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Elizabeth Harvest, la spiegazione del finale

Il thriller fantascientifico Elizabeth Harvest inizia con una coppia di sposini, Henry (Ciarán Hinds) ed Elizabeth (Abbey Lee), nel giorno del loro matrimonio. Arrivano a casa e vengono accolti dalla governante Claire (Carla Gugino) e dal figlio adulto cieco di Henry, Oliver (Matthew Beard). Dopo aver fatto l’amore e aver visitato la sontuosa tenuta, Elizabeth viene accolta nella sua nuova vita, ma le viene detto che non deve entrare in una stanza in particolare.

Alla fine, sopraffatta dalla noia e dalla curiosità mentre Henry è al lavoro, esplora lo spazio proibito e scopre dei cloni di se stessa in vasche criogeniche. Quando suo marito si rende conto che il suo segreto è stato scoperto, la uccide e ricomincia l’esperienza con un altro clone in un altro giorno di nozze, esattamente come prima. Com’era prevedibile, gli stessi eventi si ripetono e Henry cerca ancora una volta di uccidere Elizabeth per la sua disobbedienza dopo che lei ha trovato le sue copie. Tuttavia, questa volta lei riesce ad avere la meglio e lo uccide per legittima difesa.

Dopo la morte di Henry, Claire ha un infarto e viene portata d’urgenza in ospedale. Oliver approfitta della situazione, imprigionando Elizabeth in casa e spiegandole che lei è la quinta di una serie di sei cloni della defunta moglie di Henry. Poi la costringe a leggere il diario di Claire, che racconta l’intera storia.

Il vero scopo di Henry non è riportare in vita sua moglie

Sebbene inizialmente sembri che il motivo per cui Henry ha creato i cloni sia quello di riportare in vita la sua defunta moglie, tutto ciò che vuole è rivivere la sua prima notte di nozze e uccidere la sua sposa. Spiega che i duplicati che produce non sono realmente sua moglie, ma solo delle povere imitazioni che non potrebbero mai sostituire veramente la sua consorte. Gli sembrano reali solo quando sta per ucciderli, e continua questa catena di eventi per recuperare un piccolo pezzo di ciò che ha perso.

Queste copie gli hanno permesso di commettere omicidi senza dover affrontare le conseguenze della legge o della sua coscienza. Non prova alcun senso di colpa per ciò che ha fatto perché giustifica il fatto che coloro che ha distrutto non sono mai stati veramente vivi. Trae una sorta di piacere carnale dalla loro esecuzione, simile all’eccitazione che prova durante la loro prima notte di nozze, e quindi ripete il processo più e più volte per il proprio piacere malato.

Sebbene non lo vediamo sullo schermo, si può presumere che abbia ucciso anche i primi due cloni prima dell’arrivo di Claire. Abbiamo prove sufficienti per suggerire che abbia soffocato il terzo con un cuscino, e la nostra storia inizia con l’omicidio della quarta versione. È solo quando la quinta Elizabeth ribalta la situazione che lui riceve finalmente la punizione che merita per il ciclo omicida che ha perpetuato con tanto piacere.

Oliver non è il figlio di Henry, ma solo un altro clone

Viene poi alla luce che Oliver non è in realtà il figlio di Henry, ma un suo clone. Inizialmente aveva creato questa copia di se stesso nel caso in cui la sua sposa fosse insoddisfatta del suo corpo invecchiato e volesse la versione più giovane di cui si era innamorata all’inizio. Tuttavia, a un certo punto, Henry è diventato possessivo nei confronti dei duplicati di sua moglie e ha accecato Oliver per non dover condividere le sue creazioni con nessun altro. Sono solo il suo ego e la sua presunzione a impedirgli di uccidere anche Oliver, perché significherebbe uccidere una parte di sé stesso.

Henry non considera i cloni come esseri veramente vivi, quindi è logico che anche Oliver (la stessa persona) abbia le stesse convinzioni. Ciò significa che quando inizia a sospettare di essere lui stesso un clone, il pensiero gli è ripugnante. Intrappola la quinta Elizabeth e le fa leggere il diario di Claire per confermare i suoi sospetti sulle sue origini. Oltre ad avere la stessa attrazione per Elizabeth di Henry, ha anche la stessa vena sadica e non ha alcun problema etico nel manipolare il sesto e ultimo clone affinché lo ami e uccida l’altra copia.

L’ultimo clone inizia una nuova vita

Ultimo clone di Elizabeth Harvest
© IFC Films/Netflix

Confusa dalle bugie e dalle manipolazioni di Oliver, l’ultimo clone uccide accidentalmente Oliver e ferisce mortalmente la quinta versione di se stessa mentre cerca di fuggire. Con il suo ultimo respiro, la quinta Elizabeth dice alla versione sopravvissuta di leggere il diario di Claire e scoprire la verità da sola.

A differenza di Henry, che nutre un grande odio verso se stesso ed è crudele e vendicativo nei confronti del proprio clone, Elizabeth si prende cura e simpatizza con le sue copie perché crede che loro (e lei stessa) siano vittime innocenti delle loro bizzarre circostanze. Non è dispettosa o arrabbiata per essere stata uccisa perché sa che la sesta Elizabeth ha fatto esattamente ciò che lei stessa avrebbe fatto nella stessa situazione, come dichiara al clone nel film: “Tu ed io siamo uguali”.

Dopo aver finalmente compreso la verità, la sesta e ultima Elizabeth lascia la casa per iniziare una nuova vita. Non più soggetta alle bugie o alle manipolazioni degli altri, abbraccia il mondo reale, così come la realtà della sua esistenza, dichiarando di essere finalmente “sveglia”.

Monuments Men: la vera storia dietro il film di George Clooney

Sono innumerevoli le vicende svoltesi nel contesto della Seconda guerra mondiale che si possono raccontare. C’è il punto di vista di chi ha vissuto direttamente sul campo di battaglia e le ogni scontro armato ha avuto le proprie caratteristiche e specificità; c’è quello di chi ha portato avanti la guerra dalle stanze del potere; e c’è quello dei civili che hanno patito gli orrori in cui si sono ritrovati involontariamente coinvolti. C’è però anche il punto di vista di chi ha cercato di proteggere dalla brutalità della guerra la bellezza che c’è nel mondo. Se si parla di bellezza artistica, quel compito è stato ricoperto dai valorosi Monuments Men, a cui è stato dedicato nel 2014 un film intitolato proprio Monuments Men (qui la recensione).

A dirigere il film vi è George Clooney, che torna così alla regia dopo gli apprezzati Good Night and Good Luck e Le idi di marzo. Interessatosi all’argomento dopo aver letto il libro omonimo del 2009 scritto da Robert Edse, di cui Monuments Men è però solo un libero adattamento. Pur se semplificata e riadattata, a Clooney interessava però portare al cinema questa storia in quanto perfetto esempio di una serie di valori da conservare e tramandare. Si offre così un vero e proprio elogio di chi sacrificò la vita per proteggere un patrimonio collettivo, la cui fruizione permette di arricchirsi spiritualmente ed elevarsi al di là del male.

Le intenzioni del film sono dunque quantomai nobili e per raggiungerle Clooney chiama a raccolta un gruppo di attori amici con i quali dar vita ad un film appassionante che offre un nuovo avvincente racconto di guerra. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Monuments Men

La trama e il cast di Monuments Men

Durante la Seconda Guerra Mondiale, lo studioso d’arte Frank Stokes viene a sapere che Hitler sta rubando tutte le grandi opere d’arte per il suo museo personale. Con il permesso del presidente Roosevelt, Stokes recluta allora sei uomini esperti d’arte che si recano con lui in Europa con il pretesto di essere soldati per scoprire dove si trovano le opere d’arte rubate e salvarle da un destino incerto. Le cose iniziano però a mettersi male quando ai tedeschi viene ordinato di bruciare le opere d’arte e i russi iniziano invece a prenderle per sé. A quel punto, salvare quel patrimonio diventerà questione di vita o di morte.

Per dar vita a questa storia, Clooney, anche interprete di Frank Stokes, ha chiamato accanto a sé numerosi celebri attori, a partire dall’amico Matt Damon nel ruolo di James Granger. Recitano poi nel film anche Cate Blanchett nei panni di Claire Simòne, Bill Murray in quelli di Rich Campbell e John Goodman  in quelli di Walter Garfield. Il premio Oscar Jean Dujardin interpreta Jean-Claude Clermont, mentre Hugh Bonneville è Donald Jeffries e Bob Balaban è Preston Savitz. Infine, l’anziano Frank Stokes che si può vedere alla fine del film non è George Clooney con del trucco, bensì Nick Clooney, padre dell’attore.

La vera storia dietro Monuments Men

Matt Damon e Cate Blanchett in Monuments Men (2014)
Foto di Claudette Barius – © 2013 – Columbia Pictures Industries, Inc. and Twentieth Century Fox Film Corporation.

Come anticipato, quella narrata in Monuments Men è una storia ispirata ad una vicenda vera, ossia quella della task force militare organizzata dagli Alleati facente parte del programma Monuments, Fine Arts, and Archives. Si trattava di un gruppo composto da 345 civili, professionisti dell’arte, provenienti da 13 nazioni diverse: professori universitari, curatori, storici dell’arte, direttori di musei, che lavorarono sul campo sotto il ramo operativo dello Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force, comandato dal futuro presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower. Il loro scopo, durante la seconda guerra mondiale, era quello di proteggere i beni culturali e le opere d’arte nelle zone di guerra.

Già prima dell’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, professionisti dell’arte e organizzazioni artistiche lavoravano per identificare e proteggere il patrimonio culturale in pericolo. Questi gruppi cercavano però un’organizzazione nazionale affiliata alle forze armate che avesse lo stesso obiettivo. Francis Henry Taylor, direttore del Metropolitan Museum of Art, portò le loro preoccupazioni a Washington, D.C, permettendo così all’istituzione, il 23 giugno 1943 da parte del Presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt, della “Commissione americana per la protezione e il salvataggio dei monumenti artistici e storici nelle aree di guerra”.

Monuments Men storia vera

Il generale Dwight D. Eisenhower facilitò il lavoro del MFAA vietando ai militari il saccheggio, la distruzione e l’alloggiamento in strutture di importanza culturale. Inoltre, ordinò ripetutamente alle sue forze di assistere il più possibile il MFAA. Era la prima volta nella storia che un esercito cercava di combattere una guerra e allo stesso tempo di ridurre i danni ai monumenti e alle proprietà culturali. Nella primavera del 1944, dunque, i componenti della missione si ritrovarono prima in Gran Bretagna per addestrarsi, e successivamente si sparsero nel continente europeo alla ricerca di luoghi dove rintracciare quadri, sculture e intere collezioni scomparse da chiese e musei dopo il passaggio delle truppe tedesche.

Quando si verificavano danni ai monumenti, il personale del MFAA ha lavorato per valutarli e guadagnare tempo per gli eventuali lavori di restauro che sarebbero seguiti. L’addetto ai monumenti Deane Keller ha ad esempio avuto un ruolo di primo piano nel salvare il Campo Santo di Pisa dopo che un colpo di mortaio aveva innescato un incendio che aveva fuso il tetto in piombo, facendo poi colare a picco le iconiche pareti affrescate del XIV secolo. A partire dalla fine di marzo del 1945, le forze alleate iniziarono a scoprire ulteriori depositi di opere d’arte in quella che divenne la “più grande caccia al tesoro della storia“.

Solo in Germania, le forze americane trovarono circa 1.500 depositi di oggetti d’arte e culturali saccheggiati da istituzioni e privati in tutta Europa, oltre a collezioni museali tedesche e austriache che erano state evacuate per essere custodite. Anche le forze sovietiche fecero delle scoperte, come i tesori dello straordinario Museo dei Trasporti di Dresda. Centinaia di manufatti furono consegnati dal generale delle SS Karl Wolff, o la loro ubicazione fu comunicata da quest’ultimo, nell’ambito dell’Operazione Sunrise, la sua trattativa segreta con l’Office of Strategic Services.

Innumerevoli sono dunque stati i monumenti, le chiese e le opere d’arte salvati o protetti dal personale della sezione MFAA, la cui dedizione al lavoro li portava spesso davanti alle linee di battaglia. Il film  apporta però notevoli cambiamenti e semplificazioni alla storia vera, oltre a cambiare tutti i nomi dei Monuments Men coinvolti, riducendo il gruppo a soli sette uomini e stabilendo la sua istituzione per mano del personaggio di Clooney dopo il bombardamento dell’abbazia di Cassino, nel febbraio 1944. Le prime operazioni dei Monuments Men, in realtà, risalgono all’intervento britannico in Libia nel 1942 e allo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del 1943.

Il trailer di Monuments Men e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Monuments Men grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Prime Video e Disney+. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 13 febbraio alle ore 21:15 sul canale Cielo.

Monuments Men: la spiegazione del finale del film di George Clooney

Uscito nel 2014 e diretto da George Clooney, Monuments Men è un war movie atipico che intreccia storia, avventura e riflessione sul valore dell’arte. Clooney, che nel film interpreta anche il ruolo del protagonista Frank Stokes, guida un cast corale di primo piano (Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Cate Blanchett, Jean Dujardin) per raccontare la missione, realmente avvenuta, di un gruppo di esperti d’arte incaricati di salvare il patrimonio artistico europeo trafugato dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale.

Il film prende ispirazione da eventi realmente accaduti, raccontati più nel dettaglio nella nostra analisi sulla vera storia dei Monuments Men e dal libro The Monuments Men di Robert M. Edsel e Bret Witter e porta sullo schermo un episodio poco conosciuto ma fondamentale: la creazione della MFAA (Monuments, Fine Arts, and Archives Section), unità speciale alleata che aveva il compito di proteggere e recuperare opere d’arte e monumenti minacciati dal conflitto. Il film unisce tono epico e momenti di leggerezza, concentrandosi più sui valori morali che sulla pura azione bellica.

Il finale di Monuments Men ha suscitato discussioni perché, pur chiudendo le vicende principali, lascia allo spettatore la riflessione sul senso della missione e sull’eredità culturale difesa da quei soldati-storici dell’arte. Comprenderlo significa anche cogliere il messaggio centrale del film: l’arte come simbolo dell’identità e della memoria di un popolo, un patrimonio che vale la pena proteggere anche a costo della vita.

Cosa succede in Monuments Men?

Negli anni finali della Seconda guerra mondiale, il curatore d’arte Frank Stokes (George Clooney) convince il presidente Roosevelt della necessità di creare una task force speciale per proteggere il patrimonio artistico europeo minacciato dalla furia nazista. Nasce così la “Monuments, Fine Arts, and Archives Section”, composta da storici dell’arte, architetti e conservatori. Benché non siano soldati addestrati al combattimento, questi uomini vengono inviati al fronte per rintracciare, catalogare e restituire ai legittimi proprietari le opere trafugate.

Il gruppo è eterogeneo e internazionale: James Granger (Matt Damon), esperto di arte francese; Richard Campbell (Bill Murray), architetto; Walter Garfield (John Goodman), scultore; Jean Claude Clermont (Jean Dujardin), direttore di museo francese; Preston Savitz (Bob Balaban), critico d’arte; e altri ancora. Insieme affrontano il gelo, la diffidenza dei militari e il rischio costante di imboscate tedesche. Parallelamente, a Parigi, la segretaria del Louvre Claire Simone (Cate Blanchett) custodisce informazioni preziose sul percorso delle opere sottratte dai nazisti.

George Clooney e Hugh Bonneville in Monuments Men (2014)
Foto di Claudette Barius – © 2013 – Columbia Pictures Industries, Inc. and Twentieth Century Fox Film Corporation.

Mentre gli Alleati avanzano, i “Monuments Men” seguono le tracce dei convogli tedeschi che trasportano sculture, dipinti e oggetti sacri verso depositi segreti in Germania e Austria. Le loro ricerche li conducono a scoprire cave, miniere e castelli trasformati in enormi magazzini d’arte. Il tempo però è contro di loro: Hitler ha emanato il “Nerobefehl”, l’ordine di distruggere tutto in caso di sconfitta. Salvare le opere significa spesso rischiare la vita e subire perdite dolorose all’interno della squadra.

Il film culmina con il recupero di capolavori come la Madonna di Bruges di Michelangelo e l’Altare di Gand, simboli del patrimonio culturale europeo. Attraverso successi e sacrifici, la squadra dimostra che difendere l’arte equivale a difendere l’identità e la memoria di interi popoli. L’ultima parte del film mostra gli uomini ormai anziani che, anni dopo, rivedono i tesori che hanno salvato, suggerendo allo spettatore una riflessione sul senso della loro missione e sull’eredità lasciata alle generazioni future.

La spiegazione del finale di Monuments Men

Matt Damon e Cate Blanchett in Monuments Men (2014)
Foto di Claudette Barius – © 2013 – Columbia Pictures Industries, Inc. and Twentieth Century Fox Film Corporation.

Nel finale vediamo Frank Stokes, ormai anziano, visitare con il figlio un museo dove è conservata la Madonna di Bruges di Michelangelo, una delle opere simbolo della loro missione. L’inquadratura, apparentemente semplice, racchiude il senso di tutto il film: ciò che questi uomini hanno fatto non è stato solo recuperare oggetti preziosi, ma preservare la memoria, la storia e l’identità culturale dei popoli europei. La presenza del figlio sottolinea la trasmissione di quel valore alle nuove generazioni.

La scena chiude un arco narrativo in cui i “Monuments Men” hanno dimostrato che l’arte può valere tanto quanto la vita umana, perché custodisce ciò che siamo. Clooney evita un epilogo trionfalistico e sceglie invece una nota intima e malinconica: la missione è riuscita, ma ha avuto un costo in termini di vite e sacrifici personali. Questo equilibrio tra vittoria morale e dolore reale conferisce autenticità e spessore al messaggio del film.

Dal punto di vista storico, il finale è anche un tributo agli autentici membri della MFAA, spesso dimenticati nei racconti ufficiali della guerra. In questo modo Monuments Men si pone come ponte tra cinema e memoria: intrattiene, informa e invita a riflettere su quanto il patrimonio culturale sia fragile e prezioso. Comprendere questo finale significa riconoscere che la vera “ricompensa” per i protagonisti non è la gloria, ma aver lasciato un segno duraturo nella coscienza collettiva.

Approfondisci

Vuoi scoprire di più sulla vera missione dei Monuments Men durante la Seconda guerra mondiale? Leggi il nostro speciale: La vera storia dei Monuments Men

Curiosità

  • L’unità MFAA recuperò oltre 5 milioni di opere trafugate dai nazisti.

  • Alcuni dei protagonisti del film si ispirano a figure realmente esistite, come il tenente James Rorimer (nel film James Granger) che in seguito divenne direttore del Metropolitan Museum di New York.

  • Il libro The Monuments Men di Robert M. Edsel ha fornito la base per il film e contiene documenti d’archivio e fotografie originali.

L’illusione perfetta – Now You See Me: Now You Don’t, il trailer del film

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Ecco il nuovo trailer ufficiale di L’Illusione perfetta – Now You See Me: Now You Don’t, il sequel che chiude la trilogia dei Cavalieri che tornano in azione. Il film diretto da Ruben Fleischer vede protagonisti alcuni volti nuovi e altri di ritorno. Tra di essi: Jesse Eisenberg, Woody Harrelson, Dave Franco, Isla Fisher, Justice Smith, Dominic Sessa, Ariana Greenblatt, con Rosamund Pike e Morgan Freeman

L’Illusione perfetta – Now You See Me: Now You Don’t uscirà al cinema il 13 novembre 2025, distribuito in esclusiva per l’Italia di Leone Film Group in collaborazione
con Rai Cinema.

La trama di L’Illusione perfetta – Now You See Me: Now You Don’t

I maghi del crimine sono tornati! Al loro fianco, una nuova generazione di illusionisti riscrive le regole dello spettacolo con numeri mozzafiato, colpi di scena e sorprese che sfidano l’immaginazione. Un’esperienza visiva che sul grande schermo si trasforma in spettacolo puro.

Tom Holland definisce Spider-Man: Brand New Day una “rinascita” per Spidey

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Spider-Man: Brand New Day potrebbe essere ancora più atteso di Avengers: Doomsday. Mentre la trilogia di Jon Watts su Spider-Man, composta da Homecoming, Far From Home e No Way Home, è stata accolta con grande entusiasmo, il regista Daniel Deston Cretton sembra pronto a riportare Peter Parker alle sue radici urbane.

Tom Holland ha indicato che Spider-Man: Brand New Day sarà un nuovo inizio per il lancia-ragnatele, e ha spiegato perché non sembra una continuazione diretta dei film precedenti. “Sembra davvero che non stiamo girando il quarto film. Stiamo girando il primo film del prossimo capitolo. Questa è una rinascita, ha anticipato l’attore britannico. “È qualcosa di completamente nuovo.”

E con esso arriva un nuovo costume, che non è più dotato della tecnologia delle Stark Industries. Spider-Man non è più il protetto di Tony Stark, e Holland ha confermato che il costume rende effettivamente omaggio a quelli indossati da Tobey Maguire e Andrew Garfield.

“Sono davvero contento che la gente stia cogliendo l’omaggio al costume di Tobey e Andrew”, ha detto. “Penso che il terzo film sia stato incentrato molto sul rendere omaggio a quei ragazzi. Mi piace molto l’idea che lui cerchi di essere come i suoi fratelli maggiori, che li ammiri e che veda piccoli dettagli sui loro costumi che ritiene davvero fantastici, e ora che sta realizzando il suo costume e non fa parte di questa squadra più grande.”

È stato precedentemente riportato che Spider-Man: Brand New Day includerà alcuni elementi Multiversali, probabilmente per preparare il terreno per Avengers: Doomsday. Se così fosse, l’apparizione di Maguire e Garfield in una scena post-credit è sicuramente scontata, anche se ci aspettiamo che i tre Spider-Men si riuniscano prima della fine della Saga del Multiverso, a prescindere.

Quello che sappiamo su Spider-Man: Brand New Day

Ad oggi, una sinossi generica di Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.

Dopo gli eventi di Doomsday, Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile alleato per proteggere coloro che ama.

L’improbabile alleato potrebbe dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal recentemente annunciato come parte del film – in una situazione già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi contro la vera minaccia di turno.

Di certo c’è che il film condivide il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry Osborn.

Il film è stato recentemente posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026. Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers. Tom Holland guida un cast che include anche Zendaya, Jacob Batalon, Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas e Jon Bernthal. Michael Mando è stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento di Charlie Cox.

Spider-Man: Brand New Day uscirà nelle sale il 31 luglio 2026.

The Mastermind: il trailer del nuovo film di Kelly Reichardt

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Arriverà in sala dal 30 ottobre distribuito da MUBI The Mastermind, il nuovo film di Kelly Reichardt, con protagonisti Josh O’Connor e Alana Haim.

MUBI, il distributore globale, servizio di streaming e casa di produzione è felice di presentare il manifesto e il trailer italiano di THE MASTERMIND, il nuovo film della celebrata regista Kelly Reichardt (First Cow, Showing Up) presentato in Concorso al 78. Festival di Cannes con un indimenticabile Josh O’Connor.

The Mastermind uscirà nelle sale italiane il 30 ottobre distribuito da MUBI.

In una tranquilla periferia del Massachusetts intorno al 1970, J.B. Mooney, padre di famiglia disoccupato e ladro d’arte dilettante, decide di intraprendere la sua prima rapina. Dopo aver studiato il museo e reclutato i complici, ha un piano infallibile. O almeno così crede.

Brillante riflessione sulla follia dell’uomo, The Mastermind vede anche la partecipazione di Alana Haim, Josh O’Connor, Gaby Hoffmann, John Magaro, Hope Davis e Bill Camp. Ricco di dettagli e sfumature, questo sottile ritratto di un’epoca sovverte illusioni radicate e affronta il disincanto.

Christopher Nolan eletto presidente della DGA, Ron Howard tra i nuovi dirigenti

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La Director’s Guild of America (DGA) ha annunciato che Christopher Nolan è il suo nuovo presidente durante la Convention Nazionale Biennale di sabato. Il regista Oppenheimer, due volte premio Oscar, è stato nominato per succedere a Lesli Linka Glatter, tra una nuova lista di dirigenti e nuovi membri del Consiglio Direttivo Nazionale della DGA, scelti da 167 delegati, che rappresentano i 19.500 membri del sindacato.

Sabato sono stati eletti anche Laura Belsey come Vicepresidente Nazionale, Paris Barclay rieletto Segretario-Tesoriere, Todd Holland come Primo Vicepresidente, Ron Howard come Secondo Vicepresidente, Gina Prince-Bythewood come Terzo Vicepresidente, Seith Mann come Quarto Vicepresidente, Millicent Shelton come Quinto Vicepresidente, Lily Olszewski come Sesto Vicepresidente e Joyce Thomas come Vice Segretario-Tesoriere.

Nolan ha definito l’incarico “uno dei più grandi onori della mia carriera“, aggiungendo: “Il nostro settore sta vivendo un enorme cambiamento e ringrazio i membri della Guild per avermi affidato questa responsabilità. Desidero anche ringraziare la Presidente Glatter per la sua leadership negli ultimi quattro anni. Non vedo l’ora di collaborare con lei e con il Consiglio di Amministrazione appena eletto per ottenere importanti tutele creative ed economiche per i nostri membri”.

In una dichiarazione sull’elezione, l’AMPTP ha dichiarato: “L’AMPTP si congratula con Christopher Nolan per la sua elezione a Presidente della Directors Guild of America. Non vediamo l’ora di collaborare con il Presidente Nolan per affrontare le questioni più importanti per i membri della DGA, garantendo al contempo che le nostre aziende associate rimangano competitive in un settore in rapida evoluzione”.

Membro della DGA dal 2001, membro del Consiglio Nazionale e del Consiglio dei Direttori Occidentali dal 2015, Christopher Nolan presiede anche il Comitato per i Diritti Creativi Teatrali e il Comitato per l’Intelligenza Artificiale.

Il prossimo film del regista, L’Odissea (The Odyssey), uscirà nelle sale il 17 luglio 2026.

Quei bravi ragazzi: la spiegazione del finale del film

Nel 1990, Martin Scorsese realizzò un altro film di gangster, basato sul libro di saggistica Wiseguy, scritto da Nicolas Pileggi nel 1985 e basato su una storia vera. Con una sceneggiatura di Scorsese e Pileggi, Quei bravi ragazzi (qui la recensione) racconta l’ascesa e la caduta del mafioso Henry Hill (interpretato da Ray Liotta), dai suoi giorni da adolescente quando faceva commissioni per Paul Cicero (Paul Sorvino) e i suoi uomini fino a diventare un membro della loro banda.

Mentre lavorava per Paulie, Henry ha incontrato molti grandi nomi della mafia, diventando particolarmente amico di Jimmy “The Gent” Conway (Robert De Niro) e Tommy DeVito (Joe Pesci). Nella sua vita privata, Henry ha poi incontrato e sposato Karen Friedman (Lorraine Bracco), ma man mano che si è coinvolto sempre più con la mafia, il suo matrimonio è andato drasticamente in crisi. Alla fine, Henry è stato espulso dalla banda di Paulie ed è diventato un informatore dell’FBI, tradendo i suoi ex amici in cambio di protezione per sé e la sua famiglia.

Perché Paulie ha interrotto la sua collaborazione con Henry Hill

Sebbene la banda di Paulie commettesse una serie di crimini, c’era una cosa su cui lui non transigeva: lo spaccio di droga. Il motivo per cui Paulie non voleva che la sua banda trafficasse droga era perché, soprattutto, aveva a cuore la privacy e la sicurezza dei suoi uomini. Anche se Quei bravi ragazzi non lo spiega esplicitamente, mostra perché Paulie fosse così severo riguardo al traffico di droga attraverso le azioni di Henry e le loro conseguenze nel terzo atto del film. Paulie sapeva che se uno dei suoi uomini fosse stato coinvolto nel traffico di droga, sarebbe diventato un facile bersaglio per diventare un informatore.

Quei-bravi-ragazzi-storia-vera

In qualità di leader della “famiglia”, Paulie era ben consapevole dei rischi che lui e la sua banda correvano in ogni momento. All’inizio di Quei bravi ragazzi, Henry spiega che Paulie non usava il telefono, ma che invece facevano le telefonate dai telefoni pubblici e tutti passavano i messaggi a Paulie tramite suo fratello Tuddy. Il boss era sicuramente a conoscenza delle accuse di cospirazione RICO e delle intercettazioni telefoniche, quindi fece tutto il possibile per proteggere se stesso, la sua banda e i loro “affari”. Henry era a conoscenza della regola di Paulie contro lo spaccio di droga, ma iniziò a farlo quando furono mandati in prigione.

Quando un membro della “famiglia” viene mandato in prigione, non ha più il sostegno della banda, e Henry aveva bisogno di mantenere la sua famiglia. Questo è ciò che ha portato Henry a iniziare a spacciare droga, ma il problema era che ha continuato a farlo anche dopo essere uscito di prigione, poiché ha scoperto che era un’attività molto redditizia, e ha coinvolto anche Tommy e Jimmy. L’attività di Henry alla fine ha attirato l’attenzione delle autorità ed è stato arrestato, dimostrando che i timori e le regole di Paulie erano giusti. Paulie, comprensibilmente tradito, ha posto fine alla sua collaborazione con Henry e gli ha dato 3.200 dollari.

Perché Henry Hill è diventato un informatore dell’FBI

Il fatto che Henry si sia schierato con l’FBI e abbia tradito i suoi amici è stata una conseguenza diretta del suo business della droga. Una volta che Paulie lo ha cacciato dalla sua banda, Henry è rimasto senza alcuna protezione e anche i suoi amici più cari, come Jimmy, potevano dargli la caccia in qualsiasi momento. Dopo che l’FBI lo catturò e Paulie lo cacciò, Henry temeva che Jimmy avesse intenzione di ucciderlo. Nel tentativo di guadagnare tempo o, almeno, di capire cosa Jimmy avesse in mente contro di lui, Henry incontrò Jimmy in una tavola calda dove sapeva di essere al sicuro.

Jimmy chiese a Henry di recarsi in Florida per un incarico, ma Henry sapeva bene che si trattava di una trappola e che, se avesse accettato, non sarebbe più tornato indietro. Henry non ebbe altra scelta che accettare di diventare un informatore dell’FBI e iscrivere la sua famiglia al programma di protezione testimoni, poiché non erano più al sicuro. Tuttavia, questo comportava fare la spia su Paulie e Jimmy, e Henry fornì testimonianze e prove sufficienti in tribunale per farli condannare. Henry, Karen e le loro figlie furono trasferiti in un anonimo quartiere di periferia, con la voce fuori campo di Henry che parlava della sua infelicità nel lasciare i vantaggi della vita da gangster e nell’essere ora un normale “schnook”.

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Jimmy avrebbe ucciso Karen Hill?

Un altro momento chiave che portò Henry e Karen a decidere di iscriversi al programma di protezione testimoni fu il tentativo di Jimmy di uccidere Karen. Dopo la fine del rapporto di Henry con Paulie, Karen andò da Jimmy per chiedere aiuto, e lui le disse che aveva alcuni abiti di Dior che voleva che lei vedesse, e che poteva prenderne quanti ne voleva. Tuttavia, Jimmy cercò di condurla in un negozio abbandonato dove due uomini stavano lavorando nell’ombra, e lei capì immediatamente di essere in grave pericolo.

Karen se ne andò il più velocemente possibile e, sebbene non racconti a Henry cosa fosse successo sullo schermo, è chiaro che alla fine lo fa, facendo capire a Henry che la sua famiglia era diventata il prossimo obiettivo di Jimmy. Il motivo per cui Jimmy cercò di sbarazzarsi di Henry e Karen era perché anche lui era coinvolto nel traffico di droga di Henry, ma Paulie non ne era a conoscenza. Jimmy mantenne il suo posto nella banda di Paulie e non avrebbe permesso a Henry di rovinare tutto rivelando che anche lui faceva parte dell’affare.

Perché Tommy DeVito viene ucciso

Uno dei momenti più scioccanti di Quei bravi ragazzi è la morte di Tommy DeVito. Dei tre amici e soci – Henry, Tommy e Jimmy – solo Tommy era completamente italiano, mentre Henry era per metà italiano e per metà irlandese e Jimmy era completamente irlandese. Per questo motivo, solo Tommy poteva diventare un “uomo d’onore”, il che, se fosse successo, avrebbe portato grandi benefici a Jimmy e Henry per associazione. Tuttavia, quando Tommy arrivò alla cerimonia, non c’era nessuno e fu ucciso alle spalle da Tuddy Cicero, il fratello di Paulie.

La morte di Tommy fu una punizione per l’omicidio di Billy Batts, un “uomo d’onore” della famiglia criminale Gambino. Secondo le regole della mafia, i “made men” non possono essere uccisi senza l’autorizzazione del boss della famiglia, e Tommy uccise impulsivamente Billy Batts per rabbia dopo che questi lo aveva preso in giro per il suo passato di lustrascarpe. Tommy e Jimmy, che lo aiutarono a uccidere Batts, sapevano bene che l’omicidio non autorizzato di un “made man” avrebbe provocato una punizione e, insieme a Henry, si sbarazzarono del corpo di Batts. Tuttavia, qualcuno deve aver informato la banda Gambino di ciò che era successo.

Quei bravi ragazzi non ha mai rivelato chi abbia ordinato l’omicidio di Tommy, ma il fatto che sia stato Tuddy a premere il grilletto è un dettaglio fondamentale. Nella vita reale, si ritiene che Paul Vario (Cicero nel film) abbia detto alla famiglia Gambino che Tommy aveva ucciso Batts, poiché aveva già causato troppi problemi a lui e alla banda. Inoltre, Vario aveva una relazione con Karen Hill mentre Henry era in prigione, e lei gli aveva raccontato che Tommy aveva cercato di violentarla. Vario aveva molti motivi per voler uccidere Tommy, quindi raccontò alla banda Gambino dell’omicidio di Batts.

Cosa significa Tommy che spara alla telecamera alla fine di Goodfellas

Tommy fa un’ultima apparizione in Quei bravi ragazzi dopo la sua morte in una breve scena proprio alla fine, mentre la telecamera mostra il nuovo quartiere di Henry. Tommy appare mentre spara direttamente alla telecamera, proprio come nel film muto del 1903 The Great Train Robbery. In un’intervista con l’American Film Institute, Scorsese ha confermato di aver reso omaggio a quel film, aggiungendo che il film del 1903 e Quei bravi ragazzi hanno sostanzialmente la stessa trama.

Scorsese ha spiegato che nel suo film ci sono “un gruppo di fuorilegge che compiono questa incredibile rapina” (la rapina alla Lufthansa), si uccidono a vicenda e alla fine vengono catturati dalla polizia, proprio come in The Great Train Robbery. Il film del 1903 termina poi con un rapinatore di banca che spara alla telecamera, utilizzato come elemento shock, senza però interrompere nessun’altra scena del film. Questo differisce dall’apparizione di Tommy alla fine di Quei bravi ragazzi, con il suo sparo che sembra ricordare a Henry e al pubblico che non si è mai davvero al sicuro.

Nemico pubblico: la spiegazione del finale del film

Nemico pubblico (1998) si colloca in un momento centrale della carriera di Tony Scott, regista noto per il suo stile dinamico e spettacolare. Dopo successi come Top Gun e Beverly Hills II, Scott si confronta con un thriller paranoico dalle forti tinte politiche, capace di mescolare ritmo da action movie e riflessioni sulla società contemporanea. Con questo film, il regista conferma la sua abilità nel combinare intrattenimento ad alta tensione con tematiche di attualità, anticipando molte delle paure legate alla sorveglianza di massa che sarebbero diventate dominanti negli anni successivi.

Il film appartiene al genere del techno-thriller, con un’impostazione che unisce l’azione ad atmosfere da spy movie. La trama, incentrata su un avvocato (interpretato da Will Smith) che diventa involontariamente il bersaglio di un’operazione segreta della NSA, si sviluppa attraverso inseguimenti, complotti e fughe ad alta tensione. Accanto a Smith, spicca la presenza di Gene Hackman, in un ruolo che richiama quello da lui interpretato in La conversazione di Coppola, creando un legame ideale con la tradizione del cinema politico e paranoico degli anni Settanta.

I temi principali di Nemico pubblico ruotano così attorno alla perdita della privacy, al potere incontrollato delle agenzie governative e alla fragilità dell’individuo di fronte a un sistema tecnologico onnipresente. Tony Scott mette in scena un mondo dove telecamere, intercettazioni e satelliti diventano strumenti di controllo e manipolazione, spingendo lo spettatore a interrogarsi sul confine tra sicurezza e libertà personale. Un film che, pur radicato nel suo tempo, appare oggi ancora più attuale. Nel resto dell’articolo, approfondiremo dunque il finale e le sue implicazioni narrative e tematiche.

Nemico pubblico cast

La trama di Nemico pubblico

Ambientato a Baltimora, il film vede Thomas Brian Reynolds, capo di una sezione della National Security Agency, ordinare l’uccisione di un rappresentante del congresso non disposto a farsi corrompere. L’omicidio viene però ripreso da una videocamera installata dal ricercatore Daniel Zavitz, il quale si rende conto dell’importanza del filmato in suo possesso. Da subito questi si ritrova inseguito dagli agenti di Reynold, i quali hanno il chiaro compito di farlo fuori. Prima di essere ucciso, Zavitz riesce fortuitamente ad incontrare un suo vecchio amico. Si tratta di Robert Clayton Dean, procuratore legale da sempre impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori.

Questi non sospetta minimamente che l’incontro con l’amico Daniel lo ha reso parte di un pericoloso gioco di potere. Dean si ritrova infatti inspiegabilmente interrogato dai servizi segreti, ma non sa nulla di ciò che vogliono sapere. Le cose cambieranno nel momento in cui scoprirà che prima di morire Zavitz gli ha lasciato la registrazione del pericoloso video nella busta dei regali per i suoi figli. Per uscire da quella situazione, si avvarrà delle sue conoscenze, come anche dell’aiuto di Edward Lyle, detto Brill. Ex agente del NSA, questi si offre di aiutare Dean a svelare il complotto che rischia di far tremare l’intera sicurezza nazionale.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Nemico pubblico la tensione raggiunge il culmine quando Dean, con l’aiuto di Brill/Lyle, decide di affrontare Reynolds giocando d’astuzia. Consapevole di non avere più prove dirette, Dean finge di possedere ancora il video dell’omicidio del congresso Hammersley e orchestra un inganno che spinge Reynolds a un confronto diretto. Il luogo prescelto è il ristorante di Pintero, boss criminale già coinvolto nelle vicende di Dean. Qui, fra malintesi e sospetti incrociati, la situazione precipita in un violento conflitto a fuoco che porta alla morte di molti dei protagonisti dello scontro.

Nemico pubblico film

Lo scontro finale non solo mette fuori gioco Reynolds, ma permette anche a Dean di dimostrare la propria innocenza. Grazie al supporto di Lyle, il caos al ristorante viene trasmesso all’FBI, che interviene in extremis chiudendo definitivamente la vicenda e smascherando la corruzione all’interno della NSA. Dean riesce a salvarsi e a ricongiungersi con la moglie Carla, mentre Lyle sceglie ancora una volta la fuga, scomparendo nel nulla. La storia si chiude con Dean che torna alla sua vita quotidiana, pur segnato dall’esperienza, e con Lyle che lascia un saluto enigmatico attraverso un segnale televisivo.

Il finale rivela quindi come Tony Scott giochi con i meccanismi del thriller per sottolineare l’importanza della verità e della resilienza di fronte a un potere apparentemente invincibile. Il piano di Dean e Lyle dimostra che, nonostante le risorse illimitate della NSA, un cittadino comune può ribaltare i giochi con intelligenza e coraggio. La caduta di Reynolds mostra come l’arroganza del potere, combinata con l’abuso della tecnologia, finisca inevitabilmente per ritorcersi contro chi la esercita senza scrupoli. Inoltre, il finale porta a compimento i temi centrali del film: la fragilità della privacy, l’onnipresenza della sorveglianza e il difficile equilibrio tra sicurezza nazionale e libertà individuali.

La riconciliazione tra Dean e sua moglie simboleggia un ritorno a una dimensione umana e privata che la tecnologia aveva quasi distrutto, mentre la fuga di Lyle ribadisce che non esiste una vera vittoria definitiva contro un sistema così invasivo, ma solo resistenza continua. Alla fine, Nemico pubblico ci lascia un messaggio attuale e inquietante: la difesa delle libertà personali richiede vigilanza costante e la capacità di opporsi agli abusi del potere. Tony Scott costruisce un thriller spettacolare che, pur chiudendo la vicenda in maniera catartica, lascia nello spettatore la consapevolezza che i rischi della sorveglianza di massa non sono confinati alla finzione, ma rappresentano una minaccia concreta ancora oggi.

Ronin: la spiegazione del finale alternativo del film

Purtroppo, ci sono alcuni registi che, nonostante abbiano al loro attivo innumerevoli classici, rimangono in gran parte sconosciuti al pubblico non cinefilo. Il grande regista John Frankenheimer rientra sicuramente in questa categoria. Sebbene molti dei suoi film siano considerati dei classici, il nome di Frankenheimer non è sempre associato al successo del commovente dramma biografico L’uomo di Alcatraz, dell’innovativo thriller politico The Manchurian Candidate, del classico film di guerra Il treno o dell’iconico dramma automobilistico Grand Prix.

Nonostante abbia affrontato un breve periodo di insuccesso commerciale verso la fine della sua carriera, Frankenheimer è riuscito a tornare alla ribalta grazie al successo del suo thriller d’azione Ronin, con protagonista Robert De Niro. Sebbene sia senza dubbio uno dei film più belli, Frankenheimer aveva in mente un finale più cupo per Ronin, che è però stato tagliato dalla versione distribuita nelle sale. In questo approfondimento andiamo allora ad esplorare il finale che oggi conosciamo del film e quello che era originariamente stato pensato dal regista.

La trama di Ronin

Basato su una sceneggiatura del leggendario drammaturgo David Mamet, Ronin è un thriller di spionaggio ricco di azione che racconta l’intersezione tra le forze speciali di varie nazioni. Robert De Niro interpreta il mercenario americano Sam, incaricato dalla CIA di rubare una valigetta altamente protetta che contiene un misterioso contenuto. Dopo aver incontrato l’agente dell’IRA Deirdre (Natascha McElhone), Sam inizia a lavorare per tale obiettivo insieme all’agente americano Larry (Skipp Sudduth), al pistolero francese Vincent (Jean Reno), allo specialista informatico tedesco Gregor (Stellan Skarsgaard) e all’assassino inglese Spence (Sean Bean).

Sean Bean, Stellan Skarsgaard, Jean Reno, Robert De Niro in Ronin
Sean Bean, Stellan Skarsgaard, Jean Reno, Robert De Niro in Ronin

La famigerata sequenza d’azione che segue è stata citata come uno dei migliori inseguimenti automobilistici nella storia del cinema. Sebbene sia un film che si basa sull’azione mirata, Ronin costruisce però tensione emotiva sviluppando una relazione romantica tra Sam e Deirdre. Dopo che quest’ultima riceve una nuova serie di ordini dal suo supervisore, l’agente ribelle dell’IRA Seamus O’Roarke (Jonathan Pryce), inizia ad aprirsi con Sam mentre lavorano insieme a un appostamento. Mentre tra i due scoccano scintille emotive, Sam è sotto pressione perché lavora sotto copertura e non può rivelare la sua identità.

Il mutare delle alleanze tra le varie spie intrecciate nella trama per ottenere la valigetta porta a una serie di scambi tesi in cui Sam deve chiedersi a chi sia realmente fedele. Nonostante la natura concentrata della narrazione, Ronin termina con una nota piuttosto ambigua sul destino dei suoi personaggi. Dopo una sparatoria con Seamus, che è nel mirino della CIA, Sam e Vincent riescono a fuggire e a sventare i suoi piani. Sebbene avesse intenzione di andarsene con il suo datore di lavoro, Sam convince Deirdre a rimanere, confessandole la verità sulla sua identità.

La sequenza finale mostra Sam e Vincent seduti in un ristorante a riflettere sulle loro esperienze. Anche se una voce fuori campo proveniente da una trasmissione radiofonica anticipa che è stato raggiunto un accordo di pace tra il governo britannico e i ribelli irlandesi, Deirdre non si presenta per unirsi a loro. Sam suggerisce che è improbabile che lei ricompaia nella sua vita e lui rimane all’oscuro del suo destino, proprio come gli spettatori.

Jean Reno e Robert De Niro in Ronin
Jean Reno e Robert De Niro in Ronin

Perché John Frankenheimer ha cambiato il finale di Ronin

Sebbene non sia necessariamente un finale sospeso, permette al pubblico di determinare da sé cosa sia successo a Deirdre dopo la morte di Seamus. Tuttavia, Frankenheimer aveva girato due finali alternativi per Ronin che offrivano una prova più definitiva della sua sorte successiva. In un finale, Deirdre cerca di entrare nel ristorante per raggiungere Sam e Vincent, ma poi si ferma e decide di non farlo; viene successivamente rapita da agenti dell’IRA e uccisa immediatamente. Un altro finale prevedeva invece che Deirdre si dirigesse verso la sua auto dopo che Sam e Vincent avevano lasciato il ristorante, lasciando il finale aperto nel caso in cui la MGM avesse voluto realizzare un sequel.

Sebbene Frankenheimer ritenesse che il finale più cupo “funzionasse davvero”, il pubblico dei test ha reagito negativamente alla prospettiva di vedere Deirdre morire. Anche se era già stato suggerito che non avrebbe potuto avere una vita felice con Sam, vederla uccisa in modo così brutale si è rivelato troppo per gli spettatori affezionati al personaggio. Frankenheimer rivelò così che aveva dovuto “ascoltare il pubblico”, poiché la MGM era troppo interessata alle prospettive finanziarie del film per scegliere un finale più sovversivo. Purtroppo Frankenheimer non realizzò mai una versione più lunga del film, e quindi il suo finale originale rimane inaccessibile ai fan del film.

Sebbene si fosse convinto a non includere quello che sarebbe stato un finale molto deprimente, Frankenheimer rifiutò la conclusione più ottimistica che confermava la sopravvivenza di Deirdre. Lamentandosi che la scena in cui Deirdre si avvicina al ristorante era “troppo hollywoodiana”, Frankenheimer riteneva che una conclusione così positiva avrebbe sminuito il tono intenso e realistico del film. Per la versione cinematografica fu raggiunto un compromesso, che evita di dare indicazioni in entrambi i sensi e mantiene il finale incentrato esclusivamente sulla prospettiva di Sam.

Robert De Niro e Natascha McElhone in Ronin
Robert De Niro e Natascha McElhone in Ronin

Il finale più cupo di Ronin sarebbe stato migliore

Sebbene l’idea originale di Frankenheimer potesse suscitare reazioni negative da parte degli spettatori, il finale alternativo più cupo di Ronin si adattava meglio al tono del film. Ronin presenta una descrizione cruda della fragilità della politica internazionale e mostra con quanta facilità le agenzie di spionaggio siano disposte a sacrificare i propri agenti per raggiungere i propri obiettivi; nonostante la sua importanza all’interno della storia, Deirdre è in definitiva solo una pedina nelle trame dell’IRA. La rivelazione del suo destino avrebbe anche gettato una luce diversa sulla conversazione esistenziale tra Sam e Vincent, esplorando la futilità dei loro sforzi eroici.

Sebbene abbia ricevuto recensioni positive e sia diventato un successo commerciale, Ronin purtroppo non ha portato a una rinascita della carriera di Frankenheimer. Il film è stato seguito dal disastroso thriller d’azione Trappola criminale, con Ben Affleck e Charlize Theron, citato come uno dei peggiori film del 2000. Ciononostante, Ronin ha sicuramente influenzato il modo in cui sono state sviluppate le sequenze di inseguimenti automobilistici nel decennio successivo del cinema d’azione; è difficile immaginare che film come Baby Driver o Drive esistano senza il precedente stabilito da Frankenheimer.

Man of Tomorrow, James Gunn afferma di voler “esplorare Lex Luthor come essere umano”

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James Gunn ha confuso le acque su cosa costituisca un sequel mentre promuoveva Man of Tomorrow. Indipendentemente da ciò, il seguito di Superman punterà i riflettori su Clark Kent e Lex Luthor mentre si alleano per affrontare una minaccia “più grande”. L’ultima volta che abbiamo visto Lex, veniva portato a Belle Reve per il suo ruolo nella distruzione che ha colpito Metropolis quando ha tentato di uccidere Kal-El.

Tuttavia, quando indossa la sua tuta da guerra verde e viola dei fumetti per combattere questa nuova misteriosa minaccia, Lex diventerà anche lui un eroe? Mentre la sua controparte nei fumetti ha spesso combattuto dalla parte dei buoni, quel lato “eroico” del personaggio è uno di quelli che lo sceneggiatore e regista di Man of Tomorrow è ansioso di esplorare.

Penso di essere semplicemente più interessato ad addentrarmi nel cuore di Lex e vedere come si inserisce in tutto questo”, ha spiegato Gunn in una recente intervista con The Ringer-Verse. “Penso di voler conoscere meglio Lex come essere umano. Abbiamo visto molto del lato malvagio di Lex. È piuttosto malvagio. Come personaggio, è davvero interessante. C’è qualcosa, nonostante tutto, di incredibilmente eroico in Lex”.

Mettendo da parte la moralità, cosa difficile da fare, ecco un tizio che dice: ‘Puoi sollevare un edificio. Puoi abbattere aerei con lo sguardo. Ti prenderò a calci nel culo perché sono migliore di te’. Non posso fare a meno di ammirare la sua tenacia e il suo ego. La sua ambizione è senza pari. È il perdente”.

Sì, certo, ha un grande potere aziendale che può usare per manipolare le cose, ma non può volare nello spazio, sollevare un edificio o dare un pugno che attraversa tre stati”, ha aggiunto il co-CEO della DC Studios. “È un uomo, e questo mi piace da morire”. Gunn ha poi continuato a fare luce su ciò che i fan possono aspettarsi da Man of Tomorrow, affermando che Supermanè in qualche modo più simile a un personaggio dei fumetti” e ribadendo che questo sequel “ha a che fare con i personaggi duali di Lex e Superman al centro della trama”.

Cosa sappiamo di Man of Tomorrow

Parlando di Man of TomorrowJames Gunn lo ha descritto come: “Una storia in cui Lex Luthor e Superman devono collaborare in una certa misura contro una minaccia molto, molto più grande”, ha rivelato Gunn parlando per la prima volta del sequel. “È più complicato di così, ma questa è una parte importante. È tanto un film su Lex quanto un film su Superman. Mi è piaciuto molto lavorare con Nicholas Hoult. Purtroppo mi identifico con il personaggio di Lex. Volevo davvero creare qualcosa di straordinario con loro due”.

Gunn annunciato Man of Tomorrow sui social media il 3 settembre. Nel suo annuncio, lo sceneggiatore e regista ha incluso un’immagine tratta dal fumetto in cui Superman è in piedi accanto a Lex Luthor nella sua Warsuit. Nei fumetti DC, Lex crea la tuta per eguagliare la forza e le abilità di Superman. Mentre l’immagine teaser suggeriva che Lex e Superman sarebbero stati di nuovo in contrasto, ora sembra che Lex userà la sua Warsuit per poter essere allo stesso livello di Superman per qualsiasi grande minaccia si presenti loro. Al momento, è confermata la presenza della Lois Lane di Rachel Brosnahan.

Come si vede alla fine di Superman, l’Uomo d’Acciaio interpretato da David Corenswet ha visto che c’era del buono dentro Lex, quindi sarebbe disposto a lavorare con lui. Dopo aver quasi distrutto Metropolis nel tentativo di sconfiggere Superman e aver visto il mondo rivoltarglisi contro, Lex Luthor potrebbe essere più disposto a cambiare posizione se questo significasse riportare le persone dalla sua parte.

L’accenno di Gunn a una minaccia più grande che richiede loro di allearsi potrebbe significare che personaggi come Brainiac, Mongul o forse anche Darkseid potrebbero entrare nel nuovo DC Universe. Tuttavia, dato che quello che sembrava essere il concept art di Brainiac DCU è stato visto nel featurette Adventures in the Making of Superman, il cattivo potrebbe finire per essere la minaccia di Man of Tomorrow.

Il film è stato in precedenza descritto come un secondo capitolo della “Saga di Superman”. Ad oggi, Gunn ha affermato unicamente che “Superman conduce direttamente a Peacemaker; va notato che questo è per adulti, non per bambini, ma Superman conduce a questo show e poi abbiamo l’ambientazione di tutto il resto della DCU nella seconda stagione di Peacemaker, è incredibilmente importante”.

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Black Rabbit, spiegazione del finale: cosa succede a Vince e Jake?

Black Rabbit è un thriller criminale, ma dietro il caos racconta soprattutto di famiglia, amore e lealtà. La miniserie Netflix, uscita il 18 settembre, segue due fratelli la cui discesa nel mondo criminale di New York mette a rischio le loro vite e il ristorante che li unisce. Jake (Jude Law) è un ristoratore di successo, mentre Vince (Jason Bateman) è un tossicodipendente con un passato di errori. Insieme avevano fondato il Black Rabbit, ma l’irresponsabilità di Vince lo aveva allontanato dall’attività.

Cosa succede prima del finale

La serie si apre con una rapina durante un evento mondano al ristorante, per poi tornare indietro nel tempo e mostrare come si è arrivati a quel momento. Vince ritorna a New York dopo aver accumulato debiti di gioco, inseguito dal boss Joe Mancuso, dal figlio Junior e dal suo braccio destro Babbitt. Chiede aiuto al fratello Jake, che si trova già a gestire tensioni personali e professionali con Wes, musicista e socio del locale, Estelle, sua amante e moglie di Wes, e Roxie, la chef.

Un evento scatenante è la vicenda di Anna, barista del locale, aggredita sessualmente da un cliente facoltoso, Jules. Jake, inizialmente ignaro, la licenzia per le assenze, salvo poi scoprire la verità. Più preoccupato della reputazione del ristorante che della giustizia, cerca di insabbiare il caso, ma Anna diventa un bersaglio dei criminali a causa di Vince. Junior e Babbitt, tentando di intimidirla, finiscono per ucciderla accidentalmente. Per proteggersi, Jake propone ai gangster la rapina al Black Rabbit come compensazione.

Chi partecipa alla rapina

Anche se Jake e Mancuso avevano annullato il piano, Junior decide di portarlo avanti. Babbitt si tira indietro, e al suo posto Junior coinvolge Vince, dopo un duro litigio con Jake. Il colpo va storto: invece di agire prima della festa, irrompono durante l’evento. Vince punta subito all’orologio del fratello, ricordo del padre defunto, ma Jake si rifiuta di cederlo. Ne nasce il caos: lo chef Tony e Wes vengono colpiti, e Junior sta per uccidere Jake, ma Vince lo abbatte per salvarlo.

Il destino di Vince

Dopo aver sparato a Junior, Vince fugge con i gioielli per venderli e scappare. Mancuso però lo insegue, e la sua banda rapisce Gen, la figlia di Vince, per costringere Jake a rivelare i suoi spostamenti. Jake riesce a salvarla, e con un ricatto a Campbell, avvocato di Jules, trova un modo per mandare Vince fuori dal paese.

Prima di partire, i due fratelli si confidano al Black Rabbit. Vince rivela di aver ucciso il padre violento da bambino; Jake confessa di aver sempre saputo e di non averlo mai giudicato. Resosi conto che Jake non smetterà mai di sacrificarsi per lui, Vince decide di liberarlo: si getta dal tetto del ristorante, ponendo fine alla sua vita.

Il destino di Jake

Dopo il suicidio del fratello, Jake consegna alle autorità il video che prova l’aggressione ad Anna, facendo finalmente la cosa giusta. Pur salvo dai gangster, deve affrontare le conseguenze: Wes muore, la relazione con Estelle si chiude, e il sogno imprenditoriale del Black Rabbit si dissolve.

Il finale di Black Rabbit

La serie si conclude con un epilogo agrodolce. Jake rinuncia alle sue ambizioni e lavora come semplice barista, scegliendo una vita più semplice e vicina alla famiglia. Roxie apre un nuovo locale chiamato Anna’s, in memoria dell’amica scomparsa, con Tony al suo fianco. Jules viene arrestato, mentre Jake sembra finalmente libero dal peso del passato e pronto a una vita più autentica.

Jude Law e Jason Bateman commentano il finale agrodolce di Black Rabbit

Vince Friedken ha distrutto la vita che suo fratello aveva costruito con cura. In Black Rabbit, il figlio prodigo è anche il disastro per eccellenza, trascinando tutto nel caos.

Vince è un po’ un fallito”, racconta Jason Bateman, che lo interpreta. “Commette errori, è rischioso averlo intorno, ma è un bravo ragazzo.” Una natura che consola poco Jake (Jude Law), proprietario del ristorante emergente Black Rabbit a New York. Quando Vince, giocatore compulsivo, torna in città, porta con sé guai e criminalità, trascinando Jake nel mondo sotterraneo pericoloso della città.

Eppure, Jake ama ancora suo fratello. “Capisci perché tutti gli perdonano tutto”, spiega Law. “Con Jason, che è così simpatico e divertente, vedi perché gli altri cadono sempre nella sua rete.” Questo rapporto è stato il punto di partenza per i creatori Zach Baylin e Kate Susman. “Abbiamo fratelli e volevamo esplorare come, con loro, sei una persona diversa rispetto al resto del mondo”, dice Susman. “E come sia difficile sfuggire alle dinamiche dell’infanzia.”

Ma è impossibile sfuggire anche al boss mafioso Mancuso (Troy Kotsur), che reclama un vecchio debito di Vince. Tra affari sporchi, un tradimento sentimentale e accuse penali contro il ristorante, la tensione cresce fino all’episodio finale Isle of Joy.

Come Jake cerca di aiutare Vince

All’inizio, Vince era stato escluso dalla gestione del ristorante dopo comportamenti pericolosi e una causa legale. Jake e i soci Wes e Roxie lo avevano liquidato. Ma dopo un violento incontro in Nevada, Vince torna senza soldi.

Jake, che ha trasformato Black Rabbit in un locale di successo, è inizialmente felice, ma presto Vince riprende i vecchi vizi. Mancuso e suo figlio Junior reclamano i soldi, e Vince, per proteggere la figlia Gen, chiede aiuto al fratello. Jake propone un piano di pagamento usando il ristorante come garanzia. Una cena di beneficenza fornisce fondi, ma non basta: i problemi aumentano.

Il caso Anna al Black Rabbit

Un’altra minaccia viene dall’interno. Il terzo piano del locale, ritrovo di celebrità, è teatro di comportamenti inaccettabili. Quando Anna accusa l’artista Jules di violenza sessuale, Jake non può più ignorare.

Ma Jake è già in crisi: ha speso troppo, vuole aprire un altro locale, ruba soldi dalla sua stessa attività e ha una relazione con Estelle, compagna di Wes. La denuncia di Anna incrina anche il rapporto con Roxie, che inizia a dubitare di lui.

Il denaro della cena benefica viene usato da Jake per coprire i buchi, lasciando troppo poco per il debito di Vince. Intanto, i giornalisti indagano e gli uomini di Mancuso si avvicinano.

La morte di Anna

La storia di Anna ha un epilogo tragico. Campbell, uomo fidato di Jules, le offre denaro e un volo in cambio del silenzio. Lei accetta, ma Vince, parlando con Junior, rivela la situazione. Junior la interpreta come una minaccia e va a intimidirla. Nella colluttazione, Anna muore accidentalmente. Campbell interviene per ripulire la scena.

Il motivo della rapina

Dopo la morte di Anna, tutto crolla. La polizia indaga, Mancuso preme per i soldi, Wes scopre il tradimento di Jake e si allea con Roxie per prendere il controllo del ristorante.

Per ottenere denaro, i fratelli truffano un’assicurazione sulla casa d’infanzia, ma è troppo tardi: Junior vuole ucciderli per coprire la propria colpa. Jake gli propone invece di rapinare il Black Rabbit durante una festa.

Dopo una lite violenta con Jake, Vince si unisce al piano di Junior. Durante la rapina, Wes cerca di fermarli ma viene colpito. Junior minaccia Jake, ma Vince lo uccide per salvare il fratello. In fuga, Vince vende la refurtiva, ma Mancuso rapisce Gen, preparando lo scontro finale.

Cosa succede alla fine

Con Wes morente, Vince viene accusato del suo omicidio. Jake, per salvare Gen, consegna il fratello a Mancuso, ma Vince riesce a scappare. In un ultimo incontro, rivela a Jake il segreto custodito per tutta la vita: da ragazzo uccise il padre violento, facendo cadere una palla da bowling per proteggere la madre.

Jake confessa di aver sempre saputo la verità e di averlo amato comunque. Sul tetto del Black Rabbit, Vince compie il suo ultimo gesto: si getta nel vuoto, convinto di poter aiutare suo fratello solo sacrificandosi. Prima, telefona alla polizia confessando tutto. Mancuso, venuto a reclamare vendetta, abbraccia Jake e se ne va quando apprende della morte di Vince.

Il finale agrodolce di Black Rabbit

Il finale è agrodolce. Jules viene arrestato, Roxie apre una nuova attività, Estelle lascia Jake. Quest’ultimo, devastato dalla perdita del fratello ma libero dai debiti, cerca di ricostruire la sua vita accanto al figlio. Non più manager del Black Rabbit, lavora come semplice barista, ma finalmente senza il peso del passato. “Jake va avanti”, spiega Susman. “Per la prima volta è libero di vivere diversamente.”

Black Rabbit è disponibile su Netflix.

Dracula. L’amore perduto, il trailer del film presentato alla Festa del Cinema di Roma

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Dracula. L’amore perduto di Luc Besson, con Caleb Landry Jones, Christoph Waltz, Matilda de Angelis, Zoë Bleu, Ewens Abid, Guillaume De Tonquedec, sarà presentato nella sezione Grand Public della XX edizione della Festa del Cinema di Roma.

Luc Besson scrive e dirige una storia d’amore in grado di resistere alla morte e attraversare i secoli. Il suo Dracula, interpretato da Caleb Landry Jones, ci mostra l’indole tormentata e mostruosa ma anche il lato più intimo del vampiro per antonomasia che ha scelto di rinnegare persino Dio.

Dracula è disposto a tutto pur di ritrovare l’amore perduto: inganna, manipola, seduce, uccide. La sua sete di sangue è, in fondo, una sete disperata, assoluta, eterna. Ma potrà il più puro dei sentimenti redimerlo dall’oscurità a cui ha scelto di abbandonarsi da oltre quattro secoli?

Alla XX edizione della Festa del Cinema di Roma, assieme al regista Luc Besson, presenteranno il film Caleb Landry Jones, Christoph Waltz, Zoë Bleu, Matilda De Angelis.

Dracula. L’amore perduto uscirà in Italia il 29 ottobre 2025 distribuito da Lucky Red.

La trama di Dracula. L’amore perduto

Transilvania, XV secolo. Il principe Vladimir, dopo la perdita improvvisa della sua amata, rinnega Dio, ereditando così una maledizione eterna: diventare un vampiro. Condannato a vagare nei secoli, sfida il destino e la morte stessa, guidato da un’unica speranza: ritrovare l’amore perduto.

Netflix starebbe valutando l’acquisto di Warner Bros.

Un nuovo rapporto rivela che il gigante dello streaming Netflix starebbe valutando la possibilità di presentare un’offerta per l’acquisto della Warner Bros. Questa notizia arriva poco dopo che sono emerse voci secondo cui anche la Paramount avrebbe intenzione di acquistare lo studio che quest’anno ha portato in sala grandi successi come I peccatori, Weapons e Superman solo quest’anno.

Byers riconosce che questo scenario era un tempo “improbabile”, ma che “il denaro e l’ambizione apparentemente illimitati di David Ellison [AD di Paramount] hanno accelerato il processo di consolidamento di Hollywood, e la sua decisione di fare un’offerta per l’intera WBD ora, nel tentativo di prevenire potenziali rivali, sta costringendo quasi tutti a rispolverare i propri modelli”.

Queste potenziali offerte arrivano dopo l’estate storica della Warner Bros., con una serie di film di successo al botteghino. Tuttavia, il sito Puck riferisce che Steven Cahall di Wells Fargo “non si aspetta che il prezzo delle azioni della WBD superi i 19 dollari per azione” e che “né Apple né Amazon punteranno all’acquisto dell’intera WBD”.

Pensando che Netflix sarebbe interessata solo allo studio e alle attività di streaming della Warner Bros., Byers afferma: “[…] come ho discusso domenica, Zaz dovrebbe convincere il suo consiglio di amministrazione e gli azionisti della WBD che la scissione porterebbe più valore rispetto agli Ellison, che due piccioni in volo valgono più di uno in mano”.

Cosa potrebbe significare per Hollywood l’acquisto della Warner Bros. da parte di Netflix

Per quanto riguarda il possibile acquisto della Warner Bros. da parte della Paramount, la fusione di due dei più antichi studi di Hollywood potrebbe portare alla nascita di una nuova potente istituzione nel settore. Ellison sembra voler puntare tutto su questa idea, poiché il suo obiettivo è quello di acquistare tutte le attività della Warner Bros., compresi giochi, fumetti e altro ancora. L’offerta di Netflix potrebbe significare la scissione di parti dell’azienda.

Ma l’ingresso di Netflix nella discussione fa sembrare che si tratti di un dibattito tra la vecchia industria dell’intrattenimento e quella nuova. Mentre la Paramount e la Warner Bros. si sono adattate all’era dello streaming, Netflix ha lanciato questa era. Pertanto, il fatto che sia Netflix o la Paramount ad acquistare la Warner Bros. e quanto redditizia si rivelerà questa decisione potrebbero plasmare il futuro di Hollywood.

Avengers: Doomsday, concluse le riprese del film!

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Dopo cinque mesi, si sono ufficialmente concluse le riprese di Avengers: Doomsday. Penultimo capitolo della Saga del Multiverso dell’universo cinematografico Marvel, il film proporrà lo scontro tra il Dottor Destino di Robert Downey Jr. e i supereroi più potenti della Terra (o meglio, del multiverso).

Recentemente, numerosi membri della troupe hanno pubblicato dei post in cui annunciavano che le riprese di Doomsday erano terminate, condividendo immagini di gadget esclusivi che avevano ricevuto al termine delle riprese. Tra questi c’erano magliette con il logo del film e immagini del Dottor Destino.

La produzione di Avengers: Doomsday è iniziata nell’aprile 2025 e, come si diceva, le riprese sono durate circa cinque mesi. Si tratta di una tempistica di produzione standard per un film degli Avengers, dato che sia Avengers: Infinity War che Avengers: Endgame hanno richiesto dai cinque ai sei mesi di riprese. Tuttavia, quest’ultimo ha subito delle riprese aggiuntive dopo la produzione iniziale.

Sebbene le riprese principali di Doomsday siano terminate, il film rimarrà infatti in post-produzione ancora per un po’ di tempo e già si vocifera di possibili riprese aggiuntive nei prossimi mesi. Potrebbe dunque volerci ancora un po’ prima di vedere un primo trailer. Quello di Infinity War fu pubblicato nel novembre 2017, con il film in uscita ad aprile. Per cui è probabile che per Doomsday non verrà mostrato nulla prima della prossima primavera.

Cosa sappiamo di Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars arriveranno in sala rispettivamente il 18 dicembre 2026, e il 17 dicembre 2027. Entrambi i film saranno diretti da Joe e Anthony Russo, che tornano anche nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

Sono confermati nel cast del film (per ora): Paul Rudd (Ant-Man), Simu Liu (Shang-Chi), Tom Hiddleston (Loki), Lewis Pullman (Bob/Sentry), Florence Pugh (Yelena), Danny Ramirez (Falcon), Ian McKellen (Magneto), Sebastian Stan (Bucky), Winston Duke (M’Baku), Chris Hemsworth (Thor), Kelsey Grammer Bestia), James Marsden (Ciclope), Channing Tatum (Gambit), Wyatt Russell (U.S. Agent), Vanessa Kirby (Sue Storm), Rebecca Romijn (Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Alan Cumming (Nightcrawler), Letitia Wright (Black Panther), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Pedro Pascal (Reed Richards), Hannah John-Kamen (Ghost), Joseph Quinn (Johnny Storm), David Harbour (Red Guardian), Robert Downey Jr. (Dottor Destino), Ebon Moss-Bachrach (La Cosa), Anthony Mackie (Captain America).

Avatar: Fuoco e Cenere, una nuova immagine anticipa un scontro infuocato!

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È stata rivelata una nuova immagine di Avatar: Fuoco e Cenere che offre uno sguardo più da vicino all’attesissimo sequel. Il film arriva tre anni dopo l’uscita di Avatar: La via dell’acqua, un film che ha battuto tutti i record nonostante i 13 anni trascorsi dall’uscita del primo film. Ora, il terzo capitolo è pronto per arrivare nelle sale il 19 dicembre. In quest’ultima opera diretta da James Cameron, la famiglia Sully torna per affrontare un nuovo nemico.

Dopo aver incontrato il clan oceanico Metkayina in La via dell’acqua, ora incontrano il clan Mangkwan, noto anche come Popolo della Cenere. Ma questa volta la tensione sale, poiché il gruppo, guidati dalla temibile Varang, sono antagonisti degli altri Na’vi. Il film promette dunque scontri epici e grazie ad Empire è ora stata rivelata una nuova immagine (la si può vedere qui) di Avatar: Fuoco e Cenere. L’immagine mostra un membro del clan Mangkwan che attacca uno dei Wind Traders, il popolo dell’aria, del terzo capitolo.

Quest’ultimo è Peylak, interpretato da David Thewlis, che brandisce una sorta di arma a bastone davanti a sé. Di fronte al personaggio di Thewlis c’è dunque un membro dei Mangkwan (riconoscibile dalla pittura rossa su parte del volto), che impugna quello che sembra essere un bastone ancora più grande. L’intera battaglia si svolge nei cieli, con una vista panoramica sul paesaggio di Pandora sottostante.

Oltre alla pubblicazione della nuova immagine, la fonte ha rivelato che queste scene hanno utilizzato una discreta quantità di effetti pratici. Nonostante l’uso di ambienti in gran parte realizzati in CGI, il team di Avatar: Fuoco e Cenere ha lavorato con fuoco reale, ad esempio. Il regista della seconda unità Garrett Warren ha dichiarato: “Vogliamo che le persone sentano il calore. Questa sequenza è un incrocio tra un’invasione di navi pirata e una battaglia aerea, con gli ikran, creature volanti che si muovono nell’aria come jet da combattimento”.

Il coordinatore delle acrobazie della seconda unità Steve Brown ha dovuto praticamente saltare da un uccello in volo proprio come fanno gli i guerrieri del Popolo della Cenere. Ci sono state un paio di belle cadute faccia a terra. Stiamo parlando di Jim Cameron, sapete? Non facciamo cose finte“. Questa immagine e la dichiarazione che l’accompagna catturano gran parte di ciò che rende Avatar: Fuoco e Cenere così emozionante. Sebbene sia difficile superare le prodezze tecnologiche già presenti nei primi due film, il team sta spingendo ancora oltre aggiungendo nuovi elementi – letteralmente – allo scenario.

Avatar: Fuoco e Cenere è il prossimo capitolo della saga di James Cameron

Con Avatar: Fuoco e Cenere, James Cameron riporta il pubblico su Pandora in una nuova avventura coinvolgente con Jake Sully (Sam Worthington), marine diventato leader dei Na’vi, la guerriera Na’vi Neytiri (Zoe Saldaña) e la famiglia Sully. Il film, con sceneggiatura di Cameron, Rick Jaffa e Amanda Silver e soggetto di Cameron, Jaffa, Silver, Josh Friedman e Shane Salerno, vede anche la partecipazione di Sigourney Weaver, Stephen Lang, Oona Chaplin, Cliff Curtis, Britain Dalton, Trinity Bliss, Jack Champion, Bailey Bass e Kate Winslet.

Si dice che il film rappresenterà un’evoluzione importante della storia avviata con Avatar (2009) e proseguita con Avatar – La via dell’acqua (2022), espandendo ulteriormente l’universo narrativo di Pandora e introducendo nuove aree geografiche e culture Na’vi, con toni più cupi rispetto ai precedenti capitoli. Cameron ha dichiarato inoltre che questo terzo episodio segnerà un punto di svolta tematico per l’intera saga. Uno degli aspetti più attesi riguarda l’introduzione del Popolo della Cenere, una tribù Na’vi legata all’elemento del fuoco.

A differenza delle popolazioni Na’vi viste finora, questi sono caratterizzati da una visione più aggressiva e conflittuale del mondo, portando per la prima volta un punto di vista Na’vi antagonistico. Questo consentirà alla saga di esplorare dinamiche interne al mondo indigeno di Pandora, complicando la tradizionale dicotomia tra Na’vi pacifici e umani colonizzatori. Leader di questo popolo è la temuta Varang, interpretata da Oona Chaplin e di cui negli scorsi giorni era state diffuse alcune immagini ufficiali.

Cameron ha anche anticipato che Avatar: Fuoco e Cenere conterrà un importante sviluppo narrativo che ricollegherà alcuni eventi ai futuri capitoli già in lavorazione. La tecnologia continuerà a giocare un ruolo centrale: Cameron ha promesso nuove innovazioni visive, in particolare nella resa degli ambienti vulcanici e nelle sequenze incentrate sul fuoco. Questo terzo film si preannuncia dunque come un capitolo chiave per l’espansione tematica, politica e visiva dell’universo di Avatar.

Avatar: Fuoco e Cenere sarà al cinema il 19 dicembre 2025.

The Brave and The Bold: James Gunn aggiorna sul casting di Batman

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Uno dei tanti progetti rivelati nel gennaio 2023 per il Capitolo 1 della DCU, “Dei e Mostri”, è la prossima versione cinematografica del Cavaliere Oscuro, dato che la DC Studios sta lavorando all’introduzione dell’iconico eroe nel reboot intitolato The Brave and The Bold. Mentre l’universo di The Batman con Robert Pattinson rimarrà una proprietà Elseworlds, la continuity principale del film affronterà una versione più consolidata del combattente del crimine di Gotham City, con una parte attiva della Bat-Family nella sua mitologia.

Uno degli aspetti più importanti del prossimo reboot è dunque chi finirà per interpretare Bruce Wayne per la DC Studios, insieme agli altri personaggi della Justice League. Durante una nuova intervista con The Ringer-Verse, a James Gunn è stato chiesto quale fosse lo stato attuale della ricerca della prossima star che indosserà il costume da Batman nella DCU. Senza rivelare nomi, il co-CEO della DC Studios ha rivelato di avere sicuramente in mente degli attori per il ruolo, condividendo quanto segue:

Ho idee su chi potrebbe interpretare Batman? Assolutamente sì. Ho dei candidati che mi piacciono. Ho dei nomi in cima alla lista, proprio come avevo dei nomi in cima alla lista per Superman. Ma lasciate che vi dica una cosa, non sono David Corenswet, giusto? Non hanno ottenuto il ruolo. La gente può fare delle ipotesi e forse su alcune cose avrà ragione. Non lo so. Non so di cosa stiate parlando nello specifico. [È] tutto ancora da decidere”.

Gunn ha poi aggiunto: “Dovremmo fare dei provini, dovremmo fare tutto il necessario. È improbabile che io assuma qualcuno che sia come Sylvester Stallone nei panni di Batman dove lo stiamo semplicemente assumendo. È improbabile che Batman sia uno di quei ragazzi. Ma è possibile! Conosco un attore in particolare che è una star piuttosto famosa e che vorrebbe interpretare Batman. Ne abbiamo parlato, ma non sono sicuro che sarà così.

Dopo diversi aggiornamenti sulla sceneggiatura di The Brave and the Bold negli ultimi due mesi, Gunn ha anche fornito le ultime notizie sullo stato di avanzamento della sceneggiatura. Pur non rivelando il nome dello sceneggiatore, ha assicurato che è ancora in fase di scrittura, fornendo anche le sue impressioni su di essa fino a questo momento: “La sceneggiatura non è finita, cioè, abbiamo qualcuno che la sta scrivendo, penso che sia davvero buona. Ma non è ancora finita“.

Cosa significano i commenti di James Gunn su The Brave and the Bold

Anche se la sceneggiatura è ancora in fase di lavorazione, dai recenti commenti di Gunn è chiaro che il Cavaliere Oscuro rimane una delle priorità principali del franchise ed buono sapere che la DCU sta attivamente cercando chi potrebbe interpretarlo. Non sarebbe sorprendente se la star misteriosa con cui ha parlato di Batman fosse Alan Ritchson, dato che il protagonista di Reacher ha recentemente rivelato di aver avuto dei colloqui con il capo della DC Studios riguardo al ruolo. Ma c’è anche la possibilità che ci siano altri nomi importanti a cui potrebbe aver fatto riferimento nell’ultima intervista.

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Tutto quello che sappiamo su The Brave and the Bold

Parlando l’anno scorso dei piani dei DC Studios per The Brave and the Bold, James Gunn ha detto: “Questa è l’introduzione del Batman del DCU. È la storia di Damian Wayne, il vero figlio di Batman, di cui non conoscevamo l’esistenza per i primi otto-dieci anni della sua vita. È stato cresciuto come un piccolo assassino e assassina. È un piccolo figlio di puttana. È il mio Robin preferito“. “È basato sulla run di Grant Morrison, che è una delle mie run preferite di Batman, e la stiamo mettendo insieme proprio in questi giorni“.

Il co-CEO dei DC Studios, Peter Safran, ha aggiunto: “Ovviamente si tratta di un lungometraggio che vedrà la presenza di altri membri della ‘Bat-famiglia’ allargata, proprio perché riteniamo che siano stati lasciati fuori dalle storie di Batman al cinema per troppo tempo“. Alla sceneggiatura, oltre a Muschietti, dovrebbe esserci anche Rodo Sayagues, noto per aver firmato le sceneggiature di La casa, Man in the DarkAlien: Romulus.

Ritratto della giovane in fiamme: la spiegazione del finale del film

Il film Ritratto della giovane in fiamme (qui la recensione) di Céline Sciamma ha una scena finale straordinaria, i cui ultimi momenti sono ricchi di profondo significato. Il quarto lungometraggio di Sciamma ha debuttato al Festival di Cannes nel 2019, dove ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura e il Queer Palm. Come altri film romantici simili, Ritratto della giovane in fiamme racconta la storia di Marianne (Noémie Merlant) ed Héloïse (Adèle Haenel); la prima è una pittrice, la seconda è il soggetto che le è stato segretamente affidato da dipingere prima di un matrimonio combinato.

Nel corso del film, ambientato nella Bretagna del XVIII secolo, le due diventano molto più che artista e soggetto, diventando amiche, confidenti e amanti. La struttura del film – che si apre con una Marianne leggermente più anziana che tiene un corso di pittura, per poi tornare indietro nel tempo al periodo trascorso con Héloïse – fa capire al pubblico che le due non finiranno insieme. Marianne dipinge il ritratto e se ne va, mentre Héloïse è costretta a sposarsi. Ma il percorso che porta a quel punto rende il finale struggente e ricco di significati da svelare.

Il ruolo di Orfeo ed Euridice in Ritratto della giovane in fiamme

La chiave della storia di Marianne ed Héloïse è la leggenda greca di Orfeo ed Euridice. Orfeo si innamora di Euridice, ma la perde dopo che lei muore per il morso di un serpente. Si reca negli inferi e supplica Ade di riportarla in vita. Ade accetta a condizione che, quando usciranno dalla caverna, lui non la guardi, altrimenti la perderà per sempre. Orfeo, incapace di sentire i passi di Euridice dietro di lui, cede e si volta per vedere la sua amata, solo per vederla scomparire per sempre, diventando nient’altro che un ricordo. L’interpretazione comune è che Orfeo scelga di voltarsi indietro.

Héloïse offre la sua: Euridice lo chiamò affinché si voltasse, e solo per questo lui lo fece. Questo mito fa da cornice alla storia d’amore di Marianne e Héloïse: una storia che sanno non potrà durare. È meglio finire con un ricordo che con niente. Marianne si identifica con Orfeo nel dipinto che svela alla fine di Ritratto della giovane in fiamme, che cattura il momento in cui Orfeo guarda Euridice. Questo riflette il suo ricordo dell’ultimo sguardo a Héloïse mentre lasciava la casa. Orfeo fa la “scelta del poeta” voltandosi; Marianne fa la scelta dell’artista.

Questo porta al secondo atto di Marianne di voltarsi per affrontare Héloïse, mentre si fa strada tra la folla per vedere il suo nuovo ritratto, quasi come se fosse chiamata da una voce inascoltata. Ancora una volta, questo pone Héloïse come Euridice, ma una con il pieno controllo delle sue azioni, che vuole che Marianne la veda ma che è ancora fuori dalla sua portata. La storia di Orfeo ed Euridice è tipicamente vista come quella dello sguardo maschile; lui la guarda, per osservarla, ponendo il suo sguardo al di sopra della sua esistenza. Trasformando la storia in quella dello sguardo femminile, da qualunque punto di vista la si guardi, Sciamma dà a entrambe le donne il controllo sulla storia e sul loro destino.

Ritratto della giovane donna in fiamme

Il dettaglio francese nascoso nel finale

Come sottolineato da Vox, Ritratto della giovane in fiamme contiene un altro significato aggiuntivo per coloro che possono seguire il film nella sua lingua originale, il francese, piuttosto che affidarsi ai sottotitoli. Quando Marianne ed Héloïse parlano tra loro, usano “vous”, che è la versione formale di “tu” in francese. All’inizio della loro relazione, questo è corretto: Marianne è stata assunta dal capo della famiglia e le donne non si conoscono, quindi è logico mantenere un certo livello di formalità.

Tuttavia, Marianne ed Héloïse continuano a usare “vous” l’una con l’altra, anche dopo aver iniziato a legare, anche dopo che è diventato chiaro che hanno sviluppato dei sentimenti, hanno dormito insieme e Marianne l’ha dipinta. La loro relazione cambia e diventa più intima, ma il loro linguaggio no. Almeno fino alla fine, all’ultima interazione tra Marianne ed Héloïse. Quando Marianne è finalmente pronta a lasciare la casa, Héloïse le corre dietro giù per le scale, nel suo abito da sposa bianco, e le dice: “Retourne-toi”.

Non solo questo è il suo momento Euridice, ma forse ancora più significativo è il fatto che qui lei parli in modo informale. Questo rende i loro sentimenti reciproci ancora più chiari e, anche se molti spettatori non se ne rendono conto, ancora più incisivi. Héloïse si apre completamente a Marianne, ammettendo i suoi sentimenti nel loro ultimo momento insieme. Se tutto ciò che può lasciare a Marianne è un ricordo, allora sarà un ricordo estremamente potente e amorevole.

Il numero 28 nel ritratto di Héloïse

Quando Marianne si fa strada tra la folla per affrontare il ritratto di Héloïse nel finale di Ritratto della giovane in fiamme, ciò che colpisce non è il modo in cui Eloisa è dipinta, né la bambina dai capelli dorati – quasi certamente sua figlia – al suo fianco. Sebbene entrambi potrebbero essere sufficienti a far gonfiare o scoppiare il cuore di Marianne, ciò che conta di più è il numero di pagina che spunta dal libro che ha in grembo: il numero 28, la stessa pagina su cui Marianne ha disegnato se stessa nella copia di Éloïse della storia di Orfeo ed Euridice.

Questo non è solo il modo di Héloïse per dire a Marianne che anche lei la ricorda, ma è il richiamo di una visione specifica: come quando Héloïse regala a Marianne un ultimo ricordo perfetto usando il francese informale e permettendole di vederla vestita di bianco, proprio come Marianne l’aveva immaginata. Héloïse, includendo il numero 28, mostra a Marianne il momento perfetto tra loro. Sceglie di conservarlo nella sua memoria e dimostra che, indipendentemente dall’artista, Marianne è l’unica che la vede veramente. Il dipinto di Héloïse richiama Marianne, il loro legame condiviso è fisicamente spezzato ma immortalato sulla tela, così come nei loro ricordi e nei loro cuori.

Ritratto della giovane in fiamme (2019)

Perché la scelta musicale finale di Ritratto della giovane in fiamme è così importante

Sebbene Ritratto della giovane in fiamme si concentri sull’arte, è piuttosto sobrio per quanto riguarda la musica. Ci sono pochi momenti musicali nel corso del film, ma questo conferisce maggiore impatto alla scena finale. In una sequenza di cinque minuti, Marianne vede Héloïse per la seconda volta da quando ha lasciato la sua casa, questa volta a un concerto. Marianne guarda dall’altra parte della sala e vede Héloïse sul lato opposto, anche se lei non la vede. Héloïse è immersa nella musica, diventando sempre più emotiva. La musica che suona è tratta da “Estate” delle Quattro Stagioni di Vivaldi, la stessa che Marianne ha suonato in precedenza in Ritratto della sposa in fiamme.

Ascoltare un’orchestra era qualcosa che Héloïse desiderava ardentemente. In un certo senso, Héloïse ha qualcosa che desidera; è felice. Ma ascoltare la musica – in particolare questa musica – le riporta alla mente il ricordo di ciò che ha perso per ottenerla, ovvero Marianne. È appropriato che il brano stesso parli di una perfetta giornata estiva interrotta da una tempesta. Sarebbe anche giusto chiedersi quale sia quale nel caso di Héloïse: è il ricordo invasivo di Marianne la tempesta, o è la giornata estiva, schiacciata dalla realtà della vita senza di lei?

Marianne è ancora una volta catapultata nel ruolo di Orfeo, con nient’altro che la possibilità di contemplare il suo amore. Mentre la musica cresce e la telecamera zooma sul volto di Héloïse, Ritratto della giovane in fiamme torna all’atto di contemplare. Per chiunque altro, Héloïse potrebbe sembrare una spettatrice qualsiasi. Ma attraverso gli occhi di Marianne, lo spettatore vede Héloïse come la vede Marianne, ogni emozione ed espressione che danza sul suo viso, dolore e gioia, tristezza e sorrisi che si completano e si contraddicono a vicenda. È il modo in cui solo chi ama veramente qualcuno può vedere, ed è tutto ciò che anche Marianne può fare ora: guardare e ricordare, senza rimpianti.

Il vero significato del finale di Ritratto della giovane in fiamme

Il finale mozzafiato di Ritratto della giovane in fiamme ha un forte impatto emotivo, poiché tutto ciò che lo spettatore può fare è sedersi e guardare in silenzio, osservando Héloïse che guarda l’orchestra, tutto attraverso gli occhi di Marianne. Questa scelta è significativa per come inquadra la storia, che diventa, in parte, una storia sullo sguardo femminile (da notare la generale assenza di uomini nella storia). Attraverso questo sguardo, il pubblico sperimenta la bellezza, la passione, il romanticismo, l’amore e il dolore che Marianne ed Héloïse vedono l’una nell’altra, che raggiungono un crescendo travolgente (e devastante) in quei minuti finali.

Questi momenti conclusivi mettono in evidenza il potere della memoria e dell’arte; come entrambi possano essere interpretati in modo diverso, che nessuno dei due è necessariamente la verità di chi è la persona, e che non possono catturare appieno ciò che significava per te. Eppure entrambi possiedono un potere incredibile: quello di prendere quei momenti di romanticismo e amore, ma anche di dolore e perdita, e dare loro una durata infinita. Il finale di Ritratto della giovane in fiamme riporta alla mente i suoi temi – la storia di Orfeo ed Euridice, lo sguardo femminile, la forza dell’arte e la capacità di vedere l’altra persona – e li conclude perfettamente.

Lo straniero senza nome: la spiegazione del finale del film

Lo straniero senza nome (1973), diretto e interpretato da Clint Eastwood, rappresenta uno dei primi passi dell’attore nella regia dopo l’esperienza formativa sotto Sergio Leone e Don Siegel. Questo film segna un momento fondamentale nella sua filmografia, perché permette a Eastwood di affermare uno stile personale: più cupo, allegorico e moralmente ambiguo rispetto ai western classici. Pur restando fedele a certe atmosfere del genere, Eastwood introduce un linguaggio registico che accentua il mistero e la tensione, delineando così il suo percorso di cineasta indipendente e anticonformista.

Rispetto agli altri western di Eastwood, Lo straniero senza nome si distingue per il tono fortemente metaforico e quasi soprannaturale. Se nei film di Leone il pistolero solitario era una figura mitica ma ancora umana, qui il protagonista assume le sembianze di un fantasma vendicatore, sospeso tra l’aldilà e la realtà. Questo spostamento accentua il lato morale e filosofico del racconto, anticipando riflessioni che Eastwood svilupperà anche in opere successive come Il cavaliere pallido e, più avanti, Gli spietati, dove il mito del West viene smontato e reinterpretato in chiave critica.

Il film appartiene al genere western ma lo declina in una chiave cupa, quasi gotica, giocando con temi come la colpa, la vendetta, la paura e la complicità silenziosa di una comunità. La cittadina in cui si svolge la vicenda diventa una sorta di microcosmo corrotto, popolato da uomini incapaci di assumersi responsabilità morali. Il protagonista, enigmatico e implacabile, diventa lo strumento attraverso cui si compie la resa dei conti, lasciando allo spettatore il dubbio se si tratti di un uomo o di un’entità soprannaturale. Nel resto dell’articolo analizzeremo nel dettaglio il finale, cercando di comprenderne i significati nascosti.

Lo straniero senza nome film

La trama di Lo straniero senza nome

La storia si apre sull’arrivo nell’apparentemente tranquilla cittadina di Lago di un misterioso pistolero, mai visto prima da quelle parti. L’uomo si distingue subito per la sbalorditiva abilità con le armi, uccidendo senza problemi tre briganti lì presenti. Divenuto subito celebre in città, questi viene approcciato dal neo eletto sindaco, il quale gli racconta che il suo predecessore è stato recentemente ucciso in modo quanto mai brutale da tre pistoleri. Questi hanno poi lasciato la città promettendo di tornare per compiere ulteriori massacri. Vista la sua bravura con le armi, allo straniero viene chiesto di restare e proteggere i cittadini di quel luogo.

Inizialmente riluttante, il misterioso pistolero finisce con l’accettare, allettato dalla possibilità di poter chiedere qualunque cosa in cambio. Nell’attesa che i tre criminali tornino in città, egli prova ad addestrare gli stessi cittadini alla pratica delle armi, attirandosi però l’odio di molti dei presenti, convinti che l’uomo porterà soltanto ulteriori guai. La notizia che i tre briganti stanno realmente per arrivare in città, però, fa nuovamente calare un clima di terrore su questa. Lo straniero, nell’attesa, rivelerà di avere motivi molto più personali di quanto si potrebbe pensare contro i tre in arrivo.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Lo straniero senza nome, la tensione raggiunge il culmine con l’arrivo in città degli uomini di Stacey Bridges e dei fratelli Carlin. Lago, interamente dipinta di rosso e trasformata in un surreale scenario infernale, diventa il palcoscenico della resa dei conti. Gli abitanti, incapaci di difendersi davvero, vengono facilmente sopraffatti e radunati nel saloon. Quando tutto sembra perduto, lo Straniero ritorna in scena: appare come un’ombra vendicatrice, colpisce dall’oscurità e mette in atto un castigo tanto crudele quanto inevitabile.

La violenza si concentra in momenti simbolici: il fratello Carlin frustato fino alla morte con la stessa modalità subita anni prima dal marshal Jim Duncan, e l’eliminazione di Bridges e dei restanti fuorilegge uno dopo l’altro, come in un rituale di purificazione. Alla fine, la città è devastata, le fiamme avvolgono gli edifici, e lo Straniero si allontana nuovamente nel deserto, dissolvendosi tra le onde di calore. L’ultimo scambio con Mordecai davanti alla tomba appena incisa con il nome di Jim Duncan suggella il mistero: l’identità del cavaliere senza nome resta sospesa tra realtà e leggenda, lasciando spazio a interpretazioni contrastanti.

Lo straniero senza nome cast

Il finale ha pertanto dato vita a numerose teorie. Una lettura concreta vede lo Straniero come il fratello del marshal ucciso, tornato per vendicare l’ingiustizia subita, versione accennata in alcune sceneggiature iniziali e ripresa in doppiaggi europei. Tuttavia, Clint Eastwood ha preferito una visione più simbolica e soprannaturale: lo Straniero sarebbe lo spirito inquieto di Jim Duncan, riemerso dall’aldilà per richiamare i cittadini di Lago alle proprie responsabilità morali. I dettagli onirici, i richiami visivi e la sparizione finale sostengono questa interpretazione.

Il film, quindi, gioca volutamente sull’ambiguità: il misterioso cavaliere è un uomo di carne e ossa o un fantasma della coscienza collettiva? La sua figura assume i tratti di una parabola morale, in cui la giustizia non proviene dalle leggi o dalle istituzioni, ma da un’entità che incarna la vendetta e il peso dei peccati passati. L’impossibilità di dare una risposta definitiva rende il finale ancora più potente, lasciando lo spettatore inquieto e stimolato a interrogarsi.

In ultima analisi, Lo straniero senza nome ci lascia un messaggio di forte impatto: la colpa non resta mai impunita. La comunità di Lago, complice della morte del marshal, è costretta a fare i conti con le proprie omissioni e con la vigliaccheria che l’ha condannata. Eastwood costruisce così una parabola western che si trasforma in una riflessione universale sulla responsabilità morale e sulla necessità di affrontare i fantasmi del passato, prima che essi ritornino a reclamare il loro prezzo.

I segreti di Osage County: la spiegazione del finale del film

I segreti di Osage County (qui la recensione), diretto da John Wells, è tratto dall’omonima opera teatrale di Tracy Letts, vincitrice del Premio Pulitzer e del Tony Award. L’adattamento cinematografico conserva la struttura corale e claustrofobica della pièce, ambientata quasi interamente tra le mura della casa della famiglia Weston, dove l’atmosfera soffocante diventa specchio delle tensioni e dei rancori mai sopiti. Wells riesce a trasporre sullo schermo la densità dei dialoghi e il peso dei silenzi, mantenendo intatta l’anima teatrale e amplificandone la forza drammatica attraverso il linguaggio visivo.

Il film può contare su un cast straordinario, guidato da Meryl Streep nel ruolo della matriarca Violet Weston e Julia Roberts nei panni della figlia Barbara. Attorno a loro, un gruppo di interpreti di altissimo livello – tra cui Ewan McGregor, Benedict Cumberbatch, Chris Cooper e Julianne Nicholson – contribuisce a dare profondità al dramma familiare. Le tensioni tra i personaggi esplodono in dialoghi taglienti, scontri emotivi e rivelazioni che mettono a nudo ferite mai rimarginate. Le prove attoriali, intense e calibrate, sono il motore di un film che vive dell’energia dei conflitti interpersonali.

Collocato nel genere del dramma familiare, I segreti di Osage County affronta temi universali come la disgregazione dei legami familiari, la difficoltà di comunicare, l’eredità emotiva e il peso dei segreti. La vicenda si muove tra la tragicità e momenti di grottesco, offrendo una riflessione amara sulle dinamiche di potere all’interno della famiglia e sulla difficoltà di sfuggire ai modelli imposti dall’infanzia. È proprio nel confronto tra dolore e resilienza che il film trova la sua forza, anticipando un finale che, nel prosieguo dell’articolo, analizzeremo e spiegheremo nei dettagli.

I Segreti di Osage County

La trama di I segreti di Osage County

Il film racconta la storia di una famiglia che vive in Oklahoma con un passato travagliato fatto di ricordi spiacevoli. Memorie che vengono a galla quando Beverly (Sam Shepard), marito di Violet Weston (Meryl Streep), anziana donna malata di tumore, scompare improvvisamente senza lasciare alcuna traccia. La figlia Ivy (Julianne Nicholson) riunisce immediatamente tutti i familiari per capire dove sia finito l’uomo, compresi gli zii Mattie Fae (Margo Martindale) e Charles Aiken (Chris Cooper). Arriva nella contea anche Barbara (Julia Roberts), la secondogenita, con il marito Bill Fordham (Ewan McGregor) e sua figlia Jean (Abigail Breslin).

Fin da subito tutti si rendono conto che il loro matrimonio è ormai solo una farsa. Alla cerimonia funebre arriva anche Karen (Juliette Lewis), l’ultima sorella Weston, con il suo nuovo fidanzato Steve Heidebrecht (Dermot Mulroney). Il punto di non ritorno la famiglia lo raggiunge durante il pranzo dopo il funerale: Violet, sotto l’effetto dei farmaci che le servono per curare il cancro, aggredisce tutti i presenti. Le tre figlie cominciando dunque a interrogarsi su chi tra di loro dovrà prendersene cura restando a Osage. Tutto si complica quando salta fuori la relazione incestuosa tra Ivy e il figlio della zia Mattie Fae, “Little” Charles (Benedict Cumberbatch).

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di I segreti di Osage County, le tensioni familiari raggiungono il punto di rottura definitivo. La verità sulla relazione tra Ivy e Little Charles viene spezzata da Violet, che rivela come lui sia in realtà suo fratello, figlio di una relazione extraconiugale tra Beverly e Mattie Fae. Questa rivelazione distrugge ogni possibilità di futuro per Ivy, che abbandona la casa con la promessa di non tornare mai più. Parallelamente, anche gli altri membri della famiglia iniziano a disgregarsi: Karen nega la realtà del suo rapporto con Steve e se ne va, mentre Bill decide di riportare Jean in Colorado.

Il culmine arriva nello scontro finale tra Barbara e Violet. Qui, Violet confessa di aver ricevuto una telefonata dal marito Beverly quando era ancora in vita, ma di non aver mosso un dito per aiutarlo, preferendo invece prelevare denaro dal conto comune prima che lui si togliesse la vita. Questa rivelazione segna il definitivo distacco tra madre e figlia: Barbara, resa consapevole dell’abisso di egoismo e crudeltà in cui è precipitata Violet, sceglie di andarsene, lasciandola sola con la badante Johnna. Il film si chiude con Barbara in viaggio verso ovest, devastata ma determinata a liberarsi dal peso della madre, mentre Violet rimane nella casa, abbandonata da tutti.

Julia Roberts e Meryl Streep in I segreti di Osage County

Il finale del film sottolinea come la famiglia Weston sia irrimediabilmente fratturata, incapace di superare segreti, rancori e tradimenti. Violet, figura centrale e distruttiva, resta prigioniera della propria solitudine, mentre le figlie intraprendono strade diverse per fuggire dalla sua influenza tossica. La partenza di Barbara rappresenta il punto di non ritorno: pur nel dolore, sceglie di non ripetere il ciclo di odio e dipendenza che ha segnato la sua famiglia. La casa, che fino a quel momento era stata il teatro dei conflitti, diventa così simbolo di isolamento e autodistruzione.

Attraverso questo epilogo, I segreti di Osage County porta a compimento i suoi temi centrali: la disintegrazione della famiglia, la difficoltà di affrontare la verità e l’impossibilità di guarire vecchie ferite. Ogni personaggio, nel momento di massimo confronto, è costretto a misurarsi con il proprio dolore e con l’eredità emotiva lasciata dai Weston. Violet, incapace di cambiare, diventa emblema di un passato che non può essere redento, mentre Barbara incarna la scelta difficile ma necessaria di rompere con le radici tossiche per non esserne definitivamente schiacciata.

Ciò che il film lascia allo spettatore è un’amara riflessione sulla famiglia come luogo di affetti ma anche di ferite profonde. I segreti di Osage County mostra quanto sia difficile separarsi dai legami familiari, anche quando questi si rivelano distruttivi. Il messaggio finale è duplice: da un lato, la necessità di riconoscere le radici del proprio dolore; dall’altro, il coraggio di allontanarsene per costruire una vita diversa. È un film che parla di perdita e sopravvivenza emotiva, invitando a chiedersi fino a che punto il legame di sangue debba essere un vincolo ineludibile.

Spider-Man: Brand New Day, Jon Bernthal svela il look di Punisher

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Il Punisher interpretato da Jon Bernthal ha fatto il suo debutto “ufficiale” nell’MCU in Daredevil: Rinascita, e l’ultima volta che abbiamo visto Frank Castle stava tentando la fuga dalla prigione improvvisata del sindaco Wilson Fisk. Il vigilante tornerà in Punisher Special Presentation in arrivo su Disney+ il prossimo anno e, sebbene non sia confermato, Bernthal potrebbe apparire nuovamente in Daredevil: Rinascita quando tornerà per la seconda stagione. Intanto, sappiamo che Frank approderà anche sul grande schermo con quello che sembra essere un ruolo importante in Spider-Man: Brand New Day.

Da quanto si è riusciti a ricostruire, Frank decide di iniziare a prendere di mira i criminali dotati di superpoteri e si scontra con il supereroe di strada Spider-Man. Potrebbe avere o meno un aiutante nella sua guerra al crimine e si dice che abbia acquisito alcune armi formidabili per aiutarlo a combattere Scorpion e quelli come lui. Ora, Jon Bernthal ha condiviso quello che sembra essere il suo look da Punisher per Spider-Man: Brand New Day (lo si può vedere qui).

Proprio come nelle foto del set di Punisher Special Presentation, sembra che possiamo aspettarci che Frank sfoggi una barba, non dissimile da quella che aveva durante l’acclamata serie di Rick Remender e Marco Checchetto, che ha visto alcune apparizioni di Spidey. “Ho molto a cuore Frank, sono davvero grato di avere l’opportunità di raccontare la storia che penso i fan meritino”, ha recentemente dichiarato Bernthal a proposito della sua imminente Special Presentation. “Stiamo dando il massimo e stiamo cercando di raccontare una storia di Frank Castle che ci farà voltare le spalle al pubblico”.

Non sarà facile, non sarà leggero, ma penso che sia la versione che questo personaggio merita e sono oltremodo onorato e grato di avere questa opportunità”. Alla domanda su come lo speciale autonomo si confronterà con la serie Netflix, Bernthal ha risposto: “Sarà cupo; Frank non ha alcun interesse a rompere l’oscurità. Non sarà facile. Non so se questo è il tono di Netflix, ma se è così, allora sarà così. Non sarà un Punisher light, ve lo prometto”.

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Quello che sappiamo su Spider-Man: Brand New Day

Ad oggi, una sinossi generica di Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.

Dopo gli eventi di Doomsday, Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile alleato per proteggere coloro che ama.

L’improbabile alleato potrebbe dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal recentemente annunciato come parte del film – in una situazione già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi contro la vera minaccia di turno.

Di certo c’è che il film condivide il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry Osborn.

Il film è stato recentemente posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026. Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers. Tom Holland guida un cast che include anche Zendaya, Jacob Batalon, Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas e Jon Bernthal. Michael Mando è stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento di Charlie Cox.

Spider-Man: Brand New Day uscirà nelle sale il 31 luglio 2026.

Marvel Zombies: la stagione 2 si farà, ma ad una condizione

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Nella prima stagione di What If… ?, un episodio dal titolo appropriato “E se… Zombie?!” ci ha portato in una realtà in cui un mondo non dissimile dalla Terra 616 era stato devastato da un’epidemia di zombi. La risposta a questo episodio ha portato la Marvel Television a dare il via libera a una serie spin-off di quattro episodi, Marvel Zombies. La serie debutterà su Disney+ la prossima settimana e una seconda stagione è già in fase di progettazione… a patto che i fan guardino questa prima serie di episodi.

In una nuova intervista, Brad Winderbaum, responsabile dello streaming, della televisione e dell’animazione presso Marvel Studios, ha rivelato: “Per favore, la gente deve abbonarsi a Disney+ e guardare questo programma. Se ciò accadrà, ne avranno altri. E noi siamo entusiasti. Siamo pronti”. Per quanto riguarda l’evoluzione futura della serie, il dirigente ha fatto riferimento ai fumetti. “Abbiamo avuto molta libertà nello sviluppo dei personaggi che potevamo usare e degli aspetti che volevamo esplorare. Ma c’erano alcune considerazioni da fare riguardo alla tradizione”.

Quello che Robert [Kirkman] e Sean [Phillips] hanno fatto nel libro originale è una sorta di derivazione di ciò che stava facendo Mark Millar. Era solo un periodo diverso nei fumetti, un universo diverso. Ci siamo allontanati dal 616, scusate, dalla versione MCU del 616. I pezzi sulla scacchiera erano in posizioni diverse per permetterci di iniziare la storia”. Winderbaum ha poi aggiunto: “La tradizione è molto ricca ed estesa, e Bryan [Andrews] ed io ci entusiasmiamo continuamente parlando di altri personaggi e altre cose che stanno accadendo nell’universo allo stesso tempo”, ha scherzato, “e di dove potremmo esplorare se fossimo così fortunati da realizzare una seconda stagione”.

L’invito ad iscriversi a Disney+ arriva in un momento piuttosto particolare e delicato, in cui molte celebrità stanno invitando a boicottare lo studio e il servizio di streaming per motivi legati alla sospensione del programma televisivo di Jimmy Kimmel. Non resta dunque che attendere e scoprire se davvero Marvel Zombies verrà rinnovata per una seconda stagione o meno.

Di cosa parla Marvel Zombies?

Nell’episodio di What If… ?, intitolato “E se… Zombie?”, gli Avengers e quasi tutto il mondo vengono infettati da un virus zombie che Janet van Dyne porta dal Regno Quantico. Le prime vittime sono suo marito Hank Pym, seguito da sua figlia Hope van Dyne, alias Wasp, e Scott Lang, alias Ant-Man. Molti degli altri Vendicatori si trasformano poi in cadaveri mangia-cervelli, come Iron Man, Doctor Strange, Wong, Occhio di Falco, Falcon e Wanda Maximoff.

Sempre in quell’episodio, una squadra di umani, tra cui Wasp, Spider-Man, Winter Soldier, Hulk, Sharon CarterOkoye e la testa parlante di Ant-Man in un barattolo, deve quindi sfuggire all’assalto degli zombie. Alla fine, molti dei sopravvissuti muoiono e Hulk si sacrifica per fermare una zombie Wanda superpotente che ha poteri magici grazie alla Gemma della Mente. Gli umani fuggono a Wakanda, ma un cliffhanger anticipa che uno zombie Thanos ha quasi completato il Guanto dell’Infinito.

In Marvel Zombies, dunque, dopo che gli Avengers sono stati sopraffatti da un’epidemia zombie, un gruppo di sopravvissuti disperati scopre la chiave per porre fine ai non morti dotati di superpoteri, correndo attraverso un paesaggio distopico e rischiando la vita per salvare il loro mondo.

Il cast di doppiatori include Elizabeth Olsen, Paul Rudd, Florence Pugh, David Harbour, Tessa Thompson, Simu Liu, Awkwafina, Hailee Steinfeld, Wyatt Russell, Randall Park, Iman Vellani e Dominique Thorne nei ruoli dei loro rispettivi personaggi nel Marvel Cinematic Universe.

Il creatore di “The Walking DeadRobert Kirkman ha originariamente ideato Marvel Zombies come serie a fumetti nel 2005, ambientata in un universo alternativo popolato da zombie. La serie animata è invece stata realizzata da Bryan Andrews e Zeb Wells. I produttori esecutivi sono Kevin Feige, Louis D’Esposito, Brad Winderbaum, Dana Vasquez-Eberhardt, Bryan Andrews e Zeb Wells, mentre i produttori sono Danielle Costa e Carrie Wassenaar.

Festa del Cinema di Roma XX: annunciato il programma!

E’ stato annunciato il programma della ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma che si svolgerà dal 15 al 26 ottobre 2025 all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone coinvolgendo numerosi altri luoghi e realtà culturali della Capitale.

La Festa del Cinema è prodotta dalla Fondazione Cinema per Roma. La manifestazione è promossa da Roma Capitale, Regione Lazio, Cinecittà (in rappresentanza del Ministero della Cultura), Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma e Fondazione Musica per Roma. Il Collegio dei Fondatori è presieduto da Lorenzo Tagliavanti (Presidente della Camera di Commercio di Roma) e composto da Roberto Gualtieri (Sindaco di Roma Capitale), Francesco Rocca (Presidente della Regione Lazio), Antonio Saccone (Presidente di Cinecittà), Claudia Mazzola (Presidente della Fondazione Musica per Roma).

Festa del Cinema di Roma 2025: il concorso “Progressive Cinema” svela i suoi titoli

Salvatore Nastasi è il Presidente della Fondazione Cinema per Roma e del Consiglio di Amministrazione composto da Manuela Cacciamani, Manuela Maccaroni, Valerio Toniolo e Raffaele Ranucci. Francesca Via è la Direttrice Generale della Fondazione. Paola Malanga è la Direttrice Artistica della Festa del Cinema e della Fondazione Cinema per Roma, affiancata da un comitato di selezione composto da Giovanna Fulvi, Alberto Libera, Enrico Magrelli, Emanuela Martini e Alberto Pezzotta.

Freestyle: tutti i titoli tra film, arti e serie, il laboratorio più libero della Festa di Roma

I Partner Istituzionali sono Direzione generale Cinema e audiovisivo del Ministero della Cultura, SIAE, NUOVO IMAIE e Aeroporti di Roma. I Main Partner sono ACEA, BNL BNP Paribas e Poste Italiane. La Festa si svolge in collaborazione con Alice nella città, Cineteca di Bologna, Centro Sperimentale di Cinematografia e MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Rai è Main Media Partner, Rai Cultura è Content Partner, Rai Radio 2 è la Radio Ufficiale.

Gli Sponsor Ufficiali sono Gruppo FS Italiane e Kellogg’s Extra. L’Auto Ufficiale è FIAT. Cinecittà News e Grazia sono Media Partner, Screen è Trade. Pino Chiodo Cinema Engineering è Partner Tecnico per le attrezzature di proiezione.

Festa del Cinema di Roma 2025 – Selezione Ufficiale del Concorso

  • 40 SECONDI – di Vincenzo Alfieri, Italia, 2025, 121’
  • L’ACCIDENT DE PIANO – di Quentin Dupieux, Francia, 2025, 88’
  • CHANG YE JIANG JIN (WILD NIGHTS, TAMED BEASTS) – di Wang Tong, Cina, 2025, 120’ | Opera prima |
  • ESTA ISLA – di Lorraine Jones Molina, Cristian Carretero, Porto Rico, 2025, 114’ | Opera prima |
  • GOOD BOY – di Jan Komasa, Polonia, Regno Unito, 2025, 110’
  • KOTA (HEN) – di György Pálfi, Germania, Grecia, Ungheria, 2025, 96’
  • LEFT-HANDED GIRL – di Shih-Ching Tsou, Taiwan, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, 2025, 109’ | Opera prima |
  • MAD BILLS TO PAY (OR DESTINY, DILE QUE NO SOY MALO) – di Joel Alfonso Vargas, Stati Uniti, 2025, 101’ | Opera prima |
  • MISS CARBÓN – di Agustina Macri, Spagna, Argentina, 2025, 94’
  • NINO – di Pauline Loquès, Francia, 2025, 97’ | Opera prima |
  • GLI OCCHI DEGLI ALTRI – di Andrea De Sica, Italia, 2025, 90’
  • OUR HERO, BALTHAZAR – di Oscar Boyson, Stati Uniti, 2025, 91’ | Opera prima |
  • RE-CREATION – di Jim Sheridan, David Merriman, Irlanda, Lussemburgo, 2025, 89’
  • ROBERTO ROSSELLINI, PIÙ DI UNA VITA – di Ilaria de Laurentiis, Andrea Paolo Massara, Raffaele Brunetti, Italia, Lettonia, 2025, 87’ | Doc |
  • SCIATUNOSTRO – di Leandro Picarella, Italia, 2025, 86’
  • SIX JOURS CE PRINTEMPS-LÀ – di Joachim Lafosse, Belgio, Francia, Lussemburgo, 2025, 94’
  • THE THINGS YOU KILL – di Alireza Khatami, Francia, Polonia, Canada, Turchia, 2025, 113’
  • WINTER OF THE CROW – di Kasia Adamik, Polonia, Lussemburgo, Regno Unito, 2025, 112’

Leggi il programma completo sul sito.

Freestyle: tutti i titoli tra film, arti e serie, il laboratorio più libero della Festa di Roma

Alla Festa del Cinema di Roma 2025 la sezione Freestyle torna a essere il terreno di gioco più audace della manifestazione: un contenitore non competitivo dove formato e linguaggio sono liberi per definizione, articolato in tre percorsi – Film, Arts e Serie – che mescolano debutti, mockumentary, doc d’autore e narrazioni seriali di respiro internazionale. Di seguito, panoramica completa dei titoli.

FREESTYLE FILM

Con California Schemin’, James McAvoy firma un debutto alla regia trascinante: storia vera (e più incredibile della finzione) dei rapper scozzesi Silibil N’ Brains, che nei primi Duemila si spacciarono per star californiane per farsi strada nell’industria musicale britannica. Un coming-of-age sull’identità, l’amicizia e il prezzo della fama, ritmato da musiche originali e impreziosito da un cameo dello stesso McAvoy.

La camera di consiglio di Fiorella Infascelli riporta il pubblico al Maxiprocesso di Palermo: otto giurati, isolati per 36 giorni all’Ucciardone, devono decidere il destino di 470 imputati. Un film corale, teso e intimo, dal respiro teatrale che diventa cinema, guidato da Sergio Rubini e Massimo Popolizio.

Con Il grande Boccia, Karen Di Porto rievoca la parabola di Tanio Boccia, il “peggior regista del cinema italiano” capace nel 1964 di avviare quattro film contemporaneamente, travolto poi dall’onda lunga di Per un pugno di dollari. Ricky Memphis gli dona umanità e ironia in un ritratto affettuoso di un’epoca perduta e dell’arte di arrangiarsi.

Malavia di Nunzia De Stefano (produttore Matteo Garrone) segue Sasà, 13 anni, periferia di Napoli, sogno rap e un mentore old-school. La realtà della strada piega le ambizioni e spinge verso la criminalità: ne esce un ritratto madre-figlio delicato e vibrante, tra realismo documentario e squarci poetici.

Il mockumentary L’Oeuvre invisible (Unseen Pictures) di Avril Tembouret e Vladimir Rodionov “inventa” la leggenda del regista fantasma Alexander Trannoy: amicizie illustri, film mai realizzati, follie americane e il sogno di un Napoleone alla Kubrick. Un finto documentario talmente ben congegnato – con complicità di insospettabili – da sembrare vero: riflessione struggente su sogno e fallimento.

Minimalista e intime-talk, Peter Hujar’s Day di Ira Sachs (con Ben Whishaw e Rebecca Hall) ricostruisce una giornata del 1974 nell’appartamento del fotografo Peter Hujar, tra ironie taglienti, precarietà economica e solitudine trattenuta, restituendo una capsula del tempo della New York downtown.

Con La petite cuisine de Medhi (opera prima), Amine Adjina serve una commedia degli equivoci su amore e cucina: Medhi, chef parigino, ama Léa ma finge con la madre Fatima di essere “il perfetto figlio algerino”. Incontro tra culture, generazioni e sapori, con Younès Boucif e Hiam Abbass.

Queens of the Dead segna l’esordio al lungo di Tina Romero (figlia di George): una “ZomComMusic Video Ride” in cui drag queen e una comunità queer difendono Brooklyn durante un’epidemia zombie. Umorismo, ritmo e affetto per l’immaginario del padre, con Katy O’Brian, Jaquel Spivey e un ricco ensemble.

Nel suo esordio Tienimi presente, Alberto Palmiero firma un diario di formazione tra Roma, delusioni e ritorni a casa (Caserta), sogni di regia, amici, amori e un cagnolino: una commedia surreale-malinconica che diventa autoritratto generazionale.

FREESTYLE ARTS

Cannibali di Hilary Tiscione rilegge il caso editoriale Gioventù cannibale (1997): non un’etichetta, ma uno specchio spiazzante della realtà di fine secolo. Tra Aldo Nove e Tiziano Scarpa, il doc interroga avanguardia, moda, pop e “bassa cultura”, chiedendo che posto occupi oggi quel terremoto.

In Catartis – Conservare il futuro Ferdinando Vicentini Orgnani apre archivi e backstage dell’arte contemporanea: Kosuth (coscienza critica), Pistoletto, Kounellis, Paolini, Boetti, Ontani, Le Parc, Hyber, West e oltre. Due decenni di incontri organizzati per assonanze e dissonanze, con incursioni di Gianna Nannini e Patti Smith e colonna sonora di Paolo Fresu.

La commedia non esiste. Salemme prova Eduardo di Raffaele Rago entra nelle prove di Vincenzo Salemme su Natale in casa Cupiello: dietro le quinte di un rito collettivo che intreccia memoria eduardiana e sensibilità contemporanea.

Dacia, vita mia – Dialoghi giapponesi di Izumi Chiaraluce racconta il legame profondo di Dacia Maraini con il Giappone, tra ricordi, internamento, impegno civile e arte condivisa. Con interventi di Liliana Cavani, Giuseppe Tornatore, Roberto Faenza, Luigi Ontani.

In Easy to Love – La vera storia di Massimo Urbani Paolo Colangeli accompagna Massimo Amadori sulle tracce del padre, il sassofonista Massimo Urbani: voci di Rava, Fresu, Marcotulli ricompongono un talento assoluto e fragile, tra jazz romano anni ’70-’90 e nodi irrisolti.

Ellroy vs L.A. di Francesco Zippel è un autoritratto senza filtri di James Ellroy: traumi, odio-amore per Los Angeles, iperbole e verità. Un viaggio nel noir che la città incarna, sostenuto dai Calibro 35.

Con L’Énigme Velázquez Stéphane Sorlat (voce di Vincent Lindon) attraversa l’opera di Diego Velázquez tra Las Meninas, Le Filatrici, letture filosofiche (Foucault) e riflessioni su memoria collettiva e oblio.

I Love Lucca Comics & Games di Manlio Castagna cattura l’energia di una community pop gigantesca: Mainetti, Frankie hi-nrg mc, Pera Toons, Sio, Fumettibrutti, Yoshitaka Amano, Recchioni e le storie di chi ogni anno sceglie gioia, creatività e gentilezza.

In It’s Never Over, Jeff Buckley la candidata all’Oscar Amy Berg rilegge la vita del musicista, da Grace (1994) alla tragedia del 1997, con materiali inediti e testimonianze (tra i produttori esecutivi Brad Pitt).

La forza del destino di Anissa Bonnefont entra nel dietro le quinte della Prima alla Scala 2024 (regia Leo Muscato, maestro Riccardo Chailly): tradizione e sperimentazione in un organismo vivo.

Looking for Nivola di Peter Marcias ripercorre il viaggio di Costantino Nivola da Orani a New York, tra Le Corbusier, Steinberg e il ritorno in Sardegna; testimonianze familiari (anche Alessandro Nivola).

The Librarians di Kim A. Snyder sonda la nuova censura libraria negli USA dal 2021: liste di libri “osceni” (LGBTQAI+, razza), scontri tra bibliotecari e movimenti conservatori, echi di maccartismo, citazioni da Twilight Zone e Truffaut.

Oltre il confine: le immagini di Mimmo e Francesco Jodice di Matteo Parisini è un doppio ritratto padre-figlio: dal colera di Napoli agli hikikomori giapponesi, tra impegno sociale e “buona forma” delle immagini.

Con Pirandello – Il gigante innamorato Costanza Quatriglio affida a otto donne (tra cui Donatella Finocchiaro) la vita del Maestro: monologhi, repertori e un dialogo continuo con l’opera (da De Filippo ai “Sei personaggi”).

Procès d’un jeune poète di Philippe Van Cutsem ricostruisce il processo al giovane Brodskij (1964): rigore formale, scenografie essenziali e una chiusa che mette in corto circuito passato e presente.

Rino Gaetano Sempre più blu di Giorgio Verdelli racconta la voce libera e tagliente dell’autore di “Gianna” e “Ma il cielo è sempre più blu”: ascesa, ironia, fragilità, eredità.

Con Stardust: A Story of Love and Architecture Jim Venturi e Anita Naughton ritraggono Robert Venturi e Denise Scott Brown in un road-movie sentimentale e intellettuale, da Las Vegas a Roma.

Stile Alberto di Michele Masneri e Antongiulio Panizzi colma un vuoto: Alberto Arbasino tra teatro, cinema e TV, archivi labirintici e amici-testimoni (Agosti, Montefoschi, D’Amico).

Tutta vita di Valentina Cenni segue Stefano Bollani con un ensemble stellare (da Rava a Fresu): una settimana di prove che diventa film sulla gioia dell’improvvisazione e sull’ascolto reciproco.

FREESTYLE SERIE

Anatomía de un instante di Alberto Rodríguez rievoca il golpe del 23 febbraio 1981 in Spagna dal libro di Javier Cercas: tra le figure che non si alzarono in aula, Suárez, Carrillo e Gutiérrez Mellado. Con Álvaro Morte e Eduard Fernández, un racconto teso tra cronaca e introspezione.

In Choose Earth – Blue Print l’artista Anne de Carbuccia dedica agli “spettatori del 2050” un viaggio ambientale girato 2014-2024, tra Yucatán e mare italiano: docuserie che intreccia arte, attivismo e futuro.

The Deal di Jean-Stéphane Bron (con la co-scrittura di Alice Winocour) porta dentro gli ultimi colloqui USA-Iran sul nucleare (Ginevra, 2015): diplomazia, hotel, regole infrante per amore. Con Veerle Baetens e Juliet Stevenson.

Guerrieri: La regola dell’equilibrio di Gianluca Maria Tavarelli racconta l’avvocato Guido Guerrieri ( Alessandro Gassmann ) dai romanzi di Gianrico Carofiglio: Bari assolata e notturna, indagini, boxe, dubbi e ferite del passato.

Mrs Playmen di Riccardo Donna mette al centro Adelina Tattilo ( Carolina Crescentini ): la nascita di Playmen negli anni ’70, tra fede e rivoluzione, tabù infranti e lavoro editoriale come gesto di emancipazione.

Prima di noi di Daniele Luchetti e Valia Santella, dalla saga di Giorgio Fontana, attraversa il Novecento italiano: dal Friuli rurale a Torino industriale, memorie e colpe ereditarie, con Linda Caridi e Andrea Arcangeli.

Con Sandokan (regia Jan Maria Michelini, Nicola Abbatangelo), Can Yaman è il pirata salgariano, tra giungle del Borneo, tensioni coloniali e amore proibito con Marianna; sulle sue tracce Ed Westwick.

Sguardi in camera di Francesco Corsi e Paolo Simoni (voce Milena Vukotic) usa cinema amatoriale e home movies per raccontare l’Italia: fascismo, Liberazione, ricostruzione, boom. La vita quotidiana come documento storico.

Tupa 13 (Dorm No. 13) di Teemu Nikki è una black comedy militare su giovani reclute: dalla diffidenza alla responsabilità condivisa, tra ironia e tensione morale.

Uncovered Rome di Giulia Randazzo segue il creator @TutteLeStrade e il cane Kyria nei siti archeologici meno noti di Roma: un ponte tra linguaggio cinematografico e social, tra centro e periferie.

Vita da Carlo – Stagione finale di Carlo Verdone e Valerio Vestoso chiude il cerchio: dopo la gogna social, il ritiro a Nizza e la cattedra al CSC, sei allievi e un film collettivo sulla solitudine per ritrovare il senso del mestiere.

La preside di Luca Miniero (con Luisa Ranieri) chiede se la scuola possa davvero cambiare il destino in un quartiere difficile di Napoli: entusiasmo, pericoli e una missione ostinata. Producono Luca Zingaretti e Angelo Barbagallo.

Freestyle conferma la sua natura di officina fluida: ibrida linguaggi e media, rilancia storie personali e collettive, esplora memoria e presente, senza gabbie di formato. Un viaggio che attraversa generi, geografie e prospettive, mostrando come il cinema – al cinema e oltre – continui a farsi laboratorio del reale.

Festa del Cinema di Roma 2025: il concorso “Progressive Cinema” svela i suoi titoli

Roma – Dal 15 al 26 ottobre l’Auditorium Parco della Musica ospiterà la ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma, diretta da Paola Malanga e presieduta da Salvatore Nastasi. Il film d’apertura sarà La vita va così di Riccardo Milani, ma i riflettori sono puntati soprattutto sul concorso internazionale “Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani”, cuore competitivo della manifestazione.

La giuria presieduta da Paola Cortellesi selezionerà il Miglior Film tra 18 titoli provenienti da tutto il mondo, che spaziano dal dramma sociale al thriller psicologico, passando per opere prime e documentari. Tra i più attesi c’è l’italiano 40 Secondi di Vincenzo Alfieri, tratto dal libro di Federica Angeli, che ricostruisce le ore precedenti all’omicidio di Willy Monteiro Duarte a Colleferro, con Francesco Gheghi, Enrico Borello e Sergio Rubini nel cast. Sempre dall’Italia arriva Gli occhi degli altri di Andrea De Sica, ispirato al delitto Casati Stampa e interpretato da Jasmine Trinca e Filippo Timi.

Accanto alle produzioni italiane, il concorso presenta un ampio ventaglio di cinema internazionale. Il francese Quentin Dupieux firma L’Accident de Piano, con Adèle Exarchopoulos, storia disturbante di una star del web insensibile al dolore. Dalla Cina arriva Chang Ye Jiang Jin (Wild Nights, Tamed Beasts) di Wang Tong, neo-noir sull’ansia dell’invecchiamento, mentre Esta Isla di Lorraine Jones Molina e Cristian Carretero racconta in chiave noir le contraddizioni sociali di Porto Rico.

Fra gli altri titoli: Good Boy di Jan Komasa (Polonia/Regno Unito), fiaba nera su controllo e redenzione forzata; Kota (Hen) di György Pálfi (Germania/Grecia/Ungheria), racconto post-umano che adotta il punto di vista di una gallina; Left-Handed Girl di Shih-Ching Tsou (Taiwan/Francia/USA/Regno Unito), lirico ritratto familiare prodotto da Sean Baker; Mad Bills to Pay (or Destiny, Dile que No Soy Malo) di Joel Alfonso Vargas (USA), immerso nella comunità dominicana del Bronx; Miss Carbón di Agustina Macri (Spagna/Argentina), storia vera della prima donna trans minatrice in Patagonia; Nino di Pauline Loquès (Francia), esordio delicato su malattia e giovinezza a Parigi; Our Hero, Balthazar di Oscar Boyson (USA), viaggio nell’America dei trailer park sulle orme della gun culture; Re-Creation di Jim Sheridan e David Merriman (Irlanda/Lussemburgo), dramma processuale ispirato a un caso di cronaca francese; Roberto Rossellini, più di una vita di Ilaria de Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti (Italia/Lettonia), documentario che restituisce un ritratto inedito del maestro del Neorealismo; Sciatunostro di Leandro Picarella (Italia), racconto di formazione tra home movies e memoria collettiva in un’isola mediterranea; Six Jours ce Printemps-là di Joachim Lafosse (Belgio/Francia/Lussemburgo), suspense sociale ambientata in Costa Azzurra; The Things You Kill di Alireza Khatami (Francia/Polonia/Canada/Turchia), dramma psicologico sulle identità multiple; Winter of the Crow di Kasia Adamik (Polonia/Lussemburgo/Regno Unito), thriller ambientato a Varsavia durante la legge marziale.

Il concorso “Progressive Cinema” conferma così la vocazione della Festa del Cinema di Roma a scoprire e promuovere nuove voci, intrecciando generi e sensibilità diverse. Le proiezioni si svolgeranno nelle sale dell’Auditorium Parco della Musica e in altre sedi diffuse nella Capitale. Informazioni, biglietti e aggiornamenti sul programma completo sono disponibili su romacinemafest.it.

Gen V – Stagione 2: con chi sta collaborando Starlight?

La presenza di Starlight nella seconda stagione di Gen V (qui la recensione) sembrava promettente sin da quando è apparsa nel trailer ufficiale, e dopo aver visto la sua prima apparizione, l’hype è solo aumentato. Anche se potrebbe non essere una parte costante dello spin-off in futuro, l’eroina ha senza dubbio avuto un impatto importante, soprattutto dopo aver accennato al fatto che stava collaborando con altri per abbattere Vought.

Dopo aver salvato Marie da Dogknott, Starlight ha fortemente incoraggiato la promettente giovane supereroina a indagare su Odessa e scoprire di cosa si tratta. La sua missione suggeriva già che la trama della seconda stagione di Gen V avrebbe avuto un impatto sulla quinta stagione di The Boys, ma quando ha usato frequentemente il termine “noi”, Marie le ha giustamente chiesto spiegazioni, ma Starlight ha misteriosamente tenuto segreto con chi stesse collaborando.

Ha persino risposto: “Non posso”, il che significa che chiunque siano i suoi alleati sconosciuti deve essere qualcuno di importante. Di conseguenza, l’interazione tra Marie e Starlight nella seconda stagione di Gen V crea ogni sorta di possibilità su chi potrebbe essere il collaboratore dell’ex membro dei Sette, e ci sono già numerose teorie che potrebbero spiegare perché lei sia così cauta nel rivelare l’identità della sua squadra.

LEGGI ANCHE: Gen V Stagione 2: la spiegazione del comportamento di Jordan alla fine dell’episodio 3

Gen V Stagione 2
Gen V Stagione 2 – Cortesia Prime Video

Il commento “noi” di Starlight nella seconda stagione di Gen V potrebbe riguardare personaggi familiari

Sebbene la maggior parte degli eroi centrali di The Boys siano stati catturati da Vought, la serie ha presentato diversi altri grandi nomi che potrebbero aiutare Starlight. In primo luogo, A-Train potrebbe aver deciso di aiutare la sua ex compagna di squadra dei Sette dopo aver rimosso il suo localizzatore e essere fuggito da Vought, dato che aveva già iniziato il suo percorso di redenzione nella quarta stagione.

L’ultima volta che lo abbiamo visto stava aiutando i Boys prima di fuggire verso la libertà, ma il suo ritorno è sempre sembrato probabile, rendendolo un ottimo candidato per lavorare con Starlight. Inoltre, potrebbe non essere l’unico ex membro dei Sette in questa nuova squadra, poiché anche Queen Maeve ha molti motivi per unirsi a questa guerra contro Homelander.

La sua precedente relazione con il leader dei Sette significa che probabilmente ha visto più di chiunque altro le sue atrocità e, sebbene non abbia più i suoi poteri, la sua intuizione sarebbe comunque incredibilmente preziosa. Stan Edgar è un’altra carta jolly che potrebbe giocare contro Vought dopo che l’ex CEO è stato cacciato e inserito nella lista nera dell’azienda.

I trailer hanno già rivelato che Edgar apparirà nella seconda stagione di Gen V e, sebbene all’inizio sembrasse che avrebbe agito da solo, potrebbe partecipare in silenzio al tentativo di Starlight di combattere l’organizzazione corrotta. Ironia della sorte, anche il suo sostituto potrebbe essere coinvolto nella resistenza.

La lealtà di Ashley Barrett nei confronti di Vought non l’ha portata da nessuna parte nel corso della serie, e ha dovuto assumere il Compound V solo per salvarsi la vita. Pertanto, con l’acquisizione dei suoi poteri, potrebbe decidere di aiutare Starlight a porre fine al caos, indicando che l’eroina potrebbe aver potenzialmente riunito un’intera squadra di volti familiari.

The Boys - stagione 4 Butcher
Karl Urban è Butcher nella quarta stagione di The Boys

È improbabile ma possibile che Starlight collabori con Butcher dopo la quarta stagione di The Boys

Nel corso di The Boys, Starlight e Butcher si sono scontrati ripetutamente e raramente sono stati d’accordo, ma potrebbero essere costretti a collaborare per sconfiggere Homelander e il suo potente esercito di supereroi. Ci sono stati casi in cui sono andati d’accordo, in particolare durante il salvataggio di Hughie nella seconda stagione, dimostrando di poter coesistere per una causa significativa.

Dato che entrambi vogliono porre fine alla guerra e salvare i loro alleati, non sembra impossibile che i due mettano da parte le loro divergenze e formino un’altra alleanza temporanea. Come andrebbero le cose dopo aver sconfitto il loro nemico comune è tutta un’altra questione, ma Starlight potrebbe aver deciso di fidarsi di Butcher un’ultima volta.

Purtroppo, anche se sarebbe fantastico vedere questi due lavorare di nuovo insieme, sembra un po’ troppo improbabile. I nuovi poteri di Butcher lo rendono più squilibrato che mai e sembra ancora meno empatico, il che suggerisce che potrebbe cercare di affrontare Homelander da solo, vedendo Starlight come una distrazione piuttosto che come una potenziale alleata.

Allo stesso modo, Starlight ha visto Butcher diventare sempre più un peso nel corso delle stagioni e sembra aver chiuso definitivamente con lui, il che significa che sarebbe molto più propensa a rivolgersi ai membri esiliati dei Sette. Tuttavia, la collaborazione tra i due rimane una possibilità, anche se remota, e sarebbe una grande rivelazione nella quinta stagione di The Boys.

Gen V Stagione 2
Gen V Stagione 2 – Cortesia Prime Video

Cipher potrebbe avere legami con la Resistenza

A giudicare dai primi tre episodi, Cipher, interpretato da Hamish Linklater, sembra essere il cattivo principale della seconda stagione di Gen V; tuttavia, potrebbe trattarsi solo di una facciata, con il nuovo preside che in realtà è un alleato di Starlight. Il suo comportamento ambiguo suggerisce che nasconda diversi segreti, soprattutto perché era a Elmira ed era presente anche durante la nascita di Marie.

Chiaramente, non è un supereroe normale, poiché i suoi poteri rimangono sconosciuti, ma il fatto che sia così interessato ai Guardiani di Godolkin, in particolare a Marie, fa intuire che ci sia qualcosa di più profondo in gioco. Il tempo dirà qual è la sua vera motivazione, ma dato che Cipher sembra determinato a vedere Marie raggiungere il suo pieno potenziale, le sue intenzioni potrebbero essere buone piuttosto che malvagie.

La storia di Gen V fa sembrare che lui voglia che Marie diventi potente quanto Homelander per continuare a rendere i supereroi più forti degli umani, ma se è segretamente collegato alla resistenza, potrebbe in realtà vedere Marie come la migliore possibilità al mondo di sconfiggere Homelander. Sebbene al momento non ci sia nulla che colleghi Starlight a Cipher, ha senso che sia stato lui a parlarle del Progetto Odessa, e se davvero sta collaborando con i principali eroi della serie, sarebbe un ottimo colpo di scena.

Prime Video_The Boys 4 Starlight
Erin Moriarty in una scena della quarta stagione di The Boys

Starlight potrebbe riferirsi agli Starlighters, ma c’è un problema

Nonostante Gen V abbia organizzato una grande collaborazione per Starlight, è possibile che lei stia semplicemente lavorando con un gruppo di Starlighters. Il sostegno che riceve da gran parte dell’opinione pubblica significa che alcuni sarebbero abbastanza coraggiosi da farsi avanti e aiutarla a scoprire i segreti più grandi di Vought nel tentativo di sconfiggerli una volta per tutte.

Questo darebbe alla quinta stagione di The Boys ancora più personaggi da uccidere, dato che questi Starlighter sarebbero sacrificabili, ma c’è un problema con questa teoria. Gen V ha posto grande enfasi sulla domanda di Marie e sulla risposta di Starlight, il che renderebbe un po’ deludente la rivelazione che si trattava solo di normali civili che aiutavano l’eroina protagonista.

Lo spin-off ha suggerito intenzionalmente che chiunque stia aiutando Starlight merita di essere protetto, anche da Marie, quindi non può trattarsi semplicemente di alcuni sostenitori senza nome. Di conseguenza, è molto più probabile che il personaggio accennato in Gen V sia qualcuno che ha già un ruolo importante nella serie, e questo mistero sembra destinato a giocare un ruolo importante nella stagione finale di The Boys.

LEGGI ANCHE: Gen V – Stagione 2: quando è ambientata la seconda stagione nella linea temporale di The Boys

Sekiro: No Defeat, annunciato l’anime tratto dal capolavoro di FromSoftware

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Durante la serata inaugurale del Gamescom 2025, Kadokawa, Crunchyroll, Qzil.la e ARCH hanno annunciato ufficialmente Sekiro: No Defeat, nuovo anime mozzafiato ispirato al pluripremiato videogioco Sekiro: Shadows Die Twice di FromSoftware. L’adattamento, interamente disegnato a mano, promette di dare vita al mondo cupo e affascinante dell’epoca Sengoku, reinterpretato con la potenza visiva e narrativa tipica dell’animazione giapponese.

L’anime sarà disponibile in streaming esclusivo su Crunchyroll in tutto il mondo, Italia compresa, ad eccezione di Giappone, Cina, Corea, Russia e Bielorussia. Una scelta che conferma la piattaforma come punto di riferimento globale per le produzioni legate all’universo anime e al mondo dei videogiochi.

Una sfida titanica

«Stiamo affrontando l’impresa titanica di animare il meraviglioso Sekiro: Shadows Die Twice» ha dichiarato il regista Kenichi Kutsuna. «Nel farlo, stiamo riversando nel lavoro di produzione tutta la nostra visione artistica e la nostra passione per la bellezza. Il prodotto finale è stato realizzato per essere un’esperienza davvero memorabile, che lascerà un ricordo indelebile sia nei fan più accaniti del gioco sia in coloro che scoprono il mondo di Sekiro per la prima volta».

Alla dichiarazione del regista si è aggiunto l’entusiasmo di Asa Suehira, Chief Content Officer di Crunchyroll: «Sekiro: Shadows Die Twice è un gioco noto per la sua precisione e intensità, e queste qualità sono state riprodotte magnificamente in questo adattamento. Siamo entusiasti di portare Sekiro: No Defeat ai fan di tutto il mondo e onorati di collaborare con Kadokawa, Qzil.la e ARCH per espandere questa storia iconica attraverso l’anime».

Un team creativo d’eccezione

L’adattamento vede al lavoro un vero dream team dell’animazione giapponese:

  • Regia: Kenichi Kutsuna

  • Sceneggiatura: Takuya Satou

  • Character design: Takahiro Kishida

  • Deputy Director: Shunsuke Fukui

  • Chief Animation Director: Kaito Moki

  • Action Animation Director: Takashi Mukoda

  • Art Director: Yuji Kaneko

  • Color Design: Azusa Sasaki

  • Fotografia: Keisuke Nozawa

  • Montaggio: Yoshinori Murakami

  • Sound Director: Yasushi Nagura

  • Musiche: Shuta Hasunuma

Prodotto da ARCH e realizzato dallo studio Qzil.la, Sekiro: No Defeat si propone di restituire in chiave anime l’intensità, la tensione e la profondità emotiva che hanno reso il videogioco un punto di riferimento nel panorama action contemporaneo.

Con questo adattamento, il mondo di Sekiro si prepara a conquistare una nuova generazione di spettatori e a ridefinire ancora una volta il legame tra videogioco e animazione.

Scopri tutte le novità nella nostra pagina dedicata a Crunchyroll.

I Play Rocky: Sylvester Stallone svela se è coinvolto nel film

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Diretto da Peter Farrelly, il nuovo film I Play Rocky sarà una drammatizzazione della vera storia della realizzazione del film sportivo Rocky. Uno dei migliori film sugli sfavoriti di sempre, il film sulla boxe ha vinto tre Oscar ed è diventato un’opera fondamentale nel suo genere. A interpretare Sylvester Stallone sarà l’attore Anthony Ippolito, che ha già recitato nella miniserie TV The Offer e nel film Netflix Purple Hearts.

In un’intervista con The Playlist, proprio Sylvester Stallone ha però rivelato di non far parte ufficialmente del cast di I Play Rocky. La leggenda del cinema ha descritto di essersi sentito piuttosto “colto di sorpresa” dall’annuncio del film, mentre riconosce che la pubblicazione della sua recente autobiografia, The Steps, potrebbe essere il suo biglietto per un coinvolgimento nel progetto. “Sono rimasto scioccato nel leggerlo. Non ho nulla a che fare con esso. Dato che l’ho vissuto, ho pensato che avrei potuto partecipare e dare loro qualche spunto”, sono le sue parole.

Cosa significa il commento di Sylvester Stallone per I Play Rocky

Dato che il film drammatizza il periodo in cui è stato realizzato Rocky, sarebbe impossibile per Stallone interpretare se stesso senza un serio intervento di CGI per ringiovanirlo. Detto questo, Stallone ha ragione nel dire che avrebbe potuto “dare loro qualche consiglio” e indicazioni sulla storia, dato che è stato uno dei protagonisti degli eventi narrati.

Non coinvolgere Stallone a un livello profondo è un grosso rischio per Farrelly e il suo team. Esperienze precedenti, come la regia del film vincitore dell’Oscar Green Book, potrebbero rafforzare la fiducia del regista, ma sembra che abbia scelto di non consultare la persona che probabilmente ha la migliore conoscenza di ciò che è accaduto durante la produzione del film originale.

Le 6 migliori nuove serie thriller di cui nessuno parla

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Al momento ci sono alcune serie TV poliziesche eccezionali, ma altre sono passate inosservate e meritano maggiore attenzione. Il genere poliziesco è uno dei più profondi in televisione, con alcune delle migliori serie TV di tutti i tempi, come I Soprano e Breaking Bad, che rappresentano il genere. Oltre a queste, ci sono decine di altri titoli eccellenti.

Tra le serie poliziesche attualmente in corso figurano il franchise Bosch, i titoli di Taylor Sheridan come Tulsa King e Mayor of Kingstown, e la serie HBO Task. Si tratta di serie popolari con un vasto pubblico, che la maggior parte degli appassionati del genere conoscerà già e avrà già visto.

In un’era caratterizzata da numerosi servizi di streaming e canali televisivi, vengono trasmesse molte serie poliziesche che non ricevono lo stesso grado di attenzione. Ciò può avvenire attraverso l’audience, l’attenzione della stampa o la popolarità sui social media, a seconda del progetto e della piattaforma.

Irish Blood

Irish Blood

Molti appassionati di cinema e televisione conosceranno Alicia Silverstone per Clueless, il film del 1995 in cui ha offerto una delle migliori interpretazioni comiche di tutti i tempi. Ciò rende ancora più sorprendente vedere quanto sia fantastica in Irish Blood, una nuovissima serie poliziesca in cui Silverstone interpreta un avvocato coinvolto in una strana cospirazione.

La trama ruota attorno all’avvocatessa di Los Angeles che riceve un pacco dal padre da cui si è allontanata, spingendola a recarsi in Irlanda nella speranza di scoprire perché l’ha abbandonata da bambina. La serie è andata in onda su Acorn TV, ma può essere vista su AMC+, il network che ha portato al pubblico titoli come Breaking Bad e The Walking Dead.

Irish Blood ha ricevuto il plauso della critica per la sua prima stagione, con un punteggio dell’80% su Rotten Tomatoes. La parte migliore è che può essere vista in una breve maratona, ora che tutti e sei gli episodi sono disponibili in streaming. Il finale della stagione 1 è andato in onda proprio la scorsa settimana, l’11 settembre, offrendo al pubblico la conclusione di questo mistero ricco di suspense.

Code Of Silence

Code Of Silence

Chi ama le serie poliziesche britanniche come Luther e The Fall è fortunato, perché ce ne sono molte che hanno raggiunto a malapena il pubblico americano. Code of Silence è una di queste, con la sua uscita sul servizio di streaming britannico ITVX. Gli spettatori negli Stati Uniti possono guardare la serie su BritBox, e vale davvero la pena provarla.

Questa serie poliziesca ha un concetto avvincente e unico, poiché, invece di seguire un detective, segue un civile sordo che usa le sue capacità di lettura labiale per aiutare le forze dell’ordine. Il personaggio principale utilizza questa abilità per raccogliere informazioni e svelare una complessa cospirazione criminale, ricca di colpi di scena, intrighi tra i personaggi e suspense sempre avvincente.

Per chi non è interessato alle star di Hollywood che completano il cast e cerca solo un crime ben scritto e un mistero avvincente in cui immergersi, Code of Silence è l’opzione perfetta. Non si tratta solo di una delle serie crime più sottovalutate, ma di una delle serie più sottovalutate dell’anno in assoluto.

Tutti e sei gli episodi della prima stagione di Code of Silence sono già disponibili in streaming per il pubblico e la serie è stata rinnovata per una seconda stagione. Si tratta di una serie veloce da guardare per il pubblico e che potrebbe potenzialmente durare per anni. La serie ha ricevuto il plauso della critica e c’è sicuramente molto altro da esplorare con i suoi personaggi.

The Assassin

The Assassin

The Assassin è una delle serie più accessibili, poiché è disponibile su una delle piattaforme più grandi che ci siano: Prime Video. La serie è stata pubblicata nella sua interezza nel luglio 2025, ma è passata relativamente inosservata nonostante le recensioni positive della critica e il cast di attori televisivi famosi, tra cui Freddie Highmore (The Good Doctor).

Questo è un altro titolo su una famiglia separata in Europa, con l’ambientazione greca che fornisce una location scenografica per il mistero. Il personaggio principale, interpretato da Keeley Hawes, è un’assassina le cui azioni di decenni prima iniziano a perseguitarla, interrompendo il rapporto che sta sviluppando con suo figlio.

Per gli appassionati di crimini, The Assassin è una delle opzioni più ricche di azione disponibili. Naturalmente, il titolo della serie suggerisce un certo grado di violenza, e The Assassin si presta più a un film di James Bond che alla maggior parte delle altre serie, anche se c’è anche un sacco di mistero e intrigo da esplorare.

Hostage

Abigail Dalton in Hostage

Hostage è un’altra serie thriller britannica che si presta all’aspetto politico, ma è comunque degna di nota per chiunque ami la televisione ricca di suspense e ad alto rischio. La serie è stata rilasciata su Netflix solo poche settimane fa ed è uno dei titoli più degni di essere visti dell’anno.

Con soli cinque episodi, Hostage è all’altezza del vero significato di “miniserie”. Suranne Jones (Coronation Street) e Julie Delpy (trilogia Before) guidano il cast dello show, offrendo alcune delle interpretazioni più intense della loro carriera, che hanno portato lo show a ricevere ampi consensi su siti come Rotten Tomatoes e IMDb.

La trama segue una prima ministra britannica immaginaria dopo che suo marito è stato rapito e il presidente francese in visita è stato ricattato, costringendoli in una situazione di tensione. Il numero ridotto di episodi della serie significa che questo titolo dal ritmo serrato può essere visto in un fine settimana e garantisce di tenere il pubblico incollato allo schermo per tutto il tempo.

Dept. Q

Dept. Q - Sezione casi irrisolti
Dept. Q – Sezione casi irrisolti – Immagine dal set – Netflix

Dept. Q ha probabilmente avuto il pubblico più vasto tra tutte queste serie, ma il crime drama britannico è riuscito comunque a sfuggire a qualsiasi riconoscimento o buzz sui social media negli Stati Uniti. Si tratta di uno dei thriller polizieschi più intensi dell’anno, simile a Broadchurch o Omicidio of Easttown​​​​​​, con interpretazioni e sceneggiature di altissimo livello.

Il cast di Dept. Q include attori famosi come Matthew Goode (The Crown), Chloe Pirrie (The Queen’s Gambit) e Kelly Macdonald (No Country for Old Men), tutti al massimo della forma. La serie ha ottenuto un punteggio dell’88% su Rotten Tomatoes e un punteggio ancora più impressionante del 90% da parte del pubblico, a conferma del suo successo quasi unanime.

Ambientata a Edimburgo, la serie segue un brillante detective con un passato oscuro che viene chiamato a indagare su un caso che lo assorbe completamente. Si tratta di una serie che esamina la complessità di un detective che indaga su una situazione devastante, osservando come l’oscurità del suo lavoro divori la sua vita, proprio come in True Detective.

Dope Thief

Dope Thief

Per gli appassionati di capolavori polizieschi come The Wire, Dope Thief di Apple TV+ è uno dei migliori programmi sostitutivi in circolazione. Questo è senza dubbio il titolo più acclamato dalla critica nella lista, che ha persino ricevuto una nomination ai Primetime Emmy Award per la recitazione della star Brian Tyree Henry. Come molti programmi Apple, Dope Thief è fantastico, ma non ha avuto molti spettatori.

La serie ha ottenuto un punteggio eccezionale dell’87% su Rotten Tomatoes e dell’84% da parte del pubblico. Tutti gli otto episodi della prima stagione sono disponibili in streaming e, sebbene non ci sia stata alcuna conferma riguardo a una seconda stagione, è certamente possibile che venga realizzata. La serie segue due amici che fingono di essere agenti della DEA per rapinare spacciatori di droga, ma finiscono per trovarsi nei guai con la vera DEA.

Questa serie vanta attori di altissimo livello provenienti da show come Atlanta e Narcos, una sceneggiatura eccezionale e uno dei valori di produzione più elevati tra tutti i crime show in TV. Il fatto che Dope Thief sia passato inosservato è assurdo, dato che si tratta davvero di uno dei migliori show dell’anno.

Ci sono state molte serie TV del 2025 che mi hanno entusiasmato incredibilmente, ma che alla fine mi hanno deluso. Dope Thief è una di quelle rare gemme che sembrano spuntare dal nulla e che sono dei capolavori assoluti. Si tratta di una serie TV poliziesca di altissimo livello, che vale sicuramente la pena provare per tutti gli appassionati del genere.