Come riportato da Deadline, Sebastian Stan avrebbe appena firmato per il
ruolo probabilmente più insolito della sua carriera. L’attore,
infatti, interpreterà un giovane Donald Trump nel
prossimo film del regista Ali Abbasi, intitolato
The Apprentice. Deadline riporta inoltre
che nel cast del film, oltre a lui, ci sono anche Jeremy Strong
nel ruolo del famigerato avvocato Roy Cohn e
Maria Bakalova
nel ruolo della prima moglie di Trump, Ivana
Trump. Il film è descritto come una “esplorazione del
potere e dell’ambizione” e la produzione è già cominciata
all’inizio di questa settimana.
Il film prende il titolo dal noto
reality show andato in onda sulla NBC tra il 2004 e il 2017, che
Trump ha condotto per quattordici stagioni, The
Apprentice. Ambientato nella New York degli anni ’70 e ’80, il
film vedrà dunque gli sforzi di Trump per costruire la sua attività
immobiliare e approfondirà anche il suo rapporto con il famigerato
avvocato Cohn, che avrà dunque un ruolo da mentore-protettore. La
sceneggiatura è di Gabriel Sherman, già autore di
The Loudest Voice in the Room e dei relativi articoli del
New York Magazine che hanno ispirato la serie limitata The
Loudest Voice, con Russell Crowe nel ruolo del fondatore di Fox
News Roger Ailes.
Abbasi è invece reduce dalla regia
di due episodi di The Last of Us della HBO, ma anche dal successo del
suo recente lungometraggio, Holy Spider, un thriller con serial killer presentato
in anteprima al Festival
di Cannes 2022, che ha fatto vincere alla protagonista
Zar Amir Ebrahimi il premio per la migliore
interpretazione femminile. Tra gli altri suoi lavori figurano il
film fantasy Border, candidato all’Oscar, e l’horror berlinese
Shelley. The Apprentice sarà dunque per lui
l’occasione di farsi notare ulteriormente nel contesto
statunitense, come sarà anche per Stan l’opportunità di misurarsi
con un ruolo diverso da quelli fino ad oggi interpretati.
Con la trilogia fantastico-comica
Non ci resta che il crimine, diretta da
Massimiliano Bruno dal 2019, abbiamo conosciuto
meglio la Roma degli anni Ottanta, addentrandoci nei luoghi simbolo
in cui al tempo operava la banda della Magliana; poi quella degli
anni Quaranta, in piena Seconda Guerra Mondiale, con tutti gli
eventi che portarono alla caduta del regime fascista. Ora, le tre
pellicole con al centro Moreno, Sebastiano (che non ci sarà) e
Giuseppe, a cui si è aggiunto Claudio nell’ultimo C’era una
volta il crimine, assumono una nuova veste e si presentano
sotto forma di
serie televisiva. Non ci resta che il crimine – La
serie, si re-impossessa del titolo d’esordio –
omaggio al Non ci resta che piangere di Troisi e Benigni –
che ha dato il via alla bene accolta trilogia in cui, a
troneggiare, sono i tanto amati viaggi nel tempo alla
Ritorno al futuro. In arrivo in
esclusiva su Sky
e in streaming NOW
dal 1 dicembre, per un totale di 6 episodi, la serie vede
il come back di Marco Giallini, Gian Marco
Tognazzi e
Giampaolo Morelli, e una new entry di tutto
rispetto quale Maurizio Lastrico. Non
ci resta che il crimine – La serie è prodotta da Sky
Studios e Lucisano per Italian International Film.
Non ci resta che il crimine – la
serie, la trama
La serie inizia dopo gli eventi di
C’era
una volta il crimine. Giuseppe, dopo aver appurato che i
suoi genitori vogliono vendere la casa in cui lui è cresciuto,
trova in un cofanetto una foto misteriosa: due ragazze hanno in
braccio un bambino piccolo, ossia lui. Rovistando meglio, capisce
di essere stato adottato, e che per tutta la vita quelli che
credeva essere sua madre e suo padre gli hanno mentito
spudoratamente. Per fortuna, sullo sfondo dell’immagine, c’è una
data: 17 giugno 1970. Giuseppe decide così di rintracciarle per
conoscere la verità, passando attraverso l’oramai famoso wormhole e
finendo nella Roma in cui la sinistra giovanile e la destra
eversiva hanno preso il potere. Nel presente, però, qualcosa è
andato storto con i conti bancari di Moreno e Claudio, i quali si
ritrovano con i fondi bloccati. Con l’aiuto di Gianfranco, i due
raggiungeranno Giuseppe per aiutarlo a sistemare la faccenda,
poiché i problemi finanziari dipendono proprio da lui. Ma una volta
arrivati lì si ritroveranno invischiati in una situazione più
grande di loro: intanto, l’amico, è intenzionato a conoscere la
madre biologica, spingendosi un po’ troppo oltre.
La Roma degli anni Settanta
Il primo episodio di Non ci
resta che il crimine – La serie – l’unico visionato in
anteprima – comincia facendo capire al suo pubblico di aver
conservato tutte quelle peculiarità che hanno reso appetibile la
trilogia. È una puntata che prepara il terreno per quel che sarà il
discorso narrativo principale della serie, la quale è pronta a far
vivere ai suoi spettatori un’esperienza più lunga – come il format
richiede – e sopratutto più ricca di dettagli. Se nei film la
storia in termini di contenuto era meno incisiva e subalterna, per
lasciare spazio a un racconto più votato all’intrattenimento puro,
duro e sincero, con il formato seriale questa sembra farsi più
presente, e dalla prima puntata capiamo che avrà una struttura più
solida. Rimanendo ancorati ai salti temporali – oramai vero e
proprio must delle pellicole fantasy – la colorita
banda ci teletrasporta nella Roma degli anni
Settanta.
Siamo in pieno fermento
sociale e politico, con la rivoluzione culturale che si fa
spazio fra i giovani. Si diffondono movimenti quali l’hippie e il
punk e si cerca di imporre ancor di più la propria voce e la
propria libertà individuale. Sono anche gli anni in cui la politica
si fa ancora più presente nelle università, come la Sapienza e la
Facoltà di Lettere e Filosofia, luogo in cui si svolge il primo
episodio, con i ragazzi sempre più orientati verso il PCI. La data
in cui però si ritrovano Moreno, Claudio e Giuseppe è storicamente
importante nell’era calcistica: 17 giugno 1970,
giornata in cui gli Azzurri batterono la Germania per 4-3. Una
partita significativa, così come la sequenza contenuta
nell’episodio, che diventa chiara reference di Non ci resta che
il crimine, quando nel’82, altra data da ricordare, Giuseppe
svela a Renatino che l’Italia vincerà i Mondiali contro la
Germania. Nonci resta che il crimine
– La serie ci delinea perciò il contesto entro il
quale i nostri sui generis protagonisti si muoveranno, e sappiamo
che negli episodi seguenti sarà preso in esame un evento storico in
particolare: il fallito Golpe Borghese.
Un primo episodio che funziona
Sin dal primo episodio di
Non ci resta che il crimine – La serie si
ride. La comicità, rintracciata sia nel linguaggio verbale che
espressivo dei tre amici, continua a essere la colonna portante.
Per non farci dimenticare che, pur essendo un prodotto contaminato
da diversi generi quali gangster e fantasy, i capisaldi restano
quelli della commedia dissacrante. Le situazioni rocambolesche, che
ritroviamo già nel primo episodio (che vuole partire con il botto),
sono l’elemento caratterizzante che siamo sicuri permeerà in tutta
la serie, e sono supportate da un cast il quale attraverso la
propria romanicità (ma anche napoletaneità) riesce a dare quella
giusta verve, e delle più che azzeccate gag, tali da coinvolgere e
divertire.
Moreno, Claudio e Giuseppe ci
trascinano perciò in questa nuova pazza avventura con tutto il loro
spirito brioso, seppur debbano ricordarsi di gestire loro stessi
con molta prudenza: come sempre, esistono i paradossi temporali,
una spada di Damocle da non sottovalutare. Dovranno stare attenti a
non cambiare il passato, seppur questa volta Giuseppe sembri ancor
più incline a farlo, altrimenti gli effetti si vedranno nel
presente. Il primo episodio di Non ci resta che il
crimine – La serie setta dunque il tono dell’intero
show, promettendoci che, andando avanti, avremo un crescendo di
esperienze assurde, folli e divertenti. E chissà, magari l’aver
dato alla trilogia l’opportunità di essere una serie, ci permetterà
anche di legarci meglio ai suoi irresistibili protagonisti.
Nella scena post-credits di Sonic 2 – Il
film, l’agente Stone – il fidato collaboratore
del Dr. Robotnik, ascolta il comandante Walters venire informato
del ritrovamento di un file vecchio di cinquant’anni durante la
cancellazione dei dati di Robotnik dai sistemi G.U.N., contenente
le coordinate di un centro di ricerca segreto. Walters realizza
terrorizzato che si tratta della struttura ospitante il “Progetto
Shadow”, e contemporaneamente, in tale luogo, una capsula
criogenica si attiva risvegliando al suo interno un misterioso
riccio nero a strisce rosse. La scena, dunque, anticipava la
realizzazione di Sonic 3 e l’arrivo di
Shadowthe Hedgehog.
Ora, Paramount Pictures ha
confermato (via GameFragger.com) che Sonic 3 uscirà come
previsto il 20 dicembre 2024. C’erano stati alcuni
timori su possibili ritardi causati dallo sciopero della WGA e
della SAG-AFTRA, ma a quanto pare questi non si verificheranno.
Insieme con questa notizia arriva anche una prima immagine che
mostra Shadow pronto a entrare in azione. È difficile non notare
gli iconici stivali del personaggio e, a un’analisi più attenta,
sembra che si tratti di una foto della controfigura che verrà
utilizzata sul set per dare agli attori qualcosa di concreto con
cui relazionarsi.
Una cosa che questo sneak peek non
rivela è però chi presterà la voce a Shadow. Keanu Reeves
rimane una delle proposte preferite dai fan e, dopo che Idris Elba è
stato arruolato per interpretare Knuckles sia in Sonic 2 che
nell’annunciata serie televisiva spin-off, ci si può aspettare che
sia un personaggio di spicco a ricoprire tale nuovo ruolo. Sappiamo
però che Jeff Fowler tornerà alla regia, mentre
Ben Schwartz (Sonic the Hedgehog), Colleen
O’Shaughnessey (Miles “Tails” Prower), Idris Elba
(Knuckles the Echidna), James Marsden
(Tom Wachowski) e Tika Sumpter (Maddie Wachowski)
riprenderanno i rispettivi ruoli dei primi due film.
Il futuro di Jim Carrey nei
panni del Dr. Robotnik non è al momento chiaro, poiché il primo
sequel ha lasciato il suo destino piuttosto ambiguo,
presumibilmente nel caso in cui l’attore non avesse intenzione di
riprendere il ruolo per una terza volta. Quello che sappiamo è che
non è previsto un recasting per il cattivo, una notizia che è stata
accolta con favore dai fan e che lascia dunque aperta la porta alla
possibilità che l’imprevedibile Dr. Robotnik faccia il suo ritorno,
facendo squadra con il temibile nonno per cercare catturare una
volta per tutte Sonic.
The
Marvels è nelle sale da tre settimane ormai e nel
corso di esse il blockbuster dei Marvel Studios è stato oggetto di molte
discussioni. Il film è balzato agli onori della cronaca per aver
registrato il più grande calo di incassi nella
storia del Marvel Cinematic Universe e molti hanno provato ad
ipotizzare gli elementi che hanno portato a questa performance di
molto al di sotto delle aspettative, dallo sciopero degli attori della
SAG-AFTRA, recentemente conclusosi, ai
passi falsi compiuti con la promozione del film. Bob
Iger, CEO della Disney, si unisce ora alla conversazione,
suggerendo quelli che ritiene essere i motivi di tale infelice
risultato.
“The
Marvels è stato girato durante il COVID e non c’è stata
abbastanza supervisione sul set da parte dei dirigenti“. ha
affermato Iger durante il NYT DealBook Summit 2023. Dunque
una molteplicità di fattori, dalla pandemia alla mancanza di
controllo riguardo lo sviluppo e le riprese del film. Naturalmente
anche la campagna marketing limitata dagli scioperi ha però avuto
la sua parte in questo triste risulato. Costato poco più di 200
milioni di dollari, The Marvels ne ha ad
oggi incassati appena 187 in tutto il mondo, affermandosi dunque
come il peggior incasso dell’MCU.
The
Marvels, il sequel con protagonista il premio
Oscar Brie
Larson, è sceneggiato da Megan
McDonnell, sceneggiatrice dell’acclamata serie
WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non sono tornati dietro la macchina da presa: il
sequel, infatti, è diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman.
Nel cast ci sono anche Iman Vellani(Ms.
Marvel)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreta il villain principale. Il film
è in sala dall’ 8novembre
2023.
Watchmen, diretto nel 2009
da Zack Snyder, è stato non solo un fedele
adattamento dei fumetti di Alan Moore e
Dave Gibbons, ma anche un film sui supereroi che
ha contribuito alla decostruzione di tali figure divine, che in
quegli anni stavano inizialmente prendendo d’assalto i cinema di
tutto il mondo. Sfortunatamente, il film non ha ricevuto
un’accoglienza particolarmente calorosa e ha incassato solo 185
milioni di dollari a fronte di un budget, allora considerevole, di
120 milioni. Watchmen non è poi
ancora riuscito a raggiungere lo status di cult, ma possiede
indubbiamente una solida fanbase che non manca di ricordarlo ed
elogiarlo pubblicamente.
A far parte di questo gruppo vi è
anche il regista Christopher
Nolan. I un profilo dedicato a Snyder dal The Hollywood Reporter, si
riporta infatti la seguente affermazione del regista di Oppenheimer: “Ho
sempre creduto che Watchmen fosse in anticipo sui tempi. L’idea di
una squadra di supereroi, che sovverte così brillantemente, non era
ancora una cosa da film. Sarebbe stato affascinante vederlo uscire
dopo gli Avengers“. Il film si concentra infatti sui lati più
oscuri di coloro che dovrebbero essere i vigilanti di quanto
avviene sulla terra, con Snyder che ha brillantemente riproposto
quanto espresso da Moore e Gibbons nei loro fumetti.
Nel 2019 come noto è poi stata
realizzata anche una serie televisiva prodotta dalla HBO e
sviluppata da Damon Lindelof come sequel del
racconto a fumetti. Attualmente la Warner Bros. è invece al lavoro
su un adattamento animato di
Watchmen, nel quale però Snyder non è coinvolto in questo
e di cui al momento non ci sono notizie sul team creativo o sul
cast. Il film del 2009 rimane però un punto fermo, che ben prima
che gli Avengers o la Justice League arrivassero sul grande schermo
ha proposto un team di eroi e mostrato i difficili rapporti tra di
essi, dove ognuno si svela essere l’incarnazione di un determinato
aspetto degli Stati Uniti d’America.
C’è grande attesa per Furiosa,
il prequel spin-off di Mad Max: Fury Road previsto nei
cinema per il 24 maggio 2024. In attesa di immagini ufficiali e di
un trailer, il film, che racconta le origini dell’Imperatrice
Furiosa, si presenta ora con una prima foto mostrata alla
convention CCXP23, la quale mostra la protagonista
interpretata da Anya Taylor-Joy in tutto il suo splendore. Si
tratta di una promo art, ricondivisa su Instagram da Collider, in cui l’attrice appare
ricoperta d’oro e con un braccio meccanico che rimedia al suo arto
mancante. Di seguito, ecco il post contenente la foto.
In FuriosaAnya Taylor-Joy
assume il ruolo che è stato di Charlize Theron
in Mad Max: Fury Road.
Sebbene andrà a raccontare le origini di tale personaggio, la trama
vera e propria del film è attualmente ancora sconosciuta. L’attrice
ha però recentemente rivelato che Furiosa è molto diverso da
Fury Road. Mentre quest’ultimo era un “road movie” che
si svolge in pochi giorni, questo nuovo film è invece descritto
come un racconto più “epico, che si svolgesu un
piùlungo periodo di tempo, e in un certo senso impari a
conoscere Furiosa meglio in questo modo“.
Atteso da molti anni e a lungo
bloccato da una disputa legale tra Miller e la Warner Bros. il film
è ora in fase di post-produzione. Furiosa è scritto,
diretto e prodotto da George Miller insieme
al suo partner di produzione di lunga data Doug
Mitchell. Sarà prodotto dal marchio australiano Kennedy
Miller Mitchell di Miller, insieme al partner di Fury
Road, la Warner Bros. Pictures. Oltre a
Taylor-Joy, nel film ci sarà anche Chris Hemsworth nel
ruolo del villain. Furiosa debutterà nelle sale il
24 maggio 2024.
Negli anni Settanta e Ottanta il
regista e attore
Clint Eastwood ha interpretato per il grande schermo
ad alcuni dei più noti film di genere poliziesco, tra cui la serie
dedicata all’ispettore Callaghan, con i titoli Una 44 Magnum per l’ispettore
Callaghan e Cielo di piombo. Nel
1984 ha però vestito i panni del detective Wes Block in
Corda tesa, scritto e diretto da
Richard Tuggle, già sceneggiatore del celebre
Fuga da Alcatraz. All’interno di questo non si ritrova
però solo un caso da risolvere, ma anche un vero e proprio giallo
psicologico, che porta lo spettatore a scontrarsi con personaggi
molto più complessi di quello che sembrano.
La storia al centro di questo nasce
da un’idea originale di Tuggle, il quale però durante la
lavorazione si scontrò con la forte personalità di Eastwood.
L’attore, infatti, era qui anche produttore del film. Giudicando
troppo lento il modo di lavorare di Tuggle, egli diresse molte
delle scene principali, così da ridurre i tempi e i costi. Eastwood
è infatti noto per la sua celerità nel realizzare film, cosa che
cerca di ottenere anche quando non è direttamente a capo delle
riprese. Al momento della sua uscita in sala, Corda tesa
arrivò ad ottenere un buon risultato economico, guadagnando un
totale di 48 milioni di dollari.
Il film venne poi lodato per le sue
ambizioni narrative e visive, dettagli che contribuiscono a
renderlo un titolo particolarmente intrigante. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Corda tesa: la trama del
film
La storia ha inizio a New Orleans,
dove una giovane donna viene seguita e uccisa da un misterioso uomo
con indosso scarpe da ginnastica con stringhe gialle. Ad
investigare sul caso è il detective Wes Block.
Divorziato e con due figlie a carico, questi inizia a ricercare una
serie di detagli che possano condurlo rapidamente
all’individuazione dell’assassino. Questo risulta essere un maniaco
strangolatore che uccide giovani donne, meglio se prostitute. Block
inizia così a frequentare ogni angolo della città, passando da
locali equivoci a bordelli, senza però riuscire a trovare traccia
dell’assassino.
Per poter fare qualche progresso,
egli sarà allora costretto a rivolgersi a Beryl
Thibodeaux, attivista che è solita organizzare corsi di
autodifesa per le donne. I due hanno però da subito un rapporto
particolarmente conflittuale, e non sarà facile collaborare in
vista di un obiettivo comune. Quando nuove vittime si
presenteranno, stringere il cerchio quanto prima si rivelerà
indispensabile. Sarà allora che Block capirà che l’assassino sta
intraprendendo un perverso gioco proprio con lui, sfidandolo e
provocandolo sempre di più.
Corda tesa: il cast del
film
Quello di Wes Block è un personaggio
scritto appositamente per Clint Eastwood,
che in quegli anni aveva già dato prova di essere un convincente
poliziotto sul grande schermo. La sua interpretazione qui fu
giudicata talmente tanto buona che egli era dato come certo
candidato al miglior attore al premio Oscar. Tale nomination,
tuttavia, non si concretizzò. Corda tesa è inoltre il
primo dopo sei film consecutivi in cui Eastwood non recita accanto
alla sua compagna dell’epoca, l’attrice Sondra Locke. I produttori
volevano infatti interrompere quella collaborazione, giudicata non
più capace di intrattenere. Al posto della Locke, per il ruolo di
Beryl Thibodeaux venne allora scelta l’attrice canadese
Geneviève Bujold, canddiata all’Oscar per il film
Anna dai mille giorni.
Nel film sarebbe dovuta essere
presente una scena di sesso tra lei e Eastwood, ma a causa della
contrarietà della Bujold, l’attore decise di rimuoverla. L’attrice
Dan Hedaya è invece presente nei panni della
detective Molinari, mentre Marco St. John dà vita
a Leander Rolfe, un ruolo controverso per il quale egli si preparò
a lungo. Importante era infatti la caratterizzazione di questo,
affinché il personaggio rimanesse particolarmente impresso nello
spettatore. Nel film è inoltre presente Alison
Eastwood. Figlia dell’attore, questa aveva 12 anni
all’epoca delle riprese ed interpreta nel film Amanda, una delle
figlie del protagonista. L’attrice aveva già collaborato brevemente
con il padre in altri film precedenti, e tornerà ad interpretare
sua figlia anche nel recente Il corriere – The
Mule.
Corda tesa: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete.Corda tesa è infatti disponibile nel
catalogo di Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes
e Prime Video. Per vederlo, in base alla
piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno mercoledì 29
novembre alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Apple
TV+ ha svelato il trailer di “John Lennon:
Murder Without A Trial“, la nuova docuserie in tre parti
narrata dal vincitore dell’Emmy Kiefer Sutherland (“24”, “The Caine Mutiny
Court Martial”), in arrivo il 6 dicembre. Attraverso interviste
esclusive a testimoni oculari e foto inedite della scena del
crimine, il documentario getta una nuova luce sulla vita e
sull’omicidio dell’icona della musica e della cultura John
Lennon, nonché sulle indagini e sulla condanna di
Mark David Chapman, il suo assassino reo
confesso.
“John Lennon: Murder Without
A Trial” offre un esame più approfondito dell’omicidio di
John Lennon che nel 1980 ha scioccato e rattristato il mondo. In
virtù del Freedom of Information Act, la produzione ha ottenuto
libero accesso alle informazioni detenute dal Dipartimento di
Polizia di New York, dalla Commissione per la libertà vigilata e
dall’ufficio del Procuratore Distrettuale. La docuserie include
interviste esclusive a testimoni oculari mai rilasciate prima, tra
cui: Richard Peterson, un tassista che fu testimone della
sparatoria; Jay Hastings, un portiere del The Dakota che sentì le
ultime parole di Lennon; David Suggs, l’avvocato difensore di Mark
David Chapman; Elliot Mintz, un confidente di Lennon e Yoko Ono; la
dottoressa Naomi Goldstein, la psichiatra che per prima valutò
Chapman.
La serie è prodotta per
Apple
TV+ dal team di 72 Films, vincitore di un BAFTA e di
un Emmy, diretto da Nick Holt (“The Murder Trial”, “Responsible
Child”) e Rob Coldstream (“Jade: The Reality Star Who Changed
Britain”) con i produttori esecutivi David Glover (9/11: One Day in
America”), Mark Raphael (“Crime and Punishment”) e Rob Coldstream,
oltre ai produttori Simon Bunney e Louis Lee Ray.
Prime Video ha
svelato le prime immagini dall’attesissima nuova serie
Fallout, che sarà disponibile in
esclusiva dal 12 aprile 2024, in oltre 240 Paesi e territori nel
mondo.
Basata su una delle più grandi serie
di videogiochi di tutti i tempi, Fallout è la storia di
chi ha e chi non ha in un mondo in cui non c’è quasi più nulla da
avere. 200 anni dopo l’apocalisse, i gentili abitanti dei lussuosi
rifugi antiatomici sono costretti a tornare nell’infernale
paesaggio irradiato che i loro antenati si sono lasciati alle
spalle e sono scioccati nello scoprire un universo incredibilmente
complesso, allegramente bizzarro e incredibilmente violento che li
aspetta.
1 di 9
Ella Purnell e Kyle
MacLachlan in Fallout. Courtesy of Prime Video
La Fratellanza d'Acciaio e
i Vertibirds in "Fallout". Courtesy of Prime Video
Courtesy of Prime
Video
Jonathan Nolan e Lisa
Joy sono executive producer per Kilter Films sotto il loro
overall deal con Amazon. Nolan ha diretto i primi tre episodi di
questa serie epica. Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner sono
executive producer, autori e co-showrunner. Il cast della serie
include Ella Purnell (Yellowjackets), Walton Goggins (The
Hateful Eight), Aaron Moten (Emancipation – Oltre la
libertà). Athena Wickham di Kilter Films è anche executive
producer insieme a Todd Howard per Bethesda Game Studios e James
Altman per Bethesda Softworks. Amazon e Kilter Films producono in
associazione con Bethesda Game Studios e Bethesda Softworks. Il
cast include anche Moisés Arias (Il re di Staten Island),
Kyle MacLachlan (Twin Peaks), Sarita
Choudhury (Homeland), Michael Emerson (Person of
Interest), Leslie Uggams (Deadpool), Frances Turner
(The
Boys), Dave Register (Heightened), Zach
Cherry (Scissione), Johnny
Pemberton (Ant-Man), Rodrigo Luzzi (Dead Ringers –
Inseparabili), Annabel O’Hagan (Law & Order: Unità Vittime
Speciali) e Xelia Mendes-Jones (La Ruota del Tempo). Sarà disponibile
in streaming in esclusiva su Prime Video in oltre 240 Paesi e
territori in tutto il mondo.
I personaggi
Ella Purnell nel ruolo di “Lucy”. Lucy è
un’abitante del Vault ottimista con uno spirito tutto americano. La
sua natura pacifica e idealista viene messa alla prova quando le
persone fanno del male ai suoi cari.
Aaron Moten nel ruolo di “Maximus”. Un giovane
soldato nasconde il suo tragico passato mentre presta servizio in
una fazione militarista chiamata Confraternita d’Acciaio. Crede
nella nobiltà della missione della Confraternita di portare la
legge e l’ordine nella Zona Contaminata, e farà di tutto per
promuovere i suoi obiettivi.
Walton Goggins nel ruolo di “Il Ghoul”. Il
Ghoul sopravvive nella Zona Contaminata come cacciatore di taglie.
È pragmatico, spietato e nasconde un passato misterioso.
Kyle MacLaughlin nel ruolo di “Soprintendente
Hank”. Hank è il soprintendente del Vault 33 e padre di
Lucy. È desideroso di cambiare il mondo in meglio.
Kilter Films
Kilter Films è una premiata società
di produzione con sede a Los Angeles, fondata e gestita da Lisa Joy
e Jonathan Nolan con la loro partner produttrice Athena Wickham.
Nolan è uno scrittore, regista e produttore acclamato dalla critica
e nominato agli Academy Award® e agli Emmy Award®, noto per il suo
lavoro su Il cavaliere oscuro, Interstellar e Memento. Joy è uno
scrittore, regista e produttore nominato agli Emmy Award®. Kilter
Films ha prodotto la serie di successo della HBO
Westworld, che ha ottenuto 54 nomination agli Emmy® nel
corso delle sue quattro stagioni, oltre a nomination ai DGA, WGA,
PGA e SAG, e rimane la prima stagione dello show con il più alto
indice di ascolto nella storia della HBO. Grazie all’accordo con
Amazon, Kilter Films ha prodotto l’adattamento in serie del romanzo
thriller fantascientifico del 2014 di William Gibson, Inverso –
The Peripheral, con Chloe Grace Moretz, Gary Carr e Jack
Reynor. Ha inoltre collaborato con Bethesda Game Studios per
sviluppare Fallout, una serie televisiva per Amazon basata
sul franchise di videogiochi più venduto al mondo, con Ella
Purnell, Walton Goggins e Aaron Moten, e con Nolan regista dei
primi tre episodi. Kilter Films ha anche prodotto la serie
poliziesca Person of Interest, nominata agli Emmy® e
creata da Nolan, che è andata in onda per cinque stagioni e oltre
100 episodi sulla CBS. Nel cinema, Joy ha debuttato alla regia con
Reminiscence per la Warner Bros. Con Hugh Jackman, Rebecca
Ferguson e Thandiwe Newton, Joy ha scritto la sceneggiatura, che è
entrata nella Black List, ed è stata prodotta con Nolan e Wickham.
Kilter Films produce anche marketing interattivo e transmediale,
tra cui uno spot per il Super Bowl di Westworld diretto da
Nolan.
Dopo il debutto su
Rai 2 e RaiPlay della serie tv “Noi
siamo leggenda”, cresce l’attesa per la presentazione
del libro-fanbook “Noi siamo
leggenda”, edito da Rai Libri, che sarà
presentato in anteprima assoluta venerdì 8
dicembre alle 18.15 sul palco Rai della manifestazione “Più libri,
più liberi” (alla Nuvola dell’Eur a Roma) alla presenza
del regista Carmine Elia, di alcuni membri del
cast e del direttore di Rai Libri Roberto
Genovesi. L’uscita ufficiale sarà il 12 dicembre.
All’interno si potranno trovare foto esclusive del backstage, gli
scatti di scena più belli e una selezione di quiz e giochi
enigmistici a tema.
La serie è diretta
da Carmine Elia (“Mare
Fuori”, “Sopravvissuti”), ideata da
Valerio D’Annunzio e Michelangelo La
Neve, prodotta da Nicola e Marco
De Angelis ed è una coproduzione Rai
Fiction e Fabula Pictures in
collaborazione con Prime Video. Federation
International si occuperà della distribuzione
internazionale.
Nel cast
principale, tra gli altri, Emanuele Di Stefano,
Claudia Pandolfi, Antonia
Liskova, Nicolas Maupas, Giacomo
Giorgio, Beatrice Vendramin,
Giulio Pranno, Valentina Romani,
Milo Roussel, Sofya Gershevich,
Margherita Aresti, Giulia Lin e
Lino Guanciale.
La storia della
serie è quella di cinque ragazzi – e del loro mondo – con cinque
poteri straordinari che affondano le radici nelle loro paure e nei
loro desideri più profondi, capaci di stravolgere le loro vite. Un
coming of age che unisce dramma, azione e ironia in una
narrazione originale, capace di rinnovare e riscrivere i canoni del
racconto young adult di supereroi. Niente missioni
iperboliche, nessun universo da salvare o supercattivi da
combattere. Un racconto di formazione in cui i superpoteri si fanno
metafora delle difficoltà che gli adolescenti sono chiamati ad
affrontare. Un affresco commovente, forte, divertente e spiazzante
di una società – la nostra – e di una parentesi della vita –
l’adolescenza – in cui tutti, almeno una volta, hanno sognato di
avere i superpoteri. Per combattere le ingiustizie che li
circondano. Vincere la propria insicurezza. Accettarsi. Fare la
cosa giusta. Senza immaginare che qualcuno, nell’ombra, è
consapevole della vera origine degli improvvisi poteri.
Netflix svela le
prime foto della seconda parte della sesta e ultima stagione di
The
Crown, che sarà disponibile su Netflix il 14 dicembre 2023.
Nella seconda parte,
composta da sei episodi, ad assumere i ruoli del Principe William e
del Principe Harry saranno Ed McVey e
Luther Ford. Insieme a loro ci sarà Meg
Bellamy nei panni di Kate Middleton. Si tratta dei ruoli
di debutto per i tre attori.
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Il principe William cerca
di reintegrarsi nella vita all’Eton College dopo la morte di sua
madre mentre la monarchia deve cavalcare l’onda dell’opinione
pubblica. Con l’avvicinarsi del suo Giubileo d’Oro, la Regina
riflette sul futuro della monarchia, che vedrà il matrimonio di
Carlo e Camilla e l’inizio di una nuova favola reale tra William e
Kate.
Da quando è arrivata su
Netflix nel 2016, la serie The Crown ha vinto e ha ricevuto
nomination per numerosi premi, tra cui 15 nomination ai BAFTA, 10
nomination ai Golden Globe (di cui 4 vittorie), 69 nomination agli
Emmy in 5 stagioni (con 21 vittorie in 4 stagioni) e altri
ancora.
Direttamente dalle Giornate
Professionali di Cinema di Sorrento, arriva il listino
Lucky Red, che ha presentato le sue uscite per i
prossimi sei mesi di cinema in sala. Ecco di seguito i titoli:
“Devolavorare“:
questo è il mantra di Leon (Thomas
Schubert), protagonista del nuovo film di
Christian Petzold, Il cielo
brucia. Frase che risuona come una vera e propria
dichiarazione di intenti ma che svela, in realtà, lo capiremo
prestissimo, un piccolo io insicuro non può ammettere che
sta procrastinando e si sta isolando da tutto pur di non
lavorare. Al centro del nuovo progetto del regista tedesco,
dal 30 novembre nelle sale italiane, c’è questa personalità
apparentemente insondabile, un giovane scrittore che ha pubblicato
il suo primo libro, apparentemente con buone recensioni. Ora sta
lavorando al secondo, una stesura alquanto difficile, lottando
contro il processo lavorativo, la sua fiducia in se stesso e la sua
visione del mondo.
Il cielo brucia, la
trama
Leon
(Thomas Schubert), giovane scrittore che sta
lavorando al suo secondo romanzo, si reca con l’amico
Felix (Langston Uibel) nella casa
di vacanze della mamma di quest’ultimo, per trascorrere qualche
giorno di meritato riposo al mare. Non fosse che una serie di
imprevisti iniziano a palesarsi, scombinando il loro piano: prima,
la loro macchina si rompe e Leon, brontolone per antonomasia,
accetta riluttante di attraversare il bosco. Finalmente trovano la
casa ma, proprio come in una favola, questa non è vuota: scarpe,
reggiseni e persino lasagne… c’è una giovane donna sconosciuta che
la sta occupando. Il fatto che Leon sia già
affascinato dalla sconosciuta ancor prima di conoscerne il nome –
“Nadja“, le dice Felix dopo la
telefonata con la madre, è la nipote di un collega di lavoro – non
è tanto dovuto al suo evidente fascino quanto alla suggestiva
architettura dell’intera atmosfera estiva elaborata da
Petzold.
Attorno a Leon,
dunque, Petzold imbastisce un intero parterre di
personaggi enigmatici: Felix, suo amico e compagno
di “vacanza”, un fotografo che vuole creare un portfolio per la sua
domanda di ammissione all’Università delle Arti;
Helmut (Matthias Brandt), che
viaggia come editore di Leon per esaminare con lui
il manoscritto. C’è poi Devid (Enno
Trebs), il bagnino della spiaggia, che irrita
Leon con la flessibilità del suo orientamento
sessuale. Naturalmente, il collante di tutti questi rapporti è
Nadia (Paula Beer), dapprima
coinquilina non accolta benissimo, e centro erotico del film
poi.
Rossore emotivo
Il giugno sul Mar Baltico, il
fruscio delle foglie, il mite azzurro del cielo, il silenzio della
foresta, la piacevole sensazione di isolamento: a soli cinque
minuti dal film, la descrizione atmosferica di
Petzold è incredibilmente densa e coinvolgente.
Proprio per questo colpisce il malessere di Leon, non come ribelle
anticonformismo, ma come pigra incapacità di lasciarsi andare un
po’ alla deriva, di assecondare la corrente, l’estate e i suoi
umori. Sono queste parole chiave dell’estate, dell’umore e del
disappunto a farci venire in mente subito Eric
Rohmer, che ha saputo magistralmente prendere
l’eccezionalità delle vacanze come sfondo per raccontare storie
complesse sui sentimenti ambivalenti e su come questi plasmano le
nostre vite.
Leon, per quanto il
suo narcisismo lo renda per molti versi schietto, è anche
incredibilmente sensibile e ricettivo. Non si rende conto di cosa
veramente esalti il suo amico Felix o di cosa stia
succedendo al suo editore, ma l’incantesimo che
Nadja lancia sui suoi immediati dintorni lo
colpisce quasi dolorosamente al cuore. Questa ambivalenza rende il
film un grande ritratto non solo di un autore in difficoltà
creativa, ma dello stesso Zeitgeist. Questa sorta di cielo
rosso fantastico – creato dagli incendi boschivi nelle vicinanze –
ne è un segnale fin dall’inizio. Felix e
Leon lo sperimentano dal tetto della loro casa di
vacanza la prima notte, come uno spettacolo impressionante ma di
suggestione puramente estetica.
I due si rassicurano a vicenda sul
fatto che gli incendi non li riguardano perché speciali venti
marini proteggono il loro angolo. Si potrebbe decodificare questo
discorso come un’allusione del tutto velata all’atteggiamento di
tutti noi nei confronti dell’imminente catastrofe climatica:
affascinati dallo spettacolo del pericolo, lo lasciamo accadere
mentre ci immaginiamo avvolti da un falso senso di sicurezza. In
realtà, è bene precisarlo, Il cielo brucia non si
sofferma solo sull’apparente cecità di Leon nei
confronti del movimento della vita, ma anche sulla sua sensibilità.
Il fatto che non segua la corrente in questi giorni d’estate, che
qualcosa lo disturbi sempre e lo colga impreparato, si rivela alla
fine il suo dono speciale.
L’estate del dispiacere
Thomas Schubert,
protagonista de Il cielo brucia, esprime
brillantemente il disagio di Leon. Non solo nelle
sue espressioni facciali, che sembrano sempre dire: “Ci sto
provando!“, ma nell’intero linguaggio del corpo, nel modo in
cui abita il paesaggio e si pone nei confronti di esso, sempre un
po’ ingobbito, con i vestiti stropicciati che gli pendono addosso.
Schubert dosa la sua rappresentazione della
scontrosità in modo così preciso che non diventa mai una
barzelletta: si ride un po’ del suo personaggio e del suo cattivo
umore, ma mai in maniera burlesca. Allo stesso tempo, lo si capisce
quasi troppo bene. Tutti intorno a lui si godono l’estate, vanno in
piscina, fanno amicizia, non si preoccupano di tutti gli
inconvenienti, che siano zanzare, coinquilini inattesi o rumori
notturni incredibilmente fastidiosi. Come si fa a non sentirsi
emarginati?
E poi c’è questa donna. Indossa un
vestito rosso a fantasia, ha i capelli rossi lunghi fino alle
spalle, prepara il caffè e stende il bucato, con
Leon che scruta ogni sua mossa. Si chiama
Nadja e quando invita Leon ad
andare al mare con lei, lui rifiuta, anche se in realtà vorrebbe
andarci: così, alimenta la sua frustrazione. Ma il vestito di
Nadja non è l’unico rosso di questo film. Più a
ovest, sentiamo che le foreste stanno bruciando, l’autostrada e
diverse strade sono già chiuse e le prenotazioni negli hotel sulla
spiaggia sono state cancellate. Felix afferma con
convinzione che l’incendio è ancora a trenta chilometri di distanza
e che il vento soffia nell’entroterra, quindi non c’è pericolo. Ma
il vento cambia il suo giro e una notte i nostri protagonisti
possono vedere dal tetto cosa sta arrivando. L’orizzonte si
illumina come un tramonto: ma è un bagliore tremolante, il riflesso
di una pira. Il cielo è in fiamme.
Non c’è bisogno di chiedersi dove
Christian Petzold abbia avuto l’idea per questa
storia: era nell’aria, così come quella di Undine, forse, veniva direttamente dal canto
delle sirene. La domanda è, piuttosto, come Petzold riesca a
inserire la componente catastrofica, insita nel titolo stesso, in
modo così disinvolto nella narrazione, tanto da renderci conto di
questa minaccia solo quando ha già quasi raggiunto i personaggi.
Il Cielo brucia è il tipo di film in cui non
succede nulla ma, in questo nulla, Petzold riesce a raccontare
quasi tutto.
Il regista di Inside Out 2,Kelsey Mann, ha rivelato nuovi dettagli sulla
trama dell’atteso sequel Pixar di cui è stato da poco rilasciato
un teaser trailer. La narrazione
di Riley e delle sue emozioni personificate in Inside Out è come noto
stata un enorme successo di critica e pubblico nel 2015, portando a
speculazioni e infine alla conferma che la storia sarebbe
proseguita con un sequel. Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e
Disgusto tornano dunque in Inside Out 2, ma con Riley che sta
entrando nell’adolescenza le sue esperienze di vita cambieranno e
introdurranno molte nuove emozioni, tra cui la già anticipata
Ansia.
The Direct riporta ora le parole
di Mann sul film, che riprenderà da dove si era interrotto il
lungometraggio precedente, in particolare esplorando gli effetti
“Pubertà”. “Alla fine del primo film, si vedevano tutti questi
bellissimi vortici di memoria, dove c’erano Gioia e Tristezza nello
stesso ricordo, o Rabbia e Disgusto. Volevo che questo film si
aprisse con loro in sintonia e con la sensazione di essere una
grande squadra. Finché non arriva la pubertà“, spiega Mann.
“Il mio pensiero iniziale era di proporre tre idee… Voglio
vedere quella cosa, il pulsante della pubertà, che si spegne. Ho
esplorato altre idee, ma continuavo a tornare a quella.
“Alla fine l’ho proposta a Pete
Docter. È una miniera d’oro per tutto ciò che amiamo alla Pixar… Ha
cuore. C’è emozione. C’è umorismo. La pubertà è divertente, ma è
anche un momento difficile della nostra vita. Voglio dire qualcosa
di significativo su noi stessi come esseri umani, ma raccontato in
modo fantasioso“. Le parole del regista confermano dunque che
Inside Out 2 vedrà Riley e le
sue emozioni alle prese con la pubertà, con Gioia e gli altri che
presumibilmente dovranno aiutare la ragazza a superare questo
difficile periodo della vita ritrovando un equilibrio
personale.
I film Pixar in genere fanno un
lavoro eccezionale nel rivolgersi a spettatori di tutte le età e
nel rendere accessibili a tutti argomenti talvolta difficili.
Inside Out 2 sembra proprio
portare avanti questa tradizione, concentrandosi sull’esperienza
universale della pubertà in un modo che potrà essere comprensibile
per i bambini e affascinante anche per un pubblico più adulto.
Concentrandosi non solo su Riley, ma anche sulle sue emozioni
mutevoli, Inside Out
2 può infatti andare oltre i soliti tropi delle storie che
esplorano la pubertà ed essere invece più creativo con le varie
situazioni che si creano tra le varie emozioni durante la
pubertà.
Una famiglia quasi
normale – disponibile dal 24 novembre
suNetflix
– è la nuova serie noir scandinava diretta da Per Hanefjord (Hamilton, The
Hidden Child), scritta da Anna Platt (The
Congregation, La verità verrà fuori) e Hans
Jörnlind (Top Dog) ed è basata sull’omonimo
romanzo best-seller del 2019 dell’autore svedese Mattias
Edvardsson.“Fin dal primo incontro con questa storia,
ho apprezzato il fatto che abbia davvero a cuore
un’importante riflessione“. Ha affermato Per
Hanefjord a Netflix. “Solleva questioni complesse, offre
profondità di carattere e lo fa allo stesso tempo con una suspense
avvincente”. Alla luce delle parole del regista, analiziamo
allora il finale di Una famiglia quasi
normalee la storia vera dietro il racconto.
Ulrika (Lo Kauppi)
e Adam (Björn Bengtsson) Sandell conducono,
insieme alla giovane e tanto amata figlia Stella (Alexandra
Karlsson Tyrefors), una vita apparentemente
perfetta in un elegante quartiere residenziale nella
periferia di Lund. Ulrika è un’intelligente e qualificata avvocata
e il marito Adam è uno stimabile pastore della Chiesa di Svezia. La
diciannovenne Stella, invece, dopo un traumatico episodio di
violenza accaduto alcuni anni prima, ha scelto di abbandonare gli
studi e lavorare in una piccola pasticceria in città, mentre sogna
di poter viaggiare e scoprire il mondo. I Sandell
sono, quindi, una famiglia ordinaria come tante
altre, finché però una notte il 30enne Christoffer Olsen
(Christian Fandango Sundgren) muore a causa di un
brutale accoltellamento e Stella è considerata dalla polizia la
principale indiziata.
Spiegazione del finale di Una
famiglia quasi normale
“Sembra che tu abbia una
relazione complicata con i tuoi genitori, Stella. È sempre
stato così? Come pensi sarebbe andata se avessero reagito
diversamente?”. È con queste domande fatte a Stella dalla
psicologa penitenziaria che inizia in medias res il primo episodio
di Una famiglia quasi
normale. Dopo questa breve scena che anticipa
indirettamente allo spettatore il doloroso evento che farà
da fulcro dell’intera storia, parte un’analessi che
trasporta il pubblico a quattro anni prima: durante un ritiro
sportivo, all’età di soli quindici anni, Stella è aggredita
sessualmente dall’assistente del coach. Nonostante Stella racconti
tutto fin da subito ai suoi genitori, non ha prove dell’abuso.
Dunque, Ulrika, credendo di proteggere la figlia da un eventuale
processo ancor più traumatico e vano, decide di non sporgere
denuncia alla polizia. In fondo, chi crederebbe a una
ragazzina? Questa scelta, come si evince episodio dopo
episodio, influenzerà profondamente e con grande sofferenza e
insicurezza il rapporto di Stella con i suoi genitori, con gli
uomini e con sé stessa.
Il racconto ritorna poi a quattro
anni dopo, precisamente al giorno del diciannovesimo compleanno di
Stella. Quel giorno, dopo aver festeggiato con i suoi genitori,
Stella va a ballare con la migliore amica Amina
Besic (Melisa Ferhatovic) in un affollato
locale in città dove incontra l’affascinante e carismatico
trentenne Christoffer Olsen. I due iniziano una relazione
romantica che di lì a poco diventerà un’ossessione. Sei
settimane dopo, una notte, Chris viene assassinato e Stella, che
pare essere stata vista sulla scena del crimine, viene presa in
custodia dalla polizia. Ulrika e Adam, sconvolti e ignari di ciò
che è realmente accaduto, iniziano a indagare sull’omicidio per
poter proteggere la figlia a ogni costo, anche tradendo la propria
morale e la fiducia di chi li circonda.
Una famiglia quasi
normalesi conclude con la sentenza del lungo
processo che ha travolto i Sandell. Per riuscire a salvare
Stella, Ulrika e Adam mentono, nascondono e intralciano le indagini
della polizia fino al punto da inquinare le prove. Per esempio,
Ulrika si sbarazza del cellulare di Stella, dei vestiti
insanguinati e, addirittura, dell’arma del delitto. Mentre Adam
utilizza la sua posizione di pastore per poter ingannare la polizia
e mentire sull’ora in cui la giovane è tornata a casa la notte
dell’omicidio. Senza parlare l’uno con l’altra né tanto meno
accordandosi in alcun modo, i genitori di Stella giocano
carte false pur di provare la sua “innocenza”. E tutto
questo mentre il loro matrimonio vive una grave crisi di cui è
complice l’infedeltà coniugale di Ulrika.
Ma il vero grande punto di svolta si
ha quando, nell’ultima puntata, Ulrika convince Amina a
testimoniare al processo raccontando ciò che accadde
quella notte, omettendo però un dettaglio importante e spostando
completamente l’attenzione del giudice su una nuova violenza. Amina
lascia i pubblici ministeri senza parole quando spiega come Chris
l’aveva drogata e violentata. Aggiungendo poi di essere fuggita
appena ha potuto dal suo appartamento e che solo la mattina dopo è
venuta a conoscenza della sua morte. La testimonianza della giovane
amica acquisisce ancor più valore quando afferma di aver mentito
fino a quel momento perché pensava che nessuno l’avrebbe creduta.
Così come è successo a Stella alcuni anni prima e anche all’ex
fidanzata di Chris, Linda (Emilia Roosmann), che
aveva già precedentemente tentato di denunciarlo per abusi. Il
processo si conclude come aveva pianificato Ulrika: con la
terribile rivelazione di Amina, è introdotto nel caso un
sospettato alternativo che distoglie l’attenzione dalla
colpevolezza di Stella. E così la giovane Sandell viene
liberata.
Ma quella di Amina è una “mezza
verità” e, nel corso del finale della serie, ci sono dei
flashback che dimostrano ciò che accadde realmente la notte
dell’omicidio. Amina è stata drogata e violentata da Chris, ma è
riuscita a fuggire solo grazie a Stella che, dopo essersi
indispettita dell’assenza dell’amica quella sera, si è diretta
verso casa di Chris per poi irrompere e salvare Amina. Le due
ragazze sono fuggite via e Chris le ha inseguite fino a quando
Stella è riuscita a reagire e lo ha pugnalato a
morte.
Una famiglia quasi
normale è un brillante thriller psicologico e
poliziesco che racconta e affronta le complesse emozioni
umane dell’intenso e intricato dramma familiare
dei Sandell. Sebbene il romanzo di Edvardsson – da cui trae
ispirazione la serie – possa sembrare tratta da una storia vera,
durante un’intervista l’autore svedese ha spiegato che tutto è nato
durante una notte solitaria. Edvardsson ha raccontato che iniziò
per caso a riflettere sul suo ruolo di padre e su come reagirebbe
innanzi alle avversità che travolgono i giovanissimi, soprattutto
gli adolescenti.
“Ho due figlie, di tre e sei
anni, e ho iniziato a pensare a cosa potrebbe accadere tra circa 10
anni, quando le mie figlie saranno, per esempio, fuori in centro
con gli amici. Penso che ogni genitore possa identificarsi
con quella paura di non sapere quando tuo figlio tornerà a
casa. Quella notte ho poi immaginato cosa farei se, per caso un
giorno, la mia futura figlia adolescente tornasse a casa dopo
mezzanotte nascondendomi qualcosa di grave”, ha affermato lo
scrittore. “E cosa farei se mia figlia venisse portata
via dalla polizia la mattina dopo, accusata di aver ucciso un uomo?
Come reagirei? Fino a che punto mi spingerei a distorcere la verità
per proteggerla?”, ha inoltre aggiunto.
Infine, Edvardsson ha raccontato di
come la sua esperienza di insegnante liceale gli è stata senz’altro
d’aiuto per rendere i personaggi, e in particolare quello di
Stella, autentici. Ha detto: “Non credo che avrei mai potuto
scrivere questo libro se non fosse stato per il fatto che sono
stato un insegnante di scuola superiore per 15 anni. So come
interagiscono le diciottenni: conosco il loro mondo e so anche che
genitori e adolescenti non sempre condividono tutto l’uno
con l’altro. In alcuni casi estremi, sembra persino che
non si conoscano bene. Questa è, infatti, una riflessione che
volevo approfondire nel mio romanzo: quanto conosciamo
davvero i nostri adolescenti?”
Dunque, anche se Una famiglia quasi
normale non nasce direttamente da fatti reali, il racconto
di Edvardsson è senza alcun dubbio frutto di dure e
difficili dinamiche familiari che accomunano tanti genitori e
figli. L’inganno, l’omertà, il sentirsi soli e incompresi
sono purtroppo gli elementi che più permettono al pubblico di
empatizzare con i personaggi, proprio perché sentimenti sentiti
così personali e vicini. Il risultato, tanto del romanzo quanto
della serie Netflix, è un
thriller che rapisce lo spettatore in una vorticosa
indagine alla ricerca della verità, in cui la giustizia
viene meno per lasciar spazio alla riflessione su quanto in
là possa spingersi un genitore per amore dei propri
figli.
L’ultimo film di David
Fincher, The Killer, ha ricevuto il plauso della
critica per il suo stile narrativo a lento rilascio ma
incredibilmente metodico, che ha nascosto alcuni dettagli in
maniera molto intelligente, i quali si fanno notare solo ad una
seconda visione. Con lo stile caratteristico del regista e
l’eccellente interpretazione di Michael Fassbender nel ruolo del protagonista,
questo film Netflix
racconta di un meticoloso sicario impegnato in una caccia all’uomo
internazionale che giura non essere personale.
Un’azzeccata metafora del modus operandi di
Fincher, i cui film sono progettati al millimetro
e includono un’incredibile attenzione ai dettagli strutturali e
narrativi, proprio come dimostrano questi dettagli nascosti in
The Killer che abbiamo selezionato per
voi.
Il primo appostamento
L’assassino pianifica
meticolosamente l’assassinio del suo primo bersaglio dalla sua
postazione in un ufficio WeWork abbandonato e fatiscente,
di fronte alla camera d’albergo parigina in cui alloggia la sua
vittima, in compagnia di una dominatrice. Questo abbinamento tra
l’ufficio di un capitalista in bancarotta e lo squallido mondo
criminale abitato dal protagonista è un classico dello stile di
David
Fincher. L’accostamento tra il suo imminente tentativo
di assassinio e l’azienda in cui si trova mette in evidenza le
connessioni tra questo killer freddo e insensibile e il mondo degli
affari: l’ambiente in cui l’assassino fallisce è una metafora del
suo imminente fallimento.
I riferimenti ai film classici
Come in tutti i film di
Fincher, emerge fin da subito la sua incredibile attenzioni ai
dettagli, curati perfettamente anche nella fotografia. Come
spettatori, seguiamo il punto di vista dell’assassino mentre
osserva il mirino cercando l’angolazione perfetta per passare
all’azione, segmento che viene ripreso con non pochi rimandi
all’iconico thriller di Alfred Hitchcock del 1954,
La finestra sul cortile. Questo omaggio al cinema
classico è solo il primo di una serie nei confronti di pellicole
che sono state d’ispirazione per The Killer, tra cui il classico
della Nouvelle Vague francese Frank Costello faccia
d’angelo, La conversazione di
Francis Ford Coppola e, naturalmente, il
leggendario film di Hitchcock.
La frequenza cardiaca del
killer
La narrazione di The Killer ci dà un’idea delle prospettive del
nostro protagonista sena nome e della sua filosofia. Tuttavia, a
differenza della maggior parte dei sicari solitari del cinema, egli
abbraccia la tecnologia e utilizza persino uno smartwatch per
servirsi di maggiore precisione. Mentre si prepara a mirare al
bersagio, l’assassino dice al pubblico che la sua frequenza
cardiaca deve essere inferiore a 60 bpm per poter colpire il
bersaglio, mentre attende lentamente il momento perfetto prima di
decidere di procedere con l’uccisione. Tuttavia, l’ultima
inquadratura dell’orologio dell’assassino mostra una frequenza
cardiaca di 65 bpm, il che dà al pubblico il primo indizio del
fatto che le cose potrebbero non andare secondo i piani.
La mancanza di dialoghi
The
Killer presenta raramente dialoghi e, per la maggior
parte, è guidato dalla narrazione del personaggio principale. Si
tratta di una componente principale del film, ma alla prima visione
potrebbe non essere evidente quanto poco parli il personaggio di
Michael Fassbender. Grazie a una forte colonna
sonora, a un ritmo eccellente e a un’emozionante struttura a
episodi, il fatto che questo film sia essenzialmente The Killer che si muove con calma e attenzione
da un luogo all’altro con pochissima interazione umana non risulta
noioso. Quando si immerge nel mondo di questo racconto, il pubblico
potrebbe essere perdonato per non aver notato la scarsità dei
dialoghi.
L’empatia dell’assassino aumenta
con l’avanzare del film
La prospettiva priva di
emozioni dell’assassino trova eco nel mantra che ripete a se
stesso: “Vietato provare empatia. L’empatia è debolezza. La
debolezza è vulnerabilità“. Questa filosofia nichilista
richiama alla mente pensatori come Friedrich
Nietzsche e l’occultista Aleister Crowley
anche se, con l’avanzare del film, notiamo che queste restrizioni
autoimposte dal killer iniziano a crollare. Quando l’assassino
ottiene l’identità di altri assassini dall’amministratrice
dell’ufficio, Dolores, questa gli chiede di procurarle una morte
rapida e non sospetta, in modo che la sua famiglia abbia diritto a
un’assicurazione sulla vita. La sua volontà di esaudire questo
ultimo desiderio spingendola giù da una rampa di scale indica che è
difficile per il killer rifuggire sempre questa regola contro
l’empatia.
Gli pseudonimi dell’assassino sono
personaggi classici delle sitcom
The Killer fa continui riferimenti al settore
del branding aziendale, ai film e ai videogiochi e presenta una
serie di Easter egg e dettagli nascosti che gli spettatori più
attenti potranno scoprire a una seconda visione. Una pratica
interessante di The Killer è il come decide
i suoi diversi alias visti nel corso del film: tra questi, vi sono
una serie di nomi in codice di serie televisive classiche, tra cui
La strana coppia, Happy Days e Cin cin.
Questi diversi pseudonimi possono essere visti sui documenti
d’identità falsi, sui passaporti e sulla documentazione
dell’assassino nel corso del film per imbarcarsi sui voli,
noleggiare auto e farsi strada nel mondo.
Tra gli pseudonimi utilizzati
dall’assassino ci sono: Felix Unger (La strana
coppia), Archibald Bunker (Tutto in famiglia),
Oscar Madison (La strana coppia), Howard
Cunningham (Happy Days), Reuben Kincaid
(La famiglia Partridge), Lou Grant (Mary Tyler
Moore Show / Lou Grant), Sam Malone (Cin cin),
George Jefferson (I Jefferson) e Robert
Hartley (Bob Newhart Show).
Michael Fassbender non ha mai
sbattuto le palpebre
Un dettaglio incredibile in
The Killer che dimostra l’incrollabile impegno
di Michael Fassbender per questo ruolo è il fatto
che non abbia mai sbattuto le palpebre davanti alla telecamera
durante l’intera produzione. Il direttore della fotografia
Erik Messerschmidt, vincitore di un Oscar, ha
confermato che l’attore non ha sbattuto le palpebre nemmeno una
volta durante le riprese. Fassbender è noto per il suo approccio
metodico alla recitazione e per dedicarsi anima e corpo a ogni
ruolo che accetta. In passato, ha dichiarato che ripassa le battute
centinaia di volte e che per lui è importante riuscire a entrare
nella mente del personaggio che sta interpretando.
La musica degli Smiths allude
all’umanità sepolta dell’assassino
Quando non ascolta la colonna sonora
di Trent Reznor e Atticus Rose,
il killer opta per una playlist composta quasi interamente dalle
canzoni degli Smiths. A primo impatto, potrebbe
sembrare una scelta strana come band preferita di un killer freddo
e menefreghista, ma in realtà ha perfettamente senso. I testi
cantati dal frontman degli Smiths, Morrissey, sono quelli di
un’anima tormentata che cerca di non provare empatia, ma che non
riesce a fare a meno di preoccuparsi. Canzoni come “How Soon Is
Now?” contengono versi come “I am human and I need to be
loved” (sono umano e ho bisogno di essere amato), che fanno
pensare che il killer stia cercando di riappacificarsi al suo senso
di compassione sepolto lungo la strada del suo cammino omicida
nella vita.
L’uccisione finale è
metaforica
The
Killer è diviso in sei capitoli, ognuno dei quali si
concentra su una particolare uccisione nel corso della sua
vendetta. Il primo è il suo sfortunato colpo mancanto, che risulta
nell’omicidio della dominatrice a Parigi. Il secondo è il tassista
nella Repubblica Dominicana. Il terzo vede l’assassino prendere di
mira un avvocato a New Orleans. Il quarto è una violenta rapina in
Florida. Nel quinto, fa fuori l’esperta assassina di Tilda Swinton a New York. Tuttavia, l’ultimo
capitolo non contiene alcuna uccisione fisica, poiché l’assassino
lascia vivere il Cliente che stava cercando. Si tratta invece di
un’uccisione spirituale, in cui il Killer si lascia alle spalle la
sua vita di assassino.
Il tic finale del killer allude
alla sua rinnovata umanità
Il finale di The Killer vede il nostro protagonista fare
ritorno in Repubblica Dominicana e riunirsi con la fidanzata
Magdala, pronto a godersi la pensione. L’arco
caratteriale di The Killer lo posiziona come una persona che
crede di poter controllare la propria vita, che sia attraverso il
modo in cui mangia, si sente o agisce. Vuole differenziarsi dalla
massa e rifiutare lo stile di vita ordinario. Tuttavia,
nell’inquadratura finale di The Killer gli spettatori possono vedere che
le cose potrebbero essere cambiate, come racconta lui stesso:
“Forse sei proprio come me. Uno dei tanti“. A questo segue
un sottile battito di ciglia che allude a un riavvicinamento alla
sua parte più umana e empatica.
Nel finale di Il
gladiatore, il Massimo Decimo Meridio di Russell Crowe
subisce ferite mortali nel tentativo di sconfiggere il Commodo di
Joaquin
Phoenix, morendo dunque nelle scene conclusive.
Nonostante quest’uscita di scena, il regista Ridley Scott ha
recentemente confermato che lui e Crowe avevano contattato il
musicista Nick Cave per scrivere un sequel in cui
Massimo avrebbe trovato il modo di tornare dall’aldilà per
continuare la sua ricerca di vendetta. Pur confermando la
veridicità di queste notizie, Scott ha poi deciso di scartare
quelle idee per concentrarsi su un racconto inedito per il sequel
Il gladiatore
2, attualmente in fase di riprese.
“Nick Cave ha scritto la
sceneggiatura, ma io avevo l’idea. Sapevo come riportarlo
attraverso un portale, nel mondo reale“, ha spiegato Scott al
podcast ReelBlend. “Non vi dirò qual è, perché qualcuno
potrebbe rubarmi l’idea… ma ho parlato con Nick ogni due giorni per
circa un mese mentre lo scriveva. E così ho detto: ‘Possiamo
riportarlo indietro in questo modo’. E quello che voglio fare è
iniziare il film lungo il fiume Stige, e vedere questo guerriero
che vaga con l’armatura, ed è Massimo, che cerca la sua prossima
meta. Questa è la prima scena“.
Scott ha poi continuato rivelando
un’altra idea avuta, secondo la quale Massimo “ha ucciso troppe
persone per andare in Paradiso, ma è un uomo troppo buono per
essere gettato all’Inferno. Così incontriamo Massimo in una sorta
campo profughi al confine con la Somalia. Quando lo incontriamo ci
rendiamo conto che è nel Limbo, è bloccato tra i mondi. L’idea che
avevamo, per riportarlo sulla Terra, era quella di palle di fuoco e
era forte e avremmo potuto farlo, ma queste cose richiedono che un
sacco di persone sulla stessa lunghezza d’onda. Ero molto, molto
impegnato e quindi non ho dedicato a questo progetto il tempo che
avrei dovuto“.
Cosa sappiamo de
Il gladiatore 2?
Come ormai noto, un sequel di
Il gladiatore(attualmente noto solo
come Il gladiatore 2) è a tutti gli
effetti in lavorazione, con Ridley Scott
che torna alla regia del film che vedrà protagonista Paul Mescal nei
panni di Lucius, ma anche il ritorno di Connie
Nielsen nei panni di Lucilla e Djimon
Hounsou in quelli di Juba. Vi sono però anche gli ingressi
del premio Oscar Denzel
Washington, la star di The MandalorianPedro Pascal e
l’attore di Stranger ThingsJoseph
Quinn. Fred Hechinger ricopre invece il
ruolo dell’imperatore Gela, ottenuto dopo che Barry Keoghan
ha dovuto rinunciarvi per via di altri impegni. Fanno poi parte del
cast anche la star di Moon
Knight, May Calamawy e Derek
Jacobi, che riprenderà il ruolo di Gracchus dal primo
film.
Al momento non sono noti dettagli
sulla trama, ma è possibile immaginare che tra Lucius, il figlio
dell’amante di Massimo, Lucilla, e Geta possa generarsi uno scontro
al pari di quello tra Massimo e Commodo visto nel primo film. Non
resta dunque che attendere che le riprese di Il gladiatore 2 abbiano
inizio, così da poter ricevere maggiori dettagli a riguardo come
anche le prime foto in costume dei protagonisti. Ricordiamo che
Russell Crowe non è
coinvolto in alcun modo nel progetto, specialmente alla luce
del fatto che il suo Massimo muore, appunto, al termine del primo
film. Ad ora, questo sequel è atteso in sala per il
2024.
Wonka, il film prequel di
Willy Wonka
e la fabbrica di cioccolato, è pronto per arrivare
nelle sale cinematografiche (in Italia a partire dal 14 dicembre) e
grazie ad una vincente campagna di marketing si prevedono grandi
risultati per questo titolo, diretto da Paul King
e con protagonista Timothée
Chalamet. In attesa di poterlo vedere sul grande
schermo, nelle ore successive alla prima mondiale avvenuta lunedì,
sono emerse online le prime reazioni, con i critici presenti alla
premiere che hanno espresso il loro parere sul film, elogiandone la
regia e l’interpretazione di Chalamet.
“#wonka è un istantaneo classico
delle vacanze e un momento davvero magico al cinema. Lo stile
stravagante di Paul King funziona bene qui come in Paddington, ogni
numero musicale incanta e l’intero ensemble si alterna per rubare
la scena, guidato da un timothée chalamet dal fascino infinito”,
scrive Zoë Rose
Bryant. Perri Nemiroff
di Collider afferma invece che “Wonka è davvero
una delizia, specialmente grazie alla perfetta performance di
Timothée. Ci sono alcuni parti della trama che sono un po’ deboli,
ma ciò non impedisce al film di essere incredibilmente dolce e di
scaldare il cuore“.
Courtney Howard, di
Variety, descrive invece il film come “un
“cioccolatino” vincente, ricco di di fascino, fantasia e intensità
e alimentato da numeri musicali davvero flessuosi e brillanti.
Timothée Chalamet è carismatico come non mai mentre Hugh Grant è
eccezionale nella sua recitazione scanzonata”. Jake
Hamilton riporta invece che “se devo essere sincera,
non mi aspettavo molto quando sono entrata a #Wonka. Ma mi sono
innamorata di un musical affascinante, sentito e piuttosto
spettacolare, che è un tributo affettuoso a tutto ciò che amiamo
dell’originale del ’71. Chalamet è incredibilmente divertente e
carismatico nel ruolo di Wonka“.
Voci leggermente fuori dal coro sono
invece quella di Germain Lussier del portale
Gizmodo: “Wonka è divertente. La storia
però è un po’ confusa ma è pieno di gioia e le canzoni sono tutte
magnifiche. Ma se c’è un motivo per vedere il film quello è
Chalamet: È affascinante e bellissimo da guardare“; e quella
di Simon Thompson, che afferma che
“Sebbene #Wonka di Paul King non raggiunga le vette
affascinanti e ammalianti dei film di Paddington, è comunque un
film deliziosamente dolce. Il dandy del titolo, interpretato da
Timothée Chalamet, è accattivante e divertente, mentre
l’Umpa-Loompa di Hugh Grant ruba ogni scena in cui si
trova”.
Wonka, tutto quello che sappiamo sul film
Wonka
è diretto dal regista di “Paddington” Paul
King e vede come co-protagonisti Keegan-Michael
Key, Rowan Atkinson, Sally Hawkins e
Olivia Colman. Timothée
Chalametha dichiarato alla stampa al CinemaCon di
aprile che la sua versione del personaggio non sarebbe stata
“cinica” come le precedenti iterazioni interpretate da Gene Wilder
o Johnny
Depp. “Questo è un Willy pieno di gioia,
speranza e desiderio di diventare il più grande
cioccolatiere“, ha detto Chalamet, che ha anche rivelato di
aver nuotato nel vero cioccolato fuso durante le riprese delle
scene del film.
Wonka
è basato sui personaggi di Roald Dahl, ispirato in particolare da
uno dei personaggi più amati di Dahl e si svolge prima degli eventi
di Charlie e la fabbrica di cioccolato,
si legge nella sinossi. Nel cast anche Matthew Baynton, Jim
Carter, Tom Davis, Simon Farnaby, Rich Fulcher, Kobna
Holdbrook-Smith, Paterson Joseph, Calah Lane, Matt Lucas, Colin O’
Brien, Natasha Rothwell, Rakhee Thakrar e Ellie White.
Willy Wonka è stato
creato dal famoso autore Roald Dahl. Il
personaggio ha debuttato nel romanzo del 1964, Charlie e la
fabbrica di cioccolato. Il libro è stato adattato due volte
per lo schermo, nel 1971 e nel 2005, quando Tim Burton ha scelto Johnny Depp per il ruolo in
questione. Paul King, il regista dietro la
serie di Paddington, firma la regia di
Wonka, che
uscirà al cinema il 14 dicembre 2023.
Un risultato davvero incredibile per
un film tutto italiano, che non gode certo di una fan-base negli
States, e che è non solo l’opera prima del regista Chemello, ma
anche “il
primo tassello“ del Bonelli Universe,
prima produzione per il cinema di
Bonelli Entertainment che proprio con Dampyr
ha esordito sul grande schermo.
Abbiamo raggiunto telefonicamente i
protagonisti di questo grande e insperato successo, gli autori del
film che dal 2018 al 2022 hanno lavorato,
affrontando difficoltà, pregiudizio e, per non farsi mancare nulla,
anche una pandemia, affinché il film arrivasse al cinema e che ora,
a un anno dall’uscita nelle sale italiane del film, si godono un
successo che non era arrivato a suo tempo. E magari vedono farsi
più concreta un’idea, un’ipotesi caldeggiata dai fan della prima
ora: Dampyr 2 si farà?
Andrea Sgaravatti, di Brandon Box, co-produttore del film, ha
dichiarato entusiasta: “Facciamo ancora fatica a riprenderci,
dopo quest’anno passato in attesa. L’uscita theatrical è arrivata
in un momento in cui si faceva fatica a prevedere il box office, ma
abbiamo deciso che era giusto che il film uscisse, visto che era
pronto da tanto tempo. Vedere ora come sta reagendo il pubblico
statunitense è uno shock, positivo certo, ma che comunque ci lascia
senza parole.”
Commentando invece la concorrenza in
piattaforma, Sgaravatti
sottolinea: “Tutti i film che Dampyr ha superato hanno
avuto una campagna marketing pazzesca, ad esempio Fincher è stato
lanciato a Venezia 80, per non parlare della campagna promozionale
di Spider-Verse. Netflix USA ha promosso anche l’uscita di Dampyr,
ma si tratta di potenze di fuoco che non si possono paragonare. È
un fenomeno che ci lascia in estasi e basiti.”
La stessa incredulità la esprime
Michele Masiero, Direttore Editoriale di Sergio
Bonelli Editore: “È un esito inaspettato. Chiaramente il fatto
che SONY, già l’anno scorso, avesse acquistato il film per
distribuirlo worldwide per noi era stato un riconoscimento della
bontà del nostro lavoro. Quello che sta succedendo adesso è stato
un evento favoloso e sorprendente. Non ci aspettavamo di entrare in
Top 10, né di salire in terza posizione, in compagnia di film che
sono dei giganti da un punto di vista produttivo. Siamo lì in bella
compagnia.”
Parlando del futuro e del programma
del Bonelli Universe, Masiero prosegue: “Il
film è stato lanciato sulla piattaforma nel fine settimana del
Ringraziamento, e vederlo arrivare in Top10 solo attraverso il
passaparola è stata per noi una gioia infinita. Cosa significa
questo per i piani di Bonelli Entertainment, resta da vedere. Noi
abbiamo continuato e continuiamo a lavorare ai progetti che
abbiamo. Avremmo voluto che alcuni di essi vedessero la luce prima,
ma sono progetti in movimento, ci lavoriamo costantemente e
arriveranno presto. Tra questi c’è ovviamente la famosa serie di
Dylan Dog (a cui
Bonelli sta lavorando con la Atomic Monster James Wan, ndr), le
serie animate che stiamo già realizzando(Dragonero
stagione due e Martin Mystère, ndr) e altri progetti a cui
stiamo lavorando sotto traccia. Sul fronte Dampyr, questo risultato
ci rincuora, perché quel film era un progetto nato con ambizioni di
proseguire il lavoro, e questo successo Oltreoceano è
sicuramente una spinta che ci conferma che la strada che avevamo
intrapreso è quella giusta.”
“Questo risultato è anche una
soddisfazione per il cinema italiano – continua
Michele Masiero – e allo stesso tempo un
piccolo dispiacere, perché sembra che il riconoscimento per un
lavoro ben svolto debba arrivare sempre dall’estero. Dampyr ha un
elemento di vantaggio rispetto all’estero per il fatto che è girato
in inglese e ha attori anglofoni. Ma il regista è italiano, è alla
sua opera prima, le maestranze sono italiane, la produzione è
italiana, e italiana è la tradizione del grande cinema di genere a
cui il film si riferisce. È stato il primo tassello del Bonelli
Universe e ora ci godiamo questo successo un anno dopo la sua
uscita ufficiale. Mi piace pensare che l’intera industria
cinematografica italiana può sentirsi soddisfatta.”
Per commentare questa
seconda primavera che Dampyr
sta vivendo negli Stati Uniti, e in parte anche nel nostro Paese,
grazie alla sua uscita su Sky e NOW e in Home Video, abbiamo
parlato anche col regista Riccardo Chemello e gli
sceneggiatoriGiovanni Masi, Alberto Ostini
eMauro
Uzzeo.
Giovanni Masi:
“La lavorazione di questo film è stata un’esperienza
professionale importante e di crescita. Avere in mano un
personaggio che si è sviluppato per 30 anni, con storie di
altissimo livello e una continuity così amata dagli appassionati e
così curata da Mauro Boselli, non è stato per niente semplice.
Dovevamo sì prendere i primi due albi, ma dovevamo già cominciare a
pensare a quali elementi inserire dalla serie a fumetti per
valorizzare il più possibile la storia che stavamo raccontando. In
più, traducendo il materiale di partenza dal linguaggio fumetto a
quello cinematografico. Un’enorme mole di lavoro e di una tale
portata che mi sento fortunato ad aver potuto lavorare con Mauro
Boselli, Alberto Ostini e Mauro Uzzeo. Ognuno di loro ha portato la
propria esperienza e la propria voce unica al servizio di un
affresco narrativo incredibile. E, personalmente, le riunioni con
loro sono state anche una bellissima esperienza al di là del
lavoro. Un divertimento e un’emozione.”
Alberto
Ostini: “Una battuta famosa di Gracie Allen, attrice
degli anni Trenta, fa così: “Quando sono nata ero così sorpresa che
non ho parlato per un anno e mezzo.” Più o meno è stato così anche
per me con Dampyr. Sia quando mi hanno chiesto di partecipare al
progetto, quando ho visto i personaggi sulla carta diventare corpi
reali, sia quando ho visto il film la prima volta al cinema. E
naturalmente oggi con il successo negli Stati Uniti. Ora che ci
penso, può darsi che gli altri abbiano pensato “perché abbiamo
preso un muto nella squadra?” Ma in realtà i miei erano silenzi
dettati dalla meraviglia di quello che stavo vivendo È stato tutto
un riprovare lo stupore, quello bello, quello dei bambini che
rimangono senza parole. Che per uno sceneggiatore è un divertente
paradosso…”
Mauro Uzzeo: “In veste di sceneggiatori
del film abbiamo avuto la possibilità di partecipare all’esperienza
sul set. Sono stati giorni freddissimi, riscaldati dalla
professionalità di tutta la crew e dal lavoro straordinario fatto
da attori e maestranze, ma soprattutto dal grande calore umano che
si è generato all’interno della produzione. Ricordo ancora la
commozione sul volto di tutti nel momento dell’ultimo ciak che è
coinciso con la rivelazione di una serie di sorprese che erano
state silenziosamente preparate nel tempo e mostrate solo in quel
momento. Tra tutte, quella che più mi è rimasta nel cuore è quella
che ci ha fatto Stuart Martin, che ha raccolto ogni singolo
proiettile sparato durante le riprese interpretando il ruolo del
“soldatino” Kurjak e ne ha fatto tanti piccoli portachiavi
brandizzati “Dampyr” che ha personalmente regalato a tutta la crew.
Quello stesso calore lo sto rivivendo proprio in questi giorni,
perché l’incredibile successo internazionale che sta avendo il
film, raggiungendo il podio dei film più visti di Netflix USA, sta
spingendo gli attori a pubblicare sui loro social le immagini
girate nel backstage in quei giorni. Ed è ogni volta come tornare
lì, senza la nostalgia di chi si volta indietro, ma con lo sguardo
proiettato in avanti verso tutto quello che ancora possiamo fare
insieme.”
Chemello, che sul set di Dampyr
non aveva ancora 30 anni, aggiunge: “Questo successo
rappresenta la chiusura di un cerchio, secondo me, perché
all’uscita Dampyr non aveva avuto il successo che meritava. Credo
sia importante ricordare che il film è stato il frutto di un
rischio, una vera e propria impresa, un investimento economico di
produttori privati, che di tasca loro hanno scommesso su un regista
di 29 anni all’opera prima, credo che questa impresa sia una bella
storia che forse non è mai stata raccontata. Ora, grazie a questo
successo, c’è la possibilità di farla conoscere. Questo film
rappresenta anche la volontà da parte dei produttori di dare spazio
e voce a me, nonostante la mia età e la mia inesperienza.”
“Vedere un film che non è
Netflix Originals che entra in classifica è davvero incredibile:
Dampyr non ha la fanbase di Spider-Man, io non sono Fincher, il
film non era spinto e promosso dalla piattaforma, eppure è saldo
lì, in terza posizione, per ora.” aggiunge Chemello.
Parlando del cinema italiano di
oggi, Riccardo Chemello spiega: “Stiamo
assistendo a un’altra grande impresa, oggi nel nostro cinema, con
un’altra opera prima sta avendo un successo di sala insperato, il
film è di Paola Cortellesi (C’è ancora domani), un attore
importante nella storia del cinema italiano contemporaneo. Noi non
avevamo quella componente di fama, il nostro mercato non poteva
essere quello che oggi è il suo – prosegue – Personalmente
ero molto interessato a vedere come il film sarebbe stato accolto
in Nord America, era quello il nostro banco di prova, secondo me.
Netflix USA non è soltanto la piattaforma di una nazione, è anche
un indice del mercato di riferimento, perché ancora oggi il mercato
internazionale è definito e influenzato da quello
statunitense.”
Quando gli chiediamo della
possibilità di un Dampyr 2, ora che il primo film
sta avendo questo riscontro internazionale (è pronto a esordire sui
mercati di tutto il mondo e all’inizio del 2024 arriverà in
Giappone, ndr), Chemello ci dice: “Dal mio punto di vista, una
delle cose più importanti, è portare avanti il progetto Bonelli.
Questo film era un pioniere, non poteva piacere certo a tutti, ma
ha un grande valore e un grande compito all’interno dell’azienda
Bonelli, di Eagle Pictues e di Brandon Box. A questo punto, credo
che sarebbe un peccato non sfruttare l’esperienza fatta con questo
set, con questa produzione. Vorrei continuare a portare avanti
questo know-how, voglio fare Dampyr 2, anche per
mettere in pratica quello che ci siamo detti e che abbiamo imparato
in questi anni. Ma che ci sia io o altri alla regia, l’importante è
che questa conoscenza venga messa in pratica e che il progetto
Bonelli continui.”
Dampyr
è disponibile in Italia su Sky e NOW e in Home Video.
Lo spin-off di The
Boys ambientato all’università, Gen V,
ha da poco concluso la sua prima stagione, e in attesa della sua
seconda stagione (e della quarta della serie
madre) si apprende ora la notizia che un altro spin-off si
trova nelle sue prime fasi di sviluppo presso Prime Video. Secondo Deadline, infatti,
The
Boys: Mexico sarebbe ufficialmente in lavorazione
con lo sceneggiatore di Blue
BeetleGareth Dunnet-Alcocer. Diego Luna
(Andor) e Gael García
Bernal (Werewolf By Night) si
occuperanno della produzione esecutiva, ma si dice che stiano
valutando la possibilità di assumere dei ruoli di supporto nella
serie.
I dettagli sulla storia sono stati
tenuti nascosti, mentre sembra essere in corso la ricerca di un
co-showrunner che affianchi il creatore, lo scrittore e il
produttore esecutivo Dunnet-Alcocer. Lo spin-off,
naturalmente, sarà girato in Messico e il casting dovrebbe iniziare
a breve. Il team dietro la serie originale, la Point Grey
Pictures di Eric Kripke, Seth
Rogen ed Evan Goldberg, la
Original Film di Neil H. Moritz,
la Sony Pictures Television e gli Amazon
MGM Studios, supervisioneranno The Boys:
Mexico. Idealmente, ci si può aspettare che questa
serie racconterà di un gruppo di supereroi messicani, i quali
potrebbero poi svelare inaspettati legami con quelli protagonisti
della serie princiaple.
The Boys: quello che sappiamo sulla quarta
stagione
I dettagli della trama della quarta
stagione di The
Boys sono un mistero per ora, ma sappiamo che
l’ex attore di The Walking Dead, Jeffrey
Dean Morgan si unirà alla mischia in un ruolo
sconosciuto. Abbiamo anche appreso che Cameron
Crovetti (Ryan) è stato nominato regular della serie, il
che non sorprende dopo il sinistro scatto finale della terza
stagione. Durante un’intervista con Collider, Kripke ha infatti
confermato che Ryan sarà il punto focale della quarta stagione.
“Andando avanti, Ryan è una parte davvero importante. Sia
Butcher che Homelander hanno ottime ragioni per litigare per Ryan
perché la posta in gioco non potrebbe essere più
alta”.
“Se Ryan segue la strada di
Homelander e poi ci sono due Homelander nel mondo, allora è tutto
un incubo per il pianeta. Se Butcher riesce a portare Ryan alla
luce, allora questa è probabilmente l’arma migliore che hanno
contro Homelander. È sempre stato uno show sulla famiglia, e gran
parte della terza stagione riguardava i padri, quindi la stagione 4
parlerà di figli”. Inoltre, un peso sugli eventi della quarta
stagione lo avrà anche quanto accaduto nel finale di Gen V.
“Per Butcher, quando stavano preparando il finale, eravamo già
abbastanza avanti nella realizzazione della Stagione 4“, ha
detto Kripke a riguardo.
“Sapevamo che volevamo che quel
virus fosse una parte piuttosto importante della Stagione 4, e
sapevamo che volevamo che Butcher ne fosse consapevole. Sarebbe
assurdo se non ne fosse a conoscenza. È diventato un po’
complicato, perché come facciamo a mostrare che ne è a conoscenza
senza che sia solo un dialogo? Così è nata l’idea che probabilmente
non doveva nemmeno accadere in The Boys, ma in Gen V“. Sebbene
non sia ancora stata fissata una data precisa per l’uscita della
serie, è comunque stato recentemente confermato che The
Boys4 arriverà su Prime Video nel 2024.
Dopo aver interpretato Drax nei tre
film di successo di Guardiani della
Galassia per i Marvel Studios, Dave
Bautistapotrebbe ora trasferirsi nel
DCU, seguendo dunque il suo regista e
amico James Gunn. Da
tempo circolano voci secondo cui, data l’amicizia tra i due,
Bautista possa entrare a far parte del franchise con un ruolo tutto
per lui (il più gettonato dai fan è quello di Bane). Tali voci
vengono ora alimentate da una foto che l’attore ha caricato sul
proprio profilo Instagram, dove rivela di trovarsi agli studi della
Warner Bros., più precisamente seduto sul parcheggio auto di
Gunn.
Gunn ha poi anche risposto alla foto
quasi immediatamente dopo che Bautista l’ha postata, portando molti
fan della DC a credere che i due stessero avendo un incontro per
parlare di un possibile ruolo dell’attore nel DCU. In precedenza, Bautista ha dichiarato di
ritenere che il suo tempo come Drax sia finito nel MCU, in quanto sentiva che stava
diventando troppo vecchio e che non vedeva l’ora di affrontare
nuove sfide. La conclusione data al suo personaggio da Guardiani della Galassia Vol.
3 sembra confermare questa cosa.
Durante un’apparizione al Tonight Show, Dave Bautista aveva infatti
dichiarato che “con Drax, sono riuscito a concludere nel modo
perfetto. E non mi inserirei mai in un altro lavoro come Drax solo
per avere uno stipendio. Rovinerei quel finale perfetto, e non lo
farò“. In quell’occasione Bautista aveva parlato anche delle
voci che lo vorrebbero come Bane, affermando di essere interessato al
personaggio, ma di sentirsi troppo vecchio per
esso. Non resta dunque che attendere per scoprire se davvero
lui e Gunn stanno avendo dei colloqui e a cosa potrebbero
eventualmente portare. Di certo, i due si stanno divertendo ad
alimentare le teorie sull’ingresso di Baustista nel DCU.
Reduce dal successo di Avatar: La via
dell’acqua, James Cameron è
ora al lavoro su Avatar 3, per il quale ha
dichiarato che passerà più tempo sulla sua post produzione di
quanto la maggior parte dei registi ne dedichi normalmente a un
intero film, ovvero dal suo sviluppo all’uscita in sala. Parlando
con l’emittente pubblica TV New Zealand, il premio Oscar ha infatti detto del
sequel che “siamo in due anni di post-produzione molto
frenetici, quindi sì, sarà per il Natale del ’25“. Alla fine
del 2022, Cameron aveva dichiarato a Entertainment Weekly di aver
già girato molte scene di Avatar 3 e Avatar 4 in contemporanea
con il primo sequel, che ha incassato oltre 2 miliardi di
dollari.
Lo ha fatto per evitare che i membri
più giovani del cast invecchiassero, citando Stranger Things come
esempio del problema del tempo che avanza. La cosa si è poi
rivelata anche una scelta prudente, visto lo sciopero della SAG-AFTRA di
quest’anno, che avrebbe altrimenti rischiato di ritardare
ulteriormente l’uscita dei prossimi film. Con le riprese di
Avatar 3 completate nel dicembre
del 2020 e il secondo capitolo ormai consegnato ai fan, al regista
non resta dunque che contrarsi a pieno sulla post produzione del
nuovo film, con l’intento di regalare senza dubbio alcuno una nuova
esperienza cinematografica senza precedenti.
Avatar 3, quello che
sappiamo sul prossimo film della saga
Con l’uscita in sala di Avatar – La via
dell’acqua, lo scorso dicembre, la saga cinematografica
ideata da James Cameron e
ambientata sul pianeta Pandora ha ripreso il via, con anche altri
tre capitoli annunciati e in arrivo nei prossimi anni. Il primo di
questi sarà Avatar
3, ancora senza titolo ufficiale, che come noto
introdurrà importanti novità, a partire dal primo popolo Na’Vi
caratterizzato come “cattivo”, ovvero il Popolo della
Cenere. Sappiamo ancora pochissimo di questo e dei
personaggi che lo comporranno, ma sembra che non si tratterà
dell’unica nuova cultura che il film introdurrà nella saga.
Oltre al Popolo della Cenere ci sarà
infatti almeno anche un altro popolo introdotto in Avatar 3, anche se al momento quest’ultimo
rimane del tutto sconosciuto. Come sappiamo, il terzo film della
saga è già stato in buona parte girato, dunque potrebbe essere solo
questione di tempo prima di scoprire qualche dettaglio in più a
riguardo e soprattutto sapere se i popoli saranno effettivamente
solo due o anche di più e se staranno dalla parte dei buoni o dei
cattivi. Protagonisti saranno però naturalmente gli attori Sam Worthington, Zoe
Saldana,
Kate Winslet,
Sigourney Weaver, Edie Falco, Stephen Lang, Joel David Moore,
Jemaine Clement, Matt Gerald e CCH
Pounder.
Il remake di Nosferatu di
Robert Eggers, da lungo tempo in lavorazione,
arriverà al cinema il prossimo Natale. Focus Features ha
programmato l’uscita del film per il 25 dicembre 2024. Nel momento
in cui scriviamo, Nosferatu arriverà sul grande schermo pochi
giorni dopo il prequel de Il Re Leone della
Disney, Mufasab, e di Sonic the Hedgehog
3 della Paramount, entrambi in uscita il 20 dicembre.
Eggers ha dichiarato a Empire: “Sì, è un film
spaventoso. È un film horror. È un film horror gotico, e penso che
da tempo non ci sia un film gotico vecchia scuola che sia davvero
spaventoso. E penso che la maggior parte del pubblico troverà che
questo sia il caso.”
“Dirò che Bill [Skarsgård] si è
completamente trasformato, temo che potrebbe non ottenere il
credito che merita perché è semplicemente… non è lì”, ha
aggiunto Eggers riguardo alla performance di
Skarsgård. “Penso che la cosa principale sia che è un
vampiro popolare. Secondo me assomiglia a un nobile morto della
Transilvania, e in un modo che non abbiamo mai visto come sarebbe e
come sarebbe vestito un vero nobile morto della
Transilvania.”
Eggers ha anche specificato che il
ruolo più importante del film sarà quello assegnato alla Ellen di
Lily Rose-Depp: “È ancora più fedele alla
storia di Ellen rispetto alle versioni precedenti. E Lily-Rose è
assolutamente fenomenale”, ha detto.
Oltre al suddetto trio, Nosferatu
avrà un cast corale composto da Aaron
Taylor-Johnson, Emma Corrin, Willem Dafoe e Ralph
Inseon, che interpreteranno tutti personaggi reinventati
del film del 1922. Eggers ha diretto Nosferatu da
una sua sceneggiatura. Il film della Focus Features proviene da
Regency Enterprises, Studio 8 e Maiden Voyage Pictures ed è
prodotto da Eggers, Jeff Robinov e John Graham per Studio 8 e Chris
Columbus ed Eleanor Columbus per Maiden Voyage. L’uscita di
Nosferatu
è prevista per il 2024.
Prima di recitare nell’acclamato
Dolor y Gloria, il film
di Pedro Almodovar che gli ha fatto guadagnare la
sua prima nomination all’Oscar, Antonio
Banderas ha preso parte, tra i tanti, al film
Security, action thriller diretto da
AlainDesRochers e scritto dagli
sceneggiatori Tony Mosher e John
Sullivan. All’interno di questo, uscito nel 2017, l’attore
spagnolo interpreta un’inarrestabile guardia del corpo pronto a
tutto pur di difendere un’innocente bambina. Nello stesso anno in
cui recita in Vendetta finale,
Banderas dimostra ulteriormente la sua predisposizione a tale
genere, risultando minaccioso e agguerrito quanto occorre alla
storia. Un ruolo non inedito, ma che gli permette di mettersi alla
prova anche con prove più fisiche.
Girato in Bulgaria con un budget di
15 milioni di dollari, il film presenta tutte le principali
caratteristiche che il genere richiede, con sequenze action di
grande impatto ma anche tanta emotività. Al pari di titoli simili
come Man on Fire o The Equalizer, anche
qui si costruisce infatti una relazione tra un duro e una giovane
da proteggere, insegnandosi molto a vicenda. Nonostante il cast di
celebri attori presenti, però, Security è passato
grossomodo inosservato, arrivando direttamente in streaming per
molti paesi. Ciò ha dunque impedito al film di conoscere una
maggior popolarità.
Per quanti sono curiosi di vedere
Banderas in un ruolo diverso da suoi soliti, questo è però il
titolo giusto. Allo stesso tempo, per gli amanti di questo genere
si tratta di un buon prodotto in grado di regalare intrattenimento
a volontà nella sua durata di appena un’ora e mezzo. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Security: la trama del film
Protagonista del film è
Eduardo “Eddie” Deacon, veterano delle forze
speciali estremamente preparato ad ogni tipo di combattimento, sia
con armi che a mani nude. Nonostante la sua gloriosa attività, da
quando egli ha lasciato la Delta Company dei Marine non è più
riuscito a trovare un’occupazione decente. Questo ha ovviamente
avuto pesanti ripercussioni sulla sua vita, a partire da quella
famigliare. La sua frustrazione si ripercuote infatti sui rapporti
con la moglie e la figlia. Alla disperata ricerca di un nuovo
impiego che gli permetta di ottenere un sostentamento minimo, Eddie
finisce con l’accettare l’incarico di addetto alla sicurezza in
centro commerciale.
Questo si trova però in una zona
particolarmente malfamata della città, dove rapine e scontri con
armi da fuoco sono pressocché all’ordine del giorno. Già alla sua
prima notte di servizio, infatti, egli si ritrova coinvolto in un
brutto affare. Una giova bambina di nome Jamie
bussa infatti alle porte del centro, alla ricerca di un rifugio
sicuro. Eddie apprenderà di come sia riuscita a scappare da un
gruppo di assassini, i quali la vogliono morta in quanto testimone
di un delicato processo. Prima che Eddie possa rendersene conto, il
boss criminale Charlie e i suoi uomini
circonderanno il centro commerciale, dando vita ad un assalto da
cui sarà difficile uscire vivi.
Security: il cast del film
Come anticipato, nel ruolo del
protagonista Eddie Deacon vi è l’attore Antonio
Banderas. Entusiasta dalla possibilità di interpretare
un ruolo tanto basato sulla fisicità, egli accettò da subito
l’offerta, iniziando a prepararsi con grande dedizione. In
particolare, Banderas si sottopose ad un rigido addestramento che
gli ha permesso di interpretare quante più scene possibile, senza
ricorrere troppo a controfigure. Allo stesso tempo, si è esercitato
nell’utilizzo di varie armi, così da avere una maggiore padronanza
di queste al momento delle riprese. Accanto a lui, nei panni della
giovani Jamie, vi è l’attrice Katherine de la
Rocha. Per lei si è trattato dell’esordio cinematografico
in un ruolo di rilievo, ed è stata scelta tra numerosissime
candidate.
Nei panni dello spietato criminale
Charlie, invece, si ritrova l’attore premio Oscar Ben Kingsley.
Noto per i suoi ruoli di vario genere, questi ha negli ultimi anni
interpretato diversi villain, cercando però di distinguere ognuno
di questi tra loro. Per questo nuovo personaggio, infatti, ha
ricercato la freddezza necessaria per ordinare di far uccidere una
bambina. Nel film si ritrova poi l’attore Liam
McIntyre, celebre per essere stato il protagonista della
serie Spartacus, nei panni di Vance. Cung
Le, ex lottatore di arti marziali miste, interpreta Dead
Eyes, mentre l’attore taiwanese Jiro Wang è Johnny
Wei, qui nel suo primo film statunitense. Infine, Chad
Lindberg recita nel ruolo di Mason.
Security: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
Security è attualmente
presente su Netflix, una delle piattaforme streaming più
famose disponibili sul Web. Per poterlo vedere, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale, cosa che permetterà
l’accesso anche a tutti gli altri titoli presenti nel catalogo. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 28novembre alle
ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.
Potrà dunque essere visto in quest’occasione da quanti ne sono
incuriositi.
La sempre più lunga e apprezzabile
carriera cinematografica dell’ex wrestler Dave Bautista presenta
anche alcuni titoli da protagonista assoluto. Uno di questi è
l’action thriller Bushwick, diretto nel
2017 da Jonathan Milott e Cary
Murnion. Al centro di questo vi è un ex militare e una
giovane studentessa, insolita coppia che si trova a dover unire le
proprie forze nel momento in cui la loro città viene invasa da una
misteriosa forza militare. Ricco di scene d’azioni dal grande
impatto, colpi di scena e risvolti imprevisti, il film si rivela
essere un accattivante esempio del suo genere di riferimento,
capace di soddisfare gli amanti di questo.
Come suggerisce il titolo, il film è
ambientato nel Bushwick, un quartiere operaio situato nella parte
settentrionale di Brooklyn, a New York. Ricco di culture e
tradizioni diverse, questi è uno dei luoghi più caratteristici
della città, prestandosi particolarmente bene ad essere
ambientazione cinematografica. Proprio l’utilizzo di tale quartiere
ha permesso al film di acquisire un certo sottotesto sociopolitico,
avente per protagonisti personaggi ai margini. Distribuito
prevalentemente per il mercato home video, Bushwick non ha
goduto di grande popolarità, meritando però di essere
riscoperto.
Di buon intrattenimento, e con idee
narrative non scontate, si tratta infatti di un film capace di
regalare buon intrattenimento e adrenalina a quanti vi dedicano
attenzione. Prima di intraprendere una visione di tale titolo,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Bushwick: la trama del
film
La vicenda del film si apre in un
contesto dove lo stato del Texas richiede a gran voce
l’indipendenza dagli Stati Uniti, dichiarando una vera e propria
guerra. In quello che sembrava esser un giorno come un altro, la
città di New York viene dunque invasa da un gran numero di militari
vestiti di nero, i quali si dimostrano pronti ad uccidere a sangue
freddo chiunque si ponga sul loro cammino. Tra questi vi
sono Lucy e Jose, giovane
coppia di fidanzati. Nel momento in cui lui rimane vittima
dell’attacco, la ragazza in preda al panico corre a rifugiarsi in
un seminterrato.
Qui farà la conoscenza di
Stupe, un muscoloso e ostile ex marine. Questi si
ritrova suo malgrado ad accettare di aiutare la ragazza,
scortandola attraverso il quartiere Bushwick fino ad una zona
considerata sicura. Per arrivarci, però, dovranno attraversare un
vero e proprio campo di battaglia, con pericoli ad ogni angolo.
Sono 5 gli isolati che li separano dalla salvezza, resi ancor più
ostili dalla presenza dei militari e di criminali di ogni tipo. Per
Stupe, questa sarà decisamente l’occasione per rispolverare il suo
mai realmente sopito spirito di guerra.
Bushwick: il cast del
film
Per un film ricco di cotanta azione,
era necessario che nei ruoli principali vi fossero attori non nuovi
a questa. Per il personaggio di Stupe è stato così scelto l’attore
Dave Bautista.
Questi si era già distinto negli anni precedenti per il suo saper
padroneggiare il genere, fornendo anche convincenti prove
attoriali. Per la parte, Bautista si è sottoposto ad un lungo
allenamento, con il quale ha ulteriormente rafforzato la propria
forma fisica. Così facendo, ha avuto modo di prendere personalmente
parte a molte delle più spericolate acrobazie richieste dal
copione.
Ad interpretare la giovane Lucy vi è
invece l’attrice Brittany Snow,
celebre per aver dato vita al personaggio di Chloe Beale nella
trilogia Pitch Perfect. Per
Lucy, tuttavia, era originariamente stata scelta l’attrice
Jane Levy, vista in La casa e Man in the dark. A
causa di altri impegni, questa dovette però farsi sostituire dalla
Snow. Il personaggio di Jose, fidanzato di Lucy, è invece
interpretato da Arturo Castro, attore noto per
aver dato vita a David Rodriguez nella serie Narcos. Sono inoltre
presenti gli attori Jeff Lima nei panni di
Gregory, e Christian Navarro in quelli di Eduardo.
Quest’ultimo è in particolare ricordato per aver interpretato Tony
Padilla nella serie NetflixTredici.
Bushwick: il trailer e dove vedere
il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Bushwick grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google
Play, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 28 novembre alle ore
21:20 sul canale Cielo.
Autore di alcuni tra i maggiori cult
degli anni Ottanta e Novanta come 9 settimane e ½, Attrazione
fatale e Lolita, il regista
Adrian Lyne è recentemente tornato nel mondo del
cinema con Acque profonde, un
thriller erotico con protagonisti Ben Affleck e
Ana de Armas.
Prima di questo titolo, l’ultimo lungometraggio di Lyne risale a
ben vent’anni fa, ed è Unfaithful – L’amore
infedele. Anche questo è oggi ricordato come un altro
suo grande classico, che porta avanti tematiche come la sessualità
e la morbosità che ne può derivare, presenti lungo tutta la
filmografia del regista.
Unfaithful, uscito nel
2002, è il remake del celebre film francese Stéphane, una
moglie infedele, regia di Claude Chabrol. A
partire dalla storia di una coppia felice ma che va incontro
all’infedeltà di uno dei due coniugi, il regista ha così avuto modo
di ritornare sull’analisi dei rapporti matrimoniali e sessuali, nei
quali, secondo la sua poetica, traspare la vera natura dell’essere
umano. Anche per via delle prolungate ed esplicite scene di sesso,
di cui si parlava già prima dell’uscita del film,
Unfaithful ha destato l’interesse di molti arrivando ad un
incasso di circa 120 milioni di dollari in tutto il mondo.
Arricchito da ottime interpretazioni
di grandi attori e da una regia attenta a sottolineare il
trasformarsi del rapporto tra i protagonisti, il film è ancora oggi
particolarmente apprezzato e indicato come uno dei migliori
thriller erotici di sempre. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e al suo finale. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Unfaithful – L’amore
infedele: la trama del film
Il film ha per protagonisti i
coniugi Edward e Connie Sumner, i
quali hanno tutto ciò che serve per potersi definire felici: una
buona posizione economica, un amorevole figlio di nome
Charlie, un’accogliente casa a New York e,
soprattutto, l’amore e il rispetto reciproco. I due sembrano
infatti ancora sinceramente innamorati dopo 11 anni di matrimonio,
ma l’inaspettato è sempre dietro l’angolo. Un giorno, infatti, a
causa di una raffica di vento Connie si scontra con un affascinante
sconosciuto, cadendo e ferendosi. L’uomo, di nome Paul
Martel, la invita nel suo appartamento per offrirle una
medicazione. Da quell’incontro apparentemente banale, nascerà però
un’attrazione difficile da reprimere.
Ben preesto, Paul entrerà sempre di
più nella vita di Connie, la quale cederà inaspettatamente ad una
passione travolgente, da consumare in modo clandestino. Con il
passare del tempo, però, Edward inizierà a notare strani
comportamenti nella moglie e deciderà di indagare. Ciò che
scoprirà, sarà naturalmente una sorpresa per lui, che credeva nella
felicità del suo matrimonio. Più la passione diventa ossessione,
più i tre si ritroveranno loro malgrado coinvolti in un intreccio
da cui non sembra esserci via di fuga. In una situazione simile,
solo un gesto estremo può portare ad un vero cambiamento e qualcuno
sarà chiamato a prendersi le proprie responsabilità.
Unfaithful – L’amore
infedele: il cast del film
Ad interpretare Edward Sumner vi è
l’attore Richard Gere,
il quale si era dichiarato da subito particolarmente affascinato
dalla storia e dal suo personaggio. Egli ebbe anche modo di dare il
suo contributo sulla sceneggiatura, spingendo affinché la relazione
dei due coniugi, inizialmente descritta come disfunzionale, venisse
cambiata in un matrimonio perfettamente felice. Ciò, secondo
l’attore, avrebbe dato all’infedeltà di Connie una natura
totalmente più arbitraria, evidenziando l’imprevedibilità delle
passioni. Ad interpretare Connie, invece, vi è Diane Lane,
scelta dopo che il regista la vide in A Walk on the Moon.
Secondo il regista, l’attrice trasmetteva una forte sessualità,
adatta al personaggio.
Nei panni di Paul vi è invece
l’attore francese Olivier Martinez, il cui
ingresso nel cast ha portato il suo personaggio ad essere riscritto
proprio come francese. L’attore, inoltre, ha contribuito a
modificare alcune delle sue battute e scene. Le lunghe scene di
sesso che lo vedono protagonista insieme alla Lane hanno
naturalmente avuto bisogno di grande preparazione e i due attori
hanno evitato di conoscersi troppo prima delle riprese proprio per
mantenere una certa estraneità. Per prepararsi a queste scene, il
regista chiese ai due di guardare film come Attrazione
fatale e Ultimo tango a Parigi. Completano poi il
cast attori come Erik Per Sullivan nei panni del
figlio Charlie e Dominc Chianese in quelli di
Frank Wilson.
Unfaithful – L’amore
infedele: il finale del film
Non tutti sanno che Lyne girò ben
cinque finali diversi del film, memore della sua esperienza con
Attrazione fatale. La conclusione originale di questo,
infatti, era stata rifiutata dal pubblico di prova e costrinse in
regista a tornare sul set per girare un nuovo epilogo.
Naturalmente, tra i finali di Unfaithful ve ne era uno più
classico, dove ogni colpa veniva punita. Questa era la conclusione
che la Fox, lo studio di produzione dietro al film, voleva inserire
nel montaggio finale. Sia Lyne che gli attori, però si opposero
fermamente alla cosa e anche il pubblico di prova rigettò questo
finale più conciliante. La Fox, dunque fu costretta a rinunciare a
tale conclusione.
A quel punto, per la versione
definitiva, fu ripristinato il finale ideato da Lyne e dallo
sceneggiatore Alvin Sargent. Questo, come
noterà chi vedrà il film, è particolarmente più cupo e ambiguo,
capace pertanto di suscitare più emozioni forti e discussioni senza
imboccare nulla allo spettatore. Gli stessi attori si sono definiti
entusiasti della conclusione scelta, poiché rimane coerente con
l’imprevedibilità generale della storia. Come non era prevedebile
che Connie, pur con un matrimonio felice, cascasse nel tradimento,
così non sono prevedibili le scelte che i due coniugi compiono alla
fine del film. È stato probabilmente anche questo finale a
garantire al film il suo successo, considerando che ancora oggi è
particolarmente discusso.
Unfaithful – L’amore
infedele: il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di
Unfaithful – L’amore infedele grazie alla
sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Chili Cinema, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 28 novembre alle ore
21:20 sul canale Rai 4.
C’è ancora domani continua a mantenere l’attenzione
del grande pubblico, conquistando anche per questo week end il
primo posto al box office: posizione che ormai detiene da un mese!
C’è ancora domani incassa €1.176.092 nel solo fine
settimana e quasi 24 milioni di euro dall’uscita
nelle sale il 26 ottobre.
A seguire troviamo una nuova uscita
della settimana: si tratta di
Napoleon, pellicola storica diretta dal noto regista
Ridley Scott e con
Joaquin Phoenix, nei cinema dal 23 novembre. Il dramma
storico incassa al suo primo week end €887.283 a
fronte di un totale che sfiora i 3 milioni di
euro.
Terzo classificato è
Hunger games- la ballata dell’usignolo e del serpente:
il film, prequel della serie cinematografica Hunger games,
raggiunge un incasso di €300.655 su un totale di
4 milioni di euro dal suo arrivo nelle sale il 15
novembre.
Box office: il resto della
classifica
Al quarto e quinto posto ritroviamo
rispettivamente Cento
domeniche, commedia italiana diretta ed interpretata
da Antonio Albanese, e
Trolls 3- tutti insieme, terzo capitolo della serie di
cartoni animati. Cento domeniche incassa
€216.527, mentre Trolls 3
raggiunge un incasso di €123.068 a fronte di un
totale di poco più di 2 milioni di euro. Al sesto
posto si stabilisce
The Marvels, nuova pellicola del MCU con
Brie Larson; questa incassa €75.148 nel fine
settimana e poco più di 3 milioni di euro dal suo
arrivo nei cinema l’8 novembre.
Settimo ed ottavo classificato sono
The Old Oak, diretto da Ken
Loach, e
Comandante, pellicola con
Pierfrancesco Favino, presentato in apertura al
Festival del cinema di Venezia. The Old Oak
incassa €71.051, mentre
Comandante raggiunge un guadagno di
€45.780 a fronte di un totale di 3 milioni
e mezzo di euro dalla sua uscita il 31 ottobre.
Ultimi due classificati sono
Mary e lo spirito di mezzanotte, dramma d’animazione,
e
Thanksgiving, slasher diretto da Eli Roth
(Bastardi senza gloria). Mary e lo spirito
di mezzanotte incassa €43.954 mentre
Thanksgiving raggiunge un guadagno di €36.518.
Berlino, lo spin-off de La casa di carta, debutterà il
29 dicembre su Netflix in tutti i Paesi in cui il
servizio è attivo e seguirà la storia dell’iconico personaggio
interpretato da Pedro Alonso
durante una delle sue rapine più incredibili. In attesa di quel
momento, Netflix ha ora rilasciato il trailer ufficiale della
serie, offrendo dunque uno sguardo più completo a quello che ci si
può attendere dalla serie. Gli otto episodi sono stati ideati da
Álex Pina (La casa di carta, Sky Rojo)
ed Esther Martínez Lobato (La casa di carta, Sky
Rojo), scritti da Álex Pina, Esther
Martínez Lobato, David Barrocal,
David Oliva e Lorena G.
Maldonado. La serie è invece diretta da Albert
Pintó (Sky Rojo, Malasaña 32), David
Barrocal (Sky Rojo) e Geoffrey
Cowper (Day Release).
Accanto a Alonso, di nuovo
nei panni del furbo e libertino Berlino, c’è una
nuova banda. Questa è composta da Michelle Jenner
(Isabel), interprete di Keila, genio dell’ingegneria
elettronica; Tristán Ulloa (Fariña – Cocaine
Coast) interprete di Damián, professore filantropo e il
consigliere di Berlino; Begoña Vargas
(Benvenuti a Eden) nel ruolo di Cameron, kamikaze che vive
sempre al limite; Julio Peña Fernández (Dalla
mia finestra) è invece Roi, il fedele seguace di Berlino;
mentre Joel Sánchez interpreta Bruce,
l’instancabile uomo d’azione della banda. Itziar Ituño (La casa di carta) e
Najwa Nimri (La casa di carta)
riprendono i ruoli delle poliziotte Raquel Murillo
e Alicia Sierra. Samantha
Siqueiros (Señora Acero), Julien
Paschal (Un anno, una notte), Masi
Rodríguez e Rachel Lascar (Dalla mia finestra: Al di là del
mare) completano il cast di Berlino.
La trama della serie tv Netflix Berlino
La sinossi ufficiale della
serie recita: “Ci sono solo due cose in grado di trasformare
una brutta giornata in una giornata fantastica: l’amore e un giorno
di lavoro che frutta milioni. Questo è ciò che porta Berlino a
rivivere i suoi anni d’oro, un periodo in cui non sapeva ancora di
essere malato e non era rimasto intrappolato all’interno della
zecca spagnola. Qui è dove inizia a preparare una delle sue rapine
più straordinarie: far sparire gioielli per un valore di 44 milioni
grazie a una specie di trucco magico. Per farlo, chiederà aiuto a
una delle tre bande con cui ha rubato in passato“.
Nel corso di una carriera pluri
decennale e con un curriculum di ben 27 lungometraggi,
Martin Scorsese è senza dubbio uno di quei registi il
cui cinema è riconoscibile e le cui cifre stilistiche si notano al
primo sguardo. Il regista di
Killers of the Flower Moon, ora in sala, rientra in
quella cerchia ristretta di “autori” che hanno uno stile ben
definito, ed ecco di seguito i tratti caratteristici che ne
distinguono il linguaggio.
Ecco i 10 marchi più riconoscibili
nei film di Martin Scorsese
Carrellata
È evidente che Scorsese ama
riprendere avanti e indietro con una carrellata
piacevole e ben eseguita, ripresa su binari che usa in molti dei
suoi film. In termini semplici, il primo dei 10 marchi, è la
tecnica della carrellata che prevede lo spostamento della macchina
da presa in modo da seguire un soggetto o esplorare un determinato
spazio.
Sebbene l’uso più famoso di questa
tecnica sia l’iconica scena di Copacabana di
Quei bravi ragazzi, ha usato questa mossa con grande effetto
molte volte nella sua filmografia, a volte in modi che comunicano
con il suo lavoro precedente. In The
Irishman del 2019 , ad esempio, il brivido e l’eccesso
della carrellata di Copacabana si rispecchiano invece in un
tour lento e meditativo attraverso una casa di cura. Un esempio
meno discusso, ma eccezionale, è in Gangs
of New York , durante una ripresa singola che segue un
gruppo di giovani uomini mentre si preparano a partire verso quella
che sarà probabilmente una fine tragica e sanguinosa.
Miglior esempio: Quei bravi
ragazzi
Fermo immagine
Se fatto male, è uno degli
abbellimenti più sdolcinati che si possano aggiungere a un film, ma
se fatto con attenzione, può produrre momenti indimenticabili e
davvero di grande impatto. Fortunatamente, Scorsese ha trasformato
il fermo immagine in una scienza e lo ha
utilizzato nelle scene come si farebbe con la punteggiatura in una
frase.
Nell’apertura di
Re per una notte viene utilizzata la tecnica per frenare un
momento sovrastimolante, invece in
Toro scatenato permette al pubblico di vedere lampi di momenti
riconoscibili nella storia. È un effetto che a volte sembra che i
suoi film si stiano prendendo un momento per espirare o altre volte
sembra che stiano trattenendo il respiro.
Miglior esempio: Toro
scatenato
Robert De Niro
Il rapporto tra regista e attore è
essenziale per qualsiasi film, ma non tutti gli accoppiamenti sono
in grado di raggiungere la stessa chimica pura che è stata forgiata
tra Martin Scorsese e Robert
De Niro. Il loro legame cinquantennale va oltre lo
schermo. Sulla scia delle critiche negative rivolte al suo
dramma musicale del 1977, New York, New York,
Scorsese toccò momentaneamente il fondo nella sua iniziale carriera
e nella sua vita personale. De Niro, in parte, ha sfidato il
regista a tornare alle sue ambizioni e ad andare avanti realizzando
Toro Scatenato, diventato poi una pietra
miliare della cinematografica della coppia.
L’attore Robert De Niro ha regalato
a Scorsese alcune delle migliori interpretazioni della sua
carriera, che a loro volta hanno contribuito a definire alcuni dei
migliori film della carriera di Martin. Da
Taxi Driver negli anni Settanta, a
Toro Scatenato negli anni Ottanta fino al recentissimo
Killers of The Flower
Moon, questo duo rimane quanto più dinamico possibile.
Con tutti i film di Scorsese in cui si trova, tuttavia, fa strano
non vedere De Niro apparire in qualsiasi momento durante
The Departed o Gangs of New
York, infatti il leggendario attore ha rifiutato entrambe
le potenziali collaborazioni.
Miglior esempio: Robert De Niro
apparso in 10 lungometraggi e un cortometraggio
Violenza
Uno degli temi più evidenti nei film
del regista italoamericano è non fuggire dalla
violenza sullo schermo. Spesso riflettente del suo
passato personale, degli incidenti e i casi di violenza a cui ha
assistito crescendo nel quartiere di Little Italy.
Martin Scorsese in genere mette in mostra la brutalità non per
glorificarla, ma per illustrare le dure verità nelle storie che
racconta.
Anche nei suoi primi lavori, come
nel suo cortometraggio The Big Shave, le scene
scioccanti di sangue servivano a commentare il lato oscuro del
comportamento umano. In
The Departed – il bene e il male, ad esempio, usa la violenza
per ritrarre le conseguenze cicliche dei peccati dei suoi
personaggi, mentre in
Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno fa luce
sulla realtà della mafia di basso livello. È interessante notare
che la creazione di quest’ultimo citato è stata aiutato dal
leggendario
Francis Ford Coppola, che ha contribuito a finanziare il
film.
Miglior esempio: Mean
Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno
Temi religiosi
Il regista provenendo da un
ambiente cristiano cattolico dedica una gran parte
della sua rappresentazione del soggetto sotto forma d’immagini e
temi incentrati su Cristo. Il regista ha confermato quest’anno,
durante una conferenza stampa, che continuerà in questa
esplorazione, affermando ” ho risposto all’appello agli artisti del
Papa nell’unico modo che conosco: immaginando e scrivendo la
sceneggiatura di un film su Gesù”.
In Silence
del 2016, questi temi vengono portati alla luce attraverso la
storia di due missionari cristiani la cui fede scelta minaccia le
loro vite. Nel controverso L’ultima
tentazione di Cristo, il tema della religione è il veicolo
attraverso il quale Scorsese contempla l’idea stessa dell’umanità.
Sebbene il film sia stato accolto positivamente dalla critica, il
suo contenuto (che si prende molte libertà con il testo su cui è
basato) ha fatto frusciare le piume tra il pubblico cristiano per
non dire altro, facendolo condannare da molte figure influenti,
inclusa la stessa Madre Teresa.
Miglior esempio:
Silence
Protagonisti moralmente
corrotti
Anche se molti spettatori sembrano
dimenticarlo, il protagonista di una storia non deve assolutamente
essere rappresentato come un eroe o addirittura come una brava
persona, cosa che Martin Scorsese sa fin troppo bene. Osservando i
personaggi principali della sua filmografia, sarebbe difficile
trovare molti tipici eroi di Hollywood nella sua lista di
protagonisti.
Da uno stalker egocentrico e
assassino
Travis Bickle, allo spregiudicato broker
newyorkese Jordan Belfort, i protagonisti di
Scorsese non sono proprio persone con cui vorresti essere amico in
realtà. Per non parlare dei protagonisti dei suoi film sulla mafia,
che sono nobili proprio come ci si aspetterebbe. Ciò che
spesso distingue questi personaggi, tuttavia, è la loro
complessità. Che si tratti del loro ingegno, del loro fascino,
di uno stile di vita apparentemente invidiabile o semplicemente di
un fattore “interessante”, spesso c’è qualcosa in queste figure che
almeno le rende interessanti da guardare mentre fanno cose,
ovviamente, terribili.
Miglior esempio: The
Departed
Turpiloquio
Scorsese ha utilizzato efficacemente
un linguaggio volgare e
turpiloquio per intensificare alcuni dei momenti
più intensi dei suoi film, così come alcuni dei più divertenti. Il
migliore esempio della sua lunga filmografia è
The Wolf of Wall Street, ad un certo punto deteneva il record
mondiale per il maggior numero di “fanculo” in un singolo film, con
l’incredibile cifra di 569 nel corso dei suoi 180 minuti di durata.
Un articolo di Vulture divide addirittura ulteriormente la
volgarità diThe Wolf of Wolf
Street, dal numero totale di parolacce presenti nel film
che sono ben 687 al personaggio più profano cioè Jordan con 332
bestemmie.
Sebbene abbia crediti di scrittura
su alcuni dei suoi lavori migliori, anche lo stesso Scorsese ha
parlato di come non si considera uno
scrittore. Piuttosto, discute apertamente di come tende ad
essere attratto dalle storie degli altri, come evidenziato dal
fatto che molti dei suoi film sono basati su fatti reali.
Molti dei suoi film
polizieschi sono ispirati da persone e luoghi in cui è
cresciuto, il che aiuta le sue storie a raggiungere un livello di
autenticità che non è facile da falsificare. Al di fuori delle sue
esperienze personali, attinge anche da storie vere trovate nei
libri, come ha fatto con Killers
of the Flower Moon,
L’età dell’innocenza,
Shutter Island e Silence.
Miglior esempio: Killers of
the Flower Moon
Narrazione e voce fuori campo
Un altro espediente cinematografico
che può funzionare per rendere un film più ricco dal punto di vista
narrativo o sorprendentemente banale è l’uso della
narrazione. Nelle mani di un regista come
Scorsese, però, è praticamente sempre la prima cosa. L’uso di
gran lunga più famoso della narrazione nei suoi film è
in Quei
bravi ragazzi , che si rivela una scelta efficace fin
dalla scena iniziale.
Come altri aspetti del film, lo
rispecchia anche in The
Irishman con la voce fuori campo di Frank
Sheeran. In Taxi
Driver, la tecnica aiuta a mettere gli spettatori
nella mente di un uomo che si è illuso fino alla follia.
In The
Wolf of Wall Street , la voce fuori campo è usata per mostrare
il narratore del tutto inaffidabile della storia, facendo sì che il
pubblico si chieda se loro stessi non si siano lasciati ingannare
dall’uomo d’affari.
Miglior esempio: Taxi
Driver
Umorismo nero
Il primo posto di questa classifica
dei 10 marchi nel cinema di Martin Scorsese è
quello per l’umorismo nero. Sebbene abbia
realizzato film su alcuni degli aspetti più oscuri e riprovevoli
delle persone e della società in cui vivono, in qualche modo Martin
riesce a incorporare alcuni momenti stranamente divertenti in molti
di essi. Questo è probabilmente il momento migliore per far luce su
Fuori orario, la divertente commedia dark di Scorsese della
metà degli anni Ottanta. Anche se quasi nulla di ciò che accade al
protagonista, di questa folle avventura in una notte, sarebbe
divertente se accadesse a qualcuno nella vita reale, è così
divertente guardarlo come finzione.
Questo è il caso di altri titoli di
Scorsese come l’assurdamente satirico The Wolf of Wall
Street e anche The Departed. Se mai ci
fosse qualche dubbio sul fatto che Martin a volte non tenga a mente
l’umorismo mentre realizza anche le scene più violente, la
rivisitazione di
Spike Lee di una risata che hanno condiviso, durante la
realizzazione di un momento particolarmente raccapricciante, è la
prova che sa esattamente cosa sta facendo.
Salutiamo con entusiasmo
il ritorno in sala di un maestro come John Woo,
regista che negli anni ha regalato al pubblico emozioni e
divertimento e che oggi torna con un film dei suoi. Al cinema dal
30 novembre – distribuito da Plaion Pictures – il
suo ultimoSilent Night – Il silenzio della
vendetta mette ben in chiaro, sin
dal titolo, cosa aspettarsi, anche se non del tutto. Ché con il
folle artigiano dell’action di A Better
Tomorrowe The Killer, Face/Off,
Broken Arrow e Mission: Impossible II c’è
poco da fidarsi. E infatti, anche in questo caso, il revenge
Movie dominato da un Joel Kinnaman ammutolito supera la tradizione
i canoni del genere per andare all’essenziale in una operazione
coraggiosa e interessante, anche se non del tutto riuscita, che i
fan apprezzeranno sicuramente.
La trama di Silent Night – Il
silenzio della vendetta
Al centro della vicenda,
come in molti film del genere, un padre di famiglia, che durante
una sparatoria tra bande vede ucciso davanti ai suoi occhi il
piccolo figlio. Un colpo insostenibile, che lo fa impazzire e che
lo spinge all’inseguimento dei responsabili. Pur ferito mortalmente
alla gola e costretto al silenzio, l’uomo si riprende e, deciso a
vendicarsi, inizia un duro addestramento per prepararsi per un
confronto finale che possa rendergli giustizia dopo un anno di
sofferenza… la sera della vigilia di Natale.
Natale di sangue
La prima reazione alla
visione di questo Silent Night potrebbe esser
simile al morettiano “Vago per la città cercando di ricordarmi
chi aveva parlato bene di questo film“, ma sono molte le
domande che il film di John Woo lascia nello
spettatore, anche il meglio disposto nei suoi confronti, anche il
più conquistato da un inizio davvero intrigante e spettacolare. Nel
quale è difficile non restare ipnotizzati dal primo piano della
renna (sonaglio incluso) sul maglione insanguinato indossato dal
protagonista e trattenere il respiro per la sua folle corsa, prima
ancora di scoprirne le ragioni.
Curiosità rapidamente
soddisfatte, almeno queste, prima di essere gettati in
un’esperienza senz’altro unica, per quanto prevedibile. Dopo tanti
revenge movie, facile intuire l’origine del male e la
destinazione che attende noi e l’innominato vendicatore (del quale
scopriremo solo il cognome, su una lapide), meno il percorso. Nel
quale racconto ed equilibrio sembrano esser stati sacrificati
sull’altare della partecipazione, emotiva o meno, sicuramente
obbligata.
Joel, giustiziere
silenzioso
Woo sceglie di non
infarcire l’azione di inutili chiacchiere, anzi, di eliminarle del
tutto, affidando all’ex Robocop un ruolo per
prepararsi al quale l’attore ha cercato – invano – di non parlare
per due mesi di riprese. Una scelta coraggiosa, quella di
abbandonare ogni dialogo (o quasi), fedele alla tendenza del
regista di ridurre all’essenziale le dinamiche messe in scena, che
si rivela la trovata più interessante del film, nel quale la
scansione del tempo e delle emozioni è affidata ai suoni, con il
battito del cuore e le reazioni del protagonista a costruire una
storia parallela a quella che vediamo svilupparsi sullo schermo, a
farci vivere il suo dramma dall’interno.
Peccato, semmai, che la
soluzione trovata – insistita oltre il prevedibile, con pro e
contro immaginabili – non porti con sé una altrettanto netta
semplificazione di esclamazioni al limite del ridicolo (forse
figlie del doppiaggio?), retorica e didascalismi (dal braccio
martoriato dalla droga della povera ragazza della gang agli stralci
degli articoli di cronaca che lo riguardano o lo smielato finale).
Elementi non inediti per Woo, che un certo gusto per certa
‘chiarezza’ a tutti i costi l’ha sempre avuto, ma che qui diventano
superflui e fiaccano uno svolgimento già in difficoltà per la
mancanza strutturale di narrativa nel quale a scene notevoli e
ammiccamenti tanto cari ai produttori (gli stessi di John Wick) si alternano twist insensati e
inutili ridondanze.