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Freaks Out, recensione del film di Gabriele Mainetti

Freaks Out, recensione del film di Gabriele Mainetti

Gabriele Mainetti è tornato. L’attesa è stata sfibrante: nel 2015 Lo chiamavano Jeeg Robot era stato un successo clamoroso ricevendo valanghe di riconoscimenti, facendo accedere Ilenia Pastorelli al fatato mondo del cinema (e dei David di Donatello), e confermando una volta in più la sacralità folle delle doti attoriali di Luca Marinelli, così come di Claudio Santamaria – per quanto, quest’ultimo, imbolsito e con l’occhio a mezz’asta, sfruttato in chiave positiva, da eroe ruvido ma dal cuore di panna.

Freaks (sono) out!

Freaks Out è una tra le gemme del cinema italiano in Concorso a Venezia alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, e regala uno spettacolo pirotecnico, proprio come il “Circo Mezzapiotta” di Israel (Giorgio Tirabassi), che non si risparmia in luci, colori e bagliori di fuliggine volante.

Avvalendosi, infatti, sempre della scrittura di Nicola Guaglianone, Gabriele Mainetti confeziona un fantasy intensamente nostrano, ma con l’intelligenza e l’acume dell’elaborazione e la mescolanza di una tecnologia decisamente ben utilizzata, che volge lo sguardo anche verso il cinema del resto del mondo.

Freaks Out parla in maniera perfetta e ritmata di un gruppo di scalcagnati – neanche a dirlo – romanacci d.o.c., che fanno parte, appunto, del “Circo Mezzapiotta” di proprietà di Israel. Cencio (Pietro Castellitto), Fulvio (Claudio Santamaria), Matilde (Aurora Giovinazzo) e Mario (Giancarlo Martini) sono quattro adorabili fenomeni da baraccone, amati come figli dal loro presentatore e gestore d’esibizioni itineranti, che possiedono però realmente dei poteri soprannaturali e che diventeranno, loro malgrado, oggetto d’interesse di un malvagio nazista che prevede il futuro (Franz Rogowski), a sua volta a capo di un sanguinario circo tedesco.

Freaks OutL’ambientazione storica di Freaks Out

Perché, a condimento di tutto questo fantastico carrozzone, il contesto scelto dagli autori è il 1943, anno di grande sofferenza e rastrellamenti, che subiranno tutti i protagonisti della nostra storia, soprattutto per le qualità che li contraddistinguono. E in effetti quasi ogni personaggio del film con cui si entra in contatto è caratterizzato da qualcosa per certi aspetti di orrorifico, dunque le persecuzioni naziste, dopotutto, simboleggiano tutto ciò che in assoluto si vorrebbe distruggere, quando non rientra entro i ranghi dell’accettabilità. Ma non è certo solo questo ad interessare al regista.

Tutta l’architettura di Freaks Out rappresenta in realtà lo spasso di un ragazzo che mette insieme i suoi supereroi, inserendoli in un ambiente a lui caro e conferendogli quel giusto senso di “imbranatezza” che soltanto noi, da bravi italiani un po’ malandati, possiamo conoscere. E nel farlo si diverte un mondo.

Mainetti è un creatore che ha colto l’essenza di come unire l’utile al dilettevole: ciò che si desidera fortemente mettere in scena partendo, però, dalla precisa consapevolezza di chi si è personaggi un po’ storti, bucherellati, ma tremendamente geniali, simpatici e passionali.

Personaggi passionali e “storti”

Tant’è che un altro degli elementi che fa perdutamente innamorare del film, è l’ardore traboccante che trasuda sempre dai suoi protagonisti, anche i cattivi. Il desiderio scalpitante, continuo, che muove ogni interprete della storia: partendo dalla voglia di giustizia, d’amore, di conquista del mondo o dell’attenzione del proprio fratello, ognuno freme per arrivare ad agguantare ciò che agogna.

E il regista sa raccontarlo con un’efficacia così fluida, da renderla vera e incredibilmente attraente. Perché se c’è una cosa che questi supereroi conoscono bene, è la difficoltà a convivere con l’ingombro di loro stessi. Ed così perfetto quando nella scrittura di una storia si combinano insieme l’impaccio e la bellezza, l’artista con l’arte, senza rinunciare mai ai difetti, agli aspetti – naturalmente – un po’ freak.

La spettacolarità del cinema italiano incarnato dalla seconda opera di Gabriele Mainetti, racconta la scaltrezza del non rigettare mai quel che sembra malconcio, ma incorniciarlo con attori che siano dei fuoriclasse, una fotografia e dei suoni calibrati e studiati al millimetro, e da lì far iniziare la magia.

I film Marvel non sono cinema? Paul Schrader risponde a Martin Scorsese

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Paul Schrader, che di recente ha presentato a Venezia 78 il suo ultimo film, Il collezionista di carte, condivide con Martin Scorsese una longeva collaborazione, essendo stato sceneggiatore di moltissimi dei film del regista italo americano, tra cui Taxi Driver, Toro scatenato e L’ultima tentazione di Cristo. 

Eppure, i due sembrano avere una visione diametralmente opposta in merito a ciò che si può considerare o meno “cinema”. Il riferimento è, ovviamente, alle dichiarazioni di Scorsese del 2019, quando in occasione della promozione di The Irishman dichiarò che, dal suo punto di vista, i film Marvel “non sono cinema”.

Come ben sappiamo, i commenti di Scorsese ebbero un’ampissima risonanza, aprendo la strada ad un dibattito particolarmente accesso che vide scendere in campo tantissime altre personalità di Hollywood, tra registi, attori e sceneggiatori, come ad esempio Francis Ford Coppola e James Gunn.

Ora, in una recente intervista con GQ, Paul Schrader ha avuto la possibilità di commentare proprio quelle dichiarazioni di Martin Scorsese in merito ai film di supereroi, dichiarando che, dal suo punto di vista, i film Marvel “sono cinema”.

“Sono cinema esattamente come lo sono quei video di gattini su YouTube”, ha spiegato. “È di certo sorprendente che quello che un tempo consideravamo come intrattenimento per adolescenti sia oggi diventato il genere dominante al box office. Ogni generazione si forma attraverso strumenti differenti, che possono essere la letteratura, il teatro, la televisione, le scuole di cinema. Oggi abbiamo una generazione che si forma attraverso i videogiochi e i fumetti.”

“Non sono i registi ad essere cambiati, è il pubblico che è cambiato. E quando il pubblico preferisce guardare film meno impegnati, allora è molto, molto difficile realizzarne uno”, ha aggiunto Schrader. “Negli anni ’50, ’60, ’70 abbiamo realizzato diversi film che trattavano questioni sociali. E hanno avuto anche un discreto successo finanziario, perché il pubblico li voleva vedere. Poi qualcosa è cambiato a livello culturale. Quella tipologia di film vengono ancora realizzati, ma non rappresentano più il centro della conversazione.”

Eternals: il produttore chiarisce dove si colloca nella timeline del MCU

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Eternals introdurrà finalmente il gruppo di antichi alieni nel MCU, potenti esseri simili a divinità che esistono sulla Terra da migliaia di anni. I vari trailer hanno già spiegato perché gli Eterni non sono intervenuti nella lotta contro Thanos, ma ora c’è un altra domanda che rimbomba nella mente dei fan: dove si colloca esattamente il film nella timeline dell’universo condiviso?

Il trailer finale del film sembrava suggerire che fosse ambientato poco dopo gli eventi di Avengers: Endgame, perché a quanto pare l’uso da parte di Hulk del Guanto dell’Infinito ha rilasciato un bagliore di energia cosmica che ha innescato “l’Emergenza” che ha spinto gli Eterni ad uscire allo scoperto. Tuttavia, sembra che ciò non corrisponda precisamente alla verità.

In una recente intervista con Empire (via Screen Rant), il produttore Nate Moore ha finalmente svelato il posizionamento definitivo di Eternals nella timeline del MCU. Secondo quanto dichiarato da Moore, il film di Chloé Zhao si svolge “più o meno nello stesso periodo di Spider-Man: Far From Home, con il mondo in fase di ripresa in seguito all’attacco di Thanos e il ritorno di metà della popolazione mondiale alla vita”.

Avengers: Endgame ha visto gli eroi sopravvissuti ripristinare metà delle vite nell’universo, ed è ambientato nell’ottobre 2023, mentre Spider-Man: Far From Home è ambientato diversi mesi dopo, cioè nell’estate 2024. Apparentemente, è passato un po’ di tempo tra l’uso da parte di Hulk del Il Guanto dell’Infinito e la misteriosa “Emergenza” che ha attirato l’attenzione degli Eterni.

Eternals, il terzo film della Fase Quattro dell’Universo Cinematografico Marvel diretto dalla regista vincitrice dell’Academy Award Chloé Zhao, arriverà il 3 novembre nelle sale italiane. Il film targato Marvel Studios Eternals presenta un nuovo team di supereroi dell’Universo Cinematografico Marvel: l’epica storia, che abbraccia migliaia di anni, mostra un gruppo di eroi immortali costretti a uscire dall’ombra per unirsi contro il più antico nemico dell’umanità, The Deviants.

Il cast del film comprende Richard Madden, che interpreta l’onnipotente Ikaris; Gemma Chan, che interpreta Sersi, amante dell’umanità; Kumail Nanjiani, che interpreta Kingo, dotato dei poteri del cosmo; Lauren Ridloff, che interpreta la velocissima Makkari; Brian Tyree Henry, che interpreta l’intelligente inventore Phastos; Salma Hayek, che interpreta la leader saggia e spirituale Ajak; Lia McHugh, che interpreta Sprite, eternamente giovane e al tempo stesso piena di saggezza; Don Lee, che interpreta il potente Gilgamesh; Barry Keoghan, che interpreta il solitario Druig; e Angelina Jolie, che veste i panni dell’impetuosa guerriera Thena. Kit Harington interpreta Dane Whitman.

MCU: nella Fase 4 vedremo tre nuove armi più potenti del Mjolnir?

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La Fase 4 del MCU ha introdotto, e continuerà a introdurre, tre nuove armi che potrebbe rivelarsi più potenti del Mjolnir di Thor. Ma quali sono? Vediamole nello specifico.

La prima arma è rappresentata, ovviamente, dai Dieci Anelli di Shang-Chi introdotti ufficialmente nel film di Destin Daniel Cretton attualmente nelle nostre sale. Si tratta di reliquie aliene immensamente potenti, che nei fumetti – così come nel film, nonostante il redesign – vengono brandite dal Mandarino. Gli anelli vengono descritti come “più forti di qualsiasi altra cosa nell’universo”. Nei fumetti, non viene mai esplicitato che sono più potenti del Mjolnir, ma è sembra proprio che lo saranno, invece, nel MCU.

Passiamo poi alla Lama d’Ebano, che verrà introdotta nell’attesissimo Eternals attraverso il personaggio di Black Knight, interpretato da Kit Harington. Nei fumetti, Black Knight brandisce un’arma incredibilmente potente, chiamata appunto Lama d’Ebano, che è stata realizzata da una meteora caduta sulla Terra durante il Medioevo. La versione a fumetti della spada è dotata di diversi poteri alquanto impressionati, inclusa la capacità di deviare la maggior parte della magia, tagliare quasi tutto e persino impedire che chi la impugna muoia. Tuttavia, è anche “segnata” da una maledizione mortale, che tende nel tempo a corrompere lentamente il suo possessore.

Infine, abbiamo All-Black, la necro-spada che potrebbe essere introdotta in Thor: Love and Thunder e che dovrebbe essere brandita da Gorr il macellatore di dei, il villain interpretato da Christian Bale. Assassino assetato di sangue deciso a distruggere tutti gli dei, Gorr è salito al potere per la prima volta proprio dopo aver conquistato All-Black, che in precedenza era stata brandita da Knull, il Re in Nero. La spada contiene il potere degli stessi Celestiali, in grado di uccidere qualsiasi cosa e persino di evocare potenti magie oscure. Se il Gorr del MCU brandirà davvero la medesima spada, allora è quasi certo che il potente oggetto avrà ripercussioni per la futura Fase 4 del MCU su larga scala.

Zachary Levi voleva interpretare Deadpool: “Ero geloso di Ryan Reynolds”

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Di recente Zachary Levi è stato ospite del Dragon Con 2021, durante il quale ha avuto la possibilità di rivelare numerosi dettagli in merito alla sua esperienza con i Marvel Studios (in riferimento al ruolo di Fandral nel franchise di Thor) e con la DC Films (l’attore spera prima o poi di vedere uno scontro tra Shazam e Black Adam).

Oltre a ciò, Levi ha anche rivelato che il personaggio dei fumetti che ha sempre voluto interpretare, in realtà, è Deadpool. Ammettendo candidamente di essere “geloso” di Ryan Reynolds, l’attore ha in realtà elogiato la performance del collega e ha anche rivelato quale altro personaggio dell’universo Marvel gli sarebbe piaciuto interpretare.

“Per anni ho voluto essere Deadpool. Ero così geloso di Ryan”, ha detto Zachary Levi. “Quando vedi qualcuno fare una cosa che tu sognavi di fare da tempo così bene, non puoi che complimentarti. Sarebbe divertente interpretare Reed Richards. Tuttavia, non mi va di pensare più a queste cose perché sento che il ruolo di Shazam è quello giusto per me. Il fatto che io abbia la possibilità di interpretarlo è già un sogno. È così divertente. È un personaggio che ha un DNA completamente diverso rispetto agli altri supereroi.”

Mentre Reynolds si sta preparando per il suo ritorno trionfale nei panni di Deadpool per il MCU, è interessante vedere che Levi ha citato Reed Richards, ossia il Mr. Fantastic dei Fantastici Quattro. Come dimostra il ritorno di Gemma Chan in Eternals, è possibile che un attore possa interpretare due ruoli differenti nell’universo condiviso se i registi e i Marvel Studios credono che sia giusto per quella determinate parte. Solo il tempo dirà chi la Marvel sceglierà, alla fine, per il film dei Fantastici Quattro, che si tratti di Levi, del preferito dai fan, John Krasinski, o magari di una star meno conosciuta.

Shang-Chi: il regista parla del destino di Wenwu nel finale originale

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ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU SHANG-CHI E LA LEGGENDA DEI DIECI ANELLI!

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli film

Per molti, il personaggio di Wenwu di Tony Leung è stato uno degli aspetti più belli e importanti di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, ma ora il regista Destin Daniel Cretton ha rivealto che il destino del personaggio, in origine, era molto diverso.

Sebbene il film stabilisca che Il Mandarino è stato uno spietato conquistatore nel corso della sua lunga vita, questi tenta di lasciarsi alle spalle il suo passato criminale quando incontra Jiang Li. Sfortunatamente, la morte di sua moglie è il motivo scatenante del suo ritorno ai suoi modi assassini e, spinto dal dolore, alla fine scatena un grande male sul mondo sotto forma del mostruoso Divoratore di Anime.

La creatura uccide Wenwu, ma non prima che quest’ultimo riesca a riscattarsi salvando suo figlio e passandogli in custodia i Dieci Anelli. Alcuni fan sono rimasti delusi nel vedere un cattivo così complesso e carismatico messo già da parte, e di recente Cretton ha confermato che, effettivamente, Wenwu doveva sopravvivere agli eventi del film in una prima bozza della sceneggiatura.

“Alcune cose funzionano e altre no”, ha spiegato il regista a ET Online. “Siamo costantemente alla ricerca della versione della storia che sembri il più autentica possibile per i personaggi. Voglio dire, anche se questi personaggi operano ad un livello molto lirico, ci sono comunque delle cose che senti che non funzionano. E quella era una di queste cose. Ad ogni modo, lo sappiamo che nel MCU può succedere di tutto”.

L’uscita nelle sale di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è fissata al 3 settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato regista di Short Term 12The Glass Castle e Il Diritto di Opporsi con Michael B. JordanJamie Foxx e Brie Larson, è stato scelto per dirigere il film, che vanta la sceneggiatura di Dave Callaham (The Expendables, Godzilla, Wonder Woman 1984).

Vi ricordiamo che nei panni del protagonista ci sarà l’attore canadese Simu Liu, visto di recente nella commedia di Netflix Kim’s Convenience. Insieme a lui, nel cast, figureranno anche Tony Leung nei panni del Mandarino, e Awkwafina, che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo superpotere è l’ipnosi.

Doctor Strange 2: Benedict Cumberbatch era triste per l’addio di Scott Derrickson

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Sappiamo tutti che Sam Raimi è subentrato a Scott Derrickson nella regia di Doctor Strange in the Multiverse of Madness. Derrickson, che aveva diretto il primo film, ha deciso di abbandonare il sequel a causa di alcune “divergenze creative” con i Marvel Studios, e con lui ha deciso di andare via anche lo sceneggiatore originale del film, C. Robert Cargill.

Ora, in una recente intervista con The Hollywood Reporter, il protagonista Benedict Cumberbatch ha parlato per la prima volta dell’addio di Derrickson, rivelando di essere stato molto triste dopo aver scoperto che non avrebbe più lavorato con il regista e che la Marvel, ovviamente, avrebbe ingaggiato qualcun altro, pur essendo consapevole che queste cose sono un po’ all’ordine del giorno quando si tratta di grandi blockbuster.

L’attore ha anche rivelato che era sul set di The Power of the Dog (il nuovo film di Jane Campion presentato di recente, in Concorso, a Venezia 78) quando Kevin Feige, il presidente dei Marvel Studios, lo ha chiamato per comunicargli la dipartita di Derrickson. “Quando mi è stata data la notizia, mi è dispiaciuto molto, ma ovviamente non è stata una mia decisione”, ha detto Cumberbatch. “Ho rispettato completamente la decisione dello studio, e so che è stato fatto tutto in maniera molto amichevole. I piani alti mi hanno chiamato e mi hanno parlato della cosa. Ecco come sono andate le cose.”

Sebbene Derrickson e Disney abbiano sperimentato alcune divergenze creative, sembra che la scissione tra le due parti sia stata amichevole, cosa lasciano intuire le dichiarazioni di Cumberbatch. Sia Derrickson che la Disney avevano idee diverse per il sequel: alla fine, è sempre la multinazionale che ha l’ultima parola quando si tratta dei suoi film; per questo, l’opzione migliore era che Derrickson lasciasse il posto ad un altro collega.

Doctor Strange in the Multiverse of Madness vedrà Benedict Cumberbatch tornare nel ruolo di Stephen Strange. Diretto da Sam Raimi, il sequel vedrà anche Wanda Maximoff/Scarlet Witch (Elizabeth Olsen) assumere un ruolo da co-protagonista dopo WandaVision.

La sceneggiatura del film porterà la firma di Jade Bartlett e Michael Waldron. Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno anche Benedict Wong (Wong), Rachel McAdams (Christine Palmer), Chiwetel Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl Gomez (che interpreterà la new entry America Chavez).

Doctor Strange in the Multiverse of Madness arriverà al cinema il 25 marzo 2022. Le riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo anche a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe apparire in un cameo anche Bruce Campbell, attore feticcio di Sam Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in merito.

Andrew Garfield su Spider-Man: “Qualsiasi cosa dica, sono fregato!”

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Il possibile ritorno di Tobey Maguire e Andrew Garfield in  Spider-Man: No Way Home è diventato l’argomento di discussione più in voga degli ultimi mesi per quanto riguarda il mondo dei cinecomics. Nonostante siano in molti a dare per certa ormai la loro presenza nel film, la realtà è che i Marvel Studios non hanno ancora confermato nulla, e probabilmente le cose resteranno così fino a quando il threqueel non arriverà nelle sale.

Ovviamente, tutto ciò mette gli attori in una posizione alquanto scomoda quando, durante le interviste, viene chiesto loro del film, e se Maguire, almeno per ora, è riuscito ad evitare situazioni compromettenti, Garfield al contrario è già stato interrogato sulla questione più volte. L’attore è attualmente impegnato con la promozione del suo ultimo film, The Eyes of Tammy Faye, e di recente si è trovato di nuovo a dover commentare la sua eventuale presenza nel film di Jon Watts.

Variety ha riportato una recente dichiarazione dell’attore in merito, sottolineando che quando gli è stata posta la domanda è diventato rosso e ha cominciato a ridere. “Capisco perché le persone stiano impazzendo dietro a tutta questa roba, perché anche io sono un fan”, ha spiegato Andrew Garfield. “Non puoi fare a meno di immaginare situazioni e personaggi quando si tratta di questi film. Ma, per l’ennesima volta, mi tocca ribadire che non sono nel film. Tuttavia, sono consapevole che qualsiasi cosa dica, ci sono tante persone che continueranno a pensare che io stia mentendo. Qualsiasi cosa dica, quindi, sono fregato! Sarà una cosa davvero deludente per il pubblico o davvero emozionante.”

Le riprese di Spider-Man: No Way Home si sono svolte ad Atlanta. Nel film vedremo Tom HollandZendaya, Jacob Batalon, Tony Revolori Marisa Tomei tornare nei loro personaggi del francise. Inoltre, il film vedrà, trai suoi interpreti, anche Benedict Cumberbatch nei panni di Doctor Strange, che poi vedremo in Doctor Strange in the Multiverse of Madness, diretto da Sam RaimiJamie Foxx che tornerà a vestire i panni di Electro, come in The Amazing Spider-Man 2, e infine Alfred Molina, che sarà di nuovo Doctor Octopus di Spiderman 2.

Il film è diretto da Jon Watts (già regista di Homecoming e Far From Home) e prodotto da Kevin Feige per i Marvel Studios e da Amy Pascal per la Pascal Production. Il film arriverà nelle sale americane il 17 dicembre 2021.

Venezia 78, oggi altro film italiano in concorso, America Latina

Venezia 78, oggi altro film italiano in concorso, America Latina

Sarà presentato in concorso a Venezia 78 oggi un altro film italiano, America Latina di Fabio D’Innocenzo, Damiano D’Innocenzo prodotto da The Apartment (Lorenzo Mieli), Vision Distribution, Le Pacte. Nel cast Elio Germano, Astrid Casali, Sara Ciocca, Maurizio Lastrico, Carlotta Gamba, Federica Pala, Filippo Dini, Massimo Wertmüller

SINOSSI

Latina: paludi, bonifiche, centrali nucleari dismesse, umidità. Massimo Sisti è il titolare di uno studio dentistico che porta il suo nome. Professionale, gentile, pacato, ha conquistato tutto ciò che poteva desiderare: una villa immersa nella quiete e una famiglia che ama e che lo accompagna nello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. La moglie Alessandra e le figlie Laura e Ilenia (la prima adolescente, la seconda non ancora) sono la sua ragione di vita, la sua felicità, la ricompensa a un’esistenza improntata all’abnegazione e alla correttezza. È in questa primavera imperturbabile e calma che irrompe l’imprevedibile: un giorno come un altro Massimo scende in cantina e l’assurdo si impossessa della sua vita.

COMMENTO DEI REGISTI

Abbiamo scelto di raccontare questa storia perché, semplicemente, era quella che ci metteva più in crisi. In crisi come esseri umani, come narratori, come spettatori. Una storia che sollevava in noi domande alle quali non avevamo (e non abbiamo, nemmeno a film ultimato) risposte che non si contraddicessero l’una con l’altra. Interrogarci su noi stessi è la missione più preziosa che il cinema ci permette e America Latina prende alla lettera questa possibilità, raccontando un uomo costretto a rimettere in discussione la propria identità. Essendo gemelli, anche i nostri due film precedenti raccontavano storie di famiglie, di senso di appartenenza, di sangue, ma non ci eravamo mai addentrati così a fondo nel tema e abbiamo scelto la via per noi più rischiosa: la dolcezza. La dolcezza e tutte le sue estreme conseguenze. America Latina è un film sulla luce e abbiamo scelto il punto di vista privilegiato dell’oscurità per osservarla.

Venezia 78: le foto del Leone d’Oro a Jamie Lee Curtis

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Venezia 78: le foto del Leone d’Oro a Jamie Lee Curtis

È stato attribuito all’attrice statunitense Jamie Lee Curtis il Leone d’Oro alla carriera della 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (1 > 11 settembre 2021).

La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, che ha fatto propria la proposta del Direttore della Mostra Alberto Barbera.

La consegna del Leone d’oro alla carriera Jamie Lee Curtis avrà luogo mercoledì 8 settembre nella Sala Grande del Palazzo del Cinema (Lido di Venezia), prima della proiezione fuori concorso di Halloween Kills, diretto da David Gordon Green e interpretato da Jamie Lee Curtis, presentato da Universal Pictures, Miramax, Blumhouse Productions e Trancas International Films. Halloween Kills sarà nelle sale il 15 ottobre.

DICHIARAZIONE DI JAMIE LEE CURTIS

“Sono incredibilmente onorata di ricevere questo premio dalla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia”, ha dichiarato Jamie Lee Curtis. “Mi sembra impossibile di essere stata così a lungo nel mondo del cinema da ricevere un riconoscimento alla carriera, e che ciò accada oggi, con Halloween Kills, è particolarmente significativo per me. Halloween – e il mio sodalizio con Laurie Strode – ha lanciato e sostenuto la mia carriera, e rappresenta davvero un regalo il fatto che questi film abbiano dato vita a un nuovo franchise, amato dal pubblico di tutto il mondo. Il cinema italiano ha sempre onorato ed esaltato il genere che ha segnato la mia carriera, così non potrei essere più orgogliosa e felice di accettare questo premio dalla Mostra di Venezia, da parte di Laurie e di tutte le coraggiose eroine nel mondo che affrontano a testa alta ostacoli insormonta

Venezia 78: le foto dal red carpet, il cast di Freaks Out

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Venezia 78: le foto dal red carpet, il cast di Freaks Out

E’ stato presentato in concorso a Venezia 78 l’attesissimo Freaks Out di Gabriele Mainetti, il film che vede protagonisti Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski. Tutti presenti sul red carpet del lido, ecco tutte le foto!

SINOSSI

Roma, 1943: Matilde, Cencio, Fulvio e Mario vivono come fratelli nel circo di Israel. Quando quest’ultimo scompare misteriosamente, forse in fuga o forse catturato dai nazisti, i quattro “fenomeni da baraccone” restano soli nella città occupata. Qualcuno però ha messo gli occhi su di loro, con un piano che potrebbe cambiare i loro destini… e il corso della Storia.

COMMENTO DEL REGISTA

Freaks Out nasce da una sfida: ambientare sullo sfondo della pagina più cupa del Novecento un film che fosse insieme un racconto d’avventura, un romanzo di formazione e – non ultima – una riflessione sulla diversità. Per farlo ci siamo avvicinati alla Roma occupata del 1943 con emozione e rispetto, ma allo stesso tempo abbiamo dato libero sfogo alla fantasia: sono nati così i nostri quattro freak, individui unici e irripetibili, protagonisti di una Storia più grande di loro.

Venezia 78: l’intervista ai protagonisti di Freaks Out

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Venezia 78: l’intervista ai protagonisti di Freaks Out

Ecco la nostra intervista ai protagonisti di Freaks Out, con Franz Rogowski, Aurora Giovinazzo, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini e il regista, Gabriele Mainetti. Il film arriverà il 24 ottobre al cinema. Freaks Out è il quarto film italiano in Concorso a Venezia 78.

Guarda il trailer ufficiale di Freaks Out

Nel cast di Freaks Out protagonisti sono Aurora Giovinazzo, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, con la partecipazione di Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski. Freaks Out è prodotto da Lucky Red e Goon Films con Rai Cinema, in coproduzione con Gapfinders (Belgio).

Freaks Out, la trama

Matilde, Cencio, Fulvio e Mario sono come fratelli quando il dramma della seconda guerra mondiale travolge Roma. Siamo nel ‘43, nel pieno del conflitto, e la città eterna ospita il circo in cui lavorano. Israel, il proprietario e loro padre putativo, scompare nel tentativo di aprire una via di fuga per tutti loro oltre oceano. I nostri quattro protagonisti sono allo sbando. Senza qualcuno che li assista ma, soprattutto, senza il circo, hanno smarrito la loro collocazione sociale e si sentono solo dei fenomeni da baraccone, “a piede libero” in una città in guerra.

Venezia 78: Premio Internazionale Roberto Rossellini

Venezia 78: Premio Internazionale Roberto Rossellini

E’ stato presentato in anteprima alla 78a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia presso l’Italian Pavilion la nuova edizione del Premio Internazionale Roberto Rossellini, diretto da Roberto Petrocchi.

Presenti all’incontro Renzo Rossellini, Roberto Petrocchi e il Preside della Scuola Nazionale di Cinema – Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Adriano De Santis.

E’ intervenuto, inoltre, Francesco Verdinelli, Assessore alla Cultura del Comune di Calvi dell’Umbria – dove questa estate si è svolto il Premio Nazionale in onore di Rossellini.

L’Evento di Calvi apre alla prospettiva di manifestazioni analoghe nell’intero territorio nazionale, purché coerenti con gli obiettivi del Premio e in sinergia con il Premio Internazionale Roberto Rossellini, con la finalità di valorizzare il patrimonio artistico-culturale della provincia.

Nato nel 1999 a Maiori – località particolarmente cara al maestro del cinema italiano, in cui ha girato diversi film come: Paisà, 1946; L’amore, 1948; Viaggio in Italia, 1954 – per volontà di Renzo Rossellini (figlio del celebre cineasta), il Premio è stato sospeso nel 2013 a causa della mancanza dei necessari apporti finanziari.

Dopo questa lunga pausa, durata circa un decennio, la manifestazione riprende finalmente la sua attività.

Il Premio Internazionale Roberto Rossellini, ha l’ambizione d’incentivare i giovani talenti, in Italia e nel mondo – importante, in tal senso, il contributo dell’Istituto Italiano di Cultura di New York e di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, assieme alle partnership degli Istituti di Los Angeles e di Pechino, e ad altri istituti italiani operanti nel mondo – ed inaugurare un percorso di studio parallelo e coincidente con il Progetto completamento dell’Enciclopedia Audiovisiva della Storia, fortemente voluta da Roberto Rossellini.

Il punto di partenza sarà il rinnovato omaggio al maestro, portando avanti la sua idea di cinema e di arte: cinema etico e Umanesimo, ricerca di verità nel frammento del presente ed interpretazione della storia.

La cerimonia di premiazione del Premio Internazionale Roberto Rossellini si terrà alla Casa del Cinema di Roma il 18 dicembre 2021, all’interno della XIII edizione dell’International Fest Roma Film Corto.

Il disegno del logo del Premio Rossellini è stato realizzato da Fabrizio Cintoli.

NOTE DEL DIRETTORE ARTISTICO ROBERTO PETROCCHI

“Quando Renzo Rossellini – al quale avevo proposto un convegno permanente sull’opera e la figura di Roberto Rossellini, che ne permettesse un approfondito studio in ambito scolastico e universitario – mi ha proposto di ridare vita al Premio intitolato a suo padre, sono stato investito immediatamente dalla volontà di ricercare i presupposti necessari affinché il Progetto si realizzasse ma, soprattutto, facendo mio il desiderio di Renzo, che potesse attuarsi nel pieno rispetto delle volontà di Roberto Rossellini: fare del cinema un’arte davvero utile alle persone. Va in questa direzione il suo grande Progetto, al quale dedicò molte delle sue energie, di un’Enciclopedia Audiovisiva della Storia, ma anche il proposito d’incentivare il Talento di giovani autori e registi.

Quanto ha rappresentato Roberto Rossellini per il cinema e la cultura, c’impone la sfida di ridare vita definitivamente al Premio, a Roma, come riteniamo giusto che sia, con una connotazione Internazionale, pur lasciando aperta la possibilità ad iniziative analoghe, sempreché rispettose delle finalità del Progetto, che potranno nascere nella provincia dell’intero territorio nazionale – è il caso del Premio, svoltosi questa estate a Calvi dell’Umbria –, con lo scopo di valorizzarne il patrimonio, ed operare in autonomia, ma sempre in modo sinergico con l’Evento di Roma,. senza escludere la prospettiva di Premio itinerante”.

(Roberto Petrocchi)

Venezia 78: Jamie Lee Curtis tra Leone d’Oro e Halloween Kills

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Venezia 78: Jamie Lee Curtis tra Leone d’Oro e Halloween Kills

Jamie Lee Curtis ha avuto una carriera incredibile, piena di ogni sorta di opportunità. Lei stessa lo ha affermato in conferenza stampa a Venezia 78, dove presenta in anteprima, fuori concorso, Halloween Kills, ma dove riceve anche il Leone d’Oro alla Carriera. “Sono un’attrice. Scrivo libri per bambini. Creo siti web e podcast. Ho venduto yogurt che ti fa fare la cacca. Ho fatto pubblicità Hertz con O.J. Simpson. Sono stata in grado di fare così tanto e sono molto fortunata a poter fare quello che faccio, in qualunque forma sia”. Queste le sue parole alla platea di giornalisti accorsi ad ascoltarla.

Jamie Lee Curtis Leone d’oro alla carriera a Venezia 78

Eppure, il riconoscimento del Leone d’oro alla carriera al Festival Internazionale del Cinema di Venezia 78 la sorprende molto, nonostante sia alla Mostra per presentare l’ennesimo capitolo di una saga che porta avanti dal 1978.

Venezia 78: Gabriele Mainetti presenta, finalmente, Freaks Out

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Venezia 78: Gabriele Mainetti presenta, finalmente, Freaks Out

Dopo tanta attesa e tanti spostamenti dovuti alla pandemia, finalmente il pubblico (selezionato del festival di Venezia) è riuscito a vedere nelle anticipate del mattino Freaks Out, il secondo film da regista di Gabriele Mainetti, che, dopo il successo di Lo Chiamavano Jeeg Robot, ha ripreso mano con Nicola Guaglianone a una vecchia storia che hanno trasformato in realtà.

“Dopo l’esperienza di Jeeg, Nicola (Guaglianone, sceneggiatore, ndr) e io ci siamo detti ‘ora che famo, cosa raccontiamo?’ – ha detto il regista –  Ci siamo visti in quello che poi sarebbe diventato lo studio della mia casa di produzione e ci siamo detti ‘buttiamo giù tutti i film che vogliamo fare e poi decidiamo’. Dall’unione di tante idee diverse è arrivata questa storia. Poi un giorno Nicola mi ha detto ‘famolo nella seconda guerra mondiale’. Ci divertiva accostare ai freak un elemento conflittuale forte, il nazista”.

Gabriele Mainetti presenta Freaks Out a Venezia 78

Il film ha avuto una lavorazione lunga e difficile, con la sfida di lavorare una produzione italiana come fosse un colossal e di farlo in maniera credibile, soprattutto per quello che riguarda la messa in scena e il fattore storico. “Ci sono volute più settimane e più soldi ma siamo riusciti a portare a termine il progetto e siamo felici di essere qui in concorso. Raramente in Italia si sono fatti progetti di queste dimensioni e qualità di artigianato. Mainetti sosteneva che le capacità per fare grandi film di azione e effetti speciali nella nostra tradizione ci sono. E ha dimostrato sulla sua pelle che è possibile” ha spiegato Andrea Occhipinti di Lucky Red che produce il film.

Ovviamente il primo riferimento che viene in mente già dal titolo del film è Freak di Tod Browing, vero capolavoro senza tempo, e Mainetti ha ammesso che per lui si tratta di un “maestro di un film meraviglioso che non è stato accolto come doveva, e che ha avuto vita e carriera distrutta da quell’insuccesso. Il titolo però è anche un gioco di parole perché ‘freak out’ in inglese vuol dire impazzire, come succede al nostro Franz. Infine una terza interpretazione del titolo è il fatto che i nostri freak sono nel grembo del circo Mezzapiotta e quando il circo viene bombardato si ritrovano improvvisamente fuori dal loro spazio sicuro, costretti a misurarsi con la loro diversità. Ci siamo rifatti ai grandi sceneggiatori del passato Rodolfo Sonego, Piero De Bernardi per raccontare dei personaggi vigliacchi che riescono in un rapporto reale con gli altri a tirare fuori la parte più bella. La nostra è una Armata Brancaleone, ma i nostri sono ancora più tosti e simpatici”.

Nel cast di Freaks Out ci sono Aurora Giovinazzo, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini. Il film arriva in sala il 24 ottobre.

Mona Lisa and the Blood Moon, recensione del film di Ana Lily Amirpour

A cinque anni di distanza da The Bad Batch torna in concorso a Venezia 78 con il suo ultimo film, Mona Lisa and the Blood Moon, la regista di origine iraniana naturalizzata statunitense Ana Lily Amirpour. Proprio a Venezia, la regista dallo stile inconfondibile, convinse vincendo il Premio Speciale della Giuria sbilanciando i pronostici che vedevano altri film favoriti.  Come nel film precedente la protagonista è una donna che non accetta passivamente ciò che le accade ma combatte per trovare il  proprio posto nel mondo.

Mona Lisa and the Blood Moon, la trama

La Mona Lisa del titolo fa di cognome Lee ed è interpretata da una giovane attrice, la sudcoreana Jeon Jong-seo nota principalmente ai più per il suo ruolo in Burning di Lee Chang-dong. La ritroviamo ad inizio film in una prigione psichiatrica, non sappiamo da dove viene ne tantomeno si scoprirà, però sarà intuibile da subito il motivo della sua reclusione. Il modo in cui la regista sceglie di mostrarla porterà il pubblico a parteggiare immediatamente per lei e per quello che sarà la sua storia. La vicenda è ambientata a New Orleans, il tessuto mistico e l’alone magico che da sempre contraddistingue nell’immaginario collettivo la città renderà la storia e il personaggio di Mona Lisa più credibile. 

Mona Lisa and The Blood Moon film 2021La ragazza grazie alle sue capacità riuscirà a scappare dalla struttura in cui è rinchiusa proprio durante la notte di luna piena che il titolo richiama, da lì la sua vicenda prosegue, si arricchisce di particolari, si fa più intrigante a mano a mano che Mona incrocia vari personaggi  facendo crescere la sceneggiatura insieme alla sua protagonista. Quello di Mona Lisa Lee è un viaggio verso la consapevolezza di sé stessa che ottiene solo dopo l’incontro con gli altri personaggi. Come nella realtà ci sono persone che possono aiutare a raggiungere i nostri obiettivi e persone che ce ne allontanano. Sicuramente per quanto riguarda il film della prima sfera fanno parte l’eccentrico Dj Fuzz interpretato da un convincente Ed Skrein, subentrato in corsa al posto di Zac Efron, e Charlie, Evan Whitten, bambino con cui la protagonista creerà un solido legame e che ci regala i momenti più poetici del film; dell’altra sfera fanno invece parte in primis la Bonnie Belle di Kate Hudson che seppur può essere considerata un’alleata di Mona lo fa invece solo per un proprio tornaconto personale e l’agente Harold interpretato dal caratterista Craig Robinson che risulterà essere un buffo ostacolo tra Mona e il suo futuro e che avrebbe fatto meglio a dar retta a ciò che il biscotto della fortuna gli suggeriva.

Colonna sonora come punto di forza

Punto di forza del film è sicuramente una coinvolgente colonna sonora, curata dall’italiano Daniele Luppi, dove emergono atmosfere funky house e la fotografia di Paweł Pogorzelski che si sposa sapientemente con le indicazioni che l’Amirpour ha impartito per ottenere un ambientazione reale e allo stesso tempo surreale puntellata di luci psichedeliche. 

Ana Lily Amipour si conferma una regista matura con le idee chiare, nel suo stile non esistono mezze misure quindi se lo spettatore sceglierà di stare al suo gioco l’esperienza non potrà che essere rivelatrice di significato e significanti senza tralasciare il puro intrattenimento, in caso contrario invece sarà difficile che il film possa convincere fino in fondo. 

Venezia 78: intervista ai protagonisti di Una relazione

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Venezia 78: intervista ai protagonisti di Una relazione

Ecco la nostra intervista ai protagonisti di Una Relazione, il film di Stefano Sardo con Guido Caprino ed Elena Radonicich. Presentato nella selezione di Giornate degli Autori a Venezia 78, il film sarà al cinema il 13, 14 e 15 settembre e dopo disponibile su su Amazon Prime Video.

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Don’t Look Up: il teaser del film con Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence

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Netflix ha diffuso il trailer di Don’t Look Up, il nuovo film del regista premio all’Oscar Adam McKay che vede protagonisti Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence. Nel cast anche Jonah Hill, Timothée Chalamet, Cate Blanchett, Ron Perlman, Tyler Perry, Melanie Lynskey, Rob Morgan, Mark Rylance, Ariana Grande, Matthew Perry Chris Evans. Don’t Look Up arriverà in streaming il 24 Novembre 2021.

Don’t Look Up, la trama

La laureanda in astronomia Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) e il professor Randall Mindy (Leonardo DiCaprio) fanno una straordinaria scoperta: una cometa in orbita all’interno del sistema solare. Il primo problema è che si trova in rotta di collisione con la Terra. E l’altro? La cosa non sembra interessare a nessuno. A quanto pare, avvisare l’umanità di una minaccia delle dimensioni del monte Everest rappresenta un evento scomodo da affrontare. Con l’aiuto del dottor Oglethorpe (Rob Morgan), Kate e Randall partono per un tour mediatico che li porta dall’ufficio dell’indifferente presidente Orlean (Meryl Streep) e del suo servile figlio nonché capo di gabinetto Jason (Jonah Hill), fino alla stazione di The Daily Rip, un vivace programma del mattino condotto da Brie (Cate Blanchett) e Jack (Tyler Perry). A sei mesi dall’impatto della cometa, gestire continuamente le cronache e catturare l’attenzione del pubblico ossessionato dai social media prima che sia troppo tardi risulta essere un’impresa incredibilmente comica. Cosa spingerà il mondo intero a guardare in alto?

Don’t Look Up è scritto e diretto dal premio Oscar Adam McKay (La grande scommessa) ed è anche interpretato da Mark Rylance, Ron Perlman, Timothée Chalamet, Ariana Grande, Scott Mescudi (alias Kid Cudi), Himesh Patel, Melanie Lynskey, Michael Chiklis e Tomer Sisley.

Don’t Look Up: Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence nelle prime foto

Doctor Strange: le 10 varianti più potenti nei fumetti

Doctor Strange: le 10 varianti più potenti nei fumetti

Una versione decisamente spaventosa di Doctor Strange è apparsa nel quarto episodio della serie What If… ?. Tale versione ha acquisito la magia oscura per diventare una delle varianti più potenti dello Stregone Supremo nel Multiverso impostato dal MCU. Nei fumetti della Marvel Comics, ci sono diverse varianti di Stephen Strange, alcune più potenti di altre, che esistono sia nella continuity di Terra-616 che nel più ampio Multiverso composto da realtà e dimensioni infinite.

Strange 2099

Strange 2099, o Jeannie (come era anche conosciuta), è emersa cento anni avanti nel futuro, in una delle linee temporali più oscure della Marvel Comics. La Strega Suprema ha numerosi poteri magici, inclusa l’immunità ai cambiamenti nella linea temporale dovuti ad alcune azioni del passato.

Ma le sue abilità di base, incluso il lancio di illusioni e la guarigione magica, non sono così avanzate come quelle del Doctor Strange di Terra-616. Nel momento in cui appare nei fumetti, non ha avuto il livello di istruzione che Stephen o altri hanno sperimentato, nonostante sia naturalmente molto abile nella magia.

MC2

Nell’universo alternativo MC2 di Terra-982, Doctor Strange non era più lo Stregone Supremo, ma era ancora un Maestro delle Arti Mistiche. Ha mantenuto i suoi poteri di Terra-616 e li ha usati quando è uscito dalla pensione e ha riformato i Difensori per affrontare il suo successore, Doc Magus.

Doc Magus ha effettivamente sconfitto Doctor Strange in questo confronto, dimostrando che lo stregone più anziano aveva perso colpi quando si trattava di arti mistiche in questo universo.

Sir Stephen Strange

Sir Stephen Strange appartiene alla realtà 1602 di Terra-311, dove l’Universo Marvel esiste in un ambiente tipicamente elisabettiano. Ha gli stessi poteri e abilità della sua versione contemporanea e ha usato i suoi poteri per raggiungere una breve alleanza con la versione a fumetti di Uatu l’Osservatore.

Ciò gli ha concesso una rara visione del Multiverso e del pericolo che potrebbe affrontare la sua realtà. Ha usato la sua conoscenza per aiutare a salvare il suo mondo, ma a costo della sua stessa vita. Fu ucciso per tradimento da King James, anche se non fu esattamente quella la fine per Strange.

Ultimate Doctor Strange

Doctor Strange nell’universo Ultimate di Terra-1610 sembra essere, in generale, più potente di suo padre. Stephen Strange Jr. è in grado di esercitare una varietà di poteri senza nemmeno usare la magia, tra cui la proiezione astrale e l’ipnotismo.

Praticamente, ogni potere che suo padre Stephen Strange Sr. aveva è stato realizzato attraverso la magia, o nel caso delle sue abilità come artista delle arti marziali, tramite un intenso allenamento. È meno abile di suo padre quando si tratta di arti mistiche, in quanto non ha sperimentato molta formazione, ma possiede una grande attitudine naturale per la magia.

Ducktor Strange

Ducktor Strange, il “papero” delle arti mistiche, proviene dalla stessa realtà di Howard il papero. Questa variante di Doctor Strange sembra avere le stesse abilità di quella di Terra-616. Ha anche un’abilità naturale aggiunta, che ovviamente proviene dalla sua fisiologia aviaria.

Simon Strange ha dimostrato la sua enorme abilità nelle arti mistiche quando ha usato la magia per spostare le persone da Duckworld di Terra-791021 all’universo Marvel principale di Terra-616, attraverso il Nexus di tutte le realtà.

Croctor Strange

Ducktor Strange non è l’unica variante antropomorfa di Doctor Strange nei fumetti. Croctor Strange si unisce al rango di una delle migliori varianti di Loki, Alligator Loki, in qualità di versione coccodrillo di Strange.

Croctor Strange sembra avere gli stessi poteri e abilità della sua controparte umana in Terra-616, con l’aggiunta dei suoi attributi rettiliani. Croctor Strange proviene dallo stesso universo di Spider-Ham, e dal momento che quel personaggio è già apparso al cinema, è possibile che anche questa variante di Doctor Strange possa andare incontro alla stessa sorte.

Strange-Thing

Strange-Thing, una potente fusione di Doctor Strange e Uomo Cosa, condivide le straordinarie abilità di entrambi i personaggi. Non solo Strange-Thing è uno dei maghi più potenti dell’Universo Marvel, ma in qualità di guardiano del Nexus di tutte le realtà sulla Terra, ciò gli concede la capacità di spostare la realtà e attraversare le dimensioni.

Questa versione del personaggio proviene da Terra-1298, dove aiutò a fermare Madelyne Pryor dallo sfruttare il potere del Nexus per mezzi nefasti. 

Braccio destro di Dottor Destino

Sebbene la variante di Doctor Strange che funge da braccio destro di Destino in Secret Wars del 2015 sia apparentemente simile in potenza alla sua versione di Terra-616, in realtà ha contribuito alla creazione di Battleworld insieme alla versione Dio Imperatore di Doom.

Aveva anche il potere e il potenziale per diventare lui stesso Dio Imperatore in questa versione al collasso del Multiverso, ma ha ceduto l’occasione. Ciò suggerisce che il Braccio destro di Destino avesse un potere terrificante. Tuttavia, non è stato abbastanza per salvarlo dall’ira del Dottore, che alla fine lo ha ucciso per aver tradito il trono.

Discepolo di Dormammu

Il Doctor Strange apparso in What If.. ? si rivolge alla magia oscura per salvare la vita di Christine. Nel numero 18 della serie di fumetti, Stephen Strange segue un percorso altrettanto oscuro. Strange raggiunge un enorme potere in qualità di discepolo di Dormammu, ma soprattutto perde tutti i suoi scrupoli.

Questa variante di Strange uccide il Barone Mordo, anche dopo la guarigione delle sue mani. Libera Umar, la sorella di Dormammu, dalla sua prigione dimensionale e cospira con lei contro il suo maestro oscuro, cosa che avvicina questa versione di Strange al potere delle entità oscure.

Dr. Strangefate

Il Dr. Strangefate combina i poteri mistici del Doctor Strange della Marvel Comics e del Dr. Fate della DC Comics. I due personaggi magici presentano molti degli stessi poteri, ma Dr. Fate ha la capacità di viaggiare naturalmente tra mondi paralleli, rendendo questa variante incredibilmente potente.

Inoltre, il personaggio, emerso dal crossover di Amalgam Comics negli anni ’90, è in realtà Charles Xavier. Con il potere mentale del Professor X, questa fusione dei tre personaggi classici è una delle più potenti presente nei fumetti.

Venezia 78: Qui Rido Io, intervista ai protagonisti

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Venezia 78: Qui Rido Io, intervista ai protagonisti

Ecco la nostra intervista a Mario Martone, regista, e a Iaia Forte e Maria Nazionale, tra i protagonisti di Qui rido io, il film sulla vita e sull’opera di Eduardo Scarpetta presentato in concorso a Venezia 78 e in sala dal 9 settembre con 01 Distribution.

Leggi la recensione di Qui rido io

Arriverà il 9 settembre al cinema Qui rido io, il nuovo film di Mario Martone che sarà presentato a Venezia 78. Nel cast del film Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta, Roberto De Francesco, Lino Musella, Paolo Pierobon, con Gianfelice Imparato e con Iaia Forte. Il film è distribuito da 01 Distribution.

La trama di Qui rido io

Agli inizi del ‘900, nella Napoli della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il grande attore comico Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Il successo lo ha reso un uomo ricchissimo: di umili origini si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca che nel cuore del pubblico napoletano ha soppiantato Pulcinella. Il teatro è la sua vita e attorno al teatro gravita anche tutto il suo complesso nucleo familiare, composto da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Al culmine del successo Scarpetta si concede quello che si rivelerà un pericoloso azzardo. Decide di realizzare la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla, fischi e improperi sollevati dai poeti e drammaturghi della nuova generazione che gridano allo scandalo e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Inizia, così, la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia. Gli anni del processo saranno logoranti per lui e per tutta la famiglia tanto che il delicato equilibrio che la teneva insieme pare sul punto di dissolversi. Tutto nella vita di Scarpetta sembra andare in frantumi, ma con un numero da grande attore saprà sfidare il destino che lo voleva perduto e vincerà la sua ultima partita.

No Time to Die: il regista smentisce una teoria sul villain di Rami Malek

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Ora che la data di uscita di No Time to Die è finalmente più vicina che mai, si continuano a susseguire le teorie in merito alla vera identità e alle motivazioni del nuovo villain che James Bond si troverà ad affrontare, ossia l’enigmatico Safin interpretato dal premio Oscar Rami Malek.

Tuttavia, una delle più grandi teorie in merito alla vera identità del personaggio è stata di recente smentita da una voce più che autorevole, ossia il regista del film Cary Joji Fukunaga. Secondo tale teoria, infatti, Safin non sarebbe altri che il Dr. Julius No, celebre nemesi di 007 creata da Ian Fleming nel romanzo “Licenza di uccidere” del 1958 e interpretata dall’attore Joseph Wiseman nel film Agente 007 – Licenza di uccidere del 1962.

Intervistato da SFX Magazine, Fukunaga ha parlato del misterioso personaggio interpretato da Malek, spiegando come la difficoltà di creare un antagonista credibile e memorabile abbia portato allo sviluppo di Safin come nuovo cattivo, nella speranza che possa resistere alla prova del tempo.

“Tutti pensano che sia facile realizzare questi tentpole. Pensano che si basino tutti sulla stessa identica formula e che basti questo per spingere la gente ad andare al cinema”, ha detto Fukunaga. “La realtà, invece, è che se vuoi fare un buon film devi prendere le cose seriamente e spenderci del tempo. Ci vogliono persone davvero intelligenti per dare vita a queste storie, soprattutto per creare questi personaggi che, si spera, possano in qualche modo diventare immortali. Safin è il nuovo cattivo e no… non è il Dr. No, come alcuni hanno ipotizzato. Si spera che riesca a resistere alla prova del tempo.”

“Dare vita ad un cattivo che non sembri ridicolo, che può essere preso sul serio, che risulti spaventoso anche per quello che sta cercando di fare e e per cui deve essere necessariamente fermato, è più difficile di quanto le persone riescano effettivamente ad immaginare”, ha concluso il regista.

Tutto quello che sappiamo su No Time to Die

No Time to Die, atteso nelle sale italiane il 30 settembre 2021, vede nel cast Daniel Craig (James Bond), Léa Seydoux (Madeleine Swann), Ralph Fiennes (M), Naomie Harris (Eve Moneypenny), Ben Whishaw (Q), Rory Kinnear (Bill Tanner) e Jeffrey Wrigh (Felix Leiter). Le new entry del cast sono invece Rami Malek, Billy Magnussen, Lashana Lynch e Ana de Armas.

In No Time to Die, Bond si gode una vita tranquilla in Giamaica dopo essersi ritirato dal servizio attivo. Il suo quieto vivere viene però bruscamente interrotto quando Felix Leiter, un vecchio amico ed agente della CIA, ricompare chiedendogli aiuto. La missione per liberare uno scienziato dai suoi sequestratori si rivela essere più insidiosa del previsto, portando Bond sulle tracce di un misterioso villain armato di una nuova e pericolosa tecnologia.

Venezia 78, foto dal red carpet: Toni Servillo, Mario Martone

Venezia 78, foto dal red carpet: Toni Servillo, Mario Martone

Ecco le foto dal red carpet di Qui Rido Io, di Mario Martone con Toni Servillo. Il film è stato presentato a Venezia 78.

La sinossi di Qui Rido Io

Il film ritrae il re dei comici napoletani, il grande attore e commediografo Eduardo Scarpetta, che sarà interpretato da Toni Servillo. Scarpetta, che fu padre naturale di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, dedicò tutta la sua vita al teatro, realizzando opere che sono diventate dei classici intramontabili, come Miseria e Nobiltà. Ottenne straordinari successi e fu protagonista della celebre disputa con Gabriele D’Annunzio per Il figlio di Iorio, parodia dell’opera del Vate, che fu oggetto di un memorabile processo.

Black Panther: Wakanda Forever e la “presenza” di Chadwick Boseman sul set

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Nonostante le riprese di Black Panther: Wakanda Forever siano attualmente in corso, ancora non è chiaro quale direzione prenderà la storia del film. Tuttavia, sia i Marvel Studios che il regista Ryan Coogler hanno confermato che il personaggio di T’Challa non verrà né interpretato da un altro attore né ricreato attraverso la CGI.

Sappiamo che il sequel onorerà l’eredità del compianto Chadwick Boseman e che la maggior parte degli attori del primo film riprenderanno i loro ruoli, mentre di recente abbiamo avuto la conferma che il sequel servirà per introdurre ufficialmente il personaggio di Riri Williams, alias Ironheart, prima del debutto della serie destinata a Disney+. Ad oggi, questo è tutto ciò che è stato reso noto in merito al film.

In una recente intervista con The Guardian, Angela Bassett ha discusso della sua lunga e fortunata carriera, parlando ovviamente anche del ruolo di Ramonda in Black Panther e del suo attuale impegno con le riprese di Wakanda Forever. Senza rivelare nulla a proposito della trama, l’attrice candidata all’Oscar ha parlato dell’impatto che la morte di Boseman ha avuto sul nuovo film e dei modi in cui la sua eredità continua a vivere anche durante le riprese.

“Durante la prima settimana di riprese, tutti noi abbiamo sentito la presenza di Chadwick sul set e, al tempo stesso, la sua assenza su quel trono”, ha spiegato Bassett. “Ci siamo riuniti e gli abbiamo reso omaggio prima di iniziare a girare. È stato un momento meraviglioso. Ognuno di noi ha speso delle bellissime parole per lui. Tutti tenevano a Chadwick. Ci ha cambiati e ispirati allo stesso tempo.”

Black Panther: Wakanda Forever arriverà nelle sale l’8 luglio 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI. Il sequel si concentrerà sulle parti inesplorate di Wakanda e sugli altri personaggi precedentemente introdotti nei fumetti Marvel.

Letitia Wright (Shuri), Angela Bassett (Ramonda), Lupita Nyong’o (Nakia), Danai Gurira (Okoye), Winston Duke (M’Baku) e Martin Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei rispettivi personaggi interpretati già nel primo film. L’attore Tenoch Huerta è in trattative con i Marvel Studios per interpretare il villain principale del sequel.

Mario Martone racconta il suo Eduardo Scarpetta in Qui Rido Io a Venezia 78

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Terzo film italiano in concorso a Venezia 78, Qui rido io è il racconto della vita e dell’arte di Eduardo Scarpetta da parte di Mario Martone, regista molto amato dalla Biennale che si appoggia al talento di Toni Servillo per mettere in scena uno dei geni del teatro italiano.

Nelle parole di Toni Servillo stesso, infatti, “Scarpetta è come un animale, la sua brama di vivere lo porta a predare le donne, il teatro, le tournée, i testi, in uno scambio continuo tra vita privata e palcoscenico. Questo affresco dimostra di quanta vita sia fatto il teatro e quanto teatro ci sia nella vita” e quanto, aggiungiamo, questo atteggiamento predatorio abbia reso grande l’arte di Scarpetta ma difficile la sua vita privata, come viene raccontato nel film.

La conferenza stampa di Qui Rido Io di Mario Martone a Venezia 78

L’idea del film nasce, in Martone, dall’allestimento teatrale de Il Sindaco del Rione Sanità, testo di De Filippo che ha portato anche al cinema (presentato a Venezia). Il regista afferma che “c’era un mistero che si poteva affrontare, parlando di una tribù straordinaria con al centro un genio del teatro, un patriarca amorale, che spinto dalla sua fame di riscatto e di rivalsa, si era innalzato oltre il limite, tanto da far scrivere sul muro della propria villa ‘Qui rido io‘.”

Il film si concentra sulla figura artistica e umana di Eduardo Scarpetta, che Martone descrive come “una figura mitologica e primordiale, aveva avuto figli con la moglie, con la sorella della moglie e con la nipote della moglie, li fece studiare tutti, maschi e femmine, e diventarono tutti attori, Eduardo De Filippo divenne il genio del teatro italiano che sappiamo.

Scarpetta era un divoratore, aveva divorato Pulcinella, il Teatro San Carlino dove ha visto morire Antonio Petito, e divorava la vita, i figli che non avranno mai il suo nome e la sua eredità, ma a cui trasmette misteriosamente il seme potentissimo della creatività. In tutto questo c’è anche molto dolore. Cosa potevano vivere queste donne, questi figli? Abbiamo provato a immaginarlo. Pensiamo, ad esempio, che tutti i suoi figli, legittimi e non, dovevano interpretare a un certo punto della loro infanzia Peppeniello di Miseria e nobiltà, che alla fine della commedia abbraccia il suo vero padre, Felice Sciosciammocca, cioè appunto Scarpetta. In questo c’è qualcosa di inconsciamente sadico.”

Qui rido io arriva al cinema il 9 settembre distribuito da 01 Distribution.

Leggi la recensione di Qui rido io

Shang-Chi: Simu Liu risponde ai troll che avevano “predetto” il flop del film

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In termini di incassi al botteghino, Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli ha superato qualsiasi aspettativa, incassando circa 90 milioni di dollari negli Stati Uniti durante il weekend del Labor Day. Ora, la star del film Simu Liu ha utilizzato i social media per rispondere a tutti i troll di YouTube che avevano profetizzato il flop del film ancora prima della sua uscita.

L’attore, che ha già dimostrato in passato di essere una persona decisamente schietta e senza troppi peli sulla lingua (come la replica diretta a Bob Chapek, CEO Disney, che aveva definito Shang-Chi “un esperimento”), ha condiviso attraverso le sue Instagram Stories (via CBM) un collage che riprende tutte le anteprime dei video di YouTube che avevano parlato, con largo anticipo e senza alcuna cognizione, di un presunto flop del cinecomic. Liu ha replicato aggiungendo al centro dell’immagine un gigantesco “LOL”.

Chiaramente, l’interprete di Shang-Chi ha tutte le ragioni per celebrare il successo del cinecomic Marvel. Il film, infatti, è già diventato la terza migliore apertura nell’era del Covid-19 con 29,6 milioni di dollari (appena dietro ai 29,9 milioni di Fast and Furious 9). Parallelamente, Shang-Chi è anche diventato il più grande weekend d’apertura durante la settimana del Labor Day di tutti i tempi. All’estero, invece, il film ha incassato 56,2 milioni di dollari, per un totale globale di 146,2 milioni.

L’uscita nelle sale di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è fissata al 3 settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato regista di Short Term 12The Glass Castle e Il Diritto di Opporsi con Michael B. JordanJamie Foxx e Brie Larson, è stato scelto per dirigere il film, che vanta la sceneggiatura di Dave Callaham (The Expendables, Godzilla, Wonder Woman 1984).

Vi ricordiamo che nei panni del protagonista ci sarà l’attore canadese Simu Liu, visto di recente nella commedia di Netflix Kim’s Convenience. Insieme a lui, nel cast, figureranno anche Tony Leung nei panni del Mandarino, e Awkwafina, che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo superpotere è l’ipnosi.

Venezia 78: intervista ai protagonisti de La Scuola Cattolica

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Venezia 78: intervista ai protagonisti de La Scuola Cattolica

Ecco la nostra intervista ai protagonisti, regista e attori, de La Scuola Cattolica, il nuovo film di Stefano Mordini che è stato presentato a Venezia 78 nel Fuori Concorso.

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Aquaman 2: James Wan rivela un Ocean Master in versione Cast Away

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James Wan, regista di Aquaman and the Lost Kingdom, aveva già condiviso nei giorni scorsi un primo sguardo al nuovo costume che il protagonista Jason Momoa sfoggerà nell’attesissimo sequel. Ora, invece, ha deciso di condividere uno scatto dal dietro le quinte in compagnia di Patrick Wilson, che torna nei panni di Orm Marius / Ocean Master.

La foto è decisamente particolare, ma potrebbe avere un collegamento diretto con il finale del primo film, dove re Orm è  stato arrestato dalle guardie di Atlantide. Nello scatto condiviso da Wan via Instagram, infatti, è possibile notare che Wilson sfoggia un look completamente diverso: non è più Ocean Master dopo essere stato detronizzato dal suo fratellastro. Al contrario, nello scatto sembra molto simile al Chuck Noland di Cast Away, anche se non è ancora chiaro che tipo di ruolo avrà il cattivo nella storia al centro del sequel.

È probabile che il personaggio, trovandosi sulla Terra, non trascorrerà molto tempo dietro le sbarre, sotto’acqua. Forse Arthur si rivolgerà a lui per chiedere aiuto? Un’altra possibilità è che Ocean Master unisca le forze con Black Manta. A questo punto, aspettiamoci che Wan condivida anche il primo sguardo al personaggio di Mera interpretato da Amber Heard.

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Tutto quello che c’è da sapere su Aquaman 2

Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman and the Lost Kingdom, sequel del film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. Nel sequel, diretto ancora una volta da James Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno anche Patrick Wilson nei panni di Ocean Master, Amber Heard, che tornerà nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta, che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film.

David Leslie Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente di Wanscriverà la sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter Safran saranno co-produttori. Aquaman and the Lost Kingdom uscirà nelle sale americane il 16 dicembre 2022.

Qui rido io: recensione del film di Mario Martone con Toni Servillo

Due anni dopo aver adattato in chiave moderna per il cinema l’opera teatrale Il sindaco del rione Sanità, scritta da Eduardo De Filippo, il regista Mario Martone porta sul grande schermo la storia degli ultimi anni di vita di Eduardo Scarpetta, padre dei De Filippo e tra i più celebri commediografi e attori della scena teatrale napoletana. Il film in questione è Qui rido io (affermazione che riprende quella presente sulla facciata di Villa La Santarella, di proprietà di Scarpetta), presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e interpretato da Toni Servillo. Da Martone scritta insieme a Ippolita Di Majo, la pellicola è però ben più che un semplice racconto biografico.

La vicenda si apre infatti sui primi anni del Novecento, quando Scarpetta è un uomo di teatro già affermato e popolarissimo. Le sue repliche di Miseria e nobiltà registrano sempre il tutto esaurito e il successo sembra destinato a non dover finire mai. In questo clima di euforia, Scarpetta si concede però un pericoloso azzardo: realizza una parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. Al momento del debutto, la commedia viene interrotta tra urla e fischi e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso Vate. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia, che scuoterà profondamente Scarpetta e la sua ricca famiglia composta da mogli, amanti e figli legittimi e illegittimi.

L’arte di saper far ridere

Come anticipato, ad un primo impatto Qui rido io potrebbe sembrare una classica biografia di un personaggio tanto stravagante quanto importante del teatro e della cultura italiana. Addentrandosi sempre più nel racconto, tuttavia, ci si accorge come quella messa in atto da Martone sia un’operazione molto più interessante, che non solo esplora le origini di una dinastia teatrale ma si avvale di un caso storico esemplare per riflettere sul concetto di commedia e di autore. Vero punto centrale del film è infatti la causa per plagio che D’Annunzio muove contro Scarpetta. Durata dal 1906 al 1908, questa portò ad una sempre più necessaria definizione dell’odierno diritto d’autore.

Ciò che emerse durante quella causa, però, fu particolarmente interessante per la definizione della commedia stessa, all’epoca considerata un genere infimo, che distraeva dai veri problemi della vita e della gente. Quello tra D’Annunzio e Scarpetta era dunque lo scontro tra chi si ergeva intellettualmente a rappresentante del popolo e chi quello stesso popolo lo raccontava in modo molto più sincero di quanto si credesse. Non mancano le contraddizioni nello stesso Scarpetta, che Martone sceglie saggiamente di non omettere, ma ciò che affascina è il ritrovare qui quei primi segnali di riscatto che avrebbero portato la commedia ad essere uno dei generi primari dello spettacolo italiano.

E se per alcuni un altro film biografico di Martone come Il giovane favoloso, dedicato a Leopardi, poteva essere risultato particolarmente pesante, Qui rido io risulta invece essere non solo un racconto scorrevole e piacevole, ma anche una visione particolarmente divertente. Il merito va in primis ad un Toni Servillo mattatore assoluto che, in un ruolo come quello di Scarpetta che non poteva che essere interpretato da lui, dà sfogo ad un carisma eccezionale. Accanto a lui spiccano poi anche Maria Nazionale nel ruolo della moglie Rosa, Cristiana Dell’Anna in quelli dell’amante Luisa e Eduardo Scarpetta (discendente della dinastia) nel ruolo di Vincenzo, suo bisnonno e figlio dell’originale Eduardo.

Qui rido io Toni Servillo

Qui rido io: la recensione del film

Come si potrà intuire, la dinastia degli Scarpetta-De Filippo è un altro degli elementi centrali del film. Particolarmente articolata e ricca di nomi identici che si ricorrono, questa ha percorso l’intero Novecento. Seguendo anche le vicende di più membri della famiglia, molti dei quali sul punto di ottenere la fama poi cresciuta e consolidatasi nel tempo, Qui rido io diventa anche il ritratto di un uomo potentissimo al momento del suo declino. La causa in cui Scarpetta si ritrova coinvolto, e dalla quale comunque uscirà vittorioso, segnerà comunque la fine della sua carriera. A partire da quel momento il racconto si incupisce, il ritmo sembra rallentare proprio come il suo protagonista.

Proprio come nel teatro si giunge ad un ultimo atto in cui qualcosa sta finendo e qualcos’altro ha invece inizio. Si svela anche così il continuo intrecciarsi tra teatro e vita, con tutte le similitudini e le discordanze del caso. Non per nulla Martone costruisce il suo film proprio come se ci si trovasse dinanzi ad un palcoscenico, con frequenti inquadrature totali, scene corali, caos e battute pronunciate a raffica. Si tratta probabilmente del modo più interessante per far emergere tutta la forza di un film come Qui rido io, dove la vita è teatro e dove il teatro è vita, dando vita ad un cortocircuito da cui emergono spunti e riflessioni particolarmente brillanti.

Last night in Soho, recensione del film di Edgar Wright

Last night in Soho, recensione del film di Edgar Wright

Noi esseri umani non possiamo vederci. Vediamo gli altri, li giudichiamo, ma per sapere come siamo, come stiamo con un certo colore di abiti, quanto siamo alti, che faccia abbiamo dopo una serata per locali, abbiamo bisogno di una superficie riflettente. Ma dietro quella stessa superficie – porta diretta sul nostro essere esteriore – si possono nascondere anche portali magici di universi interiori. Attraverso gli specchi ci guardiamo in tutte le nostre sfaccettature, ma sulla scia della potenza suggestiva del nostro inconscio, attraverso un oggetto così banale e ordinario, possiamo scrutare anche altro: mondi perduti, interiorizzati, e rispediti su superfici riverbanti, ponti diretti con universi scomparsi.

Anche lo schermo cinematografico è una superficie riflettente. Locus delle proiezioni degli spettatori-sognatori, lo schermo si fa tela bianca su cui dipingere e riempire con la forza dei propri desideri.

Lo sa bene Edgar Wright, sognatore e spettatore bulimico nutritosi per anni di sostanza filmica attraverso la quale crescere e formarsi sia professionalmente che affettivamente. Un apprendimento assimilato e restituito per mezzo di uno stile dinamico e riconoscibile, che una volta riflettuto su nuovi specchi, esplode per rinascere come una fenice araba.

È uno scontro continuo tra sguardi e superfici riflettenti, Last Night in Soho. Specchi e schermi, reduplicazioni di spazi interiori e universi sognati, si uniscono in una miccia primordiale, reminiscenza espressionista (che genera con una forza iconoclasta una nuova fase dell’opera di Edgar Wright. Una nuova fase tutta da scoprire, con la stessa curiosità di chi si approccia con fare indagatorio dinnanzi allo specchio.

Last night in Soho, la trama

Eloise “Ellie” Turner (Thomasin McKenzie) si trasferisce a Londra con il sogno di diventare una fashion designer. Limpatto con la grande città non è semplice per una ragazza che viene dalla Cornovaglia. Lo studentato in cui vive si rivela inoltre un ambiente non adatto alla propria indole, già ampiamente colpita da un lutto che continua a tormentarla. Decide quindi di affittare una stanza a casa di unanziana signora. Una notte, comincia a sognare la Londra degli anni Sessanta e una giovane bella e piena di talento, Sandie (Anya Taylor-Joy), che cerca di sfondare nello spettacolo. Il sogno si reitera con meraviglia, fino a quando il passato non diventa un incubo che rischia di invadere il presente.

last night in sohoIl passato riflesso nel futuro

Per ricostruire e non rottamare bisogna avere una relazione passionale con il passato. Edgar Wright lo sa bene, ha basato tutta la sua filmografia su tale assunto. Nel corso della sua carriera ha saputo prendere tutto ciò che ha visto per ribaltarlo, interiorizzarlo e farlo proprio, creando patchwork cinematografici intessuti di omaggio con il proprio passato da spettatore cinematografico. Ma adesso il regista compie un ulteriore passo avanti nella sua carriera registica. Partendo da questa stessa dichiarazioni d’intenti, ne applica i principi alla sua filmografia per creare qualcosa di nuovo. Stilisticamente Last Night in Soho è un figlio ribelle che stacca completamente i legami con i propri fratelli maggiori. Tracce del regista che fu (e rimane) si ritrovano nella sua Ellie, figlia degli anni Duemila con una mente forgiata dall’onda nostalgica di una Swinging London che l’ha segnata, influenzandone il proprio estro artistico.

Se già Baby Driver si presentava come un ibrido, spartiacque tra un discorso autoriale ben definito e riconoscibile, con Last Night in Soho Wright si discosta completamente dalla sua visione precedente per creare qualcosa di nuovo. Deostruisce il proprio mondo, uscendo dalla sua comfort zone per rinascere di nuovo. Spogliandosi di quellaspetto parodico con cui omaggiare, ribaltandoli, i film che lo hanno segnato, cresciuto, modellato, e che tanto caratterizza la propria visione dell’opera, Wright ricerca adesso la pura citazione e su quella costruire un discorso maturo, serio, di angoscia e attesa. Un gioco all’omaggio che in Last Night in Soho non preclude l’apprezzamento completo del film anche per coloro che non riescono a cogliere ogni riferimento cinefilo, permettendo loro di entrare nei meandri di una mente rotta, a pezzi, come uno specchio frantumato. 

Mind the Gap in Soho

Per un’opera incentrata sui gap mentali, passaggi tra passato e presente, allucinazioni, ghost story che incontrano l’horror più puro, non c’è spazio per un umorismo dilagante, inquadrature strette, zoom, o movimenti di macchina improvvisi. Tutto è disteso, allungato, come un braccio pronto a sferrare una coltellata mortale, così da insinuare nello spettatore quel giusto senso di angoscia e suspense tale da scaraventarlo in una ragnatela di misteri, dubbi, paure. 

Sfruttando la potenza riflettente di specchi, lame e vetrine, Wright si infila tra le crepe di una giovane mente alimentata da sogni di un passato mai incontrato, se non su poster, fotografie e vinile, enfatizzando ogni distorsione e setacciando ogni metro fino a scavare le propaggini incancrenite di incontri soprannaturali, macchiati di vendetta e rivendicazione personale. La Londra degli anni Sessanta è una coperta di Linus entro la quale avvolgersi per distanziarsi dal mondo che la circonda. Toccare con le dita la superficie di uno specchio è un campanello per entrare nelluniverso agognato, desiderato. Eloise si traveste da Alice attraverso lo specchio, per nascondersi nel mondo della propria fantasia per scappare dalla propria realtà.

L’essenza duale e dicotomica di spettri del passato che collimano in sogni del presente si riscontra visivamente nella scelta della fotografia ombrosa e in una resa cromatica accesa fatta di colori sgargianti, luminosi, accesi come gli abiti che riveste il corpo di una Ana Taylor-Joy evanescente e luciferina. Le inquadrature sembrano invece accarezzare un incanto feroce di una stilista di abiti che finisce per ricucire le violenze del passato tra i meandri onirici del presente. Come il rosso che insegue il blu nel neon rotto che illumina la stanza di Eloise a Soho (interessante che a essere illuminata sia proprio la sillaba “BI”, associazione linguistica a un concetto di doppio, lo stesso alla base del film), così quello che nasce come un sogno, un passaggio segreto tra le vie di una Londra anni Sessanta così tanto agognata, passerà il testimone alle sfumature dell’incubo. Dormire, sognare, colpire, e rinascere, un Uroboros onirico tinto di thriller che Wright costruisce con attenzione, tra immagini sovrimpresse e moltiplicate, immergendo e coinvolgere in maniera immersiva il proprio spettatore, rendendolo partecipe in prima persona delle cadute all’inferno della sua Ellie. Elettrizzanti le scene dei balli, momenti privilegiati di uno scarto incosciente tra desiderio di sicurezza e reale inquietante che sfugge ed eccede i confini dell’inquadratura e del montaggio, reduplicandosi e moltiplicandosi in visioni caleidoscopiche allucinanti e allucinogene. 

Last night in Soho, un gioco di doppi

Sfruttando appieno il contrasto generante tra una colonna visiva giocata su violenza e allucinazione, e quella musicale composta dA brani eleganti e romantici da pop anni ’60, Edgar Wright si immerge nelle ossessioni scavando sotto la profondità epidermica della normalità. La sua Ellie è una ragazza giovane, piena di sogni, apparentemente normale, che vive rinchiusa nella sua ammirazione per gli anni Sessanta ritrovandosene poi prigioniera. E siccome tutti nutriamo una passione viscerale, ecco che il regista insinua nello spettatore il timore che dietro anche la nostra situazione di persone ordinarie si possa nascondere qualcosa di terribile e orrorifico. Si viene a creare dunque un ulteriore contrasto, reiterato in quello estetico di uno sguardo angelico che nasconde un’indole mefistofelica incarnato dal viso di Anya Taylor-Joy, il quale si oppone a sua volte all’innocenza di una Thomasin Mackenzie capace di reggere benissimo il peso del ruolo della protagonista, giocando tra innocenza, fragilità e coraggio.

È un gioco di duplicazioni Last Night in Soho, di sguardi riverberati su specchi, lame taglienti, che fanno da ponti tra desideri indicibili, e incubi spettrali. Come Lo studente di Praga, lo specchio fa da perfetta congiunzione tra le due anime imprigionandole in tempi e spazi a se stanti, mentre tutto attorno è una danza del terrore da ballare sulle note di brani anni Sessanta tra i locali di Soho. 

MCU: il più grande insegnamento che Tony ha dato a Peter proviene da Iron Man 3

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Da quando Peter Parker è stato introdotto in Captain America: Civil War, Tony Stark è diventato il suo mentore. Sebbene riluttante all’inizio, Tony alla fine si è sobbarcato la grossa responsabilità si trattare il giovane eroe come suo protetto.

Col tempo, la relazione tra Spider-Man e Iron Man ha iniziato ad assumere sempre più i contorni di quella tra un padre e suo figlio. Nonostante Tony non fosse presente in Spider-Man: Far From Home, la sua presenza ha comunque avuto un ruolo chiave nel film, dal momento che Peter si è ritrovato ad affrontare le conseguenze della morte del suo mentore dopo gli eventi Avengers: Endgame. È innegabile che, attraverso i film del MCU in sui sono apparsi insieme, il legame tra i due personaggi sia cambiato, iniziando come strettamente professionale e terminando come rapporto molto più intimo.

Sebbene Tony possa non essere il mentore ideale, ha impartito alcune grandi lezioni al suo protetto, inclusa probabilmente la più importante di tutte, presente in Spider-Man: Homecoming. Dopo che il tentativo di Peter di catturare Avvoltoio, causando l’incidente del Traghetto per Staten Island, Tony si riprese il costume aggiornato che aveva regalato al giovane eroe. Successivamente, Iron Man ha avuto modo di riflettere su quanto assomigli a suo padre, ma questa lezione non proveniva dallo stesso Howard Stark, ma bensì dall’esperienza dell’eroe in Iron Man 3.

spider-man: homecoming RDJ e Holland

Dopo l’esperienza di pre-morte in The Avengers, Tony era ossessionato dal pensiero di un’altra invasione aliena. Ovviamente, a quel tempo, non sapeva ancora che Thanos stava agendo nell’ombra, in attesa del momento giusto per fare la sua mossa ed entrare in possesso di tutte le Gemme dell’Infinito. Tuttavia, l’ansia di una minaccia invisibile lo ha portato ad un vero e proprio stato di paranoia in Iron Man 3, spingendolo a creare una sfilza di costumi nella speranza di essere preparato al peggio.

Proprio per questo, quando è stato privato della protezione della sua armatura dopo essersi schiantato in Tennessee, ha dovuto trovare un modo per andare avanti e dirottare la tana del Mandarino senza il contributo del suo costume. In un momento in cui stava per avere un altro attacco di panico dopo aver realizzato che il costume di Iron Man non sarebbe stato pronto in tempo per il suo attacco al nascondiglio del terrorista, il suo giovane amico Harley Keener gli ha fornito supporto emotivo, suggerendogli l’idea di improvvisare.

Alla fine, Tony voleva che Peter imparasse che è l’uomo che indossa il costume che definisce l’eroe, qualcosa che aveva capito a sue spese in Iron Man 3. A questo punto, Peter si sentiva troppo ansioso per dimostrare a se stesso che Tony aveva ragione. Entrambi gli eroi hanno quindi imparato una lezione durante gli eventi di Spider-Man: Homecoming che non ha fatto altro che rafforzare ancora di più il loro legame.

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