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Damian Lewis: 10 cose che non sai sull’attore

Damian Lewis: 10 cose che non sai sull’attore

Damian Lewis è uno di quegli attori che ha contribuito a cambiare il mondo delle serie tv grazie alla sua versatilità, alle sue innumerevoli ed incisive performance e al suo fascino british.

L’attore, che ha iniziato a lavorare nel mondo della recitazione sin da ragazzo, ha sempre dimostrato di essere in gamba e di saper scegliere accuratamente i propri personaggi, tanto da entrare sin da subito nel cuore degli spettatori per rimanerci tutti questi anni e non andarsene mai più.

Ecco, allora, dieci cose da sapere su Damian Lewis.

Damian Lewis serie tv

Damian Lewis serie tv1. Una vita tra serie tv. L’attore ha debuttato nel mondo della recitazione con la serie Poirot (1995), per poi continuare con Jack Frost (1996), Life Force (2000), Hearts and Bones (2000-2001), Band of Brothers – Fratelli al fronte (2001), The Forsyte Saga (2002-2003) e Big Impression (2003). In seguito, lavora in Colditz (2005), ShakespeaRe – Told (2005), Life (2007-2009) e The Vicar of Dibley (2013). Tra i suoi ultimi lavori, vi sono Homeland – Caccia alla spia (2011-2014), Wolf Hall (2015), To Appomattox (2015) e Billions (2016-2019). Inoltre, ha preso parte anche ai film Micky Love (1993), Warriors (1999), Jeffrey Archer: The Truth (2002), Friends & Crocodiles (2005), Confessions of a Diary Secretary (2007) e Stolen (2011). Nel 2019 è apparso nei panni del mito di hollywood Steve McQueen nel film acclamato di Quentin Tarantino C’era una volta… a Hollywood. Nel 2020 invece ha interpretato Howard Davies in Dream Horse. Nel 2021 riprenderà il ruolo di Bobby Axlerod nella seconda parte della quinta stagione di Billions.

2. Ha lavorato anche per il grande schermo. L’attore non ha lavorato solo ed esclusivamente per il mondo delle serie tv, ma ha preso parte molte volte in produzioni dedicate al cinema. Infatti, ha debuttato sul grande schermo con Robinson Crusoe (1997), per poi proseguire con L’acchiappasogni (2003), Keane (2004), Nyfes (2005), Chromophobia (2005), Il vento del perdono (2005), The Situation (2006), Alex Rider: Stormbreaker (2006) e The Baker (2007). In seguito, l’attore ha lavorato in Prison Escape (2008), Will (2011), Sua Maestà (2011), The Sweeney (2012), Romeo and Juliet (2013), La tempesta silenziosa (2014), Queen of the Desert (2015), Il traditore tipo (2016) e C’era una volta a Hollywood (2019).

3. È anche produttore. Nel corso della sua carriera, l’attore ha sperimentato altri ambiti appartenenti al cinema e alle serie tv. Egli, infatti, ha vestito i panni del produttore, partecipando alla realizzazione del corto Normal for Norfolk (2006) e del film The Baker.

Helen McCrory e Damian Lewis, la moglie

4. È sposato da diversi anni. L’attore è sposato per la prima volta, a 36 anni, il 4 luglio del 2007 con la collega Helen McCrory, scomparsa prematuramente di recente. I due sono insieme per molti anni fino alla sua morte.

Damian Lewis figli

5. È padre di due figli. Dall’unione con la sua prima ed unica moglie, hanno visto la luce due figli: l’8 settembre del 2006 è nata Manon, mentre il 2 novembre del 2007 è nato il secondo figlio della coppia, Gulliver.

Damian Lewis in Billions

6. Si è preparato con un libro. Durante le riprese, l’attore (che interpreta Bobby Axelrod) è stato avvistato a SoHo con una copia del libro Fooling Some of the People All of the Time: A Long Short, scritto da David Einhorn. Questo libro lo ha aiutato a preparare il ruolo.

7. È stato confuso per un criminale. L’attore si trovata a Killybegs, in Irlanda, con la sua famiglia quando qualcuno ha pensato erroneamente che egli fosse un vero banchiere in fuga e ha chiamato l’FBI.

Damian Lewis Homeland

Damian Lewis Homeland8. Ha avuto il ruolo senza provino. L’attore è stato scritturato per la serie Homeland – Caccia alla spia senza passare dalle audizioni, ma con una sola telefonata. Infatti, dopo averlo visto nel film Keane (2004), i produttori della serie, Howard Gordon e Alex Gansa, lo hanno subito contattato.

9. Aveva la stessa età di un altro personaggio. I personaggi di Lewis e Morena Baccarin erano stati pensati per avere la stessa età. Tuttavia, gli attori hanno ben otto anni di differenza: infatti, Damian è più vecchio della collega.

Damian Lewis: età e altezza

10. Damian Lewis è nato l’11 febbraio del 1971 a St. John’s Wood, a Londra, e la sua altezza complessiva corrisponde a 186 centimetri.

Fonti: IMDb, The Famous People

Leighton Meester: 10 cose che non sai sull’attrice

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Leighton Meester: 10 cose che non sai sull’attrice

Leighton Meester è una di quelle attrici che ha contribuito a cambiare il concetto di serie tv e al suo sviluppo odierno, grazie alle sue incredibili interpretazioni. L’attrice, che ha iniziato a recitare sin da quanto era molto giovane, ha dimostrato da subito di essere molto in gamba e di saper scegliere i ruoli migliori e adatti al suo talento, tanto da fare subito breccia nel cuore di milioni di spettatori in tutto il mondo.

Ecco, allora, dieci cose da sapere su Leighton Meester.

Leighton Meester serie tv

Leighton Meester serie tv1. Una vita tra serie tv. L’attrice ha debuttato nel mondo della recitazione grazie alle serie tv: infatti, è apparsa per la prima volta in Law & Order – I due volti della giustizia (1999), per poi lavorare in Boston Public (2001), Family Affair (2002), Tarzan (2003), Settimo cielo (2004), 24 (2005), Veronica Mars (2005) e Surface (2005-2006). In seguito, è apparsa in Shark – Giustizia a tutti i costi (2007), Entourage (2004-2008), Gossip Girl (2007-2012), Making History (2017) e Single Parents (2018-2019). Nel 2019 ha interpretato Clara nel film Sempre Fi. Nello stesso anno è apparsa come guest star nella serie The Orville. Dal 2018 al 2020 è stata la protagonista della serie Single Parents nei panni di Angie D’Amato. Sarà presto nel cast di The Weekend Away.

2. Ha recitato anche in diversi film. Nel corso della sua carriera, l’attrice non ha prestato la propria opera solo per il piccolo schermo, ma ha recitato spesso anche per il cinema. Infatti, è apparsa per la prima volta in Hangman’s Curse (2003), per poi proseguire con Flourish (2006), Inside (2006), Drive Thru (2007), The Beautiful Ordinary (2007), Killer Movie (2008), Notte folle a Manhattan (2010) e Amore a mille… miglia (2010). In seguito, è apparsa in Country Strong (2010), The Roommate – Il terrore di dorme accanto (2011), Monte Carlo (2011), Scusa, mi piace tuo padre (2011), Indovina perché ti odio (2012), Life Partners (2014), The Judge (2014), Like Sunday, Like Rain (2014), By the Gun (2014) e National Theatre Live: Of Mice and Men (2014).

Leighton Meester e Adam Brody

3. Sono sposati da qualche anno. Nel febbraio del 2014, l’attrice ha sposato il collega Adam Brody: i due si erano conosciuti un paio di anni prima e hanno annunciato il fidanzamento tre mesi prima del loro matrimonio.

Leighton Meester Arlo Day Brody

4. Sono genitori di una bambina. Dall’unione solida dei due attori, ha visto la luce una bambina: infatti, il 4 agosto del 2015, l’attrice ha messo al mondo (a 29 anni), la sua prima figlia, Arlo Day Brody.

 

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Leighton Meester fidanzato

5. È stata fidanzata con un collega di set. L’attrice ha avuto una storia durata ben due anni con Sebastian Stan. Infatti, i due si sono frequentati dal 2008 al 2010, anni in cui i due facevano parte del cast di Gossip Girl.

6. Ha avuto qualche fidanzato famoso. Prima di convolare a nozze, l’attrice ha frequentato qualche attore: ad esempio, dal 2007 al 2012, ha avuto una storia con Aaron Himelstein. Inoltre, tra i vari flirt a lei attribuiti, ci sarebbe anche quello con Garrett Hedlund, con cui si sarebbe frequentata nel giugno del 2011.

Leighton Meester Gossip Girl

Leighton Meester Gossip Girl7. Ha tinto i capelli. L’attrice ha una chioma di un colore diverso rispetto al quale si è solito conoscerla: infatti, lei è una bionda naturale, ma si è scurita i capelli, diventando bruna per interpretare il personaggio di Blair Waldrof nella serie.

8. È apparsa sempre. L’attrice, insieme a Blake Lively e Penn Badgley, fa parte degli unici membri del cast ad essere apparsi in ogni episodio di Gossip Girl, ovvero per tutti i 121 episodi della serie.

Leighton Meester Instagram

9. Ha un profilo molto seguito. L’attrice possiede un proprio account personale su Instagram che è seguito da qualcosa come 5,2 milioni di persone in tutto il mondo. Sulla sua bacheca, oltre a qualche foto tra svago e relax, sono molte le foto che la vedono protagonista di progetti lavorativi e umanitari, tra colleghi ed amici.

Leighton Meester: età e altezza

10. Leighton Meester è nata il 9 aprile del 1986 a Fort Worth, nel Texas (Usa), e la sua altezza complessiva corrisponde a 164 centimetri.

Fonti: IMDb, Ranker

Black Adam: Dwayne Johnson ringrazia per il migliore incasso di apertura per un suo film

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Con un post sui suoi canali social, Dwayne Johnson ringrazia i suoi fan dal momento che l’incasso nel weekend di apertura di Black Adam è il più alto di sempre per un film in cui l’attore è protagonista. Dal momento che il film segna il ritorno del DCEU sul grande schermo, c’era da aspettarsi un primo impatto importante, tuttavia resta da vedere se il passaparola gioverà al film. Intanto, The Rock ci tiene a dire che terrà i lettori aggiornati su quanto il film incasserà.

Black Adam – la recensione del film

Black Adam, il film

Il cast completo di Black Adam, oltre a Dwayne Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo, annovera anche Noah Centineo (Atom Smasher), Quintessa Swindell (Cyclone), Aldis Hodge (Hawkman) e Pierce Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis, e Marwan Kenzari, che sarà invece l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato ancora svelato).

Black Adam, che sarà diretto da Jaume Collet-Serra (già dietro Jungle Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo. Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio. L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio 2022. Black Adam uscirà al cinema in Italia giovedì 21 ottobre 2022.

Il progetto originale della Warner Bros. su Shazam! aveva previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua nemesi, Black Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla sua origin story. A quanto pare, il film su Black Adam dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni duemila.

Josh Holloway: 10 cose che non sai sull’attore

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Josh Holloway: 10 cose che non sai sull’attore

Josh Holloway è uno di quegli attori che ha contribuito attivamente al cambiamento del concetto di serie tv grazie alle sue interpretazioni, soprattutto in serie come Lost. L’attore, che svolge questo mestiere da molti anni, ha dimostrato sin da subito il suo talento nel mondo della recitazione, così come l’abilità di saper scegliere i ruoli migliori per sè, diventando uno degli attori più apprezzati in tutto il mondo.

Ecco dieci cose da sapere su Josh Holloway.

Josh Holloway: film e serie

Josh Holloway1. Ha lavorato in molte serie tv. L’attore ha iniziato la sua carriera nel mondo della recitazione nel 1999, apparendo nella serie Angel, per poi proseguire con delle apparizioni in serie come Walker Texas Ranger (2001), CSI – Scena del crimine (2003), The Lyon’s Den (2003), NCIS – Unità anticrimine (2004) e Good Girls Don’t… (2004). In seguito, ha recitato in serie come Lost (2004-2010), Community (2011), Yo Gabba Gabba! (2013), Intelligence (2014) e Colony (2016-2018). Inoltre, ha preso parte anche ai film per la tv come Wild – Agguato sulle montagne (2002), Meine Tochter ist keine Morderin (2002) e Five (2011). Nel 2020 ha interpretato Roarke/Roarke Morris nella terza stagione di Yellowstone. Nello stesso anno è apparso in un episodio di Storie incredibili nei panni di Wayne Wilkes.

2. Ha lavorato in diversi film. Oltre a prestare la propria attività lavorativa per il piccolo schermo, l’attore ha preso parte a diversi film di successo. Infatti, ha debuttato sul grande schermo in Gioco di potere (2001), per poi proseguire e recitare in Moving August (2002), Mi amigo (2002), Dr. Benny (2003), Il respiro del diavolo (2007) e Stay Cool (2009). In seguito, ha partecipato a Mission: Impossible – Protocollo fantasma (2011), Il potere dei soldi (2013), Battle of the Year – La vittoria è in ballo (2013) e Sabotage (2014).

3. È anche doppiatore e produttore. Nel corso della sua carriera, l’attore ha provato a vestire dei panni diversi da quelli consueti. Infatti, ha provato ad indossare quelli di doppiatore, prestando la propria voce per il videogioco Command & Conquer 3: Tiberium Wars (2007). In quanto produttore, invece, ha partecipato alla realizzazione delle serie Intelligence e Colony.

Josh Holloway moglie

4. È sposato da molti anni. L’attore si è sposato per la prima volta l’1 ottobre del 2004 con la fidanzata storica, Yessica Kumala. Per i due, il matrimonio è stato il coronamento di un sogno ed una tappa importante dalla quale sono partiti per non lasciarsi mai.

Josh Holloway figli

5. È padre di due figli. Dall’unione con la moglie, l’attore è diventato padre di due figli: Java Kumala Holloway, nata il 9 aprile del 2009, e Hunter Lee Holloway, nato nel febbraio del 2014.

Josh Holloway Lost

Josh Holloway Lost6. Ha lavorato inutilmente sul suo accento. L’attore stava cercando di nascondere il suo accento del sud durante le riprese delle prime scene della prima stagione di Lost. Tutto ciò è accaduto sino a quando il produttore J. J. Abrams non gli ha detto che era stato incluso nel cast della serie anche per via del suo accento del sud che l’attore cercava insistentemente di cambiare.

7. Ha partecipato a tutte le stagioni della serie. L’attore ha interpretato un personaggio ricorrente nella serie, vestendo i panni di James “Sawyer” Ford, un truffatore di professione che non vede l’ora di vendicarsi sulla persona che ha scatenato la tragedia in famiglia.

Josh Holloway Colony

8. Ne è protagonista assoluto. In questa serie, l’attore ha assunto il ruolo principale in una serie televisiva, evento accaduto dalla quando ha interpretato il personaggio di Gabriel Vaughn in Intelligence.

9. È tornato a lavorare con Carlton Cuse. L’attore, in questa serie, ha avuto il piacere di lavorare nuovamente con Carlton Cuse, co-creatore di Colony e anche di Lost, serie per cui l’attore ha avuto un ruolo ricorrente dal 2004 fino al 2010, anno in cui si è conclusa la serie.

Josh Holloway: età e altezza

10. Josh Holloway è nato il 20 luglio del 1969 a San Jose, in California, e la sua altezza complessiva corrisponde a 187 centimetri.

Fonti: IMDb, The Famous People

Dominic Purcell: 10 cose che non sai sull’attore

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Dominic Purcell: 10 cose che non sai sull’attore

Dominic Purcell è uno di quegli attori che ha contribuito a fare la storia delle serie tv, partecipando all’evoluzione del mondo seriale e del piccolo schermo.

L’attore, che ha iniziato a recitare sin da giovane, ha lavorato spesso anche per il grande schermo, anche in qualità di produttore, dimostrando di essere molto versatile e talentuoso, indipendentemente dal personaggio da lui interpretato.

Ecco, allora, dieci cose da sapere su Dominic Purcell.

Dominic Purcell serie

Dominic Purcell serie1. Ha recitato in molte serie. L’attore ha iniziato la sua carriera grazie alla serie Home and Away, con la quale ha debuttato nel mondo della recitazione nel 1991. In seguito, ha lavorato in Raw FM (1997-1998), Moby Dick (1998), Water Rats (1998), Heartbreak High (1999), The Lost World (2001), BeastMaster (2001) e John Doe (2002-2003). Tra i suoi ultimi lavori, vi sono Dr. House – Medical Division (2004), North Shore (2004-2005), Prison Break (2005-2017), Castle (2011), The Flash (2014-2015), Legends of Tomorrow (2016 – In corso), Supergirl (2017) e Arrow (2017). Inoltre, ha partecipato anche ai film tv Predatori letali (1999), Rapimento alla Casa Bianca (1999) e Invincible (2001). Nel 2021 ha ripreso il ruolo di Mick Rory / Heat Wave nella nuova stagione di Legends of Tomorrow.

2. Ha lavorato per il grande schermo. L’attore non ha prestato la sua attività solo per prodotti destinati al piccolo schermo. Infatti, ha recitato in molti film, debuttando nel cinema in Mission: Impossible II (2000), per poi continuare con Scene da un crimine (2001), Equilibrium (2002), Minority Report (2002), Visitors (2003), Three Way (2004), Blade: Trinity (2004), The Gravedancers (2006), Paura primordiale (2007), Prison Break: The Final Break (2009) e House of the Rising Sun (2011). Tra i suoi ultimi lavori, ha partecipato ai film Straw Dogs (2011), Killer Elite (2011), Assalto a Wall Street (2013), Ice Soldiers (2013) e Motel (2014).  Nel 2021 invece farà parte del cast del film Blood Red Sky.

3. È anche doppiatore e produttore. Nel corso della sua carriera, l’attore ha sperimentato diverse strada oltre la recitazione. Infatti, ha partecipato come doppiatore, prestando la propria voce, per il videogioco Prison Break: The Conspiracy (2010). Inoltre, in quanto produttore, ha partecipato alla realizzazione dei film 3 – Way (2004), Balibo (2009), I Choose (2014), Isolation – Pericolo alle Bahamas (2015) e Untitled Sunny Garcia Documentary (2017), oltre che della serie Prison Break (2017).

Dominic Purcell moglie

4. Ha un matrimonio alle spalle. nel 1998, a 28 anni, l’attore ha sposato la produttrice Rebecca Williamson. Tuttavia, quello che sembrava essere un matrimonio duraturo e consolidato, è finito dopo nove anni quando nel 2007 si sono separati, per poi divorziare l’anno successivo.

5. Attualmente è impegnato. Pare che l’attore si sentimentalmente impegnato: infatti, che dal 2011 frequenterebbe la collega AnnaLynne McCord e che la loro storia sia procedendo a gonfie vele.

Dominic Purcell figli

6. È padre di quattro figli. Dall’unione con la sua prima ed unica moglie, sono venuti al mondo i suoi quattro figli: Joseph (nato nel 1999), Audrey (nata nel 2001) e i gemelli Lily-Rose e Augustus (nati nel 2003).

Dominic Purcell Prison Break

Dominic Purcell Prison Break7. Ha cambiato alloggio per le riprese. Durante le riprese da girare per le prime stagioni della serie, l’attore è andato a vivere a Chicago, dove era stato realizzato il set. Siccome era di residenza a Los Angeles, dove viveva la sua famiglia, ogni settimana prendeva un aereo per tornare a casa.

8. Si è fatto male durante le riprese. Durante le riprese per il revival della serie, nel 2016, l’attore se l’è vista veramente brutta quando una trave di ferro gli è caduta addosso. L’incidente gli ha causato la rottura del naso e un trauma cranico, tanto da essere trasportato da Casablanca a Marrakech per essere curato.

Dominic Purcell tatuaggi

9. Si è fatto tatuare le date di nascita dei suoi figli. Tra i numerosi tatuaggi che l’attore si è fatto fare nel corso degli anni, sono presenti anche le date di nascita dei suoi quattro figli, tatuati all’interno del suo avambraccio sinistro.

Dominic Purcell: età e altezza

10. Dominic Purcell è nato il 17 febbraio del 1970 a Wallasey, nel Merseyside, in Inghilterra, e la sua altezza complessiva corrisponde a 185 centimetri.

Fonti: IMDb, Heightline

Jack Falahee: 10 cose che non sai sull’attore

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Jack Falahee: 10 cose che non sai sull’attore

Jack Falahee è uno di quegli attori che ha contribuito a rivoluzionare il mondo delle serie tv grazie alle sue interpretazioni tanto incredibili, quanto incisive. L’attore, che ha iniziato la sua carriera professionale da qualche anno a questa parte, ha dimostrato di essere sin da subito in grado di scegliere i ruoli miliori per i suoi talenti, arrivando a lavorare in grandi produzioni dopo pochi anni. Ecco, allora, dieci cose da sapere su Jack Falahee.

Jack Falahee serie

Jack Falahee serie1. Ha lavorato in diverse serie. La carriera dell’attore è iniziata nel 2012, quando ha partecipato alla serie televisiva Submissions Only. In seguito, ha lavorato in The Carrie Diaries (2013), Ironside (2013), Twisted (2014), Mercy Street (2016-2017) e Le regole del delitto perfetto (2014-2019). Inoltre, ha preso parte anche al film per la tv In fuga per amore (2013). Nel 2020 ha ripreso il ruolo di Connor Walsh nell’ultima stagione di Le regole del delitto perfetto.  

2. Ha lavorato anche per il cinema. L’attore ha partecipato spesso anche ai dei prodotti audiovisivi dedicati al grande schermo. Infatti, ha lavorato in Hunter (2013), Tokarev (2014), Blood and Circumstance (2014), Slider (2014), Lily & Kat (2015), Campus Code (2015), Cardboard Boxer (2016), Blowtorch (2016), The Song of Sway Lake (2017), We Are Boats (2018) e Berserk (2019). Inoltre, ha preso parte anche ai corti Sunburn (2012) e At 30 We Throw Dinner Parties (2019). Nello stesso anno è apparso nel film Berserk e We are Boats.

3. È anche sceneggiatore e produttore. Nel corso della sua breve ma intensa carriera, l’attore ha avuto la grande possibilità di poter esplorare i campi della sceneggiatura e della produzione. Infatti, ha partecipato alla realizzazione, in questi due campi, oltre che nella recitazione, del corto Crossbow (2019).

Jack Falahee Instagram

4. Ha un profilo molto seguito. L’attore ha un account personale su Instagram che è seguito da qualcosa come 1,2 milioni di persone in tutto il mondo. Sulla sua bacheca sono molte le foto che lo ritraggono protagonista tra momenti di lavoro e svago, insieme a colleghi e amici o in compagnia del suo cane.

Jack Falahee fidanzato

5. Non sarebbe fidanzato. Il condizionale sarebbe un obbligo, dato il fatto che l’attore tiene mantenere la sua vita privata molto riservata. Infatti, non è mai trapelato nulla circa le sue possibili frequentazioni amorose, nè passate, nè tanto meno presenti.

6. Ha dovuto dire di essere etero. Dopo l’inizio de Le regole del delitto perfetto, all’attore è stato chiesto di frequente se fosse omosessuale come il suo personaggio. Sebbene all’inizio egli si asteneva dal definire il suo orientamento sessuale, nel corso del 2016 ha voluto chiarire, facendo coming out su Twitter e dichiarando di essere eterosessuale.

Jack Falahee Mercy Street

7. È stato più facile che girare scene contemporanee. L’attore ha dichiarato di aver girato le scene del suo personaggio in Mercy Street con maggiore facilità rispetto a show ambientati in tempi presenti. Stando a quanto detto “devi indossare la tua uniforme e parlare con accento straniero, sei su un cavallo e stai sparando. È come sentirsi in un ambiente più reale rispetto a quando interpreto Prius ad Hollywood”.

Jack Falahee Le regole del delitto perfetto

Jack Falahee Le regole del delitto perfetto8. Ha amato lavorare con Viola Davis. Falahee ha dichiarato di aver concretizzato un sogno lavorando con Viola Davis “è un mio idolo. Quando ero alla NYU, vidi Fences a Broadway con lei e Denzel Washington. Dopo un anno e mezzo sono seduto ad un tavolo leggendo Le regole del delitto perfetto”.

9. Non pensava che la scena di sesso potesse avere grande attenzione. L’attore ha ammesso di essere rimasto sorpreso da questo fatto, anche perché per lui, quando ha letto il copione, non ha pensato al fatto che il suo personaggio fosse gay e che si sarebbe relazionato in maniera intima con Oliver, ritenendo tutto ciò naturale come deve essere.

Jack Falahee: età e altezza

10. Jack Falahee è nato il 20 febbraio del 1989 ad Ann Arbor, nel Michigan, e la sua altezza complessiva corrisponde a 178 centimetri.

Fonti: IMDb, Daily Mail, eonline, Variety

Taraji P. Henson: 10 cose che non sai sull’attrice

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Taraji P. Henson: 10 cose che non sai sull’attrice

Taraji P. Henson è una di quelle attrici che ha contribuito a cambiare il mondo delle serie tv grazie alle sue incredibili interpretazioni. L’attrice ha dimostrato di saper scegliere i ruoli migliori adatti ai suoi talenti, non solo per quanto riguarda l’ambito seriale, ma anche verso il grande schermo.

Ecco dieci cose da sapere su Taraji P. Henson.

Taraji P. Henson: film e serie

Taraji P. Henson: film e serie1. Una vita spesa tra serie tv. L’attrice ha cominciato la sua carriera nel mondo della recitazione nel 1997, grazie a Un genio in famiglia, The Parent ‘Hood e Sister Sister. In seguito, ha recitato in E.R. – Medici in prima linea (1998), Bayside School (1998); Felicity (1998-1999), Pacific Blue (1999) e Squadra Med – Il coraggio delle donne (2000). Tra i suoi ultimi lavori seriali, vi sono The Division (2003-2004), Half & Half (2005), Dr. House – Medical Division (2005), CSI – Scena del crimine (2006), Boston Legal (2007-2008), Eli Stone (2008), Person of Interest (2011-2015) e Empire (2015 – 2020).

2. Ha lavorato in diversi film. L’attrice non prestato la sua attività di attrice solo e soltanto per il piccolo schermo, arrivando a lavorare in molti film. Infatti, ha partecipato a Le avventure di Rocky e Bullwinkle (2000), Baby Boy – Una vita violenta (2001), Hair Show (2004), Hustle & Flow – Il colore della musica (2005), Four Brothers – Quattro fratelli (2005), Something New (2006) e Parla con me (2007). In seguito, ha lavorato in Il curioso caso di Benjamin Button (2008), The Karate Kid – La leggenda continua (2010), Notte folle a Manhattan (2010), The Good Doctor (2011), L’amore all’improvviso – Larry Crowne (2011), La guerra dei sessi – Think Like a Man Too (2014), Ossessione omicida (2014), Il diritto di contare (2016), Proud Mary (2018) e The Best of Enemies (2019).

3. È anche doppiatrice e produttore. Nel corso della sua carriera, l’attrice ha sperimentato anche diversi ambiti: infatti, ha lavorato come doppiatrice, prestando la propria voce per i film L’era glaciale – La grande caccia alle uova (2016), Ralph spacca Internet (2018) e un episodio di The Cleveland Show (2010). In quanto produttrice, ha lavorato alla realizzazione dei film Ossessione omicida, Seasons of Love (2014), Proud Mary e What Men Want, mentre ha prodotto gli speciali tv Taraji and Terrence’s White Hot Holidays (2015) e Taraji’s White Hot Holidays (2016 e 2017).

Taraji P. Henson nuda?

L’attrice Taraji P. Henson è considerata una delle più belle donne afroamericane di Hollywood e oltre ad essere considerata tra le più hot l’attrice non ha mai recitato in scene di nudo.

Taraji P. Henson Instagram

4. Ha un profilo seguitissimo. L’attrice possiede un proprio account Instagram che è seguito da qualcosa come 14,4 milioni di persone. La sua bacheca è piena di foto che la ritraggono tra momenti di lavoro svago, senza dimenticare i momenti nostalgia e quelli condivisi con il proprio partner.

Taraji P. Henson Person of Interest

Taraji P. Henson Person Of Interest5. Voleva fare questa serie. L’attrice ha dichiarato che in quel momento non aveva intenzione di mettersi alla prova con una serie tv, preferendo fare cinema. Tuttavia, aveva sentito parlare del progetto, riuscendo ad ottenere la sceneggiatura, finendo per essere contattata da Jonathan Nolan stesso e capendo che voleva fare questa serie.

6. Ha partecipato a diverse stagioni. In Person of Interest, l’attrice interpreta Joss Carter, uno dei personaggi ricorrenti della serie. Nella fattispecie, appare nelle stagioni 1, 2, 3 e torna anche nella quarta.

Taraji P. Henson marito

7. Era in procinto di convolare a nozze. Il giorno della festa della mamma del 2018, il 13 maggio, l’attrice ha annunciato di essere fidanzata ufficialmente con il giocatore di football Kelvin Hayed. Tuttavia, non è chiaro se i due si siano già sposati, in quanto non ci sono notizie a riguardo.

8. Ha avuto relazioni famose. Prima di trovare la serenità con il suo attuale compagno, l’attrice ha frequentato diversi uomini famosi. Infatti, dal 2005 al 2007, ha frequentato l’artista di hip hop Common, mentre dal 2008 al 2009 si è vista con il giocatore dell’NBA Lamar Odom. Pare, inoltre, che si sia frequentata con il collega Michael Ealy tra il 2012 e il 2013.

Taraji P. Henson figlio

9. È diventata madre molto giovane. L’attrice ha avuto il suo primo ed unico figlio, Marcell, a 24 anni, rimanendo incinta durante il primo anno di college. Il padre del bambino era William Lamar Johnson, assassinato nel 2003.

Taraji P. Henson: età e altezza

10. Taraji P. Henson è nata l’11 settembre del 1970 a Washington, nel District of Columbia, e la sua altezza complessiva corrisponde a 163 centimetri.

Fonti: IMDb, Collider, Ranker

Phoebe Tonkin: 10 cose che non sai sull’attrice

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Phoebe Tonkin: 10 cose che non sai sull’attrice

Phoebe Tonkin è una di quelle attrici che ha contribuito ha cambiare il volto delle serie tv, grazie anche alle sue brillanti performance. L’attrice pratica questo mestiere sin da ragazza e ha sempre dimostrato di non aver mai sbagliato nel scegliere i propri ruoli, diventando molto apprezzata.

Ecco dieci cose da sapere su Phoebe Tonkin.

Phoebe Tonkin serie

Phoebe Tonkin serie1. Una vita contraddistinta dalle serie. La sua carriera nasce grazie al piccolo schermo, ambito in cui inizia a recitare nel 2006 grazie alla serie H2o, restandovi fino al 2010. In seguito, ha lavorato in Packed to the Rafters (2009-2010), Home and Away (2010), The Secret Circle (2011-2012), The Vampire Diaries (2012-2013) e Stalker (2015). Tra i suoi ultimi lavori vi sono Pillow Talk (2017), Safe Harbour (2018), The Affair: Una relazione pericolosa (2018), The Originals (2013-2018) e Bloom (2019). Nel 2020 l’attrice Penny in Westworld – Dove tutto è concesso. e nella seconda stagione di Bloom,

2. Ha lavorato anche in alcuni film. L’attrice non ha prestato la sua opera solo ed elusivamente per il piccolo schermo, ma ha lavorato anche in alcuni film di un certo rilievo. Nel 2010 ha debuttato sul grande schermo in Il domani che verrà – The Tomorrow Series (2010), per poi proseguire con Shark 3D (2012), The Ever After (2014), Take Down (2016) e The Place of No Words (2019). Inoltre, ha lavorato anche per i cortometraggi Cul de Sac (2016) e Final Stop (2018). Nel 2021 interpreterà Brenda Stone in We Are Gathered Here Today, Gwen nel film Night Shift. Nel 2022 invece farà parte del cast di Transfusion e nell’atteso film Babylon di Damien Chazelle.

3. È anche regista e sceneggiatrice. Oltre che lavorare intensamente sui suoi talenti attoriali, l’attrice si è dedicata anche ad altre attività, come la regia e la sceneggiatura. Infatti, ha scritto e dirigerà un corto, attualmente in fase di pre-produzione, dal titolo Furlough.

Phoebe Tonkin Instagram

4. Ha un profilo molto seguito. L’attrice ha aperto un proprio profilo Instagram che è seguito con successo da qualcosa come 5 milioni di persone. La sua bacheca è un tripudio di immagini che la vedono spesso protagonista tra momenti di lavoro, viaggio o svago, senza contare le foto che ritraggono nelle vesti di ballerina, una delle sue più grandi passioni.

Phoebe Tonkin e Paul Wesley

5. Sono stati fidanzati diversi anni. Lei e Paul Wesley si sono conosciuti sul set di The Vampire Diaries e si sono innamorati. Una storia abbastanza comune per chi frequenta certi ambiti, che a volte tende a durare poco. Eppure, la loro storia ha preso subito il via e sono stati fidanzati dal 2013 al 2017, hanno in cui, purtroppo, si sono lasciati.

Phoebe Tonkin fidanzato

6. Non è chiaro se ad oggi sia single. Un paio di anni fa, l’attrice era stata pizzicata in compagnia di Charlie McDowell, ex fidanzato di Rooney Mara, mentre si trovavano in aeroporto. Dal quel momento si è capito che i due si stavano frequentando, ma non è chiaro se lo stiano facendo anche di recente.

7. Ha avuto diversi fidanzati famosi. Sembra che l’attrice abbia avuto dei fidanzati per nulla comuni e, anzi, molto famosi. Dal 2006 al 2008 ha avuto una storia con Tom Felton (Draco Malfoy della saga di Harry Potter), mentre si sarebbe frequentata per qualche mese con il collega Xavier Samuel. Inoltre, tra i vari flirt che le sono stati attribuiti, ci sarebbero quelli con Ed Westwick, Joseph Gordon-Levitt e Chris Zylka.

Phoebe Tonkin in The Originals

Phoebe Tonkin The Originals8. Vedere dirigere gli altri le ha fatto venire voglia di essere anche regista. Phoebe ha rivelato si essersi sentita molto ispirata dai suoi colleghi che hanno praticato la regia e la sceneggiatura, tanto da voler praticare lei stessa questi due ambiti.

9. Ha ritrovato delle sue vecchie colleghe. Sul set di The Originals, l’attrice si è trovata a recitare con delle colleghe che aveva lasciato dopo la fine di H2o. infatti, ha rincontrato Claire Holt, che nella serie era una sirena come lei, mentre Andrew Less era apparso come guest star.

Phoebe Tonkin: età e altezza

10. Phoebe Tonkin è nata il 12 luglio del 1989 a Sydney, in Australia, e la sua altezza complessiva corrisponde a 172 centimetri.

Fonti: IMDb, Collider, Ranker, Daily Mail

Matthew Daddario: 10 cose che non sai sull’attore

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Matthew Daddario: 10 cose che non sai sull’attore

Matthew Daddario è uno di quegli attori che ha contribuito alla rivoluzione del mondo delle serie tv, grazie alle sue particolari ed incisive interpretazioni. L’attore ha iniziato la sua carriera da qualche anno, ma a subito dimostrato di saper scegliere i ruoli migliori senza dipendere dal cognome famoso che porta. Ecco dieci cose da sapere su Matthew Daddario.

Matthew Daddario serie

Matthew Daddario serie1. Ha lavorato ad una serie molto famosa. Nel corso della sua carriera, iniziata nel 2012, l’attore è apparso in una sola serie televisiva, molto famosa, che lo ha lanciato nel mondo seriale e che ha contribuito a renderlo famoso in tutto il mondo. La serie in questione è Shadowhunters del quale ha fatto parte dal 2016 al 2019, partecipando a tutti e cinquantacinque episodi.

2. Ha lavorato anche in alcuni film. L’attore non ha partecipato solo alla serie tv come detto sopra, ma ha lavorato anche in diversi film. La sua carriera è iniziata con il cortometraggio The Debut (2012), per poi lavorare nei film Passione innocente (2013), 36 Saints (2013), Delivery Man (2013), Growing Up and Others Lies (2014), Il tempo di vincere (2014), No kiss list: va a finire che ti amo (2015) e Cabin Fever (2016).

Nel 2020 è apparso nei panni di Blaine nella serie tv Tommy. Nel 2021 ha interpretato Owen nel film Trust, mentre è stato protagonista nel cast di Why Women Kill nei panni di Scooter Polarsky. Nel 2019 è apparso per l’ultima volta nei panni di Alec Lightwood nella serie tv Shadowhunters: The Mortal Instruments.

3. È anche produttore e regista. L’attore non ha prestato solo questa attività nel corso della sua carriera, ma ha anche sperimentato diversi ambiti. Infatti, si è prestato come produttore, lavorando alla realizzazione del documentario, attualmente in lavorazione, intitolato Nomad Cowboys. Inoltre, ha diretto, prodotto e interpretato il cortometraggio The Last Hunt, uscito nel 2016.

Matthew Daddario Instagram

4. Ha un profilo molto seguito. Come molti altri suoi colleghi, anche l’attore ha aperto un proprio profilo Instagram che è seguito da qualcosa come 2,5 milioni di persone in tutto il mondo. La sua bacheca pullula di foto che lo vedono spesso impegnato in momenti lavorativi, ma anche durante i viaggi e i momenti quotidiani con sua moglie. Inoltre, sono molte le foto che ritraggono gli adorati cani della sua famiglia.

Matthew Daddario e Dominic Sherwood

5. Hanno commesso una gaffe in diretta. Circa un paio di anni fa, Dominic Sherwood non era conscio di essere nella diretta streaming di Matthew, lasciandosi andare ad un insulto omofobo, sebbene interpreti un personaggio a favore dei diritti LGBTQ in Shadowhunters. Anche se Daddario ha cercato di far capire al collega la gaffe, ormai era troppo tardi e, in seguito, il collega ha registrato un video messaggio di scuse.

Matthew Daddario fidanzata

6. È sposato da qualche tempo. A vederlo magari non si direbbe, eppure l’attore si è sposato il 31 dicembre del 2017. Dopo un lungo fidanzamento con Esther Kim durato quattro anni – i due si erano conosciuti nel 2013 – la coppia si è finalmente sposata. Per il momento, i due non hanno ancora figli.

Matthew Daddario Shadowhunters

Matthew Daddario shadowhunters7. Aveva in mente un altro ruolo. Inizialmente, l’attore aveva fatto il provino per poter interpretare il personaggio di Jace. Dopo aver visto l’audizione, l’autrice dei libri dai quali la serie è stata tratta, Cassandra Clare, ha suggerito ai produttori di considerarlo per il ruolo di Alec.

8. Ha ricevuto diverse candidature. Grazie alla sua interpretazione nella serie, l’attore ha ricevuto diverse nomination, vincendo quella alla Miglior Star Emergente in una serie tv ai Teen Choice Award del 2016 e al Miglior attore in una serie tv sempre ai Teen Choice nel 2018.

Matthew Daddario e Alexandra Daddario

9. Ha una sorella famosa. Matthew è conosciuto ai più anche per il fatto di essere il fratello minore di Alexandra Daddario, attrice molto famosa soprattutto in campo cinematografico. Di fatto, l’attore è il fratello di mezzo: infatti, Alexandra è sorella più grande, mentre Catharine è sua sorella più piccola.

Matthew Daddario: età e altezza

10. Matthew Daddario è nato l’1 ottobre del 1987 a New York City, in America, e la sua altezza complessiva corrisponde a 191 centimetri.

Fonti: IMDb, The Famous People

Ashley Rickards: 10 cose che non sai sull’attrice

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Ashley Rickards: 10 cose che non sai sull’attrice

Ashley Rickards è una di quelle attrici che ha contribuito a rivoluzionare il mondo delle serie tv, grazie anche alle sue indiscutibili ed incisive interpretazioni. L’attrice ha iniziato a praticare questa professione sin da quando era una ragazzina, dimostrando di avere grandi capacità decisionali e scegliersi i ruoli migliori. D’altra parte, sarebbe strano se non facesse parte del Mensa, dato il suo alto quoziente intellettivo.

Ecco, allora, dieci cose da sapere su Ashley Rickards.

Ashley Rickards serie

ashley rickards

1. Una carriera divisa tra le serie tv. La carriera dell’attrice è iniziata nel 2006 grazie alla sua apparizione nella serie Tutti odiano Chris, per poi partecipare a CSI: NY (2007), Zoey 101 (2007), Ugly Betty (2007), Entourage (2008) e One Tree Hill (2008-2009). In seguito, ha lavorato nelle serie Outlaw (2010), American Horror Story (2011), Diario di una nerd superstar (2011-2016), Dimension 404 (2017), The Flash (2016-2017) e ctrl alt delete (2019). Inoltre, ha preso parte anche al film tv American Family (2007). Nel 2019 ha interpretato A’sha nella serie tv ctrl alt delete. Nel 2020 interpreta Alana nel film Smiley Face Killers. Nel 2021 è ritornata nei panni di Rosalind Dillon / Top / The Top nella serie The Flash.

2. Ha fatto anche del cinema. Nel corso della sua carriera, l’attrice non ha prestato la sua attività solo per il piccolo schermo. Infatti, ha partecipato a diversi film, come Gamer (2009), Fly Away (2011), Struck by Lightning (2012), Sassy Pants (2012), Oltre il male (2014), Ghost Movie 2 – Questa volta è guerra (2014), Comportamenti molto… cattivi (2014), Le reiette (2017), Il lato oscuro della rete (2017) e The Danger of Positive Thinking (2018).

3. È doppiatrice e regista. L’attrice ha sperimentato diversi ambiti diversi dalla recitazione, vestendo i panni della doppiatrice e delle regista. In quanto doppiatrice, ha prestato la propria voce per la serie Robot Chicken (2015), mentre come regista ha diretto due episodi di Diario di una nerd superstar tra il 2014 e il 2015.

Ashley Rickards Instagram

4. Ha un profilo ufficiale. Come la maggior parte dei colleghi, anche l’attrice ha aperto un proprio account Instagram che è seguito da 432 mila persone in tutto il mondo. L’attrice non è molto attiva sul social, ma sono molte le foto che la vedono protagonista tra momenti lavorativi e di svago. In particolare, sono molte le foto che la ritraggono insieme al suo cagnolino.

Ashley Rickards One Tree Hill

5. Le ha fatto capire tante cose. La sua esperienza in One Tree Hill ha fatto capire all’attrice quali passioni seguire. Tra le tante, ci sono la scrittura, la produzione e la regia, seguita dalla recitazione, ovviamente. L’attrice stessa si è definita interessata a tutte le sfaccettature dell’arte, tanto da essere conosciuta come poetessa, pittrice e scrittrice, tanto da aver pubblicato il suo primo libro nel marzo 2015, intitolato Da nerd a superstar.

6. È diventata il suo personaggio. Asheley ha ammesso di diventare spesso il suo personaggio nella vita privata, assumendo gli aspetti esteriori degli stessi. Questo è accaduto anche per questa serie, grazie alla quale ha cominciato a vestire felpe con il cappuccio, jeans strappati e Converse ai piedi.

Ashley Rickard Diario di una nerd superstar

ashley rickards

7. Ha interpretato un personaggio più piccolo. Nella serie, l’attrice ha interpretato un ruolo più piccolo di lei di qualche anno. Infatti, l’attrice è nata nel 1992, mentre Jenna, la protagonista della serie, è nata nel 1995.

Ashley Rickards fidanzato

8. Attualmente è impegnata. L’attrice non ha mai fatto trapelare nulla circa la sua vita privata, ma sembra che sia fidanzata da diverso tempo. Pare, infatti, che dal 2014 stia frequentando Tom Cole e che la coppia si sia fidanzata ufficialmente di recente.

9. È stata fidanzata con un collega di set. Non è ben chiaro quando sia successo, ma l’attrice è stata fidanzata per qualche tempo con il collega di Diario di una nerd superstar Brett Davern. I due si sono conosciuti nel 2011, anno di inizio della serie.

Ashley Rickards: età e altezza

10. Ashley Rickards è nata il 4 maggio del 1992 a Sarasota, in Florida, e la sua altezza complessiva corrisponde a 162 centimetri.

Fonte: IMDb

Danielle Campbell: 10 cose che non sai sull’attrice

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Danielle Campbell: 10 cose che non sai sull’attrice

Danielle Campbell è una delle attrici che ha contribuito a cambiare il panorama delle serie tv grazie anche alle sua interpretazioni tanto magnetiche, quanto incisive.

L’attrice ha iniziato a lavorare nel mondo seriale e cinematografico sin da quando era poco più di una bambina, dimostrando al mondo di saper scegliere i ruoli migliori per i suoi talenti e riuscendo a farsi apprezzare da diverse generazioni.

Ecco, allora, dieci cose che forse non sapevate su Danielle Campbell.

Danielle Campbell serie

Danielle Campbell serie tv1. Ha iniziato con il botto. La carriera della Campbell è iniziata subito partendo in quarta, debuttando in Prison Break nel 2006. In seguito, ha lavorato in Zeke e Luther (2010), Drop Dead Diva (2012), The Originals (2013-2018) e Runaways (2017-2018). Tra i suoi ultimi lavori, vi sono Alive in Denver (2018), Famous in Love (2018), All American (2018) e Tell Me a Story (2018-2019). Inoltre, ha recitato anche nei film tv Starstruck – Colpita da una stella (2010) e Shrimp (2018). Nel 2020 è tornata nel cast della seconda stagione di Tell Me a Story. Nel 2021 farà parte del cast del film Share.

2. Ha lavorato anche per il grande schermo. Nel corso della sua carriera, l’attrice ha prestato la propria opera anche per prodotti cinematografici. Infatti, è apparsa nei film The Poker House (2008), Prom (2011), Madea’s Witness Protection (2012), Race to Win (2016), F the Prom (2017), American Pets (2018), You Can Choose Your Family (2018) e Ghost Light (2018).

Danielle Campbell Instagram

3. Ha un profilo seguitissimo. L’attrice ha aperto un proprio account Instagram che è seguito da qualcosa come 3 milioni di persone in tutto il mondo. Sulla bacheca si trovano moltissime foto che la vedono protagonista di momenti che si suddividono tra lavoro e svago, tra colleghi e amici.

Danielle Campbell fidanzato

4. È fidanzata con un collega. L’attrice è attualmente fidanzata con il collega Colin Woodell, ormai da quasi un paio di anni a questa parte. Pare che i due si siano conosciuti sul set di The Originals che si siano conosciuti sul set di The Originals e che da allora non si siano più lasciati.

5. Ha avuto dei fidanzati famosi. Nel corso della sua vita, la giovane attrice ha avuto diversi fidanzati, di cui alcuni famosi. Infatti, la sua relazione più conosciuta è quella avuta con Louis Tomlinson, cantante e membro degli One Direction. I due si sono frequentati dal novembre 2015 al dicembre 2016. Tra i vari flirt che le sono stati attribuiti, ci sarebbero quelli con Tyler Posey e Gregg Sulkin.

Danielle Campbell The Originals

Danielle Campbell The originals6. Ha amato crescere con il personaggio. L’attrice ha dichiarato di essere stata contenta di poter crescere insieme al personaggio di Davina. Infatti, nel momento in cui ha iniziato a girare la prima stagione della serie era ancora minorenne, arrivando a praticare un percorso verso l’età adulta con il suo personaggio.

7. È stato interessante conoscere le sue potenzialità. Ciò che ha soddisfatto l’attrice è stato il fatto di poter scoprire di volta in volta tutte le potenzialità del suo personaggio e come si evolve la sua storia con Kol. La parte più interessante è stata capire come si destreggia con la magia oscura a seconda di quanto riesce a farne parte.

Danielle Campbell Runaways

8. Ha interpretato una leader. In questa serie tv, che si compone di due stagione, l’attrice interpreta Eiffel, il capo delle cheerleader e studentessa molto popolare alla Atlas Academy. Il suo è un personaggio ricorrente, tanto da apparire sia nella prima che nella seconda stagione.

9. Ha lavorato per la Marvel. Runaways è una serie creata per Hulu e basata sugli omonimi personaggio della Marvel Comics. Di fatto, l’attrice ha recitato in una serie facente parte del Marvel Cinematic Universe, in quanto anche prodotta da Marvel Television.

Danielle Campbell: età e altezza

10. Danielle Campbell è nata il 30 gennaio del 1995 a Hinsdale, Illinois, e la sua altezza complessiva corrisponde a 160 centimetri.

Fonti: IMDb, Collider, Ranker

What’s love got to do with it, recensione del film con Lily James

C’era una volta una principessa, e adesso non c’è più. È come se il fumo che immerge il volto di bambini diventati adulti, si elevi allo spegnimento di ogni candelina a coltre nebbiosa che allontana il sogno, lasciando spazio all’impatto con la realtà. Compleanno, dopo compleanno, ci muoviamo in spazi desolati, sconosciuti; ci incamminiamo lungo i sentieri dell’esistenza colmi di speranza, per poi inciampare sempre sullo stesso ostacolo.

Imbastito da un’ironia intelligente e dall’umorismo tagliente, (presentato in anteprima alla 17.esima edizione della Festa del cinema di Roma) non intende mostrarsi nelle vesti di fiaba principesca, ma sguardo pungente sulla realtà. In Zoe (Lily James) scorre nelle vene quella speranza infantile di vivere il proprio “e vissero felici e contenti”, sebbene a muoversi silente nella mente sia l’eco di un monito che le ricorda la dura legge della quotidianità. Le fiabe vanno strette nel mondo delle donne di oggi; le loro pagine si sono ingiallite, e il racconto infuso di sogni e sospiri ha lasciato spazio a una gomma che tutto cancella, mentre gli occhi si svegliano dal sonno per affrontare il grigiore della realtà.

What’s love got to do with it: la trama

Zoe è una documentarista inglese di successo, mentre il suo vicino di casa Kazim è un oncologo di origine pakistana. Le loro famiglie sono cresciute fianco a fianco nella Londra multietnica. Quando Kazim comunica a Zoe di volersi sposare secondo la tradizione, ovvero lasciando scegliere ai suoi genitori la sua sposa, Zoe decide di girare un documentario sui matrimoni combinati (anzi, “assistiti”, come vuole la nuova dicitura) dal titolo Love (contr)actually. Quello che ne deriverà è uno scontro con i propri sentimenti e con emozioni tenute per troppo tempo a freno.

Giostre di anime perdute

Scorre silente e leggiadra, tra gli inframezzi del film di Shekhar Kapur un’ordinarietà che aspira a vivere di colori, ma che si ritrova, a fatica, a ricercare nello spazio di un mondo che vive di ambizionim ed è sovraesposto a continue aspettative la propria metà della mela. La commedia di Kapur è un saggio sull’amore contemporaneo, sulle difficoltà di trovare la propria anima gemella, o anche solo un partner che possa compensare quel vuoto lacerante che si fa spazio dentro di noi.

Siamo un mondo di anime perdute, che vagano sole illuminate dallo schermo di un pc; anime che passano incuranti le une di fronte alle altre, senza sapere che il defibrillatore che potrebbe farci riprendere il proprio battito cardiaco è lì, a pochi sentimenti da noi.

Un’incuranza che spinge ancora molti giovani a riporre la propria fiducia su un matrimonio combinato, nella speranza che sia il caso a svoltare il proprio destino, livellando una mancanza interiore che si fa sempre più profonda, sempre più insistente. Ed è inseguendo chi non crede nell’amore, o chi lo cerca a tutti i costi, mentre le lancette dell’esistenza scorrono inesorabilmente, che il regista di origine indiana costruisce la propria giostra dell’amore. Un palcoscenico colorato, illuminato da luci calde, accese e brillanti, e pennellato, che eleva a perfetto correlativo visivo di due personalità giovani, genuine ed estroverse come Zoe e Kazim. Due anime incapaci, però, di farsi artefici del proprio destino, lasciando che a illuminare quel percorso impervio chiamato vita, sia la volontà e il desiderio imposto da altri. Ciechi e sordi, vagano soli, perdendosi, fino a ritrovarsi, e insieme a squarciare quel velo che impediva loro la vista reimparando a camminare mano nella mano. 

Sguardi riflessi

In questo gioco di luci e ombre, cuori che battono e altri che attendono di riprendere il proprio ritmo regolare, non è un caso se a inserirsi con discrezione, tra i raccordi di montaggio, è un elemento meta-cinematografico dal forte impatto simbolico. Per una donna come Zoe, che alla portata fantastica delle fiabe ha preferito la registrazione diretta della realtà, la velleità documentarista rivela uno slancio intimistico volto a ritrovare, tra lo spazio di una videocamera, un portale diretto con le proprie emozioni. Incapace di cogliere direttamente i segni che il mondo circostante le lancia circa la propria vita personale e professionale, è dalla riproduzione della propria opera, da quel riflesso sullo schermo, che Zoe si pone a confronto con i propri fantasmi interiori, e i propri  soffocati desideri. È il cinema che si fa specchio riflettente, visione speculare di se stessi; una mano che desta la ragazza dal torpore del sonno, per lanciarla finalmente nel proprio sogno dell’esistenza.

What’s love got to do with itIl viaggio dell’amore

È una pellicola che vive dei canoni imposti dalla commedia d’amore, What’s Love Got To Do With It; un’adesione perfetta che non lascia spazio a tentativi di sabotaggio, o ribaltamenti interni, da parte del proprio regista nei confronti del genere di appartenenza. Senza tradire le aspettative degli spettatori, l’opera si sviluppa su una certa prevedibilità di fondo. Un viaggio di celluloide, durante il quale lo spettatore non sente il timore di perdersi, perché ben conscio di quale sarà la destinazione finale.

Ma se la meta è certa, è il modo in cui il viaggio si sviluppa,  e le tappe intermedie che lo tocca, che è tutto da scoprire; investendo di un umorismo coinvolgente la propria opera, e affidandosi al talento dei propri interpreti, il regista riesce là dove molti mancano: far ridere e commuovere, senza scadere mai nell’esacerbato sentimentalismo. Un’operazione riuscita nella sua semplicità, inserendo punti di svolta e cadute dell’eroe a volte imprevedibili e capaci di sorprendere. Il suo What’s Love Got To Do With It scorre pertanto senza intoppi lungo un rettilineo asfaltato e puntellato di alacre freschezza. Un percorso che ammalia, diverte e intrattiene, la cui destinazione alquanto nota e prevedibile è solo un surplus interiore per un viaggio lungo cui lasciarsi trainare e trasportare con allegria e commozione.

Tra gioie e dolori

È un universo perennemente in collisione, eppure in equilibrio su se stesso, What’s Love Got To Do With It. Una costruzione filmica che cerca il punto di declino, per risalire a testa alta, donando una giusta dose di ottimismo al proprio pubblico. Infuso di un calore domestico e familiare, il mondo di Zoe e Kazim è però sempre minacciato dalla comparsa lancinante di un dolore; è una sofferenza latente, che sbuca e distrugge dall’interno non appena la consapevolezza dei propri errori fa il proprio agguato, e la ragione lascia spazio all’emotività. Una fitta dolorosa che tutto prende e raffredda, scolorendo i colori, e raffreddando i toni. Il rosso dell’amore sperato, agognato, sognato, lascia spazio al blu della notte della mente e del buio dell’anima. Un rapporto dicotomico di uno scarto ambivalente di  attrazioni represse, e sentimenti sottaciuti. Un microcosmo che trova nel personaggio di Zoe il proprio asse terrestre attorno al quale stabilire il proprio moto rotatorio, lasciandosi cullare tra i suoi difetti e pregi, vizi e tante virtù.

Lily James e la sua solarità donano un che di magico, un tocco unico e particolare al mondo di Zoe, che perfetto non è. Una vitalità pronta a lasciarsi adombrare dalle proprie insicurezze, mentre fuori tutto pare una festa. Una lotta interna, la sua, e in continua esecuzione, tenuta nascosta agli occhi del mondo, soprattutto se a osservarla sono sguardi pieni di gioia e irrefrenabile ottimismo come quelli della madre (una gioiosa e inarrestabile Emma Thompson). Ne consegue un ulteriore lettura empatica e interpersonale, dove al desiderio di coppia, si affianca il rapporto a volte conflittuale, e colmo di incomprensioni tra madre e figlia. Uno scarto generazionale, di giovani che sentono il peso delle ambizioni genitoriali, e genitori che riversano sui figli semi di sogni e speranze che loro stessi non sono stati in grado di coltivare, e che fanno dell’opera di Kapur una pellicola a tutto tondo, di cuore e di pancia.

Sebbene edulcorato nei modi e nella risoluzione di conflitti complicati, il film di Kapur riesce comunque ad ancorarsi al mondo che ci scorre attorno, non cedendo mai alle grinfie dell’irrealtà, ma confezionando un abito perfettamente aderente alla quotidianità tanto di Zoe, che del proprio pubblico. Una realtà fatta di giovani sognatori, con gli occhi pieni di speranze, che trovano nel riflesso di uno schermo cinematografico quella fiamma bruciante che accendi il proprio fuoco interiore e illumini loro il cammino. 

Amsterdam, la recensione del film di David O. Russell

Amsterdam, la recensione del film di David O. Russell

David O. Russell torna sul grande schermo con Amsterdam, ben 7 anni dopo Joy, pronto a conquistare una standing ovation da parte del pubblico. Il film è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, e sarà nelle sale dal 3 novembre.

L’hype costruitosi attorno alla pellicola, grazie soprattutto al parterre di attori proposto dal regista, ha lasciato con il fiato sospeso fin’ora e con la speranza che l’attesa valesse le aspettative. Fra i produttori compare il nome di Christian Bale, protagonista principale della storia nonché voce narrante.

Amsterdam, la trama

New York, 1933. Il dottor Burt Berendsen (Christian Bale) e Harold Woodman (John David Washington) sono veterani della Prima Guerra Mondiale, legati da una forte amicizia fraterna. L’arrivo nella loro vita di Liz Meekins (Taylor Swift) sconvolge il già precario equilibrio dei due, i quali nel tentativo di scoprire cosa abbia causato la morte del padre di lei, si trovano invischiati in un omicidio di cui sono i primi sospettati.

È ora il 1918. Un flashback riporta indietro nel tempo, al periodo della Guerra. Dopo essere stati feriti in Belgio, i due vengono curati dall’infermiera Valerie Voze (Margot Robbie), con la quale instaurano un rapporto molto viscerale. I tre si trasferiscono ad Amsterdam, città in cui trascorrono il periodo più bello della loro vita, finché lei non sparisce nel nulla.

Un salto temporale riporta agli anni ’30. Dopo essersi ricongiunti con Valerie, il trio di amici cerca di venire a capo dell’omicidio sia del Generale Meekins che di sua figlia Liz, grazie all’aiuto di Gil Dillenbeck (Robert De Niro). Ma nel tentativo di farlo, si scontreranno con una forza molto più grande di loro: i complotti politici.

Una trama fragile per un cast stellare

90 grammi di crime comedy, un pizzico di slapstick, un po’ di noir e la “prorompenza” della storia del dopoguerra: ecco cos’è Amsterdam. Una pellicola ibrida, che nell’intento di far coesistere i generi di cui si dichiara pregna, rigurgita un prodotto plastificato e poco sviluppato. Per portare in sala un film all’apparenza valido, O. Russell ha “assoldato” un team di star dal grande calibro. Come pedine di un gioco li ha poi sparpagliati in una storia senza un capo né una coda, non dando loro un background approfondito né tantomeno un filo narrativo ben costruito. Ed ecco quindi il principale problema: una trama sconnessa portata avanti da personaggi spezzati a metà.

Fra sguardi in camera che rompono la quarta parete, una patina vintage che avvolge tutto il filmico, e i temi del razzismo e della dittatura europea che il regista tenta di amalgamare nel migliore dei modi, Amsterdam si perde nel vano tentativo di diventare il nuovo blockbuster dell’anno. Quel grandeur cinematografico che poteva quindi essere restituito – grazie anche all’aver “commissionato” un cast di tal portata per darne ulteriore spessore – rimane un’illusione. O meglio, un sogno.

L’unico elemento positivo è la nota sentimentale e affettiva del film. L’amore di Harold e Valerie che nonostante il periodo storico sfavorevole decidono ugualmente di iniziare una relazione alla luce del sole e la partnership fra Burt, Valerie e Harold che va al di là di qualsiasi pregiudizio, omicidio e dinamica politica. È perciò questa l’unica vittoria di Amsterdam: portare in scena un’amicizia solida, che non si piega alle distanze oltreoceano e soprattutto allo scorrere del tempo.

Burt, il narratore onnisciente di cui non si aveva bisogno

La prima regola aurea – come dice Robert McKee – applicabile sia nella stesura di un romanzo che di una sceneggiatura, è mostrare senza dover spiegare. O. Russell, invece, compie un atto di distruzione verso quell’artificio narrativo, sbriciolando quel poco di interesse investigativo che la trama stava faticando a trasmettere dopo l’omicidio di Liz Meekins. Testo e sottotesto, in un lungometraggio ben riuscito, sono la chiave necessaria affinché esso abbia un senso: in questo caso il regista sembra aver fatto di tutto per annientarli entrambi. Una scena non parla mai di ciò di cui sembra parlare, o non sarebbe autentica. C’è sempre altro oltre ciò che viene mostrato ed è l’unica arma per farla concretamente funzionare.

Il sottotesto, che funge da contraddizione al testo, è il meccanismo che spinge lo spettatore a porsi domande e partecipare alla dinamica. In Amsterdam, però, gli attori non possono compiere quella performance “multistratificata” indispensabile per la scoperta di quelle verità insite nelle battute. I comportamenti e i dialoghi dei protagonisti sui generis vengono spiegati ad ogni beat in maniera macchinosa dalla voce narrante del Burt di Christian Bale. Come se senza di essi la storia non venisse capita.

Sottolineare questo o quell’atteggiamento, questa o quella parola, invece di farla vedere grazie a stratagemmi, turning point e sequenze più dettagliate, non solo rallenta il progredire della storia, ma blocca la fruizione. Sapere tutto, come il narratore onnisciente di un libro, conduce alla noia e a volte anche alla frustrazione. E qui c’è solo il disperato bisogno di giungere ai titoli di coda il più in fretta possibile e senza dover assistere ad altri scempi.

Amsterdam si rivela perciò una pellicola di serie b, su cui è stato costruita attorno una grande propaganda per sopperire, probabilmente, ad una sua mancanza di contenuto. L’errore di O. Russell è stato non comprendere che a volte è meglio – anzi necessario – farsi da parte.

Alice nella Città, i numeri della XX edizione

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Alice nella Città, i numeri della XX edizione

Per usare una metafora calcistica, sono tanti i gol segnati dalla ventenne Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, diretta da Fabia Bettini e Gianluca Giannelli. Rispetto al 2021 ha registrato un aumento dei biglietti venduti del 51% tra scuole, accreditati e proiezioni serali, un aumento del pubblico di accreditati del 39% e, in generale, una crescita dell’interesse con 42.000 presenze (7.000 in più rispetto all’anno scorso ) tra Casa Alice, Auditorium Parco della Musica, Cinema Giulio Cesare, Auditorium Conciliazione e i luoghi della città che hanno ospitato le varie iniziative in programma. E si attendono ancora i 15 film in programmazione nel weekend e la proiezione, in chiusura di Alice nella Città lunedì, della serie “Boris 4”. Un dato su tutti premia questa ventesima edizione: un aumento del 31% di pubblico rispetto al 2019 anno che precede le restrizioni imposte dalla pandemia.

Complici di questa crescita: l’affluenza delle scuole finalmente libere di tornare in sala senza dispositivi di sicurezza (+68% delle classi presenti alle proiezioni rispetto al 2021); una programmazione “coraggiosa”, come l’hanno definita i direttori, capace di rispondere alla “richiesta di complessità” da parte del pubblico che ha scelto film che affrontano temi legati all’identità di genere, ai rapporti familiari e sociali, al passaggio dall’infanzia all’adolescenza; e infine la capienza dell’Auditorium Conciliazione che con i suoi 1500 posti è la sala più grande di tutta la Festa del Cinema.

“Se in passato eravamo molto seguiti soprattutto dalle scuole con le proiezioni del mattino – sottolineano Fabia Bettini e Gianluca Giannelli – quest’anno lo siamo stati anche la sera a dimostrazione del fatto che abbiamo allargato la nostra la nostra platea, intercettando un pubblico nuovo, non solo di giovani ma anche di appassionati di cinema. La crescita degli incassi del 70% – ha aggiunto – ci ha poi permesso per la prima volta di superare la quota di 500 mila euro di budget”.

Non solo, Alice nella Città ha rafforzato quest’anno anche il suo ruolo di scopritore di nuovi talenti: la sezione Panorama Italia è cresciuta sia in termine di presenza che di apprezzamento da parte di pubblico e critica e i cortometraggi sono stati molto seguiti (+35% rispetto al 2021) e per questo “saranno senz’altro – sottolineano i direttori – una frontiera su cui continueremo a concentrarci”.

Ancora i tanti ospiti internazionali, dai fratelli Dylan e Hopper Penn a Charlotte Wells, le masterclass con Russell Crowe e con Emma Marrone che hanno mostrato come sia importante il passaggio delle esperienze da una generazione all’altra; l’incontro con  James Gray e, infine, i film condivisi con la Festa del Cinema di Roma (“Poker Face” di Russell Crowe, “The Fabelmans” di Steven Spielberg, “Armageddon Time” di James Gray e la serie “Boris 4”) che hanno segnato “un’andata e ritorno virtuoso” e hanno permesso al pubblico di godere di entrambi i progetti, hanno poi reso unica questa edizione. Senza contare l’utilizzo dei maxi schermi di Urban Vision che hanno portato Alice nella Città tra le strade della Capitale e nel cuore della città. “Si è respirata un’aria di festa diversa – hanno commentato Fabia Bettini e Gianluca Giannelli – come se un’intera comunità si fosse ritrovata in piazza. Poi a riflettori spenti ragioneremo non solo sui numeri ma anche sugli obiettivi, ma per il momento i numeri ci hanno dato ragione sia per la nostra proposta, sia per il nostro approccio e sia per le collaborazioni messe in atto con le scuole di cinema e con i nostri media partners”. E hanno concluso: “Il cinema non può cambiare il mondo, ma un mondo lo può inventare. E questo nuovo mondo sta chiedendo anche una rigenerazione dell’industria cinematografica che deve essere più coraggiosa. C’è un pubblico fuori che ha voglia di cinema, non solo di intrattenimento, ed è pronto ad accogliere proposte nuove. E quest’anno più mai Alice nella Città lo ha dimostrato”.

  • Sono stati 32.0000 i biglietti emessi fino ad ora durante la XX esima edizione di Alice nella Città e 42.000 le presenze registrate tra Casa Alice, Auditorium Parco della Musica, Cinema Giulio Cesare e Auditorium Conciliazione (lo scorso anno le presenze sono state circa 35000). La biglietteria di Alice nella Città è aumentata del 51%. Si attendono però ancora 15 film in programmazione nel weekend e la proiezione in chiusura della serie Boris 4.

  • Alice nella Città ha programmato in calendario 81 proiezioni totali e ha registrato un aumento degli spettatori grazie anche alla capienza dell’Auditorium Conciliazione (1500 posti), la sala più grande della Festa del Cinema di Roma, che ha accolto il pubblico con una occupazione media del 85% per cento tra proiezioni mattutine, pomeridiane e serali.

  • Rispetto al 2021, le scuole presenti alle proiezioni sono aumentate del 68% e gli incassi del 70%. In confronto al 2019, anno pre Covid19, si registra un aumento del 31%.
  • I cortometraggi hanno registrato un aumento di pubblico del 35% rispetto allo scorso anno.

  • Gli accreditati che hanno partecipato ad Alice nella Città sono cresciuti del 39% rispetto al 2021.
  • Il budget di Alice nella Città del 2022 è di circa 500 mila euro.

Festa del Cinema di Roma 2022: tutti i film premiati

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Festa del Cinema di Roma 2022: tutti i film premiati

A partire dalla diciassettesima edizione, la Festa del Cinema di Roma è stata ufficialmente riconosciuta come Festival Competitivo dalla FIAPF (Fédération Internationale des Associations de Producteurs de Films). A seguire, tutti i riconoscimenti assegnati oggi, sabato 22 ottobre, nel corso della cerimonia di premiazione che si è svolta alle ore 16.30 presso la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone.

CONCORSO PROGRESSIVE CINEMA

Una giuria composta dalla regista e fumettista Marjane Satrapi, l’attore e regista Louis Garrel, i registi Juho Kuosmanen e Pietro Marcello e la produttrice Gabrielle Tana ha assegnato i seguenti riconoscimenti ai film del Concorso Progressive Cinema:

– Miglior Film: JANVĀRIS (JANUARY) di Viesturs Kairišs

– Gran Premio della GiuriaJEONG-SUN di Jeong Ji-hye

– Miglior regiaVIESTURS KAIRIŠS per Janvāris (January)

– Miglior attrice – Premio “Monica Vitti”KIM KUM-SOON per Jeong-sun

Miglior attore – Premio “Vittorio Gassman”: KĀRLIS ARNOLDS AVOTS per Janvāris (January)

– Miglior sceneggiatura: ANDREA BAGNEY per Ramona

– Premio speciale della Giuria (proposto dal Presidente a scelta fra le categorie sceneggiatura, fotografia, montaggio e colonna sonora originale): FOUDRE di Carmen Jaquier per la fotografia di Marine Atlan

È stata inoltre assegnata la Menzione Speciale della Giuria all’attrice LILITH GRASMUG per la sua performance in Foudre.

MIGLIOR COMMEDIA – PREMIO “UGO TOGNAZZI”
Una giuria presieduta dal cineasta Carlo Verdone e composta dall’attrice Marisa Paredes e dall’autrice e attrice Teresa Mannino ha assegnato il Premio “Ugo Tognazzi” alla Miglior commedia (scelta fra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public), al film:

WHAT’S LOVE GOT TO DO WITH IT? di Shekhar Kapur

È stata inoltre assegnata la Menzione Speciale Miglior Commedia – Premio “Ugo Tognazzi” al film RAMONA di Andrea Bagney.

MIGLIORE OPERA PRIMA BNL BNP PARIBAS
Una giuria presieduta dalla regista e sceneggiatrice Julie Bertuccelli e composta dal regista Roberto De Paolis e dalla critica cinematografica Daniela Michel ha assegnato il Premio Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas (scelta fra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public), al film:

– CAUSEWAY di Lila Neugebauer

Sono state inoltre assegnate due Menzioni Speciali Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas ai film RAMONA di Andrea Bagney e FOUDRE di Carmen Jaquier.

PREMIO DEL PUBBLICO FS
Tra i film del Concorso Progressive Cinema, gli spettatori hanno assegnato il Premio del Pubblico FS al film:

– SHTTL di Ady Walter

Il pubblico della proiezione ufficiale e della prima replica di un film ha espresso il voto utilizzando l’APP ufficiale della Festa del Cinema “Rome Film Fest” e attraverso il sito www.romacinemafest.it.

I NUMERI DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2022

Ramona, recensione del film di Andrea Bagney

Ramona, recensione del film di Andrea Bagney

Ramona e Bruno sono due anime destinate a incrociarsi nel marasma cittadino, e con le proprie parole dare inizio a una sinfonia urbana pronta a spegnersi per lasciar spazio allo scorrere dei pensieri, di riflessioni lanciati a mille tra bar e vie isolate. 

Filtrato dalla cinepresa di Andrea Bagney, Madrid si ammanta di un bianco e nero di altri tempi; un bicromatismo di un microuniverso non certo senza colore, ma a cui bastano due cuori che battono e si arrestano, l’uno di fronte all’altro, per plasmare un prisma cromatico di mille sfumature invisibili. È nello sguardo, nella velocità dei dialoghi, nelle labbra aperte nell’attesa di una risposta, che si celano le pennellate colorate dell’esistenza. 

Ramona si fa pertanto opera di altri tempi, una messa in sequenza di istantanee cinematografiche che elevano attimi di vita quotidiani in momenti veri, reali, ma soprattutto immortali. 

Ramona: la trama

È incostante, insicura, eppure sognatrice, la protagonista di Ramona, opera prima della regista Andrea Bagney, presentata nel corso della 17.esima edizione della Festa del cinema di Roma. Al centro della pellicola lei, quella Ramona (Lourdes Hernández) – chiamata da tutti Ona – che presta il proprio nome al titolo e che in una giornata di sole si imbatte nel curioso regista cinematografico Bruno (Bruno Lastra). Da subito innamorato di lei, luomo farà precipitare Ona in una spirale di dubbi circa la propria relazione col marito Nico (Francesco Carril) in un costante dialogo tra psicologia femminile, e arte cinematografica.

La vita che si fa evento speciale

Custode di momenti ordinari, assurti e assorti nella straordinarietà dell’evento cinematografico, Ramona è un po’ Manhattan di Woody Allen, un po’ Frances Ha di Noah Baumbach, con una spruzzatina di Richard Linklater, senza per questo perdere la propria unicità di sguardo e restituzione degli eventi. Esteticamente debitrice a un universo cinematografico segnato dalle impronte dei grandi del passato, che del recente presente, il film di Andrea Bagney si incammina lungo percorsi già battuti per ricercare la propria strada e la propria voce.

Cristalizzandosi nello spazio di inquadrature perlopiù fisse, la macchina da presa si presta a tanti sguardi che colgono di sfuggita, e senza alcun desiderio di intromissione, lo svolgersi di un’intesa che nasce, lasciandone appassire un’altra. Colti da vari punti di vista e angolature, la Bagney lascia che siano i propri personaggi a mostrarsi in maniera del tutto naturale e spontanea ai propri spettatori, attraverso la portata dei propri pensieri, l’esternazione curiosa dei propri ricordi, e la carica gestuale rivelante pregi e difetti di un carattere perfettamente restituito dalla caratura di performance coese, profonde, verosimili.

È solo nella messa in pausa di bocche che parlano, e piedi che camminano, che la macchina da presa si libera del suo stato granitico, per seguire come una calamita i propri personaggi lungo quella scia attrattiva che emanano e da cui è impossibile distaccarsi. Un’aura potentissima, la loro, in cui non vi è apparentemente nulla di speciale, quando è proprio negli inframezzi di questa anonimia dell’esistenza, che si ritrova la bellezza di Ramona. Un gioco di prestigio, una formula chimica, che fa del cinema un mago talentoso capace di rendere straordinario l’ordinario, e la vita quotidiana materiale da sogno a occhi aperti.

Happening di vita e finzione

Seduti sulla poltrona, gli spettatori vivono di illusioni; credono di essere parte integrante di quell’universo urbano che si staglia dinnanzi a loro, e testimoni privilegiati di un microcosmo interiore in fase di (de)costruzione. È un happening di taglio teatrale, quello di Ramona; una performance che vive nel momento della sua esecuzione, senza possibilità di repliche, proprio come la vita al di là dello schermo.

Un’onda continua di parole comunicate in apnea, e mani che arrancano per cercare il proprio porto sicuro; il tutto custodito tra i confini di una cornice di fattura meta-cinematografica, dove l’arte dell’essere si sostituisce e si mescola a quella del fingere. Ramona è un dialogo continuo con la modulazione di un futuro in divenire, e la costruzione di un rapporto fittizio, da modellare con la forza della macchina da presa.

Il gioco dell’attrazione tra l’attrice Ona, e il regista Bruno, si fa riflesso speculare delle pennellate che dipingono quell’universo di celluloide alla seconda inserito all’interno del racconto primario. Un passaggio di testimone che dimostra la magia del cinema di trasformare l’invenzione in realtà, lasciando credere che quello nato e ricreato dai personaggi sullo schermo sia la vera finzione. E proprio per sottolineare il materiale estraneo a quel mondo ordinario vissuto e creato al ritmo dei battiti cardiaci di Ramona, Bruno e Nico, che la regista sostituisce al bianco e nero dell’ordinarietà, i colori accesi e cangianti della sostanza meta-filmica.

I provini, le prove, e tutto il microuniverso che si svolge davanti all’obiettivo della cinepresa si veste di abiti colorati e brillanti, illuminati da una fotografia viva e splendente che ne tradisce la propria natura artefatta, irreale, immaginifica. Perché è nello spazio del bianco e nero, di due corpi e anime in antitesi che si nascondono le mille sfumature di una realtà banale, ordinaria, ma proprio per questa maledettamente vera. 

Ombre di fattura ordinaria

Tra le strade cittadine, tra le mura di un locale, o cullati nel proprio nido domestico, nessun indizio intende far capolino per tradire la natura drammatica e finzionale dell’opera di Andrea Bagney.  Lourdes Hernández e Bruno Lastra perdono la propria unicità per aderire perfettamente all’anima dei loro protagonisti. Investiti di una comicità mai forzata, ma perfettamente coerente all’umore di situazioni divergenti e mutevoli che sono chiamati ad affrontare, gli interpreti portano a compimento quel processo iniziato dalla potenza della macchina da presa, per tradurre in realtà frammenti una fantasia narrativa.

Anche la foga di una gestualità marcata, non solo si fa sintomo di una teatralità interpretativa tipicamente spagnola, ma reitera quel comportamento non verbale che accompagna tanti ignari interlocutori nei loro scambi interpersonali durante la vita di tutti i giorni. Il muro che separa la realtà diegetica, con quella spettatoriale, viene dunque abbattuto, in un girotondo di parole, sensazioni e attimi di vita vorticoso e coinvolgente. 

Non sono fantasmi di un passato riportato alla luce i personaggi di Ramona; il cinema della Bagney non è quello di Roma di Alfonso Cuaròn: non intende, cioè, farsi ponte diretto con i ricordi di ieri, richiamando frammenti dell’aldilà sul terreno dell’oggi. Le anime che vivono tra i raccordi di Ramona sono ombre di un presente che si svolge incurante degli altri; ombre scelte e insignite di valore e interesse, elevandosi a luce di proiezione, strumento straordinario di racconto di entità ordinarie. Entità che si incontrano, si parlano, si allontanano, Ramona e Bruno sono i poli opposti di una sala di aspetto fatta di celluloide, costruita e modellata nell’attesa di un abbraccio che tarda a compiersi, e con cui liberare, catarticamente, le proprie emozioni.

Specchio di mille incontri e abbandoni, di speranze e sorrisi, Ramona leviga quel vetro smerigliato che fin troppe volte impedisce la visione, e l’immedesimazione spettatoriale, per trascinare il pubblico al centro di esistenze paradossalmente così normali, da sembrare speciali. Un’equazione sottile, impercettibile, compiuta incosciamente, che eleva a straordinaria anche la realtà apparentemente banale di un pubblico così coinvolto in una storia in cui è portato a ritrovarsi, per ritrovare tra il bianco e nero di Ramona, le sfumature della propria esistenza.

The Hotel, recensione del film di Wang Xiaoshuai

The Hotel, recensione del film di Wang Xiaoshuai

Presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma, arriva The Hotel del regista cinese Wang Xiaoshuai, girato con povertà di mezzi e in poco tempo – soli quattordici giorni – durante il confinamento del regista e di un gruppo di suoi colleghi, artisti e tecnici del cinema, in un albergo in Thailandia. Qui Wang era in vacanza. Vi è rimasto confinato assieme alla troupe, con il dilagare della pandemia e l’interruzione dei voli verso la Cina. 

La trama di The Hotel

Vite che si intrecciano in un albergo e si confrontano con l’irrompere della pandemia da Covid-19. Sova, Yuanyuan Ning, una ragazza ventenne con sua madre, Ying Qu. Il giovane A Dong, Srisai Worrapon, che si occupa di un uomo disabile di mezza età, Jun Dai. Una coppia formata da un ex professore universitario, Fu Ye, e sua moglie, in crisi. Costretti a stare insieme, si conoscono e in alcuni casi, nascono amicizie o simpatie. Sova sta per compiere vent’anni e sua madre le ha promesso, per il suo compleanno, di rivelarle un segreto.

Un esperimento non riuscito

The Hotel cerca di fotografare lo spaesamento e la difficoltà dei rapporti umani, acuiti dalla pandemia. Lo fa attraverso scelte stilistiche e tecniche che non lo portano però all’efficacia, eccetto per il bianco e nero e per una fotografia tecnicamente molto bella, sebbene non particolarmente originale. Ecco allora, tempi dilatati, lunghe pause. I dialoghi sono ridotti al minimo. Le difficoltà relazionali così mostrate, le fragilità umane così rivelate, non riescono però a coinvolgere lo spettatore, che finisce per annoiarsi. La struttura del film è suddivisa in capitoli, con una parziale inversione dell’ordine cronologico. Questa scelta, però, non giova particolarmente al film, né trova una precisa giustificazione. Il cast offre interpretazioni che difficilmente riescono ad emozionare e non trasmettono la paura, l’incertezza, il senso del pericolo e della tragedia incombente, che in quei giorni tutti hanno provato. Peccato, perché avere poco tempo a disposizione e pochi mezzi non necessariamente significa non poter dar vita a un buon film. Nel caso di The Hotel, purtroppo, l’esperimento non sembra essere riuscito.  

La stranezza, la recensione del film con cui (ri)scoprire Pirandello

Vada come vada, La stranezza di Roberto Andò resterà un film emblematico, per la collaborazione tra RAI e Medusa che il regista ringrazia per il “gesto particolarmente significativo in un momento così difficile”. E sia come sia, la fantasia del regista sulla “nascita di un capolavoro che ha cambiato per sempre e in ogni latitudine l’idea del teatro” potrebbe sostituire gli altri titoli della sua ricca filmografia nel cuore degli appassionati. Sicuramente quelli di Ficarra e Picone (qui alla loro prova migliore) e di Toni Servillo, che offre l’interpretazione di un Pirandello che difficilmente potremo scindere dall’immagine che abbiamo del grande autore siciliano.

La stranezza di Pirandello, e dei suoi amici

Ed è proprio Luigi Pirandello, in occasione dell’ottantesimo genetliaco dell’amico Giovanni Verga nel 1920, a intraprendere un viaggio di ritorno nella sua terra. A Girgenti conosce i due singolari becchini Nofrio e Bastiano, impegnati per passione nella preparazione di uno spettacolo teatrale, alle prove del quale lo scrittore finisce per assistere anche per distrarsi dalla preparazione della sua nuova commedia, ancora in fieri eppure in grado di ossessionarlo con visioni spettrali, ricordi, malinconiche apparizioni.

Invitato da Nofrio e Bastiano alla prima della loro farsa – La trincea del rimorso, ovvero Cicciareddu e Pietruzzu – Pirandello assiste alla trasformazione della recita in una tragedia che coinvolge tutti gli abitanti presenti nel piccolo teatro. Una resa dei conti totale in cui a confrontarsi sono la platea e gli attori, alla quale lo scrittore assiste turbato. Ma che sembra in grado di lasciare un segno, al punto da spingere l’autore a ricambiare l’invito ai due, che ritroviamo a Roma, nel 1921, alla prima dei Sei personaggi in cerca d’autore in programma al Teatro Valle.

Un’opera immortale, un omaggio unico

Nelle mani di Andò, questa volta, invece, tutti i personaggi trovano un autore, e una loro vita, ma soprattutto un equilibrio del quale non si può che dare i meriti al regista di Palermo. Che fa un lavoro egregio nel gestire un trio di protagonisti tanto ‘ingombranti’ (per visibilità e importanza), e ad alternarli in scena, dopo aver realizzato una sceneggiatura – insieme a Massimo Gaudioso e Ugo Chiti – di quelle che non si vedono spesso sui nostri schermi.

Di certo, l’amore per il soggetto e il ricordo del giorno in cui fu lo stesso Leonardo Sciascia a regalargli la splendida biografia di Luigi Pirandello curata da Gaspare Giudice devono averlo motivato in maniera particolare, ma questo non inficia in alcuna maniera l’apprezzamento per un risultato sorprendente. Un film pieno, godibile, ben realizzato, divertente e commovente insieme, nel quale mito, folklore e fantasia si mescolano rapendo lo spettatore, felice di abbandonarsi a un’avventura verosimigliante che gioca con l’esito surreale – eppure reale – che la storia della nostra letteratura e del nostro teatro ci raccontano.

La creazione resta ‘Stranezza‘ fino a che non trova una propria voce, o qualcuno che parli la stessa lingua. E mentre il dramma rappresentato si sovrappone a quello vero, in un gioco di finzioni e ambiguità, va svelandosi il paradosso che permea questa strana commedia, divertente e stratificata. Che gradualmente ci conquista, prima con l’umorismo più riconoscibile e definitivamente con i fantasmi di una storia che fa indissolubilmente parte del nostro DNA.

Momenti di trascurabile felicità: libro, trama e cast del film

Momenti di trascurabile felicità: libro, trama e cast del film

Ci sono libri decisamente inadattabili per il grande schermo e c’è chi invece quei libri riesce comunque a trasportarli al cinema, magari costruendovi sopra racconti che esulano da quello originario ma che mantengono fede al cuore tematico di questo. Uno dei più recenti casi di questo tipo è Momenti di trascurabile felicità (qui la recensione), arrivato in sala nel 2019 per la regia di Daniele Luchetti. Il film è tratto dall’omonimo libro di Francesco Piccolo, che per l’occasione ha curato anche la sceneggiatura insieme allo stesso Luchetti.

Uscito nel 2010, e seguito poi nel 2015 da Momenti di trascurabile infelicità, lo scritto di Piccolo è un racconto che procede per frammenti, descrivendo quei piccoli momenti di gioia presenti nella vita di ognuno di noi. Considerati trascurabili perché legati all’apparentemente insignificante, questi racchiudono in realtà il senso di intere esistenze. Adattare per il grande schermo un racconto privo di una storia unica e coerente, però, era impresa piuttosto ardua, che Luchetti ha risolto riunificando tutti questi momenti all’interno di una storia originale.

Apprezzato da critica e pubblico, il film si propone dunque come un divertente e commovente ritratto di tutti quei momenti di felicità spesso trascurati, in cui ognuno può però ritrovarsi. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Momenti di trascurabile felicità: la trama del film

Protagonista del film è Paolo Federici, sposato con Agata e padre di famiglia, il quale per una bravata finisce con l’essere vittima di un incidente stradale: all’incrocio con un semaforo, in sella al suo scooter, Paolo viene letteralmente travolto da un camion. Subito dopo, però, si ritrova in paradiso quantomai caotico, simile ad un ufficio postale, con lunghe code di persone in attesa di sapere quale sarà il loro destino. Qui, dopo aver scoperto un errore nel conteggio del tempo che gli rimaneva da vivere, gli viene concesso di ritornare sulla Terra, sotto la supervisione di un angelo.

Paolo ha però a disposizione solo un’ora e trentadue minuti, durante i quali dovrà sistemare tutte le faccende importanti rimaste in sospeso. Nulla di significativo sembra però attuabile in quel tempo ridotto, e Paolo dovrà accontentarsi di trascorrere i suoi novantadue minuti in piccoli “momenti di trascurabile felicità”, che appariranno ora ai suoi occhi quanto mai significativi. Riassaggiando la bellezza della vita, allo scadere del tempo Paolo farà di tutto per non dover tornare in Paradiso.

Momenti di trascurabile felicità cast

Momenti di trascurabile felicità: il cast del film

Nel ruolo del protagonista Paolo Federici si ritrova Pierfrancesco Diliberto, meglio noto come Pif. Con questo film egli torna al cinema dopo tre anni di assenza, quando aveva diretto e interpretato In guerra per amore. Dedicandosi a Momenti di trascurabile felicità Pif ha dichiarato di essersi preparato al suo personaggio ricercando quante più cose in comune con questo, soffermandosi sul notare i propri momenti di trascurabile felicità. Nel ruolo di Agatha, la moglie di Paolo, vi è invece la cantante e attrice Thony. Prima di questo film aveva già recitato in Tutti i santi giorni, Ho ucciso Napoleone e L’ospite. Per la sua interpretazione in Momenti di trascurabile felicità ha poi ricevuto la nomination come miglior attrice protagonista ai Nastri d’Argento.

L’attore Renato Carpentieri, visto recentemente nei film Una storia senza nome, Ride, Hammamet e La vita davanti a sé, compare qui nel ruolo dell’angelo del Paradiso incaricato di accompagnare Paolo nel suo breve ritorno sulla Terra. Nel film compaiono poi anche Franz Cantalupo nel ruolo di Giuseppe e Vincenzo Ferrera in quelli di Carmine. Quest’ultimo torna così al cinema dopo aver recitato in televisione in Un posto al sole, Boris Giuliano – Un poliziotto a Palermo e Il cacciatore. Vi sono infine anche Roberta Caronia nel ruolo di Silvana, Angelica Alleruzzo in quello di Aurora e Francesco Giammanco nei panni di Filippo.

Momenti di trascurabile felicità: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Ogni tuo respiro è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Infinity, Apple iTunes, Amazon Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 22 ottobre alle ore 22:50 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

La legge della notte: trama, cast e curiosità sul film di Ben Affleck

Dopo aver diretto i thriller Gone Baby Gone e The Town, l’attore Ben Affleck si è consacrato come regista grazie ad Argo, che gli ha permesso di vincere l’Oscar per il miglior film. Quattro anni dopo, egli è tornato dietro la macchina da presa per dirigere il suo quarto lungometraggio, La legge della notte (qui la recensione). Uscito nel 2016, questo è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto da Dennis Lehane nel 2012. Per Affleck si tratta di un ritorno alle origini, avendo giù adattato un libro dello scrittore per il suo primo film. In questo caso non si tratta però solo di un thriller, ma anche di un omaggio al genere gangster.

Dopo aver letto la nuova opera di Lehane, infatti, Affleck si convinse da subito che sarebbe stata la storia giusta per lui. Grande appassionato di film di gangster degli anni Trenta e Quaranta, egli desiderava da tempo realizzare un tributo a quei film che tanto lo hano formato. La storia di Lehane rientrava perfettamente in quelle atmosfere, raccontando l’america proibizionista in modo crudo ma sincero. La legge della notte è così diventato per Affleck la lettera d’amore al cinema classico di quegli anni, parlando però un linguaggio strettamente contemporaneo. Nonostante le ambizioni del regista, il film ha però dovuto fare i conti con risultati poco entusiasmanti.

Al momento della sua uscita in sala, questo è infatti stato accolto in modo negativo tanto dalla critica quanto dal pubblico. A distanza di qualche anno, però, riscoprire il film è quanto mai consigliato, anche al netto dei suoi difetti. In questo si ritrovano infatti diversi elementi di pregio, dalla cura per la messa in scena ad interpretazioni di primo livello. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La legge della notte: la trama del film

La storia si svolge a Boston, negli anni Venti, in piena epoca del Proibizionismo. Joe Coughlin è un veterano della Prima guerra mondiale che, nonostante suo padre Thomas sia un poliziotto, ha ora intrapreso da tempo la via del crimine per ottenere facilmente potere e denaro. Joe ha però la sfortuna d’innamorarsi di Emma Gould, la donna del noto gangster irlandese Albert White. Quando il boss italiano Maso Pescatore viene a sapere della relazione segreta tra i due, decide di ricattare Joe per costringerlo a uccidere White, suo rivale in affari. Joe però preferisce scappare con la sua amante. Organizza quindi una rapina in banca con il suo compare Dion Bartolo per avere i soldi sufficienti per la fuga.

Da quel momento, le cose prenderanno risvolti inaspettati per lui. I suoi sogni di potere e successo andranno incontro ad una rovinosa disfatta, ma la sua volontà di rialzarsi dopo la caduta sarà sempre più forte. Nel tentativo di ricostruirsi una vita, egli si troverà dunque a fuggire nuovamente, ricominciare tutto da capo e innamorarsi di nuovo. I fantasmi del suo passato non lo lasceranno però mai in pace e quando Joe commetterà nuovamente gli stessi errori si troverà ora a non poter scappare da nessuna parte. Anche lui dovrà imparare a sue spese cosa accade quando si decide di disobbedire agli ordini.

La legge della notte cast

La legge della notte: il cast del film

Oltre a dirigere il film, Ben Affleck è anche presente nei panni del protagonista Joe Coughlin. Lehane, inizialmente, temeva che egli non avrebbe reso appieno la complessità del personaggio, ma dopo aver visto il film si ricredette del tutto. Originariamente, nei panni di Joe, avrebbe però dovuto esserci Leonardo DiCaprio, che preferì però limitarsi a produrre il film. Accanto ad Affleck, si ritrovano poi numerosi nomi celebri del cinema, a partire da Brendan Gleeson, presente nei panni di Thomas Coughlin, padre di Joe. Sienna Miller è Emma Gould, la donna amata del protagonista ma moglie del boss Albert White, interpretato da Robert Glenister. Per il ruolo di Emma erano state considerate anche le attrici Jennifer Lawrence e Lindsay Lohan.

Chris Messina è invece presente nei panni di Dion Bartolo, compare di Joe che lo aiuterà nella rapina. Per tale parte, l’attore ha guadagnato circa 20 chili di peso, al fine di risultare più imponente. L’attore italiano Remo Girone, invece, interpreta il boss italiano Maso Pescatore. Di particolare rilevanza è anche la presenza della giovane attrice Elle Fanning, che interpreta qui Loretta Figgis, una giovane aspirante attrice che cade però nel vortice della droga. Suo padre, Irving Figgis, è interpretato dal premio Oscar Chris Cooper. L’attrice Zoe Saldana, celebre per i film Avatar e Guardiani della Galassia, interpreta infine Graciela Suarez, sorella di un boss sudamericano, con cui Joe intraprenderà una relazione.

La legge della notte: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. La legge della notte è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma in questione o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà a disposizione soltanto un dato periodo temporale entro cui vedere il titolo. In alternativa, il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato ottobre alle ore 23:45 sul canale Rete 4.

Fonte: IMDb

 

Le quattro piume: trama, cast e curiosità sul film con Heath Ledger

Narrare di imprese epiche, dove a dominare i protagonisti non sono che il cuore e il coraggio, è da sempre una peculiarità del cinema. Sono numerosi i kolossal di questo tipo passati sul grande schermo, da Lawrence d’Arabia a Il paziente inglese. Nel 2002 è stata la volta di Le quattro piume, diretto dall’indiano Shekhar Kapur, autore noto anche per Elizabeth ed Elizabeth: The Golden Age. Quella racconta è infatti una storia che si colloca appieno in tale filone, portando in scena l’amore che sopravvive anche a situazioni tragiche e disperate come può esserlo una guerra. Passioni, conflitti e colpi di scena si ritrovano dunque all’interno dell’avvincente storia qui narrata.

Questa, in realtà, non è la prima volta che viene raccontata al cinema. Il film è infatti il sesto adattamento dell’omonimo romanzo di Alfred Edward Woodley, pubblicato nel 1902. Si tratta però di un adattamento diverso rispetto tanto alle precedenti versioni quanto al romanzo in questione. Gli eventi si svolgono qui in concomitanza con la Battaglia di Abu Klea, svoltasi nel 1885 in Sudan, mentre nelle differenti versioni l’ambientazione risulta essere più prossima al Novecento. In particolare, però, il regista sceglie di riadattare anche molti dei temi contenuti nel romanzo, tra cui il concetto di mascolinità e lo scontro tra la civiltà occidentale e quella orientale.

In aggiunta a ciò, il film si avvale di imponenti ricostruzioni scenografiche, affascinanti costumi e una colonna sonora firmata dal compositore premio Oscar James HornerLe quattro piume tuttavia non ottenne un grande risultato al box office, incassando appena 30 milioni di dollari. Si tratta però di un film da riscoprire nella sua bellezza, ma prima di intraprendere una visione di questo sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Le quattro piume: la trama del film

La vicenda si svolge nell’Inghilterra del 1884, in piena epoca vittoriana. Harry Faversham è un giovane cadetto dell’esercito britannico prossimo a completare il suo addestramento in accademia. Proprio in concomitanza di ciò, viene annunciata la partenza del suo reggimento per il Sudan, dove dovranno scontrarsi con l’esercito di Mhammad Ahmad, che sta conducendo una guerra di resistenza contro il colonialismo inglese. Harry, che in quello stesso periodo festeggia il suo fidanzamento con Ethne Eustace, si trova però profondamente in conflitto con la chiamata alle armi. Per questo motivo decide di rassegnare le missioni, finendo però con l’essere considerato un codardo.

Per tale motivo, si vedrà recapitare quattro piume bianche, simbolo di disonore e vigliaccheria. Abbandonato dagli amici, dalla famiglia e dalla stessa Ethne, Harry manifesta il desiderio di provare il proprio valore, e per farlo si vede costretto a partire per la guerra in Africa. Qui dovrà scontrarsi con gli orrori del conflitto, imbattendosi in imprevisti nemici e preziosi alleati. Più di ogni altra cosa, però, Harry aspira a poter salvare la vita dei propri compagni, tornando in patria da eroe e riconquistare la sua amata. Per riuscirci, però, dovrà prima di tutto riuscire a sopravvivere all’acceso conflitto.

Le quattro piume cast

Le quattro piume: il cast del film

Per dar vita a personaggi tanto ricchi di conflitti e passioni, i produttori del film hanno condotto lunghe ricerche, al fine di trovare gli interpreti più idonei. Inizialmente per la parte di Harry Faversham era stato considerato Jude Law, ma a vestire i panni di questi è stato un giovane Heath Ledger, qui ancora ai suoi primi ruoli cinematografici. Questi si era distinto l’anno precedente grazie a Il destino di un cavaliere, dimostrando una certa predisposizione ai film d’avventura. Per ricoprire il ruolo, questi si trovò dunque a dover studiare l’addestramento dei militari dell’epoca, al fine di risultare più credibile nel ruolo. Accanto a lui, nei panni della bella Ethne Eustace vi è invece l’attrice Kate Hudson. Celebre per Quasi famosi, questa rifiuto la parte di Mary-Jane in Spider-Man pur di poter recitare in questo film.

L’attore Wes Bentley, noto per il ruolo di Seneca Crane in Hunger Games, interpreta invece il miglior amico di Harry, Jack Durrance. Questi sarà l’unico a non rinnegare il protagonista in seguito alla sua scelta. Gli attori Kris Marshall, Rupert Penry-Jones e Michael Sheen danno invece vita a Castelton, Willoughby e Trench, i tre compagni di corso di Harry che doneranno a questi le piume bianche della vergogna. L’attore Djimon Hounsou, candidato all’Oscar per Blood Diamond, interpreta l’indigeno Abou Fatma. Questi salverà Harry nel corso della guerra, divenendo suo alleato. Nel film è inoltre presente la modella sudanese Alek Wek, la quale appare nei panni della principessa schiave Aquol. Membro del Comitato statunitense Advisory Councili, questa dichiarò di aver accettato la parte per porre ulteriormente in risalto la drammatica situazione degli indigeni di tutto il mondo.

Le quattro piume: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile vedere o rivedere il film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Le quattro piume è infatti disponibile nel catalogo di Chili Cinema, Apple iTunes e NowTV. Per vederlo, in base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno sabato 22 ottobre alle ore 22:00 sul canale La 7.

Fonte: IMDb

Triangle of Sadness: la recensione del film di Ruben Östlund

Triangle of Sadness: la recensione del film di Ruben Östlund

“Siamo tutti uguali”, viene più volte affermato in Triangle of Sadness, nuovo film del regista svedese Ruben Östlund. Ma lo siamo davvero? Ad affermare ciò, come si potrà notare, sono sempre i personaggi più ricchi (che sia di soldi o di bellezza), per cui l’uguaglianza sembra essere un concetto con cui riempirsi la bocca tra un assaggio di caviale e un sorso di champagne. A loro (ma più in generale a tutti noi) è dunque rivolta la critica proposta dal film, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes (la seconda per Östlund dopo quella per The Square nel 2017) e presentato in anteprima in Italia alla Festa del Cinema di Roma.

Dopo aver massacrato la mascolinità in Forza maggiore e il politicamente corretto in The Square, Östlund con Triangle of Sadness parte concentrandosi sullo smontare i miti del mondo della moda. Da questo ambiente vengono infatti Carl e Yaya (Harris Dickinson e Charlbi Dean), una coppia di modelli belli ma problematici, i quali si ritrovano a prendere parte ad una lussuosa crociera unicamente grazie al loro fascino. Tutto all’inizio sembra piacevole e “instagrammabile”, ma un evento catastrofico trasforma ben presto il viaggio in un’avventura in cui ogni gerarchia viene capovolta. A partire da qui il discorso del regista si amplia, giungendo a sagaci riflessioni sulle gerarchie sociali e le derive della società.

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Charlbi Dean e Harris Dickinson in una scena di Triangle of Sadness.

Il triangolo della tristezza, il valore della bellezza

Il triangolo della tristezza che dà il titolo al film, come racconta Östlund, si riferisce a quella porzione di fronte in mezzo alle sopracciglia che se irrigidita conferisce un’espressione sexy, seriosa o triste a seconda dei casi. Si tratta di un espediente utilizzato in particolare dai modelli, proprio come quelli protagonisti della prima scena del film. Il regista svedese parte dunque da questo dettaglio estetico, utilizzato per evidenziare la dilagante ossessione per le apparenze, per costruire la sua nuova pungente satira nei confronti della società e delle sue degenerazioni. Tutta la filmografia di Östlund si caratterizza infatti come un attento studio del comportamento umano, tra ipocrisie e ruoli sociali prestabiliti da seguire pedissequamente.

Oltre ai già citati The Square e Forza maggiore, anche PlayInvoluntary offrivano uno sguardo irriverente su determinati comportamenti dell’essere umano, portati ora all’estremo da Triangle of Sadness. Il film, infatti, si caratterizza per una serie di scelte narrative particolarmente assurde ma funzionali a comunicare quella satira che il regista intende attuare nei confronti dei ricchi e, in misura ancora maggiore, di coloro che vivono in funzione del valore economico della bellezza. Strutturato in tre capitoli (Yaya e Carl, La nave, L’isola), il racconto parte dal particolare dei due modelli per poi aprirsi e includere l’intera umanità, raccolta e sintetizzata tramite alcuni suoi rappresentanti sulla nave da crociera.

Si possono infatti ritrovare a bordo di essa non solo i modelli influencer, ma anche capitalisti russi, esperti di tecnologia, mercanti d’armi e, non meno importante, un capitano di ideologie socialiste meravigliosamente interpretato da Woody Harrelson. La nave diventa dunque il luogo ideale dove far confluire le classi sociali oggi esistenti, in quanto ambiente dove in modo particolarmente evidente si dividono i ricchi ospiti dai poveri addetti alle pulizie. D’altro canto, già Titanic aveva dimostrato come la nave fosse un luogo ideale per tali dinamiche. Tale suddivisione viene poi naturalmente ad infrangersi nel momento in cui si arriva sull’isola. Similmente a quanto accade in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, i ruoli si invertono. O almeno questo è quello che Östlund vuole farci credere.

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Arvin Kananian e Woody Harrelson in una scena di Triangle of Sadness.

Cinismo mascherato da ottimismo

Triangle of Sadness può dunque essere sintetizzato come una feroce e spassosa commedia sulle gerarchie di classe ben presenti nella nostra società. Östlund non si accontenta però di mettere ciò alla berlina, tirando dentro al discorso anche le ipocrisie relative a temi come l’ambientalismo e la parità di genere. Una tale ampiezza di discorsi è affrontata con un controllo del mezzo cinematografico invidiabile, che conferma il regista svedese come uno dei migliori uomini di cinema oggi in attività, capace di superarsi opera dopo opera. Triangle of Sadness dura ben due ore e mezza, eppure non si avverte mai il peso di tale minutaggio, tanto è serrato il ritmo del racconto.

E anche quando le situazioni sembrano richiedere una maggior distensione dei tempi e dei toni, Östlund trova ugualmente il modo di mettere sul piatto nuove offerte, cambi di direzione che scuotono gli equilibri nonché di caricare le sue scene e le sue inquadrature di continui elementi che trattengono l’attenzione dello spettatore. Che siano elementi di disturbo, come le tante mosche che ronzano tra i protagonisti, o propriamente disturbanti, come la straordinaria sequenza della tempesta in cui i passeggeri iniziano ad espellere liquidi corporei di ogni tipo, il film conserva dall’inizio alla fine un fascino raro. Triangle of Sadness gode però non solo di una sceneggiatura eccezionale e una regia particolarmente ispirata, quanto anche di ottime interpretazioni, tra cui spicca quella di Charlbi Dean.

Davanti ad un’opera come Triangle of Sadness si può ridere, si può provare imbarazzo o indignazione, forse ci si può anche spaventare nel vedere un ritratto tanto lucido e satirico di un’umanità di cui, inconsciamente o meno, facciamo tutti parte. Proprio per questo motivo il film potrebbe non essere gradito da tutti e altri potrebbero rinfacciargli, non errando, che non si tratta del primo lungometraggio ad affrontare tali tematiche con questi toni. In un panorama cinematografico sempre più votato alla medietà, un’opera ambiziosa e dissacrante come questa risulta però essere ben più che gradita nel ricordarci che, per quanto ci sforziamo di crederlo, non siamo tutti uguali. Se ciò sia un bene o un male, sta allo spettatore deciderlo.

L’innocent: recensione del film di e con Louis Garrel

L’innocent: recensione del film di e con Louis Garrel

L’innocent di Louis Garrel fa parte della sezione Best of 2022 della Festa del Cinema di Roma. Al centro, l’amore, di coppia e filiale, il riscatto sociale, le seconde possibilità. Una crime story romantica e soprattutto, molto divertente, parzialmente ispirata alla biografia del regista e attore francese.

La trama de L’innocent

Abel, Louis Garrel, è un uomo fin troppo tranquillo, per meglio dire, un pessimista tendente al depresso, con un grave lutto alle spalle. Quando scopre che sua madre Sylvie, Anouk Grinberg, che lavora in un carcere, sta per sposare il detenuto Michel, Roschdy Zem, un uomo corpulento dall’aspetto truce, Abel perde la testa. Farebbe qualsiasi cosa per proteggere sua madre. Anche se la sua migliore amica, Clémence, Noémie Merlant (Ritratto della giovane donna in fiamme), cerca di dissuaderlo, Abel inizia a pedinare il patrigno, convinto che abbia qualcosa da nascondere. Lo conoscerà poi meglio e accetterà di far parte di qualcosa di inedito per lui. A causa di questo passaggio all’azione, molte cose nella sua vita cambieranno.

Una questione di famiglia

Lo spunto della vicenda de L’innocent è autobiografico. Come ha chiarito lo stesso regista, il film vuole essere una sorta di lavoro complementare a quello realizzato da Brigitte Sy, madre di Garrel, dal titolo Les mains libres del 2010, in cui Sy racconta il suo matrimonio in carcere, dove ha lavorato per anni. Louis Garrel, diciottenne all’epoca dei fatti, ha dichiarato di voler raccontare la vicenda dal proprio punto di vista. È così che nasce il film. Un viaggio leggero e francamente divertente a spasso tra i generi, che gioca sull’inversione dei ruoli tra madre e figlio e sui cambi di prospettiva. Chissà, poi, che non derivi anche da questa singolare vicenda familiare l’abitudine alla contaminazione e all’eclettismo, a non porsi limiti di stile, di scrittura, trovando soluzioni sempre interessanti e creative.

L'innocent film recensioneUna commedia estrosa e accattivante, una ventata d’aria fresca

Dopo L’uomo fedele e La crociata, Garrel torna alle origini, confezionando una commedia esilarante e piena di colpi di scena. Accadono molte cose, ma questo succede in molti film e non è di per sé garanzia che il lavoro sia avvincente, anzi. L’innocent poteva essere confuso, invece il regista ha le idee ben chiare su ciò che vuole dire e su come dirlo in modo originale.

Garrel si muove nel suo elemento coltivando, giustamente, quella vena buffa, clownesca ed estrosa, che lo contraddistingue e sarebbe un peccato non sfruttare.

Il regista e attore sceglie anche gli altri interpreti in modo che possano adattarsi ai diversi registri del film: commedia, noir, film d’azione, ma anche film romantico. Così, Roschdy Zem, ad esempio, esplora nel personaggio di Michel il proprio lato amorevole e una sensibilità spiccata, mentre GarrelNoémie Merlant – bravissima – rivelano un lato un po’ folle, intraprendente e temerario, oltre a dare spazio a una frizzante vena comica. Particolare attenzione è riservata alla mimica: i loro volti dicono tutto. Ci si diverte, si ride di gusto. L’innocent è leggero, frizzante, ma non futile. Come una ventata d’aria fresca, è lì a ricordare che non tutti i mali vengono per nuocere e che a volte nella vita c’è bisogno di un cambiamento, anche estremo, per trovare la forza di ripartire. Si tratta di un lavoro estroso e accattivante. C’è bisogno di commedie così, che continuano a far ridere lo spettatore anche dopo che ha lasciato la sala. L’uscita al cinema de L’innocent è prevista per gennaio 2023.

In a Land That No Loger Exists: recensione del film di Aelrun Goette

Alla Festa del Cinema di Roma in concorso, In a Land That No Longer Exists di Aelrun Goette aiuta a discutere di diritti e libertà e a tenere viva la memoria storica, anche recente. “Solo quando sogniamo siamo liberi”, diceva la madre della protagonista alla piccola Susanne. E la chiamava Suzie, come la bassista e cantante americana Suzie Quatro. Il sogno e la libertà, però, non sembrano avere molto spazio nella Germania Est socialista dell’estate 1989.

C’era una volta la Germania Est

Susanne Schulz, Marlene Burow, è una diciassettenne della Germania Est, che vive con suo padre Klaus, Peter Schneider, e la sorellina dodicenne Kerstin, Zoé Hoche. Vuole studiare e diventare una scrittrice, ma viene espulsa da scuola perchè trovata in possesso di una copia di 1984 di George Orwell. Viene così assegnata a una fabbrica di lavoro socialista, la KWO, dove dovrà dimostrare di dare il suo contributo al partito. La sua vita cambia quando un giovane fotografo, David Schütter, la ritrae mentre è affacciata al finestrino dell’autobus che la prota a lavoro, Una famosa rivista di moda è la sua opportunità per uscire dalla fabbrica e condurre una vita libera. Tuttavia, non ha messo in conto i limiti e i compromessi che si è costretti ad accettare in uno stato socialista. Incontrerà nuovi amici, come l’eccentrico gay Rudi, Sabin Tambrea, ma scoprirà che non si ottiene niente per niente, che l’esercizio della libertà e la piena espressione di sé sono quanto di più difficile da fare nella Germania Est, a pochi mesi dalla caduta del muro.

Tra autobiografia e finzione

Ancora una vicenda ispirata alla biografia di chi dirige il film in questa diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma. L’esperienza di modella condotta dalla regista Aelrun Goette, al suo primo film di finzione, ha infatti fornito lo spunto di In a Land That No Longer Exists. Giovano sicuramente al film la conoscenza del mondo della moda e l’occhio allenato alla percezione della bellezza visiva di Goette. Così anche l’esperienza come scenografa e costumista.  Nelle scenografie e nei costumi, infatti, il film dà libero sfogo alla creatività.

Un inno alla libertà e all’autoaffermazione

In a Land That No Longer Exists vive della contrapposizione tra libertà, bellezza e creatività, da un lato, grigiore oppressivo della fabbrica e dell’inquadramento ideologico socialista dall’altro. È una contrapposizione innanzitutto visiva tra le tute scure da operaie e i fruscianti abiti in seta dai colori accesi delle modelle di Sybille – una sorta di Vogue della Germania Est. La bellissima protagonista, interpretata da Marlene Burow, si dibatte tra questi due poli, ma è subito chiaro quale sia la sua collocazione naturale. Un percorso di formazione e individuazione interessante proprio nella misura in cui fornisce l’occasione di ricordare un mondo che forse non esiste più, ma è esistito, e la cui memoria aiuta a non incorrere in ricorsi storici.

Un mondo in cui era un crimine leggere un libro o essere gay  – molto sentita e coinvolgente l’interpretazione di Sabin Tambrea – e che ha ancora qualcosa da dire all’oggi. La regista insiste poi su quanto la libertà sia una questione interiore, prima che fisica, sociale o politica. Lo sottolinea una delle frasi più belle del film, pronunciata proprio dal personaggio di Rudi: “O sei libero dappertutto, o non lo sei. Allora nemmenno l’Ovest potrà aiutarti”. Anche il personaggio della sorellina dodicenne è molto ben delineato e riesce a strappare sorrisi. Da ricordare che la regista è anche sceneggiatrice del film. Goette è abile poi, nel riportare alle atmosfere di fine anni Ottanta, sia visivamente, che con la colonna sonora di Boris Bojadzhiev. Ad oggi, non è ancora prevista una data di uscita italiana per A Land That No Longer Exists.

Black Adam 2: i produttori anticipano una rapida sequenza temporale di produzione per il sequel

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Dopo l’uscita nelle sale di Black Adam, i produttori Hiram Garcia e Beau Flynn hanno confermato i loro piani per lo sviluppo di Black Adam 2 . Parlando con Comic Book, Garcia e Flynn assicurano con sicurezza ai fan che il potenziale sequel guidato da Dwayne Johnson non richiederà molto tempo come la produzione del primo film. Immaginiamo che se il successo al box office sarà confermato la Warner Bros sarà desiderosa di proseguire al storia soprattutto dopo aver riportato nel DC Extented Universe il Superman di Henry Cavill.

«Non preoccuparti», ha confermato Flynn. “Questo sarà veloce… Apriremo il carro magico, e avremo la sceneggiatura pronta, abbastanza velocemente.” “Speriamo sempre che il primo capitolo sia quello facile”, ha aggiunto Garcia, “Poi cucineremo velocemente una seconda puntata, questo è certo”.

Garcia ha continuato rivelando le loro possibili idee per Black Adam 2, che comporterebbe un ruolo più importante per il Superman di Henry Cavill mentre continuano a stuzzicare la resa dei conti finale tra l’Uomo d’Acciaio e l’antieroe. “La nostra visione è che quello che vogliamo davvero stabilire è che Superman esiste nello stesso mondo di Black Adam”, ha scherzato Garcia. “Entrambi quei ragazzi esistono nello stesso universo e questo è importante per noi. È nell’universo dove si trova la nostra JSA e così via. Ma volevamo davvero che il mondo sapesse che questi ragazzi si incroceranno e come lo facciamo, ci stiamo ancora lavorando. Non vogliamo rivelarlo così facilmente. Ma dirò che è molto più grande di quello che pensa la gente”.

Black Adam, il film

Il cast completo di Black Adam, oltre a Dwayne Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo, annovera anche Noah Centineo (Atom Smasher), Quintessa Swindell (Cyclone), Aldis Hodge (Hawkman) e Pierce Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis, e Marwan Kenzari, che sarà invece l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato ancora svelato).

Black Adam, che sarà diretto da Jaume Collet-Serra (già dietro Jungle Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo. Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio. L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio 2022. Black Adam uscirà al cinema in Italia giovedì 21 ottobre 2022.

Il progetto originale della Warner Bros. su Shazam! aveva previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua nemesi, Black Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla sua origin story. A quanto pare, il film su Black Adam dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni duemila.

Spider-Man 4: 10 personaggi che potrebbero unirsi a Wall-Crawler (e Daredevil?) nella prossima trilogia

Sembra che Spider-Man 4 potrebbe arrivare nei cinema nel 2024. Nulla è ancora confermato, visti tutti i progetti MCU previsti per i prossimi due anni. È passato quasi un anno da quando No Way Home è stato rilasciato: per i fan è tempo di pensare al futuro dell’Uomo Ragno. Chi saranno i prossimi nemici che SpiderMan dovrà affrontare? E chi saranno i suoi nuovi alleati? Ecco alcuni personaggi dei fumetti che sembrano fatti apposta per la prossima trilogia di Spider-Man.

Gli Ammazzaragni

Spider Slayer

In No Way Home, J. Jonah Jameson ha rivelato al mondo l’identità segreta di Spider-Man, ma il tragico finale ha fatto cadere Peter nell’oblio. Quale minaccia sarebbe peggiore per il futuro di Spidey che un gruppo di robot killer? Ad esempio, Jameson potrebbe usarli per smascherare nuovamente il suo nemico Spidey  anche dopo l’incantesimo.

Forse non sono i personaggi più originali, ma gli Ammazzaragni hanno riscontrato un discreto successo nei fumetti e potrebbero essere per lo meno un dignitoso nemico secondario per Spider-Man, magari guidati da Jameson.

Gatta Nera

Black Cat Spider-Man

Gatta Nera nei fumetti ha vestito sia i panni da cattiva sia quelli da eroina. Sarebbe interessante vederla entrare nell’MCU come nemica di Spider-Man e poi seguire la sua trasformazione in alleata (e magari amante) di Peter. Gatta Nera è un personaggio femminile forte, aspetto su cui stanno puntando molto i film di supereroi. Ad esempio, Felicia Hardy potrebbe essere al college con Peter: in questo modo i due, da compagni di scuola, potrebbero facilmente diventare compagni in battaglia o in amore.

Hobgoblin

Hobgoblin Spider-Man

La storia del Goblin Verde è già stata approfondita in tutti e tre i film di Sam Raimi e, in parte, anche in The Amazing Spider-Man. Willem Dafoe ha potuto riprendere il ruolo anche in No Way Home. Un personaggio legato a Norman di cui non si è ancora parlato nell’MCU è invece Hobgoblin. Si tratta di un cattivo misterioso che ha seminato il panico nei fumetti. Roderick Kingsley è uno stilista di successo che diventa Hobgoblin quando scopre i nascondigli di armi e la formula magica di Norman.

Nella prossima trilogia, Spider-Man potrebbe affrontare l’ennesimo Goblin ma in una veste completamente nuova. Sarebbe interessante vedere Hobgoblin in azione sul grande schermo: sicuramente, l’indagine live-action per scoprire chi si cela sotto la maschera sarebbe super avvincente!

Man-Wolf

Spider-Man Comics

In No Way Home, J. Jonah Jameson assume un ruolo prevalentemente comico e di supporto alla storia, ma sarebbe bello vedere il personaggio maggiormente coinvolto nella prossima trilogia.

E se John Jameson assumesse l’identità di Man-Wolf? Sarebbe divertente vedere l’eroe in azione, il personaggio potrebbe addirittura collegarsi alla trama di Werewolf by Night! Anche senza essere il cattivo principale, in una trilogia di Spider-Man Man-Wolf potrebbe comunque svolgere un ruolo significativo.

Jean DeWolff

Jean Spider-ManInizialmente, nei fumetti Spider-Man e il capo polizia del NYPD Jean DeWolff hanno un rapporto ostile, principalmente a causa delle storie di J. Jonah Jameson su The Daily Bugle. In seguito, i due diventano stretti alleati. Quando Jean viene tragicamente uccisa dal Mangia Peccati, Peter si reca nel suo appartamento per cercare degli indizi: qui scopre che la donna nutriva dei sentimenti nei suoi confronti.

La storia tra i due nei fumetti è complessa e memorabile ma, nonostante ciò, fino ad ora nessun film di Spider-Man l’ha realmente affrontata. Vedere una fitta rete di relazioni tra l’agente della polizia e Spider-Man sarebbe qualcosa di nuovo e permetterebbe ad una donna forte e avvincente di entrare nell’MCU.

Lo Sciacallo

Jackal

Uno degli aspetti più avvincenti dell’immaginario di Spider-Man: Far From Home è la lotta tra Spidey e i suoi duplicati. I Marvel Studios potrebbero sfruttare questa linea narrativa e introdurre Lo Sciacallo o Ben Reilly.

Vista la complessa storia del personaggio, Miles Warren potrebbe presentarsi come una sorta di alleato per Spider-Man e cambiare le sue intenzioni durante la trilogia. O ancora, una scena post-credits di Spider-Man 4 potrebbe mostrare un doppelganger di Peter, ponendo così le basi per il debutto live-action di Ben. Più tardi, il franchise potrebbe approfondire approfondire la storia di Ben Reilly.

Ezekiel Sims

Ezekiel

Nei fumetti, Spider-Man si scontra con un misterioso uomo più anziano che possiede i suoi stessi poteri e conosce la sua identità segreta. Successivamente, Ezekiel Sims rivela a Peter che i suoi poteri non sono di natura scientifica ma magica. Nonostante sia scettico, Spidey si affida a Ezekiel e diventa suo amico, almeno fino a quando non scopre che il personaggio vuole in realtà sacrificarlo per salvarsi.

Ezekiel s’inserirebbe perfettamente nel sequel di No Way Home: in quanto nuovo mentore potrebbe sostituire Zio Ben e fornirebbe un rinfrescante cambiamento di ritmo. Sfortunatamente, sembra che il personaggio sia destinato a debuttare nell’MCU come nemico di Madame Web.

Morlun

Morlun Spider-Man

Anche un personaggio come Morlun potrebbe essere un grande cattivo per la prossima trilogia di Spider-Man. Il personaggio è stato introdotto all’inizio degli anni 2000 ed è uno dei nemici più potenti di Spidey.

Morlun arriva sulla scena quando Peter scopre l’origine magica dei suoi poteri. Il cattivo segue incessantemente Spider-Man attraverso New York e inizia ad uccidere i civili ogni volta che l’eroe si nasconde per riposare. Successivamente, torna a tormentare Peter insieme al resto della sua famiglia in una battaglia che attraversa il Multiverso. La tecnologia è una parte importante delle avventure MCU di Peter: grazie a Morlun, nella prossima trilogia il franchise potrebbe approfondire un altro lato dei poteri dell’eroe.

Scorpione

Scorpion Spider-Man

Scorpione è uno dei nemici classici di Spider-Man. Anche se forse non è ai livelli del Goblin Verde, la sua storia si adatterebbe perfettamente al grande schermo. In realtà, il personaggio è già apparso in Homecoming. Non ci stupiremmo se, nella versione live-action della storia, Jameson assumesse un ex detenuto che porta rancore nei confronti di Spidey.

Nei fumetti, Jonah assume il detective privato Mac Gargan per scoprire l’identità segreta di Spidey. Il detective fallisce e, nel tentativo di ricevere le abilità necessarie per abbattere l’eroe, impazzisce. Alla fine, uno Scorpione vendicativo finisce per colpire sia Spider-Man che Jameson.

Gwen Stacy

Gwen Spider-Man

Sarebbe bello vedere una nuova interpretazione del personaggio di Gwen Stacy sul grande schermo. Nell’MCU, Gwen potrebbe essere reinventata proprio com’è successo a MJ.

Non ci stupiremmo se, all’inizio della prossima trilogia di Spider-Man, Peter fosse ancora innamorato di MJ. Tuttavia, è probabile che Spidey provi ad andare avanti e incontri una nuova ragazza. E se questa fosse proprio Gwen? Ammettiamolo: i fan non aspettano altro che vedere un’interpretazione MCU di questa iconica love story.

Un mondo perfetto: trama, cast e frasi del film di Clint Eastwood

Dopo aver regalato al mondo uno dei suoi capolavori, il crepuscolare western Gli spietati, vero e proprio film spartiacque nella sua carriera, il premio Oscar Clint Eastwood ha dato vita nel 1993 a Un mondo perfetto. Avventura on the road tra un bambino e il criminale che l’ha preso in ostaggio, personaggi tra cui nascerà un profondo legame in grado di cambiare il loro animo per sempre. Scritto da John Lee Hancock, il film è oggi ricordato come uno dei più belli e dolci nella filmografia di Eastwood, riconfermatosi una volta di più regista ricco di sfumature e qualità. Lo stesso Eastwood ha affermato di considerare questo come uno dei suoi film preferiti.

Mentre si trovava impegnato nella campagna promozionale del western succitato, il regista e attore si imbatté nella sceneggiatura di Un mondo perfetto, innamorandosene subito. Eastwood decise così che quello sarebbe stato il suo progetto successivo, facendo in modo di iniziare quanto prima le riprese. Queste si svolsero nelle suggestive terre del Texas, tra le città di Austin e Martindale. Accolto particolarmente bene dalla critica, il titolo venne lodato in particolare per la grande costruzione psicologica dei personaggi, quanto per l’interpretazione degli attori principali.

Anche al momento dell’arrivo in sala il film ottenne grande successo, incassando globalmente circa 135 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 30. Un mondo perfetto si affermò così come uno dei maggiori risultati economici di Eastwood. Prima di intraprendere una visione di tale opera, può certamente essere utile approfondire ulteriormente alcuni dettagli relativi alla trama e cast. Proseguendo nella lettura sarà qui possibile ritrovare tutto ciò, come anche alcune delle più belle frasi del film. Infine, si elencheranno le piattaforme streaming dove è possibile ritrovare il il titolo per una comoda visione casalinga.

Un mondo perfetto: la trama del film

Protagonista della storia è il detenuto Butch Haynes, il quale insieme a Terry Pugh riesce ad evadere dalla sua prigione e intraprendere una spericolata fuga verso la libertà. Riusciti ad arrivare in città, i due si mettono in cerca di un’auto con cui potersi allontanare più rapidamente. Prima di ciò, si introducono però in un appartamento in cerca di un nascondiglio. Qui tentano di opporsi alle resistenze della donna lì residente, decidendo però poi di fuggire portando via con sé il figlio di questa. Il bambino ha 8 anni e si chiama Philip, e si ritrova ora catapultato in una situazione impensabile, costretto a seguire come ostaggio i due criminali.

Butch però inizia a sviluppare un certo legame con il piccolo, decidendo di salvaguardarlo dalla follia del socio Terry. Nel frattempo, sulle loro tracce si pone il Texas Ranger Red Garnett, pressato dai piani alti per una rapida conclusione del caso, poiché manca pochissimo alla visita ufficiale a Dallas del presidente Kennedy. Aiutato dal federale Bobby Lee e dalla criminologa Sally Gerber, questi intraprende così la ricerca del bambino rapito. Philip, dal canto suo, vive la cosa come una grande avventura, libero di fuggire dalle rigide regole della madre e ritrovando in Butch il padre mai avuto. Per l’uomo, a sua volta, Philip appare sempre più come un figlio da proteggere.

Un mondo perfetto cast

Un mondo perfetto: il cast del film

Reduce dal doppio ruolo di regista e interprete per Gli spietati, Eastwood espresse la volontà di rimanere soltanto dietro la macchina da presa per questo nuovo film. A fargli cambiare idea fu però l’attore Kevin Costner, il quale affermò che il personaggio di Red Garnett sembrava perfetto per Eastwood. Convintosi, questi si approcciò al personaggio ricercando elementi in comune con personaggi simili precedentemente interpretati. Egli compare nel film per un totale di soli 26 minuti, mentre nel primo montaggio del film la sua presenza era di 43 minuti. Per il ruolo del detenuto dal cuore d’oro Butch, il regista aveva inizialmente considerato l’idea di affidare il ruolo all’attore Denzel Washington.

Fu però proprio Costner ad ottenere la parte, dando vita ad una delle interpretazioni migliori della sua carriera. Come Eastwood, anche l’attore aveva da poco vinto un Oscar come miglior regista, per Balla coi lupi. Un mondo perfetto è così l’unico film della storia a veder recitare insieme due attori vincitori di tale premio. Nel film è poi presente l’attrice premio Oscar Laura Dern, nei panni della criminologa Sally Gerber, e Bradley Whitford in quelli del federale Bobby Lee. Keith Szarabajka è invece il criminale Terry Pugh, mentre Bruce McGill è Paul Saunders. Il piccolo Phillip è invece interpretato da T. J. Lowther, divenuto celebre grazie a tale ruolo ma oggi ritiratosi dalla recitazione.

Un mondo perfetto: le frasi, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile vedere o rivedere tale film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Un mondo perfetto è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà semplicemente iscriversi, in modo del tutto gratuito alla piattaforma. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà a disposizione un determinato limite temporale entro cui effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno venerdì 21 ottobre alle ore 21:00 sul canale Iris.

Qui di seguito si riportano invece alcune delle frasi più belle e significative pronunciate dai personaggi del film. Attraverso queste si potrà certamente comprendere meglio il tono del film, i suoi temi e le variegate personalità dei protagonisti. Ecco dunque le frasi più belle del film:

  • La macchina funziona un po’ come la macchina del tempo: dietro di te c’è il passato che ti sei lasciato alle spalle; davanti a te c’è il futuro. Puoi accelerare per farlo realizzare prima o, come preferisci, puoi rallentare. Goditi il presente fin che puoi! (Butch Haynes)
  • In un mondo perfetto l’avremmo già preso da tanto tempo… In un mondo perfetto non sarebbe neanche successo. (Red Garnett)
  • Quelli come noi, Phillip, devono stare da soli per correre dietro al destino. Tu mi hai capito, vero? (Butch Haynes)
  • Probabilmente non gli avrei nemmeno sparato… Vedi Phillip, io ho ucciso solamente due persone: una per salvare mia madre l’altra per salvare te. (Butch Haynes)
  • Non sono un brav’uomo, ma nemmeno il peggiore. (Butch Haynes)

Fonte: IMDb

Marco Bellocchio apre la 72° edizione di Linea d’Ombra Festival

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Sabato 22 ottobre parte la 27ma edizione di Linea d’Ombra Festival che si apre alle 18:30 con la proiezione di Klondike (Maryna Er Gorbach / Ucraina / 2022 / 100’), in perfetta contemporanea con la Festa del Cinema di Roma. A Salerno saranno presenti i profughi ucraini e russi, grazie alla Fondazione Progetto Arca e al Forum Terzo Settore. Il film sarà disponibile on line il 23 ottobre, dalle 18:30 e per 4 ore, su mymovies.it/ondemand/lineadombrafestival. Dopo l’apertura con Klondike, la sala Pasolini di Salerno accoglierà il primo grande ospite di quest’anno. 

Sarà Marco Bellocchio, alle 21.30, a salire sul “Ring” per incontrare il pubblico di Linea d’Ombra in conversazione con il co-direttore artistico Boris Sollazzo. 

 Marco Bellocchio è un maestro. Non solo di cinema. Il suo percorso artistico ha attraversato e raccontato i conflitti del nostro paese, politici, religiosi, umani, con una lucidità intellettuale e una potenza emotiva rare, anzi uniche nel panorama mondiale. Da I pugni in tasca a Esterno Notte, ci ha donato capolavori che hanno guardato senza paura negli abissi, nelle ombre più scure di un paese, con la forza della sua rabbia sempre giovane, senza mai rinunciare a sfide per altri impossibili. Ci ha insegnato che Marx può aspettare, che Dio e l’io sono interlocutori necessari alla nostra crescita. E che in noi, come privati e comunità, la linea d’ombra è la strada maestra per essere uomini e artisti. L’evento sarà trasmesso anche in diretta streaming. Ma la prima giornata del festival offre molte altre suggestioni.

Alle 18.30 nella Chiesa dell’Addolorata “Borzaya”, “Before After”, “Agosto in Pelliccia” e “Work it class!” daranno il via alla sezione “CortoEuropa”. Alle 19  al Piccolo Teatro Porta Catena LineaDoc avrà il suo start con “Quarries”, “Aribada” e “The BLACK ChristS. Far From Justice. Alle ore 20 la Chiesa dell’Addolorata ospiterà i primi sei lavori in concorso per “VedoAnimato” (Tête-bêche, Stone Heart, Mosaicos, Bananas for Ice Cream, Night e If You Meet a Coyote). Alle ore 21, sempre nella Chiesa dell’Addolorata, per VedoVerticale ci sarà la proiezione di I Woke Up On A Little Planet, Vertical, Plastic Words, The WindowReborn in Fire.

Alle 21.30 al Piccolo Teatro Porta Catena andranno i replica i film della sezione “CortoEuropa”; mentre alle 22 nella Chiesa dell’Addolorata per il “Quinto elemento” si parlerà di cinema e videogame: con Eline Soumeru e Luuk Van Huet l’incontro dal titolo “Quando il videogioco si fa festival”. A moderare Franco Cappuccio L’incontro è realizzato con il sostegno dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi.

Infine da non dimenticare il primo appuntamento con le CINECENE ® format ideato dalla chef Kaba Corapi e Boris Sollazzo, che si svolgeranno al Ristorante Didattico  “Al Virtuoso”, un convivio che unisce il piacere della cucina gourmet con la storia del cinema. Evento promosso e realizzato in esclusiva con Fondazione Cassa Rurale Battipaglia – Banca Campania Centro in collaborazione con IPSEOA – R. VIRTUOSO Salerno

IL FESTIVAL. 150 film in concorso provenienti da 47 paesi, 6 location (Sala Pasolini, Piccolo Teatro Porta Catena, Chiesa dell’Addolorata, Palazzo Fruscione e Campus UNISA), 11 eventi al giorno da sabato 22 ottobre 2022 a sabato 29 ottobre 2022.

2500 sono stati i film visionati in selezione tra gli iscritti alla piattaforma Filmfreeway e i diversi festival internazionali, per poi stilare la lista delle opere in concorso a Salerno nelle sei sezioni: Passaggi d’Europa, LineaDoc, CortoEuropa, VedoAnimato, VedoVerticale e Unifest. Interessante anche quest’anno il singolare connubio del cinema con le altre arti: il videogioco, la musica, la danza, la realtà virtuale, la gastronomia, gli audiovisivi e le tecnologie digitali.

Conflitti è il tema di questa edizione. “Mai ci saremmo aspettati –  scrivono Peppe D’Antonio e Boris Sollazzo, nel testo di presentazione del festival – che poche settimane dopo l’annuncio della parola d’ordine di questa edizione saremmo stati squassati dal terrore e poi dall’evidenza di una guerra, quella tra Russia e Ucraina, che ha spazzato via definitivamente le certezze un po’ grottesche e le presunte conquiste del secolo breve e ci ha gettato nel terrore e nell’incapacità di discernere, per molti, posizioni, diritti, ragioni. A questa ferita del mondo tributiamo l’esordio del festival e del concorso dei lungometraggi”.

Angelina Jolie sarà Maria Callas per Pablo Larraín

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Angelina Jolie sarà Maria Callas per Pablo Larraín

Angelina Jolie reciterà nel prossimo film del regista candidato all’Oscar Pablo Larraín, un film biografico sulla famosa cantante lirica Maria Callas. Il film sarà intitolato semplicemente Maria, e la logline recita: “racconta la storia tumultuosa, bella e tragica della vita della più grande cantante d’opera del mondo, rivissuta e reimmaginata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni ’70”. Steven Knight (Spencer, Peaky Blinders, La promessa dell’assassino) ha scritto la sceneggiatura.

“Avere la possibilità di unire le mie due passioni più profonde e personali, il cinema e l’opera, è stato un sogno tanto atteso”, ha detto Larraín. “Fare questo con Angelina, un’artista estremamente coraggiosa e curiosa, è un’opportunità affascinante. Un vero dono”.

“Prendo molto sul serio la responsabilità della vita e dell’eredità di Maria. Darò tutto quello che posso per affrontare la sfida. Pablo Larraín è un regista che ammiro da tempo. Avere la possibilità di raccontare di più sulla storia di Maria con lui, e con una sceneggiatura di Steven Knight, è un sogno”, ha detto Jolie.

Pablo Larraín non è nuovo ai film biografici. Ha infatti diretto Kristen Stewart in Spencer, film che ha reimmaginato la storia di Diana Spencer, e ha diretto Natalie Portman nello splendido Jackie, su Jackie Kennedy. Il caso vuole che Jackie e Maria siano state riva.li in amore, in vita, dal momento che Callas aveva una storia con il miliardario greco Onassis, quando questo si innamorò di Jackie vedova Kennedy e la sposò, spezzando il cuore di Maria Callas. Sia Stewart che Portman hanno ricevuto una nomination agli Oscar nella categoria principale. L’acclamato regista ha anche ricevuto una nomination all’Oscar come miglior film in lingua straniera per il suo dramma storico cileno del 2012 No, la prima volte per il Cile.

Maria è prodotto da Juan de Dios Larraín per Fabula Pictures, Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, una Fremantle Company, e Jonas Dornbach per Komlizen Film.

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Aftersun: recensione del film con Paul Mescal

Aftersun: recensione del film con Paul Mescal

Con Aftersun, debutto registico delicato nella messa in scena ma esplosivo nella sua introspezione, Charlotte Wells aggiunge un tassello degno di nota alle produzioni targate A24. Presentato ad Alice nella città, dopo il passaggio al Festival di Cannes 2022 in una sezione parallela, oltre ad altri festival indipendenti, il film di Wells restituisce la complessità del rapporto padre-figlia, affidandone l’indagine alla funzione spettatoriale: tra ricordi effettivi e manipolazioni volontarie, Paul Mescal e l’esordiente Frankie Corio ci guidano alla ricerca di un qualcosa che vorremmo sapere ma di cui riconosciamo l’inafferrabilità.

La vacanza in cui vive il ricordo

Durante una vacanza in Turchia, l’undicenne Sophie fa tesoro del tempo che trascorre con il padre amorevole e idealista. Vent’anni dopo, una Sophie adulta ricorda la loro ultima vacanza insieme e cerca di comprendere la distanza tra il padre e l’uomo che non ha sempre conosciuto.

Due strade che si sono, in un qualche modo, separate si aprono a molteplici letture da parte dello spettatore. Di solito, quando cerchiamo di ricordare cerchiamo anche di capire, e ricordare le persone significa anche cercare di capire cosa siamo diventati. Sophie è in un momento della sua vita in cui deve tornare alla memoria di suo padre per capire cosa significhi davvero essere genitore e, forse, cercare di guarire alcune ferite del passato. Allo stesso tempo, potrebbe anche trovare sollievo in quel ricordo. Non sappiamo quali ricordi siano effettivamente aderenti alla realtà di ciò che è accaduto e quali no, perché è la stessa narratrice ad essere inaffidabile, a manipolare l’intera narrazione. L’immagine del padre è spesso sfocata, sono molti i frangenti in cui Sophie vede il suo profilo attraverso uno specchio: ora l’adulta è lei, il compleanno è il suo, e forse ha capito per la prima volta cosa significa essere una donna proprio nella vacanza in Turchia col padre.

Aftersun: cercare la presenza nell’assenza

Padre che sicuramente aveva a che fare con demoni interiori, con una sofferenza lontana dalla comprensione di una bambina ma non dai suoi occhi. Eppure, a Sophie non è mancato nulla durante le vacanze in Turchia, sceglie di ricordarsi la presenza, non l’assenza: anche se la memoria è offuscata e non sapremo mai veramente cosa è successo oltre quelle circostanze, c’è una specificità in quel ricordo, a cui Sophie ha bisogno di aggrapparsi.

Non importa come sia avvenuto il distacco: il film potrebbe funzionare perfettamente anche se il padre di Sophie fosse morto serenamente a novanta anni, lasciandone intatta l’universalità del messaggio. Quando lasciamo andare qualcuno, c’è sempre una porzione di spazio in cui cerchiamo di capire chi abbiamo perso e di trovare un senso dove in realtà sappiamo che non ne troveremo.

Con un Paul Mescal sempre più lanciato nei ruoli dalla forte carica drammatica e una giovanissime esordiente che lascia senza parole, Aftersun procede per frammenti, trova nelle ellissi narrative e nelle cesure di montaggio la propria vena stilistica, che non è facile da accettare: in tanti frangenti vorremmo sapere molto di più, vorremmo andare oltre, ma siamo costretti a fermarci alle modalità di comprensione di una bambina, perché certe parti del ricordo devono rimanere intatte, per proteggerci dalla consapevolezza della realtà adulta in cui, durante il processo di crescita, ci troviamo immersi.

Sotto lo stesso cielo, nel ricordo

Racconto che potrebbe assumere e suddiversi nella forma di polaroid, istantanee dal valore sempreterno anche nel presente, Aftersun cerca di andare addirittura oltre quello che Sophie ricorda o vorrebbe ricordare, provando a soddisfare le esigenze dello spettatore di carpire qualche dettaglio in più, che il nostro bambino interiore potrebbe avere lasciato da parte. Ci abbandoniamo all’umana tentazione di voler comprendere l’inconoscibile e Wells sfrutta ogni mezzo a suo favore, soprattutto fotografia e montaggio, per enfatizzare l’angosciante senso di disperazione che porta con sè il tempo in cui chi abbiamo perduto era ancora chi ci ricordavamo fosse.

Resta solo la nostra “little mind camera”, in cui abbiamo registrato ciò che i cicli della vita non possono scalfire: gli attimi in cui gioia e dolore si compenetrano, in cui proviamo a lasciare andare con serenità nella difficoltà di un abbraccio che è anche il provare ad agguantare definitivamente l’unica forma di conoscenza possibile tra passato e futuro: il ricordo.

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