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Deadpool 3: un personaggio dalla serie tv Loki avrà un “ruolo importante”?

Deadpool 3

Arriva un rumors che se confermato farà la gioia dei fan della serie tv Loki. Come molti di voi già sapranno Owen Wilson tornerà come Mobius M. Mobius, l’agente della Time Variance Authority preferito da tutti, per l’imminente seconda stagione di Loki che arriverà su Disney+, ma una nuova voce emersa rivela che il personaggio farà anche il salto sul grande schermo per Deadpool 3 !

Secondo lo scoop Daniel Richtman (tramite Patreon ), Wilson avrà un “ruolo importante” nel trequel dei Marvel StudiosI fan si sono chiesti quale destino avrebbe avuto Wade Wilson (Ryan Reynolds) nel Marvel Cinematic Universe e, se questo rumors è accurato, sembrerebbe suggerire che il metodo di viaggio nel tempo/realtà della TVA (TemPad, ecc.) influirà sul Merc con una breccia che potrebbe portare i personaggi nella linea temporale della Terra-616.

Ovviamente, abbiamo recentemente appreso che Logan (Hugh Jackman) si unirà a a Deadpool nella sua prossima avventura, quindi sarà interessante vedere se si recheranno insieme al MCU o se Jackman sarà presentato come una variante di Wolverine. Dovremo aspettare e vedere se questa voce avrà una conferma, ma l’insider Daniel Richtman ha un solido passato come informatore, quindi non ci sorprenderà molto scoprire che le sue anticipazioni ad un certo punto verranno confermate con un annuncio legato proprio all’attore Owen Wilson nel film! Non ci resta che aspettare ulteriori sviluppi.

Deadpool 3, quello che sappiamo

Shawn Levy dirigerà Deadpool 3. Rhett Reese e Paul Wernick, che hanno già firmato i primi due film sul Mercenario Chiacchierone, scriveranno anche Deadpool 3, basandosi sui fumetti creati da Rob Liefeld, confermandosi nella squadra creativa del progetto, dopo che per un breve periodo erano stati sostituiti da Lizzie Molyneux-Loeglin e Wendy Molyneux.

Oltre a Ryan Reynolds non ci sono nomi confermati nel cast del film. In Deadpool 2 c’erano Josh Brolin nel ruolo di Cable e Zazie Beetz in quello di Domino, mentre il primo film vedeva la presenza di Morena Baccarin come Vanessa e T.J. Miller come Weasel. Nel cast è stato anche confermato Hugh Jackman, che torna a rivestire i panni di Wolverine/Logan, dopo la sua gloriosa uscita di scena nel 2017 in Logan, di James Mangold.

Paul Wernick e Rhett Reese hanno dichiarato sul film: “È una meravigliosa opportunità per i pesci fuor d’acqua. Deadpool è un pazzo al centro di un film. Far cadere un pazzo in un mondo molto sano di mente, è oro puro. Sarà davvero divertente.” Deadpool 3 uscirà il 6 settembre 2024.

 
 

Dragonero. I Paladini, intervista a Enrico Paolantonio, regista della serie animata Bonelli Entertainment

dragonero i paladini serie tv

Al Lucca Comics and Games 2022 Bonelli Entertainment ha fatto il suo esordio ufficiale nel mondo della produzione audiovisiva, presentando un lungometraggio per il cinema, quel Dampyr di cui tanto si sta parlando tra le community cinefile e “fumettare”, e la serie animata Dragonero. I Paladini, che invece arriverà in tv a dicembre. 

In occasione della fiera, sono stati proiettati i primi quattro episodi della serie, alla presenza della squadra produttiva guidata da Vincenzo Sarno, della stampa, ma soprattutto di una folta platea di bambini, già grandi fan Ian, Myrva e Gmor, che hanno lasciato la sala canticchiando la sigla.

Partendo dal materiale originale di casa Bonelli, opera della mente di Luca Enoch e Stefano Vietti, Dragonero. I Paladini racconta l’adolescenza dei tre protagonisti, mentre vivono la loro avventura per diventare Paladini, i combattenti leggendari che proteggono l’Erondár dalla minaccia dell’Inframondo, sotto la guida del possente e saggio Draiken, l’Ultimo Drago.

Un progetto che è stato una vera e propria sfida per la squadra produttiva che ha visto Bonelli Entertainment lavorare insieme a Rai Kids, PowerKids e NexusTV. Dragonero. I Paladini è composta da 26 episodi per la regia di Enrico Paolantonio e la produzione creativa di Giovanni MasiMauro Uzzeo, che hanno anche firmato le sceneggiature insieme a Federico Rossi Edrighi.

Dragonero. I Paladini, intervista a Enrico Paolantonio

Per raccontare questa avventura, abbiamo incontrato Enrico Paolantonio, che ha firmato la serie in veste di regista e che si occupa di animazione da circa 20 anni. Com’è portare avanti, in Italia, la bandiera dell’animazione?

“Faccio animazione a livello professionale dai primi anni ’90, ho studiato animazione alla scuola di cinema Rossellini e in quel periodo ho mosso i primi passi in ambito professionale. All’epoca non esisteva l’industria dell’animazione come la conosciamo oggi, c’erano solo piccoli studi che lavoravano a progetti piccoli. Solo negli anni ’90, quando la RAI ha cominciato a produrre animazione, si è registrata una crescita del settore con la produzione dei primi cortometraggi fino ad arrivare ai primi veri e propri film d’animazione. Fino a pochi anni fa, solo Bruno Bozzetto era stato capace di girare lungometraggi d’animazione, poi ci è riuscito Enzo D’Alò, ma c’è stato un buco nero di nulla, nel mezzo. In questo momento storico, non siamo certo ancora ai livelli degli studi americani, dove circolano volumi di fondi davvero impressionati, ma ci stiamo avvicinando a passi da gigante alle altre industrie europee. Fino a qualche anno fa ci guardavano tutti dall’alto in basso, e oggi invece partecipiamo a co-produzioni con studi internazionali. Lo dimostra proprio Dragonero, che è una produzione Rai e Bonelli, ma ha anche partner internazionali. Questo tipo di sinergie sono importanti perché fare animazione richiede tantissimo tempo e persone, e perciò tanti soldi, così, unendo le forze, si mettono insieme i capitali necessari. Ad esempio Dragonero. I Paladini ha coinvolto centinaia di persone per tre anni di produzione. Quindi, l’industria si sta formando, ma quello che manca oggi è la mano d’opera. In Italia non si pensa alla formazione di professionalità che possano trovare lavoro in questi ambiti creativi. Il fumetto e l’animazione sono degli spazi dove c’è sempre bisogno di chi fa storyboard o di chi si occupa delle scenografie o delle animazione, sarebbe importante avere un sistema di istruzione che consideri questo tipo di preparazione un elemento importante per i giovani, soprattutto considerate le enormi potenzialità per il mondo del lavoro. Bisognerebbe cambiare l’idea che i più hanno rispetto a animazione e fumetto: non si tratta di linguaggi dedicati ai bambini, sono strumenti espressivi senza limiti, e bisognerebbe cominciare a considerarli tali anche da noi. In Francia, in Giappone esiste una vera e propria industria in questo senso, un’industria che produce opere d’arte. Certo, il termine cartone animato fa sorridere, mi sembra buffo e mi piace molto, ma io quando parlo d’animazione intendo cinema d’animazione.”

Com’è stato però lavorare in una produzione di animazione in celshading 3D quando la tua esperienza ventennale è legata all’animazione 2D? 

La sfida è stata indubbiamente enorme. Sono stato approcciato da Vincenzo Sarno, con cui ho lavorato nell’arco di 16 anni a diversi progetti in 2D, e quando lui ha cominciato a lavorare a questa serie, mi ha coinvolto. Lavorare a una produzione in 2D non è la stessa cosa che lavorare a una produzione in 3D, ci sono tante tecniche differenti, bisogna imparare un linguaggio nuovo, in termini di regia, di movimenti di camera, di modellazione dei personaggi. Quando abbiamo realizzato il primo test video, occasione in cui ho provato per la prima volta questa tecnica che conoscevo poco, ero dubbioso perché mi rendevo conto di tutte le difficoltà che avrei dovuto affrontare. Poi un giorno Mauro (Uzzeo, ndr) è venuto nel mio ufficio, abbiamo parlato a lungo, e mi ha fatto capire che un’esperienza del genere avrebbe aggiunto al mio curriculum una voce importante, e così mi sono lasciato convincere. Non si poteva dire di no a una proposta che, nello stesso pacchetto, offriva la possibilità di lavorare con Bonelli e un corso accelerato di animazione 3D!”

Dragonero. I Paladini è entrato in produzione nel momento in cui il mondo si chiudeva a causa della pandemia. È stato un baluardo di speranza, il segno che si continuava a vivere e a creare da qualche parte, anche se a distanza. Tuttavia questa condizione lavorativa ha anche moltiplicato le difficoltà.

“La pandemia ha avuto una puntualità incredibile. Abbiamo fatto l’ultima riunione a Milano poco prima del primo lockdown, una volta tornati tutti nelle nostre case, ci hanno chiusi. Diciamo che queste produzioni comportano sempre un certo grado di complicazioni e difficoltà, però in genere si prevedono e si conoscono. La pandemia è stata qualcosa di imprevedibile. Ci ha tenuti tutti a distanza per molto tempo e questo non ha aiutato di certo la comunicazione, che è avvenuta solo tramite Skype. È vero che spesso in queste produzioni ci sono tanti collaboratori e forse i disegnatori, in particolare, sono da sempre i più abituati ad affrontare l’isolamento, però il momento in cui eravamo davvero tutti a distanza l’ho sofferto di più, perché sono abituato a lavorare con uno staff interno. Il lavoro quotidiano di confronto è fondamentale perché lavorando a distanza viene a mancare il confronto costante, la contaminazione tra artisti. Quando ci si confronta sul momento si crea un ambiente in cui si creano cose inaspettate, perché c’è uno scambio continuo. A parte questo aspetto, credo che siamo stati bravi a fare di necessità virtù, le lunghe riunioni erano diventate una sorta di abitudine, siamo stati in contatto telematico su base quotidiana. Ma tutto sommato siamo riusciti a lavorare bene, altrimenti non avremmo chiuso la serie!”

I primi quattro episodi della serie hanno offerto uno sguardo abbastanza completo a quello che è il mondo di Dragonero, soprattutto hanno mostrato la ricchezza del prodotto. Qual è l’aspetto che preferisci del lavoro finito?

“Credo che l’aspetto migliore della serie sia l’alchimia che c’è trai tre personaggi principali, come si comportano e come interagiscono tra loro. Si fanno di continuo battute, si prendono in giro, sono sempre sullo stesso livello, è un piacere vederli animati. C’è un momento nella prima stagione che, per varie ragioni che non riveliamo perché sarebbero spoiler, i tre non si trovano insieme nello stesso posto e questa distanza si sente nel tono della narrazione, si avverte il peso del fatto che Ian, Myrva e Gmor sono separati. Un altro elemento che ho amato molto di questa produzione è Arcana, la villain della storia. Mi sono sempre piaciuti i personaggi un po’ tormentati, oltretutto lei sprigiona un’aura potentissima e si capisce quasi subito che è un personaggio che avrà un’evoluzione molto importante man mano che la storia andrà avanti. Il doppiaggio di Stefania Patruno poi ha dato al personaggio una quarta dimensione.”

Creare un cartone animato da una serie a fumetti significa da una parte avere già a disposizione una vastissima gamma di elementi, ambientazioni e personaggi che devono poi essere traslati in un altro linguaggio e animati, ma prevede anche il compito di colmare il famoso “spazio bianco”, ovvero di andare a riempire quei buchi che il fumetto, per la natura del mezzo, lascia fuori dal quadro. Per Dragonero. I Paladini, Enrico e la sua squadra hanno creato un mondo.

“Una parte di questo lavoro che mi diverte tanto è la creazione del mondo. Ovviamente avevamo i volumi di Enoch e Vietti da cui partire, quindi abbiamo preso tantissimo da quel materiale lì, ma abbiamo anche dovuto creare delle situazioni da zero, inventando ambienti e oggetti. Questa per me è la fase più esaltante, perché devi dare vita a elementi che non esistono, ma lo devi fare seguendo le regole del mondo all’interno del quale ti muovi, devi immaginare cose che siano coerenti e abbiano un senso.”

E così è stato fatto, dando vita a un Erondár che esisteva già sulla carta, ma che è stato arricchito e moltiplicato, con luoghi, personaggi e soprattutto con un linguaggio che strizza l’occhio all’animazione giapponese. 

“Abbracciare l’estetica anime è stata la ferma volontà di Sonia Farnesi di RAI Kids e di Vincenzo Sarno, il quale in particolare ha fornito tantissimi riferimenti da altre opere a cui voleva ci ispirassimo. Abbiamo ricreato movimenti e alcuni dettagli dei look dei personaggi tenendo presenti quei modelli, ma l’aspetto definitivo della storia è completamente nostro e originale, direi decisamente europeo. Era importante mantenere l’identità del prodotto, anche perché abbiamo un’immaginario molto diverso da quello giapponese, e il pubblico lo sa.”

Cosa rimane di quest’esperienza così lunga e, per molto versi, anche formativa?

“Mi rimane principalmente il rapporto non sempre facile con la squadra, perché quando si lavora con tante persone non sempre fila tutto liscio. L’animazione è un processo complesso, come un’equazione di matematica, e se fai anche un piccolo errore all’inizio del calcolo, te lo trascini fino alla fine, moltiplicato, per cui a volte ci possono essere anche delle tensioni. Nonostante questo, adesso mi sembra di avere tanti nuovi amici. Il lato umano è forse il bagaglio più importante che mi lascia questa serie. Poi ho fatto una grande esperienza professionale, dopo tre anni, adesso posso dire di essere in grado di affrontare una grande produzione in 3D.”

Dragonero. I Paladini andrà in onda sulla RAI a partire da dicembre.

 
 

Il diritto di opporsi: le curiosità e la vera storia dietro il film

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Uno dei più avvincenti film del 2019 è anche uno di quelli che più ha ricordato quanto il cinema possa essere lo strumento migliore per raccontare storie realmente accadute con tematiche dal valore universale. Il film in questione è Il diritto di opporsi, diretto da Destin Daniel Cretton (regista di drammi come Il castello di vetro ma anche del film Marvel Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli) e da lui anche sceneggiato insieme ad Andrew Lanham. Il film ripercorre una vicenda giudiziaria particolarmente importante, che dato ulteriore prova della fallacia del sistema giudiziario e del razzismo dilagante negli Stati Uniti.

Il racconto è basato sul libro Just Mercy (che è anche il titolo originale del film) scritto dall’avvocato Bryan Stevenson, il quale nelle pagine di esso ripercorre le proprie idee come uomo di legge e il caso più importante che abbia sostenuto nella sua carriera, quello in difesa di Walter McMillian. Si tratta di una vicenda svoltasi nei primi anni Novanta, che ha però un forte eco ancora oggi negli Stati Uniti e a livello internazionale. In un periodo in cui finalmente si dà sempre più voce a quanti fino ad ora non l’hanno avuta, Il diritto di opporsi mostra dunque l’importanza di lottare in nome della giustizia.

Accolto in modo positivo dalla critica e dal pubblico, il film è così diventato uno dei più importanti del suo anno, pur senza ottenere candidature a premi di particolare prestigio. Per quanti vogliono approfondire la storia raccontata, si tratta dunque di un titolo da recuperare. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il diritto di opporsi: la trama e il cast del film

Protagonista del film è il giovane avvocato Bryan Stevenson, il quale dopo essersi laureato ad Harvard, si dirige in Alabama con l’intento di difendere delle persone condannate ingiustamente, o che non avevano una rappresentanza adeguata, con il sostegno dell’attivista locale Eva Ansley. Uno dei suoi primi casi, nonché il più controverso, è quello di Walter McMillian, che nel 1987 era stato condannato a morte per l’omicidio di una ragazza di 18 anni, nonostante la preponderanza di prove che dimostrano la sua innocenza. Dedicandosi al caso, Bryan si ritroverà in un labirinto di manovre legali e politiche, di razzismo palese e sfacciato, dovendo dunque combattere contro un sistema corrotto.

Ad interpretare l’avvocato Bryan Stevenson vi è l’attore Michael B. Jordan, il quale per prepararsi al ruolo si è documentato quanto più possibile sulla vicenda e l’attività di Stevenson. L’attore ha inoltre fatto applicare per questo film la Inclusion Rider, consentendo dunque l’assunzione di un cast e una troupe comprendente anche le minoranze troppo spesso trascurate. Accanto a lui, nel ruolo dell’attivista Eva Ansley vi è la premio Oscar Brie Larson, il cui ruolo è stato ridotto per via degli impegni di lei sul set di Captain Marvel. Ad interpetare Walter McMillian vi è invece l’attore Jamie Foxx, candidato ai SAG Awards per la sua interpretazione. Tim Blake Nelson interpreta invece il criminale Ralph Myers.

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Il diritto di opporsi: la vera storia dietro il film

La vera vicenda che vede coinvolti McMillian e, in seguito, Stevenson, ha inizio nel 1987, quando McMillian tornando da lavoro viene fermato dalla polizia locale con l’accusa di omicidio. Nel corso del processo che ne è seguito, diversi sono stati gli elementi controversi. Tra questi sono da ricordare lo spostamento del processo in una contea a maggioranza bianca e il fatto che la principale testimonianza contro McMillian era data dal criminale Ralph Myers. Due anni dopo, il giudice Robert E. Lee Key emetterà per lui sentenza che lo vede condannato a morte, nonostante la giuria avesse proposto l’ergastolo. Si è trattato di un peggioramento di pena particolarmente drastico, permesso dal cosiddetto judge override, ovvero la possibilità del giudice di scavalcare il verdetto della giuria.

L’interessamento al caso di Stevenson ha portato tuttavia alla riapertura del caso, permettendo lo svolgimento di un nuovo processo. Nel corso di questo, Stevenson dimostrò tutte gli errori e le forzature legislative perpetrati nel precedente processo, arrivando a dimostrare l’innocenza del suo assistito. Nel 1993, infine, McMillian fu scagionato da ogni accusa, dimostratasi falsa, e poté tornare dalla sua famiglia. Dopo aver lasciato il carcere, McMillian intentò causa contro i pubblici ufficiali che lo avevano ingiustamente condannato. La sua tenacia portò infine alla riforma dello Statuto dell’Alabama nel 2002. Stevenson ha continuato poi a battersi per quanti non hanno modo di difendersi, cercando dunque di costruire un Paese più giusto per tutti.

Il diritto di opporsi: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Il diritto di opporsi grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 8 novembre alle ore 21:20 su Canale 5.

Fonte: IMDb

 
 

Grease – Brillantina: tutte le curiosità sul film con John Travolta

Grease film

Considerato ancora oggi come il musical di maggio successo nella storia del cinema, Grease – Brillantina arrivò nelle sale di tutto il mondo nel 1978, dando vita ad un fenomeno mai passato di moda. Diretto da Randal Kleiser, questo è basato sull’omonimo spettacolo di Jim Jacobs e Warren Casey. Divenuto uno grandissimo successo a Broadway, l’arrivo sul grande schermo non fece che confermarne la popolarità a livello mondiale grazie alle sue canzoni, alle tematiche e ai suoi protagonisti. Il film contribuì infatti a lanciare definitivamente le carriere di John Travolta e Olivia Newton-John.

Con un budget di soli 6 milioni di dollari, il film arrivo ad incassarne a livello mondiale oltre 394, affermandosi come il titolo più visto della sua stagione. L’incredibile successo di pubblico è stato accompagnato anche da un particolare favore di critica, la quale elogiava le energiche coreografie come anche le tematiche. Queste sono infatti insolite per un musical pensato per un ampio pubblico, comprendendo problematiche con la gravidanza adolescenziale e la violenza tra le bande. Fu però proprio la capacità di trattare queste in modo grossomodo leggero a conferire al film ulteriori elementi di fascino.

Tale popolarità ha portato nel 1982 alla realizzazione di un sequel, intitolato Grease 2, il quale però presenta un cast differente. Mancando questo, il titolo non ottenne il successo del suo predecessore. Ciò che rende l’originale unico, infatti, è il cast di attori, tra cui vi è un evidente e fortissima chimica, come anche i brani musicali entrati di diritto nell’immaginario collettivo. Numerose sono ancora oggi le curiosità da scoprire sul film, molte delle quali relative proprio a tali due elementi. Proseguendo nella lettura sarà possibile scoprire le principali tra queste, come anche dove è possibile trovare il film in streaming.

Grease – Brillantina: la trama del film

Al centro della trama di Grease vi è il magico e romantico incontro tra l’affascinante Danny Zuko e la timida Sandy Olsson. Incontratisi durante una vacanza, quella tra loro sembrava destinata a rimanere una breve storia d’amore estiva, poiché al termine di questa la ragazza farà ritorno in Australia, dove è nata e cresciuta. Tutto cambia nel momento in cui invece Sandy rimane negli Stati Uniti per frequentare proprio la scuola dove va anche Danny. Nel momento in cui rincontra il ragazzo che l’ha fatta innamorare, Sandy si accorge però di come questi sia profondamente diverso da come lo credeva. Danny ha infatti una reputazione da duro, e con la sua banda chiamata Thunderbirds non sembra avere tempo da perdere con lei.

Di conseguenza, Sandy stringe amicizia con un gruppo di ragazze capitanato da Betty Rizzo, la quale le insegna a vivere secondo uno stile più libertino. Ciò che Sandy non sa, è che Danny è profondamente rammaricato per averla trattata male, e cerca in tutti i modi di farsi perdonare e riconquistarla. Prima che il loro amore possa compiersi, però, i due dovranno andare incontro a numerosi ostacoli, tra i problemi a scuola agli scontri con bande rivali. L’avvicinarsi della termine delle lezioni e del classico ballo di fine anno sarà per Danny l’occasione di dimostrare a Sandy tutto il suo amore, abbandonando così il ruolo da duro fino a quel momento interpretato.

Grease cast

Grease – Brillantina: il cast del film

Come già accennato, motivo di grande fascino del film sono gli attori che vi hanno preso parte, capaci di conferire il giusto carisma ai personaggi principali, oggi divenuti iconici. Per il ruolo di Danny Zuko, ad esempio, è impensabile immaginare un volto diverso da quello di John Travolta. Eppure, originariamente il ruolo era stato offerto ad Henry Winkler, divenuto famoso in quegli anni per il ruolo di Fonzie in Happy Days, che presentava diverse somiglianze con il personaggio di Danny. Winkler però rifiutò la parte, che venne allora affidata a Travolta. Questi iniziò le riprese quattro giorni dopo aver completato quelle di La febbre del sabato sera, e si trovò così a vivere un periodo estremamente fortunato della propria carriera.

Olivia Newton-John, invece, recita nel ruolo di Sandy. Prima di tale film, ella era nota principalmente come cantante, e non aveva recitato che in pochi film. I produttori decisero allora di farle sostenere un provino insieme a Travolta, al fine di valutare la chimica di coppia tra di loro. Questo si rivelò particolarmente positivo, e fu così che la parte le venne affidata. Jeff Conaway è invece l’interprete di Kenickie, braccio destro di Danny. Per poter interpretare il ruolo, all’attore venne richiesto di cercare di apparire più basso rispetto a Travolta, così da far risaltare quest’ultimo. Infine, la pluripremiata Stockard Channing interpreta la grintosa Betty Rizzo, uno dei personaggi più amati del film. Al momento di doversi calare nei panni di questa, l’attrice aveva trentaquattro anni, e dovette essere truccata affinché potesse sembrare un’adolescente.

Grease – Brillantina: le canzoni del film, il trailer, e dove vedere il film in streaming e in TV

Spesso ricordata come una delle colonne sonore più celebri del cinema, tutti hanno almeno una volta cantato le canzoni presenti nel film. Pubblicata come disco parallelamente all’uscita del film, questa è rimasta per diverse settimane al primo posto delle classifiche in molti paesi. Particolarmente celebri sono ancora oggi brani come Summer Nights, Look at Me I’m Sandra Dee, There Are Worse Things I Could Do, Sandy, You’re the One That I Want e We Go Together, su cui si chiude il film. Ad affermarsi più di tutti fu però il brano cantato dalla Newton-John intitolato Hopelessly Devoted to You, il quale ricevette anche una nomination al premio Oscar come miglior canzone originale.

Per gli appassionati del film, o per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne grazie alla sua presenza nel catalogo di una delle principali piattaforme streaming oggi disponibili. Grease – Brillantina è infatti presente all’interno di Rakuten TV, Netflix, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per poter usufruire del film, sarà necessario sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma. In questo modo sarà poi possibile vedere il titolo in tutta comodità e al meglio della qualità video, senza limiti di tempo. Il film è inoltre in programma in televisione per martedì 8 novembre alle ore 21:10 sul canale TwentySeven.

Fonte: IMDb

 
 

Il risolutore: trama e cast del film con Vin Diesel

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L’attore Vin Diesel è universalmente noto per la saga di Fast & Furious, che lo ha reso una celebrità nonché uno dei grandi interpreti del cinema d’azione. Nel corso della sua carriera, però, questi si è distinto anche per altri film e ruoli, alcuni dei quali altrettanto famosi e apprezzati. Dopo Dominic Toretto, uno dei suoi personaggi più noti è quello di Sean Vetter, protagonista di Il risolutore, thriller d’azione diretto nel 2003 da F. Gary Gray, regista che avrebbe poi nuovamente collaborato con Diesel per Fast & Furious 8. In questo primo film insieme i due danno vita ad un avvincente racconto ambientato nel contesto dei cartelli della droga.

Con caratteristiche che lo rendono un vero e proprio revenge movie, Il risolutore presenta diversi elementi affascinanti, tra cui il tema dell’eroe positivo capace di diventare un vendicatore assetato di sangue infinitamente più aggressivo e controverso dei criminali contro cui combatte. A partire da qui il film si configura dunque come un avvincente esplosione di violenza e adrenalina, che ha contribuito a consolidare la fama di Diesel come attore di personaggi caratterialmente duri ed estremamente decisi nei loro obiettivi. Pur non affermatosi da subito come un gran successo, il film guadagnò un notevole seguito negli anni.

Per gli amanti del genere e dell’attore, si tratta infatti di una pellicola cult da non lasciarsi sfuggire, che offre un intrattenimento spensierato e ricco di colpi di scena. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il risolutore: la trama del film

Protagonisti del film sono i due soci Sean Vetter e Demetrius Hicks, un tempo violenti criminali ora entrambi agenti della DEA dopo aver stretto un accordo con il Governo degli Stati Uniti. Provenendo dalla strada, i due si sono infatti da subito rivelati particolarmente dotati come infiltrati per indagini sotto copertura nel mondo del narcotraffico. Da anni pattugliano il confine tra California e Messico, contrastando le organizzazioni criminali che vorrebbero estendere il proprio dominio di illeciti.  La loro attuale missione è quella di combattere il traffico di droga di Memo Lucero. Dopo una lunga indagine, i due riescono infine a catturare il criminale, consegnandolo alla legge.

Vetter è dunque libero ora di riservare le sue attenzioni alla moglie Stacy. Il cartello, ormai senza guida, viene preso in gestione da El Diablo, un trafficante ancor più pericoloso e spietato di Lucero. Come prima cosa, egli invia infatti un gruppo di sicari per uccidere Vetter e il suo collega. Durante lo scontro a fuoco, però, a morire senza colpe è proprio Stacy. Accecato dall’odio, Vetter risveglia il sanguinario criminale che era stato, decidendo di intraprendere una spedizione punitiva del tutto personale. Aiutato da Hicks e da Lucero, egli parte dunque alla ricerca di El Diablo, con l’intenzione di fargli comprendere in malo modo di aver provocato la persona sbagliata.

Il risolutore cast

Il risolutore: il cast del film

Come anticipato, ad interpretare il ruolo dell’agente DEA Sean Vetter vi è l’attore Vin Diesel. Fu proprio il suo ingresso nel cast a consentire al film di ottenere il via libera alla produzione. Dopo il successo di Fast & Furious e xXx, l’attore era infatti diventato una vera e propria icona del genere d’azione. Per prepararsi al ruolo, Diesel si sottopose ad un allenamento intensivo. Così facendo ebbe modo di ottenere la muscolatura necessaria a girare quante più scene possibili senza dover ricorrere a controfigure. Nei panni di Stacy, la moglie del protagonista, vi è invece l’attrice Jacqueline Obradors, celebre per le serie NYPD – New York Police Department e Bosch.

Ad interpretare Demetrius Hicks, collega e compare di vita di Sean, si ritrova l’attore Larenz Tate, ricordato in particolare per le serie televisive Rescue Me, Rush e Power. Nei panni di Memo Lucero vi è invece Geno Silva. L’attore, che ha recitato in diversi celebri film, è in particolare ricordato per essere stato The Skull, il silent killer di Sosa nel film Scarface. Nel film sono poi presenti gli attori Steve Eastin nei panni di Ty Frost, Jeff Kober in quelli di Pomona Joe e Marco Rodriguez come Hondo. Più noto è invece Timothy Olyphant, recentemente visto nelle serie Justified, Santa Clarita Diet e Fargo, e qui presente nei panni di Hollywood Jack.

Il risolutore: il trailer e dove vedere il trailer in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il risolutore è infatti disponibile nei cataloghi di Infinity e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 8 novembre alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

Fonte: IMDb

 
 

Dc Studios: 5 eccitanti storyline tra le quali James Gunn potrebbe scegliere per il nuovo DCU

Parlando del futuro del DCU sotto i DC Studios, il co-CEO DCU ha detto che lui e Peter Safran si concentreranno inizialmente “sulla storia da portare avanti, sulla definizione del nuovo DCU e sul racconto della più grande storia mai raccontata attraverso più film, spettacoli televisivi e progetti animati“. Sembra proprio che avremo la versione DC del MCU, cosa che sappiamo che il capo della Warner Bros. Discovery David Zaslav ha reso prioritaria per lo studio fin dall’inizio.

Per quanto riguarda la “più grande storia mai raccontata“, al momento è un mistero per noi. Tuttavia, il fatto che sarà raccontata in tutti questi formati diversi suggerisce che ci sono idee potenzialmente interessanti sul tavolo per il DCU, e abbiamo alcune ipotesi su quali storie dei fumetti potrebbero essere l’ispirazione per quello che sembra essere un legittimo rivale della Saga dell’Infinito.

1Qualcosa di completamente nuovo

Sebbene sia lecito supporre che Gunn e Safran si siano ispirati ai fumetti, ciò non significa che ci troveremo di fronte ad una serie di adattamenti. Il regista avrà probabilmente imparato dai Marvel Studios come ciò che c’è sulla pagina possa servire solo come base per ciò che si può realizzare su schermo, e come risultato il suo adattamento del franchise di Guardiani della Galassia era del tutto originale. In Suicide Squad, Gunn ha preso Starro – il primo cattivo che la Justice League abbia mai affrontato – e lo ha messo contro la Task Force X! Il punto è che Gunn è un regista che pensa fuori dagli schemi, e questo significa che dovremmo aspettarci molto probabilmente l’inaspettato quando si tratta di quello che sembra essere un futuro brillante per il DCU.

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Black Panther: Wakanda Forever, la recensione del film Marvel

Black-Panther-Wakanda-Forever-recensione

Si fonda sul lutto il film Black Panther: Wakanda Forever. Un lutto tanto esterno quanto interno alla pellicola, legato alla prematura scomparsa di Chadwick Boseman e, di conseguenza, del suo personaggio T’Challa, alias Black Panther. A partire da tale triste e inaspettato risvolto si costruisce dunque il racconto di questo nuovo capitolo del Marvel Cinematic Universe, l’ultimo di questa travagliata Fase 4. Il film diretto da Ryan Coogler, e sequel di quel fortunato Black Panther che nel 2018 conquistò una nomination come miglior film agli Oscar, cerca dunque di riflettere sull’eredità lasciata dall’ormai ex protagonista, di metabolizzare il dolore e di guardare al futuro.

Black Panther: Wakanda Forever trova dunque ora in Shuri (Letitia Wright), la giovane sorella di T’Challa, la sua protagonista. È lei a doversi relazionare con un dolore che sembra insormontabile e a dover garantire il bene del Wakanda insieme alla madre Ramonda (Angela Bassett). Mentre cerca di trovare delle risposte a quanto accaduto e a ritrovare un proprio equilibrio esistenziale, Shuri deve però anche affrontare una nuova minaccia, rappresentata dal mutante Namor (Tenoch Huerta) e il suo esercito degli abissi. C’è qualcosa che questo nemico vuole e Shuri dovrà entrarne in possesso per prima, se vorrà garantire la sopravvivenza della propria nazione.

Mostrare il dolore senza sentirlo

Trentesimo film dell’MCU, Black Panther: Wakanda Forever è anche quello che, per forza di cose, si trova più di tutti gli altri a dover gestire una serie di situazioni e tematiche tutt’altro che liete. In nessun altro film targato Marvel la morte, il dolore e l’elaborazione del lutto hanno un peso simile a quello che posseggono invece qui. Consapevoli di ciò, Coogler e lo sceneggiatore Joe Roberto Cole costruiscono un racconto che non cerca di marginalizzare quanto accaduto, come si temeva potesse avvenire, ma anzi fa di esso una presenza costante, alla base di ogni evento e azione dei nuovi protagonisti.

L’arco narrativo dei personaggi principali appare qui dunque quantomai importante, non solo per farli crescere nel corso del film ma anche per offrire allo spettatore il modo di vivere egli stesso quel processo di elaborazione del lutto necessario a poter proseguire poi il proprio percorso. Solennità è allora la parola d’ordine, senza però dimenticare quella spensieratezza che i Marvel Studios hanno tanto sapientemente coniugato all’azione richiesta da questa tipologia di film. Questo delicato equilibrio, in realtà, si rivela poi il principale punto debole di Black Panther: Wakanda Forever. In mezzo a quanto viene proposto, le emozioni risultano come raffreddate.

La sensazione è dunque quella di un lutto e un dolore più mostrati che sentiti. È certamente lodevole che Coogler scelga di non calcare la mano a riguardo, cosa che al contrario avrebbe fatto cadere il film nella volontà di estorcere allo spettatore lacrime ed emozioni in modo forzato e furbo. Sembrano però mancare quei momenti di sincerità dove si trova il tempo di fermarsi e riflettere su quanto accaduto, potendo così dar vita a momenti realmente coinvolgenti e commoventi. Per un film della durata di due ore e quaranta, non trovare questo tempo evidenzia uno squilibrio tutt’alto che giustificato.

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L’attrice Letitia Wright nei panni di Shuri in una scena di Black Panther: Wakanda Forever.

Black Panther: Wakanda Forever e quelle occasioni sprecate

Non si può negare che Black Panther: Wakanda Forever abbia un suo fascino distintivo, di cui tanti altri film dell’MCU non godono, dato già solo dal fatto di presentare mondi e contesti originali, diversi da quelli degli altri film. In questo caso, sequenze come quella ambientata nel regno di Namor, il Talocan, o gli scontri che si svolgono nel Wakanda, risultano sia avvincenti che affascinanti da vedere. Lo stesso Namor si distingue come un villain ricco di carisma, per quanto le sue motivazioni non siano particolarmente originali e sul finale egli venga sbrigativamente messo da parte. O ancora anche Shuri, che si distingue come un personaggio che trova qui la possibilità di esprimere tutto quel potenziale che nel primo Black Panther lasciava intuire.

Tali elementi di valore sono però contenuti in un film che, come si diceva, appare piuttosto squilibrato. Banalmente, molte sono le scene che risultano ininfluenti ai fini del racconto, come ad esempio tutte quelle che riguardano l’attore Martin Freeman, che torna qui ad interpretare l’agente Everett Ross. Particolarmente sprecato risulta essere anche il personaggio di Riri Williams alias Ironheart, interpretato da Dominique Thorne. Sappiamo che ci sarà una serie interamente dedicata a lei, ma la sua introduzione e il suo ruolo in questo film lascia più dubbi che non aspettative. Ci sono dunque una serie di occasioni perse e altre sfruttate solo in parte, che neanche la regia di Coogler può recuperare.

Questo tempo sprecato avrebbe dunque potuto essere impiegato invece per approfondire meglio il modo in cui il lutto risuona in ognuno dei protagonisti, cosa che avrebbe con buona probabilità permesso al film in sé di dotarsi di un cuore più forte e vivo. Mancando ciò, Black Panther: Wakanda Forever rimane sì un buon blockbuster d’azione con più di un aspetto di valore, ma manca in generale di soddisfare le aspettative generatesi nei suoi confronti, affermandosi come un prodotto Marvel in linea con gli altri di questa Fase 4, ovvero poco incisivo.

 
 

Star Wars: 10 momenti essenziali per l’ascesa dell’Impero

Star Wars film in uscita

Abbiamo sentito parlare per la prima volta dell’Impero Galattico nella trilogia originale di Star Wars. Da allora, l’organizzazione militare d’impronta dittatoriale si è evoluta: è diventata la maggiore potenza della galassia, si dissolta ed è poi riemersa come Primo Ordine. Recentemente, l’Impero è tornato nella serie di Disney+ Star Wars: Andor.

Se si guarda con attenzione al percorso dell’Impero, si possono cogliere una serie di punti di svolta significativi che hanno portato a decisioni sconvolgenti, alcune in grado di consolidare la struttura, altre capaci di portarne la distruzione dell’organismo. Ripercorriamo le dieci tappe più importanti dell’ascesa dell’Impero.

1Il Primo Ordine

I piani messi in atto portano alla nascita del Primo Ordine, una nuova iterazione dell’Impero costruita sulle ceneri dell’ultimo Regime. Quelli che si sono eclissati dopo Endor e coloro che hanno raccolto gli ordini di Palpatine permettono la nascita del Primo Ordine. L’Ordine, come l’Impero, si rivela essenziale in Star Wars. 

In conclusione, l’Impero si è camuffato ed è sopravvissuta alla guerra, per poi risorgere quando la Repubblica sembrava aver raggiunto una stabilità. La decisione di lasciare un piano di successione in atto si rivela efficace e porta ad una nuova ascesa, quella del movimento della Resistenza.

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Empire of Light: il primo trailer del nuovo film di Sam Mendes

Arriverà il 23 febbraio nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney Company Italia, il film di Sam Mendes Empire of Light che sarà presentato in anteprima al 40° Torino Film Festival. Ambientato nei primi anni ‘80 in una cittadina balneare inglese, Empire of Light è una storia potente e toccante sui legami umani e sulla magia del cinema del regista premio Oscar Sam Mendes.

Empire of Light è interpretato da un cast stellare, tra cui la vincitrice dell’Academy Award Olivia Colman, il vincitore del BAFTA Micheal Ward, Tom Brooke, Tanya Moodie, Hannah Onslow, Crystal Clarke, con Toby Jones e il premio Oscar Colin Firth. Il film è prodotto da Neal Street Productions di Sam Mendes e Pippa Harris, in collaborazione con Searchlight Pictures.

Searchlight Pictures

Searchlight Pictures è una casa di produzione cinematografica a livello globale che sviluppa, produce, finanzia e acquista film, sia per la distribuzione cinematografica mondiale che per quella in streaming. Ha le proprie attività di marketing e distribuzione e fa parte di The Walt Disney Studios, una divisione di The Walt Disney Company. Fondata nel 1994 con il nome di Fox Searchlight Pictures, i suoi titoli hanno incassato oltre 5 miliardi di dollari in tutto il mondo e hanno ottenuto 46 Academy Award, cinque dei quali come Miglior Film dal 2009: The Millionaire, 12 Anni Schiavo, Birdman – O l’Imprevedibile Virtù dell’Ignoranza, La Forma dell’Acqua – The Shape of Water e Nomadland; 51 BAFTA Award, 28 Golden Globe Award e 10 Grammy Award. Searchlight Television, la divisione che sviluppa e produce serie per partner di streaming, di rete e via cavo ha ottenuto un Primetime Emmy Award nella categoria migliore attrice, oltre a 5 candidature per la sua prima produzione The Dropout di Elizabeth Meriwether, in collaborazione con Hulu e 20th Studios. Searchlight ha recentemente distribuito Omicidio nel West End di Tom George, Not Okay di Quinn Shephard, Good Luck to You, Leo Grande di Sophie Hyde, Fire Island di Andrew Ahn, La fiera delle illusioni – Nightmare Alley di Guillermo Del Toro, e il documentario di Ahmir “Questlove” Thompson Summer of Soul realizzato con Hulu in collaborazione con Onyx Collective di Disney. Tra le prossime uscite figurano Gli Spiriti dell’Isola di Martin McDonagh; The Menu di Mark Mylod ed Empire of Light di Sam Mendes, Next Goal Wins di Taika Waititi e Chevalier di Stephen Williams.

 
 

EFA – European Film Awards: nomination come miglior attore a Pierfrancesco Favino

Pierfrancesco Favino nostalgia
Pierfrancesco Favino, © Foto di Mario Spada

La European Film Academy ha candidato come finalista Pierfrancesco Favino nella categoria MIGLIOR ATTORE alla 35ª edizione degli EFA – European Film Awards per la sua interpretazione nel film Nostalgia di Mario Martone,  film che rappresenterà l’Italia agli Oscar 2023 nella selezione per la categoria “Miglior Film Internazionale”. La serata di premiazione degli EFA, i più importanti premi cinematografici europei, sarà sabato 10 dicembre in Islanda a Reykjavík.

  • “Da membro dell’EFA da tanti anni sono ancora più orglioso di ricevere questa candidatura per Nostalgia di Mario Martone. Ringrazio lui di avermi portato con sé in questo viaggio e tutti i votanti per questo privilegio. Viva il cinema.” Pierfrancesco Favino
  • Pierfrancesco Favino di Nostalgia non è solo il protagonista, è un’anima. Sono felice per la sua candidatura, che rappresenta con forza il film e tutti noi.”  Mario Martone

Nostalgia, il film

Nostalgia ha partecipato In Concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes, riscuotendo molto successo tra il pubblico e la critica. Successivamente ha ottenuto cinque Nastri d’Argento per la Miglior Regia a Mario Martone, il Migliore Attore Protagonista a Pierfrancesco Favino, la Migliore SceneggiaturaMario Martone e a Ippolita Di Majo e per il  Migliore Attore Non ProtagonistaFrancesco Di Leva e a Tommaso Ragno.

Il film, che vede nel cast insieme a Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno, Aurora Quattrocchi, Sofia Essaidi, Nello Mascia, Emanuele Palumbo, Artem, Salvatore Striano e Virginia Apicella, è una produzione PICOMEDIA MAD ENTERTAINMENT in associazione con MEDUSA FILM e in coproduzione con ROSEBUD ENTERTAINMENT PICTURES.

 
 

The Crown 5: l’incontro con il cast della serie Netflix

The Crown 5 intervista cast

È un sole sbiadito quello che sorge sulla quinta stagione di The Crown, disponibile dal 9 novembre su Netflix, un sole che per la prima volta sorge su una serie e su un mondo che ha salutato per sempre la più grande ispirazione per la serie di Peter Morgan. Una quinta stagione che deve fare i conti anche con un cambio di casting, il secondo da quando si è avviato questo progetto di grande successo e di fattura altissima.

Imelda Staunton è la nuova regina di The Crown 5

E così Olivia Colman cede la corona a Imelda Staunton che raccoglie il testimone e l’eredità della collega con una grazia e un’efficacia davvero incredibili. A detta sua, merito della squadra che a differenza degli attori non cambia e continua a lavorare con grande precisione alla messa in scena e alla costruzione del prodotto. “Sono arrivata su un set nuovo, ma tutti sapevano già cosa fare, dopo quattro stagioni di allenamento. Non si può davvero immaginare la precisione con cui lavorano su dettagli che nemmeno si vedranno in scena. Peter Morgan investiga la parte emotiva della storia, e di quella si parla a parte, ci si lavora insieme, ma tutta la scenografia, i costumi, i dettagli, il trucco sono stati degli strumenti importantissimi nelle nostre mani.”

Con fervore Imelda Staunton racconta la produzione di The Crown 5. A lei fa eco Lesley Manville che succede a Helena Bonham Carter nel ruolo della principessa Margaret: “Ho provato tantissimo, ho studiato, ho visto filmati, ma ho cominciato a sentire il mio personaggio solo quando sono entrata nel costume e ho comunicato a lavorare con il dialogue coach”.

Per Staunton, dare corpo alla Regina Elisabetta II è stato un “meraviglioso esercizio di recitazione”. Per interpretare la sovrana appena scomparsa, l’attrice ha dovuto “trattenere le emozioni per poterle mostrare nel modo giusto. È un processo molto difficile per un attore eppure fondamentale per questo personaggio. Il pubblico deve capirlo senza vederlo. Il punto è che queste persone vivono dentro a dei confini ben precisi e il tentativo di Peter Morgan con The Crown è di raccontare la vita che queste persone possono avere all’interno dei confini di questa vita che loro non possono valicare. Credo sia un approccio molto interessante.”

Il nuovo cast

Quello che sembra accomunare tutti gli interpreti (oltre a Staunton e a Manville, ci sono Elizabeth Debicki nei panni di Diana Spencer, Dominic West in quelli del Principe Carlo, Jonathan Pryce nel ruolo del Principe Filippo e Jonny Lee Miller nel ruolo di John Major, il primo Ministro britannico) è che la ricerca sul personaggio ha creato un vero e proprio legame con il personaggio stesso.

Secondo Miller bisogna innamorarsi del proprio ruolo per interpretarlo bene, e lui così ha fatto, rintracciando in John Major delle somiglianze con il suo stesso percorso che glielo hanno fatto apprezzare anche di più. Lo stesso dicasi per Pryce che nel dare corpo al principe consorte ne ha avuto un’esperienza completamente diversa da ciò che era stato fino a prima: “Studiare la figura di Filippo mi ha dato occasione di affondare nel suo privato. Pubblicamente, il principe era una figura piuttosto burbera e insofferente, che diceva sempre qualcosa di non indicato alla situazione. Tuttavia ho scoperto anche un uomo acuto e appassionato, sono diventato più consapevole della sua vita privata.”

Dominic West ha avuto un compito non facile, ovvero quello di traghettare il personaggio di Carlo nel periodo della sua vita in cui è stato bersaglio dei media e pubblicamente dipinto come un marito infedele, responsabile principale dell’infelicità della ben più popolare Diana. West e la scrittura di Peter Morgan hanno cercato invece di dare luce a una persona che non era certo priva di difetti, che tante contraddizioni, ma anche con una visione, uno spirito: “È difficile sapere cosa le persone sanno di Carlo, ma ha avuto un po’ una cattiva pubblicità nel corso degli anni. Spero sia un’occasione per dare una prospettiva in più su di lui, anche perché inevitabilmente si finisce per prendere le parti del proprio personaggio, come ho fatto io”.

Ma ovviamente l’attenzione dello spettatore è calamitata da Elizabeth Debicki che si è assunta la responsabilità di interpretare Lady Diana nel periodo più esposto della sua vita. Ero molto nervosa, ho sentito una grande responsabilità, ma per fortuna siamo stati sostenuti da uno staff e delle persone che capiscono qual è la situazione. È stato un processo complesso anche solo capire che questa è la mia interpretazione di un personaggio. Sappiamo che le persone che lo guardano hanno delle aspettative, non solo per affezione verso gli interpreti è venuti prima di noi ma anche per le persone reali che portiamo sullo schermo, questi ruolo sono il risultato di una danza tra tanti elementi.”

The Crown 5 arriverà senza più il sole intorno al quale gira questa storia a illuminare il mondo, sarà la prima volta che una stagione di questa serie arriverà al pubblico senza che da qualche parte in una stanza di Buckingham Palace ci sia la vera Elisabetta II a gestire un eventuale contraccolpo dell’ennesima ri-narrazione della storia recente dei Windsor. Eppure, secondo Jonathan Pryce, “rivederla interpretata da Imelda a schermo sarà di conforto per quelle persone che ne sentono la mancanza. Il pubblico avrà di nuovo la sua regina, anche solo per poco.”

 
 

Decision to Leave: recensione del film di Park Chan-wook

decision to leave recensione

Se i tempi di Oldboy sono ormai lontani – e il motivo principale è che il cinema è profondamente cambiato nei quasi vent’anni dall’uscita del film – questo non significa che Park Chan-wook abbia perso la sua visione personale di cinema. L’ha magari leggermente adattata a quelle che sono le coordinate imposte dal nostro presente, non mancando però di inserire una suo discorso mai scontato sui rapporti interpersonali.

Decision to Leave diventa La donna del mistero

A dimostrarlo arriva il suo ultimo Decision to Leave (in italiano La donna del mistero), presentato al New York Film Festival e prima ancora a Cannes, dove ha ottenuto il Premio Per la Regia. Un riconoscimento assolutamente meritato, in quanto la messa in scena di questo mix audace e spietato di giallo, commedia e melodramma è senza dubbio il pregio maggiore del film.

Decision to Leave, la trama

La prima metà di questo poliziesco d’autore è un susseguirsi di trovate originali, di guizzi registici, di piccole gemme di scrittura che si incastonano a formare un mosaico narrativo prezioso. La storia segue le indagini che il detective Hae-jun (Park Hae-il) deve condurre dopo che un uomo è morto a causa di un apparente incidente in una scalata. Il poliziotto non è però convinto della casualità della morte e comincia a sospettare della moglie della vittima, Seo-Rae (Tang Wei), di origine cinese. Pian piano però l’uomo comincia a sviluppare un coinvolgimento emotivo molto forte nei confronti della vedova, sentimento che lo porterà a mettere a repentaglio la propria professione.

Nella precisione del racconto e nella delineazione delle psicologie dei due protagonisti Decision to leave segue in maniera esplicita le coordinate della commedia romantica, salvo però inserirle in una detective-story in piena regola, dove il non detto – o meglio in questo caso il “lost in translation” – creano un effetto dolcemente straniante, un’atmosfera particolare che coinvolge lo spettatore in un gioco psicologico affascinante. Il film viaggia spedito e brioso verso una seconda metà in cui invece si trasforma in un melodramma romantico, senza però perdere di efficacia. Questo scivolamento costruito  in maniera tanto specifica e coerente risulta estremamente difficile da trovare nel cinema contemporaneo, a conferma della lungimiranza con cui Park Chan-wook sa realizzare i propri lungometraggi. A livello ideale e cinematografico dunque Decision to Leave possiede due anime, eppure rimane un progetto solido, compatto e coeso. Una vera rarità. 

Un romantico e doloroso gioco al massacro

La riuscita di questo romantico e doloroso gioco al massacro tra uomo e donna non sarebbe potuta essere talmente efficace senza l’apporto prezioso di Park Hae-il) e soprattutto Tang Wei: se infatti l’attore costruisce con minuzia le piccole indecisioni, le minuscole fratture che permettono il progressivo sgretolamento della corazza professionale del poliziotto, l’anima pulsante di Decision to Leave è senza dubbio la sua poetica ed eterea protagonista, una donna la cui malinconia è raccontata attraverso un’enorme varietà di sfumature, che Tang Wei riesce a tratteggiare in tutta la loro potenza. Dopo averla amata in Lussuria di Ang Lee e ammirata in Blackhat di Michael Mann, arriva con questo lungometraggio la conferma definitiva che ci troviamo di fronte a un’attrice completa, capace di dare spessore e coerenza a personaggi dalla complessità non comune. 

Pochi autori contemporanei sanno insinuarsi nella mente e sotto la pelle del pubblico come Park Chan-wook: nel caso di questo suo ultimo Decision to Leave lo ha però fatto con una grazia sorprendente, portandoci all’interno di una storia d’amore impossibile e poetica, scandita da momenti di cinema che soprattutto nella prima parte rendono Decision to Leave un lungometraggio frizzante e insieme profondo. Un “oggetto misterioso” e variegato dal fascino tutto particolare. 

 
 

Torino Film Festival: presentato il programma della 40°esima edizione

Torino film Festival 40

La quarantesima edizione del Torino Film Festival si svolgerà dal 25 novembre al 3 dicembre sotto l’egida del Museo Nazionale del Cinema – presieduto da Enzo Ghigo e diretto da Domenico De Gaetano – con la direzione artistica di Steve Della Casa che torna a dirigere la manifestazione a distanza di vent’anni. Consulenti della Direzione Artistica sono Luca Beatrice, Claudia Bedogni, Giulio Casadei, Antonello Catacchio, Massimo Causo, David Grieco Grazia Paganelli, Giulio Sangiorgio e Caterina Taricano, Luigi Mascheroni, Paola Poli, Alena Shumakova e Luciano Sovena.

L’edizione 40 del Torino Film Festival segna il ritorno in sala del pubblico e a partire da questa prospettiva sono stati concentrati tutti gli sforzi proprio come scelta strategica da parte del Museo Nazionale del Cinema. La novità di Casa Festival, una cittadella del cinema aperta al pubblico e situata nel suggestivo scenario della Cavallerizza Reale nel centro di Torino, è a suo modo simbolica: il festival vuole coinvolgere la città, vuole che gli addetti ai lavori e gli artisti si mescolino con il pubblico come è avvenuto nella grande tradizione di questo festival.

La scelta di affidare l’immagine della quarantesima edizione a un artista di fama internazionale come Ugo Nespolo va nella stessa direzione. Nespolo ha molto frequentato il cinema e, per creare l’immagine del 40 TFF, ha voluto rendere omaggio ai grandi miti dell’immaginario cinematografico per realizzare elementi pop che vestiranno la città nei giorni del festival. E anche la scelta di inaugurare il festival stesso con un gala al Teatro Regio nel quale Hollywood Party (la storica trasmissione di cinema di Rai Radio3) parlerà a modo suo e con ospiti prestigiosi di un tema accattivante come il rapporto tra i Beatles, i Rolling Stones e il cinema, è una scelta al tempo stesso originale e pop. Madrina del festival sarà Pilar Fogliati, brillante talento dello spettacolo italiano tra piccolo e grande schermo che ha scelto il festival di Torino per la sintonia con la sua attività di attrice e autrice.

Tanti saranno gli ospiti, molto diversi tra loro ma tutti accomunati da un filo rosso. Non verranno a Torino per frequentare tappeti rossi, ma per parlare di cinema (del cinema che fanno o di quello che amano), e lo faranno di fronte a un vasto pubblico di appassionati. Da Malcolm McDowell (che festeggerà a Torino i 50 anni di Arancia meccanica e riceverà dal Museo Nazionale del Cinema la Stella della Mole) a Paola Cortellesi, da Toni Servillo a Mario Martone, da Stefano Bollani a Valentina Cenni, da Paolo Sorrentino a Sergio Castellitto, da Michele Placido a Noemi, da Francesco De Gregori a Marco D’Amore, da Marina Cicogna a Simona Ventura, da Vittorio Sgarbi a Morgan, da Gianluca Vialli a Roberto Mancini, da Louis Mandoki a Lamberto Bava: storie e idee diverse, tutte accomunate da un incontro pubblico e da un grande amore per la settima arte.

Poi ci sono i film. Tanti esordi e anteprime internazionali, molti titoli dei quali sentiremo parlare in futuro, e anche qualche gradito ritorno, come quello di Antonio Rezza che propone un film straordinario tornando nel festival che aveva vinto due volte negli anni Novanta. E poi ci sono le intersezioni, in particolare con la Film Commission, il Torino Film Lab e con il Torino Film Industry che quest’anno vedrà il TFF impegnato in prima persona.

Da sempre attento ai temi della sostenibilità ambientale il Torino Film Festival ribadisce la volontà ad impegnarsi in tal senso facendo proprie le buone pratiche indicate nella Guida Festival Green realizzata dall’AFIC (Associazione Festival Italiani Cinema) e relative a 10  aree tematiche di intervento – dalla mobilità ai consumi energetici, passando per la sostenibilità alimentare e la produzione di un merchandising ecologico e riciclabile – per rendere un evento cinematografico più ecologico.

Sono questi gli elementi che caratterizzano il Torino Film Festival numero 40, il cui programma ricco, dettagliato e ambizioso potete leggere qui allegato. Un festival colto ma popolare, di ricerca ma divertente. Un festival che vuole essere una festa.

APERTURA 40 TORINO FILM FESTIVAL

Per la prima volta nella sua storia la serata inaugurale del Torino Film Festival, realizzata in collaborazione con il Teatro Regio, sarà trasmessa in diretta su Rai Radio3, all’interno dello storico programma Hollywood Party che da trent’anni racconta il cinema alla radio, e sarà poi disponibile su RayPlaySound. L’idea è di raccontare per 70 minuti il rapporto tra i Beatles, i Rolling Stones e il cinema, con interviste e con filmati rari o inediti che saranno visibili per il pubblico in sala e saranno in audio per i radioascoltatori. I due gruppi più famosi del pop inglese hanno infatti un rapporto molto intenso con il cinema, che li ha visti attori e produttori nonché ovviamente autori di colonne sonore. Nella loro storia ci sono rapporti con Richard Lester, James Bond, Jean-Luc Godard, Mario Schifano, Jonas Mekas, Wim Wenders, Martin Scorsese oltre naturalmente a molti altri film e titoli. Un rapporto che sarà analizzato dai conduttori di Hollywood Party assieme a Malcolm McDowell, Noemi, Vincenzo Mollica, John Vignola, Francesco De Gregori e altri ospiti che si aggiungeranno.

  • BEATLES E ROLLING STONES AL CINEMA 25 novembre 2022, ore 19 Torino, Teatro Regio e in diretta su Rai Radio 3 – Hollywood Party

CONCORSO LUNGOMETRAGGI

Il concorso internazionale lungometraggi è composto di dodici film – opere prima, seconde o terze – sorrette da una visione del cinema che naturalmente si spinge verso il futuro, ma con radici ben salde e storie che sapranno far innamorare il pubblico. Nuovi autori, com’è tradizione del Torino Film Festival, che ci aspettiamo di trovare tra i maestri di domani, con il loro sguardo empatico sul reale, eccentrico, drammatico, politico, ribelle, dirompente, irriverente. Per questo ogni film ha un valore particolare e universale al tempo stesso, perché racconta storie in cui è facile identificarsi, ma che sanno essere strumento di riflessione sull’uomo, le società e i meccanismi relazionali in contesti e in paesi diversi. Un vero e proprio giro del mondo, dal Giappone alla Romania, dal Canada agli Stati Uniti, ma anche Svizzera, Ucraina, Nicaragua, Francia, Spagna, Argentina, Italia e Serbia, attraverso racconti di gioventù, non sempre crudeli, ma esemplari e vibranti. La vitalità del cinema contemporaneo è espressa, grazie a queste dodici opere, attraverso la capacità di interpretare quella ricerca continua che la settima arte porta avanti. Interrogativi lanciati come sfide o segnali, diretti a chi saprà accogliere le prime e avrà lo sguardo libero e fresco per decifrare i secondi.

  • FALCON LAKE di Charlotte Le Bon (Francia/Canada, 2022, DCP, 100′) Dalla graphic novel di Bastien Vivès. Due adolescenti, d’estate: la scoperta del desiderio e il fantasma del lago.
  • LA HIJA DE TODAS LAS RABIAS / DAUGHTER OF RAGE di Laura Baumeister (Nicaragua/Messico, 2022, DCP, 90′) Realismo magico in Nicaragua. Il viaggio di una bambina in un mondo ostile riscattato dalla fantasia.
  • KRISTINA / CHRISTINA di Nikola Spasic (Serbia, 2022, DCP, 90′) Ritratto in forma di docu-fiction di una sex worker transessuale serba. Un mélo raffinato e pittorico.
  • LA LUNGA CORSA / JAILBIRD di Andrea Magnani (Italia / Ucraina, 2022, DCP, 88′) Il cielo in una cella: tra coming of age surreale e fiaba carceraria, l’opera seconda di Andrea Magnani (Easy).
  • MAN AND DOG di Stefan Constantinescu (Romania/Bulgaria, 2022, DCP, 106′) Nel solco del miglior cinema rumeno contemporaneo. Un film teso, ambiguo, sul filo di una mutevole verità.
  • NAGISA di Takeshi Kogahara (Giappone, 2021, DCP, 87′) Il dolore mangia l’anima: quasi una ghost story persa nel tunnel del ricordo di una sorella scomparsa.
  • PALM TREES AND POWER LINES di Jamie Dack (USA, 2022, DCP, 110′) Un uomo e un’adolescente nella provincia americana. Sobrio e rigoroso, con un finale che non si dimentica.
  • PAMFIR di Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk (Ucraina/Francia/Polonia, 2022, DCP, 106′) In una terra di riti pagani e suggestioni senza tempo un padre lotta per la sua famiglia.
  • LA PIEDAD di Eduardo Casanova (Spagna / Argentina, 2022, DCP, 84′) Sangue vermiglio e canti coreani in un mother-son horror comedy a metà tra il primo Almodóvar e Takashi
    Miike.
  • RODEO di Lola Quivoron (Francia, 2022, DCP, 110′) Un’opera prima ribelle e insolente fatta di sangue, asfalto e adrenalina.
  • UNREST di Cyril Schäublin (Svizzera, 2022, DCP, 93′) Nella Svizzera della seconda metà dell’Ottocento: essere padroni del tempo, contro il tempo del padrone.
  • WAR PONY di Riley Keough, Gina Gammell (USA, 2022, DCP, 115′) Camera d’Or a Cannes, il ritratto appassionante di una comunità di nativi americani.

CONCORSO DOCUMENTARI INTERNAZIONALI

È un dato di fatto acquisito: che lo si chiami (ancora o di nuovo) documentario o che lo si etichetti come cinema del reale, è soprattutto in questo ambito che l’arte cinematografica tenta di reinventarsi, dibattendosi alla ricerca di nuovi linguaggi e nuovi modi per raccontare il mondo, sbilanciando i rapporti tra fiction e non-fiction, provando a interpellare, inquadrare, sfidare una realtà che da un lato si trova maggiormente abitata da simulacri ingombranti, da dispositivi che la aumentano, la deformano, astraggono o cancellano, e dall’altro si sente minacciata da un senso di fine incombente, che si chiami pandemia, guerra o cambiamento climatico. Così il Concorso documentari internazionali è stato costruito come una mappatura delle forme possibili, delle certe tendenze del documentario, accogliendo film da tutto il mondo (dal Brasile al Portogallo, dall’Australia all’Argentina, dal Libano alla Cina), proponendo modi divergenti (dal documentario animato a quello d’osservazione, dal commento su materiale d’archivio al re- enactment, dalla sinfonia della città alla passeggiata), ma anche passando tra toni e registri opposti, umori da commedie o angosce apocalittiche. Otto film che finiscono per condividere – lo vedrete – un comune sentimento, la necessità di interrogarsi sui luoghi e sulle rovine del cinema e della Storia, l’esigenza di guardare con occhi nuovi quel che resta del mondo come lo conosciamo.

  • CORSINI INTERPRETA A BLOMBERG Y MACIEL di Mariano Llinás (Argentina, 2021, DCP, 100′) Il tango, il cantante, il poeta e il compositore: Mariano Llínas (La Flor) filma un film sull’Argentina e su un suo eroe – o forse un dittatore…
  • DRY GROUND BURNING di Adirley Queirós, Joana Pimenta (Brasile / Portogallo, 2022, DCP, 153′) Léa e le sue sorelle nel Brasile di Bolsonaro: tra western femminista e distopia carpenteriana.
  • ELSEWHERE STARTS HERE AND IT’S HAPPENING di Darik Janik (Australia, 2022, DCP, 63′) Un pittore e un fotografo vagano senza direzione nel tempo immobile della pandemia. Beckettiano.
  • OCTOPUS di Karim Kassem (Libano/USA, 2021, DCP, 65′) Beirut, qualche giorno dopo l’esplosione nel porto. Sinfonia di una città ferita.
  • PARKLAND OF DECAY AND FANTASY di Chenliang Zhu (Cina, 2022, DCP, 104′) Un ex parco giochi cinese, dimora di artisti e outsider, è infestato dai fantasmi.
  • RIOTSVILLE, USA di Sierra Pettengill (USA, 2022, DCP, 91′)
    Usa, anni 60: l’esercito fonda una città-set in cui mettere in scena gli scontri per i diritti civili.
  • SILVER BIRD AND RAINBOW FISH di Lei Lei (USA/Olanda, 2022, DCP (NO KDM), 104′)
    Memorie sotto la stella rossa: tra plastilina e patchwork, la lunga marcia animata della famiglia dell’autore nella Cina maoista.
  • WHERE IS THIS STREET? OR WITH NO BEFORE AND AFTER di João Pedro Rodrigues e João Rui Guerra da Mata (Portogallo/Francia, 2022, DCP, 88′) Il presente negli occhi del passato: tornare sui luoghi di Os verdes anos per rivedere Paulo Rocha e ritrovare Isabel Ruth.

CONCORSO DOCUMENTARI ITALIANI

Otto modi di declinare il documentario italiano per un Concorso che guarda la realtà contemporanea ripensando il passato, elaborando le esperienze soggettive e dialogando coi miti. Liberarsi nel senso quotidiano dell’esistere è la spinta che muove la Foga dei passi – Cinemavita percorsi da Francis Magnenot e Katia Viscogliosi tra Roma e Lione nei giorni del lockdown. Ma il confinamento è anche quello che ha offerto a Luca Ferri la distanza del mezzo per la narrazione della Vita terrena di Amleto Marco Belelli, meglio noto come il Divino Otelma. Così come ha dato al collettivo Santabelva l’occasione di confrontarsi col Corpo dei giorni di libertà vigilata garantiti dalla legge al terrorista nero Mario Tuti. Le esperienze personali sono trame di vita vissuta e filmata in tournée dagli attori dalla Cie du Passage di Neuchâtel, riscritta da Cosimo Terlizzi in Cinque uomini, un diario al di là della scena. Ma la biografia può anche essere trama di una narrazione di un gesto estremo nel dialogo tra Francesco Patierno e la scrittrice Fuani Marino da cui scaturisce Svegliami a mezzanotte. La Storia e le vite si intrecciano invece in N’en parlons plus di Cecile Khindria e Vittorio Moroni, sospeso sui ricordi di una famiglia di algerini harkis fuggita in Francia e rinchiusa in un campo di prigionia. E poi c’è il mito: che interroga il paesaggio siciliano, ritrovando attraverso i pupi di Mimmo Cuticchio i passi di Dante e Virgilio Sulle vie dell’inferno. E che contempla la forza primigenia delle fiamme dell’Etna, cercando una risposta al quesito posto da Giuseppe Spina e Giulia Mazzone in Dove vanno i vecchi dei che il mondo ignora?

  • CINQUE UOMINI, UN DIARIO AL DI LÀ DELLA SCENA / FIVE MEN, A DIARY BEYOND THE STAGE di Cosimo Terlizzi (Svizzera/Italia, 2022, DCP, 62′) Cinque attori, una videocamera, una tournée: tra scena, camerini e treni, Cosimo Terlizzi firma un altro diario di vita in corso d’opera.
  • CORPO DEI GIORNI di Santabelva (Italia, 2022, DCP, 96’) Un collettivo cinematografico e un terrorista all’ergastolo: un incontro/scontro sulla politica, ma anche sul senso del filmare.
  • DOVE VANNO I VECCHI DEI CHE IL MONDO IGNORA? di Giuseppe Spina, Giulia Mazzone (Italia, 2022, DCP, 67′) Sulle tracce di un’antica esplorazione, viaggio ipnotico nel tempo e nella materia dell’Etna.
  • FOGA DEI PASSI – CINEMAVITA di Francis Magnenot, Katia Viscogliosi (Italia/Francia, 2022, DCP, 97′) Una suite a tempo di vita (da lockdown): tra Roma e Lione, tra l’esistere e il filmare, una coppia di autori “fragili” ma tutt’altro che ingenui.
  • N’EN PARLONS PLUS di Cecile Khindria, Vittorio Moroni (Francia/Italia, 2022, DCP, 76′)
    Un viaggio alla ricerca delle proprie radici. E di una pagina dimenticata del conflitto tra Francia e Algeria.
  • SULLE VIE DELL’INFERNO di Mimmo Cuticchio (Italia, 2022, DCP, 52′) Nelle vene della Sicilia, seguendo i passi di Dante e Virgilio: i pupi di Mimmo Cuticchio rileggono la Divina
    Commedia.
  • SVEGLIAMI A MEZZANOTTE di Francesco Patierno (Italia, 2022, DCP, 71′) Dal romanzo di Fuani Marino, l’esplorazione di un dolore inesprimibile negli archivi della memoria e dell’inconscio.
  • VITA TERRENA DI AMLETO MARCO BELELLI di Luca Ferri (Italia, 2022, DCP, 98′) Tutto quello che avreste voluto sapere sul Divino Otelma. Da Luca Ferri, strutturalista e surrealista.

DOCUMENTARI ITALIANI | Fuori Concorso

  • EROINA – LA GENERAZIONE PERDUTA di Marco Turco (Italia, 2022, DCP, 75′- Storia d’Italia all’epoca della tossicodipendenza e di Carlo Rovina, il giornalista che capì tutto ma non riuscì a starne alla larga.
  • UNA GIORNATA NELL’ARCHIVIO PIERO BOTTONI di Massimo D’Anolfi, Martina Parenti (Italia, 2022, DCP, 35′) e
  • POST-PROD di Lorenzo Casali (Italia, 2022, DCP, 43′ circa) Come ti reinvento il film su commissione: due brevi documentari sul ripensamento (politico) dei luoghi,
    sullo spazio che si fa Storia.
  • PARLATE A BASSA VOCE di Esmeralda Calabria (Italia, 2022, DCP, 81′)
    Albania, oggi. Il peso della memoria a trent’anni dalla caduta del regime comunista.

SPAZIO ITALIA

Da grande tradizione del Torino Film Festival la sezione competitiva dedicata ai cortometraggi italiani è sempre stata concepita come una palestra vivace e dinamica all’interno della quale osservare i primi movimenti e le sperimentazioni iniziali di giovani autori che si affacciano al mondo del cinema, mescolandoli, in alcuni casi, alle prove di registi più noti. Un modo per dare vita a un circolo virtuoso in cui non solo far convivere generazioni differenti, ma poter proporre al pubblico anche una selezione versatile di opere dagli approcci diversi, e in cui accostare felicemente il cinema narrativo a quello più sperimentale. Seguendo queste coordinate sono stati pensati quindi i tre programmi di film che compongono la sezione, e che sono stati divisi in tre giornate – fuori concorso c’è anche Essere oro di Valentina Cenni, esempio di una collaborazione ad alto livello (il film vede coinvolti Stefano Bollani, Luca Bigazzi, Giorgio Tirabassi) che rende il corto una vera e propria case history e che come tale sarà presentata. Gli altri diciotto cortometraggi sono invece tutti in gara e si diversificano sia per genere sia per le storie che raccontano. Una festa dello sguardo dove rintracciare le idee e i talenti del cinema di domani.

Concorso Cortometraggi Italiani

Programma 1

Immagini celibi, decomposizioni, paesaggi di nero carbone, coming of age, scoperte dell’animo, humor nero.

  • PERPENDICOLARE AVANTI di Federica Foglia (Canada/Italia, 2022, DCP, 15′)
  • AUTORITRATTO ALL’INFERNO di Federica Foglia (Canada/Italia, 2022, DCP, 8′)
  • SIRENS di Ilaria Di Carlo (Germania/Italia, 2022, DCP, 13′)
  • LA COPIA PERFETTA di Riccardo Lanaia (Italia, 2022, DCP, 15′)
  • CICCIOLINA POCKET di Claudio Casazza (Italia, 2022, DCP, 16′)
  • PIZZA PANIC di Leonardo Malaguti (Italia, 2022, DCP, 15′) IL PICCOLO GOLEM di Federica Quaini (Italia, 2022, DCP, 21′)

Programma 2

Storie di mari e di balene, di attesa e adattamento, inganni amorosi, corse in auto e viaggi nelle immagini.

  • LA VIA DEL FERRO di Francesco Cannavà (Italia, 2022, DCP, 22′)
  • BALAENA di Alessia Cecchet (USA/Italia, 2022, DCP, 8′)
  • KM 9 di Filippo Valsecchi (Italia, 2022, DCP, 12′)
  • FINITE EYES di Clemente Ciarrocca (Italia, 2022, DCP, 25′)
  • LO SGUARDO ESTERNO di Peter Marcias (Italia, 2022, DCP, 21′)
  • L’ANNIVERSARIO di Marius Gabriel Stancu (Italia, 2022, DCP, 15′)

Programma 3

Opposti che si incontrano/scontrano: realtà e finzione, vita e morte, ironia e severità, l’uomo e la donna.

  • CANINE di Lorenzo Mandelli (UK/Italia, 2022, DCP, 19′)
  • ZIO PALMIRO di Luca Sorgato (Italia, 2022, DCP, 15′)
  • UGHETTO FORNO – IL PARTIGIANO BAMBINO di Fabio Vasco (Italia, 2022, DCP, 15′)
  • OLD TRICKS di Edoardo Pasquini, Viktor Ivanov (Italia/Bulgaria, 2022, DCP, 6′)
  • RITIRATA di Gianmarco Di Traglia (Italia, 2022, DCP, 11′)

Cortometraggi Italiani | Fuori Concorso

  • ESSERE ORO di Valentina Cenni (Italia, 2022, DCP, 15’) Una bambina, un sogno, una fiaba. Una case history per un cortometraggio particolare, raccontata da Valentina Cenni con Stefano Bollani, Giorgio Tirabassi, Luca Bigazzi

FUORI CONCORSO

Spazio aperto per eccellenza, il fuori concorso del Torino Film Festival presenta quest’anno una selezione particolarmente ricca e articolata, che offre una mappatura delle principali linee di tendenza del cinema contemporaneo. Quattro i pilastri attorno a cui ruota la sezione: il ritorno dei grandi autori e amici del festival (Werner Herzog, Aleksandr Sokurov, Jerzy Skolimowski, Alain Cavalier, Lav Diaz, Antonio Rezza, Sebastien Betbeder, Daniele Vicari, Christophe Honoré, Pappi Corsicato, Alain Guiraudie); la scoperta o la conferma di una nuova promettente generazione di cineasti internazionali (Santiago Mitre, Davy Chou, Hlynur Palmason, Alain Ugetto, Chie Hayakawa); il cinema di genere, declinato in tutte le sue possibili formulazioni (dalla commedia d’epoca di Pinball – The Man Who Saved the Game all’horror tutto al femminile di Nocebo, passando per il thriller -splatter coreano Wolf Hunting Project, la fantascienza sghemba di Quentin Dupieux, il poliziesco australiano The Stranger, fino al peplum croato Illyricum); e la produzione hollywoodiana della stagione, tra cui gli attesissimi Empire of Light di Sam Mendes, She Said di Maria Schrader e Daliland di Mary Harron. Senza dimenticare la serialità televisiva italiana (Bad Guy e Il nostro generale) e l’omaggio a Mike Kaplan, produttore di Robert Altman, che al festival presenterà due documentari realizzati negli anni novanta, tra cui Luck, Trust & Ketchup sulla lavorazione di America Oggi.

  • L’AMITIÉ di Alain Cavalier (Francia, 2022, DCP, 124′) L’amicizia secondo Alain Cavalier: tre ritratti guidati dal piacere della condivisione. Senza nostalgia.
  • THE BAD GUY di Giancarlo Fontana, Giuseppe Stasi (Italia, 2022, DCP, 100′) Un giudice può diventare un criminale? La mafia può distruggere completamente gli uomini che le danno la caccia? Una serie thriller senza esclusione di colpi, con Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi.
  • IL CRISTO IN GOLA di Antonio Rezza (Italia, 2022, DCP, 78′) Il Vangelo secondo Antonio Rezza, già Leone d’oro per il teatro: un film comico, satirico, tragico, religioso.
  • DALILAND di Mary Harron (USA/Francia/UK, 2022, DCP, 104′) Dalla regista di American Psycho, un ritratto inedito di Salvador Dalì e la moglie Gala. Con Ben Kingsley e
    Barbara Sukowa.
  • EMPIRE OF LIGHT di Sam Mendes (UK/USA, 2022, DCP, 119′) L’atteso ritorno di Sam Mendes. Una lettera d’amore al cinema illuminata dalla performance di Olivia Colman.
  • EO di Jerzy Skolimowski (Polonia/Italia, 2022, DCP, 88′) Premio della Giuria al 75° Festival del Cinema di Cannes, l’asinello EO emoziona quanto il suo celebre antenato Balthazar.
  • FAIRYTALE di Aleksandr Sokurov (Russia/Belgio, 2022, DCP, 78′) Stalin, Hitler, Churchill e Mussolini alle porte del paradiso: una bolgia in deep fake.
  • THE FIRE WITHIN: A REQUIEM FOR KATIA AND MAURICE KRAFFT di Werner Herzog (UK/ Svizzera, 2022, DCP, 81’) Un omaggio di spettacolare bellezza in memoria di due vulcanologi, perfetta incarnazione dell’eroe herzoghiano.
  • FUMER FAIT TOUSSER di Quentin Dupieux (Francia, 2022, DCP, 80′) Il senso per l’assurdo di Dupieux al suo apice: un gruppo di supereroi sfigati racconta storie dell’orrore.
  • GODLAND di Hlynur Pálmason (Danimarca/Islanda/Francia/Svezia, 2022, DCP, 142′)
    Un prete-fotografo danese nell’ostile terra d’Islanda di fine Ottocento: there will be blood.
  • ILLYRICVM di Simon Bogocević Narath (Croazia/Slovenia, 2022, DCP, 95′) Illiria, i dominatori romani considerano i Liburni selvaggi barbari, per poi scoprire che non sono così diversi da loro.
  • LE LYCÉEN / WINTER BOY di Christophe Honoré (Francia, 2022, DCP, 122′) Il racconto d’inverno di Christophe Honoré: un film sul lutto, il desiderio, i legami familiari.
  • MANODOPERA – INTERDIT AUX CHIENS ET AUX ITALIENS di Alain Ughetto (Italia/Francia/Svizzera,2022, DCP, 70′) L’emigrazione italiana in Francia in un film in stop motion poetico e personale. Premio della giuria ad Annecy.
  • NOCEBO di Lorcan Finnegan (USA/Irlanda/Filippine, 2022, DCP, 97′) Allucinazioni, tremori e dolori scuotono Eva Green in questo horror filippino irlandese tutto al femminile.
  • IL NOSTRO GENERALE di Lucio Pellegrini, Andrea Jublin (Italia, 2022, DCP, 105′) Una fiction RAI per raccontare un grande servitore dello stato ucciso dalla mafia. Con Sergio Castellitto,
  • Antonio Folletto, Teresa Saponangelo LUCK, TRUST & KETCHUP di Mike Kaplan (USA, 1993, DCP, 99′) Sul set di America oggi, Robert Altman e i suoi attori si interrogano sulla grande impresa di portare sullo schermo l’opera di Raymond Carver.
  • ORLANDO di Daniele Vicari (Italia, 2022, DCP, 122′) Il campagnolo Michele Placido e una bimba metropolitana. In comune hanno una storia. E un regista che sa raccontare.
  • PEQUEÑA FLOR / PETITE FLEUR di Santiago Mitre (Francia/Argentina/Belgio/Spagna, 2022, DCP, 98′)Per uccidere la routine, riammazza il vicino… Sul corpo di Melvil Poupaud, una commedia grand guignol scritta da Mariano Llínas.
  • PERFETTA ILLUSIONE di Pappi Corsicato (Italia, 2022, DCP, 88′) A 10 anni da Il volto di un’altra, il ritorno al cinema di fiction di uno dei massimi inventori di forme del
    nostro cinema.
  • PINBALL – THE MAN WHO SAVED THE GAME di Austin Bragg, Meredith Bragg (USA, 2022, DCP, 94’ circa) New York, il flipper è fuorilegge. Un giornalista, fan del gioco, combatte la follia. Incredibile storia vera.
  • PLAN 75 di Chie Hayakawa (Giappone/Francia/Filippine, 2022, DCP, 108′) Futuro prossimo: troppi anziani. Il governo decide di promuovere un piano per l’eutanasia degli over 75.
  • PROJECT WOLF HUNTING di Hongsun Kim (Corea del Sud, 2022, DCP, 121′)
    Una nave cargo che trasporta pericolosi criminali precipita nel caos. Il thriller più violento dell’anno.
  • RETOUR À SÉOUL / RETURN TO SEOUL di Davy Chou (Francia/Germania/Belgio, 2022, DCP, 119′) La distanza delle origini: da Parigi a Seoul, la storia di una figlia lost in translation.
  • SHE SAID / ANCHE IO di Maria Schrader (USA, 2022, DCP, 128′)
    Nella tradizione del cinema liberal americano, un film inchiesta sul caso Weinstein che ha dato il via al #metoo.
  • THE STRANGER di Thomas M. Wright (Australia, 2022, DCP, 117′) Nelle notti dei deserti australiani, una sorprendente caccia di polizia che è una messa in scena alla Mamet.
  • A TALE OF FILIPINO VIOLENCE di Lav Diaz (Filippine, 2022, DCP, 412′) Il nuovo importante capitolo sulla storia delle Filippine nell’opera didattico-epico-poetica di Lav Diaz.
  • TOUT FOUT LE CAMP / THICK AND THIN di Sébastien Betbeder (Francia, 2022 , DCP, 94′)
    Betbeder torna al Torino Film Festival (dopo averlo vinto nel 2013) con un road movie dolcemente stralunato e teneramente grottesco.
  • THE SHARPEST GIRL IN TOWN di Mike Kaplan (USA, 1999, DCP, 77′)
    Mike Kaplan racconta Ann Sothern, attrice straordinaria degli anni 30 che conclude la sua carriera con il capolavoro Le balene d’agosto di Lindsay Anderson.
  • VIENS JE T’EMMÈNE / NOBODY’S HERO di Alain Guiraudie (Francia, 2022, DCP, 100′) Ci sono un innamorato, un arabo, una prostituta e uno sguardo unico e originale sulle nevrosi della società contemporanea.

FUORI CONCORSO | Personale Carlos Vermut

Uno dei mandati del festival, una delle sue missioni, è anche e soprattutto quello di scoprire un cinema nuovo, nuovi autori, nuove idee. Per questo era importante omaggiare e approfondire l’opera di un cineasta contemporaneo che ci piacesse, un regista possibilmente non conosciuto e studiato in Italia, ma che fosse in grado di mettere in forma, capire e segnare lo spirito del tempo. La scelta è caduta su Carlos Vermut, classe 1980, di Madrid, la cosa migliore accaduta al cinema spagnolo nel secolo in corso (parola di Pedro Almodóvar, che ha paragonato il suo Magical Girl a capolavori di Erice e Zulueta). Primi passi nel fumetto, poi nel cinema di breve metraggio a bassissimo costo, Vermut intreccia umori pulp in intricate trame da soap opera, propone un cinema dalle tematiche estreme con una rigorosa economia di messa in scena (figlia della graphic novel quanto del grande cinema americano), può essere associato, di film in film, a Tarantino quanto a Bergman, a Lang quanto a De La Iglesia, a Cronenberg quanto a Fassbinder, e mentre chiude in geometrie deterministiche e implacabili il destino della sua umanità è in grado di coglierne tutti i paradossi, le radici del passato che asfissiano il presente, i desideri che confliggono con il comune senso della morale, la sofferenza e la necessità dei legami e dei rapporti di potere. In questa personale proponiamo i quattro lungometraggi dell’autore, da Diamond Flash, culto sotterraneo distribuito principalmente tramite internet, all’ultimo Manticora, il suo capolavoro, passando per il film della consacrazione Magical Girl (Concha de Oro a San Sebastian) e a Chi canterà per te.

  • MANTÍCORA / MANTICORE di Carlos Vermut (Spagna, 2022, DCP, 115′)
    Tra Lang e Cronenberg, un mélo che comincia con un incendio ma si congela in perturbanti geometrie. L’amore è più freddo della morte.
  • QUIÉN TE CANTARÁ / Tit.it.: CHI CANTERÀ PER TE di Carlos Vermut (Spagna/Francia, 2018, DCP, 125′) Eva dentro Eva: una cantante che perde la memoria, una fan che prova a ricordarle cosa significa essere sé stessa.
  • MAGICAL GIRL di Carlos Vermut (Spagna/Francia, 2014, DCP, 127′) Vincitore al festival di San Sebastian, amato da Pedro Almodóvar, un noir angosciante e laconico, un gioco a incastri che non lascia scampo.
  • DIAMOND FLASH di Carlos Vermut (Spagna, 2011, DCP, 128′) Dal fumetto ai corti, e finalmente al lungo: Vermut esordisce con un intreccio impossibile tra il pulp e la
    telenovela.

FUORI CONCORSO | Favolacce

Il cinema è affabulazione. Come gli sciamani di un tempo i registi cercano di catturare la nostra attenzione attraverso nuove fiabe. Che spaziano. Possono infatti svolgersi in un  carcere futuribile dove i detenuti vengono fatti sprofondare nel sonno oppure in un bosco toscano dove uno “stonato” e una ragazza russa già internata in ospedale psichiatrico possono vivere per sempre “felici e contenti” a dispetto di tutti i benpensanti. E ancora si possono trovare i membri di una famiglia che si ritrovano per un lutto o invece
altri che hanno vissuto e subito tra le mura domestiche i dogmi della militanza comunista. Storie, storie italiane che scavano nel tessuto sociale per trovare nuovi umori o nuovi amori.

  • LA CACCIA di Marco Bocci (Italia, 2022, DCP, 100′) Una favola nera, una spiazzante e grottesca faida familiare che lascia con il fiato sospeso fino all’ ultimo fotogramma.
  • IPERSONNIA di Alberto Mascia (Italia, 2022, DCP, 100′) Italia, futuro prossimo. A ogni detenuto la sua pena, quantificabile in anni di sonno coatto. Un incubo sci-fi, con Stefano Accorsi.
  • I PIONIERI di Luca Scivoletto (Italia, 2022, DCP, 86′) Un’estate anni 80, un racconto di formazione che mette insieme la fine del comunismo e la fuga di un adolescente.
  • I SOGNI ABITANO GLI ALBERI di Marco Della Fonte (UK, 2022, DCP, 112′) Due anime affini che si incontrano, una comunità che le respinge. Una storia struggente sul diritto all’amore.

FUORI CONCORSO | Ritratti e paesaggi

Il più famoso ritratto del mondo è italiano. E dietro Monna Lisa si intravede un paesaggio. Su chi fosse la donna e dove in realtà sia lo sfondo si sono arrovellati in molti. Non avendo un Leonardo a disposizione (ma i nomi di rilievo non mancano) il Torino Film Festival fornisce allora già tutti gli elementi che permettono di conoscere un cantante confidenziale (Achille Togliani), una cantante folk (Rosa Balistreri) un musicista jazz (Piero Umiliani), un poeta regista (Pier Paolo Pasolini), un poeta editore (Lawrence Ferlinghetti, il babbo era di Brescia), un polemista (Vittorio Sgarbi), un radicale (Marco Pannella), i ragazzi, cresciuti, della 3° B (quelli di Io speriamo che me la cavo). Poi come paesaggi propone anche escursioni verso Napoli (magica), Bologna (cinematografica), Genova (calcistica), il Sud arcaico di Villamarosa, oltre a una gita in montagna per redimersi.

  • THE BEAT BOMB di Ferdinando Vicentini Orgnani (Italia/Argentina, 2022, DCP (KDM), 83’) Pittore, poeta, editore, libraio, divulgatore della Beat Generation. L’avventura centenaria di Ferlinghetti.
  • LA BELLA STAGIONE di Marco Ponti (Italia, 2022, DCP, 95’) La Sampdoria dello scudetto, Vialli, Mancini, Boskov e il neo acquisto russo raccontati come una pagina epica del calcio italiano.
  • MARCO INEDITO: DAGLI ULTIMI CENTO GIORNI DI MARCO PANNELLA di Simona Ventura (Italia, 2022, DCP, 55’) Gli ultimi giorni di vita di Marco Pannella, leone della politica italiana, raccontati con materiali di repertorio mai visti e interviste inedite. Un ritratto sorprendente.
  • IL MODERNISSIMO DI BOLOGNA di Giuseppe Schillaci (Italia/Francia, 2022, DCP, 54’). Non si cede al sonno nelle magiche notti bolognesi.
  • NAPOLI MAGICA di Marco D’Amore (Italia, 2022, DCP, 90’) Marco D’Amore racconta a modo suo una Napoli molto diversa dagli stereotipi abituali. Un racconto fresco
    e mai banale.
  • NOI CE LA SIAMO CAVATA di Giuseppe Marco Albano (Italia, 2022, DCP, 72’) I protagonisti di Io speriamo che me la cavo ritrovati tanti anni dopo quel film che fece epoca, con l’ultima intervista al premio Oscar Lina Wertmüller.
  • PARLAMI D’AMORE di Adelmo Togliani, Daniele Di Biasio (Italia, 2022, DCP, 70’) Padre, ma soprattutto icona: Achille Togliani. Bell’uomo, cantante, attore, seduttore in un ricco ritratto inedito.
  • PIER PAOLO PASOLINI – UNA VISIONE NUOVA di Giancarlo Scarchilli (Italia, 2022, DCP, 72’) Pasolini incontra i grandi protagonisti del cinema italiano come Bertolucci, Ferretti, Morricone e Donati.
  • RENDENZIONE di Maria Martinelli (Italia, 2022, DCP, 93’)
    Un amore che finisce, una fuga che (forse) non riesce, un paesaggio che si proietta dentro l’anima.
  • ROSA – IL CANTO DELLE SIRENE di Isabella Ragonese (Italia, 2022, DCP, 52’) Esordio alla regia di Isabella Ragonese. Un intenso e vibrante ritratto della cantante Rosa Balistreri, simbolo di lotta e di resistenza.
  • IL SORRISO DI SAN GIOVANNI di Ruggero Cappuccio, Nadia Baldi (Italia, 2022, DCP, 90’) Siamo nel 1943, il mondo sta cambiando, il bello e l’utile entrano in conflitto. Dal direttore del Napoli Teatro Festival.
  • IL TOCCO DI PIERO di Massimo Martella (Italia, 2022, DCP, 112’) Piero Umiliani, un jazzista geniale, rivive attraverso i ricordi ma soprattutto la sua indimenticabile musica per il cinema.
  • TRA NOI E LA RABBIA di Gianni Ubaldo Canale (Italia, 2022, DCP, 54’) I ragazzi del 2022 riflettono su quanto è avvenuto 20 anni prima a Genova durante il G8.
  • VITTORIO SGARBI – IN UN TEMPO FUORI DAL TEMPO di Elisabetta Sgarbi (Italia, 2022, DCP, 60’) Un racconto polifonico per un ritratto impossibile che dalle acque del Po confluisce a Milano.

FUORI CONCORSO | Dei conflitti e delle idee

Focus speciale della quarantesima edizione, Dei conflitti e delle idee intercetta una tendenza forte della produzione documentaria italiana del 2022, ovvero la riflessione storico/politica sul passato più o meno recente del nostro paese. Le sei opere presenti nella sezione rievocano, ciascuna secondo la propria sensibilità artistica, importanti passaggi storici e fenomeni sociali avvenuti tra XX e XXI secolo: dagli anni di piombo, visti da opposte fazioni, alle esperienze di governo locale di Maurizio Valenzi, primo sindaco comunista di Napoli, passando per la caduta del muro di Berlino fino ai Movimenti No TAV e Fridays For the Future. Un confronto serrato, esigente, senza sconti con il mondo delle idee e dell’agire politico, che racconta in filigrana il tramonto delle utopie novecentesche e le riformulazioni ideologiche avvenute nel passaggio al nuovo secolo. Uno sguardo rivolto indietro per orientarsi nell’agone contemporaneo.

  • COMUNISTI di Davide Crudetti (Italia, 2022, DCP, 20’)
    L’eredità familiare e storica del Partito comunista italiano, in un affettuoso e morettiano omaggio ai propri
    genitori.
  • OK BOOMER di Andrea Gropplero di Troppenburg, Gianfranco Pannone (Italia, 2022, DCP, 77’) Tra i ricordi di un inverno berlinese e lo smarrimento del presente. Cosa resta delle utopie novecentesche nel passaggio generazionale?
  • LA GIUNTA di Alessandro Scippa (Italia, 2022, DCP, 78’) Napoli rossa. 1975-1983: gli anni della giunta comunista di Maurizio Valenzi ricostruiti dal figlio di Maurizio Scippa, uno dei protagonisti di quella storia.
  • L’IRRIDUCIBILE di Morgan Menegazzo, Mariachiara Pernisa (Italia, 2022, DCP, 78’)
    Senza pietà: ricordi a mente fredda di Vincenzo Vinciguerra, il neofascista condannato  all’ergastolo per la Strage di Peteano.
  • LOTTA CONTINUA di Tony Saccucci (Italia, 2022, DCP, 105’) Il maggiore tra i gruppi nati dopo il ’68 raccontato da chi vi ha partecipato ma anche da chi ne dà un giudizio
    molto severo. Con Erri De Luca, Gad Lerner, Gianpiero Mughini.
  • LA SCELTA di Carlo Augusto Bachschmidt (Italia, 2022, DCP, 83’) Dentro il movimento No TAV: storie, volti, luoghi di dieci anni di lotte politiche.

FUORI CONCORSO | Torinofilmlab

Il Torino Film Lab è una fucina preziosa di talenti e un laboratorio molto attivo per il sostegno offerto a registi, sceneggiatori, produttori e professionisti di tutto il mondo. Tra le molte opere che ha contribuito a far nascere nell’ultimo anno ci sono i quattro film presenti al 40 Torino Film Festival (tutti esordi), già reduci da uno straordinario successo di pubblico e di critica nei festival internazionali, dove sono stati proposti. O acidente del brasiliano Bruno Carboni è una variazione sul tema del caso, che cambia i percorsi delle cose seguendo un preciso, quanto imprevedibile disegno. Runner della statunitense Marian Mathias è il racconto di una fuga esistenziale prima ancora che fisica. Un varon di Fabián Hernández si immerge in uno dei quartieri più pericolosi di Bogotà, tra criminalità minorile e spaccio di droga. The Woodcutter Story, infine, di Mikko Myllylahti ci propone una filosofia di vita surreale e squisitamente finnica.

  • O ACIDENTE / THE ACCIDENT di Bruno Carboni (Brasile, 2022, DCP, 95’)
    Il caso, il destino: in questo intenso esordio un banale incidente in bicicletta stravolge la vita di due famiglie.
  • RUNNERdi Marian Mathias (USA/ Francia/ Germania, 2022, DCP, 76’)
    Un esordio di rara raffinatezza visiva che racconta il Midwest degli Stati Uniti.
  • UN VARON/ A MALE di Fabián Hernández (Colombia/ Francia/ Olanda/ Germania, 2022, DCP, 82’)Cosa significa oggi essere un vero uomo per un adolescente in Messico?
  • THE WOODCUTTER STORY di Mikko Myllylahti (Finlandia/ Danimarca/ Olanda/ Germania, 2022, DCP, 98’) Stravagante favola sul senso della vita, in stile finnico, con personaggi surreali e situazioni imprevedibili.

FUORI CONCORSO | Fedeli alla linea

Una giornata dedicata al cinema sperimentale italiano, quello che, in maniera di frequente totalmente autarchica, continua da anni a immaginare un nuovo cinema possibile, un rapporto con le immagini differente, non necessariamente narrativo, e un dialogo con la realtà che non sempre ha a che fare con la registrazione. Un cinema che volevamo presente al Festival, fatto da registi cocciuti e inesausti, fedeli alla linea per l’appunto, che da anni lavorano a opere fuori formato e fuori mercato, in dialogo con l’arte pittorica, il teatro e la performance, o a un passo dalla musica. E allora eccoli, i nostri autori: Michele Sambin, Michelangelo Buffa, Francesco Ballo, Bruno Bigoni, Giovanni Piperno e Tonino De Bernardi. Una lista di nomi che potrebbe avere questo sottotitolo: la virtù della coerenza

  • DENTRO ALLE COSE di Michele Sambin (Italia, 2022, DCP, 56’)
    Diario arcano dell’artista “stregone”, al lavoro nell’antro a cielo aperto della sua casa di campagna. Tessitura d’immagini da Michele Sambin.
  • OMAGGIO A MICHELANGELO BUFFA Materiali vari, di Michelangelo Buffa (Italia, 2022, DCP, 61’) Dalla Bolex 8mm al video analogico e digitale: omaggio a un “filmeur” documentarista antropologo alla perenne ricerca degli altri.
  • OMAGGIO A FRANCESCO BALLO Materiali vari, di Francesco Ballo (Italia, 2022, DCP, 60’)
    Del guardare e del fare il Cinema: omaggio a Francesco Ballo, studioso e filmmaker che insegna da una vita a nutrire lo schermo.
  • CINQUE STANZE di Bruno Bigoni (Italia, 2022, DCP, 83’)
    Un film sul peso delle cose, avute e perdute. Il filmmaker milanese torna con un dramma da camera, di stanze, piene di spettri ricordi.
  • CIPRIA di Giovanni Piperno (Italia, 2022, DCP, 55’) 1941: l’Italia fascista precipitava nella guerra, ma le donne si affannavano per partecipare al concorso ideato da Zavattini e raccontare la loro vita. Per farne un film: questo…
  • UNIVERSI CIRCOSCRITTI 2 di Tonino De Bernardi (Italia, 2022, DCP, 125’) Tra i registi fedeli, alla linea e al festival, non poteva mancare De Bernardi: uno dei massimi, ostinati,
    illuminanti sperimentatori italiani.
  • LA SCONFITTA AGLI SCACCHI di Marco Bertolotti (Italia, 2022, BVU, 2’)
    Un professionista affronta un medico a scacchi, ma vive una sconfitta sportiva e anche umana che lo isolerà dal mondo.

NUOVI MONDI

Se ogni narrazione è un mondo a sé, le narrazioni proposte in Nuovi Mondi descrivono universi poetici e ricerche espressive capaci di aprire gli occhi dello spettatore. Tredici film che seguono tanto la linea di autori affermati quanto la tendenza di registi più giovani. Lo spettro espressivo è ampio, tanto quanto quello tematico: Albert Serra (Pacifiction) e Eugène Green (Le mur des morts) evocano ognuno a suo modo la guerra, Bertrand Bonello (Coma) scandaglia la gioventù in lockdown, Syeyoung Park (The Fifth Thoracic Vertebra) trasfigura il contagio. Bruno Safadi (Lilith) dischiude la vita alla sua alba mentre Mirko Locatelli (La memoria del mondo) si disperde nel suo crepuscolo. Le stagioni dell’esistere si susseguono tra l’infanzia giocosamente inquieta di Lluís Galter (Aftersun), la giovinezza in goliardica caduta libera di Pedro Henrique (Frágil) e la sapiente leggerezza della vecchiaia che Rita Azavedo Gomes trascrive da Rohmer (O Trio em Mi Bemol). Il viaggio è per David Easteal (The Plains) una traccia on the road che si affida alla durata del percorso, mentre i luoghi sono perimetri di vita da osservare e sentire, tra la leggerezza esistenziale di Tetsuichiro Tsuta (Tamano Visual Poetry Collection – Nagisa’s Bicycle), l’equilibrio tra Storia e misticismo di Ery Claver (Our Lady of the Chinese Shop) e la stanziale empatia dell’ascolto di Judith Auffray (7h15 – Merle Noir).

  • 7H15 – MERLE NOIR / 7:15 – BLACKBIRD di Judith Auffray (Francia, 2022, DCP, 30′)
    Nel cuore di un bosco alla ricerca di un suono misterioso, nascosto nelle pieghe del tempo.
  • LE MUR DES MORTS di Eugène Green (Francia, 2022, DCP , 51′)
    “L’Europa si è suicidata con la nostra carne”, dice lo spirito del soldato morto sul fronte della Grande Guerra. E il giovane europeo d’oggi ascolta il suo dolore insieme a Eugéne Green.
  • AFTERSUN di Lluís Galter (Spagna, 2022, DCP, 70′) Il mistero di un bambino scomparso all’ombra di un campeggio spagnolo. Fantasmi di un’estate fuori dal
    tempo.
  • COMA di Bertrand Bonello (Francia, 2022, DCP, 80′) Il virus fuori, la vita dentro: Bonello filma una lettera aperta alla figlia adolescente prigioniera del lockdown. Premio Fipresci alla Berlinale.
  • THE FIFTH THORACIC VERTEBRA di Syeyoung Park (Corea del Sud, 2022, DCP, 62′)
    L’ufo del festival: un horror minimalista a metà tra le mutazioni di Tsukamoto e le derive mélo di Wong Kar Wai.
  • FRÁGIL / FRAGILE di Pedro Henrique (Portogallo, 2022, DCP, 98′) Saudade a tempo perso per il giovane Miguel, che galleggia sulle sue giornate con l’inseparabile amico.
  • LILITH Bruno Safadi (Brasile, 2022, DCP, 80′) In principio era l’uomo, anzi la donna: Safadi filma l’inizio dei tempi in un kolossal da cinema novo.
  • LA MEMORIA DEL MONDO di Mirko Locatelli (Italia, 2022, DCP, 99’) La signora scompare: l’artista e il biografo ne seguono le tracce. Un giallo in cui ci si perde, tra il cinema di Angelopoulos e l’arte di Boltanski.
  • OUR LADY OF THE CHINESE SHOP di Ery Claver (Angola, 2022, DCP, 98′) Un venditore cinese veglia sul popolo di Luanda, ma la Madonna al neon che spaccia alla gente del
    quartiere non fa miracoli. Misticismo pop e metafore populiste per un esordio angolano.
  • PACIFICTION di Albert Serra (Francia/Spagna/Germania/Portogallo, 2022, DCP, 163′)
    Honor de diplomazia: isole nella corrente dei bellicosi interessi internazionali, su cui veglia inutilmente un diplomatico Benoît Magimel.
  • THE PLAINS di David Easteal (Australia, 2022, DCP, 180′) Un’automobile, un avvocato, il tragitto casa-lavoro. Solo? Un film straordinario, semplice quanto radicale:
    una delle esperienze cinematografiche dell’anno.
  • TAMANO VISUAL POETRY COLLECTION: NAGISA’S BICYCLE di Tetsuichiro Tsuta (Giappone, 2021, DCP, 59’) Tre storie, una città e il velodromo locale: geometrie variabili del desiderio e della fantasia.
  • O TRIO EM MI BEMOL / THE KEGELSTATT TRIO Rita Azevedo Gomes (Portogallo/Spagna, 2022, DCP, 127′) Incontri di ex amore di una coppia a termine, sotto gli occhi del regista Adolfo Arrieta. Rita Azavedo Gomes trae un film nel film dall’unica pièce di Eric Rohmer.

MASTERCLASS

La presenza di ospiti importanti e molto noti al pubblico rappresenta un importante arricchimento nel programma del TFF, ma anche una precisa indicazione di linea editoriale. I nostri ospiti (Malcolm McDowell, Paola Cortellesi, Toni Servillo, Paolo Sorrentino, Mario Martone, Noemi, Pilar Fogliati, Giovanni Veronesi) verranno al festival non per partecipare a tappeti rossi e altre manifestazioni di mera mondanità. Saranno invece protagonisti di incontri e masterclass nelle quali (ciascuno con un proprio punto di vista e con un percorso concordato) racconteranno il loro rapporto con il cinema. Diceva François Truffaut che ognuno di noi ha due mestieri, il proprio e quello di critico cinematografico. Partendo da questo simpatico paradosso, abbiamo chiesto a questi protagonisti dello spettacolo di proporsi al pubblico raccontando le loro idee e il loro punto di vista, certi che sarà un momento importante e caratterizzante per il nostro festival.

  • PAOLA CORTELLESI La popolare attrice (da poco anche regista) ripercorre la sua carriera concentrandosi soprattutto sul suo lavoro come sceneggiatrice.
  • MALCOLM MCDOWELL Una cavalcata, curata da David Grieco (che è stato anche suo sceneggiatore e regista) sulla carriera di un grande attore che ha unito il free cinema, Stanley Kubrick, Tinto Brass, Sergio Citti e le serie televisive di successo.
  • PILAR FOGLIATI + GIOVANNI VERONESI Il rapporto tra scrittura e recitazione attraverso il rapporto tra una giovane attrice di successo (madrina del Festival) e uno sceneggiatore e regista di esperienza.
  • MARIO MARTONE In attesa di candidatura all’Oscar, Mario Martone ripercorre la carriera tra cinema, teatro e televisione, di Massimo Troisi, l’attore e regista che a sua volta ha vissuto quel percorso.
  • NOEMI Una delle voci più interessanti della canzone italiana ripercorre la sua passione per il cinema, che l’ha portata a studiare e a laurearsi proprio sulla settima arte.
  • TONI SERVILLO L’attore più poliedrico e iconico dello spettacolo italiano ripercorre la sua carriera, i ruoli più difficili, le scelte più importanti e il grande successo internazionale.
 
 

Confess, Fletch: trailer del film, dal 17 Novembre al Cinema

Paramount ha diffuso il trailer ufficiale di Confess, Fletch, il film diretto da Greg Mottola e basato sul libro scritto da Gregory Mcdonald. Nel cast protagonisti Jon Hamm, Roy Wood Jr., Annie Mumolo, Ayden Mayeri, Lorenza Izzo, con Kyle MacLachlan e Marcia Gay Harden.

La sceneggiatura è firmata da Greg Mottola e Zev Borow. In questa divertente commedia, l’affascinante e problematico Fletch, interpretato da Jon Hamm, diventa il principale sospettato in un caso di omicidio durante la ricerca di un’opera d’arte rubata. L’unico modo per dimostrare la sua innocenza? Scoprire chi, tra i tanti sospettati, è il colpevole. L’eccentrico mercante d’arte, il playboy scomparso, la vicina pazza e la fidanzata italiana, tutti potenziali colpevoli dell’omicidio più incasinato di sempre.

 
 

Zac Efron nella prima foto da The Iron Claw di A24

Zac Efron The Iron Claw

Zac Efron ha condiviso una prima immagine di se stesso in azione nei panni del wrestler Kevin Von Erich dal film della A24 The Iron Claw. Scritta e diretta dal regista canadese Sean Durkin, la storia di The Iron Claw ruota attorno alla famiglia Von Erich e alla loro era di enorme successo negli anni ’60, quando hanno preso d’assalto il mondo del wrestling professionistico. Il progetto in arrivo era stato annunciato per la prima volta lo scorso giugno, con Zac Efron che è stato il primo attore a salire a bordo.

Le foto della straordinaria trasformazione fisica di Efron per interpretare Kevin Von Erich hanno fatto il giro della rete, ma l’immagine mostrata oggi segna la prima uscita ufficiale del suo look a wrestler. Questa non è la prima volta che la star di High School Musical ha subito un drastico cambiamento fisico per un ruolo, poiché aveva anche rinforzato il suo fisico per Baywatch del 2017. Tuttavia, The Iron Claw gli ha presentato una sfida molto più difficile, poiché doveva incarnare una figura sportiva della vita reale nota per la sua corporatura muscolare e la sua statura intimidatoria. Sebbene Kevin Von Erich nella vita reale non abbia mai incontrato Efron, di recente ha dato il suo sigillo di approvazione per l’aspetto accurato dell’attore nel film, affermando che “sembrava fantastico“.

Ecco la foto in questione, che Zac Efron ha condiviso sul suo account Instagram personale:

 
 

Jason Momoa: con James Gunn ai DC Studios, i suoi sogni si possono realizzare

aquaman 2

Sembra che Jason Momoa sia particolarmente felice di vedere al timone dei DC Studios James Gunn e Peter Safran. L’attore, che da tempo fa parte della scuderia Warner con il ruolo di Aquaman, anticipa che vedrà uno dei loro progetti dei sogni diventare realtà, alla luce di questo cambio al vertice.

In una recente intervista con ET Canada, Jason Momoa ha risposto alla formazione dei DC Studios con Gunn e Safran come leader, condividendo nient’altro che elogi per i due protagonisti e allo stesso tempo anticipando che sotto la loro gestione, “uno dei miei sogni” si sta avverando.

“Penso a Peter Safran e Mr. Gunn al timone alla DC ora, ne sono molto entusiasta. Ci sono molte cose interessanti che stanno per accadere e uno dei miei sogni si avvererà sotto il loro controllo, quindi restate sintonizzati.” Intanto, stiamo ancora aspettando l’uscita di Aquaman e il regno perduto, che arriverà in sala addirittura a dicembre 2023.

Tutto quello che c’è da sapere su Aquaman e il regno perduto

Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il regno perduto, sequel del film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. Nel sequel, diretto ancora una volta da James Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno anche Patrick Wilson nei panni di Ocean Master, Amber Heard, che tornerà nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta, che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film.

David Leslie Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente di Wanscriverà la sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter Safran saranno co-produttori. Aquaman e il regno perduto uscirà nelle sale americane il 21 dicembre 2023.

 
 

Nicolas Maupas: 10 cose che non sai sull’attore

Nicolas-Maupas-mare-fuori

Nicolas Maupas è una degli attori che più si sono distinti nella serie Mare fuori, divenuto un vero e proprio caso televisivo. Pur se ancora alle prime armi e con pochi ma significativi ruoli dalla sua parte, il giovane attore ha dato prova di possedere un certo talento, che se coltivato potrà portarlo a divenire un volto interessante della nuova generazione di attori.

Ecco 10 cose che non sai su Nicolas Maupas.

Nicolas Maupas: i suoi film e le serie TV

1. È noto per alcune serie TV. Maupas è celebre in particolar modo per i ruoli avuti in alcune serie TV molto popolari. Nel 2020 ottiene infatti grande popolarità interpretando Filippo in Mare fuori, dove recitano anche Serena Codato e Carolina Crescentini. Nel 2021 è invece Vittorio in Nudes e Simone in Un professore, con protagonista Alessandro Gassmann. Nel 2022 riprende il ruolo di Filippo nella seconda stagione di Mare fuori ed interpreta Roberto nella fiction Rai Sopravvissuti, con protagonista Lino Guanciale.

2. Ha recitato anche per il cinema. Nel 2022 l’attore ha avuto modo di prendere parte al suo primo film lungometraggio, Sotto il sole di Amalfi, sequel di Sotto il sole di Riccione. In questo egli ricopre il ruolo di Hans, recitando accanto a Lorenzo Zurzolo, Ludovica Martino e Isabella Ferrari.

3. Ha ottenuto diversi importanti riconoscimenti. Maupas ha già ricevuto ad oggi alcuni importanti riconoscimenti, come il Next Generation Award come miglior attore rivelazione 2022, assegnato nel corso del Festival del Cinema di Venezia, e l’Explosive Talent Award, assegnato nel corso del Giffoni Film Festival. Ha poi vinto ache il Magna Grecia Award e l’UZ Awards per la sua performance nella serie TV Nudes.

Nicolas-Maupas-instagram

Nicolas Maupas in Mare fuori

4. È uno dei protagonisti. Nella serie Mare fuori, presente anche su Netflix, Maupas ricopre il ruolo di uno dei protagonisti. Egli è infatti l’interprete di Filippo Ferrari, detto O’ Chiattillo, un diciassettenne milanese che durante una vacanza a Napoli commette un errore fatale e si vede arrestato e portato in un carcere minorile. Da prima spaesato, il giovane imparerà poi a farsi valere e ad ottenere un certo rispetto tra gli altri detenuti.

5. Tornerà anche nella prossima stagione. Come già annunciato, il personaggio di Filippo tornerà ovviamente anche nella terza stagione della serie, attualmente in fase di riprese e la cui distribuzione è prevista per il 2023. L’attore riprenderà dunque il suo ruolo, ormai sempre più di rilievo all’interno di Mare fuori. Non è però ad oggi noto quali percorsi intraprenderà Filippo nella nuova stagione, per cui non resta che attendere l’uscita di questa per scoprirlo.

Nicolas Maupas e Valentina Romani

6. I due attori potrebbero avere una relazione. Nella serie Filippo e Naditza, interpretati rispettivamente da Maupas e dall’attrice Valentina Romani, finiscono con lo sviluppare una relazione amorosa. Recenti foto con protagonisti i due interpreti insieme hanno spinto i fan a pensare che i due possano avere una relazione anche al di fuori del set. Ad oggi però non ci sono state conferme dai diretti interessati e pertanto non si sa con certezza se tra loro ci sia qualcosa o meno.

Nicolas Maupas e Ludovica Coscione

7. È stato fidanzato con la nota attrice. Nell’attesa di sapere se l’attore e la Romani stanno intraprendendo una relazione, sappiamo che Maupas è stato legato sentimentalmente all’attrice Ludovica Coscione, nota in particolare per la fiction Il paradiso delle signore ma anche per il ruolo di Teresa Polidori in Mare fuori. La loro relazione è però oggi terminata, come dichiarato dall’attore nel corso di un’intervista.

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Nicolas Maupas è su Instagram

8. Ha un profilo sul social network. Riccardo Mandoli è naturalmente presente sul social network Instagram, con un profilo seguito attualmente da 487 mila persone. Su tale piattaforma egli ha ad oggi pubblicato appena un centinaio di post, tutti relativi alle sue attività come attore o modello. Si possono infatti ritrovare diverse immagini relative a momenti trascorsi sul set ma anche foto promozionali dei suoi progetti. Seguendolo si può dunque rimanere aggiornati sulle sue attività.

Nicolas Maupas: la sua biografia

9. Ha origini francesi. Come il cognome può far immaginare, l’attore ha origini francesi da parte di padre. Questiè infatti un grafico francese, mentre la madre di Nicolas è una giornalista siciliana. L’attore è cresciuto a Magenta, nella provincia milanese, dove ha poi deciso di formarsi come interprete frequentando in particolare l’Accademia 09, come anche una classe di recitazione presso la Michael Rodgers Acting Studio.

Nicolas Maupas: età e altezza

10. Nicolas Maupas è nato a Milano, nel 1999 ed ha attualmente 23 anni. L’attore è alto complessivamente 1.85 metri.

Fonti: IPCInternational, Instagram

 
 

Captain America: The First Avenger, Jeremy Strong doveva essere uno Steve pre-siero

captain america

Jeremy Strong ha quasi interpretato Steve Rogers prima del siero in Captain America: The First Avenger. Steve Rogers (Chris Evans) è stato introdotto nel Marvel Cinematic Universe nel 2011 con il suo film da solista, che ha dato il via a una trilogia per il personaggio.

Classica storia di origine, Captain America: The First Avenger ha visto Steve emergere dalle umili origini negli anni ’40 per diventare un eroe di guerra. Un aspetto fondamentale del suo carattere che modella il modo in cui vede il mondo e le sue responsabilità è il fatto che prima che gli fosse somministrato il siero del super-soldato, era piccolo di statura e aveva diversi problemi di salute, cosa che lo aveva reso da sempre un obiettivo primario per essere preso di mira e sottovalutato.

Sebbene lo Steve pre-siero avesse la faccia di Evans nel film, prima della trasformazione del personaggio è stato utilizzato una controfigura per il suo corpo magrolino. Il doppio del corpo in questione era Leander Deeny, la cui faccia è stata poi sovrapposta a quella di Evans usando la CGI. Sebbene il volto di Deeny non sia mai apparso nel film, è rimasto una parte essenziale del personaggio per tutta la permanenza di Steve nel MCU. Tuttavia, prima che Deeny fosse scelto per interpretare lo Steve pre-siero, Jeremy Strong, che interpreta Kendall Roy in Succession, sarebbe stato preso in considerazione per la parte.

Durante una conversazione con The Times, Strong discute delle difficoltà che ha dovuto affrontare per iniziare nel settore, inclusa la difficile decisione di rifiutare una parte in un progetto Marvel, Captain America: The First Avenger. Era andato vicino a interpretare il corpo di Steve prima di Capitan America.

“Mi hanno detto che c’era un film top-secret su Capitan America… Avevano bisogno di qualcuno che interpretasse il giovane corpo di Capitan America, prima che si trasformasse in un supereroe. Hanno detto che avevano bisogno di un attore trasformativo e che avrebbero usato la CGI per mettere la faccia e la voce dell’attore reale al di sopra della mia, ero al verde. Avevo bisogno di soldi. L’ho considerato. Ma non mi sembrava che quello che avevo da offrire fosse apprezzato. E il giorno dopo sono tornato a New York e ho recitato in una commedia su un veterano dell’Afghanistan su una sedia a rotelle durante il blackout del 2003″.

 
 

PIOVE gratis al cinema con Cinefilos.it. Scopri come!

Piove-Paolo-Strippoli

Cinefilos.it offre la possibilità di vedere al cinema, gratis, PIOVE di Paolo Strippoli, interpretato dai giovani talenti provenienti dal Centro Sperimentale di Cinematografia Fabrizio Rongione, Cristiana Dell’Anna, Francesco Ghegi e Aurora Menenti, in uscita nelle sale il prossimo 10 novembre.

  • – LUX – ROMA
  • – QUATTRO FONTANE – ROMA
  • – GREENWICH – ROMA
  • – GIULIO CESARE – ROMA
  • – MODERNISSIMO – NAPOLI
  • – NAZIONALE – TORINO
  • – PLINIUS – MILANO

I biglietti saranno validi per qualsiasi spettacolo della giornata a scelta dei vs. ospiti. Gli orari degli spettacoli saranno consultabili direttamente sui siti dei cinema a partire dal prossimo giovedì 10 novembre.

Piove è vietato ai minori di 18 anni e di conseguenza per ritirare i biglietti sarà obbligatorio presentare in cassa un documento di identità.

I biglietti saranno assegnati sino ad esaurimento e dovranno essere richiesti inviando una email a [email protected]. ECCO LE INDICAZIONI DA SEGUIRE PER RICHIEDERE IL BIGLIETTO:

  • inviare una email a [email protected] inserendo nell’oggetto della email nome del film e del cinema e città per cui si richiedono i biglietti;
  • inserire nome e cognome nel testo della email (è sufficiente un solo nominativo per ricevere due biglietti);
  • nel testo della email deve essere indicata la data di proiezione scelta (tra giovedì 10 e martedì 15 novembre);
  • la email di conferma verrà inviata solo a coloro a cui verranno assegnati i biglietti;
  • i biglietti potranno essere richiesti solo per una data (dal 10 al 15 novembre);
  • i biglietti sono validi esclusivamente per la visione del film in promozione (in questo caso PIOVE);
  • una volta ricevuta la email di conferma non è più possibile richiedere di cambiare sala o giorno di proiezione.

In assenza anche di una sola delle suddette informazioni le richieste non saranno considerate valide. Ogni richiesta accettata darà diritto a ricevere due biglietti.

Piove, guarda il trailer

https://www.youtube.com/watch?v=iAOrdqdLtcU

 
 

Danai Gurira racconta la scena d’azione più difficile della sua carriera

Black Panther: Wakanda Forever

La star di Black Panther: Wakanda Forever, Danai Gurira, ha recentemente rivelato la scena d’azione più difficile della sua intera carriera. L’attrice è nota principalmente per il ruolo di Michonne in The Walking Dead e ovviamente per quello di Okoye nel MCU. Per un breve periodo, le riprese di TWD e di Black Panther si sono accavallate, mettendo l’attrice in condizione di dover fare i doppi turni su due set entrambi fisicamente molto impegnativi.

Impegnata nella promozione di Black Panther: Wakanda Forever, Danai Gurira ha rivelato a Collider la scena d’azione della sua intera carriera di attrice che considera la più difficile. La scena in questione è quella dell’inseguimento in Corea del Sud, nella prima parte di Black Panther, in cui Okoye e Nakia sono impegnate a dare la caccia a Ulysses Klaue insieme a T’Challa. Ecco cosa è accaduto nel backstage:

“Oh Dio. Voglio dire, ci sono così tanti momenti diversi, ma devo dire che questa volta stavo girando le riprese di Black Panther nello stesso momento in cui giravo The Walking Dead. Quindi, poiché entrambi i set erano ad Atlanta, mi hanno detto: “Ah, potresti semplicemente venire qui e poi andare lì”. Quindi, ero esausta e c’era questa scena che dovevo fare per Black Panther nelle riprese che stavo facendo. Avevo dormito tre ore tra Okoye e Michonne. Poi sono arrivata alla fine della giornata di riprese, dovevo entrare nell’imbracatura e fare questa cosa.

(…) Ero in un’imbracatura e ho dovuto capovolgermi. Ho dovuto usare il mio slancio e capovolgermi, quindi prendere la mia lancia, che in qualche modo avevano appeso sopra la mia testa. Il mio corpo e il mio cervello non erano nemmeno interessati. Dicevano: “Senti, abbiamo finito. Sei matta. Siamo fuori”. E quindi ci sono volute molte riprese perché non riuscivo a ottenere il movimento, non riuscivo a mettere insieme la coordinazione. Ero così esausta.

E poi in qualche modo, quando Ryan mi ha detto “Forse abbiamo solo bisogno di questa parte”, ho detto: “No, posso farlo. L’ho fatto sabato”. Quindi, alla fine, in qualche modo ho messo insieme tutto e ho fatto due riprese che andavano molto bene, e sono stata in grado di farlo per il mio personaggio. Ma sì, proprio per il livello di esaurimento e la precisione del movimento allo stesso tempo, non è stata la giornata più facile.”

Ecco la scena in questione:

Black Panther: Wakanda Forever, il film

Il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever arriverà nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.

Nel film Marvel Studios Black Panther: Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela Bassett), Shuri (Letitia Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba) lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia (Lupita Nyong’o) e di Everett Ross (Martin Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.

 
 

Avatar: la via dell’acqua, ecco perché dura più di tre ore

Avatar 2: la via dell'acqua

In un’intervista con GamesRadar, James Cameron ha spiegato perché Avatar: la via dell’acqua ha una lunga durata di oltre tre ore, rivelando che la storia del nuovo sequel richiedeva una durata maggiore per esplorare il cast. Mentre Cameron ha evitato di fare spoiler sulla storia di Avatar 2, ha anche affermato che il sequel pone maggiore enfasi sul personaggio rispetto al film originale, con i membri del cast di ritorno e quelli nuovi che richiedono più tempo per essere adeguatamente sviluppati.

“L’obiettivo è raccontare una storia estremamente avvincente su base emotiva. Direi che l’enfasi nel nuovo film è più sul personaggio, più sulla storia, più sulle relazioni, più sulle emozioni. Nel primo film non abbiamo dedicato tanto tempo alle relazioni e alle emozioni come nel secondo, ed è un film più lungo, perché ci sono più personaggi da servire. C’è più storia da servire.”

Avatar: la via dell’acqua, il film

Avatar: la via dell’acqua si svolge dentro e intorno all’oceano. Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana) hanno dei figli. “Ovunque andiamo”, dice Sully, “so una cosa, questa famiglia è la nostra fortezza”. Il sequel sembra ancora più sbalorditivo nella sua grafica blu intenso rispetto al film del 2009. Creature tutte nuove: vediamo i Na’vi su pesci volanti, uccelli, creature che comunicano con una balena, eppure in qualche modo divisi nonostante la loro affinità con la natura: le persone aliene sono divise, combattono l’una contro l’altra in una lotta tra pistole e frecce. È davvero un mondo completamente nuovo che alza la posta in gioco del precedente film 3 volte vincitore di Oscar.

Avatar: la via dell’acqua debutterà il 14 dicembre 2022, seguito dal terzo capitolo il 20 dicembre 2024. Per il quarto e quinto capitolo, invece, si dovrà attendere ancora qualche anno: 18 dicembre 2026 e 22 dicembre 2028.

Il cast della serie di film è formato da Kate Winslet, Edie Falco, Michelle Yeoh, Vin Diesel, insieme ad un gruppo di attori che interpretano le nuove generazioni di Na’vi. Nei film torneranno anche i protagonisti del primo film, ossia Sam Worthington, Zoe Saldana, Stephen Lang, Sigourney Weaver, Joel David Moore, Dileep Rao e Matt Gerald.

 
 

Deadpool 3: ecco quando si svolgeranno le riprese

Deadpool 3

Ryan Reynolds ha fornito dei dettagli sulle prossime riprese di Deadpool 3 parlando con SiriusXM e aggiornando anche sulla fase di stesura della sceneggiatura del film che lo vedrà, non sappiamo ancora in che misura, accanto a Hugh Jackman nei panni di Wolverine. Il film è in sviluppo da anni ormai, e suscita ancora molto interesse. Sebbene le riprese non siano imminenti, Reynolds sembra ottimista sulla sequenza temporale di Deadpool 3.

“Sì, beh, non lo diamo per scontato. Posso lavorare non con uno, ma con due dei miei amici più cari in quel film, Shawn Levy e Hugh Jackman. E in questo momento siamo, letteralmente, immersi fino al collo in preparazione e stiamo ancora scrivendo. Voglio dire, il processo di scrittura dei film di “Deadpool” non finisce finché non ci portano via il film. Letteralmente, come se dovessero strapparmi il microfono di mano in sala montaggio… La produzione dovrebbe iniziare, si spera, un po’ prima dell’estate. Ma le riprese sono la parte più breve e più facile. Poi è la preparazione, la scrittura. Le riprese sono veloci, poi hai il processo di modifica. È qui che il film viene realmente realizzato, è la sala di montaggio.”

Deadpool 3, quello che sappiamo

Shawn Levy dirigerà Deadpool 3. Rhett Reese e Paul Wernick, che hanno già firmato i primi due film sul Mercenario Chiacchierone, scriveranno anche Deadpool 3, basandosi sui fumetti creati da Rob Liefeld, confermandosi nella squadra creativa del progetto, dopo che per un breve periodo erano stati sostituiti da Lizzie Molyneux-Loeglin e Wendy Molyneux.

Oltre a Ryan Reynolds non ci sono nomi confermati nel cast del film. In Deadpool 2 c’erano Josh Brolin nel ruolo di Cable e Zazie Beetz in quello di Domino, mentre il primo film vedeva la presenza di Morena Baccarin come Vanessa e T.J. Miller come Weasel. Nel cast è stato anche confermato Hugh Jackman, che torna a rivestire i panni di Wolverine/Logan, dopo la sua gloriosa uscita di scena nel 2017 in Logan, di James Mangold.

Paul Wernick e Rhett Reese hanno dichiarato sul film: “È una meravigliosa opportunità per i pesci fuor d’acqua. Deadpool è un pazzo al centro di un film. Far cadere un pazzo in un mondo molto sano di mente, è oro puro. Sarà davvero divertente.” Deadpool 3 uscirà il 6 settembre 2024.

 
 

The Acolyte: annunciato il cast della serie di Star Wars

Star Wars: The Acolyte

La serie di Star Wars, The Acolyte su Disney+ ha annunciato il suo cast completo mentre la produzione inizia. Oltre alla protagonista già annunciata Amandla Stenberg, la serie sarà ufficialmente interpretata da Lee Jung-jae (“Squid Game”), Manny Jacinto (“Nine Perfect Strangers”), Dafne Keen (“His Dark Materials”), Jodie Turner-Smith ( “Queen & Slim”), Rebecca Henderson (“Inventing Anna”), Charlie Barnett (“Russian Doll”), Dean-Charles Chapman (“1917”) e Carrie-Anne Moss (“The Matrix”).

Secondo la descrizione ufficiale della serie, The Acolyte è descritto come “un thriller misterioso che porterà gli spettatori in una galassia di segreti oscuri e poteri emergenti del lato oscuro negli ultimi giorni dell’era dell’Alta Repubblica. Un’ex Padawan si riunisce con il suo Maestro Jedi per indagare su una serie di crimini, ma le forze che devono affrontare sono più sinistre di quanto non si aspettassero.”

 

Leslye Headland ha creato The Acolyte e sarà showrunner e produttore esecutivo. Headland dirigerà anche il primo episodio. Kathleen Kennedy, Simon Emanuel, Jeff F. King e Jason Micallef sono i produttori esecutivi, con Rayne Roberts e Damian Anderson come produttori. Oltre a The Acolyte, sono in lavorazione anche diversi nuovi spettacoli, come Ahsoka con Rosario Dawson e Skeleton Crew con Jude Law.

 
 

Spider-Man: Accross the Spider-verse, Daniel Kaluuya nel cast vocale

Il premio Oscar Daniel Kaluuya si è unito al cast vocale di Spider-Man: Accross the Spider-verse, film della Sony Pictures Animation, sequel del rivoluzionario Into the Spider-Verse, che ha anche vinto un Oscar come miglior film animato. Kaluuya doppierà il ruolo di Hobart “Hobie” Brown, alias Spider-Punk.

Spider-Man: Accross the Spider-verse arriverà il 2 giugno 2023 al cinema negli USA.

Sony Pictures Animation ha ingaggiato Joaquim Dos Santos (Voltron: Legendary Defender, La leggenda di Korra), il candidato all’Oscar Kemp Powers (Soul) e Justin K. Thompson (Piovono polpette) per dirigere Spider-Man: Accross the Spider-verse, utilizzando una sceneggiatura scritta da Phil Lord e Chris Miller (che tornano anche come produttori insieme a Amy Pascal, Avi Arad e Christina Steinberg) in collaborazione con David Callaham (Shang-Chi e La Leggenda dei Dieci AnelliWonder Woman 1984).

Non è stato ancora confermato, ma sia Shameik Moore che la candidata all’Oscar Hailee Steinfeld dovrebbe tornare a doppiare rispettivamente Miles Morales e Gwen Stacy. Nel sequel dovrebbero ritornare anche gran parte degli attori che hanno prestato le loro voci nel primo film, tra cui Jake Johnson, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Luna Lauren Velez, Zoë Kravitz, John Mulaney, Oscar Isaac e Kimiko Glenn. La voce del villain sarà, in originale, doppiata da Jason Schwartzman. Daniel Kaluuya sarà Spider-Punk.

 
 

The Hateful Eight: cast e colonna sonora del film di Quentin Tarantino

The Hateful Eight film

Da sempre grande estimatore del genere western, il regista e sceneggiatore Quentin Tarantino non si accontentò di averlo esplorato con Django Unchained, ma decise di realizzare una seconda opera ambientata in quell’epoca. Questa è The Hateful Eight (qui la recensione), film uscito in sala nel 2015 e ambientato nell’America seguente la violenta guerra civile. Ad oggi si tratta del lungometraggio più lungo del regista, come anche uno dei suoi più ambiziosi. La storia è quella di otto personaggi rinchiusi in una baita mentre fuori imperversa il gelo, ma qualcuno di loro non è chi dice di essere. Tra thriller, western e commedia nera prende vita un racconto che parla in primo luogo degli Stati Uniti, di quelli che furono e di quelli che sono oggi.

Tarantino annunciò di star lavorando ad un secondo western già nel 2013, ma in quello stesso anno abbandonò il progetto. Il regista scoprì infatti che la sceneggiatura scritta era stata diffusa in rete, rovinando così mesi di lavoro. In seguito, però, Tarantino decise di riscrivere due nuove versioni della storia, cambiando il finale e di fatto dando nuova vita al progetto. Data l’occasione di girare un nuovo western, il regista decise di utilizzare la pellicola 70mm, un formato particolarmente ampio, caduto in disuso ma tipico di questo genere. Per poter essere pienamente soddisfatto, però, egli decise di avvalersi di un elemento che gli era sfuggito nel suo precedente western: la colonna sonora interamente firmata da Ennio Morricone.

Con tutti questi elementi, a cui si aggiunge un grande cast di interpreti, The Hateful Eight fu pronto per arrivare in sala. Qui incassò però appena 151 milioni di dollari a fronte di un budget di 44. Per il regista si trattò di uno scottante insuccesso, dovuto in particolare anche ad una serie di controversie legate a tematiche razziali e di misoginia. Il film venne infatti pesantemente boicottato da parte delle forze dell’ordine, contro le quali Tarantino si era recentemente scagliato. Ciò non tolse tuttavia al film di essere indicato come una delle opere più affascinanti della sua filmografia, ricca di sottotesti e temi ancora oggi attuali. In vista di una riscoperta del titolo, può essere utile conoscere alcune curiosità ad esso legate, dal suo cast alla colonna sonora.

The Hateful Eight: la trama del film

Il film si apre nel gelido paesaggio del Wyoming, dove una carrozza si fa strada tra la neve prima che la bufera diventi più minacciosa. A bordo di questa vi sono il cacciatore di taglie John Ruth, la fuorilegge condannata a morte Daisy Domergue, il maggiore Marquis Warren, ex soldato ora divenuto a sua volta cacciatore di taglie, e il neo eletto sindaco di Red Rocks Chris Mannix. Il loro viaggio verso la città è però interrotto dal peggiorare del tempo, costringendoli a soggiornare presso l’emporio di Minnie. Qui, tuttavia, al posto dell’amichevole proprietaria si imbattono in altri quattro uomini. Questi sono il messicano Bob, il boia Oswaldo Mobray, il cowboy Joe Gace e il generale confederato Sandford Smithers. Costretti a questa scomoda convivenza, Warren e Ruth capiranno ben presto che qualcuno dei presenti non è chi dice di essere.

The Hateful Eight cast

The Hateful Eight: il cast del film

Parlando del cast del film, Tarantino ha dichiarato che non vi sarebbero stati interpreti più importanti di altri. Egli scelse attori che potessero formare un unico gruppo omogeneo, ognuno con lo stesso potenziale degli altri. Ad interpretare il protagonista principale, Marquis Warren, vi è l’attore Samuel L. Jackson, ricorrente nei film di Tarantino. Pur essendo alla loro sesta collaborazione, per Jackson si è trattato del primo ruolo da protagonista in un film del regista. Accanto a lui vi è Kurt Russell, nei panni di John Ruth “Il Boia”. Vero elemento di novità è l’attrice Jennifer Jason Leigh scelta per il ruolo di Daisy Domergue. Il regista la scelse dopo aver visto numerosi film da lei interpretati, rimanendone affascinato. La performance dell’attrice venne poi giudicata come una delle migliori del film, permettendole di ottenere la sua prima nomination al premio Oscar come attrice non protagonista.

L’attore Walton Goggins, tra i cattivi del precedente Django Unchained, è qui lo sceriffo Chris Mannix, tra i pochi personaggi positivi del film. Si ritrovano poi noti collaboratori di Tarantino come Tim Roth nei panni di Oswaldo Mobray, e Michael Madsen in quelli di Joe Gace. Entrambi erano stati tra i protagonisti del primo film del regista, Le iene. Roth venne qui chiamato a sostituire Christoph Waltz, che era stato considerato per il ruolo ma che non poté infine prendere parte al progetto a causa di altri impegni. Channing Tatum, anche lui alla sua prima collaborazione con il regista, interpreta Jody Domergue, fratello di Daisy. L’attore messicano candidato all’Oscar Demian Bichir è invece l’interprete di Bob “Il Messicano”. Nel ruolo del vecchio generale Sanford Smithers vi è invece l’attore Bruce Dern, celebre per il film Nebraska.

The Hateful Eight: la colonna sonora, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Tarantino definì Ennio Morricone il suo compositore preferito di sempre, sopra anche a nomi come Mozart, Bach e Beethoven. Non sorprende allora che chiese a gran voce al maestro di realizzare per lui la colonna sonora del film. Morricone tornò così a comporre musiche originali per un film western a distanza di 35 anni dall’ultima volta. Composta da ben 28 tracce, questa si è affermata come una delle più belle e avvincenti dell’anno, portando il maestro a vincere il suo primo premio Oscar alla miglior colonna sonora (quello precedentemente ottenuto era alla carriera). In particolare, l’Overture è definita come una delle composizioni per il cinema più importanti degli ultimi decenni. Per l’occasione, inoltre, Morricone ha riutilizzato anche alcuni brani rimasti inutilizzati dal film La cosa.

Gli appassionati del film possono fruirne grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. The Hateful Eight è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision, Now TV e Rai Play. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 7 novembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

 
 

Glass Onion – Knives Out, il trailer ufficiale del film!

È ora disponibile il trailer di Glass Onion – Knives Out, sequel di Cena con delitto – Knives Out di Rian Johnson del 2018, in cui il detective Benoit Blanc si dovrà recare in Grecia per indagare su un mistero che coinvolge un nuovo gruppo di personaggi unici. Il film, che può contare su un cast d’eccezione con Daniel Craig, Edward Norton, Janelle Monáe, Kathryn Hahn, Leslie Odom Jr., Jessica Henwick, Madelyn Cline, Kate Hudson e Dave Bautista, arriva al cinema per una sola settimana dal 23 novembre, e su Netflix dal 23 dicembre.

Glass Onion – Knives Out, il sequel di Cena con delitto – Knives Out diretto nuovamente da Ryan Johnson e sempre con Daniel Craig protagonista, arriverà prossimamente al cinema e poi su Netflix dal 23 dicembre. La trama di questo seguito, come rivelato di recente, si concentra sul magnate della tecnologia Miles Bron che invita alcuni dei suoi più cari amici in vacanza sulla sua isola privata in Grecia. Ben presto, tuttavia, quell’oasi di pace si macchia di sangue e mistero, un mistero che solo il detective Benoit Blanc può risolvere.

Dopo essersi mostrato grazie ad alcune prime immagini ufficiali, il film concede un’ulteriore assaggio di sé attraverso il primo trailer. In questo vengono presentati i personaggi principali, interpretati da un cast di attori del calibro di Edward Norton, Janelle Monáe, Jessica Henwick, Kathryn Hahn, Leslie Odom Jr, Madelyn Cline, Kate Hudson e Dave Bautista. Poco viene invece svelato del mistero alla base del film, anche se il regista ha rivelato che Glass Onion sarà diverso rispetto a Knives Out in quanto a tono, ambizioni e ragion d’essere.

Johnson ha inoltre spiegato che la sua tecnica per la scelta del cast è come “organizzare una cena per gli ospiti. Inviti sempre le persone che ti piacciono, ma è difficile sapere davvero come andrà e alla fine puoi solo cercare di scegliere i migliori attori per una parte, quelli che sembrano più adatti a un ruolo specifico. A quel punto ti tuffi e trattieni il respiro. Per fortuna abbiamo messo insieme un gruppo stupendo e davvero coeso”. Non resta dunque che attendere che il film diventi disponibile per la visione, potendo intanto godere del suo elettrizzante trailer.

 
 

Oscar 2023: Jimmy Kimmel presenterà la serata!

Oscar 2024

Jimmy Kimmel tornerà a presentare la 95° cerimonia degli Oscar 2023, mettendo a segno la sua terza volta nel prestigioso compito di condurre la serata. Il ritorno di Kimmel è stato annunciato da Glenn Weiss e Ricky Kirshner, i produttori esecutivi e gli showrunner degli Academy Awards.

Il conduttore di “Jimmy Kimmel Live” ha precedentemente guidato le trasmissioni televisive del 2017 e del 2018, la prima delle quali ha prodotto il famoso “scandalo” al miglior film, tra La la Land e Moonlight. Kimmel ora pareggia i conti con altri presentatori: Jerry Lewis, Steve Martin, Conrad Nagel e David Niven. Le uniche persone ad ospitare più volte sono Whoopi Goldberg e Jack Lemmon (4), Johnny Carson (5), Billy Crystal (9) e Bob Hope (11).

“Essere invitato a presentare gli Oscar per la terza volta è un grande onore o una trappola”, ha detto Kimmel in una nota. “Ad ogni modo, sono grato all’Accademia per avermelo chiesto così in fretta dopo che tutti i bravi hanno detto di no”.

 
 

Eternity. La morte è un dandy: la rivendicazione all’assenza di ambizione. Intervista a Alessandro Bilotta

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Eternity nasce da un insieme di idee.” Esordisce così Alessandro Bilotta parlando del suo ultimo fumetto, edito da Sergio Bonelli Editore e tra le novità librarie della collana Audace, che la casa editrice ha presentato al Lucca Comics and Games 2022. 

“Da una parte c’erano le idee che riguardano il personaggio, che è a sua volta un’evoluzione dei caratteri che mi interessano e che ho sempre ideato. Un personaggio che si solleva dal livello medio delle persone che lo circondano, molto intelligente, ma allo stesso tempo distaccato e che subisce la solitudine di questo suo essere superiore. Poi si è affacciata in me l’idea che tutto il mondo in cui viviamo sia fatto delle nostre auto-rappresentazioni. Siamo tutti un micro-mondo dello spettacolo e ognuno di noi è un mini spettacolo personale. Lo dico chiaramente nel primo volume di Eternity: alcuni personaggi vogliono avere il massimo da questa vita, convinti che non ce ne sia un’altra. E tutti vorrebbero lasciare il segno e vivere per sempre in questo mondo.” 

Un mondo iper-esposto, una auto-narrazione di sé esasperata, un palcoscenico continuo e, in questo ambiente asfissiante, un personaggio, Alceste, che attraversa la folla con curiosità antropologica, senza mai farsi toccare o attraversare da essa.

Si tratta, effettivamente, di un personaggio superiore a tutto ciò che incontriamo nella storia, ma questa sua superiorità e questa sua distanza dalle cose sembrano nascondere anche una mancanza di comprensione delle cose stesse. Una caratteristica che, spiega Bilotta, “fa parte dell’imperscrutabilità del personaggio. Volevo cercare di costruire un personaggio che rimanesse sempre in parte misterioso, che non facesse mai capire davvero cosa gli passa per la testa. Alla fine della storia sei convinto di cominciare a capirlo, ma ti rendi conto che non è così. Sembra distante anche da se stesso, come fosse un dio indifferente, e questo lo rende un personaggio disconnesso e assente rispetto a ciò che ha intorno.”

La storia sembra ambientata in un prossimo futuro, ma Alceste è un analogico e compra ancora i fumetti di carta che, si dice ad un certo punto, “sta tornando di moda”. In un mondo in cui la carta è diventata bene di lusso, il volume sembra fare un passo ulteriore nel racconto della contemporaneità. Eternity si rivela così essere una di quelle opere che parla con il proprio presente, nonostante sia stato pensato più di qualche anno fa. Come si raggiunge questo dialogo tra opera d’arte e realtà che la fruisce? Per Bilotta, questo dialogo si ottiene “quando i narratori cercano di concentrarsi sui grandi temi e non sul racconto in sé. Quando cerchiamo sempre di leggere, nella storia che vogliamo raccontare, quali sono i temi, gli argomenti che restano universali e che rimangono nel tempo, perché, come diceva Erich Fromm, l’essere umano è l’unico animale per cui la sua esistenza è un problema che deve risolvere. Questo problema che dobbiamo risolvere, dunque, è sempre lo stesso e le domande che ci poniamo per risolverlo sono sempre le stesse.”

Per quello che riguarda nello specifico il discorso sulla carta che “sta tornando di moda”, Alessandro Bilotta spiega: “Ho colto questo aspetto ragionando su una storia che fosse fortemente presente, che contenesse un elemento del presente che è sempre molto persistente: la nostalgia, la malinconia. Tutti noi tendiamo sempre a dare un peso importante a quello che è successo, a quello che abbiamo fatto, passato, attraversato. In Eternity siamo in un mondo in cui sono tornati di moda gli anni ’60, ad esempio. In questo modo di interpretare il comportamento degli umani e i loro desideri, mi immagino che se davvero prendesse piede la digitalizzazione verso cui ci stiamo muovendo, la carta diventerebbe subito un desiderio che l’uomo tornerebbe ad avere, come accaduto con i vinili. A questo è strettamente legata anche la mia convinzione che se sparisse davvero la carta, sparirebbe anche il fumetto.”

Eternity è una storia fortemente ancorata alla città in cui si svolge, Roma, non a caso la Città Eterna, e questa scelta corrisponde a un “giocare in casa” per l’autore, tant’è vero che ad un certo punto, nelle sue peregrinazioni senza meta, Alceste incontra Mercurio Loi, uno dei personaggi più famosi della produzione bilottiana. La scelta si deve alla volontà di rendere manifesta l’idea di una Roma che si costruisce attraverso i suoi stessi racconti. “Quella della mia storia è una città che non esiste. È l’immagine di una Roma ideale, mentre cerco di renderla più realistica del reale. In questa invenzione di Roma piena dei sentimenti che ci ho messo io con le mie storie, Mercurio Loi è un personaggio ricorrente, appartiene al suo immaginario, è un omaggio a me e ai miei lettori. Per cui è ovvio che ci sia, perché ormai fa parte della città, è l’attore caratteristico che sta sempre nello stesso locale.”

Anche i colori, in Eternity, contribuiscono al world building di questa Roma immaginaria, diventando elemento narrativo: “In fase di colorazione avevamo centinaia di migliaia di ipotesi da portare avanti – spiega Bilotta – E dopo tanto pensarci, ho capito che l’idea migliore fosse quella di seguire il senso del fumetto stesso, quindi usare il colore come qualcosa di fortemente attuale, ma allo stesso tempo che contenesse un’idea di antico e retrò. Nel fumetto la colorazione è moderna e ipertecnologica ma che mima alcuni dettagli di tempi passati. Il fuori registro, o la colorazione geometrica, ad esempio. E poi ogni segmento della storia ha delle tonalità precise, dei colori distintivi, perché ogni segmento basta a se stesso e ha una luce e una illuminazione specifica. Alcuni momenti sono molto moderni, altri hanno un sapore più romantico. Una volta elaborate queste idee, le ho sottoposte a Emiliano Mammucari, che ha supervisionato i colori, e a Adele Matera, che li ha materialmente realizzati.” 

Nell’ambito di una Lucca Comics and Games in cui SBE esordisce con le prime due produzioni di Bonelli Entertainment, il film di Dampyr ora al cinema e la serie animata di Dragonero che andrà in onda a dicembre sui canali Rai, è inevitabile immaginare una declinazione multimediale anche per le nuove PI che la casa editrice sta mettendo sul mercato. E anche Eternity ha un potenziale transmediale: “E’ un racconto che usa un linguaggio fortemente fumettistico che avrebbe bisogno di un adattamento intelligente che lo trasformi in altro. Tuttavia, dal tema affrontato, alla scansione del racconto fino ai personaggi, credo che questo fumetto si presti benissimo a una trasposizione cinematografica, nella speranza di fare meglio degli orrori della Marvel.”

“Il dialogo tra cinema e fumetto – continua Bilotta – ha degli esempi nobilissimi nel passato, che negli ultimi anni sono andati completamente perduti. Non c’è più stato l’interesse a riferirsi ai fumetti da cui provengono i personaggi. Il filone è stato così ricco e copioso che ci si è resi conto che si poteva vendere il nulla, come se si trattasse della fortuna che vendeva Wanna Marchi. È sufficiente annunciare un film Marvel con personaggi in costume, ma non ci dobbiamo preoccupare più di costruire la storia, di quello che c’è dentro. Prima di quest’ultima fase nefasta, c’è stato un periodo in cui questi aspetti venivano approfonditi. Ci sono stati degli esempi meravigliosi dal Batman di Tim Burton a Spider-Man 2 di Sam Raimi, film potentissimo che trasuda cultura del fumetto e del personaggio che sta raccontando. Al momento l’unico in grado di poter portare il fumetto popolare sul grande schermo è James Gunn. Per il resto sia l’autore che il fumetto sono del tutto irrilevanti. Ma forse noi alla Bonelli, non avendo conosciuto quel successo, saremo obbligati a prestare più attenzione al materiale di partenza, ai personaggi e alle storie, quindi sono fiducioso.” Conclude.

Dalle pagine di Eternity si avverte l’esigenza dell’autore di raccontare una intimità molto specifica, quella del suo protagonista, Alceste, che però è immersa nell’universalità che lo circonda. Quindi c’è stata la necessità di costruire quel mondo tanto grande perché al suo interno si potesse muovere il protagonista con la sua storia, la sua intimità, la sua individualità. “Il racconto vero e proprio è una storia intimista.” Afferma Bilotta. 

Nel fumetto, il personaggio di Quinto Serafini afferma, citando Seneca, che “non abbiamo poco tempo, è che ne sprechiamo troppo”, un’affermazione immediatamente contraddetta da Alceste, che replica dicendo che in realtà, l’uomo vuole più tempo proprio per poterne sprecare di più. In questo scambio sembra nascondersi la chiave di Eternity, e la chiave del suo protagonista: “Questo scambio è un inno all’essere oziosi e improduttivi. A essere dandy. Nel momento in cui la vita ci opprime e ci costringe a ‘fare’, questo è un invito ad andare nella direzione opposta e scollarsi da qualsiasi ambizione. La citazione di Seneca è sempre stata considerata come un’affermazione positiva, di buona speranza, invece è l’anticamere dell’iper-produttività. Un pericolo spaventoso, un po’ come lo era anche il famoso discorso di Steve Jobs, e nessuno se n’è accorto. Io, a fronte di questa invocazione al bisogno di tempo per lavorare di più, voglio rivendicare il diritto di non avere obbiettivi, di sprecare il tempo, di alternare i desideri, di non dover conquistare il mondo. È questo quello che mi interessa ed è questo che Alceste incarna. Lui è completamente impermeabile a quest’ansia di dover continuamente fare e raccontare.” Un’affermazione che sembra andare contro tutto ciò che la contemporaneità ci suggerisce, e che forse potrebbe salvarci dal mondo.

Eternity. La morte è un dandy – cover volume 1

 
 

Karem Bürsin: 10 cose che non sai sull’attore

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L’attore turco Karem Bürsin è oggi una star particolarmente amata e popolare in Italia e a livello internazionale. Il merito è di alcune serie televisive in cui l’attore ha recitato e dove ha potuto dar prova del suo fascino e del suo talento. Attivo anche in ambito umanitario, con numerose attività benefiche da lui sostenute, Bursin si è sempre più affermato come una personalità degna di nota.

Ecco 10 cose che non sai di Karem Bürsin.

Karem Bürsin: i suoi film e le serie TV

1. È noto per alcune serie TV. Ad aver reso l’attore una star di livello internazionale sono state in particolare serie come Waiting for the Sun (2013-2014), Matter of Respect (2014-2015) e Bu Sehir Arkandan Gelecek (2017). Ha poi recitato in ruoli di rilievo anche in Immortals (2018), serie Netflix, Muhtesem Ikili (2018-2019) e Aynen Aynen (2019-2021). Nel 2020 viene invece scelto per interpretare l’architetto Serkan Bolat in Love Is in the Air, serie turca che lo rende particolarmente popolare in Italia.

2. Ha lavorato anche per il cinema. Oltre ai tanti progetti televisivi per cui è principalmente noto, l’attore ha avuto modo di recitare anche in film per il cinema come Thursday (2006), Sharktopus (2010), Palace of the Damned (2013) e Whisper if I forget (2014). Negli ultimi anni ha invece preso parte a Can Feda (2018), Good Game (2018) e Eflatun (2021).

3. È anche produttore. Oltre ad avere lavorato come attore, Bürsin si è negli ultimi anni dedicato anche alla produzione. Per il cinema, ha ricoperto tale ruolo per i film Kelebekler, regia di Tolga Karaçelik (2018), e Seçim, regia di Bahri Baykal (2022). Per la televisione, ha invece prodotto la serie Immortals (2018).

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Karem Bürsin è su Instagram e Twitter

4. Possiede un account ufficiale. L’attore è naturalmente presente sul social network Instagram, con un profilo verificato seguito attualmente da 10.9 milioni di persone. Su tale piattaforma egli ha ad oggi pubblicato appena 172 post, tutti relativi alle sue attività come attore o modello. Si possono infatti ritrovare diverse immagini relative a momenti trascorsi sul set ma anche foto promozionali dei suoi progetti. Seguendolo si può dunque rimanere aggiornati sulle sue attività.

5. È presente anche su Twitter. Oltre ad Instagram, l’attore è presente anche sul social network Twitter, dove possiede un profilo ufficiale certificato dalla nota spunta blu. Qui, seguito da oltre 800 mila persone, Burstin è solito condividere notizie relative ai suoi progetti ma si dedica anche a rispondere a domande e curiosità dei suoi fan. Anche in questo caso, seguendolo su tale piattaforma si potrà rimanere aggiornati sulle sue attività.

Karem Bürsin e la fidanzata Hande Erçel

6. Ha conosciuto la sua fidanzata sul set. Come recita il titolo della serie di cui è attualmente protagonista, l’amore è davvero nell’aria. Il set di Love is in the air ha infatti permesso all’attore di recitare accanto a Hande Erçel, con i loro personaggi sentimentalmente impegnati tra loro. A lungo i fan hanno sperato che anche tra i due attori nascesse un sentimento e dopo alcune voci a riguardo i due hanno infine confermato, con alcune foto su Instagram rilasciate nell’aprile del 2021, la loro relazione.

7. Si sono separati. Negli scorsi mesi i due attori avevano però lasciato intendere che la loro relazione era terminata, spezzando i cuori dei loro numerosi fan. I due non hanno dato motivazioni a riguardo, ma foto recentemente trapelate online di Bürsin mano nella mano con l’attrice spagnola Stephanie Cayo hanno spinto a pensare che possa essere stata quest’ultima il motivo della rottura. I due sono poi stati paparazzati più volte nel corso dell’estate, ma nessuna comunicazione ufficiale è arrivata dai diretti interessati.

Karem-Bursin-hande-arcel

8. Sembra esserci un ritorno di fiamma. Nelle ultime settimane, per la gioia dei loro fan, tra Bürsin e la Erçel sembra esserci un ritorno di fiamma. I due sono infatti stati avvistati insieme in giro per Istanbul e ciò ha spinto a pensare che sia in atto un riavvicinamento tra di loro. Attualmente, anche per questa notizia, non ci sono ancora conferme ufficiali, perciò occorrerà aspettare e vedere quali saranno i risvolti futuri.

Karem Bürsin a Verissimo

9. È stato ospite del noto programma. Nel settembre del 2021 l’attore è stato ospite del programma di Canale 5 Verissimo. Nel corso dell’intervista, egli ha avuto modo di parlare tanto delle sue attività lavorative quanto della sua sfera sentimentale. In particolare, Bürsin si è concentrato proprio sul raccontare della sua relazione con la Erçel e su come egli intenda vivere l’amore. L’intervista integrale è facilmente ritrovabile sui canali ufficiali del programma.

Karem Bürsin: età e altezza dell’attore

10. Karem Bürsin è nato a Istanbul, il 4 giugno del 1987. L’attore è alto complessivamente 1.80 metri.

Fonte: IMDb, Instagram

 
 

Mr. Evidence: l’affermazione di sé attraverso la diversità. Intervista ai creatori Fabio Guaglione e Adriano Barone

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L’affermazione della propria esistenza è un concetto primordiale che da sempre accompagna l’uomo. E proprio dalla ricerca della “prova della propria esistenza” sembra prendere le mosse Mr. Evidence, una delle nuove proposte librarie che Sergio Bonelli Editore ha presentato al Lucca Comics and Games 2022, sotto l’etichetta Audace. 

A raccontare la genesi e le intenzioni del progetto, i due co-creatori delle serie, Adriano Barone e Fabio Guaglione, autori che partono da due background molto diversi (il primo sceneggiatore “puro”, il secondo formato e affermato nell’ambito della produzione cinematografica), ma che hanno trovato un territorio comune nella costruzione di una storia molto ambiziosa. Come si collabora quando i rispettivi punti di partenza e formazione sembrano così distanti?

Fabio Guaglione: “Ci conosciamo da molto tempo e volevamo unire passioni e competenze. Adriano già lavorava con Bonelli e io sono sempre stato appassionato di fumetti, quindi ci siamo detti di proporre qualcosa alla casa editrice. Mi ricordo benissimo come andò quell’incontro: Michele Masiero, il direttore della SBE, passò tutto il tempo a dirci quanto poteva essere complicato far partire una nuova serie, quanto era profonda la crisi delle edicole, elencandoci tutti i malus di quello che poteva essere la messa in cantiere di una nuova storia. E noi abbiamo pensato che la sua risposta fosse un ‘no’, ci siamo preparati ad uscire dalla sua stanza incassando il rifiuto, ma lui ci ha fermati, dicendoci che saremmo partiti con il progetto.”

“Non avevamo capito che quello fosse invece un ‘sì’ – prosegue Barone – Masiero era stato molto onesto nello spiegarci la situazione editoriale. E noi, tra professionisti, eravamo pronti ad accettare una risposta negativa. Che invece non è arrivata. La proposta è stata accolta nel 2018, sono partiti subito i lavori veri e propri e nel 2019 c’è stato l’annuncio ufficiale, sempre al Lucca Comics. A Lucca 2022 sarebbe dovuto uscire un numero zero e invece siamo usciti con il primo numero, dal momento che la pandemia ha cambiato tante carte in tavola. Fino al 28 giugno non sapevamo che saremmo riusciti a portare Mr. Evidence a Lucca. Dobbiamo ringraziare davvero tutta la nostra squadra, la casa editrice, il disegnatore Fabrizio Des Dorides, le coloriste coordinate da Emiliano Mammucari, Luca Corda che ha letterato, Cassandra Botta che è stata la nostra eroica segretaria di edizione e tutto il team editoriale che ci ha permesso di arrivare in tempo.”

Anche un occhio inesperto in materia di nona arte si rende conto che Mr. Evidence si differenzia dal fumetto Bonelli classicamente inteso, a partire dalle sue tavole ‘molto parlate’, frutto di un lavoro di compromesso tra le due teste pensanti che lo hanno partorito.

“Adriano è un integralista/formalista del fumetto – dice Guaglione, cominciando ad addentrarsi nel processo di creazione della serie – più di una volta mi sono sentito dire che certe cose non si potevano fare nel linguaggio del fumetto bonelliano, e io ho cercato di contaminare la tradizione della casa editrice proponendo altri esempi. Ho cercato di portare dentro a Mr. Evidence tutto il mondo della serialità televisiva, a partire da Mindhunter. Il modo di raccontare i personaggi che abbiamo adottato è debitore di quel tipo di linguaggio, tanto è vero che Adriano dice che Mr. Evidence è antifumettistico, anche se non so cosa vuole dire…” conclude ridendo. 

E il collega interviene a spiegare: “Per me il fumetto è immagine, e il dialogo presente in essa deve essere contrappuntistico. Il fatto che Mr. Evidence sia tanto dialogato va contro questa mia idea, quindi in questo senso è “antifumettistico”. Ma come dice Warren Ellis, il fumetto è immagine e parola, è l’autore che decide l’alchimia tra le due componenti. Così ho deciso che con questa storia che aveva la necessità di tante parole si poteva esagerare e invece di resistere all’esigenza di Fabio, ho ceduto ad essa, cercando di arricchirla e di rendere questa storia ancora più unica.”

Il risultato è una storia densa, in cui ogni tavola può richiedere anche una doppia lettura per essere assimilata bene, e in cui i canoni bonelliani lasciano spazio a fonti differenti, come i fumetti Vertigo. Dopotutto Mr. Evidence fa parte della collana Audace, e da sempre Michele Masiero spinge gli autori che pubblicano sotto questa etichetta a osare, a essere audaci, appunto.

Nel primo volume, la storia è ambientata in un istituto di igiene mentale, e i quattro protagonisti soffrono di patologie molto specifiche: Mr. Truth, Miss Nerve, Mr. None e Mr. Pain hanno disturbi mentali che li rendono molto particolari. Ma come nascono questi personaggi? La patologia è entrata nella storia oppure era la storia a esigere quel tipo di disturbo per costruire un personaggio specifico? 

Il percorso è stato a doppio senso, come spiega Barone: “C’era uno schema prestabilito che dettava il comportamento dei nostri personaggi, e in base a questo abbiamo cercato dei disturbi che potessero permettere a ciascuno dei personaggi di comportarsi come ci serviva.” Gli fa eco Guaglione: “Siamo partiti dalle esigenze narrative, ad esempio avevamo bisogno di un Mr. Truth, che immagazzinasse e ricordasse ogni dettaglio, con memoria fotografia e capacità di calcolo, e siamo andati a vedere se queste caratteristiche erano racchiuse in un disturbo esistente in natura. Lo stesso per quanto riguarda Mr. Pain, un personaggio che fosse in contatto costante con il dolore. Abbiamo percorso la strada opposta con i cattivi, che arriveranno dal secondo volume in poi. Lì abbiamo pensato di attribuire a ogni villain le caratteristiche più interessanti.”

Una vera e propria discesa negli inferi delle malattie mentali che però è stata affrontata con un approccio scientifico, anche per tutelarsi dai mostri che la mente umana è capace di creare. “Nella documentazione l’approccio è stato scientifico – spiega Guaglione – ma in fase di scrittura il mio percorso è stato catartico, perché se ti immedesimi non in uno, ma in quattro personaggi mentalmente instabili, il processo diventa molto profondo. Scrivendo il quarto volume mi sono trovato in lacrime perché mi sono accorto che attraverso i personaggi ero io a parlare dei miei problemi. La nostra speranza è che, sebbene si tratti di personaggi inventati e per molti versi estremi, possano catturare un disagio o almeno una piccola parte del disagio di qualche lettore che si sentirà così rappresentato.”

Insomma, sembra che il prezzo da pagare per la realizzazione di Mr. Evidence sia stato particolarmente salato, in termini di coinvolgimento emotivo, un prezzo che Barone e Guaglione vogliono condividere con il lettore, dal momento che nelle note a fine volume 1, si chiedono (e gli chiedono) se la follia possa essere un metro per capire il mondo in cui viviamo. La risposta, però, non l’hanno trovata neanche loro: “Il nostro viaggio con Mr. Evidence è a metà perché siamo a metà della stesura della sceneggiatura – dice Barone – l’unica cosa che abbiamo scoperto a questo punto, è che abbiamo molte più domande di quante ne avevamo all’inizio di questa storia. E non ho la pretesa di dare una risposta.” Guaglione aggiunge: “Credo che nessun prodotto possa dare la risposta a una tale domanda. Quello che può fare una storia come quella di Mr. Evidence, è porre l’individuo davanti alla domanda giusta per lui. Ed è quello che cercheremo alla fine di questo ciclo.”

Nell’ambito di una Lucca Comics and Games in cui SBE esordisce con le prime due produzioni di Bonelli Entertainment, il film di Dampyr ora al cinema e la serie animata di Dragonero che andrà in onda a dicembre sui canali Rai, è inevitabile immaginare una declinazione multimediale anche per le nuove PI che la casa editrice sta mettendo sul mercato. Questo valer anche per Mr. Evidence? 

Per Guaglione non ci sono dubbi, sin dalla genesi del progetto: “Siamo stati chiamati per realizzare un prodotto che potesse essere multimediale. Adesso ci stiamo dedicando con amore al fumetto, ma stiamo già parlando di diverse declinazioni, alcune impensabili.” E Barone conferma: “Mr. Evidence è stato fatto in modo che si potesse sviluppare anche in altri media, c’è un dossier corposo che racconta anche un world building molto ricco, quindi la possibilità che si possa raccontare la storia per altre vie è reale.”

Dopotutto la storia di Mr. Evidence si rivela essere particolarmente ‘nel suo tempo’ in un momento storico in cui la malattia mentale non è più uno stigma. Nel periodo post-pandemico, è aumentata, per fortuna, l’attenzione verso le malattie mentali, se ne parla di più e c’è un maggiore senso di inclusione verso coloro che ne soffrono. È proprio questo il tessuto sociale in cui Guaglione e Barone si sono inseriti con la loro storia. “Negli ultimi anni c’è l’attenzione narrativa verso il freak, ovvero una persona che ha un difetto e deve conviverci e deve cercare di trarre da quel difetto un potenziale che lo rende unico. E noi ci inseriamo in quel filone lì.” Conferma Guaglione. E Barone approfondisce: “Siamo in un presente in cui l’uomo della strada si chiede cosa voglia dire essere normale. La pandemia ci ha messi a confronto con noi stessi e con la nostra solitudine, ci ha costretti a farci delle domande, a chiederci cosa vogliamo e quanto siamo uguali gli uni agli altri. La nostra condizione è ‘la fortuna d’autore’, uno stato in cui capisci che forse certe tematiche non interessano solo a noi due.”

“Il nostro mondo vuole guarire e noi parliamo di persone malate che non vogliono più vergognarsi di esserlo – conclude Guaglione – A volte si tende a nascondere il fatto di avere dei problemi, la verità è che le difficoltà, i problemi, i difetti fanno parte della vita. A volte, come in Mr. Evidence, il problema che hai dice che persona sei.” 

L’affermazione della propria esistenza passa anche attraverso la presa di coscienza e l’accettazione della propria diversità, e questa auto-consapevolezza si trasforma inevitabilmente in affermazione di sé.

Mr. Evidence – la cover del numero 1