
v Superman: Dawn of Justice ci ha permesso di dare uno
sguardo all’ormai celebre sequenza dell’incubo in cui, nel futuro,
Bruce Wayne guida una sorta di resistenza contro il regime di
Superman. Al momento non è noto cosa sia successo agli altri
personaggi DC che sono apparsi nel DCEU in questo futuro. Tuttavia,
un indizio importante viene suggerito dalla presenza, in quella
scena, di una delle carte del Joker. Data la loro lunga storia come
rivali storici, ci sarebbero davvero pochissimi casi in cui Batman,
consapevolmente, avrebbe sfoggiato un’arma che ha qualcosa a che
fare con il Joker. Ma in questo futuro apocalittico, non sarebbe
escluso per il Cavaliere Oscuro lavorare insieme al ridente
supercriminale.
È possibile che a un certo punto di
questa timeline, eroi e cattivi abbiano dovuto mettere da parte le
loro divergenze per unirsi contro una minaccia comune. Se qualcuno
come Superman si schiera contro il mondo, avrebbe senso per Batman
dover fare affidamento su personaggi come Joker. Anche se
considerato quanto imprevedibile un personaggio come il Clown
Principe del Crimine, non sarebbe scioccante se la loro relazione
fosse particolarmente complicata. Probabilmente, uo psicotico come
Joker si renderebbe conto che non può causare il caos nel mondo se
non c’è un mondo in cui vivere. Ecco perché è possibile che
Justice
League possa vedere Batman e Joker dalla stessa parte per
una volta.
Harley Quinn è morta nella timeline
dell’incubo
Al momento, la Harley Quinn
di Margot Robbie non è stata annunciata come parte della
Snyder Cut di Justice
League. Con l’ultima aggiunta del Joker di Leto, forse
verrà rivelato in seguito che ci sarà anche la Mattacchiona. E se
ci fosse una ragione specifica, e soprattutto emotiva, dietro la
presenza del Joker nel taglio di Snyder? Analogamente a come Clark
ha perso Lois (e ha come tale evento ha condizionato la sua
trasformazione futura), è del tutto plausibile che il Joker sia
rimasto gravemente colpito da una potenziale perdita di Harley.
Anche se al momento di Birds of Prey erano separati, Harley e Joker sono noti
per essere costantemente presenti nella mitologia.
Nonostante la storia d’amore tra
Joker e Harley sia tossica, in particolare nel modo in cui Joker
tratta la sua ex psicologa, non si può negare che il villain abbia
il suo modo contorto di amarla, o più precisamente di “possederla”.
Non importa quanto indipendente pensi di essere, Joker ha sempre
avuto bisogno di Harley nella sua vita e nella sua carriera da
criminal. Se la Terra dovesse essere conquistata da forze aliene e
lui dovesse perdere la donna che ama per colpa di altri, allora
Joker avrebbe sicuramente qualcosa per cui cercare vendetta.
Apokolips ha il Joker sotto il suo controllo
È possibile
che il clown maniacale stia effettivamente lavorando per il regime
di Superman e/o per le forze di Apokolips. Comunque venga
raffigurato nella
Snyder Cut, sarà interessante vedere dove si
trovano tutti i giocatori DCEU in questa sequenza temporale e da
che parte stanno. Nel caso del Joker, non sarebbe assurdo se avesse
effettivamente servito Superman o Apokolips, in cambio di
continuare a provocare il caos nel mondo. Proprio a causa della sua
natura da psicotica, Joker potrebbe aver preso in considerazione
l’idea di lavorare per i governanti della Terra come piccolo prezzo
da pagare.
Ancora, potrebbe essere che in
realtà il Joker di Leto è sotto il loro controllo, e che quindi non
li stia servendo volontariamente. Con cattivi come DeSaad e
Darkseid coinvolti in Justice
League, il lavaggio del cervello e la corruzione
della mente di uno specifico personaggio diventano una reale
conseguenza poiché fa parte dei loro metodi su Apokolips. Sarebbe
interessante vedere il Joker lavorare per una delle forze più
potenti dell’intero universo DC, mentre lui e Batman cercano ancora
di farsi la guerra. Sarebbe anche una svolta scioccante se Joker
cadesse sotto il loro controllo mentre cerca di difendere la Terra
come parte della resistenza di Bruce.
Il Joker muore per salvare Batman
Al momento non è chiaro
quante nuove riprese Zack Snyder aggiungerà per l’iterazione in
uscita nel 2021 del suo Justice
League. Ma il ritorno del Joker di Leto per un
enorme progetto DC come questo significa che probabilmente l’attore
avrà più di un semplice cameo. Con il ritorno di altri cattivi DC
come il Deathstroke di Joe Manganiello, è possibile che altri
personaggi del DCEU si stiano imbarcando nel progetto. Dato che è
molto probabile che Joker e Batman esistano contemporaneamente
nella timeline dell’incubo, non è da escludere che il più grande
nemico di Bruce sia disposto a prendere una pallottola per lui.
Sarebbe già una svolta in sé il
fatto che lavorano insieme, ma sarebbe uno shock ancora più grande
se Joker morisse per il bene di Batman. Non solo sarebbe qualcosa
che non è mai stato visto nella dinamica tra Batman e Joker al
cinema, ma dimostrerebbe quanto siano diventate folli le cose. In
nessun modo questo redimerebbe Joker dopo le vite che ha preso ed
eliminato, ma sarebbe un’aggiunta inedita alla sua storia
cinematografica. Inoltre, questo potrebbe spiegare anche l’easter
egg visto nel primo trailer della
Snyder Cut. Solo il tempo ci dirà quanto del
Joker di Leto ci sarà nella
Snyder Cut di Justice
League, ma si spera che alcuni indizi verranno
prima o poi forniti nei prossimi mesi.
Un nuovo report di
Screen Rant spiega quando Tony Stark ha scoperto dell’esistenza
delle Gemme dell’Infinito nel MCU. I Marvel Studios avevano anticipato l’esistenza
dei cristalli elementali sin dalla Fase 1 con le Gemme della Mente
e dello Spazio in The Avengers. Ma è stato solo
più tardi, quando siamo entrati nel vivo della Saga dell’Infinito,
che gli eroi hanno realizzato il loro reale impatto collettivo.
Ci sono state diverse scene
espositive nel MCU che spiegavano cosa sono le
Gemma dell’Infinito e perché possono essere pericolose se finiscono
nelle mani sbagliate. Tuttavia, è stato soltanto in Avengers:
Infinity War e, ancora di più, in Avengers:
Endgame, che le Gemme sono diventate l’obiettivo
principale. Nonostante i cristalli elementali non esistano più
nell’universo principale della Saga dell’Infinito, continuano ad
essere rivelate nuove informazioni su di esse, come ad esempio
quando Iron Man ne è venuto a conoscenza per la prima volta.
Il libro di recente pubblicazione
The Wakanda Files contiene un estratto dal diario
personale di Tony che descrive nel dettaglio la sua reazione dopo
aver appreso delle Gemme dell’Infinito. In esso, ha menzionato
Thor che parlava delle Gemme, inclusa la Gemma della Mente sulla
fronte di Visione, molto probabilmente riferendosi alla loro ultima
conversazione alla fine di
Avengers: Age of Ultron.
“Aspetta. Sto davvero
seppellendo il comando qui. Thor ha menzionato sei Gemme
dell’Infinito al centro di un vortice che causò la distruzione
della Terra. E una di loro sta apparentemente abbagliando la fronte
di Visione. Possiamo parlarne per un secondo? Gemme
dell’Infinito?”
Iron Man e l’esperienza diretta
della potenza delle Gemme dell’Infinito
Sfortunatamente,
The Wakanda Files non rivela cosa ha fatto Tony con quelle
informazioni, anche se data la sua natura curiosa, è probabile che
abbia cercato di esaminare di più le gemme elementali. Il problema
è che, probabilmente, c’è una letteratura molto limitata su di
esse, considerando che sono essenzialmente oggetti mistici. In
Infinity
War, Wong ha avuto bisogno di spiegare le loro origini e
le loro funzioni sia a Tony che a Bruce Banner mentre si
preparavano per l’arrivo di Thanos. È lecito presumere, quindi, che
Tony non sia mai andato troppo lontano con i suoi possibili sforzi
per conoscere meglio le Gemme dell’Infinito. Vale anche la pena
sottolineare che negli anni precedenti l’arrivo del Titano Pazzo,
si era occupato anche di questioni personali e
professionali.
Dopo gli eventi di Infinity
War, tuttavia, in cui ha avuto un’esperienza diretta di
quanto siano potenti le gemme, Tony potrebbe aver continuato a
esplorare la composizione delle Gemme dell’Infinito che alla fine
lo hanno aiutato a creare il Guanto dell’Infinito secondario in
Endgame.
Detto questo, molto probabilmente sapeva di avere pochissime
possibilità di sopravvivere mettendo in atto lo schiocco. Sebbene
le sei Gemme dell’Infinito non esistano più nella realtà
principale, c’è sempre la possibilità per loro di giocare un ruolo
chiave nelle trame delle successive Fasi del MCU, mentre i Marvel Studios si preparano ad
affrontare il Multiverso.
Scritto da Sydney Sibilia,
Francesca Manieri L’incredibile storia dell’Isola Delle
Rose è prodotto da Matteo Rovere per la sua
Groenlandia il film debutterà su Netflix il 9
dicembre.
L’incredibile storia dell’Isola Delle Rose, la trama
La storia dello stato indipendente
denominato “L’Isola delle Rose”. Lo stato fu costituito
dall’ingegnere Giorgio Rosa nel 1968 al largo della costa riminese,
costruito su una piattaforma fuori dalle acque territoriali, con
l’esperanto come lingua ufficiale. Le autorità italiane non la
presero bene perché la micronazione fu vista come un espediente per
non pagare le tasse sui ricavi ottenuti grazie all’arrivo di
numerosi turisti e curiosi. Fu disposto una sorta di blocco navale
intorno all’Isola delle Rose e dopo varie controversie lo stato
italiano ordinò alle forze di polizia di far saltare in aria la
piattaforma nel febbraio del 1969. La Repubblica Esperantista
dell’Isola delle Rose non fu mai riconosciuta da alcuno stato del
mondo nel suo breve periodo di vita. La valuta scelta era il Mill
ma non vennero mai prodotte banconote e monete ma solamente alcune
emissioni di francobolli, uno di questi mostrava la cartina
dell’Italia con in evidenza la posizione in cui si trovava la
piattaforma.
Cresce l’attesa per il debutto di
Titans 3, l’annunciata
terza stagione della serie Titans,
ed oggi la DC ha diffuso le prime due foto ufficiali di Red
Hood:
Titans, ed oggi la DC ha diffuso le prime due
foto ufficiali di Red Hood:
Titans 3
Titans 3 sarà la
terza stagione della serie Titans
prodotta dalla DC Entertainmet
e creata da Akiva Goldsman, Geoff Johns, e Greg
Berlanti. Titans vede come produttori
esecutivi Akiva Goldsman, Geoff Johns, Greg Berlanti e
Sarah Schechter.
In Titans 3 protagonisti sonon Brenton Thwaites nei panni di Richard “Dick”
Grayson / Robin, Anna Diop come Koriand’r /
Starfire,
Teagan Croft nei panni di Rachel Roth / Raven e
Ryan Potter nei panni di Garfield “Gar” Logan /
Beast Boy. Nei ruoli ricorrenti ci sono Alan
Ritchson nei panni di Hank Hall / Hawk, Minka
Kelly come Dawn Granger / Dove, Lindsey
Gort nei panni di Amy Rohrbach e Bruno
Bichir come Niles Caulder / Chief, Joshua
Orpin nei panni di Superboy e Esai
Morales come Slade Wilson aka Deathstroke.
Nella serie tv Dick Grayson emerge
dall’ombra per diventare il leader di una band senza paura di nuovi
eroi, tra cui Starfire, Raven e molti altri. I fan possono
aspettarsi che Titans sia una serie d’avventura a tinte drammatiche
che esploreranno e celebreranno uno dei più famosi gruppi di
fumetti di sempre. La prima stagione Titans
ha debuttato nel 2018 sul nuovo servizio digitale per la DC
Universe, gestito da Warner Bros. Digital
Networks.
L’attore Clancy
Brown ha ammesso che sarebbe disposto a tornare nei panni
di Surtur, il nemico del Dio del Tuono visto in
Thor: Ragnarokdel 2017. Il film di Taika Waititi, che ha dato nuova linfa vitale
alla storia dell’eroe interpretato da Chris
Hemsworth, seguiva Thor mentre cercava di fuggirare
dal pianeta Sakaar per salvare Asgard dalla sorella maggiore, la
perfida e temibile Hela, interpretata dal premio Oscar Cate Blanchett.
Thor affronta molte minacce durante
il film, incluso il demone ardente Surtur, il sovrano di
Muspelheim, il regno del fuoco. Anche se Thor viene imprigionato da
Surtur all’inizio del film, l’eroe è in grado di liberarsi e
sconfiggere la creatura. Tuttavia, Surtur viene successivamente
resuscitato da Loki (Tom
Hiddleston) per sconfiggere Hela. Mentre Surtur
finisce per avviare Ragnarok e distruggere Asgard, gli alleati di
Thor riescono in anticipo ad evacuare in sicurezza la
popolazione.
In un’intervista con
ComicBook, Clancy Brown ha rivelato che
sarebbe interessato a tornare ad interpretare Surtur. Brown ha
spiegato che il suo ruolo era per lo più limitato ad una voce fuori
campo e che ha firmato soltanto per apparire in
Thor: Ragnarok. Proprio per questo, ha affermato che
sarebbe pronto a tornare se la Marvel lo contattasse, anche se non
considera la questione “un grosso problema”…
“Era praticamente un personaggio
che ho solo doppiato”, ha spiegato Brown. “Quindi, voglio
dire, lo rifarei volentieri, perché sarebbe stato un mo-cap, una
voce, e sarebbe stato divertente, ma non mi hanno fatto formare un
accordo per più film o cose del genere. Se mi chiamano e possiamo
raggiungere un accordo, lo farei. Se mi chiamano e non vogliono
pagarmi, non lo farò! Voglio dire, non è un grosso problema.
Comunque Surtur non è un vero personaggio per me.”
C’è la possibilità che Surtur possa
fare un’apparizione in Thor: Love and Thunder?
Sebbene non ci siano state conferme
ufficiali da parte della Marvel, c’è la possibilità che
Surtur possa fare un’apparizione in Thor: Love and
Thunder. Il prossimo film dedicato al Dio del Tuono
dovrebbe uscire a febbraio 2022 e vedrà il ritorno di molti volti
noti, tra cui la Jane Foster di
Natalie Portman. Sebbene non si sappia molto
sulla trama del film, è plausibile che possa esserci un’opportunità
per Surtur di tornare, soprattutto considerando l’importante ruolo
del demone nella mitologia asgardiana.
Se Surtur ha davvero un ruolo in
Thor: Love and
Thunder, sarà interessante vedere come il film
rappresenterà il personaggio basato sul gigante della mitologia
norrena, che è stato profetizzato per porre fine all’intero cosmo.
Considerato ciò, sarebbe bello vederlo assumere il ruolo di
antagonista centrale nel prossimo film di Taika Waititi. Tutto sommato,
Thor: Ragnarok è stato un clamoroso successo che ha
mostrato un lato diverso e molto più divertente di Thor. Forse,
anche le potenziali versioni future di Surtur mostreranno un
cattivo dalle infinite sfumature…
Thor: Love and
Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo
sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir
stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo
daNatalie
Portman, come confermato sabato durante il
panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle
sale è fissata invece al 11 febbraio 2022.
Taika Waitititornerà alla regia di un film dei
Marvel Studios
dopo Thor:
Ragnarok, così come Chris
HemswortheTessa
Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor
e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers:
Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal
fumetto “The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la
perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie
appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.
Una nuova foto dal backstage di
Avatar 2 ci mostra Kate Winslet impegnata a realizzare una
sequenza sott’acqua. Il tanto atteso sequel del blockbuster di
fantascienza di James Cameron è stato rimandato numerose volte
nel corso degli anni: ad oggi l’uscita in sala è fissata per
dicembre 2022. Ciò significa che, tra due anni, saranno passati 13
anni esatti tra il primo Avatar e il primo sequel; resta
quindi da vedere se questo lungo divario avrà un impatto sulle
prestazioni del franchise al box office.
Indipendentemente da ciò, c’è
comunque un palese interesse nel modo in cui Cameron continuerà la
storia di Jake Scully (Sam
Worthington), Neytiri (Zoe
Saldana) e gli altri abitanti di Pandora. I dettagli
sulla trama di
Avatar 2 non sono ancora stati svelati, ma sappiamo
che Jake e Neytiri avranno una famiglia che dovranno proteggere.
Proprio per questo, la coppia viaggerà verso gli oceani di Pandora
e incontrerà il clan marino chiamato Metkayina, guidato dalla new
entry del franchise Cliff Curtis, nei panni di
Tonowari. È lì che troveranno anche Ronal, il Na’vi interpretato da
Winslet. Non sono stati rivelati ancora molti dettagli sul
personaggio dell’attrice premio Oscar, ma i fan hanno già avuto
modo di vederla sul set in alcune foto rilasciate in
precedenza.
E proprio Kate Winslet è la protagonista
dell’ultima immagine dal dietro le quinte del film, diffusa
attraveros l’account
Twitter ufficiale della saga di Avatar. Nello
scatto, Winslet è completamente sommersa dall’acqua e indossa
l’ormai celebre tuta per il motion capture. La cosa più
interessante è che sembra che il suo personaggio abbia le ali o,
almeno, indossi una specie di mantello.
Nella didascalia che ha accompagnato
l’immagine, è stato riportata una dichiarazione di Winslet fatta a
THR: “Ho dovuto imparare
ad immergermi in apnea per interpretare quel ruolo in Avatar, ed è
stato semplicemente incredibile. Il mio respiro più lungo è stato
di sette minuti e 14 secondi, come una cosa da
pazzi”. Potete ammirare la foto di seguito:
Avatar
2debutterà
il 17 dicembre 2021, seguito dal terzo
capitolo il 22 dicembre 2023. Per il quarto e
quinto capitolo, invece, si dovrà attendere ancora qualche
anno: 19 dicembre 2025 e 17
dicembre 2027.
Il cast della serie di film è
formato da Kate
Winslet, Edie
Falco, Michelle Yeoh, Vin
Diesel, insieme ad un gruppo di attori che
interpretano le nuove generazioni di Na’vi. Nei film torneranno
anche i protagonisti del primo film, ossia Sam
Worthington, Zoe
Saldana, Stephen
Lang, Sigourney
Weaver, Joel David
Moore, Dileep
Rao e Matt Gerald.
Il network americano NBC ha diffuso le
anticipazioni di Chicago Fire 9×01, il primo
episodio dell’attesa nona stagione di Chicago
Fire.
In Chicago Fire
9×01 che si intitolerà “Rattle Second City” Nella premiere
della stagione 9, Firehouse 51 accoglie un nuovo membro nel team,
la cui presenza potrebbe fornire alcune complicazioni. La
leadership di Brett brilla durante una chiamata
spaventosa. Boden vede un grande potenziale in Kidd e propone
un’idea che potrebbe avere ripercussioni durature.
Nel cast di Chicago
Fire 9 ritorneranno i personaggi Matthew Casey
(stagione 1-in corso), interpretato da Jesse
Spencer, Tenente del Camion 81. Quando non è di turno,
lavora nel suo business di costruzione. Nella prima stagione è
fidanzato con la tirocinante di medicina Hallie Thomas ma
successivamente la ragazza lo lascia. Torna alla fine della
stagione nel quale i due riprendono la relazione, fino a quando
Hallie non rimane uccisa nell’incendio della clinica in cui
lavorava. Nella seconda stagione si fidanza ufficialmente con
Gabriela Dawson. Diventerà consigliere del quartiere, sotto
incoraggiamento di Dawson.
Kelly Severide (stagione 1-in
corso), interpretato da Taylor
Kinney, tenente della Squadra di Soccorso 3. Ha
vissuto insieme a Leslie Shay, sua migliore amica. È un “don
Giovanni”. Nella prima stagione soffre di dolori alla spalla, che
terrà sotto controllo prendendo antidolorifici senza prescrizioni.
Soltanto alla fine della stagione si deciderà ad affrontare il
problema e a farsi operare. Nella terza stagione si sposa a Las
Vegas, ma dopo pochi mesi di relazione i due si lasciano;
nonostante questo, la donna, aiuta Kelly a superare il trauma pe la
morte di Shay. Nella quinta stagione, Kelly si metterà in testa di
aiutare una donna malata di leucemia, facendo di tutto per donare
il suo midollo osseo. Gabriela Dawson (stagione 1-in corso),
interpretata da Monica
Raymund, paramedico nell’Ambulanza 61 e amica di
Leslie Shay. Successivamente seguirà il corso per diventare vigile
del fuoco. Ha una relazione con Peter Mills nella prima stagione.
Nella seconda stagione si fidanza con Matthew Casey di cui
successivamente rimarrà incinta, ma nella quarta stagione perde il
bambino. Successivamente prenderà in affido un bambino salvato da
un incendio, Louie.
Comandante Wallace Boden (stagione
1-in corso), interpretato da Eamonn
Walker, è il Comandante della Caserma 51. È molto
autorevole e ha la mano ferma, ma è sempre in prima linea quando si
tratta di difendere i suoi uomini. È divorziato e ha un figliastro
che non vede da anni. Nella seconda stagione si sposa con Donna
Robins da cui poi avrà un figlio, Terrence. Ha avuto una relazione
con la madre di Peter Mills.Christopher Herrmann (stagione 1-in
corso), interpretato da David Eigenberg,
Vigile del fuoco del Camion 81. È sposato e ha 5 figli. Insieme a
Dawson e Otis ha un locale, il Molly’s. Brian “Otis” Zvonecek
(stagione 1-in corso), interpretato da Yuri
Sardarov Vigile del fuoco del Camion 81. Ha avuto una
relazione con la sorellastra di Kelly Severide. Ha abitato con
Leslie Shay e Kelly Severide. Joe Cruz (stagione 1-in corso),
interpretato da Joe Minoso, Vigile del fuoco
del Camion 81. Ha avuto una relazione con Zoya, la cugina di Otis,
arrivando anche a chiederle di sposarlo ma lei lo lascia tornando
in Russia. È coinquilino di Otis e ha avuto una relazione con
Sylvie Brett. Randy “Mouch” McHolland (stagione 1-in corso),
interpretato da Christian Stolte, Vigile
del fuoco del Camion 81. Si sposerà con il sergente Trudy Platt
di Chicago P.D..
Il network americano della
NBC ha diffuso le anticipazioni di Chicago
PD 8×01, il primo episodio dell’annunciata ottava
stagione diChicago
PD.
In Chicago PD 8×01
che si intitolerà “Fighting Ghosts” La squadra risponde alla
sparatoria di una bambina di 5 anni e deve lavorare sul caso
affrontando nuovi ostacoli che derivano dalla maggiore attenzione
alla riforma della polizia. Atwater è preso di mira da un
gruppo di agenti che vogliono ferirlo per essersi fermato contro il
muro blu. Voight si domanda se è tagliato per una nuova forma
di polizia mentre gestisce la supervisione del vice sovrintendente
del CPD.
Chicago PD 8×01
Chicago PD 8 è l’ottava stagione della
serie tv Chicago
PD creata da Dick
Wolf e che fa parte del franchise televisivo basato
su Chicago trasmesso dal network americano NBC.
In Chicago PD
8 ritorneranno i personaggi Henry “Hank” Voight
(stagioni 1-in corso), interpretato da Jason
Begheè il capo dell’Unità Intelligence del
Dipartimento di Polizia di Chicago. Voight è un poliziotto tosto
che finisce sempre quello che comincia, anche se significa non
rispettare le regole. La sua squadra lo rispetta, anche se è
sospettato di essere corrotto. Il suo defunto padre era un agente
di polizia, proprio come lui. È rimasto vedovo di sua moglie,
Camille. Jay Halstead (stagioni 1-in corso), interpretato
daJesse
Lee Soffer, è un membro dell’Intelligence, e partner
del Detective Erin Lindsay, che in seguito diventerà la sua
fidanzata. È stato un Ranger dell’Us Army. È uno dei pochi che
occasionalmente si oppone a Voight, trovando i suoi metodi troppo
discutibili, ma nonostante tutto tra i due vige un forte rispetto
reciproco. Adam Ruzek (stagioni 1-in corso), interpretata da
Patrick John Flueger, è il partner del
Detective Alvin Olinsky. Voight chiese ad Alvin di assumere un
agente dall’accademia, e lui scelse Adam vedendo in lui un grande
potenziale.
Kevin Atwater (stagioni 1-in
corso), interpretato da LaRoyce
Hawkins, è l’ex partner dell’agente Kim Burgess,
promosso all’Intelligence. Nonostante sia cresciuto in un brutto
quartiere, è un ragazzo onesto con un forte senso del
dovere. Kimberly “Kim” Burgess (stagioni 1-in corso),
interpretata da Marina
Squerciati, è l’ex partner dell’agente Kevin Atwater
ed è fidanzata con l’Agente Adam Ruzek. Prima di diventare un
agente di polizia, era un’assistente di volo. Sergente Trudy Platt
(stagioni 1-in corso), interpretata da Amy
Morton, Sean Roman (stagioni 2-3, guest 7), interpretato
da Brian
Geraghty, Hailey Upton (ricorrente stagione 4,
stagioni 5-in corso), interpretata da
Tracy Spiridakos, Detective dell’unità rapine-omicidi,
quando lavorerà insieme all’Intelligence in un caso di rapine in
banca si unirà temporaneamente alla squadra sostituendo Kim la
quale si era presa una pausa dal lavoro, per poi diventare un
membro ufficiale del team in seguito alla partenza di Erin. Vanessa
Rojas (stagione 7), interpretata da Lisseth
Chavez, agente sotto copertura, è afro-latina, si unisce
nell’Intelligence al posto del dimissionario Antonio Dawson. Quando
era giovane ha vissuto in diverse case-famiglia, inoltre, prima di
diventare un poliziotto, si metteva nei guai con la legge. È
intelligente, ma anche impulsiva.
I Fantastici
4 e Silver Surfer, uscito nel 2007, è stato l’ennesimo
passo falso della Fox con le proprietà dei Marvel Studios, nonostante la maggior parte
dei fan abbia risposto bene alla versione di Silver
Surfer ad opera di Doug Jones e Laurence Fishburne: quest’ultimo ha infatti
doppiato il personaggio nella versione originale, mentre il primo
ha fornito i movimenti di Norrin Radd.
Considerato il modo in cui la
motion capture si è evoluta nel corso degli anni, è improbabile che
saranno ancora necessari due attori distinti quando Silver Surfer
farà finalmente il suo debutto nell’Universo Cinematografico
Marvel. Per quel che può valere,
Jones sarebbe interessato a tornare nei panni del brillante araldo
di Galactus ed universi al MCU, come rivelato dallo stesso
attore di Hellboy in una recente intervista.
“Se volessero riportare Silver
Surfer al cinema, se me lo offrissero, coglierei l’occasione al
volo”, ha dichiarato Doug Jones a
ComicBook. “Mi piaceva interpretarlo. Era così eroico e
angelico… quasi simile ad un Dio. È il tipo di supereroe che voglio
essere nella mia vita reale. È bellissimo. Aveva il miglior sedere
che abbia mai avuto in un film. Quindi se potessi interpretarlo di
nuovo, coglierei al volo l’occasione, certo!”
I piani della Marvel con Silver Surfer
Nonostante sia bello sentire queste
parole da Jones, è improbabile che la cosa diventi realtà. I
Marvel Studios probabilmente
assumeranno una star di serie A per interpretare Silver
Surfer, anche se al momento non sappiamo nemmeno se il
personaggio farà mai il suo debutto nell’universo condiviso.
I piani della Casa delle Idee sulla
prima grande famiglia di supereroi della Marvel sono ancora avvolti nel
mistero, quindi fare ipotesi al momento è soltanto pretenzioso. Lo
scorso anno si era parlato di un
possibile film interamente dedicato al villain, ma da allora
non ci sono stati più aggiornamenti.
Un nuovo report di Screen Rant
chiarisce finalmente la vera ragione per cui Tony Stark (Robert
Downey Jr.) ha deciso di creare la Iron Legion in Iron Man 3. Dopo il successo di
The Avengers, i Marvel Studios hanno dato il via alla Fase 2
del MCU proprio con il film di Shane
Black. Nel terzo e ultimo film in solitaria dell’eroe inaugurale
dell’universo condiviso, Iron Man ha affrontato un disturbo
post-traumatico da stress dopo la sua esperienza di pre-morte
durante la battaglia di New York.
Iron Man 3 è uno dei pochi film del MCU incentrato esclusivamente sul
personaggio principale, senza che la storia si impantanasse con gli
sforzi di costruzione di un universo più ampio. Nel film vediamo
Tony Stark contro Aldrich Killian (Guy
Pearce), che ha usato il falso Mandarino (Ben
Kingsley) per alimentare la paura. Oltre a combattere
contro un tradizionale cattivo dei fumetti, il genio miliardiario
ha anche lottato personalmente con uno stress post-traumatico. Come
conseguenza, iniziò ad essere ossessionato dal tentativo di
proteggere le persone a lui più care. L’ipotesi generale è che
questo sia stato il motivo che lo abbia spinto a creare la Iron
Legion, ma oggi scopriamo che non è andata proprio così…
Nel libro The Wakanda Files
viene rivelata la vera motivazione per cui Tony ha deciso di creare
dozzine di armature Iron Man controllate a distanza. Mentre l’eroe
inaugurale del MCU rifletteva sugli eventi della
Battaglia di New York e sulla devastazione che aveva lasciato sulla
città, ha avuto l’idea che potesse aiutare a ridurre al minimo le
vittime civili nel caso in cui in futuro si verificasse un’altra
battaglia ambientata nella città metropolitana. Questo lo portò ad
“attivare e assegnare una Legione di Ferro alla causa dei
Vendicatori”; con l’uso dell’automazione, Tony ha predetto di
essere in grado di inventare una dozzina di costumi in almeno una
settimana, e all’epoca dei fatti narrati in Iron Man 3, aveva 35 armature volanti. Tony ha
anche incaricato JARVIS (Paul
Bettany) di “controllare a distanza alcune unità
individualmente, secondo necessità”, il che spiega perché
l’I.A. aveva accesso a diverse unità come si vede nel film.
Tony Stark e l’ossessione per la
creazione della Iron Legion in Iron Man 3
Tony voleva anche utilizzare la Iron
Legion come supporto se i Vendicatori avessero mai dovuto
affrontare un enorme esercito come hanno fatto in
The Avengers. Mentre i Chitauri erano
abbastanza facili da abbattere, gli eroi facevano fatica a
contenerli perché erano ridicolmente sopraffatti e inferiori a
livello numerico. Riconoscendo questo come un margine di
miglioramento, Iron Man pensava che una serie di armature
specializzate potesse aiutarli. Oltre ad essere un’estensione
fisica per i Vendicatori, Tony pensava che la Iron Legion potesse
aiutare con la diffusione delle informazioni, utilizzando le tute
“per comunicare in modo efficace, in modo che non ci
fosse alcuna disinformazione”.
Vale la pena notare che questo non
era l’unico progetto di Tony dopo la Battaglia di New York; come
rivelato in Spider-Man:
Homecoming, ha anche collaborato con il governo degli
Stati Uniti per creare il Department of Damage Control (D.O.D.C.),
che ha assunto la direzione della pulizia della città.
Questa nuova informazione
proveniente da The Wakanda Files evidenzia quanto fosse
stato proattivo Iron Man quando si occupava di potenziali minacce
sulla Terra. Anche dopo che la squadra di supereroi si è sciolta in
Captain America: Civil War, ha continuato a lavorare
da solo, rimanendo impegnato nella loro causa in qualità di
difensori della Terra. Tutto ciò sembra anche contraddire
direttamente ciò che è stato precedentemente rivelato, ossia la
ragione principale alla base della creazione della Iron Legion.
Tony ha detto esplicitamente a Rhodey/War Machine (Don
Cheadle) in
Iron Man 3 che pensava che non fossero sufficienti
“per quello che sta arrivando”, un riferimento alla
sua premonizione di un altro attacco extraterrestre che alla fine è
avvenuto in Avengers:
Infinity War.
James Gunn, regista dell’attesissimo The Suicide
Squad, ha finalmente parlato del film di David Ayer uscito nel 2016, difendendolo a
spada tratta. Il cinecomic di Ayer, lo sappiamo, ha dovuto
affrontare una serie di problematiche fin dalla fase di riprese,
con la Warner Bros. che ha costretto il regista ad apportare una
serie di modifiche sostanziali alla versione originale del
film.
Il tagli effettuati durante il
montaggio hanno restituito un film dalla trama confusa e poco
attento alla psicologia dei personaggi; insomma, un prodotto
profondamente diverso da quello che Ayer aveva inizialmente
concepito. Tuttavia, nonostante l’accoglienza negativa da parte
della critica e di alcuni fan, il film ha comunque incassato 746
milioni di dollari al box office mondiale. Diversi mesi dopo, sulla
scia di quanto accaduto con la Snyder Cut di Justice
League, David Ayer ha confermato di essere
intenzionato a rilasciare il taglio originale del suo Suicide
Squad, anche se al momento non sappiamo quali siano le
intenzione della Warner in merito.
Prima ancora dell’uscita di Suicide
Squad nelle sale, un sequel era già stato messo in
cantiere, con Ayer che sarebbe dovuto tornare dietro la macchina da
presa, ma che ha poi deciso di abbandonare la regia per dedicarsi a
Gotham City Sirens (progetto DC finito, ad
oggi, nel dimenticatoio). Con gli anni, soprattutto sulla scia
dell’insuccesso del primo film, il sequel è diventato una sorta di
riavvio, con
James Gunn che è stato incaricato dalla WB di occuparsi della
regia.
James Gunn su David Ayer: “Ha
scelto attori fantastici con cui lavorare”
The Suicide
Squad di James Gunn promette un approccio totalmente
diverso alla Task Force X, ma ciò non ha impedito al “papà” del
franchise di Guardiani della Galassia di
prendere le difese del primo Suicide
Squad ad opera di David Ayer. In un’intervista con Empire,
infatti, Gunn ha lodato la scelta del cast e ha riconosciuto che il
prodotto finale non era quello che Ayer aveva in mente.
“David Ayer ha avuto dei
problemi con quel film”, ha spiegato Gunn. “So che non è
venuto fuori come David voleva che uscisse. Ma ha fatto una cosa
davvero, davvero grandiosa: ha scelto attori fantastici con cui
lavorare. Ha affiancato questi attori nella costruzione dei loro
personaggi in un modo davvero profondo, senza paura. È qualcosa per
cui David merita sicuramente di essere lodato, ed è sicuramente
qualcosa che traspare nel film.”
Nelle sue stories di Instagram,
l’attore ha informato che in questo momento si trova a casa sua ad
Atlanta e lì ha ricevuto un pacco, dentro a quel pacco c’era un
iPad, e su quell’iPad una sceneggiatura, proprio quella di
Spider-Man 3. L’attore ha detto che non avrebbe
rivelato niente perché “ho imparato la lezione”, ma ha detto che
non vede l’ora di scoprire cosa succederà al suo eroe nella sua
terza avventura.
Cosa sappiamo di Spider-Man 3?
Di Spider-Man
3 – che arriverà al cinema il 17 Dicembre 2021 – si
sa ancora molto poco, sebbene la teoria più accredita è quella
secondo cui il simpatico arrampicamuri sarà costretto alla fuga
dopo essere stato incastrato per l’omicidio di Mysterio (e con il
personaggio di Kraven il Cacciatore che sarebbe sulle sue tracce).
Naturalmente, soltanto il tempo sarà in grado di fornirci maggiori
dettagli sulla trama, ma a quanto pare il terzo film dovrebbe
catapultare il nostro Spidey in un’avventura molto diversa dalle
precedenti…
Tom
Holland si è unito al MCU nei panni di Peter Parker nel
2016: da allora, è diventato un supereroe chiave all’interno del
franchise. Non solo è apparso in ben tre film dedicati ai
Vendicatori della Marvel, ma anche in due standalone:
Spider-Man: Homecoming e Spider-Man: Far
From Home. La scorsa estate, un nuovo accordo siglato
tra Marvel e Sony ha permesso al
personaggio dell’Uomo Ragno di restare nel MCU per ancora un
altro film a lui dedicato – l’annunciato Spider-Man
3 – e per un altro film in cui lo ritroveremo al
fianco degli altri eroi del MCU.
Sono tanti i film statunitensi che
negli anni si sono concentrati sul raccontare la vita dei più noti
presidenti del paese. Per una volta, invece, ad essere stata
portata sul grande schermo è la storia di una figura apparentemente
marginale, ma in grado di raccontare nuovi aspetti dell’America. Si
tratta di Eugene Allen, maggiordomo di colore
della Casa Bianca per più di trent’anni. La sua storia è raccontata
nel film del 2013 The Butler – Un
maggiordomo alla Casa Bianca, diretto da
Lee Daniels, e ispirato dall’articolo del
Washington Post intitolato A Butler Well Served by This
Election.
A seguito della scomparsa di Allen,
avvenuta nel 2010, la Columbia Pictures acquisì infatti i diritti
per realizzare un film su di lui, avvalendosi di un numeroso cast
di grandi interpreti. Il film copre infatti un arco temporale
particolarmente ampio, e numerosi sono i ruoli presenti nel film.
Tale grandezza ha generato molte aspettative nei confronti del
film, che venne poi accolto favorevolmente tanto dalla critica
quanto dal pubblico. Al momento della sua uscita in sala, infatti,
The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca incassò un
totale di circa 176 milioni di dollari, a fronte di un budget di
soli 30.
Il film fu considerato anche uno
dei maggiori contendenti al premio Oscar, ritrovandosi poi però
privo di nomination. Ciò non ha ovviamente inficiato sul valore del
film, apprezzato in ogni dove per l’aver raccontato una storia
tanto dimenticata quanto importante. Lo stesso presidente degli
Stati Uniti di allora, Barack Obama, si dichiarò
un grande fan del film, affermando di essere rimasto commosso nel
vedere ritratto il valore della vita di Allen, simbolo per intere
generazioni di oppressi ancora oggi.
The Butler – Un maggiordomo alla
Casa Bianca: la trama del film
Protagonista del film è Cecil
Gaines, il quale negli anni Venti cresce nella piantagione di
cotone dove la sua famiglia lavora. Sottoposto a torture e traumi,
egli riesce infine a fuggire dalla tirannia conosciuta nel Sud,
desideroso di costruirsi una vita migliore altrove. Egli inizia
così a formarsi, acquisendo competenze che lo portano a lavorare
come maggiordomo all’interno della Casa Bianca. Qui egli rimane dal
1957 al 1986, prestando servizio sotto ben sette presidenti, da
Eisenhower a Kennedy, da Nixon a Reagan. Lavorando a stretto
contatto con tali figure, egli diventa testimone di alcuni dei
momenti più importanti della storia degli Stati Uniti, in
particolare quelli legati al movimento per i diritti civili. Tali
eventi si ripercuotono ovviamente su Cecil sia come padre di
famiglia che come maggiordomo.
The Butler – Un maggiordomo alla
Casa Bianca: il cast del film
Il film presenta un ricchissimo
cast di celebri attori, tra cui molti premi Oscar. Questi ricoprono
ruoli che, seppur talvolta brevi, si affermano tutti a loro modo
come memorabili. Il primo della lista è Forest
Whitaker, che dà volto al protagonista Cecil Gaines.
Per potersi calare meglio nella parte, questi studiò a lungo la
vita del vero maggiordomo su cui il film è basato, cercando di
comprenderne gli sviluppi emotivi e di pensiero. Nel ruolo di
Gloria Gaines, sua moglie, vi è Oprah Winfrey,
mentre David Oyelowo è il figlio Louis Gaines. Vi
sono poi Cuba Gooding Jr. nei panni di Carter
Wilson e Lenny Kravitz in quelli di James
Holloway, entrambi dipendenti presso la Casa Bianca. Terrence
Howard recita nel ruolo di Howard, vicino dei Gaines,
mentre Vanessa
Redgrave è Annabeth Westfall, proprietaria della
piantagione dove lavora Cecil da bambino.
Per i ruoli dei presidenti degli
Stati Uniti, come anche di altre personalità ad essi legati, sono
stato poi chiamati a recitare noti attori come Robin
Williams nei panni di Dwight D. Eisenhower e James
Marsden in quelli di John F. Kennedy, con
Minka Kelly ad interpretare la celebre Jackie
Kennedy. Liev
Schreiber ha interpretato Lyndon B. Johnson, mentre
John
Cusack è stato Richard Nixon. Infine, Alan
Rickman interpreta Ronald Reagan, l’ultimo presidente
servito da Cecil. Jane
Fonda è invece presente nei panni della first lady
Nancy Reagan. Vi sono poi anche diverse figure storiche di rilievo,
come Martin Luther King interpretato da Nelsan
Ellis, e l’attivista James Lawson, che ha qui il volto di
Jesse
Williams.
The Butler – Un maggiordomo alla
Casa Bianca: la vera storia dietro al film
Il film presenta alcune sostanziali
differenze rispetto alla vera vita di Allen, il cui nome viene nel
film cambiato in Cecil Gaines. Ciò ha permesso agli autori di
raccontare alcuni storici eventi del paese visti attraverso gli
occhi di un uomo solo parzialmente ispirato al vero maggiordomo. Le
differenze iniziano sin dallo stabilire la provenienza di questi.
Il vero Allen è infatti nato in una piantagione di cotone in
Virginia, e non vi sono molte notizie circa i suoi primi anni di
vita. Nel 1952, questi viene poi assunto a lavorare alla Casa
Bianca dopo che una sua conoscenza gli suggerì la posizione aperta
di maggiordomo. Qui egli inizia a lavorare come garzone di cucina,
divenendo poi valletto e infine maggiordomo personale del
presidente.
Egli inizia così una gloriosa
carriera durata trentaquattro anni, durante la quale si è
guadagnato la fiducia, la stima e l’affetto dei presidenti per i
quali ha lavorato. In particolare, egli è stato invitato a prendere
parte ad alcuni dei momenti più importanti della vita politica,
come il funerale di Kennedy. Allen rifiutò però di partecipare,
affermando che avrebbe reso più omaggio al presidente rimanendo
nella Casa Bianca ad organizzare il servizio seguente la cerimonia.
La sua storia si conclude poi sotto il presidente Reagan, con il
quale possedeva a sua volta un buon rapporto, non minacciato dai
conflitti sull’apartheid vigenti all’epoca. Nel 2008, Allen viene
convocato nuovamente nel luogo dove ha lavorato per la maggior
parte della sua vita. Qui incontra il neoeletto Barack Obama, il
quale lo ringrazia per il suo servizio e il suo valore.
The Butler – Un maggiordomo alla
Casa Bianca: il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
Per gli appassionati del film, o
per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. The Butler – Un
maggiordomo alla Casa Bianca è infatti presente su
Rakuten TV, Google Play e Apple iTunes. Per poter
usufruire del film, sarà necessario sottoscrivere un abbonamento
generale o noleggiare il singolo film. In questo modo sarà poi
possibile vedere il titolo in tutta comodità e al meglio della
qualità video, senza limiti di tempo. Il film è inoltre in
programma in televisione per lunedì 26 ottobre
alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Affascinante dramma sul mondo della
scrittura, a cui non mancano anche toni da thriller,
The
Words è arrivato nei cinema nel 2012, segnando il
debutto alla regia di Brian Klugman e Lee
Sternthal. Nel film da loro ideato nel lontano 1999, si
racconta l’atto della creazione artistica e del suo concepimento da
parte di un autore, concentrandosi in particolare proprio sulla
figura dell’uomo dietro l’opera. I due registi, qui anche
sceneggiatori, decidono però di raccontare tale tematica attraverso
una storia non propriamente lineare, e che riserva numerosi colpi
di scena allo spettatore.
Presentato in anteprima al Sundance
Film Festival, The Words non ricevette particolari lodi da
parte della critica, la quale sottolineava la mancata appartenenza
ad un genere ben preciso. Con il tempo, tuttavia, in molti si sono
ricreduti sul film, affermando che esso necessita un’approfondita
analisi per poter essere realmente compreso e apprezzato. Al
momento dell’uscita in sala, invece, il film venne accolto da un
buon successo di pubblico, il quale si dimostrò attratto dalla
storia e dagli attori coinvolti. The Words arrivò infatti
a guadagnare circa 16 milioni di dollari a livello globale, a
fronte di un budget di soli 6.
La popolarità del film venne
involontariamente favorita anche da un’inattesa accusa di plagio.
Vennero infatti evidenziate diverse somiglianze tra la trama del
film e quelle del romanzo Lila Lila, dell’autore svizzero
Martin Suter. I due registi, tuttavia, affermarono di non essere a
conoscenza di tale libro, e di aver comunque ideato il loro film
ben prima della pubblicazione di questo. Un’accusa che ha ricordato
molto quella che viene svolta anche all’interno dello stesso
The Words, generando così un certo interesse per la
vicenda e il film in sé.
The Words: la trama del film
Il film si apre con il noto
scrittore Clayton Hammond, il quale è intento in una lettura
pubblica di alcuni passi del suo ultimo romanzo di successo,
intitolato The Words. Questo ha per protagonista Rory
Jansen, giovane aspirante scrittore che tenta in tutti i modi di
vendere ad un editore il suo primo romanzo, vedendosi però
rifiutato da ogni parte. Per poter mantenere sé stesso e la propria
compagna, egli decide allora di accettare un lavoro in un’agenzia
letteraria, senza abbandonare però le proprie aspirazioni da
scrittore. La sua vita cambia per sempre nel momento in cui,
durante il viaggio di nozze a Parigi, Rory si imbatte in una
valigetta contenente un vecchio manoscritto, privo di autore.
Spinto dalla bellezza della storia
in esso raccontata, Rory decide di pubblicarlo a suo nome,
appropriandosi così dell’idea altrui. Il libro si rivela da subito
un grandissimo successo, e porta Rory ad ottenere una fama che va
oltre le sue aspettative. Tale popolarità non può che portare però
anche diversi guai. Ben presto, infatti, un anziano si presenta a
Rory come il vero autore del romanzo. Da qui ha inizio un rapporto
insolito tra i due, con il giovane scrittore che dovrà scoprire le
reali intenzioni del vecchio. In gioco c’è la sua carriera, la sua
bella vita e l’amore della sua compagna, convinta che egli sia il
vero ed unico autore del romanzo. Per Rory, dunque, è questo un
caso in cui la vera verità può soltanto far male.
The Words: il cast del film
Tra i principali motivi del
successo del film vi è il suo grande cast di attori, il più dei
quali particolarmente noti a livello mondiale. Il primo di questi è
Bradley
Cooper (Una notte da leoni, A Star is Born),
che ricopre il ruolo di Rory Jansen. Questi è amico d’infanzia dei
i due registi, per i quali era l’unica scelta per il personaggio. I
due raccontarono a Cooper l’idea per il film già nel 1999, e lui
accettò di interpretare il protagonista. Passarono poi più di dieci
anni prima della realizzazione di The Words, ma l’attore
mantenne la sua parola. Nel ruolo di Dora Jansen, invece, vi è
l’attrice Zoe
Saldana (Avatar, Guardiani della Galassia). Sul
set l’attrice intrecciò una vera relazione sentimentale con Cooper,
poi durata fino al 2013.
Nel ruolo de Il Vecchio, il vero
autore del manoscritto, vi è invece il premio Oscar Jeremy
Irons (La corrispondenza, Batman v Superman), mentre il
personaggio di Clay Hammond è interpretato da Dennis Quaid
(Midway, Qua la zampa!). Altri ruoli importanti sono
ricoperti da Oliva
Wilde (Her, Richard Jewell), nei panni di
Daniella, giovane studentessa che intervista Hammond, e J. K.
Simmons (Spider-Man,Whiplash), che
dà invece vita a mr. Jansen, padre di Rory. Gli attori Ben
Barnes (Dorian Gray, Le cronache di Narnia – Il
principe Caspian) e Nora Arnezeder
(Maniac, Zoo) sono invece Uomo Giovane e Celia, personaggi
che troveranno spiegazione nel corso della storia.
The Words: la spiegazione del
finale del film
Nel corso del film si intrecciano
tre storie parallele apparentemente legate soltanto dal comune tema
della scrittura. La prima, quella con cui si apre il film, è quella
di Clay Hammond, apprezzato scrittore intento a leggere alcuni
passi del suo nuovo libro. La storia di questo è quella fittizia di
Rory Jansen e del manoscritto anonimo trovato e pubblicato a suo
nome. La terza, invece, è un racconto nel racconto, ed è quella che
vede Il Vecchio, il vero autore del romanzo, raccontare a Rory come
abbia avuto l’ispirazione per quella scrittura. Le tre storie si
svolgono lasciando presagire un intreccio più ardito di quanto si
penserebbe, ma che viene svelato soltanto nel finale.
Si avvisa per tanto che
seguiranno spoiler su questo, e si sconsiglia la lettura qualora
non si sia ancora visto il film.
Come detto, nel finale le tre
storie si svelano per essere in realtà una sola. Con il suo libro
The Words, che sembrava essere un racconto di finzione,
Hammond sta invece svelando la propria autobiografia. Rory non è
altro che Clay da giovane. Egli si è realmente imbattuto in un
manoscritto, con il quale ha ottenuto la fama, ma ha anche dovuto
confrontarsi con il vero autore e con la storia di questi. Assalito
dal senso di colpa, egli ammette così con il nuovo romanzo il suo
plagio. Tale liberazione non è però sufficiente per lui, il quale a
causa di quello scandalo taciuto perse l’amore di sua moglie Dora.
È a lei che Hammond chiede perdono con questo smascheramento,
sperando di poterla riabbracciare nuovamente.
The Words: il trailer e dove
vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film, o
per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. The Words è
infatti presente su Chili Cinema, Google Play, Apple
iTunes, e Netflix. Per poter usufruire del film, sarà
necessario sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il
singolo film. In questo modo sarà poi possibile vedere il titolo in
tutta comodità e al meglio della qualità video, senza limiti di
tempo. Il film è inoltre in programma in televisione
per lunedì 26ottobre alle
ore 21:20 sul canale
Cielo.
A oltre otto anni di distanza dal
suo esordio, Re della Terra Selvaggia, Benh Zeitlin torna a dirigere per il cinema,
reinventando una storia che ha accompagnato la sua infanzia, quella
di Peter Pan e dei bambini sperduti. Il film si intitola Wendy e,
nel lavoro di riscrittura che il regista ha fatto insieme alla
sorella Eliza, è il risultato di una trasposizione prima di tutto
geografica e poi emotiva dell’avventura del bambino che non voleva
crescere.
Come accaduto al nostro
Matteo Garrone, che sin da piccolo voleva
raccontare per immagini la storia di Pinocchio, Benh ed Eliza sono cresciuti nella
magia di un altro grande classico per ragazzi, quello di
J.M. Barrie, che racconta di bimbi, pirati,
coccodrilli, sirene e magia. In questa storia, invece, seguiamo una
ragazzina, Wendy, che vive con la madre e due fratelli gemelli su
un diner, gestito dalla donna, e che da piccola è
testimone della sparizione di un bimbo. Qualche anno dopo, di
notte, lei e i suoi fratelli saltano su un treno in corsa e sui
vagoni che sfrecciano nella natura selvaggia, incontrano un
ragazzino afroamericano che li porterà su un’isola sperduta e
incolta, dove altri bambini come lui comunicano con la Madre Terra,
e non crescono mai.
Wendy è la protagonista della nuova lettura di Peter Pan
Il primo elemento di originalità nel
racconto di Zeitlin è che si sceglie di spostare l’inizio della
storia dalla Londra dell’inizio Novecento al caldo e brullo
Southern americano, un paesaggio che ricorda più Mark
Twain che Barrie. Lì, Wendy cresce in mezzo a persone
amiche, uomini e donne che popolano il diner gestito dalla madre,
che ha abbandonato i suoi sogni per portare avanti quell’attività e
avere dei figli, diventando grande, donna e madre. La seconda
operazione che compie il regista, a quattro mani con la sorella
sceneggiatrice, è quello di eliminare la magia in senso stretto e
pervadere la storia di una spiritualità legata alla natura, alla
Madre Terra, appunto, con cui i bambini parlano, giocano e
interagiscono in diversi momenti della storia, decisamente i più
suggestivi.
L’isola selvaggia e senza nome in
cui si ambienta gran parte dell’avventura di Wendy, con i suoi
fratelli e con Peter è un territorio rigoglioso, misterioso, che
offre loro infinite possibilità di gioco in una continua sensazione
di sogno ad occhi aperti, un non-luogo (l’isola che non c’è,
appunto) che è anche un non-tempo, o meglio in cui il tempo scorre
in base alla volontà di chi abita lì.
Zeitlin fugge dalla concettualizzazione con una regia
libera
Zeitlin è bravissimo a svicolare
ogni possibile concettualizzazione della storia, ogni gabbia
didattica che possa in qualche modo imbrigliare il selvaggio
spirito che anima non solo i piccoli protagonisti, ma il film
stesso. Lo fa con una regia libera, leggera, appassionata,
accompagnando le immagini con una colonna sonora da lui composta
che ricorda molto da vicino le partiture realizzate per Re della
Terra Selvaggia e che restituiscono allo stesso modo sensazioni di
libertà e giovinezza.
Wendy è la lente
attraverso cui guardiamo tutto ciò che accade, è lei che guida i
nostri passi e anche quelli degli altri protagonisti. È lei che
decide quando l’avventura deve cominciare, ma anche quando la
storia che ognuno di loro racconta deve diventare una storia che
scende a patti con il tempo, con la realtà, lontano da quei luoghi
mistici.
Un’avventura viscerale e scalmanata
Le idee, sia visive che narrative,
di Benh Zeitlin sono fresche e affascinanti, come
la rappresentazione dello spirito della Madre, o come la genesi di
Capitan Uncino che non sveliamo per non rovinare la visione. Con un
primo film arrivato direttamente agli Oscar, Zeitlin si è preso il
suo tempo, rifiutando offerte allettanti, e impiegando otto anni a
realizzare il suo secondo film, sicuramente più difficile del
primo, ma con il quale condivide lo spirito selvaggio di un
narratore che ama la storia che racconta.
Wendy è
un’avventura viscerale, scalmanata e allo stesso tempo intima, in
un luogo dell’infanzia dove si conosce il valore, potente e puro,
delle storie, un luogo che si finisce per dimenticare, da grandi. E
Benh Zeitlin, per fortuna, non lo ha
dimenticato.
Oscar Isaac è in trattative per interpretare
il protagonista della serie Disney+Moon
Knight, basata sull’omonimo personaggio del
fumetti Marvel. Moon
Knight racconta la storia di Marc Spector, un
soldato d’elite e mercenario che decide di combattere il crimine e
decide di diventare il rappresentante umano di Khonshy, il dio
egizio della luna.
Il ruolo segnerebbe il ritorno di
Oscar Isaac ai personaggi Marvel. Ha infatti interpretato il
villain Apocalisse in X-Men: Apocalypse, per la
Fox. Inoltre, Isaac ha già lavorato con la Disney nel franchise di
Star
Wars, in cui ha interpretato, nella trilogia sequel,
Poe Dameron. Pur avendo partecipato a prodotti blockbuster,
Oscar Isaac è molto amato anche dal cinema e
dalla tv d’autore e ha avuto il suo grande ruolo nel 2014 con il
film dei Fratelli CoenA proposito di
Davis, che gli è valso una candidatura ai Golden Globes.
La Marvel invece non ha commentato la
notizia, per il momento.
Documentarista dagli esiti
altalenanti, che non vede corrispondenza tra qualità e successo del
suo lavoro, Elisa Amoruso esordisce al lungometraggio di
finzione con Maledetta Primavera, un evento
speciale della
Festa del Cinema di Roma 2020, in collaborazione tra la
Selezione Ufficiale di Antonio Monda e la sezione autonoma e
parallela Alice nella Città.
Dopo il bellissimo e acuto
Strane Straniere, passato in sordina, e Chiara Ferragni Unposted, uno spot
pubblicitario sulla fashion blogger e imprenditrice milanese che ha
fatto il giro del mondo, avevamo visto Amoruso tornare a progetti
più piccoli e interessanti con Bellissime, il film documentario presentato
l’anno scorso sempre alla Festa di Roma, che in quest’anno strano
ha deciso di ospitare l’opera prima di fiction della regista
romana.
La trama di Maledetta
Primavera
Maledetta primavera e un teen movie
ambientato negli anni ’80 (1989) che racconta di tre donne. Nina
(Emma Fasano) adolescente che si trapianta con la
famiglia in un nuovo quartiere e in una nuova scuola, non conosce
nessuno, non riesce a fare amicizia con nessuno se non con la
bellissima vicina, dalla quale è irrimediabilmente attratta. Sirley
(Manon Bresch), quella vicina consapevolmente
conturbante, diversa, inquieta, troppo consapevole per la sua età,
per la sua scuola, per chi la circonda, strana, diversa, che
addirittura parla un’altra lingua e la parlerà soltanto con Nina,
unica che sembra capirla. Laura (Micaela
Ramazzotti), giovane moglie e madre che non riesce a
capire la figlia adolescente, ma che per prima non riesce a
comprendere se stessa, vivendo in un costante stato di agitazione e
insoddisfazione. La storia racconta un pezzetto delle loro vite,
dei loro desideri semplici eppure irrealizzabili.
Un teen movie raccontato
a distanza
Elisa Amoruso riesce con grazie a raccontare
l’adolescenza, lo fa con attenzione, sia da un punto di vista della
messa in scena, con oggetti e costumi, sia per quanto riguarda il
tratteggiare caratteri e personaggi, in maniera precisa,
realistica. Riesce un po’ meno a dare tridimensionalità agli
adulti, ad un padre scapestrato e assente interpretato da
Giampaolo Morelli, a Laura, che offre a Ramazzotti
un ruolo che replica alla perfezione quanto portato al cinema
dall’attrice fino a questo momento.
Tuttavia questo racconto delicato
dell’adolescenza e dei suoi drammi insormontabili, proprio perché
vissuti in quegli anni, Amoruso non riesce a cancellare il distacco
che esiste tra macchina da presa e soggetto. Il suo incedere trai
personaggi è quello di un occhio estraneo, indagatore, quasi
giudicante, superiore su personaggi che invece hanno solo bisogno
di essere mostrati ed accolti.
Scalda sempre il cuore vedere
accostati i nomi di
Nick Frost e
Simon Pegg. Succede sia quando entrambi recitano
insieme in film che sono quasi sempre dei gioielli preziosi (vedi
la Trilogia del Cornetto di Edgar
Wright), sia quando oltre a metterci la faccia, ci mettono
anche le loro penne affilate. Così accade in Truth
Seekers, la nuova serie originale Amazon Prime che i due
firmano da autori e in cui recitano.
Protagonista della serie, in
verità, è il personaggio di Frost, Gus Roberts, che insieme allo
strambo Elton John (Samson Kayo), forma una specie
di duo che investiga su fenomeni paranormali e che registra poi le
proprie imprese per un canale youtube, dal quale prende il nome la
serie: Truth Seekers, Cercatori di
verità. La serie segue le sgangherate avventure dei due e
si fregia, oltre che della presenza di Simon Pegg nel ruolo di Dave, anche di
Malcom McDowell (Richard, il burbero papà di Gus)
e della meno famosa ma bravissima
Emma D’Arcy, che interpreta l’inquieta Astrid.
Mentre sorvegliano chiese infestate
da fantasmi, bunker sotterranei e ospedali abbandonati con la loro
gamma di aggeggi casalinghi che rilevano i fantasmi, le esperienze
soprannaturali dei Truth Seekers diventano
sempre più frequenti, più terrificanti e persino mortali, iniziando
a scoprire una cospirazione che potrebbe causare l’Armageddon per
l’intera razza umana.
Naturalmente non
sorprenderà scoprire che la serie, che è firmata, tra gli altri, da
Frost e Pegg, mescola i toni dell’horror
soprannaturale a quelli della comedy inglese, con risate garantite,
per quanto composte. E infatti il prodotto si pone come un
miscuglio di toni e situazioni, che fa incrociare Ghostbusters con Scooby Doo e
X-Files.
E proprio in questa mescolanza di
toni che risiede, dal punto di vista dell’invenzione in fase di
scrittura, l’elemento interessante di Truth
Seekers: la mescolanza di generi, l’accostamento tra
horror, qualche volta anche gore, commedia dall’umorismo
decisamente inglese e fantascienza, che irrompe soprattutto quando
i protagonisti mettono in campo le loro conoscenze in fatto di
tecnologia e mettono a punto la loro apparecchiatura fatta in
casa.
Un punto d’incontro tra horror, commedia e sci-fi
Se c’è un difetto in Truth
Seekers è che, pur mirando ad una orizzontalità che si
prefigge di tenere lo spettatore con il fiato sospeso, la serie
funziona meglio sulla verticalità degli episodi, con la trama
orizzontale che lascia a desiderare mentre più brillanti sono le
idee che si esauriscono nella circostanza del singolo episodio.
Truth Seeker è una
serie per gli appassionati di cinema horror/sci-fi ma soprattutto
per i fan della coppia comica Frost-Pegg, che comunque si conferma
un duo vincente.
Si chiama Punta
Sacra il documentario diretto da Francesca Mazzoleni che è stato presentato
nella selezione ufficiale della
diciottesima edizione di Alice nella Città. Racconta di un
mondo quasi dimenticato, di un luogo che diventa sacro perché quasi
mitico, eppure reale e vivo, pulsante di malinconia e di vita, teso
verso il futuro.
Mazzoleni porta il
suo occhio all’idroscalo di Ostia, quel lembo di terra tra fiume e
mare, dove 10 anni fa sono state abbattute le abitazioni abusive e
dove la foce del Tevere confonde le sue acque con il sale del
Tirreno. La regista segue da vicino coloro che sono rimasti ad
abitare lì, desiderosi di stare dove stanno, piantati, seppure
precariamente, in un luogo che sentono profondamente loro, spazzato
da vento, triste eppure vitale.
Punta Sacra si
addentra nelle pieghe di questa piccola comunità matriarcale, dove
i conflitti generazionali sono gli stessi che in qualsiasi altro
posto, ma dove il senso di appartenenza, la vitalità, la
propensione al futuro sembrano una ricerca affamata di felicità.
Francesca Mazzoleni riesce a raccontare tutto
con occhio imparziale, ma senza il distacco del documentario
scientifico, piuttosto immedesimandosi senza giudicare ogni suo
protagonista.
Punta Sacra, il racconto di chi spera nel futuro
Punta Sacra
racconta storie di vita, di memoria, di ambizioni, di identità che
si sentono appartenenti ad un luogo, definite dallo stesso,
considerato lontano da ogni altro luogo, mentalmente più che
geograficamente, dove ancora si racconta di Pasolini, del suo
omicidio, del fatto che non fu ucciso all’idroscalo, ma che ci
venne portato, della sua capacità di generare ancora lotte
ideologiche.
Ma questa è solo una storia, perché
il film ne mostra e ne racconta tante, tutte con la stessa
attenzione e cura, tutte con protagonisti persone, individui che
non possono fare a meno di sentirsi legati a quella comunità che li
assiste e li nutre, che dà loro una identità di luogo.
Punta Sacra è un
documentario insolito, che trova il perfetto equilibrio tra la
narrazione intima del protagonisti e l’occhio scientifico di chi li
inquadra. Ci pensano loro a raccontarsi, a mostrarsi, quello che
Mazzoleni si concede, è solo qualche sguardo
romantico al mare, al posto, eternamente ostile eppure
visceralmente amato da tutti quelli che sono intenzionati
continuare a costruire lì il loro futuro.
They Were Ten
arriva su Fox (112, Sky) in anteprima mondiale ogni martedì alle 21
a partire dal 27 ottobre. La serie è un adattamento contemporaneo
del capolavoro di Agatha Christie, il romanzo
poliziesco più venduto di tutti i tempi. Un nuovo thriller
psicologico diretto dall’acclamato regista francese Pascal
Laugier, noto per i suoi thriller di successo tra i quali
The Secret – Le verità nascoste con Jessica Biel.
They Were Ten: quando esce e dove
vederlo in streaming
They Were Ten
debutta su Fox (sky, 112) martedì 27 ottobre alle 21 ed è composta
da 6 episodi da 60 minuti.
They Were Ten: la trama e il
cast
Nel cast Matilda
Lutz, attrice e modella italiana già nota al pubblico
italiano per aver recitato nel film di Gabriele
MuccinoL’Estate Addosso, nella serie I Medici e nei
film pulp Revenge e horror The Ring 3. Oltre
all’attrice italiana nel cast anche gli attori francesi
Samuel Le Bihan, Guillaume de Tonquedec, Marianne
Denicourt, Romane Bohringer, Patrick Mille, Samy Seghir, Nassim Si
Ahmed, Manon Azem, Isabelle Candelier.
Dieci persone, cinque donne e
cinque uomini, sono invitate in un hotel di lusso su un’isola
tropicale deserta. Ben presto si renderanno conto che sono
completamente isolati, tagliati fuori dal mondo e da tutti i mezzi
di comunicazione e l’isola diventerà rapidamente il loro peggior
incubo. Perché sono stati attirati in questa trappola morbosa? La
risposta è nascosta nel loro passato che ognuno ha cercato di
seppellire e che oggi, sotto il sole caldo dell’isola, stanno
incominciando a pagare. Uno dopo l’altro saranno uccisi ponendo
l’ultima domanda: chi è l’assassino?
Il 2020 è stato il primo anno senza
un film dei
Marvel Studios. Sperando che per il 2021 la situazione mondiale
tornerà alla normalità e i cinema potranno nuovamente godere del
prestigio che meritano,
ComicBookMovie ha deciso di viaggiare a ritroso nella memoria
del
MCU, stilando una classifica delle 10 migliori scene
post-credits dell’universo condiviso che hanno anticipato
l’incredibile futuro dell’Universo
Cinematografico Marvel.
Il martello di Thor (Iron Man 2, 2010)
Una delle prime scene
post-credits. Sapevamo tutti che Thor sarebbe arrivato quando
Iron Man 2 è stato rilasciato al cinema, ma
quest’anticipazione ci ha permesso di dare un primo sguardo al
Mjolnir dopo che si era schiantato sulla Terra. Anche se ci ha
lasciato con molte domande, era impossibile non sentirsi esaltati
dopo aver assistito a quest’anticipazione sull’arrivo del Dio del
tuono, sapendo che sarebbe stato un punto di svolta per il MCU, mentre ci muovevamo dalle
avventure radicate di Iron Man alle sale aliene di Asgard.
A molti questa scena potrebbe
apparire oggi 6come un sorta di smorto teaser trailer in relazione
agli standard odierni, ma la verità è che nel 2010 si è trattato di
qualcosa di davvero epico!
Adam (Guardiani della Galassia Vol. 2, 2017)
L’acclamato sequel di
Guardiani
della Galassia di James
Gunn presenta più scene post-credits di qualsiasi altro film
Marvel, ma questo è stato un
momento clou innegabile. Per anni dilagavano speculazioni circa la
possibilità che Adam Warlock arrivasse nel MCU, e il regista ha finalmente
gettato le basi per ciò con questa sequenza davvero intrigante.
Il sequel vantava una serie
memorabile di scene post-credits, ma questa si distingue davvero
come qualcosa di speciale, anche se molti fan sono rimasti delusi
dal fatto che non abbia dato i suoi frutti in Avengers:
Infinity War. I non avvezzi ai fumetti sarebbero rimasti
senza dubbio sconcertati dalla menzione di un certo Adam, ma
sapevamo tutti cosa significava. Speriamo che Guardiani della Galassia Vol. 3 possa finalmente
regalare ai fan ciò che aspettano ormai da tempo.
L’arrivo di Captain Marvel (Avengers: Infinity War,
2018)
I Marvel Studios hanno fatto un ottimo lavoro
nel tenere nascoste le più grandi sorprese di Avengers:
Infinity War e questo significava che non avevamo
idea di cosa aspettarci dalla scena post-credits dell’enorme film
dedicato al gruppo di supereroi.
Iniziando con l’indagine di Nick
Fury e Maria Hill sull’attacco di Thanos a Wakanda, siamo rimasti
sconvolti quando entrambi si sono ridotti in polvere e il
misterioso dispositivo che il primo ha lasciato cadere a terra ha
mostrato un logo che particolarmente familiare ai fan dei fumetti.
Captain Marvel era finalmente arrivata (più o
meno), e questo ha decisamente aumentato l’eccitazione per la sua
avventura da solista.
Il ballo di Groot (Guardiani della Galassia,
2014)
Per alcuni potrebbe essere
stata solo una scena post-credits “divertente”, ma i Marvel Studios non avrebbero mai
potuto rendersi conto che tipo di impatto avrebbe avuto. Questa
breve e tenerissima – anche se ridicola in modo ingenuo – sequenza
con Baby Groot che balla, ha portato a un’enorme richiesta di
merchandising che la Disney non aveva neanhce lontanamente pensato
di produrre.
È servita anche come introduzione
alla versione baby di Groot di cui ci saremmo tutti innamorati (più
di quanto non lo eravamo già) pochi anni dopo con
Guardiani della Galassia Vol. 2. Un curiosità che potreste
non sapere: è stato James Gunn a fornire il motion capture per il
ballo di Groot!
Scarlet Witch e Quicksilver
(Captain America: The Winter Soldier, 2014)
In molti modi, il MCU era ancora agli inizi nel 2014
e quindi l’introduzione di personaggi come Quicksilver e Scarlet
Witch è stato un affare considerevolmente più grande di quanto non
lo sia ora. Servendo come anticipazione di ciò che sarebbe accaduto
in Avengers:
Age of Ultron, abbiamo intravisto i gemelli in azione, e
anche se all’epoca non eravamo del tutto sicuri se sarebbero stati
eroi o cattivi (o anche mutanti), questa anticipazione è stata una
vera sorpresa che si è collegata direttamente agli eventi del film
a cui era allegata, menzionando l’apparente rovina dell’HYDRA.
All’epoca, la prospettiva che
personaggi come Quicksilver e Scarlet Witch arrivassero
nell’universo condiviso era difficile da prevedere, quindi anche
solo un breve assaggio dei due in azione sarebbe risultato
eccitante.
Stan Lee e gli Osservatori
(Guardiani della Galassia Vol. 2, 2017)
Come si fa a non amare
questa scena? Il compianto Stan “The Man” Lee ha realizzato una
serie di cameo memorabili nel MCU, ma l’apparente rivelazione di
essere stato mandato sulla Terra dagli Osservatori per tenere
d’occhio le cose – qualcosa che i fan stavano teorizzando da anni –
ha cambiato le regole del gioco.
Certo, l’avevamo visto già prima nel
film, ma il fatto che si allontanassero dal creatore mentre i suoi
racconti continuavano è stato esilarante. Anche solo vedere Gli
Osservatori in live-action è stato fantastico, e ora che i diritti
dei Fantastici Quattro sono tornati alla Marvel, speriamo che finalmente
vedremo Uatu apparire nei momenti chiave.
L’iniziativa Avengers (Iron Man, 2008)
È qui che è iniziato tutto.
Anche se i dettagli erano trapelati online in anticipo, i social
media erano agli inizi nel 2008. Di conseguenza, la manciata di fan
che hanno deciso di aspettare fino alla fine dei titoli di coda
hanno assistito all’introduzione di
Samuel L. Jackson/Nick Fury e hanno sentito parlare
dell’iniziativa Avengers per la prima volta.
Era chiaro che, in quel caso, i
Marvel Studios stavano usando “The
Ultimates” come ispirazione, ed è stato eccitante per molte
ragioni. Tuttavia, l’idea di riunire al cinema tutti i Vendicatori,
all’epoca, era difficile da credere e la maggior parte del pubblico
non poteva avere idea di quello che Kevin Feige e soci stavano
concependo nell’ombra…
L’arrivo di Thanos (The Avengers, 2002)
Mentre i fan aspettavano
pazientemente una scena post-credits alla fine di
The Avengers, sono stati spiazzati dal debutto sul grande
schermo del Titano Pazzo e hanno appreso che era stato lui a tirare
le fila di Loki dall’inizio. Realizzato con effetti pratici
piuttosto che in CGI, all’epoca non aveva un bell’aspetto, ma era
più che sufficiente per far perdere la testa ai fan.
È assurdo pensare quanto tempo ci
sia voluto perché tutto questo fosse ripagato, ma ne è valsa la
pena aspettare e questo ha dimostrato che i Marvel Studios avevano grandi
progetti in merito alla loro epica squadra.
I Vendicatori (Captain America:
Il Primo Vendicatore, 2011)
Captain America: Il primo vendicatore è arrivato nelle
sale nel luglio 2011 e il primo trailer di
The Avengers non è arrivato fino ad ottobre.
Tuttavia, anche alla fine di quel film ci sono stati dei chiari
segnali che il film di Joss Whedon stava per arrivare.
L’eccitazione che la scena finale de
Il primo vendicatore ha creato all’epoca è
probabilmente difficile da immaginare per i fan più giovani
abituati a pubblicazioni su larga scala come Avengers:
Endgame! Ripensandoci adesso, è piuttosto divertente
vedere quanto di quel filmato fosse chiaramente incompiuto.
Il ritorno di J. Jonah
Jameson (Spider-Man: Far From Home, 2019)
Per fortuna, Spider-Man
tornerà nel Marvel Cinematic Universe il
prossimo anno, ma se Far From Home avesse segnato la sua
apparizione finale, sarebbe comunque uscito di scena con stile! In
questa scena a metà dei titoli di coda, l’attenzione
dell’arrampicamuri viene catturata da un servizio giornalistico
nella Grande Mela che non solo è stato caratterizzato dallo shock
per il ritorno di J.K. Simmons nei panni di J. Jonah Jameson, ma
anche dal fatto che la vera identità di Peter è stata rivelata al
mondo!
Entrambi quei momenti sono stati
davvero sbalorditivi e hanno preparato bene il terreno per questa
versione di Spidey per essere etichettata come una “minaccia” dopo
che è stato incastrato per l’omicidio di Mysterio. Questa è stata
l’anticipazione più eccitante di sempre, e se vogliamo credere a
quelle voci su
Spider-Man 3, Peter Parker entrerà nello “Spider-Verse”
per rendere di nuovo segreta la sua identità.
Ant-Man
and the Wasp ha cercato di spiegare, senza però
approfondire la questione, da dove provenissero i poteri del
personaggio di Janes Van Dyne. Il Regno Quantico è diventato
cruciale per la narrativa generale della Fase 3 del MCU dopo essere stato introdotto
per la prima volta in Ant-Man
del 2015. Hank Pym ha descritto il Regno Quantico come “una
realtà in cui tutti i concetti di tempo e spazio diventano
irrilevanti mentre ti rimpicciolisci per l’eternità.”
Decenni prima, Hank
aveva perso la sua amata moglie Janet Van Dyne nel Regno Quantico.
Credeva che fosse impossibile salvarla, ma venne smentito quando
Scott Lang riuscì a fuggire dal Regno con successo. Ciò ha
direttamente impostato la trama di Ant-Man
and the Wasp, in cui Hank ha inventato con successo un
Quantum Pod per entrare e uscire in sicurezza dal Regno Quantico.
Si è trattato di un risultato straordinario, che in qualche modo ha
suggerito che Hank Pym è in realtà il più grande genio del MCU.
La Marvel ha recentemente pubblicato
un libro di riferimento per l’universo chiamato The Wakanda
Files, in cui Shuri esprime un certo stupore per i progetti di
Pym. Per la gioia di Hank, però, quei progetti hanno avuto successo
e hanno salvato Janet. La stessa, però, è tornata leggermente
cambiata e, proprio secondo The Wakanda Files, si tratta
di un cambiamento permanente. Il libro include una nota scritta a
mano di Janet che discute dei suoi nuovi poteri (via Screen
Rant):
“Ho un bel po’ di tempo da
recuperare. Il mondo è un posto diverso. E lo sono anch’io. Parte è
l’adattamento, parte è l’evoluzione. Sono improvvisamente capace di
ciò che prima non potevo fare. Sono stata colpita da una forma di
Entanglement Quantistico, come se ogni molecola del mio corpo
continuasse a trovarsi in più posti contemporaneamente. Credo che
sia così che sono stato in grado di sentire il dolore di Ghost. Non
sono del tutto sicura del come, ma sono stata in grado per farla
rientrare in modo completo nella nostra realtà. Forse ci sono
qualità curative per le particelle nel Regno Quantico? Mi sembra di
essere stata lì per tutta la vita, ma sembra che mi siamo ancora
parecchi momenti degnidi domande.”
Janet Van Dyne potrebbe essere un
personaggio chiave nella fasi 4 e 5 del MCU
Il tempo non funziona normalmente
nel Regno Quantico, quindi in realtà è impossibile stimare quanto
tempo Janet sia effettivamente rimasta lì. Inoltre, è possibile che
anche la più breve esposizione al Regno Quantico abbia il
potenziale per garantire queste abilità: Scott Lang è stato in
grado di evadere dal Regno Quantico perché ha percepito che sua
figlia Cassie lo reclamava, e ciò sembra molto simile
all’esperienza di Entanglement Quantistico descritta da Janet.
Tuttavia, le abilità di Janet sono durate anche dopo che ha
lasciato il Regno Quantico, mantenendo chiaramente anche altri
poteri.
La dichiarazione più interessante è
che Janet Van Dyne si sente come se “ogni molecola nel suo
corpo continuasse a trovarsi in più posti contemporaneamente”.
Questo potrebbe suggerire che, come Ghost, lei non sia veramente in
contatto con questa dimensione, e che le sue molecole si stiano
spostando tra questo piano dell’esistenza ed altre realtà. In tal
caso, Janet Van Dyne potrebbe essere un personaggio chiave delle
Fase 4 e 5 del MCU, che essenzialmente dovrebbero
basarsi sul concetto di Multiverso. I primi due film di Ant-Man
sono stati cruciali per stabilire la narrativa generale del
MCU: lo stesso potrebbe essere vero
anche per Ant-Man 3.
Ecco la nostra intervista a
Francesca Mazzoleni, regista di Punta Sacra, film presentato alla
diciassettesima edizione di Alice nella città.
Punta sacra, Il
film-documentario di Francesca Mazzoleni, si è
aggiudicato due premi nell’ambito di Alice
nella Città: il Premio Speciale della
Giuria assegnato dalle due giurie di
Alice – quella dei ragazzi e quella degli
esperti composta da Eva Cools, Agostino
Ferrente, Caterina Guzzanti, Claudio Noce e Roberta Torre
– e la Menzione speciale alla colonna
sonora nell’ambito del Premio Rolling
Stone alla Miglior Colonna Sonora, assegnato da una giuria
composta da Morgan (presidente), Alessandro Giberti
(Direttore Rolling Stone), Louis Siciliano (musicista e
compositore), Pino Farinotti (critico cinematografico) e
Gianni Santoro (La Repubblica).
La sua presentazione – attesissima
dopo il successo lo scorso anno del film Il primo re, diretto da Matteo
Rovere, da cui è stata tratta – fa parte degli
Eventi Speciali della Festa del Cinema di
Roma.
La serie tvRomulus promette di raccontare la
fondazione di Roma e soprattutto il mondo dei primi romani
dell’VIII secolo a. C. come non era stato mai fatto. La dimensione
della serialità consente di soffermarsi di più e meglio sui
molteplici aspetti della vita del tempo, di ricreare con dovizia di
particolari quel mondo intriso di violenza, paura, riti e credenze
arcaiche, divenuto oggetto di miti e leggende. Un approfondimento
che non poteva trovare spazio nel film. Si prevede anche una
trilogia di romanzi scritti da Luca Azzolini e pubblicata da Harper
Collins, i primi due dei quali usciranno in contemporanea con la
serie.
Inevitabile chiedersi se
Romulus, diretto da Matteo
Rovere, Michele Alhaique e Enrico
Maria Artale riuscirà a mantenere gli alti livelli non
solo visivi del film, ma anche di scrittura e interpretativi,
riuscendo a non svilirsi nel compromesso con i meccanismi della
serialità televisiva e dell’indirizzo a un pubblico di massa. Della
scrittura si sono occupati lo stesso
Matteo Rovere, Filippo Gravino (Veloce
come il vento, Alaska,
Il Primo Re) e Guido
Iuculano (Una vita tranquilla,
Tutto può succedere,
Questione di cuore,
Alaska) con un lavoro meticoloso di
documentazione e studio delle fonti storiche, durato quattro anni.
La serie, come il film, è interamente girata in protolatino.
Romulus, la trama
Lazio, VIII secolo a. C.. Trenta
popoli formano la Lega Latina. Ognuno ha il suo re, ma tutti vivono
sotto la guida del re di Alba, Numitor. La preoccupazione cresce
nella Lega a causa di una prolungata siccità. Si consulta
l’aruspice e il verdetto è implacabile: per far tornare la pioggia,
gli dei chiedono l’esilio di Numitor. Il trono dovrà passare ai
nipoti Enitos, Giovanni Buselli, e Yemos,
Andrea Arcangeli, figli di sua figlia Silvia,
Vanessa Scalera. I due fratelli sono inseparabili,
ma Enitos ama segretamente Ilia, Marianna Fontana,
vestale figlia di Amulius, Sergio Romano, fratello
di Numitor. Ilia è rinchiusa nel tempio di Vesta, dove
veglia giorno e notte sul fuoco sacro affinché non si spenga.
Nonostante Ilia profetizzi a Enitos che sarà ucciso da suo fratello
e gli consigli di allontanarsi da Alba per fuggire il destino,
Enitos decide di restare accanto al fratello e regnare insieme. Nel
frattempo, a Velia, un gruppo di giovani, i Luperci, viene scelto
per un rito di iniziazione: dovrà restare nel bosco per mesi e
sopravvivere alla minaccia della dea Rumia, che abita la foresta.
Tra questi c’è Wiros, Francesco Di Napoli.
Ad Alba Amulius, convinto dalla moglie Gala, Ivana
Lotito, e dal re di Velia, Spurius,
MassimoRossi, prende il potere
con la forza. Yemos dovrà fuggire verso il bosco, dove si unirà ai
Luperci avvicinandosi a Wiros. Ilia perderà il suo amore e farà un
gesto gravissimo, di cui pagherà le conseguenze. Tutto però può
cambiare in un attimo in un mondo primitivo, dominato da violenza,
paura e mistero.
Romulusmantiene le promesse nonostante qualche compromesso
inevitabile
Torniamo dunque alla domanda
dell’inizio. Romulus mantiene gli alti
livelli del film da cui è tratto, nonostante la diluizione nella
serialità? Stando ai primi due episodi, sembra di si. Il progetto è
molto curato e riesce a sfruttare al meglio la possibilità di
inventare un mondo che ancora non c’è, che non si era mai visto
prima, partendo da una minuziosa ricostruzione storica. Il lavoro
di scrittura in questo senso è notevole. D’altro canto, si
inseriscono elementi che nel film erano assenti, come la
sessualità, quindi la nudità, con scene anche molto esplicite,
elemento che ne Il primo re mancava. Lo si fa per uniformare
il prodotto a dei canoni e attrarre un pubblico di massa. Al posto
di una visione problematica e complessa dei rapporti sembra farsi
strada una visione semplificata in cui è più netta la distinzione
tra bene e male. Questo almeno a giudicare dai primi due episodi.
Si introducono figure da tragedia shakespeariana, su tutte Gala,
moglie di Amulius, una Lady Macbeth ante litteram, e lo stesso
Amulius, un po’ Macbeth un po’ il Claudius dell’Amleto.
Non tutti i personaggi però sono curati allo stesso modo, anche se
ciò si potrà valutare più compiutamente nello sviluppo della serie.
Si pensi ad esempio proprio a Gala, che nei primi due episodi
interviene sempre con lo stesso comportamento e la stessa finalità,
con una certa prevedibilità. Ciò stona un po’ con l’estrema
accuratezza di cui abbiamo parlato sopra.
La regia riesce a restituire sia la
vastità di spazi allora sconosciuti e quindi spaventosi, la durezza
delle condizioni materiali di vita, sia lo stato di perenne paura,
di estrema precarietà in cui vivono i protagonisti. C’è molta
attenzione alle emozioni. Lo sguardo del regista si posa sui volti
e i corpi dei personaggi, che indaga da vicino per scorgerne gli
stati d’animo e i cambiamenti. Si riesce così a creare – con
l’aiuto della buona fotografia di Vladan Radovic,
sebbene sia difficile raggiungere i livelli di Daniele
Ciprì ne Il primo re, delle musiche dei
Mokadelic, basate ancora una volta sui ritmi
percussivi, adatti al contesto arcaico e creatori di atmosfere
piene di attesa e suspense – un’esperienza coinvolgente e un
universo credibile, che viaggia tra ricostruzione maniacalmente
realistica e fantasia. Il tutto è introdotto dalla sigla di testa,
spettacolare sia visivamente che musicalmente, con una bella cover
di Shout dei Tears for Fears cantata da
Elisa. C’è da augurarsi che i tre registi siano
riusciti a trovare un equilibrio di stili e che il livello si
mantenga alto durante tutta la serie come in questi primi due
episodi diretti da Matteo Rovere.
Un cast di giovani attori
da vita a Romulus
Il cast di
Romulus punta soprattutto sui giovani. I
tre personaggi principali su cui si concentra l’attenzione sono
Yemos, interpretato da Andrea Arcangeli
(Trust, The
Startup), Wiros, Francesco Di Napoli
(La
paranza dei bambini) e Ilia, Marianna
Fontana (Indivisibili, Capri – Revolution). Quest’ultima si
distingue nel ruolo della giovane vestale. La sequenza
dell’interramento che la vede protagonista è senza dubbio
visivamente impressionante e difficile da dimenticare, ma l’attrice
dimostra di sapersi esprimere al meglio in più momenti. Si capisce
già dai primi episodi come la sua figura sia quella di una ribelle
destinata a diventare un’eroina che riscatta il ruolo delle donne
in una società fortemente maschile. Da questo si evince, poi, come
la serie reinventi il passato per parlare al presente.
Accanto a loro Giovanni
Buselli (Gomorra – La serie),
Silvia Calderoni (Riccardo va
all’inferno), Demetra Avincola
(Fortunata,
Loro 2), Ivana Lotito
(Gomorra – La serie), Gabriel
Montesi (Favolacce,
Il primo re) sono solo alcuni dei
componenti del nutrito cast della serie. Prodotto da
Sky, Cattleya e
Groenlandia, Romulus
arriva su Sky dal 6 novembre.