Lorenzo Zurzolo è stato già mille e uno volti. E’ stato Lodo, Vincenzo, Alessandro, è stato Niccolò e Daniele (nella splendida serie Prisma), ma è stato anche un giovane Diabolik e addirittura Italo Balbo. Lo aspettiamo in sala, a partire dal 16 ottobre, quando arriverà sul grande schermo il suo Max, protagonista di Squali, nuovo film distribuito da Eagle Pictures.
Nonostante i soli 25 anni, Lorenzo Zurzolo è un volto che si è trasformato tante volte e ha già raccontato moltissime storie, al cinema, in tv e in streaming, mettendosi ogni volta alla prova con ruoli sempre differenti che riuscissero a mettere in luce le sue doti: volto pulito, da bravo ragazzo, ma accogliente verso le ombre e gli aspetti più oscuri da mettere al servizio dei personaggi che interpreta.
25 anni ma idee chiarissime, soprattutto quando si tratta di recitazione. Il suo metodo è decisamente istintivo e immediato, si potrebbe definire “umorale”, ma più che altro sembra attingere a una grande sensibilità, nutrita da continue letture e visioni (si definisce un collezionista di dvd e di fumetti, come suo padre), e sul “metodo”, non ha molto da aggiungere se non che va sul set… e recita.
“Tengo sempre presente l’osservazione di Laurence Olivier a Dustin Hoffman, che – durante le riprese di Il maratoneta – si ammazzava di fatica per essere credibile: perché non ti limiti a recitare? (ride). Non credo ci sia una strada assoluta per tutti e per tutto: a volte alcune interpretazioni ti richiedono di entrare dentro l’emozione, in altri casi ci puoi arrivare con la tecnica. Non è che se interpreto un tossico, devo drogarmi…” ha dichiarato nel 2022 a Iodonna.it.
Sembra quindi improbabile che per Squali, di Daniele Barbiero, abbia approfondito l’effettiva progettazione di applicazioni e altri device tecnologici, ma non per questo non è stato in grado di portare sullo schermo un Max convincente, un giovane di 19 anni pieno di speranze e di talento, che insieme ai suoi amici ha pianificato l’estate perfetta: un viaggio in Spagna, simbolo di libertà e fuga dalla noia dopo l’esame di maturità. Un viaggio interrotto da quella e-mail che ti cambia la vita: la possibilità di vedere sviluppata e realizzata la propria idea, il proprio sogno che si realizza.
Senza farsi intimidire dalla presenza sul set di James Franco, che divide la scena con lui in Squali, Zurzolo ha dato a un giovane che forse impreparato a quello che sta per accadergli impara a navigare nell’oscurità e a non fermarsi mai, pur di sopravvivere, proprio come gli squali del titolo.
Insieme a Francesco Centorame, Francesco Gheghi, Ginevra Francesconi e ovviamente a James Franco, Lorenzo Zurzolo sarà al cinema in Squali dal 16 ottobre, grazie a Eagle Pictures.
Si è conclusa oggi l’undicesima edizione del MIA | Mercato Internazionale Audiovisivo, promosso da ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche, Audiovisive e Digitali), presieduta da Alessandro Usai, e APA (Associazione Produttori Audiovisivi), presieduta da Chiara Sbarigia, sotto la direzione di Gaia Tridente.
L’edizione 2025 ha confermato il ruolo del MIA come punto di riferimento centrale per l’industria audiovisiva internazionale, con circa 2.800 partecipanti provenienti da 64 Paesi e una crescita qualitativa che si è tradotta in incontri mirati, maggiore presenza di stakeholder strategici e programmi pensati per generare impatti concreti a supporto dei processi creativi e produttivi.
A sottolineare l’espansione globale della manifestazione, tra i Paesi rappresentati figurano, oltre all’Italia, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Brasile, Corea del Sud, Sudafrica, Giappone, Australia, Germania, India, Spagna e molti altri, a testimonianza della dimensione sempre più internazionale e intercontinentale del mercato.
Il MIA continua inoltre a crescere anche sul piano digitale e social: nell’ultimo anno i follower sono aumentati del 30,5% su Instagram, 22,7% su Facebook e 12% su LinkedIn, mentre il sito ufficiale ha registrato un incremento del 5,3% nelle visualizzazioni di pagina e del 6,7% negli utenti attivi, molti dei quali con profilo internazionale.
Quest’anno sono stati presentati oltre 100 progetti tra le varie sezioni ufficiali del mercato, di cui 62 selezionati per il Co-Production Market and Pitching Forum (suddivisi in Animation, Documentaries, Drama e Film) e 44 titoli inclusi nei cinque showcase dedicati. Complessivamente, il MIA ha ricevuto circa 500 candidature, confermando la sua centralità come piattaforma per lo sviluppo e la coproduzione internazionale.
Nel corso della giornata conclusiva sono stati assegnati i MIA Awards 2025, tra cui i prestigiosi MIA Development Awards, suddivisi per categoria.
Miglior progetto di animazione:The Golden Butterfly di Goce Cvetanovski (Macedonia del Nord, Argentina, Brasile, Colombia, Spagna).
Miglior progetto documentario:Edition 96 (Libano) di Ahmad Naboulsi.
Miglior progetto drama:Aïnta! prodotto da Andreas Zoupanos Kritikos, con una menzione speciale a Dyouf / Guests.
Miglior progetto film:I Have to Fuck Before the World Ends, diretto da Andrea Benjamin Manenti.
Tra i riconoscimenti speciali anche il Sony Pictures Television Award (assegnato a The Roaring Banshees), il Paramount New Stories Award (vinto dal progetto italiano POV – Point of View), il GEDI Visual Award (assegnato a Pestiferus Lupus con menzione a I pesci non chiudono gli occhi di Audrey Gordon), lo Screen International Award (vinto da The Circle / Cercul) e il WIFTMI Award (assegnato alla serie animata Roc e Lola di Andrea Giro).
Nel commentare i risultati, Alessandro Usai (ANICA) e Chiara Sbarigia (APA) hanno espresso soddisfazione per la partecipazione e per la crescita qualitativa dell’evento, sottolineando come il MIA rappresenti “uno dei principali hub di networking per l’industria audiovisiva mondiale” e una “piattaforma strategica per la collaborazione e lo sviluppo di progetti internazionali”.
La direttrice Gaia Tridente ha infine ricordato come il MIA stia affrontando le trasformazioni globali del settore con una visione propositiva, “trasformando la complessità del mercato in opportunità, grazie a iniziative concrete a sostegno dei professionisti accreditati, dai programmi dedicati all’intelligenza artificiale alle nuove tecnologie immersive”.
Fondato nel 2015 come joint venture tra ANICA e APA, il MIA è organizzato con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ITA – Italian Trade Agency, Ministero della Cultura, Regione Lazio, con il patrocinio di Eurimages e il supporto di Fondazione Roma Lazio Film Commission e UniCredit. L’evento si svolge sia in presenza, a Roma, sia sulla piattaforma MIADIGITAL, permettendo la partecipazione e la fruizione dei contenuti anche a distanza.
Quando nel 2008 uscì Nessuna verità (Body of Lies), molti spettatori si chiesero quanto ci fosse di autentico nella storia raccontata da Ridley Scott. Il film, conLeonardo DiCaprio e Russell Crowe, racconta le operazioni segrete della CIA in Medio Oriente durante la guerra al terrorismo, alternando azione, politica e morale. La precisione dei dettagli, i riferimenti alla realtà geopolitica e la rappresentazione verosimile dei metodi di spionaggio indussero molti a credere che fosse ispirato a fatti realmente accaduti.
In effetti, Nessuna verità è un film che dialoga costantemente con la realtà. Scott adotta un linguaggio documentaristico, fatto di colori polverosi, immagini satellitari e un ritmo narrativo che imita la complessità del mondo post-11 settembre. Ma, nonostante la sensazione di verità, la storia di Roger Ferris non è mai esistita davvero. Il film nasce invece da un romanzo di finzione — scritto da un autore che conosce però da vicino le dinamiche del potere e dell’intelligence americana. Se vuoi scoprire come la vicenda si conclude e cosa significa davvero il gesto finale del protagonista, leggi la spiegazione del finale di Nessuna verità.
Questa ambiguità, tra realtà e finzione, è il cuore stesso del progetto. Nessuna verità non racconta una storia vera, ma utilizza un contesto autentico per porre domande vere: fino a che punto possiamo fidarci delle informazioni che riceviamo? Quanto la verità politica è manipolata da chi la produce? E cosa resta dell’etica personale in un sistema che vive di inganno e segretezza?
L’origine della storia e il romanzo di David Ignatius
Nessuna verità è tratto dal romanzo omonimo di David Ignatius, giornalista del Washington Post con una lunga esperienza nel campo della politica internazionale e dei servizi segreti. Ignatius ha seguito per anni la CIA e la diplomazia americana in Medio Oriente, costruendo trame di finzione che riflettono fedelmente il modo in cui l’informazione e la disinformazione operano nelle guerre contemporanee. Il suo romanzo, pubblicato nel 2007, non racconta fatti realmente accaduti, ma si ispira a situazioni verosimili e a pratiche effettivamente utilizzate nelle operazioni sotto copertura.
Ridley Scott, attratto dal realismo del materiale, decide di adattarlo in chiave cinematografica accentuando la dimensione morale. Pur mantenendo la struttura di spionaggio e l’intreccio politico, il regista concentra la narrazione sul conflitto interiore del protagonista, Roger Ferris, e sulla sua progressiva disillusione nei confronti del potere. Scott e lo sceneggiatore William Monahan — già vincitore dell’Oscar per The Departed — lavorano insieme per trasformare un racconto di intelligence in una riflessione universale sulla verità.
È in questo intreccio di realtà e finzione che il film trova la sua forza. Non c’è un “caso Ferris” documentato, né un’operazione realmente condotta con le modalità descritte, ma ogni elemento del film risuona di autenticità. Il linguaggio, i protocolli militari, le tensioni tra CIA e servizi locali, persino il modo in cui vengono pianificate le azioni terroristiche, derivano da fonti giornalistiche e testimonianze dirette. Persino il finale del film, in cui Ferris sceglie di spegnere il telefono e tagliare ogni legame con la CIA, diventa un gesto profondamente realistico: non un atto di eroismo, ma una ribellione morale plausibile dentro un sistema che vive di menzogne e compromessi.
Cosa c’è di vero in Nessuna verità
Sebbene Nessuna verità non sia tratto da una storia vera, molti dei suoi elementi derivano da pratiche realmente adottate nel mondo dell’intelligence dopo l’11 settembre. L’uso di droni e sistemi di sorveglianza satellitare, la creazione di reti di informatori, le alleanze precarie con i servizi segreti locali e la manipolazione delle informazioni mediatiche sono aspetti documentati della guerra al terrorismo. Scott e Monahan li intrecciano in una trama di finzione, ma ogni dettaglio — dal linguaggio dei briefing alla burocrazia dei rapporti di missione — restituisce un realismo che va oltre la cronaca.
Il personaggio di Ed Hoffman, interpretato da Russell Crowe, rappresenta in forma quasi simbolica un’intera generazione di analisti e dirigenti CIA che, grazie alle tecnologie di sorveglianza, conducevano operazioni globali senza mai spostarsi dai propri uffici. Il suo modo di gestire la guerra come un videogioco, alternando una telefonata a Ferris con la vita domestica americana, non è fantasia: è una caricatura lucida di un potere che ha smaterializzato la distanza etica dal conflitto. Al contrario, Ferris, immerso sul campo tra le macerie e i mercati del Medio Oriente, incarna l’altra faccia del sistema: quella degli uomini che ancora mettono a rischio la propria vita per un’idea di missione che non comprendono più fino in fondo.
Anche il finale del film si inserisce in questo quadro di verosimiglianza. La scelta di Ferris di spegnere il telefono e abbandonare la CIA, rifiutando la logica del controllo, non è solo la conclusione di un arco narrativo: è il gesto realistico di un uomo che decide di sottrarsi a un potere invisibile ma totalizzante. In un mondo dove le verità vengono costruite e distrutte in tempo reale, Ridley Scott suggerisce che l’unico atto autentico possibile è quello del rifiuto. Non esiste un “fatto vero” dietro Nessuna verità, ma il film riflette una realtà in cui la menzogna è diventata linguaggio quotidiano del potere.
Ridley Scott e il realismo del potere
Ridley Scott ha sempre mostrato un’attenzione particolare per il rapporto tra individuo e potere, e Nessuna verità ne è una delle espressioni più coerenti. Anche se la storia non nasce da fatti realmente accaduti, il regista la mette in scena come se lo fosse: adotta lo stile di un reportage, alternando l’iperrealismo delle immagini digitali alla durezza della guerra sul campo. Il suo obiettivo non è raccontare “una storia vera”, ma mostrare come la verità — in politica come nei media — sia diventata un terreno di scontro, manipolabile e negoziabile a seconda di chi la possiede.
In questo senso, Nessuna verità appartiene alla stessa linea etica e visiva di film come Black Hawk Down o American Gangster, dove Scott affronta il potere istituzionale smascherandone le contraddizioni. La sua regia non idealizza mai i protagonisti: Ferris non è un eroe, ma un uomo costretto a riconoscere la propria impotenza dentro un sistema che usa la verità come arma. La sua decisione finale — spegnere il telefono e allontanarsi — diventa il gesto simbolico di un regista che invita lo spettatore a guardare oltre la superficie, a dubitare delle versioni ufficiali, a cercare un senso umano in un mondo dominato dall’informazione.
Proprio per questo, la domanda se Nessuna verità sia o meno una storia vera finisce per essere secondaria. La forza del film non risiede nella fedeltà ai fatti, ma nella sua capacità di restituire la verità del presente: quella di una società che vive connessa, sorvegliata e informata, ma sempre più distante dalla realtà. Ridley Scott trasforma la finzione in uno specchio del reale, e ci ricorda che, anche quando una storia non è vera, può comunque raccontare la verità più profonda del nostro tempo.
Uscito nel 2008, Nessuna verità (Body of Lies) è uno dei film più complessi e sottovalutati di Ridley Scott. Scritto da William Monahan — già sceneggiatore di The Departed — e tratto dal romanzo di David Ignatius, il film mette in scena un intrigo internazionale ambientato nel cuore della guerra al terrorismo, dove il confine tra verità e manipolazione diventa sempre più labile. Protagonisti due volti del cinema americano contemporaneo: Leonardo DiCaprio nel ruolo dell’agente della CIA Roger Ferris eRussell Crowe in quello del suo superiore Ed Hoffman, simbolo del potere a distanza e della spregiudicatezza morale dell’intelligence americana.
Ridley Scott affronta il tema dello spionaggio in chiave morale e visiva, intrecciando geopolitica e introspezione personale. Non è soltanto un film d’azione o un thriller politico, ma una riflessione sul ruolo dell’informazione e sulla perdita di umanità in un mondo dominato dalla tecnologia e dal controllo remoto. Il regista costruisce un racconto che alterna l’immediatezza del campo di battaglia in Medio Oriente con la distanza emotiva di chi, come Hoffman, coordina tutto da una casa nei sobborghi americani, mentre porta i figli a scuola.
Nessuna verità è anche un film sull’inganno sistemico. Ogni personaggio, dal protagonista agli alleati locali, vive immerso in una rete di menzogne, di verità parziali, di compromessi che si travestono da scelte etiche. Scott usa la forma del thriller per interrogare il nostro rapporto con la realtà: in un mondo dove le immagini — come quelle dei droni o delle telecamere satellitari — sembrano dirci tutto, la verità resta un’ombra sfuggente, manipolata da chi ha il potere di raccontarla.
Cosa succede nel film Nessuna verità
Il film si apre con una sequenza cruda e immediata che stabilisce subito il tono realistico dell’opera: un attentato suicida in Medio Oriente, seguito da un’operazione della CIA per rintracciare il mandante. Roger Ferris (Leonardo DiCaprio) è un agente operativo che agisce sul campo, abituato a muoversi tra città devastate, mercati affollati e campi profughi. Il suo superiore, Ed Hoffman (Russell Crowe), coordina invece le missioni dalla sicurezza del suo salotto in Virginia, tra una colazione in famiglia e una partita di golf. Questo contrasto diventa il cuore del film: l’azione sporca e reale contro la guerra virtuale combattuta attraverso satelliti e telefonate.
Ferris si muove tra Iraq, Giordania e altri teatri di guerra, cercando di infiltrarsi nelle reti terroristiche per scoprire la posizione di Al-Saleem, un leader jihadista responsabile di numerosi attentati. Durante la missione entra in contatto con Hani Salaam (Mark Strong), capo dei servizi segreti giordani, un uomo elegante, colto e ambiguo che impone una sola regola: «Mai mentirmi». Ferris, invece, è costretto a farlo continuamente, seguendo le istruzioni di Hoffman e costruendo false piste per manipolare gli avversari. Questa tensione fra lealtà personale e manipolazione politica diventa sempre più insostenibile.
Per smascherare Al-Saleem, Ferris e Hoffman inventano un piano rischioso: creare un finto terrorista, Al-Khalid, e simulare un’organizzazione rivale, diffondendo notizie false sui media e online. È un inganno su larga scala che coinvolge anche innocenti e che mette in discussione il concetto stesso di verità nel mondo della guerra d’informazione. Ma il piano sfugge presto di mano, e Ferris si ritrova solo, braccato da tutti, mentre le alleanze si sgretolano e la fiducia viene tradita da entrambe le parti.
Nel frattempo, Ferris si lega sentimentalmente ad Aisha (Golshifteh Farahani), un’infermiera giordana che incarna per lui una possibilità di redenzione, un contatto umano autentico in mezzo al caos. Ma anche questa relazione verrà sfruttata come leva di potere: Aisha verrà rapita per spingerlo a confessare, e Ferris capirà fino a che punto Hoffman sia disposto a sacrificare tutto pur di ottenere risultati. L’ultima parte del film si muove tra il disincanto e la rivelazione, fino a un finale in cui il protagonista dovrà scegliere tra continuare a servire un sistema corrotto o salvare ciò che resta della propria umanità.
Spiegazione del finale di Nessuna verità
Nelle sequenze finali di Nessuna verità, Roger Ferris si ritrova completamente isolato. Dopo che il suo piano per creare un falso terrorista è crollato, l’agente della CIA viene catturato da un gruppo jihadista legato ad Al-Saleem. Scott costruisce questa parte con un ritmo serrato ma essenziale, privando Ferris di ogni protezione: non c’è più copertura, non c’è più tecnologia che possa salvarlo. Le immagini si stringono, la camera si fa instabile, e la violenza della tortura diventa metafora visiva del crollo delle illusioni — personali e politiche — che hanno sostenuto la guerra al terrorismo.
Mentre Ferris è prigioniero, Hoffman continua a muovere i fili da Washington, convinto di poter controllare la situazione attraverso satelliti e microspie. Ma questa volta il potere della tecnologia non basta: Hani, il capo dei servizi giordani, scopre la doppiezza della CIA e decide di intervenire per salvare Ferris, non per lealtà, ma per dimostrare la superiorità della sua intelligenza e del suo metodo. In una delle scene più emblematiche, Hani organizza un’operazione di salvataggio che si conclude con un messaggio tagliente: la verità non può essere manipolata senza conseguenze.
Dopo la liberazione, Ferris comprende che non può più fidarsi né di Hoffman né del sistema che rappresenta. Ferito, esausto e moralmente disilluso, rifiuta di tornare negli Stati Uniti. Chiede invece di restare in Giordania, lontano dalla CIA, e di iniziare una nuova vita, forse al fianco di Aisha, l’infermiera che ama. La scena finale lo mostra camminare in un mercato, circondato dal rumore della vita quotidiana. Hoffman lo osserva da lontano, attraverso lo schermo di un computer, e prova ancora una volta a impartirgli ordini via telefono. Ferris spegne il cellulare e si allontana: un gesto semplice ma potentissimo, con cui taglia i fili che lo legavano alla rete di menzogne in cui aveva vissuto.
Il significato del finale di Nessuna verità
Il finale di Nessuna verità rappresenta il momento in cui Roger Ferris si libera, per la prima volta, da ogni forma di controllo. Il suo gesto di spegnere il telefono, dopo essere sopravvissuto a torture e tradimenti, è una dichiarazione d’indipendenza morale. Non è un atto eroico nel senso classico, ma un rifiuto della menzogna sistemica su cui si fondano le istituzioni che lo hanno manipolato. Ferris sceglie la realtà — con tutto il suo dolore, la sua imprevedibilità, la sua umanità — al posto della verità filtrata dai monitor e dai rapporti di intelligence. In quel momento smette di essere un soldato e diventa un uomo.
Ridley Scott costruisce questa liberazione in chiave visiva e simbolica. L’ultima immagine, quella di Ferris che cammina tra la folla, contrasta con le inquadrature fredde e controllate che dominano la prima parte del film. Dove prima c’era distanza e sorveglianza, ora c’è prossimità e vita. È un ritorno alla terra, alla materia, alla verità fisica che nessuna tecnologia può sostituire. Lo sguardo del regista diventa quasi umanista: la macchina da presa non osserva più da lontano, ma accompagna Ferris nel suo cammino, come a riconsegnargli la libertà di essere parte del mondo e non più un suo osservatore mediato.
A livello tematico, Nessuna verità è una riflessione sulla crisi dell’informazione e sulla perdita di fiducia nelle strutture del potere. Hoffman, con la sua capacità di dirigere operazioni militari mentre porta i figli a scuola, incarna la disumanizzazione del controllo. È l’archetipo del potere moderno: onnipresente ma invisibile, capace di decidere la vita e la morte con un clic. Ferris, invece, attraversa la parabola opposta: dal cinismo operativo alla consapevolezza morale. La sua scelta finale mette in discussione il principio su cui si fonda la guerra al terrorismo — quello della verità come arma — e lo sostituisce con la verità come scelta personale.
Scott non offre un messaggio consolatorio. Il film termina con un equilibrio fragile: Ferris è vivo, ma il sistema resta intatto. Tuttavia, il regista suggerisce che la resistenza individuale è ancora possibile, anche dentro un mondo che ha trasformato la verità in merce e la moralità in algoritmo. Nessuna verità diventa così non solo un thriller di spionaggio, ma una parabola sul nostro tempo, sull’impossibilità di distinguere tra giustizia e propaganda, e sul bisogno umano — forse disperato — di ritrovare un significato autentico dentro un mondo costruito sulle menzogne.
Ridley Scott e la verità come ossessione del potere
Con Nessuna verità, Ridley Scott affronta uno dei nodi centrali del suo cinema: la tensione costante tra verità e potere, tra individuo e sistema. Fin dagli anni di Blade Runner, il regista ha interrogato la percezione della realtà e il modo in cui essa viene costruita o distorta dal potere — che sia politico, tecnologico o ideologico. In Body of Lies, questa riflessione assume una forma contemporanea e terribilmente concreta: la guerra al terrorismo come teatro di manipolazione globale, dove l’informazione sostituisce l’esperienza diretta e l’immagine diventa più vera della realtà stessa.
Ferris è, in questo senso, un discendente ideale dei protagonisti di Scott: uomini divisi tra dovere e coscienza, tra ciò che il sistema chiede loro di essere e ciò che vorrebbero diventare. Come il Rick Deckard di Blade Runner o il Massimo Decimo Meridio de Il gladiatore, anche Ferris è un personaggio in cerca di una verità interiore, costretto a combattere un nemico invisibile — il meccanismo stesso del potere. La sua ribellione non consiste nel vincere, ma nel sottrarsi. Spegnere il telefono, alla fine del film, equivale a spegnere la macchina del controllo: un gesto piccolo, ma rivoluzionario.
Dal punto di vista registico, Scott utilizza lo spazio e la tecnologia come strumenti narrativi per parlare di alienazione. I droni, i satelliti, i computer che osservano tutto rappresentano la modernità disumanizzante che trasforma la vita in dati. Ma allo stesso tempo, il regista lascia spazio all’emozione, al corpo, alla materia: la sabbia, il sangue, il sudore. È in questi elementi fisici che Nessuna verità trova la sua dimensione più autentica, ricordandoci che la verità, come l’etica, non può essere filtrata attraverso uno schermo.
In ultima analisi, Nessuna verità è un film di guerra senza eroi, ma con una profonda tensione morale. Ridley Scott mette in scena un mondo in cui tutti mentono — governi, terroristi, agenti, amanti — ma suggerisce che proprio nella consapevolezza della menzogna si può intravedere un barlume di libertà. È un’opera che parla al nostro presente, dominato dall’informazione istantanea e dalla propaganda digitale, e ci ricorda che la verità, oggi più che mai, è una scelta.
Il conto alla rovescia è iniziato per i fan di Superman, con l’Uomo d’Acciaio che entrerà ufficialmente nel pubblico dominio nel 2034. Ma anche se ciò significa che chiunque potrà creare un fumetto, una serie TV, un film o un videogioco su Superman, la DC sottolinea un unico vantaggio che avrà rispetto alla concorrenza futura.
Non è un argomento facile da sostenere, dato che l’esclusiva proprietà della DC sul supereroe più iconico (e prezioso) del mondo sta per scadere. Parlando del futuro della DC durante il NYCC 2025 (tramite PopVerse), il presidente, editore e direttore creativo della DC Jim Lee ha affrontato l’argomento scottante:
“Sì, i personaggi entreranno nel pubblico dominio. Sta già accadendo. Abbiamo tutti visto queste inquietanti imitazioni di Topolino che circolano online. Ma ecco la verità: il personaggio non è la magia. La magia è la narrazione. La magia è la costruzione del mondo. Possedere Superman non è la stessa cosa che capire Superman, sapere come si muove, come parla, cosa rappresenta.
Chiunque può disegnare un mantello. Chiunque può scrivere di un eroe. È così da quando esistono i fumetti, e si chiama fan fiction. Non c’è niente di male nella fan fiction. Dimostra quanto profondamente questi personaggi vivano dentro tutti noi. Ma Superman è perfetto solo quando è nell’universo DC, il nostro universo, il nostro mito. È questo che resiste. È questo che ci porterà nel prossimo secolo”.
Non è un argomento facile da sostenere per nessuno, ma Lee offre una posizione chiara da parte di chi presto non sarà più il proprietario di Superman. Anche se Superman diventerà di dominio pubblico, l’universo a cui “appartiene veramente” non lo sarà.
Quando Superman diventerà di dominio pubblico, la DC continuerà a credere di avere l’unica versione “giusta”
La chiave di Superman è tutto tranne il nome del personaggio, sostiene la DC
Indipendentemente dal vostro punto di vista, il momento in cui la DC perderà il copyright su Superman e Batman cambierà per sempre il settore, trasformando (come minimo) la cultura pop. In qualità di volto del marchio e dell’azienda, Jim Lee non avrebbe mai potuto dare una risposta allarmata, estrema o preoccupata al modo in cui la DC vedeva la questione.
Detto questo, Lee sottolinea un aspetto spesso trascurato da chi sogna immediatamente che Superman entri a far parte dell’universo Marvel o che qualcuno dia il via libera a un film alternativo su Superman. Anche se ci fosse un’esplosione di prodotti e intrattenimento non DC dedicati a Superman, la serie di fumetti e film Superman della DC continuerebbe come previsto.
È lecito aspettarsi che, una volta che altri editori di fumetti o studi cinematografici inizieranno i propri adattamenti (dato che “chiunque può disegnare un mantello”), i consumatori continueranno a considerare la versione DC come il Superman “vero, reale, canonico o principale”. Come Lee ricorda agli scettici, quella sarà ancora l’unica versione che esiste realmente all’interno del più ampio universo della Justice League che i fan si aspettano.
Alcuni non saranno d’accordo con le parole di Lee, indignandosi per l’insinuazione che la “fan fiction” sia in qualche modo inferiore, intrinsecamente, con uno scrittore che “conosce Superman”, una qualità che la DC continua a rivendicare come un’abilità unica da identificare. Un’affermazione intangibile come l’idea che una storia di Superman con protagonista solo l’Uomo d’Acciaio possa essere meno preziosa o sembrare “meno giusta”.
La DC possiede ancora il Superman moderno per molto più di un decennio
La versione originale di Superman dimostra che la DC ha ancora tempo per pianificare
In precedenza, il mente della DCUJames Gunn aveva respinto l’ingresso di Superman nel pubblico dominio come fattore determinante nelle decisioni relative alla trama più ampia.
E considerando quanto un universo cinematografico che include Superman possa cambiare in un decennio, è facile crederci. Ma c’è un fatto che giustifica la mancanza di panico o preoccupazione sia di Lee che di Gunn all’avvicinarsi del 2034.
Sebbene il copyright di Superman raggiungerà il suo limite di 95 anni nel 2034, l’attuale versione di Superman che ha debuttato nel 1938 è significativamente diversa da quella odierna. Il famoso simbolo di Superman, le sue origini, i personaggi secondari e persino la sua capacità di volare sono ancora fuori discussione, e potranno essere utilizzati solo quando scadrà il limite di 95 anni per ciascuna delle loro prime apparizioni.
In questo senso, Lee ha ragione a trasmettere pazienza da parte della DC. Ci vorranno ancora diversi anni prima che gli aspetti più iconici di Superman possano essere utilizzati dalla concorrenza. E anche se le basi di “ciò che Superman rappresenta” erano già presenti fin dal primo giorno, la maggior parte dei suoi fan non era ancora nata.
Il tempo continua a scorrere, il che significa che la logica di Lee sarà messa alla prova prima o poi. E non è possibile prevedere cosa significherà “Superman” per il mondo quando non sarà più solo la DC a decidere quali storie raccontare con questo personaggio.
Come riportato per la prima volta da Page Six, Mel Gibson sta attualmente incontrando alcuni attori a Roma per affidare loro i ruoli di Gesù, originariamente interpretato da Jim Caviezel, e Maria Maddalena, interpretata da Monica Bellucci. La notizia arriva mentre la produzione dei sequel di La Passione di Cristo si prepara a iniziare le riprese per una data di uscita prevista nel 2027.
La Passione di Cristo descriveva le ultime ore di vita di Gesù, compresa la sua crocifissione. Ora, Gibson racconterà la storia della resurrezione di Gesù nel corso di due film: La resurrezione di Cristo: Parte prima, in uscita il 26 marzo 2027, e La resurrezione di Cristo: Parte seconda, il 6 maggio 2027; queste date corrispondono al Venerdì Santo e al giorno dell’Ascensione nel calendario cristiano del 2027.
Una delle ragioni addotte per il cambio di cast era legata a ciò che sarebbe stato necessario fare per ringiovanire digitalmente gli attori. Come è noto, la resurrezione di Gesù avvenne tre giorni dopo la sua crocifissione, ma sono passati 21 anni dall’uscita di La Passione di Cristo. Anche la programmazione è stata citata come un ostacolo.
Al momento della sua uscita, La Passione di Cristo è stato il film vietato ai minori con il maggior incasso di tutti i tempi al botteghino statunitense, con 370 milioni di dollari. Ha mantenuto questo record fino a quando Deadpool & Wolverine non lo ha quasi raddoppiato nel 2024.
Sebbene il film di Gibson abbia chiaramente colpito il pubblico, i critici sono stati meno favorevoli. Il film ha ottenuto un punteggio del 49% su Rotten Tomatoes. Tra le critiche mosse al film c’è il livello di violenza utilizzato da Gibson. Il film ha comunque ricevuto tre nomination agli Oscar per la migliore fotografia, la migliore colonna sonora originale e il miglior trucco.
Oltre alla regia, Gibson sta co-scrivendo la sceneggiatura di The Resurrection of the Christ con Randall Wallace, che ha già lavorato con Gibson in Braveheart e We Were Soldiers, ricevendo una nomination all’Oscar per la sceneggiatura del primo film. Gibson ha descritto la sceneggiatura come un “viaggio acido”.
Gibson è stato dietro la macchina da presa come regista per l’ultima volta nel 2025 con Flight Risk. È degno di nota il fatto che abbia realizzato The Resurrection of the Christ così rapidamente dopo, considerando che prima di Flight Risk Gibson aveva diretto solo due film nei 21 anni successivi alla Passione d Cristo: Apocalypto nel 2006 e Hacksaw Ridge nel 2016.
In quel periodo, Gibson si è trovato coinvolto in diverse controversie fuori dallo schermo a causa del suo alcolismo e dei suoi commenti odiosi. Nel 2020 Gibson ha dichiarato di essere sobrio da 10 anni. Lionsgate è la casa di produzione che distribuisce i film The Resurrection of the Christ.
Il gioco d’azzardo non è solo un intrattenimento per appassionati, un passatempo che, con i siti di gioco, è sempre più popolare e che, negli anni, è diventata una vera e propria industria. L’azzardo è adrenalina pura e, proprio per questa ragione, ha ispirato, e ispira, l’immaginario cinematografico mondiale che ha dedicato, al tema e alle atmosfere che vengono fuori, tanti e tanti film. Quali sono, dunque, i 10 migliori film sul gioco d’azzardo?
Il gioco d’azzardo è emozione. Questo si percepisce nel crescente interesse nel settore e nella diffusione gioco d’azzardo online che, da qualche anno, copre più del 50% della spesa complessiva annua in Italia e nel mondo. L’attrazione, però, nei confronti del gambling, della scommessa, della partita di poker o del tentativo fugace alla slot viene da lontano. Non abbiamo, infatti, solo i migliori siti per giocare d’azzardo in Italia secondo il metodo di classificazione utilizzato da Truffa.net, comodissimi, popolarissimi, legali e protetti da ogni tipo di situazione spiacevole grazie all’analisi delle piattaforme.
Abbiamo il mito, l’adrenalina, la tensione, le storie da raccontare dentro e fuori un casinò, gli intrighi, la vita. E questo, negli anni, il cinema lo ha fatto più volte regalando storie di azzardo con grandi protagonisti. In un anno come il 2025 che vede, tra gli altri, DiCaprio e Del Toro attori principali di quello che viene già definito il film dell’anno come “Una battaglia dopo l’altra” è bene ricordare, ai più cinefili, i 10 film che hanno fatto la storia di quello che può essere definito un vero e proprio sottogenere cinematografico.
I 10 film che hanno fatto la storia dell’azzardo nel cinema
La stangata
Questo film, diretto da George Roy Hill nel 1973, è uno dei più famosi film sulle truffe, vincitore di 7 Oscar. I due protagonisti, Paul Newman e Robert Redford recentemente scomparso, sono due imbroglioni che cercano di organizzare un grosso colpo per fregare un noto gangster. Indimenticabile la colonna sonora di Scott Joplin, molto divertenti e tensive le immagini al tavolo verde, un cult per gli appassionati del genere.
California Split
La pellicola, meno conosciuta al grande pubblico ma molto amata dai cinefili, è stata diretta dal grande Robert Altman nel 1974. La trama segue le vicissitudini di due giocatori compulsivi che seguono corse dei cavalli, provano a vincere al casinò e hanno varie disavventure amare. Nel tipico stile di Altman, il film è corale e alienante, lontano dalle luci di Las Vegas.
Cincinnati Kid
Questo è considerato, dagli appassionati, il film sul poker per eccellenza e vede un giovanissimo Steve McQueen sfidare il vecchio campione in una partita che è leggenda. Il film, diretto da Norman Jewison nel 1975 ha reso iconico il Texas Hold’em per la prima volta, con immagini ravvicinate del tavolo da gioco e le facce, appunto da poker di McQueen che hanno ispirato un’intera generazione di giocatori.
Atlantic City
Questo film, diretto dallo straordinario Lous Malle nel 1980, vede insieme Burt Lancaster e Susan Sarandon, mettendo in evidenza il lato più poetico e malinconico delle scommesse. In una Atlantic City, solitaria e tenera, l’uomo anziano Lancaster prova a ritrovare se stesso e a rifarsi una vita grazie alle scommesse e alla vicinanza della giovane Sarandon. Candidato a 5 Oscar, è una variazione molto raffinata sul tema.
Casinò
Il film, un vero capolavoro diretto da Martin Scorsesenel 1995, vede Robert De Niro, Sharon Stone e Joe Pesci, gestire un casinò con le regole della criminalità organizzata. Come tutti i film di Scorsese, la pellicola denuncia un certo modo di vivere Las Vegas da malavitosi tra lusso, violenza e tanto gioco. Ancora oggi, alcune scene girate nel casinò sono considerate le migliori in questo genere.
Rounders – Il giocatore
Questo film, diretto da John Dahl nel 1998, vede Matt Damon ed Edward Norton giocare partite clandestine di poker in una cupa New York della fine degli anni Novanta. Il film, pieno di strategie e tecnicismi, è molto amato dagli appassionati e la partita finale, contro John Malkovich, è una delle più belle e amate nella storia del poker.
The cooler
La pellicola, diretta da Wayne Kramer nel 2003, vede William H. Macy (diventato successivamente famosissimo nel ruolo di Frank Gallagher in Shameless) essere un “cooler” cioè un uomo che viene usato nei casinò, come portasfortuna per frenare i clienti troppo vincenti. Questo ruolo, per la prima volta, mostra, sul grande schermo, tutte le piccole e grandi superstizioni che fanno parte del gioco d’azzardo e che popolano, da sempre, le sale da gioco.
21
21, diretto da Robert Luketic nel 2008, è una di quelle pellicole di cui si è molto parlato e di cui si parla ancora (perché racconta una storia vera). Un gruppo di studenti del MIT di Boston, supportati dal loro professore, vincono milioni di dollari in un casinò di Las Vegas contando le carte al tavolo del blackjack. Il film è stato così tanto un successo che, successivamente, sono stati rafforzati i sistemi di sicurezza contro il card counting.
Molly’s game
Questo film, diretto d Aaron Sorkin nel 2017, è tratto dall’autobiografia di Molly Bloom e vede Jessica Chastain nei panni di questa ex sciatrice olimpica che diventa l’organizzatrice delle partite di poker più esclusive di New York. La Chastain, già vincitrice di un Oscar nel 2013 per Zero Dark Thirty, è stata nominata alla prestigiosa statuetta per la sua interpretazione in questa pellicola.
10.Uncut Gems
Il film, diretto da Josh e Benny Safdie nel 2019, vede Adam Sandler alle prese con un ruolo drammatico e molto intenso. Un gioielliere, compulsivo nelle scommesse sportive, rischia anche la sua vita per raggiungere i suoi obiettivi a costo di uccidere e di imbrogliare. La parabola, tra droga e dipendenza, è molto intensa e ha confermato la propensione di Sandler verso i personaggi difficili, quelli con cui un attore, anche comico, può confrontarsi e uscirne assolutamente credibile.
Anna Sawai, star di Shogun, e Aimee Lou Wood, rivelazione di The White Lotus (ma che ricordiamo bene anche in Sex Education!), si candidano per i ruoli di Yoko Ono e Pattie Boyd nel prossimo biopic in quattro parti sui Beatles diretto da Sam Mendes.
Ono, artista e cantautrice, è la vedova di John Lennon e una delle sue più grandi influenze creative. Sawai reciterà al fianco di Harrison Dickinson nel ruolo di Lennon, sposato con Ono dal 1969 fino alla sua morte nel 1980. Lennon fu ucciso a colpi di arma da fuoco da un fan squilibrato fuori dal loro condominio nell’Upper West Side, il Dakota Building.
Boyd, modella, incontrò George Harrison (che sarà interpretato da Joseph Quinn) quando aveva 19 anni sul set del film dei Beatles del 1964 “A Hard Day’s Night”, e divenne una star a pieno titolo nella Swinging London degli anni ’60. Si sposarono nel 1966; dopo lo scioglimento dei Beatles nel 1970, il loro matrimonio iniziò a deteriorarsi e alla fine divorziarono nel 1977. Successivamente fu sposata con Eric Clapton dal 1979 al 1989. Il 10 ottobre, ha pubblicato sui social media che la prospettiva di avere Wood come interprete era una “grande novità” e che “non vedeva l’ora (sperando) di incontrare” l’attore “in futuro”.
I contratti per Sawai e Wood non sono ancora stati firmati e non è certo che saranno scelti. Un rappresentante della Sony Pictures non ha rilasciato dichiarazioni.
Sappiamo ormai che gli attori Harris Dickinson, Paul Mescal, Barry Keoghan e Joseph Quinn sono ufficialmente stati scelti per interpretare rispettivamente John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison nei quattro biopic che racconteranno la storia dei Beatles ognuno dal punto di vista di uno dei membri della band. Keoghan, che è stato scelto per interpretare Starr, ha raccontato in precedenza il suo incontro “assolutamente incantevole” con il vero percussionista, che “ha suonato la batteria per me”, ricordandolo come “uno di quei momenti in cui rimani semplicemente a bocca aperta e ti blocchi”.
Con l’uscita dei quattro film attualmente fissata al 2028, è ancora presto per avere maggiori novità su questo ambizioso progetto. La curiosità di scoprire come il regista premio Oscar porterà al cinema la storia dell’iconica band è però già alle stelle.
Prime Video ha pubblicato il primo teaser di Invincible – Stagione 4, la cui uscita è prevista per marzo 2026, in occasione del New York Comic Con. È stato anche annunciato il ruolo di uno dei cattivi più pericolosi della serie a fumetti: Lee Pace darà la voce al malvagio Viltrumite Thragg.
La terza stagione di Invincible è andata in onda con i suoi otto episodi a febbraio 2025 e ha ricevuto un rinnovo anticipato per una quinta stagione a luglio al San Diego Comic Con. È stato anche rivelato che Matthew Rhys darà la voce a un personaggio sconosciuto nella quarta stagione.
Dopo una pausa di quasi tre anni tra le prime due stagioni della serie (più un’impopolare pausa a metà stagione nella seconda), la terza stagione ha segnato un ritorno in grande stile per la serie e ha entusiasmato i fan con la sua azione ultra-violenta e le sue avvincenti trame tratte dai fumetti.
La terza stagione si è conclusa con diversi colpi di scena per Mark Grayson, alias Invincible, interpretato da Steven Yeun. È sopravvissuto alla Guerra degli Invincibili, in cui il cattivo Angstrom Levy (Sterling K. Brown), che saltava da un universo all’altro, ha reclutato un esercito di Invincibili provenienti da dimensioni alternative per combattere sulla Terra. L’Invincibile originale ha salvato la situazione, ma Rex Splode (Jason Mantzoukas) è morto e diversi eroi sono rimasti gravemente feriti. Si scopre anche che Angstrom Levy è sopravvissuto teletrasportandosi in un altro universo.
Proprio mentre il mondo si sta ricostruendo, un Viltrumite squilibrato di nome Conquest (doppiato dall’ex co-protagonista di Yeun in “The Walking Dead” Jeffrey Dean Morgan) arriva sulla Terra per assistere alla conquista del pianeta da parte di Invincibile, non ancora iniziata. I due si affrontano in una feroce battaglia, con la fidanzata di Mark, Atom Eve (Gillian Jacobs), che si ritrova coinvolta nel fuoco incrociato. Proprio quando sembra che Conquest abbia inferto un colpo fatale sia a Eve che a Invincible, i poteri di Eve ricostruiscono il suo corpo e lei neutralizza il malvagio Viltrumite. Con Conquest sconfitto, Invincible rivela che adotterà una posizione più favorevole all’uccisione per sconfiggere i suoi nemici. C’è anche un esercito alieno di Sequid che si sta lentamente formando, Cecil Stedman (Walton Goggins) tiene segretamente incarcerato Conquest, la Bestia da Battaglia assetata di battaglia è viva e il detective demoniaco Damien Darkblood sta evocando un mostro infernale per combattere Invincible.
“Yellowjackets” si concluderà con la sua quarta stagione, secondo quanto riporta Variety. La serie Showtime/Paramount+ Premium, prodotta da Lionsgate TV, ha debuttato originariamente nel 2021, e la terza stagione è andata in onda tra febbraio e aprile 2025. La quarta stagione debutterà nel 2026, con una data di uscita precisa che verrà rivelata in seguito. La sala degli sceneggiatori per la quarta stagione è ora aperta.
“Dopo tre stagioni incredibili e un’attenta valutazione, siamo entusiasti di annunciare che porteremo la storia di Yellowjackets alla sua contorta conclusione in questa quarta e ultima stagione”, hanno dichiarato i creatori della serie e co-showrunner Ashley Lyle e Bart Nickerson. “Abbiamo sempre saputo che sarebbe arrivato un momento in cui la storia ci avrebbe detto che voleva finire, e crediamo che il nostro compito – la nostra responsabilità – sia ascoltare. Raccontare questa storia emozionante, selvaggia e profondamente umana è stata un’esperienza profondamente significativa e un vero onore per noi, e siamo profondamente grati al brillante cast, alla troupe e agli sceneggiatori che hanno coraggiosamente intrapreso questo viaggio con noi per darle vita. Soprattutto, vogliamo ringraziare i fan che ci sono rimasti accanto in ogni momento, mistero e pasto: l’Alveare non è nulla senza di voi! Non vediamo l’ora di condividere il capitolo finale con voi e speriamo che lo troviate… delizioso. Un caro saluto, A & B.”
Secondo una persona a conoscenza della situazione, sono in corso trattative per la prosecuzione del rapporto tra Lyle e Nickerson con Paramount anche dopo la fine della serie.
Yellowjackets è l’ultima serie di Showtime ad annunciare la sua conclusione in seguito alla fusione tra Paramount e Skydance. Più di recente, è stato riferito che “The Chi” sarebbe terminato dopo otto stagioni, mentre Variety ha riferito in esclusiva che la serie prequel “Dexter: Original Sin” era stata cancellata. Pertanto, gli unici due originali Showtime rimasti al momento sono “The Agency”, che sta preparando la sua seconda stagione, e “Dexter: Resurrection”, che ha recentemente annunciato il rinnovo per la seconda stagione.
Megan Fox si è unita al cast di Five Nights at Freddy’s 2 e interpreterà Toy Chica, prestandole la voce. Il film, un sequel horror ambientato nel locale infestato in stile Chuck E. Cheese noto come Freddy Fazbear’s Pizza, arriverà nelle sale il 5 dicembre.
Tra i nuovi membri del cast annunciati per il film Universal e Blumhouse figurano MatPat come voce di Toy Bonnie e Kellen Goff come Toy Freddy.
Per Five Nights at Freddy’s 2, Emma Tammi torna alla regia. Josh Hutcherson, protagonista del primo film, torna anche per il sequel, che include membri del cast come Matthew Lillard, Elizabeth Lail e Piper Rubio.
Hutcherson ha recitato nell’originale come guardia di sicurezza notturna al Freddys Fazbear’s Pizza, dove le mascotte animatroniche sono inclini a commettere omicidi. Lo studio non ha chiarito quali mostri meccanici torneranno nel sequel, ma ha condiviso il nuovo slogan: “Chiunque può sopravvivere a cinque notti. Questa volta, non ci saranno seconde possibilità”.
La notizia del casting è stata annunciata durante il panel di Jason Blum al BlumFest al New York Comic-Con, che ha celebrato diversi titoli in arrivo della Blumhouse, tra cui “Black Phone 2”, il videogioco “Sleep Awake” e “Five Nights at Freddy’s 2”.
Megan Fox ha recentemente recitato al fianco di Michele Morrone nel thriller di Millennium Media “Subservience” ed è apparso nella serie comica di Amazon “Overcompensating“. Altri suoi recenti crediti degni di nota includono la commedia dark “Till Death”, “Night Teeth”, “Big Gold Brick” e “The Expendables 4”.
Jean-Claude Van Damme torna su un terreno familiare con Darkness of Man (2024), un thriller di vendetta ambientato sullo sfondo crudo dei cartelli della droga e di una giovane fuggitiva. In questo film, Van Damme interpreta Russell, un agente speciale segnato dal tempo e oppresso da una promessa inquietante fatta a un informatore morente: proteggere suo figlio a tutti i costi. Diretto da James Cullen Bressack, il film si affida naturalmente alla nostalgia per il periodo d’oro di Van Damme come eroe d’azione, con titoli come Lionheart – Scommessa vincente o Hong Kong colpo su colpo.
La trama di Darkness of Man
La scena iniziale di Darkness of Man ci catapulta nel cuore dell’azione. Troviamo Russell disteso sul pavimento, tormentato dal dolore per una ferita da arma da fuoco. Il film torna poi indietro di due anni, rivelando un netto contrasto. Vediamo Russell, apparentemente pulito, che aspetta pazientemente una donna di nome Esther in un bar. Rifiuta educatamente un’offerta di alcolici, alludendo a una lotta passata. Esther arriva, portando informazioni che potrebbero smantellare un’operazione della mafia locale. Tuttavia, questo atto di coraggio ha un prezzo mortale. Esther viene messa a tacere proprio dalla mafia che intendono smascherare, e Russell rimane gravemente ferito, con il peso della sua missione che ora è un fardello pesante.
Durante il loro ultimo incontro, Esther chiede a Russell di prometterle che, se le dovesse succedere qualcosa, lui si assicurerà che suo figlio Jayden sia sempre accudito. Due anni dopo, Russell riceve una telefonata dal nonno di Jayden, il signor Kim, che gli dice che Jayden non è tornato a casa. Russell chiama Jayden e va a prenderlo. Frustrato, Jayden affronta Russell, chiedendogli di smettere di controllare ogni aspetto della sua vita. Vede Russell solo come un autista, ignaro del legame più profondo che li unisce. Russell, tuttavia, nasconde un segreto pesante: il suo amore passato per la madre di Jayden.
Russell consegna una scatola di donazioni alla chiesa, dando una mano al signor Kim nel suo lavoro. Ma sotto la superficie ribolle la tensione, poiché Russell percepisce una frattura tra il signor Kim e suo figlio, Dae Hyun, lo zio di Jayden. Dae, d’altra parte, non ama Russell perché pensa che sia responsabile della morte di sua sorella Esther. Quando gli viene chiesto del loro rapporto (il signor Kim e Dae), Jayden dice a Russell che non sa molto delle questioni familiari. Tuttavia, più tardi, vediamo Jayden incontrare Dae in segreto e persino uscire con la sua banda, che fa uso di droghe continuamente.
Un giorno, il negozio del signor Kim viene attaccato da due membri di una gang russa locale. Fortunatamente, Russell è lì per intervenire. Russell ferisce un uomo e insegue l’altro, affrontando poi la banda di Dae. Subito dopo la rissa, Russell si siede a tavola con Dae e i suoi ragazzi, che hanno preso una bella batosta da Russell. Dae racconta a Russell di Lazar, che controlla la mafia russa e sta cercando di prendere il controllo di tutti i negozi del quartiere. Lazar ha già minacciato il signor Kim un paio di volte di vendergli il suo negozio. Tuttavia, Dae e i suoi uomini stanno cercando di tenerlo fuori dai loro affari.
Sapendo tutto questo, Russell decide di aiutare Dae a porre fine alla situazione con Lazar una volta per tutte. La preoccupazione di Russell per la sicurezza di Jayden si intensifica. Avendo scoperto il legame di Jayden con la banda di Dae Hyun, Russell teme che l’escalation del conflitto tra Lazar e Dae Hyun possa mettere Jayden nel mirino. Il rischio di gravi lesioni, o addirittura di morte, spinge Russell ad agire in modo protettivo. Quindi, per tenere Jayden al sicuro da tutto questo, Russell decide di prendere in mano la situazione e mantenere la pace nel quartiere causando lui stesso un po’ di caos.
Una notte, quando Russell torna a casa, scopre che tutte le sue cose sono sparse ovunque. Attraverso la sua telecamera di sicurezza, scopre che è stato Jayden a farlo. Porta il suo vicino Chris a incontrare il suo fornitore perché Russell sa che alla fine incontrerà gli uomini di Dae, dato che sono loro a fornire la droga in questa zona. Immagina solo che Jayden potrebbe essere con loro. Quando lo trova con loro, li affronta e riporta Jayden a casa sua. Più tardi Russell si rende conto che Jayden non aveva idea di chi fosse la persona a cui era stato mandato.
Poco dopo, Jayden lascia il posto correndo, molto deluso da se stesso. Pochi istanti dopo, un paio di membri della banda russa entrano nella casa di Russell, ferendolo gravemente. La veterinaria di Russell, Claire, lo porta in ospedale. Il giorno seguente, Russell si scaglia contro la mafia russa, cercando di scoprire dove si trova Jayden. Quando Russell finalmente affronta Lazar, si rende conto di aver fatto parte del piano fin dall’inizio, poiché lavorava solo per il signor Kim e Dae.
Lazar gli spiega che non avevano alcun motivo di rapire Jayden, poiché non avevano alcun problema con Dae e il signor Kim. Sono loro che non vogliono condividere il mercato e vogliono che i russi vengano eliminati. Questo è il motivo per cui c’è una disputa tra loro. Ora, grazie a Russell, Dae e Mr. Kim, non hanno più concorrenza sul mercato. Le cassette delle offerte che Russell consegnava alla chiesa sono piene di Flakka, un tipo di droga prodotta da Mr. Kim e dalla sua banda.
La spiegazione del finale del film: Russell riesce a trovare Jayden?
Dopo aver ucciso Lazar, Russell rimane sotto osservazione per un paio di giorni e viene accudito da Claire e Chris. Quando finalmente riprende conoscenza, va direttamente ad affrontare Dae e lì trova Jayden. Dae dà a Jayden una pistola, dicendogli che Russell è responsabile della morte di sua madre e che dovrebbe sparargli. Tuttavia, Russell dice a Jayden che tutto questo è successo a causa di Dae, poiché è stato lui a uccidere il padre di Jayden. Solo dopo questo episodio, Esther va da Russell per chiedergli aiuto e distruggere questa banda per salvare Jayden.
A questo punto, Jayden ha già capito che Russell non farebbe mai nulla che potesse fargli del male, quindi alla fine spara a Dae e inizia una sparatoria. Russell spara a tutti gli uomini di Dae. Purtroppo, durante la sparatoria, viene colpito anche lui. Con voce roca, Russell ordina a Jayden di trovare Claire se lui non dovesse riprendere conoscenza. Rivela di aver concordato con Claire che lei si sarebbe presa cura di Jayden nel caso gli fosse successo qualcosa. Russell chiude gli occhi mentre Claire prende il controllo della situazione, forse.
Cosa fa Russell al signor Kim?
Alla fine del film, Russell fa visita al signor Kim e gli dice che la sua presenza non è più necessaria. Dopo la morte di suo figlio, il signor Kim si prenderà cura di Jayden e non avrà più bisogno della protezione di Russell. Mentre se ne va, Russell affronta il signor Kim. Sospetta che le scatole delle donazioni contenessero Flakka, una droga pericolosa. Il signor Kim, incoraggiato dall’apparente partenza di Russell e dal loro controllo sul mercato, conferma i suoi sospetti. Poco dopo, vediamo Russell consegnare questa confessione a uno dei suoi colleghi, che farà in modo che il signor Kim finisca in prigione.
Poiché non c’è più nessun tutore che si prenda cura di Jayden, il ragazzo segue Russell mentre lasciano la città. Nella scena a metà dei titoli di coda, vediamo Jayden che si diverte con Russell. Le risate riempiono l’aria mentre Jayden, Russell e Claire condividono un momento di calore, un senso di famiglia che sboccia nonostante le difficoltà. Russell è riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto alla sua amata Esther. Ha tenuto Jayden al sicuro e, non solo, gli ha dato una nuova famiglia, che è ciò che Jayden ha sempre meritato.
Scopri anche il finale di altri film simili a Darkness of Man con Jean-Claude Van Damme
Shooter del 2007 è tratto dal romanzo Point of Impact di Stephen Hunter, noto per la sua precisione nella rappresentazione del mondo dei tiratori scelti e della caccia. Il film riprende la struttura del thrillerd’azione con un protagonista solitario, concentrandosi sulla preparazione meticolosa degli attacchi e sul gioco di inganni e tradimenti che caratterizza la narrativa di Hunter. La trasposizione cinematografica mantiene intatta l’intensità del materiale originale, aggiungendo sequenze d’azione spettacolari e un’attenzione particolare alla caratterizzazione del protagonista, offrendo agli spettatori un’esperienza adrenalinica ma credibile.
Per il regista Antoine Fuqua, Shooter si colloca in un filone della sua filmografia dedicato a thriller d’azione con protagonisti forti e tormentati, simile a Training Day e King Arthur. Il regista si conferma abile nel mescolare tensione narrativa e sequenze d’azione calibrate, dando grande risalto alla costruzione dei personaggi. Mark Wahlberg, già noto per ruoli in action e drammatici, interpreta il tiratore scelto Bob Lee Swagger, riuscendo a coniugare il fisico atletico necessario alle scene d’azione con la complessità emotiva del personaggio. Il film segna quindi un momento significativo sia per il regista sia per l’attore, rafforzando le loro credenziali nel genere action-thriller.
Il film si inserisce dunque nel genere action-thriller con forte componente investigativa e suspense militare. I temi principali riguardano la giustizia, il tradimento e la vendetta, esplorando le tensioni tra l’individuo e le istituzioni governative, oltre al prezzo personale della lealtà e dell’onore. Attraverso la vicenda di Swagger, il film indaga anche la psicologia del tiratore scelto e il rapporto tra abilità tecnica e morale. Nel resto dell’articolo si proporrà una spiegazione dettagliata del finale, chiarendo come le scelte del protagonista risolvano la vicenda e portino a compimento i temi cardine della storia.
La trama del film Shooter
Protagonista del film è Bob Lee Swagger, un sergente dei Marines specializzato come cecchino da campo. La sua carriera militare finisce quando, durante una missione in Etiopia, perde il suo compagno, il caporale Donnie Fenn. L’uomo decide a quel punto di ritirarsi sulle alture del Wyoming e dar luogo ad una vita più tranquilla. Il suo isolamento però dura poco, poiché ben presto viene contattato dal colonnello Isaac Johnson della CIA. Questi vuole assumerlo per proteggere il presidente degli Stati Uniti durante l’incontro con l’arcivescovo etiope. Quello che gli viene chiesto, in pratica, è di pianificare un ipotetico attentato per prevenire le mosse di un eventuale cecchino.
L’ex marine accetta, inconsapevole che in realtà quello che intendono fare è incastrarlo, accusandolo di aver progettato l’omicidio in cui resterà ucciso l’uomo di chiesa, il vero e unico bersaglio fin dall’inizio. Durante l’operazione Swagger viene così ferito, riuscendo però lo stesso a fuggire, trovando rifugio nell’appartamento di Sarah Fenn, la compagna del suo amico scomparso Donnie. È qui che, dopo essersi ripreso dalle ferite, progetterà la sua vendetta contro coloro che hanno complottato nei suoi confronti. Il soldato dovrà prima riuscire a dimostrare la propria innocenza, smascherando i reali colpevoli e riabilitando così il proprio nome.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Shooter, Bob Lee Swagger prende pieno controllo della situazione, mettendo in atto il suo piano per smascherare e fermare i responsabili del complotto contro il Presidente. Dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie e aver identificato i mandanti, Swagger affronta direttamente il tiratore serbo Mikhaylo Sczerbiak e il manipolatore della vicenda, il colonnello Isaac Johnson, scoprendo il coinvolgimento del senatore Meachum e delle compagnie petrolifere. L’azione culmina in un assalto alla proprietà di Sczerbiak, dove Swagger libera Sarah, affronta le guardie nemiche e ottiene le prove cruciali dell’inganno, mentre Sczerbiak si suicida, incapace di sopportare la verità e il tradimento subito.
La vicenda si risolve con Swagger e l’agente Nick Memphis che, insieme, organizzano l’incontro finale sulla montagna innevata, dove il complotto viene definitivamente smascherato. Swagger neutralizza i cecchini nemici, disarma Payne e permette a Sarah di eliminare quest’ultimo. Meachum e Johnson vengono rivelati come i veri artefici, ma poiché i loro crimini rientrano in giurisdizioni extraterritoriali, la giustizia legale non può colpirli direttamente. Swagger distrugge la registrazione compromettente, pur assicurandosi che il dipartimento di giustizia sia informato, mantenendo al tempo stesso la sua libertà e quella di Sarah.
Il finale porta a compimento i temi principali del film, incentrati sulla giustizia, la vendetta e la morale personale. Swagger incarna il giustiziere che agisce al di fuori delle regole per smascherare la corruzione e proteggere gli innocenti, sottolineando il conflitto tra legittimità istituzionale e responsabilità individuale. La sua astuzia e le competenze da tiratore scelto gli permettono di ribaltare la situazione, dimostrando come conoscenza, preparazione e determinazione possano superare il potere dei potenti e dei corrotti, portando a compimento la ricerca di verità e giustizia.
Inoltre, il finale mette in luce la riflessione etica del film: la giustizia legale non sempre coincide con la giustizia morale. Swagger sceglie di prendere decisioni estreme per proteggere Sarah e fermare i colpevoli, pur sapendo che la legge non interverrà. La scena dell’esplosione finale rappresenta la chiusura simbolica della corruzione, un atto catartico che libera il protagonista dal peso della menzogna e della manipolazione. Il film evidenzia così la necessità di bilanciare abilità, etica personale e pragmatismo quando le istituzioni falliscono.
Il messaggio che Shooter lascia agli spettatori è quindi quello della resilienza, della giustizia individuale e della responsabilità personale. Il film mostra come la conoscenza e la preparazione possano ribaltare situazioni apparentemente impossibili, e come la determinazione morale permetta di proteggere gli innocenti anche in contesti dove le regole ufficiali non bastano. Swagger diventa un simbolo di eroismo consapevole, un uomo che affronta la corruzione con azioni concrete e calcolate, ricordando al pubblico che il coraggio e la giustizia personale sono strumenti fondamentali in un mondo complesso e spesso ingiusto.
Il finale di Into Darkness – Star Trek è stato uno spettacolo ricco di azione ma sconcertante, simile a una versione distorta di Star Trek II: L’ira di Khan, in cui i ruoli del capitano Kirk (Chris Pine) e Spock (Zachary Quinto) erano stranamente invertiti. Dopo aver ucciso l’ammiraglio Alexander Marcus (Peter Weller), Khan (Benedict Cumberbatch) ha preso il controllo della USS Vengeance e ha minacciato di distruggere la USS Enterprise se Spock non gli avesse consegnato i 72 siluri fotonici contenenti i suoi seguaci geneticamente modificati.
Spock ingannò Khan inviandogli i siluri senza le persone criogenicamente congelate al loro interno e fece esplodere le armi per danneggiare la Vengeance. Una volta che Kirk, Scotty (Simon Pegg) e la dottoressa Carol Marcus (Alice Eve) si teletrasportarono sull’Enterprise, l’astronave perse potenza e iniziò a precipitare sulla Terra. Kirk entrò nel nucleo di curvatura e lo allineò, ricevendo una dose letale di radiazioni. Mentre Spock assisteva alla morte di Kirk, Khan fece schiantare la USS Vengeance su San Francisco e cercò di fuggire.
Spock si teletrasportò per uccidere Khan, ma durante l’inseguimento il dottor Leonard “Bones” McCoy (Karl Urban) si rese conto che il “super sangue” di Khan poteva riportare in vita Kirk, che aveva messo in una criocamera. Uhura (Zoe Saldana) si teletrasportò per aiutare Spock a catturare Khan, e McCoy riuscì a sintetizzare un siero dal sangue di Khan per salvare la vita di Kirk. Un anno dopo, la USS Enterprise è stata rilanciata in una missione quinquennale con il capitano Kirk al comando. Alla fine di Into Darkness – Star Trek, Kirk ha imparato che la vendetta non è ciò che contraddistingue la Flotta Stellare e la sua esperienza contro Khan, che è stato rimesso in criogenesi, lo ha fatto maturare come capitano dell’Enterprise.
Khan era il cattivo principale di Into Darkness – Star Trek, anche se per gran parte del film si ribellava al fatto di essere vittima del corrotto ammiraglio Marcus. L’obiettivo principale di Khan era uccidere Marcus, distruggere la Flotta Stellare e riunirsi con i suoi 72 seguaci, ma la trama del film ha reso i suoi metodi confusi. Nel primo atto del film, Khan, con la sua identità fittizia di comandante John Harrison, ha orchestrato l’attentato dinamitardo all’Archivio storico Kelvin di Londra. Ma l’archivio era una copertura per la Sezione 31, l’agenzia segreta della Flotta Stellare, che stava usando Khan per sviluppare armi per la Flotta Stellare sotto gli ordini di Marcus.
Khan ha bombardato la Sezione 31 perché sapeva che il protocollo della Flotta Stellare imponeva a Marcus e allo staff senior di riunirsi nella sala conferenze Daystrom presso il quartier generale della Flotta Stellare. A bordo di una nave da salto rubata, Khan ha attaccato i vertici della Flotta Stellare, ma non è riuscito a uccidere Marcus. Invece, il mentore di Kirk, il capitano Christopher Pike (Bruce Greenwood), è morto nell’attacco. Khan ha quindi utilizzato la tecnologia transwarp di Scotty per teletrasportarsi su Kronos, il pianeta natale dei Klingon.
Kirk si è offerto volontario per portare l’Enterprise nello spazio klingon e uccidere Khan, ma quando il suo equipaggio ha contestato l’immoralità di questa missione, Kirk ha cambiato idea e ha deciso di arrestare Khan per sottoporlo a un processo. Khan, a sua volta, salvò la squadra di Kirk dai Klingon e si arrese a Kirk, avendo intuito che il capitano non sapeva di essere stato incastrato dall’ammiraglio Marcus e che la Sezione 31 aveva sabotato il nucleo di curvatura dell’Enterprise. Fingersi prigioniero era il modo più veloce per Khan di arrivare a Marcus. Khan sapeva che Marcus sarebbe venuto di persona quando avesse saputo che Kirk aveva disobbedito agli ordini.
Quando Marcus arrivò a bordo della USS Vengeance per distruggere l’Enterprise, Khan accettò di collaborare con Kirk per infiltrarsi nella nave stellare di Marcus. Ma Kirk tradì Khan per primo e fece stordire Khan da Scotty. Quando Khan si risvegliò rapidamente, attaccò e uccise Marcus. A quel punto, l’obiettivo di Khan era quello di riprendere i suoi seguaci dall’Enterprise e usare la Vengeance per distruggere la Flotta Stellare. Ma dopo che Spock lo ingannò e danneggiò la Vengeance, Khan si accontentò di schiantare l’astronave di Marcus contro il quartier generale della Flotta Stellare prima di fuggire. Se Khan avesse avuto successo, lui e i suoi seguaci avrebbero usato la Vengeance per distruggere sistematicamente la Flotta Stellare, ma invece il tiranno geneticamente modificato fu riportato in animazione sospesa.
Il piano malvagio dell’ammiraglio Marcus
L’ammiraglio Alexander Marcus era l’altro cattivo di Star Trek Into Darkness e, in un certo senso, era peggiore di Khan. La storia di Marcus è che dopo che Nero (Eric Bana) distrusse Vulcano in Star Trek del 2009, l’ammiraglio temeva che la Flotta Stellare non fosse preparata per una futura guerra con i Klingon. Marcus ha utilizzato la Sezione 31 per cercare modi per “militarizzare” la Flotta Stellare e hanno scoperto la nave che conteneva Khan e i suoi seguaci nello spazio. Quando Marcus si rese conto che Khan era il signore della guerra geneticamente modificato di 300 anni prima, lo riportò in vita e lo costrinse a sviluppare armi e tattiche per realizzare la sua visione di una Flotta Stellare militarizzata.
Come incentivo, Marcus tenne prigionieri i seguaci di Khan e minacciò di ucciderli se non avesse collaborato. Nei panni del “Comandante John Harrison”, Khan contribuì allo sviluppo della USS Vengeance e degli speciali siluri fotonici che finirono per ospitare i seguaci di Khan in animazione sospesa. Ma quando Khan decise di vendicarsi di Marcus, distrusse la struttura della Sezione 31 e gli agenti nell’Archivio Kelvin e attaccò il quartier generale della Flotta Stellare, Marcus vide il desiderio di vendetta di Kirk come un’opportunità per sbarazzarsi di Khan.
Tuttavia, Marcus non aveva mai avuto intenzione di far tornare Kirk e l’Enterprise dalla missione su Kronos, e l’ammiraglio voleva iniziare una guerra con i Klingon, ma alle condizioni della Flotta Stellare. Marcus fece sabotare dalla Sezione 31 il nucleo di curvatura dell’Enterprise in modo che la nave rimanesse bloccata nello spazio klingon dopo che Kirk avesse compiuto la sua missione originale di lanciare 72 siluri fotonici su Kronos dal confine della Zona Neutrale. Quando Marcus scoprì che Kirk aveva disobbedito agli ordini e aveva catturato Khan, guidò personalmente la Vengeance per distruggere Kirk, Khan e l’Enterprise.
L’ammiraglio non aveva mai avuto alcuna intenzione di lasciare Kirk in vita, e nemmeno le suppliche di sua figlia Carol Marcus riuscirono a dissuaderlo. Se Marcus avesse potuto fare a modo suo, avrebbe annientato l’Enterprise e tutti quelli a bordo, compresi Khan e i suoi seguaci, rimediando all’“errore” che aveva commesso risvegliandoli dal sonno criogenico. Marcus avrebbe così ottenuto la guerra con i Klingon che desiderava e l’ammiraglio era convinto che la Flotta Stellare avrebbe sconfitto i nemici grazie alla Vengeance e alla tecnologia della Sezione 31.
Cosa è andato storto in Into Darkness – Star Trek
Into Darkness – Star Trek presenta interpretazioni straordinarie da parte del cast e scene d’azione emozionanti. I difetti del film derivano dai suoi numerosi passi falsi creativi e da un errore fatale nel modo in cui è stato commercializzato questo sequel di Star Trek. J.J. Abrams e i suoi sceneggiatori, Damon Lindelof, Alex Kurtzman e Roberto Orci, hanno deciso che, nonostante avessero carta bianca per fare ciò che volevano nella linea temporale alternativa di Kelvin, avrebbero reso Khan Noonien Singh il cattivo principale del film. L’inclusione di Khan ha quindi reso necessario riproporre diversi aspetti di Star Trek II: L’ira di Khan.
Ma la novità di questa scelta è stata persa dalla maggior parte dei fan di Star Trek, che hanno visto l’uso di Khan nel sequel come una decisione creativamente fallimentare. Inoltre, non ha aiutato il fatto che Khan, un personaggio di colore originariamente interpretato dall’iconico Ricardo Montalbán, sia stato “imbiancato” dalla scelta di Benedict Cumberbatch per il ruolo. A difesa di Into Darkness – Star Trek, uccidere Kirk e mettere Spock contro Khan aveva il vantaggio che il vulcaniano era fisicamente all’altezza del superuomo geneticamente modificato, cosa che Kirk semplicemente non era.
Ma alla fine del film, lo Spock affranto che si scaglia come un pazzo violento contro Khan era troppo lontano dal vulcaniano freddo e logico che Spock dovrebbe essere. Molte altre scelte creative sconcertanti, come Kirk così immaturo da infrangere senza scrupoli la Prima Direttiva e così assetato di vendetta da impegnare l’Enterprise in una caccia all’uomo immorale, la controversia scatenata da una scena inutile in cui Carol Marcus si spoglia in mutande davanti a Kirk senza motivo, Spock interpretato da Leonard Nimoy che dice a Spock interpretato da Zachary Quinto come sconfiggere Khan, e la morte di Kirk che viene immediatamente annullata grazie al “sangue magico” di Khan hanno affossato il film agli occhi del pubblico, nonostante i punti di forza del film.
Un viaggio intenso e personale nei mesi che tra il 1981 e il 1982 portarono il Boss a comporre il suo disco più intimo, Nebraska. E’ questo il centro emotivo di Springsteen: Liberami dal Nulla, nuovo film di Scott Cooper che si avvale della performance di Jeremy Allen White e della benedizione di Bruce Springsteen in persona per portare sul grande schermo quel momento nella vita dell’icona del New Jersey in cui tutto sembrava cadere a pezzi e lui trovò nella tranquillità di Long Branch, luogo della sua infanzia, l’ispirazione per un disco che ha fatto storia, trai più importanti degli ultimi 50 anni.
Un disco che parla della solitudine e dello smarrimento del Boss, che per tutta la vita ha combattuto con lo spettro della depressione, tratto determinato e ereditato dalla famiglia e dal rapporto conflittuale con il padre. Un disco (e una condizione) che ancora oggi parla al presente:
“Il disco che Bruce ha scritto nel 1982 potrebbe averlo scritto oggi, parla di malessere, di una mancanza spirituale, di una ambiguità morale. Bruce Springsteen è politico ma non dal punto di vista partitico, da quello umano. Parla delle persone che vivono ai margini della società, di quelli che non hanno nulla, che vivono una vita di quieta disperazione. Persone che lottano per raggiungere il sogno americano, ma non ci riescono. E queste cose erano valide nel 1982, così come oggi. Credo che questo sia il motivo per cui l’album è così pertinente per il periodo che stiamo vivendo oggi in America.” Ha dichiarato il regista, alla presenza della stampa romana.
“Credo che questo disco sia il risultato dell’isolamento – aggiunge Jeremy Allen White – Ma quando lo ascolto mi sento capito, c’è molta empatia in questo disco. C’è molta rabbia e confusione, ma sento anche molta speranza.”
Foto di Chiara Guida
Springsteen: Liberami dal Nulla è un biopic insolitamente “autorizzato”. Mai prima di ora il Boss aveva dato il suo appoggio completo a un film che intendesse raccontare la sua vita o parte di essa. In merito a questo supporto, Cooper commenta: “È incredibilmente gratificante. Dal 1986 gli viene chiesto di farsi raccontare in un film, lui è molto geloso della sua storia, non la concede facilmente ad altri. Jon Landau (interpretato da Jeremy Strong) mi ha detto che questa è la prima volta in 50 anni che Bruce ha lasciato il comando a qualcun altro. Questo mi ha messo molta pressione, anche perché questo album, per me, ha un valore affettivo molto importante: mio padre, a cui è dedicato il film, mi ha fatto conoscere Springsteen proprio attraverso Nebraska e lo ascoltavo ogni volta che avevo bisogno di ispirazione. Poi incontrando di persona Jon e Bruce, ho scoperto che sono entrambi cinefili, Bruce guarda tantissimi film, Jon Landau è un ex critico cinematografico. Nel nostro primo incontro abbiamo parlato di film, di cinema e di vita, e solo dopo abbiamo messo sul tavolo il progetto di questo film, ed è stato un rapidissimo “sì”. Sono molto grato.”
Non solo Cooper ha avuto l’ok del Boss, ma anche Allen White è stato benedetto dal cantante, che ha accettato la proposta e ha chiesto espressamente all’attore di accettar ela parte. “È incredibile, all’inizio l’ho immaginato come un compito molto pesante. Io sono intervenuto nel progetto molto dopo, quando la storia e la sceneggiatura erano già stati concordati da Jon, Bruce e Scott. Credo che abbia molto senso che Bruce abbia scelto di raccontarsi in questo periodo della sua vita, perché era a un crocevia. Credo che le scelte che ha fatto in quel momento gli abbiano condizionato la vita. E poi il fatto che mi abbiano voluto, che lui e Scott siano venuti da me per coinvolgermi… mi sono sentito molto fortunato. Sono molto felice del suo supporto al film.”
Bruce Springsteen ha lavorato in solitudine per Nebraska, in condizioni insolite, decisamente contrarie alle regole discografiche del tempo. Sarebbe possibile, oggi?
Scott Cooper:“Il processo creativo all’epoca era diverso, bisognava andare in studio e li si componeva e si registrava. Lavorare da solo a casa è stato non convenzionale. Oggi le cose sono differenti. Non è raro trovare musicisti che registrano in autonomia i loro brani e poi in studio perfezionano e ripuliscono. Lui non voleva passare attraverso questo processo di rifinitura, aveva catturato dei suoi unici, particolari. Era ossessionato dalla ricerca di quel tipo di suoni che aveva creato nella sua camera da letto.”
“All’epoca, il comportamento di Bruce era radicale, pertanto il suono, l’intimità di questo disco è diventata unica – ha dichiarato Jeremy Allen White – Non so se oggi fare un disco così sia tanto radicale, ma questo è il disco più punk realizzato da Bruce, non in termini di suono, ma di spirito. E credo che questo distingua questo album da tutti gli altri suoi lavori.”
Foto di Chiara Guida
Oltre alla musica di Springsteen, il film si arricchisce di una colonna sonora originale molto particolare, realizzata inseguendo l’imperfezione, per così dire, grazie al lavoro di Jeremiah Fraites di The Lumineers, che ha lavorato con Cooper alla ricerca di un suono che potesse emulare la musica che accompagna Badlands, il film di Terrence Malick, film che ha ispirato direttamente la composizione di Nebraska. Come ha spiegato Cooper: “Essendo cresciuto in New Jersey, Jeremiah Fraites è fan di Springsteen sin da piccolo. Mentre scrivevo la sceneggiatura, nella narrazione sentivo che la musica doveva venire fuori da Badlands di Terrence Malick e sono stato fortunato perché Malick mi ha dato il permesso di usare alcune scene del suo film. E così io e Jeremiah abbiamo lavorato sulla base della colonna sonora di quel film, usando solo un pianoforte di legno scordato. Il suono che sentivo era imperfetto, molto simile alla ricerca di Bruce nel realizzare Nebraska. La colonna sonora del film è quindi stata molto scarna, e Bruce mi ha detto che anche se non c’è nessun piano nel suo disco, lui ascoltava il pianoforte che veniva dalla colonna sonora del film di Malick.”
L'attore Jeremy Allen White a Roma per l'anteprima italiana di
Ma com’è stato diventare fisicamente e vocalmente il Boss? Jeremy Allen White racconta così il suo primo incontro con Bruce Springsteen: “Quando ho conosciuto Bruce, era già d’accordo con l’idea del film. Io l’ho incontrato nel suo elemento, mentre si esibiva davanti a 90mila persone e per me essere presente è stato un dono, ma mi ha anche intimidito perché sapevo che di lì a pochi mesi avrei dovuto catturare alcune delle cose che lui era in grado di trasmettere. Conoscerlo e parlargli mi ha dato la possibilità di vedere la sua performance sul palco, da vicino, e vedere tutta la passione e la violenza che mette nelle sue interpretazioni. Ma quando gli parli vedi che c’è anche tanta delicatezza nella sua presenza. Per me ha avuto molto coraggio a metterci alla guida del racconto della sua vita, permettendoci anche di parlare con persone a cui lui è stato molto vicino. Lo abbiamo scoperto come cantante e artista ma anche come persona.”
Ma come mai Bruce Springsteen che da quasi 40 anni rifiuta di farsi raccontare dal cinema di finzione ha detto sì al progetto di Scott Cooper? “Bruce non avrebbe mai accettato di raccontare un film che parlava di lui che compone Born in the USA o Born to Run – ha spiegato il regista – Nebraska è il suo lavoro più personale e lui lo considera il migliore. Per lui è il capitolo più doloroso della sua vita e il pubblico ha capito questo dolore di Bruce nel 1982, quando è uscito il disco. Per questo ha detto di sì a questo film con questo taglio.”
Lady Gagaha messo a segno un altro colpo da maestra! La vincitrice di Oscar e Grammy apparirà nel prossimo Il Diavolo Veste Prada 2, inserendo un’apparizione nel fashion film durante il suo Mayhem Ball Tour.
Dopo aver concluso quattro serate sold-out all’O2 Arena di Londra, Gaga è stata avvistata dai fan a Milano, dove si sta girando il sequel della commedia di successo del 2006 con Meryl Streep, Anne Hathaway, Emily Blunt e Stanley Tucci. Il Diavolo Veste Prada 2 segna la prima apparizione sul grande schermo della poliedrica superstar dai tempi di Joker: Folie à Deux. All’inizio di quest’anno, Gaga è apparsa in un cameo in Mercoledì – Stagione 2di Netflix. La sosta produttiva arriva prima del concerto di Gaga all’Avicii Arena di Stoccolma, previsto per domenica sera.
Cosa sappiamo su Il diavolo veste prada 2?
Il film originale del 2006, un cult classico per la sua satira tagliente sul mondo spietato della moda, si concludeva con Andy che lasciava Runway per un lavoro in un giornale di New York. Ora, i fan potranno finalmente vedere cosa stanno facendo Miranda e Andy in un panorama mediatico profondamente cambiato. Nel sequel, Miranda, interpretata dalla Streep, si ritrova coinvolta in una competizione ad alto rischio per ottenere importanti introiti pubblicitari, trovandosi sorprendentemente a dover affrontare la sua ex assistente dalla lingua tagliente Emily Charlton (Emily Blunt), che ora è una potente dirigente nel settore della moda.
David Frankel, che ha diretto il primo film, è tornato alla regia di Il diavolo veste Prada 2, lavorando su una sceneggiatura di Aline Brosh McKenna, che ha scritto anche l’originale. Le produttrici Wendy Finerman e Karen Rosenfelt sono a bordo, con la 20th Century Studios che ha in programma di distribuire il film il 1° maggio 2026. Oltre a Meryl Streep, Anne Hathaway e Emily Blunt, nel cast si ritrovano anche Stanley Tucci, che riprende il ruolo del sempre solidale Nigel Kipling, insieme a Simone Ashley, Pauline Chalamet e Helen J. Shen. Tracie Thoms e Tibor Feldman tornano sul set, mentre diversi volti nuovi si uniscono al cast, tra cui Kenneth Branagh, che interpreterà il marito di Miranda, insieme a Lucy Liu, Justin Theroux, B.J. Novak, Pauline Chalamet, Rachel Bloom e Patrick Brammall.
Il regista di Tyler Rake 3, Sam Hargrave, fornisce un nuovo aggiornamento sul sequel con Chris Hemsworth, rivelando finalmente quando dovrebbero iniziare le riprese del film. Dopo aver debuttato nel ruolo di Tyler Rake nel film del 2020, la star di Thor ha ripreso il suo ruolo anche per il sequel di Netflix del 2023. Poi, il terzo film è stato successivamente confermato, ma è stato difficile ottenere una tempistica precisa per la sua realizzazione.
Ora, Hargrave ha dichiarato a Collider che il piano è quello di iniziare le riprese di Tyler Rake 3 nel corso del prossimo anno. Tuttavia, non è chiaro esattamente quando nel 2026, poiché il regista afferma che il coinvolgimento di Hemsworth nell’MCU e nel prossimo film degli Avengers complica la programmazione. “Il piano è di iniziare nel 2026. […] Inizieremo le riprese nel 2026 e vedremo come andrà”.
“Molto dipende dal suo programma con Avengers, che ha molte variabili, ma il piano è di girare nel 2026 e presumo che l’uscita sarà nel 2027. Ma, ovviamente, non posso né confermare né smentire ufficialmente queste date!“, ha concluso Hargrave. Se le riprese dovessero iniziare il prossimo anno, l’uscita nel 2027 è probabile, ma il momento specifico in cui il film potrebbe arrivare nel 2027 dipende da quando inizieranno le riprese nel 2026.
Se le riprese non inizieranno prima della fine del 2026, ad esempio, il film probabilmente non arriverà prima della fine del 2027. In primavera, come noto, è stato confermato che Hemsworth riprenderà il ruolo di Thor nel cast di Avengers: Doomsday. Questo ritorno nei panni del supereroe segna la sua ultima apparizione nell’MCU dopo Thor: Love and Thunder nel 2022.
Le riprese di Doomsday sono terminate il mese scorso, ma il modello di produzione Marvel prevede solitamente molte riprese aggiuntive, quindi è possibile che Hemsworth torni sul set all’inizio del prossimo anno per girare altro materiale nei panni di Thor. Le “parti in movimento” a cui si riferisce Hargrave includono probabilmente il tempo necessario per le riprese aggiuntive, così come la promozione obbligatoria del film da parte di Hemsworth prima della sua uscita il 18 dicembre.
L’aggiornamento di Hargrave, in ogni caso, segue un commento dell’attrice Golshifteh Farahani, che nei film interpreta Nik, che sembra aver accennato al fatto che il terzo film potrebbe puntare a un inizio delle riprese nell’aprile 2026. L’attrice non ha però descritto questa finestra temporale come una certezza, e il commento di Hargrave rafforza l’idea che la situazione sia ancora piuttosto fluida. Questo nuovo sviluppo relativo al film sarà sicuramente una buona notizia per molti, vista la risposta positiva a Tyler Rake 2.
Il sequel non ha eguagliato l’originale in termini di audience su Netflix, ma ha ottenuto risultati migliori dalla critica, con un punteggio dell’80% su Rotten Tomatoes e dell’84% su Popcornmeter. Non sono ancora state rivelate sinossi o logline per il terzo capitolo, ma il finale di Tyler Rake 2 fornisce alcuni indizi su come potrebbe svilupparsi la trama, che include un ruolo per il nuovo arrivato Idris Elba. Con le riprese previste per il prossimo anno, nei prossimi mesi potrebbero essere rivelati ulteriori dettagli su Tyler Rake 3.
Continuano le domande su chi altro dell’universo cinematografico Marvel apparirà in Avengers: Doomsday nel 2026, e Andrew Garfield è ancora una volta al centro delle speculazioni. In una nuova intervista con GQ, Garfield ha infatti risposto a un fan che gli ha chiesto se lui e il collega Tobey Maguire, anche lui interprete di Spider-Man, torneranno nel prossimo grande evento Marvel. La star britannica ha risposto: “No, inequivocabilmente, cazzo, no!”. I due, come noto, sono apparsi l’ultima volta nel film Spider-Man: No Way Home del 2021.
Tuttavia, in un’intervista con MTV il 7 ottobre 2025, il protagonista di The Amazing Spider-Man ha affrontato la questione di un suo possibile ritorno nell’altro film dedicato agli Avengers: Avengers: Secret Wars. In questo caso Garfield non ha dato una risposta definitiva, né positiva né negativa, e si è limitato a dire al giornale: “Lo scoprirete!”. Il 19 settembre 2025, il cast di Avengers: Doomsday ha ufficialmente concluso le riprese principali, dirette da Anthony e Joe Russo, dopo diversi mesi di lavoro. Non è stata ancora fissata una data per le riprese di Avengers: Secret Wars.
Il cast iniziale di Avengers: Doomsday è stato rivelato il 26 marzo 2025, durante un live streaming a sorpresa della Marvel Studios che ha svelato il ritorno di diversi personaggi della timeline MCU, ma nessuno dei precedenti Spider-Man faceva parte dell’annuncio. Tuttavia, Kevin Feige ha confermato che ci sono altri personaggi che saranno aggiunti al film del 2026. Durante il CinemaCon del 3 aprile 2025, alla presenza di ScreenRant, il presidente della Marvel Studios ha sottolineato che sono in arrivo ulteriori notizie sul cast di Avengers: Doomsday. Non resta che attendere di scoprire se Garfield e Maguire saranno tra le aggiunte.
Al cinema dal 16 ottobre con Eagle Pictures, Squali di Daniele Barbiero fa parte della selezione di Alice nella Città 2025, Panorama Italia Concorso. Il film, un coming of age del XXI secolo, vede protagonisti alcuni dei giovani volti del cinema italiano più importanti della loro generazione, insieme a James Franco, star internazionale che sembra sempre più a suo agio nel nostro Paese.
Ambientato tra la provincia veneta e la frenesia di Roma, Squali esplora le tensioni adolescenziali tra noia e ambizione, attraverso lo sguardo disincantato del giovane Max (Lorenzo Zurzolo) e l’incontro-scontro con il carismatico Robert Price (James Franco). Con una messa in scena visivamente potente e un respiro internazionale, Squali si interroga sul futuro di un’intera generazione.
Lorenzo Zurzolo – è protagonista del film. Volto caratteristico e impossibile da dimenticare Zurzolo è stato una presenza constante nel cinema e nella tv degli ultimi anni, passando da produzioni molto importanti per grandezza e ambizione a progetti più piccoli e ricercati. In ognuna di queste avventure, Lorenzo si è distinto per la sua presenza scenica e il suo talento.
James Franco – la guest d’eccezione. Conosciuto in tutto il mondo per la sua partecipazione al franchise di Spider-Man di Sam Raimi, ha poi costruito per sé una carriera diversa, lontana dai blockbuster e più vicina a un cinema di sperimentazione e ricerca, senza mai rinunciare a titoli leggeri e divertenti, che hanno contribuito a rafforzarne lo status di star. In particolare, negli ultimi anni della sua carriera, sta acquisendo una grande familiarità con il nostro cinema, tanto che Squali è il secondo film italiano a cui partecipa nell’arco di tre anni.
Francesco Centorame – diventato famosissimo grazie alla sua notevole interpretazione di Elia in Skam, Centorame è conosciuto ora principalmente per la sua partecipazione a C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi. Volto pulito e sveglio, ha già spaziato trai generi e i toni, passando dalla spensieratezza frivola della commedia a ruoli in cui interpreta un vero e proprio villain (nel successo di Cortellesi, ad esempio).
Ginevra Francesconi – reduce dall’incredibile successo della serie Sara e Marti, fa il salto al cinema con The Nest, film che le apre nuove possibilità sul grande schermo. Nonostante la giovane età, è classe 2003, ha già avuto la possibilità di collaborare con molti registi e autori, spaziando dalla commedia al dramma con grande disinvoltura.
Francesco Gheghi – è forse il giovane volto italiano più interessante di questo momento storico, protagonista di Familia, film che rappresenterà l’Italia alla corsa agli Oscar per il Miglior film Internazionale del 2026. Nonostante sia ancora molto giovane, l’intensità delle sue interpretazioni gli permettono un range che raramente è credibile in interpreti così relativamente inesperti. Nel 2024 è stato premiato alla Mostra di Venezia con il Premio Orizzonti per la miglior interpretazione maschile per Familia.
Rapunzel avrebbe dovuto essere uno dei prossimi remake live-action della Disney, parte del passaggio alla rivisitazione delle proprietà davvero moderne della Disney, con nessun film degli anni 2010 che aveva ancora ricevuto questo trattamento. Tuttavia, il progetto è stato accantonato a tempo indeterminato nell’aprile 2025, nonostante le voci su diverse star prese in considerazione per i ruoli principali di Rapunzel e Flynn Rider.
Ora, Deadline riporta che il live-action della Disney è di nuovo in fase di sviluppo, con la star di Hollywood che ha incassato di più in trattative per interpretare il cattivo: si tratterebbe di Scarlett Johansson, che sta valutando il ruolo di Madre Gothel. Secondo quanto riferito, Michael Gracey di The Greatest Showman è ancora alla regia, sulla base della sceneggiatura di Jennifer Kaytin Robinson.
Di cosa parla Rapunzel?
Rapunzel è stato distribuito dalla Disney nel 2010 ed è una nuova versione della classica fiaba di Raperonzolo. Il film d’animazione segue le vicende di una giovane principessa, ignara del suo status reale, che fugge dalla torre dove è cresciuta con un ladro che la incontra per caso e che vuole realizzare il sogno di una vita. Il film vede protagonisti Mandy Moore, Zachary Levi e Donna Murphy, che offrono fantastiche interpretazioni vocali.
I remake live-action dei classici animati Disney del XXI secolo, tra cui Cenerentola, La bella e la bestia, Aladdin e Lilo & Stitch, hanno incassato miliardi in tutto il mondo. Tuttavia, dopo il drammatico flop di Biancaneve del 2025, la Disney ha sospeso lo sviluppo di Rapunzel. Ora le cose sarebbero ripartite grazie al successo di Lilo & Stitch, il che suggerisce che i remake di film più moderni potrebbero avere più successo.
Le novità sul cast di Rapunzel
Precedenti notizie hanno rivelato che la top model Gigi Hadid avrebbe fatto un provino per il ruolo di Rapunzel, mentre Corey Mylchreest di Bridgerton avrebbe sostenuto quello per il ruolo di Flynn nel live-action, ma non è noto se saranno loro a ricoprire i due ruoli. Madre Gothel, nel frattempo, sarebbe una nuova sfida per la Johansson. Gothel è astutamente manipolatrice ed è stata precedentemente interpretata dall’incredibile voce canora di Murphy.
Tuttavia, la Johansson è anche due volte candidata all’Oscar, una star del botteghino e ha esperienza nel campo musicale. In precedenza ha recitato in un altro remake live-action della Disney, doppiando Kaa nel film Il libro della giungla del 2016. Secondo quanto riferito, la Johansson sta anche lavorando a un nuovo film della Disney intitolato Tower of Terror, confermando che il team era ancora al lavoro nel luglio 2025.
La Disney, nel frattempo, ha in programma il remake live-action di Oceania per il prossimo anno. Rapunzel, ora nuovamente in fase di sviluppo, segnala dunque l’intenzione della Disney di portare avanti questa nicchia della tendenza dei remake live-action, concentrandosi sulle principesse Disney degli anni 2010. Lilo & Stitch è stato un buon segno per questi progetti, ma è ancora un territorio nuovo e impegnativo per la Disney.
Il sequel di Minecraftha ora una data di uscita. Il film originale, che adatta il popolare videogioco omonimo, ha debuttato il 4 aprile ed è attualmente il terzo film di maggior incasso del 2025 a livello mondiale. L’imminente Minecraft 2 è stato annunciato in fase di sviluppo iniziale l’11 aprile, anche se per qualche tempo non sono arrivate ulteriori notizie.
L’account ufficiale X ha però confermato che il sequel debutterà nelle sale il 23 luglio 2027. Il loro post (lo si può vedere qui), che include un riferimento al videogioco descrivendo il lavoro sul sequel come “costruzione del terreno”, presenta anche un poster teaser che mostra due picconi in stile Minecraft. Se fosse vero, questa data di uscita significherebbe che il sequel arriverà solo due anni e tre mesi dopo il debutto del primo film.
Si tratta di un tempo relativamente breve per un blockbuster moderno che dà inizio a un franchise. Ad esempio, mentre il sequel di Sonic del 2020 ha richiesto solo due anni e due mesi per arrivare sul grande schermo, il sequel di Dune del 2021 ha richiesto due anni e cinque mesi. Nel frattempo, il sequel di The Batman del 2022 è previsto per la prima più di cinque anni dopo, mentre il sequel di Super Mario Bros. del 2023 dovrebbe debuttare tre anni dopo il grande successo originale.
Al momento della stesura di questo articolo, i dettagli della trama del progetto rimangono sconosciuti. Tuttavia, Deadline conferma che il regista Jared Hess (Napoleon Dynamite, Nacho Libre) tornerà alla regia del progetto, oltre a co-scrivere la sceneggiatura con Chris Galletta. Non è ancora noto se tornerà qualcuno del cast originale di Minecraft. Il cast stellare del grande successo originale includeva Jack Black, Jason Momoa, Danielle Brooks, Rachel House, Matt Berry, Jemaine Clement, Sebastian Hansen, Emma Myers e Jennifer Coolidge.
In ogni caso, questa data di uscita garantisce al titolo della Warner Bros. un posto d’onore nel bel mezzo della stagione cinematografica estiva del 2027, che potrebbe farlo accedere ad incassi ancora maggiori. Uscendo nella primavera di quest’anno, il film ha incassato ben 957,8 milioni di dollari a fronte di un budget dichiarato di 150 milioni. Tuttavia, se il programma attuale verrà rispettato, il sequel dovrà competere con una serie di colossi in quello stesso periodo. Infatti, il 23 luglio è anche la data di uscita promessa per I Simpsons 2.
Questa data arriva anche poche settimane dopo il debutto, il 9 luglio, di Man of Tomorrow, il sequel di James Gunn del film Superman del 2025. Indipendentemente da questa concorrenza, il sequel di Minecraft sembra destinato al successo, dati i tempi di realizzazione rapidi e l’accoglienza commerciale travolgente del film originale, che è diventato virale grazie alla sua cavalcata di riferimenti al popolare gioco.
Scorpion è finalmente pronto a colpire, come rivelano le nuove foto dal set di Spider-Man: Brand New Day che mostrano l’attore Michael Mando tornare nel ruolo del cattivo che era stato anticipato otto anni fa in Spider-Man: Homecoming. Un quartetto di foto dal set condivise da @MyTimeToShineHello su X mostra infatti un paio di immagini di Tom Holland, tornato sul set dopo l’infortunio, mentre altre due mostravano Mando nei panni di Mac Gargan, alias Scorpion.
Nelle foto (le si può vedere qui) vediamo Mando vestito con quella che sembra una tuta da detenuto bianca e poi all’interno di un elicottero su quello che immaginiamo essere un tetto. Nelle foto con Holland, quest’ultimo non indossa il costume di Spider-Man, ma assume alcune pose tipiche dell’Uomo Ragno. C’è inoltre grande attesa per le prime immagini del costume di Scorpion.
Mando è apparso per la prima volta come Mac Gargan in Spider-Man: Homecoming, dove veniva arrestato dopo un incontro con Spider-Man. In una scena post-credits, abbiamo visto Gargan incontrare Adrian Tooms, interpretato da Michael Keaton, in prigione, dove Gargan dimostrava di avere chiaramente un conto in sospeso con Spider-Man. Otto anni e due film dopo, Gargan esce finalmente di prigione e avrà la sua occasione contro Spider-Man.
Quello che sappiamo su Spider-Man: Brand New Day
Ad oggi, una sinossi generica di Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday, Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal – recentemente annunciato come parte del film – in una situazione già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry Osborn.
Il film è stato recentemente posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026. Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers. Tom Holland guida un cast che include anche Zendaya, Jacob Batalon,Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas e Jon Bernthal. Michael Mando è stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento di Charlie Cox.
È un momento emozionante per la serie Ocean’s: dopo che la star originale George Clooneyha confermato che Ocean’s 14 è in fase di sviluppo e che le riprese potrebbero iniziare il prossimo anno, c’è stato un importante cambiamento nei piani per il prequel di Ocean’s Eleven. Il prequel, che sarebbe ambientato nell’Europa degli anni ’60, era stato annunciato per la prima volta nel 2022 con Margot Robbie come produttrice e protagonista.
AncheRyan Gosling, co-protagonista di Robbie in Barbie, era in trattative per unirsi al cast. Tuttavia, fonti hanno ora riferito a Deadline che Bradley Cooper è in trattative per unirsi al cast, senza alcun riferimento a Gosling. Mentre Gosling sembra aver abbandonato il progetto, Lee Isaac Chung di Twisters sarebbe ancora alla regia.
Cooper sarebbe molto amico di Robbie da anni e desidererebbe lavorare con lei da tempo; i due candidati all’Oscar non hanno ancora recitato insieme in nessun film. La notizia arriva prima dell’uscita del prossimo film diretto da Bradley, la commedia Is This Thing On? con lui stesso, Will Arnett e Laura Dern, che uscirà nelle sale statunitensi il 19 dicembre.
Nel cinema d’autore, Cooper è noto anche per aver recitato e/o diretto American Sniper, A Star Is Born, Il lato positivo e Maestro. Dopo il successo ottenuto con The Wolf of Wall Street, la popolarità di Robbie è invece cresciuta sempre di più, portando al fenomeno culturale di Barbie. Grazie al successo ottenuto come produttrice di questo progetto, Robbie ha ora la possibilità di cimentarsi in progetti come il prequel di Ocean’s Eleven.
La serie di film sulle rapine è stata per decenni una delle preferite da Hollywood e dai fan; sebbene il franchise sia iniziato con Ocean’s Eleven del 1960, ha trovato nuova vita quando Steven Soderbergh ha diretto la versione del 2001. Questo ha portato a due sequel, Ocean’s Twelvedel 2004 e Ocean’s Thirteen del 2007, oltre allo spin-off Ocean’s 8 del 2018.
La serie ha sempre attirato talenti di prim’ordine: tra le star dei film di Ocean’s figurano Clooney, Brad Pitt, Julia Roberts, Matt Damon, Sandra Bullock, Cate Blanchett, Al Pacino e molti altri. Margot Robbie e Bradley Cooper si inseriranno perfettamente in questo elenco. Al momento però non sono noti maggiori dettagli né sulla trama né su quando inizieranno le riprese e, di conseguenza, su quando il film potrebbe uscire in sala.
Un crimine imperfetto di Franck Dubosc è una commedia nera francese che ricorda fin dalla locandina Fargo, uno dei film più famosi dei fratelli Coen. Il protagonista è lo stesso regista, che torna per la terza volta dietro la macchina da presa ma stavolta è accompagnato dall’attrice premio César Laure Calamy. I due interpretano una coppia sposata in crisi, logorata dal tempo e dalle difficoltà finanziarie, che si ritrova a nascondere e occultare dei cadaveri per tenersi una grossa somma di denaro.
Cosa racconta Un crimine imperfetto
Questo film in originale si intitola Un Ours Dans le Jura, che tradotto dal francese vuol dire letteralmente ” Un orso nella Giura ” e il racconto parte proprio da questo insolito fatto. Un orso bruno appare ad un gruppo di escursionisti, in realtà dei poveri immigranti clandestini usati come corrieri della droga, che grazie all’animale riescono a scappare dal trafficante che li usa e che muore accidentalmente cadendo in un dirupo. Da qui si innescano una serie d’eventi tragicomici in cui il protagonista Michel con il suo pick up, per evitare sempre lo stesso orso che si è trovato davanti sulla strada, sbanda ed urta una BMW nera in sosta uccidendo una donna e provocando la morte del suo compagno terrorizzato che inciampando si infilza da solo in un tronco appuntito.
Michel spaventato dell’accaduto torna a casa e racconta tutto alla moglie Cathy, con cui tira avanti un’esistenza complicata a causa della loro poco redditizia attività di vendita di abeti natalizi. L’ incidente mortale si trasforma presto in un’occasione per svoltare, soprattutto quando poi i coniugi trovano due milioni di euro in un borsone nel portabagagli della macchina abbandonata a confine con il bosco. La coppia quindi deciderà di tenere i soldi e d’insabbiare l’incidente con insolite trovate come ricoprire i cadaveri con del miele per farli mangiare dal famoso orso e trovare un alibi pagando un ex compagna di scuola dell’uomo, proprietaria di un locale a luci rosse della zona. Michel e Cathy quindi riscopriranno la complicità e il sentimento, che un tempo li univa, ma inizieranno ad attirare i sospetti della polizia locale ma anche di un boss della droga che rivuole indietro il suo bottino.
Un crimine imperfetto – Julien Panié (c) 2024 Gaumont – Pour toi Public productions – France 2 Cinéma
Il cast di Un crimine imperfetto
Ambientato durante le festività natalizie, dal 20 dicembre a Capodanno, questo film riesce a sfruttare il sano spirito natalizio mettendo al centro una storia corale autentica grazie anche ad un ricco cast in cui i due straordinari protagonisti sono solo il tocco finale. Spicca fin dalla sua prima scena l’attore belga Benoît Poelvoorde nei panni del gentile e paterno capo della polizia con un personaggio, non solo centrale per l’evolversi della trama, ma anche incarnazione stessa del cuore della commedia francese a tinte noir. Un uomo semplice, padre divorziato, difettoso e pieno di problemi quotidiani da affrontare, ma che di fronte ad una situazione tanto paradossale quanto pericolosa sa scegliere per il bene delle persone che lo circondano e che è chiamato a proteggere, in tutti i sensi.
Ovviamente chi porta sulle spalle l’intera riuscita del film sono i protagonisti interpretati da i sempre bravissimi Dubosc e Calamy che possiedono sintonia tra di loro e sono la perfetta spalla tragicomica per entrambi. Laure Calamy è quella più versatile tra tutti perché è credibile anche nel ruolo di una mamma di un dodicenne problematico. I loro Michel e Cathy non sono solo divertenti, ma anche tenerissimi nel modo in cui crescono come coppia e come esseri umani nel cercare di risolvere il guaio in cui si sono messi con le loro stesse mani.
Tra Fargo e Soldi sporchi ma in francese
Un crimine imperfetto trasporta lo spirito coeniano nelle Alpi francesi realizzando un lungometraggio che si rivela il giusto mix tra il già citato Fargo ma anche Soldi sporchi di Sam Raimi. Troviamo anche qua una location immersa nella neve e un’occasione per i due protagonisti di svoltare vita ma in perfetto stile francese dove però si sceglie di restare e comprare un televisore nuovo al plasma. Il regista e attore Franck Dubosc è bravissimo a dosare le dinamiche criminali lasciando sempre più spazio alla commedia, ovviamente mai banale e che affronta anche temi seri come l’immigrazione clandestina e la nostra stessa società.
Un membro del cast della serie drammatica della CBS Matlock è stato licenziato dopo essere stato accusato di violenza sessuale. Al suo debutto nel settembre 2024, Matlock ha riscosso un successo immediato sia tra il pubblico che tra la critica, con un punteggio attuale del 90% su Rotten Tomatoes.
A parte qualche dubbio sul fatto che questo potesse essere l’ultimo ruolo di Kathy Bates, che l’attrice ha poi chiarito, Matlock non ha affrontato alcuna controversia o notizia scioccante fino ad ora.
Secondo Deadline, la star di Matlock David Del Rio, che interpreta Billy Martinez, è stato licenziato dopo essere stato accusato di violenza sessuale dalla co-protagonista Leah Lewis, che interpreta Sarah Franklin. Dopo la presunta aggressione del 26 settembre, Lewis ha denunciato la situazione il 2 ottobre, il che ha portato all’avvio di un’indagine condotta dalla CBS Studios e dai produttori della serie.
Una volta chiusa l’indagine, Del Rio è stato licenziato il 2 ottobre, lo stesso giorno in cui Lewis ha parlato. Eric Christian Olsen, uno dei produttori esecutivi di Matlock, e altri avrebbero accompagnato l’attore fuori dallo studio e dalla sede.
Sembra che tutti coloro che ricoprono una posizione di autorità in Matlock non abbiano esitato a prendere sul serio l’accusa di Lewis e abbiano agito rapidamente per indagare sulla presunta situazione e garantire che il rapporto di lavoro di Del Rio con la serie fosse risolto il più rapidamente possibile, in modo da evitare che si creasse un ambiente di lavoro tossico sulla scia della presunta aggressione.
La rapidità dell’indagine sulla presunta aggressione sessuale dimostra che i produttori di Matlock prendono molto sul serio questo tipo di accuse e che saranno trattate con la severità che meritano.
Le riprese effettuate il 26 settembre erano per la seconda stagione di Matlock, che debutterà il 12 ottobre. Non è chiaro esattamente quanti episodi siano stati girati, ma a questo punto circa metà della stagione è già stata completata. Non è inoltre noto se il licenziamento di Del Rio causerà ritardi nella produzione nelle prossime settimane.
Tuttavia, Matlock ha già in programma una pausa nelle riprese a partire dalla settimana del 13 ottobre, e il cast e la troupe non torneranno sul set fino a dopo il weekend del Ringraziamento per continuare con il resto della seconda stagione.
Il personaggio di Del Rio, Billy Martinez, e quello di Lewis, Sarah Franklin, sono colleghi che lavorano alla Jacobson Moore. I due hanno regalato molti momenti divertenti in Matlock, che probabilmente sarebbero continuati anche nella seconda stagione.
Durante il finale della prima stagione di Matlock, Billy ha scoperto che Claudia è incinta di suo figlio. Presumibilmente, questa trama sarà affrontata in una certa misura nella seconda stagione di Matlock, anche se gli sceneggiatori dovranno ora trovare una spiegazione per l’assenza permanente di Del Rio.
La seconda stagione di Matlock debutterà domenica 12 ottobre alle 20:30 EDT/20:00 PDT sulla CBS.
A Knight of the Seven Kingdoms è ambientato tra Game of Thrones e House of the Dragon, ed ecco quando si colloca nella turbolenta linea temporale di Westeros. L’ultimo spin-off di Game of Thrones, A Knight of the Seven Kingdoms, è prodotto da Ira Parker e George R.R. Martin.
A Knight of the Seven Kingdoms – stagione 1 è composta da 6 episodi e sarà trasmessa a gennaio 2026 su HBO e HBO Max. Basata su tre romanzi brevi prequel di Game of Thrones scritti da George R.R. Martin, A Knight of the Seven Kingdoms adatta la prima storia, The Hedge Knight. Le stagioni successive adatteranno The Sworn Sword e The Mystery Knight.
A Knight of the Seven Kingdoms è incentrato su Ser Duncan the Tall (Peter Claffey), un cavaliere errante che sopravvive a Westeros. Ser Duncan incontra un giovane ragazzo calvo di nome Egg (Dexter Sol Ansel), che diventa il suo scudiero.
Dunk ed Egg si scontrano con le macchinazioni dei vari membri della Casa Targaryen, Baratheon e altre grandi casate di Westeros della loro epoca.
A Knight Of The Seven Kingdoms inizia nel 209 d.C.
A Knight of the Seven Kingdoms inizia nel 209 d.C. (dopo la conquista di Aegon), un periodo di relativa pace a Westeros. Ser Duncan l’Alto vaga per Westeros in un’epoca governata da Aerys I Targaryen, circa 13 anni dopo la ribellione di Blackfyre.
Un evento centrale nella stagione 1 di A Knight of the Seven Kingdoms è un torneo ad Ashford Meadow, al quale Ser Duncan l’Alto partecipa nella speranza di migliorare la propria sorte, e dove apprende anche di più su Egg, che diventa il suo giovane scudiero.
Dopo The Hedge Knight, la seconda stagione di A Knight of the Seven Kingdoms dovrebbe adattare The Sworn Sword, ambientato circa un anno e mezzo dopo (circa 210-211 d.C.). La terza stagione di A Knight of the Seven Kingdoms adatterà poi The Mystery Knight, ambientato nel 212 d.C.
George R.R. Martin intende scrivere altri romanzi su Dunk ed Egg, ma qualsiasi ulteriore stagione di A Knight of the Seven Kingdoms sarà basata sulle bozze di Martin relative alle sue future storie su Dunk ed Egg.
A Knight Of The Seven Kingdoms è ambientato circa 90 anni prima di Game Of Thrones
La prima stagione di Il Trono di Spade inizia nel 298 d.C., circa 89-90 anni dopo la prima stagione di Un cavaliere dei sette regni. Il Trono di Spade inizia durante il regno di Re Robert I Baratheon (Mark Addy), che si reca a Grande Inverno per reclutare il suo migliore amico, Ned Stark (Sean Bean), e portarlo ad Approdo del Re.
L’era di Game of Thrones, caratterizzata da un conflitto pluriennale per strappare il Trono di Spade dalle mani della Casa Lannister, ha visto un cambiamento significativo che ha riportato la magia e la rinascita dei draghi sotto forma dei tre “figli” di Daenerys Targaryen (Emilia Clarke).
I White Walkers e il Re della Notte alla fine invasero Westeros, e le 8 stagioni di Game of Thrones hanno adempiuto alla profezia di A Song of Ice and Fire introdotta in House of the Dragon.
A Knight Of The Seven Kingdoms è ambientato circa 75-80 anni dopo House Of The Dragon
A Knight of the Seven Kingdoms è ambientato circa 75-80 anni dopo la fine di House of the Dragon, che copre un arco temporale di quasi 30 anni, dal 101 d.C. al 129 d.C., culminando con la Danza dei Draghi.
Il brutale conflitto tra i Verdi della regina Alicent Hightower (Olivia Cooke) e i Neri guidati dalla regina Rhaenyra Targaryen (Emma D’Arcy) pose fine al regno dei draghi nel Westeros e decimò la stirpe dei Targaryen.
Dopo la morte dei draghi, la magia scomparve dal Westeros e non tornò fino all’era di Game of Thrones, più di un secolo e mezzo dopo. Dunk ed Egg vivono in un’epoca in cui né la magia né i draghi sono nei pensieri della gente di Westeros.
A Knight of the Seven Kingdoms descrive un periodo relativamente più semplice, ma non per questo meno complesso e pericoloso, a Westeros rispetto a quello che è stato raccontato in House of the Dragon e a quello che deve ancora venire in Game of Thrones.
La serie, proprio come House of the Dragon, mirerà a riportare il franchise al suo antico splendore dopo la natura controversa del finale di Game of Thrones. Lo farà ridimensionando l’attenzione dai draghi, dalla magia e dagli estranei bianchi a una storia più leggera incentrata sui personaggi, basata sulla raccolta di novelle di George R. R. Martin, Tales of Dunk and Egg.
Pertanto, le differenze tra A Knight of the Seven Kingdoms e Game of Thrones saranno piuttosto evidenti, nonostante l’ambientazione comune. Una delle principali differenze tra i due show sarà la scelta di concentrarsi esclusivamente su due personaggi piuttosto che su una schiera di membri delle grandi casate di Westeros: Ser Duncan l’Alto, noto anche come Dunk, ed Egg.
Per quanto riguarda Egg, la sua vera identità è estremamente intrigante e presenta forti legami con Il Trono di Spade, House of the Dragon e il più ampio mondo di Westeros.
Egg in Un cavaliere dei sette regni è in realtà Aegon Targaryen
Egg è presentato come lo scudiero di Ser Duncan l’Alto nei primi trailer di Un cavaliere dei sette regni, ma la sua vera identità è ancora più interessante. Egg è in realtà Aegon Targaryen, il quarto figlio del principe Maekar Targaryen, a sua volta figlio del re Daeron II Targaryen.
Quest’ultimo occupa il Trono di Spade all’inizio di A Knight of the Seven Kingdoms, prima che alla fine passi a Maekar stesso.
Aegon Targaryen è stato cresciuto come un principe, anche se alla fine è diventato lo scudiero conosciuto solo come Egg. Quest’ultimo nome deriva dalla pronuncia di Aegon nella serie Il Trono di Spade, “Egg-on”, dato che suo fratello maggiore lo chiama Egg fin da quando era piccolo. In A Knight of the Seven Kingdoms, verrà messo in evidenza il primo viaggio di Egg come scudiero di Ser Duncan l’Alto.
Perché Egg nasconde la sua vera identità
Per quanto riguarda il motivo per cui Aegon Targaryen nasconde la sua vera identità e usa lo pseudonimo di Egg, la risposta è legata alla trama principale della prima stagione di A Knight of the Seven Kingdoms. La serie sarà incentrata su un torneo ad Ashford Meadow, dove Aegon avrebbe dovuto fare da scudiero al fratello maggiore, Daeron.
Tuttavia, nel materiale originale, viene rivelato che Daeron non aveva alcun desiderio di partecipare al torneo. Di conseguenza, Daeron fugge in una locanda vicina con Aegon al seguito. Daeron rasa la testa di quest’ultimo in modo che nessuno possa riconoscere i suoi tratti distintivi dei Targaryen, permettendogli così di bere in incognito a suo piacimento.
È lì che Aegon, ora rasato e con il nome d’arte Egg, incontra Ser Duncan l’Alto. Duncan era un cavaliere errante, un mercenario che era stato precedentemente nominato cavaliere, il che significava che non apparteneva al servizio di nessuna casata del Westeros, e intendeva partecipare al torneo ad Ashford Meadow. Egg, desideroso di adempiere ai suoi doveri di scudiero, seguì Duncan.
Dopo il torneo, Egg pregò suo padre di lasciargli continuare a fare da scudiero a Duncan, noto come Dunk. Suo padre acconsentì con riluttanza, dando inizio alle ulteriori avventure di Dunk ed Egg. Egg continuò a nascondere la sua identità per non essere trattato in modo diverso a causa della sua discendenza Targaryen, vivendo così la vera vita di uno scudiero al servizio di un cavaliere errante.
Cosa succede a Egg durante le sue avventure con Dunk
Il teaser di A Knight of the Seven Kingdoms ha già accennato alle avventure di Dunk ed Egg, con la stagione 1 che dovrebbe iniziare con il suddetto torneo ad Ashford Meadow. È qui che Egg incontra Dunk, lo aiuta in una prova per battaglia e convince Maekar a permettergli di fare da scudiero a Dunk.
In seguito, Dunk ed Egg viaggiano in varie regioni del Westeros, tra cui Dorne e Vecchia Città. La seconda storia importante che coinvolge Dunk ed Egg è una disputa su chi sia il proprietario di un fiume nella Reach: l’uomo che ha assunto Dunk per i suoi servizi, Eustace Osgrey, o la signora di un castello vicino, Rohanne Webber.
Dopo un’altra giostra, la disputa viene risolta con il matrimonio tra Eustace e Rohanne, a cui Dunk ed Egg partecipano prima di partire per un altro matrimonio nelle Terre dei Fiumi, al castello di Whitewalls. A questo matrimonio Dunk partecipa a un’altra giostra, che lo vede cadere da cavallo quasi immediatamente.
A questo matrimonio, un uomo di nome Ser John il Violinista viene rivelato essere un Blackfyre, un gruppo di discendenti illegittimi di Aegon IV Targaryen, che furono legittimati dal re sul letto di morte. Ciò portò alla Seconda Ribellione dei Blackfyre contro il Trono di Spade, di cui Dunk ed Egg si trovarono al centro.
Nel caos, la vera identità di Egg è stata scoperta ed è stato tenuto in ostaggio da Lord Ambrose Butterwell e Lord Frey, che sostenevano la ribellione dei Blackfyre. Egg ha però ingannato i due, insistendo che stava spiando per i Targaryen e che un grande esercito era in arrivo. Ambrose si è ritirato nella cappella del castello, mentre Frey è fuggito a casa sua ai Gemelli.
Il genero di Ambrose, Ser Tommand Heddle, ha cercato di prendere Egg in ostaggio, portando Dunk a ucciderlo e liberando Egg. Egg è tornato a Whitehalls la mattina seguente con un esercito reale, guidato da Brynden Rivers, dissipando la Seconda Ribellione dei Blackfyre con la stessa rapidità con cui si era formata.
Come Egg diventa re e cosa sappiamo del regno di Aegon V
Alla fine, dopo aver terminato il suo apprendistato come scudiero, Aegon divenne uno dei tanti re Targaryen nell’universo di Game of Thrones. Ciò nonostante fosse il quarto figlio di Maekar I, Aegon V fu soprannominato “L’Improbabile”. Il fratello maggiore di Aegon, Daeron, morì di vaiolo, mentre il secondogenito, Aerion, era noto per la sua crudeltà e follia.
Nella sua follia, Aerion bevve una coppa di fuoco greco, pensando che lo avrebbe trasformato in un drago. Ciò significava che, alla morte di Maekar I, solo Aemon, un maestro, e Aegon gli succedettero. Fu convocato un Grande Consiglio per decidere il prossimo re, durante il quale Aemon insistette affinché Aegon sedesse sul Trono di Spade. È così che Egg divenne Aegon V Targaryen.
Il regno di Aegon fu noto per gli sforzi del re nell’aiutare la gente comune del Westeros. Ciò causò qualche dissenso tra gli altri lord, e Aegon era anche noto per aver represso diverse ribellioni, tra cui la Quarta Ribellione di Blackfyre, durante il suo regno.
Verso la fine del suo regno, Aegon sentì il bisogno del potere che i draghi avevano un tempo conferito alla Casa Targaryen per convincere gli altri lord a sostenere i suoi piani di aiuto alla gente comune. Purtroppo, i tentativi di Aegon V di far schiudere le uova di drago portarono alla tragedia di Summerhall, un incendio che uccise lui, suo figlio maggiore e Ser Duncan l’Alto.
Come Game of Thrones ha fatto riferimento a Egg
Considerando l’importanza del ruolo che Egg avrà in A Knight of the Seven Kingdoms, è ovvio chiedersi come sia stato citato in Game of Thrones. La risposta è che Egg è stato citato alcune volte, in particolare da Aemon Targaryen, suo fratello e maestro dei Guardiani della Notte.
Nella prima stagione di Il Trono di Spade, mentre Jon Snow sta pensando di abbandonare i Guardiani della Notte per aiutare la sua famiglia, Aemon rivela di essere Aemon Targaryen, menzionando che suo fratello Aegon è diventato re dopo che lui ha rifiutato il trono. Nella quinta stagione di Il Trono di Spade, Aemon si ammala di demenza.
Sul letto di morte, Aemon dice: “Egg, ho sognato di essere vecchio”. Questa è la prova che la mente confusa di Aemon sta rivivendo i suoi giorni di gioventù con Aegon, come dimostra il soprannome che Aemon gli ha dato. Dopo che A Knight of the Seven Kingdoms ha approfondito la storia di Egg, questi riferimenti in Game of Thrones diventeranno probabilmente ancora più tragici dopo che avremo visto le sue avventure svolgersi sullo schermo.
È stato pubblicato un nuovo trailer di A Knight of the Seven Kingdoms. Lo spin-off di Game of Thrones, che debutterà su HBO nel gennaio 2026, è basato sulle novelle Tales of Dunk & Egg di George R.R. Martin. Peter Claffey interpreta Ser Duncan the Tall (Dunk), mentre Dexter Sol Ansell interpreta il principe Aegon Targaryen (Egg).
Ora, un nuovo trailer è stato presentato al panel A Knight of the Seven Kingdoms del New York Comic Con. Il trailer rivela come Dunk ed Egg si incontrano a Westeros 100 anni prima di Game of Thrones. Il trailer conferma anche la data di uscita della serie, domenica 18 gennaio su HBO e HBO Max. Guarda il trailer qui sotto:
Il trailer spiega che Dunk era un tempo lo scudiero di Ser Arlan di Pennytree, assumendo il ruolo di cavaliere dopo la sua morte. All’arrivo in una città, incontra Aegon, che promette di diventare il suo scudiero se lui porterà il ragazzo ad Ashford. Dunk accetta, anche se all’inizio tra loro c’è un po’ di diffidenza e di battibecchi.
Tuttavia, il trailer mostra che il loro viaggio sarà pieno di pericoli, tra cui la rivalità tra Duncan e Baelor Targaryen. La serie promette non solo un legame commovente tra cavaliere e scudiero, ma anche tanta azione, con Dunk che affronta altri cavalieri. Il suo tono comico la distingue come uno spin-off unico di Game of Thrones.
È interessante notare che il trailer non chiarisce l’identità di Egg come Targaryen, rendendo probabile che il suo vero nome sarà cruciale per lo svolgimento della trama. Non è chiaro perché debba arrivare ad Ashford, e il fatto che Baelor non abbia scene con lui nel trailer sembra anche significativo per la storia.
La serie sarà anche la prima a non presentare draghi nella sua trama. Mentre House of the Dragon – stagione 3 colmerà questo vuoto nell’estate del 2026, A Knight of the Seven Kingdoms mostra deliberatamente uno spettacolo teatrale con un pupazzo sputafuoco, segnalando come questi siano diventati solo storie per molti in Westeros dopo la guerra.
Con una storia in sei episodi che sarà più unica di qualsiasi altro spin-off di Game of Thrones finora, A Knight of the Seven Kingdoms offre un trailer promettente che colma una lacuna comica e avventurosa nel franchise. Con la premiere della serie a pochi mesi di distanza, non passerà molto tempo prima che venga esplorata la grande avventura intrapresa da Dunk ed Egg.
Sebbene il thriller del 2010 sia passato in gran parte inosservato, il finale di The Next Three Days (qui la recensione) rimane comunque memorabile. Diretto da Paul Haggis, è questo un remake americano del film francese del 2008 Pour Elle diretto da Fred Cavayé. Russell Crowe ed Elizabeth Banks interpretano i coniugi John e Lara Brennan, lui un professore universitario dai modi gentili e lei una donna d’affari dal carattere irascibile, la cui vita viene sconvolta quando Lara viene condannata per l’omicidio del suo capo dopo una violenta lite e condannata all’ergastolo.
Sebbene The Next Three Days si concentri principalmente sui disperati tentativi di John di liberarla dalla prigione, che alla fine lo portano a un audace piano di evasione, rimane comunque il dubbio se Lara sia effettivamente colpevole. Il finale di The Next Three Days affronta dunque la questione dell’innocenza di Lara che aleggia su tutto il film. Tuttavia, è discutibile se la risposta data sia quella giusta per la storia o se abbia contribuito alla tiepida accoglienza riservata al film al momento della sua uscita.
Cosa succede nel finale di The Next Three Days
La maggior parte del film si svolge alcuni anni dopo la condanna di Lara. John è ancora convinto dell’innocenza di sua moglie, mentre quasi tutti gli altri – la polizia, il suo avvocato e persino la madre di John – pensano che sia colpevole. Esauriti tutti i ricorsi, John consulta l’ex detenuto ed esperto di fughe Damon Pennington (Liam Neeson) per elaborare un piano per farla evadere di prigione. Man mano che il thriller procede, John si ritrova coinvolto in ogni sorta di situazioni losche nel tentativo di preparare l’evasione.
Russell Crowe e Ty Simpkins in The Next Three Days. Foto di Phil Caruso
Questo include l’acquisto di una pistola, il procurarsi passaporti falsi per fuggire dal paese e persino l’uccisione di un paio di spacciatori per denaro. Alla fine, riesce a far evadere Lara e la famiglia fugge insieme in Venezuela per iniziare una nuova vita. Durante il finale di The Next Three Days, un altro flashback rivela esattamente cosa è successo la sera in cui il capo di Lara è stato ucciso nel parcheggio del loro posto di lavoro. Un tossicodipendente ha colpito il capo con un estintore e le ha rubato la borsa, urtando Lara poco dopo e lasciando una macchia di sangue sul suo cappotto.
Nel frattempo, un bottone è saltato via dal cappotto del tossicodipendente ed è caduto in un tombino, una prova che è sfuggita agli investigatori e che avrebbe potuto dimostrare la presenza di un’altra persona quella notte. Mentre Lara sta per salire in macchina, vede l’estintore e lo appoggia vicino a un muro, senza notare il corpo del suo capo lì vicino. Il flashback mostra che tutte le prove contro Lara, il sangue sul suo cappotto, le sue impronte digitali sull’arma del delitto, erano circostanziali e che lei è innocente.
Cosa significa l’innocenza di Lara?
John, interpretato da Crowe, è spinto dalla sua incrollabile convinzione che Lara non sia colpevole dell’omicidio del suo capo, ma Haggis costella The Next Three Days di momenti che mettono in dubbio la sua innocenza. All’inizio del thriller, un flashback mostra come Lara avrebbe potuto uccidere il suo capo e a un certo punto lei stessa “confessa” a John di aver commesso l’omicidio. Di conseguenza, quando John riesce a far evadere Lara dalla prigione e a portare la sua famiglia fuori dal paese prima che vengano catturati, il pubblico rimane con il dubbio se lui abbia semplicemente aiutato un’assassina a fuggire. Le scene finali, tuttavia, risolvono questo dubbio persistente.
È interessante notare che il dubbio sull’innocenza di Lara, almeno fino al finale, è qualcosa che si discosta dal film francese su cui è basato The Next Three Days. Nel film originale, l’innocenza della moglie è chiara fin dall’inizio, ma Haggis ha optato per l’ambiguità nel suo remake, motivo per cui quelle scene finali che dimostrano l’innocenza di Lara sono così importanti. Tuttavia, entrambe le storie potrebbero aver perso un’occasione più interessante per il film, poiché lasciare l’innocenza di Lara non confermata avrebbe rafforzato l’idea che per John non avesse davvero importanza e che avrebbe salvato sua moglie a tutti i costi.
Elizabeth Banks in The Next Three Days. Foto di Phil Caruso
Il vero significato del finale di The Next Three Days
Il finale di The Next Three Days avrebbe forse dovuto rimanere ambiguo agli occhi di alcuni spettatori, anche se la prova dell’innocenza di Lara in realtà sostiene il messaggio centrale del film. Ci sono molti thriller polizieschi che giocano sull’incertezza riguardo alla colpevolezza o meno di un personaggio. Questo rompe tale formula proprio alla fine, perché il film non cerca di sollevare questioni morali. I crimini di Lara sono uno strumento narrativo importante, ma non sono l’aspetto più importante quando si tratta dei temi del finale. Al contrario, i momenti finali rivelano che il film parla di amore, devozione e fiducia.
Sebbene non sia il più tipico o convenzionale, The Next Three Days è, nella sua essenza, una storia d’amore piuttosto che un film poliziesco. La maggior parte delle storie d’amore inizia con l’incontro di una coppia e l’inizio di una relazione romantica, ma il film affronta l’argomento da una prospettiva diversa. È un’analisi di due anime gemelle dopo diversi anni di relazione. La fiducia di John in Lara è incrollabile, anche quando lei non crede nella propria innocenza. Lui sa, nel profondo, che Lara non potrebbe mai essere colpevole. Il finale di The Next Three Days dimostra poi che la sua fiducia incondizionata in lei non era mal riposta.
Il finale cerca dunque di dimostrare che il vero amore può davvero conquistare tutto. Certo, ci sono alcune lacune che possono essere sottolineate nella sua esecuzione: il mondo esterno continua a credere che Lara sia colpevole, la coppia ha comunque perso la vita idilliaca che conduceva prima che lei fosse accusata e John stesso è ora un criminale per averla fatta evadere di prigione e aver lasciato il Paese. A parte questi dettagli tecnici, John e Lara concludono il film avendo ciò che conta di più per loro, ovvero l’un l’altro, che in definitiva è il messaggio fondamentale che il regista Paul Haggis ha cercato di trasmettere con la storia.
Arma Letale del 1987 rappresenta uno dei punti più alti della carriera di Richard Donner, già noto per la regia di Supermane di I Goonies. Con questo film, Donner esplora con sorprendente efficacia il genere buddy cop, fondendo azione, suspense e momenti di comicità, instaurando un equilibrio tra tensione narrativa e dinamiche personali tra i protagonisti. La sua regia riesce a rendere credibile il rapporto tra i due poliziotti protagonisti, creando una miscela che diventerà un modello per numerosi film d’azione successivi e contribuendo a ridefinire gli stereotipi del cinema poliziesco anni ’80.
Per Mel Gibson, Arma Letale segna un momento cruciale nella sua filmografia, consolidando la sua immagine di attore versatile capace di passare con naturalezza dall’eroe d’azione al personaggio più complesso ed emotivamente tormentato. Il ruolo di Martin Riggs, poliziotto instabile e autodistruttivo, gli permette di esplorare temi profondi come la perdita, la solitudine e la ricerca di redenzione, creando un personaggio che sarebbe diventato iconico e che influenzerà gran parte dei suoi successivi ruoli d’azione. La chimica con Danny Glover, nei panni di Roger Murtaugh, è centrale per il successo del film.
Arma Letale non è soltanto un film d’azione: affronta temi come il trauma, l’amicizia, la famiglia e la giustizia, mettendo in scena la lotta contro criminalità e corruzione nella Los Angeles degli anni ’80. Il film ha dato vita a una saga di enorme successo, con tre sequel ufficiali e un reboot televisivo, creando un franchise capace di mantenere il giusto equilibrio tra adrenalina e umanità dei personaggi. Nel resto dell’articolo verrà proposta una spiegazione del finale del film e del suo significato all’interno della storia di Riggs e Murtaugh.
La trama di Arma Letale
Protagonista del primo film è Martin Riggs, membro della squadra narcotici della polizia di Los Angeles, la cui vita viene irrimediabilmente segnata dalla morte della moglie. Riggs si ritrova così in una spirale di autolesionismo che lo porta a compiere una serie di azioni pericolose per se e per gli altri suoi colleghi. Viene allora trasferito dalla squadra narcotici alla squadra omicidi, dove si ritrova assegnato come partner il Sergente Roger Murtaugh. Questi, più anziano rispetto a Riggs, ha come obiettivo quello di tenersi lontano dai guai, ma con il nuovo collega sarà molto difficile.
In breve, i due si trovano coinvolti in un caso. Roger, infatti, riceve una chiamata da un suo vecchio amico ed ex compagno di armi, Michael Hunsaker. Questi incarica i due poliziotti di indagare sulla morte della figlia, dietro alla quale sembrano nascondersi loschi segreti. Ricercando informazioni, i due si ritrovano ad entrare nel torbido mondo della droga e della prostituzione, dove sembra che anche la giovane morta fosse finita. Il caso diventa sempre più complesso, e i due poliziotti capiranno che per poterlo risolvere sarà necessario che uniscano le loro forze come anche le loro competenze.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Arma Letale, la tensione raggiunge il culmine con la minaccia diretta di Shadow Company, l’organizzazione criminale formata da ex agenti della CIA. Dopo che Murtaugh e Riggs sono stati catturati e portati nel seminterrato di un nightclub a Hollywood, vengono sottoposti a torture fisiche e psicologiche mentre la vita della figlia di Murtaugh, Rianne, è in pericolo. Riggs riesce a liberarsi, eliminando numerosi membri della compagnia, e salva Murtaugh e la figlia. La sequenza è caratterizzata da scontri intensi, inseguimenti e tattiche da veterano, mostrando pienamente le abilità militari e investigative dei due protagonisti.
La risoluzione del racconto vede Riggs e Murtaugh affrontare Joshua, il braccio destro del generale McAllister, in un confronto finale. Dopo una violenta colluttazione, Riggs ha la possibilità di ucciderlo ma decide di risparmiarlo, rispettando un codice morale che contrasta con la sua tendenza autodistruttiva iniziale. Tuttavia, Joshua tenta ancora un’ultima aggressione e viene ucciso dalla coppia. La vittoria non è solo fisica, ma simbolica: Riggs supera il proprio dolore e la propria ossessione per la morte, mentre Murtaugh protegge la sua famiglia, chiudendo così il conflitto centrale e garantendo la sicurezza di tutti i personaggi principali.
Dal punto di vista tematico, il finale porta a compimento i motivi centrali del film, come l’amicizia e la lealtà tra i protagonisti. La dinamica tra Riggs e Murtaugh si evolve da diffidenza e conflitto iniziale a fiducia reciproca e complementarità operativa. Riggs, inizialmente suicida e instabile, trova un equilibrio grazie al sostegno del collega e alla necessità di proteggere gli altri, mentre Murtaugh comprende il valore della dedizione e del coraggio del partner. Il film sottolinea come la collaborazione e il rispetto reciproco siano fondamentali per affrontare il male, sia nelle forme personali sia in quelle organizzative.
Il finale consente anche di chiudere il percorso emotivo di Riggs, mostrando la sua riconciliazione con la vita. La scena in cui condivide il pranzo di Natale con Murtaugh e la sua famiglia e consegna al collega il proiettile che aveva destinato al suicidio simboleggia la sua rinascita psicologica. Riggs sceglie di vivere, abbracciando relazioni umane e responsabilità invece dell’autodistruzione. La chiusura emotiva rafforza il tema della redenzione personale e della possibilità di trovare un senso e un legame nella vita anche dopo traumi profondi, suggerendo un equilibrio tra azione, morale e crescita interiore.
Il messaggio che Arma Letale lascia allo spettatore è quindi duplice: da un lato celebra la forza dell’amicizia e della lealtà come strumenti per superare il male e le difficoltà, dall’altro esplora il percorso di redenzione individuale di chi ha vissuto dolore e perdita. Riggs incarna la possibilità di trasformare il trauma in protezione e responsabilità verso gli altri, mentre Murtaugh rappresenta la stabilità e la famiglia come valori centrali. Insieme, mostrano che la giustizia non si misura solo attraverso la violenza, ma anche attraverso la compassione, il sacrificio e la scelta di vivere pienamente nonostante il dolore.