La coppia formata da Iron Man e
Doctor Strange ha reso memorabili alcune delle
scene di Avengers: Infinity War e
Avengers: Endgame, grazie al talento
di Robert Downey
Jr. e Benedict
Cumberbatch (curiosamente entrambi hanno anche
interpretato Sherlock Holmes al cinema e in tv). Una chimica
innegabile unita alla personalità dei due supereroi è esplosa sullo
schermo regalando ai fan uno spettacolo senza precedenti, ma non è
da meno la prova che Cumberbatch, vero mago delle imitazioni, ha
offerto durante l’ultimo episodio del The Jenny McCarthy Show dove
si cala nei panni del collega…
Vi ricordiamo che l’attore tornerà
protagonista in Doctor Strange in the
Multiverse of Madness, film in fase di scrittura
e quarto titolo, in ordine di uscita, della Fase 4 dopo
Vedova
Nera, Gli Eterni e
Shang-Chi, descritto come il primo vero
horror del MCU. È stato inoltre confermato che
gli eventi di WandaVision, la serie di Disney +
che si concentrerà sulla vita coniugale di Wanda e Visione,
influenzeranno quelli del sequel con Cumberbatch.
L’uscita invece è prevista il
7 maggio 2021, e a seguire il pubblico tornerà in
sala per Thor: Love and
Thunder a novembre 2021 concludendo la Fase 4.
Qui sotto invece potete dare un’occhiata alla divertente
imitazione.
Dal produttore Sam
Raimi, il reboot di un classico
dell’horror, il “Ju-On: The Grudge” di Takashi Shimizu.
Diretto da Nicolas Pesce, THE GRUDGE con
Andrea Riseborough, Demián Bichir, John Cho,
Betty Gilpin con Lin Shaye e Jacki Weaver.
The Grudge è
un film horror il reboot di un classico
dell’horror, il “Ju-On: The Grudge” di Takashi Shimizu
scritto e diretto da Nicolas Pesce , basato su una storia di
Jeff Buhler e Pesce, e prodotto da Sam
Raimi, Robert Tapert e Takashige Ichise. Il
film si svolge nella stessa timeline concomitante come pellicola
dello stesso nome 2004.
Il film debutterà in Italia al
cinema dal 24 Febbraio distribuito da Sony Pictures.
The Grudge, la
trama
Una madre single e un giovane
detective, Muldoon (Andrea
Riseborough), scoprono che una casa di periferia è
maledetta da un fantasma vendicativo che condanna coloro che vi
entrano con una morte violenta. Ora corre per salvare se stessa e
suo figlio dagli spiriti demoniaci della casa maledetta del suo
quartiere. – Sony Pictures Entertainment
The Grudge, il
cast
In The Grudge
protagonisti sono
Andrea Riseborough come detective Muldoon, Demián
Bichir, John Cho come Peter, Betty Gilpin nel ruolo di Nina
Spencer, Lin Shaye come Faith Matheson, Jacki Weaver, e William
Sadler. Fanno parte del cast anche Frankie Faison nel ruolo di Mr.
Matheson, Tara Westwood nel ruolo di Fiona, Nancy Sorel nel ruolo
dell’agente Cole, Stephanie Sy nel ruolo di Amnio Nurse, Joel Marsh
Garland come il Detective Greco, David Lawrence Brown nel ruolo di
Sam Landers, Junko Bailey nel ruolo di Kayako, Robin Ruel nel ruolo
del Dr. Friedman, Zoe Fish nel ruolo di Melinda Landers
eBradley Sawatzky nel ruolo dell’ufficiale Michaels.
Un nuovo duo per salvare
il mondo dalle minacce aliene in Men In Black:
International – Chris Hemsworth (Avengers: Endgame) e Tessa Thompson (Thor: Ragnarok) si ritrovano per unire le
loro forze per affrontare e sconfiggere una minaccia aliena
apocalittica nella nuova entusiasmante avventura globale Men in
black: International, in arrivo il prossimo 19 novembre
in Dvd, Blu-ray, 4k Ultra HD e Digital HD con Universal Pictures
Home Entertainment.
Insieme a Hemsworth e Thompson, un
cast stellare che include Kumail Nanjiani (The Big Sick – Il
matrimonio si può evitare… l’amore no), Rebecca Ferguson
(Mission: Impossible – Fallout), Rafe Spall (Jurassic World: Il regno
distrutto), i fenomeni della danza internazionale Les Twins
(Laurent Bourgeois & Larry Bourgeois) con Emma Thompson (E poi
c’è Katherine) e Liam Neeson (Taken – La vendetta).
I Men in Black hanno sempre
protetto la Terra dalla feccia dell’universo. In questa nuova
avventura, si trovano a dover affrontare la più grande e globale
delle minacce mai avute finora: una talpa all’interno
dell’organizzazione.
Men in Black: International, le
edizioni
Le edizioni Blu-ray e 4k Ultra HD
di Men In Black:
Internationalcontengono esclusive
scene eliminate, oltre a momenti esilaranti da Neuralizzatore con
il nuovissimo spot, Frank il Carlino e molto altro! Tutti i formati
racchiudono al loro interno contenuti speciali inediti con
tantissimi dietro le quinte, papere e molto di più.
Men in Black: International
CONTENUTI SPECIALI ESCLUSIVI NEI FORMATI BLU-RAY E 4K ULTRA
HD:
Neuralizzazione: come se non fosse mai successo –
Come NON visto su Alien TV, ordina ora per avere il tuo personale
Neuralizzatore e cancellare momenti imbarazzanti dalla tua vita
come un vero professionista.
Men in Black: International
CONTENUTI SPECIALI NEI FORMATO dvd, BLU-RAY E 4K ULTRA
HD:
Le papere – Anche gli agenti MIB più importanti
dimenticano le loro battute. Godetevi queste papere
indimenticabili.
Nuove reclute, abiti classici – Un cast davvero
dell’altro mondo!
Diamoci dentro! Azione e stuntman – MIB
International è ricchissimo di azione e stunt, viaggia dietro le
quinte con la troupe per vedere come è stato realizzato.
Guardate qui: gadget, armi e corse – Dall’iconico
Neuralizzatore a tutto il resto, scoprite l’immenso arsenale di
gadget, armi e veicoli di MIB.
Allarghiamo l’universo dei MIB – MIB alza
l’asticella con location internazionali, alieni e molto di più,
ampliando l’universo del film.
Les twins lo lasciano a terra – I fenomeni della
danza Les Twins mettono in mostra il loro stile inconfondibile e
dimostrano come hanno ideato le loro mosse aliene.
Frank il carlino e il piccolo pawny:
galleria
Se siete stati neuralizzati: riassunto MIB –
Unitevi a Frank il Carlino pre questo rapidissimo riassunto del
franchise di MIB.
E altro ancora!
Il film sarà disponibile in 4K
Ultra HD in una confezione doppio disco che include il 4K Ultra HD
Blu-ray e il Blu-ray. Il disco 4K Ultra HD disc comprende gli
stessi contenuti extra della versione Blu-ray, tutti nella
straordinaria risoluzione 4K.
4K Ultra HD è la migliore
esperienza visiva per la visione di un film. Il 4K Ultra HD
presenta la combinazione della risoluzione 4K di quattro volte
superiore al classico HD, la brillantezza dei colori dell’High
Dynamic Range (HDR) con una resa audio totalmente immersiva per
un’esperienza sonora multidimensionale.
Blu-raysfodera il potere della tua TV HD e
si dimostra il modo migliore per vedere i film a casa, con la
risoluzione di 6 volte superiore rispetto al DVD, extra esclusivi e
un sonoro in modalità surroud, come al cinema.
Il ritorno di Martin
Scorsese nel mondo della criminalità organizzata con
The
Irishman (visto in questi giorni alla Festa del cinema
di Roma) celebra anche la prima reunion della storia di
Robert De Niro, Al Pacino e
Joe Pesci, con quest’ultimo che mancava dalle
scene da ben nove anni. E c’è un motivo che ha spinto l’attore a
vestire ancora una volta i panni di un personaggio per l’amico
regista:
“Queste sono scelte individuali
e a volte le persone non vogliono fare qualcosa per diversi
motivi”, ha dichiarato Scorsese in un’intervista con
Entertainment Weekly. “Potrebbe essere per problemi finanziari.
Potrebbe essere per un problema di famiglia. Potrebbe essere a
causa della salute. Potrebbe essere per la noia di fare un certo
tipo di film o interpretare un certo personaggio. Ma penso che per
Pesci sia stato confortante tornare…soprattutto dopo aver saputo
che Netflix avrebbe finanziato il progetto”.
“Tutto quello di cui parlavamo
era se avremmo mai riavuto questa possibilità di lavorare
insieme“, ha raccontato De Niro, “Quindi ci siamo detti:
facciamolo. E Joe vuole bene a Marty, lo rispetta molto e sa che se
è nelle sue mani, il film andrà bene.”
Vi ricordiamo che The
Irishman arriva nove anni dopo l’ultimo importante ruolo
di Pesci in Love Ranch, e nell’epopea mafiosa interpreta
Russell Bufalino, boss del crimine e figura paterna per Frank
Sheeran in contrapposizione con il personaggio di Al Pacino.
The
Irishman è stato scelto per aprire il New York Film
Festival in attesa del debutto in sala e su Netflix e proiettata in
anteprima alla Festa del cinema di Roma
2019. Protagonisti della pellicola, Robert De
Niro, Al Pacino e Joe
Pesci, in un’epica saga sulla criminalità organizzata
nell’America del dopoguerra.
La storia è raccontata attraverso
gli occhi del veterano della Seconda Guerra Mondiale, Frank Sheeran
– imbroglione e sicario – che ha lavorato al fianco di alcune delle
figure più importanti del 20° secolo: nel corso dei decenni, uno
dei più grandi misteri irrisolti della storia americana, la
scomparsa del leggendario sindacalista Jimmy Hoffa, ci accompagnerà
in uno straordinario viaggio attraverso i segreti del crimine
organizzato, i suoi meccanismi interni, le rivalità e le
connessioni con la politica tradizionale.
Un padre e il figlio adolescente
seduti su di un prato, al tramonto, a fumare marijuana. È questa
una delle immagini più belle di Honey
Boy, che racchiude tutta la dolcezza e allo stesso
tempo la natura turbolenta di un rapporto in ogni caso
indissolubile. L’attore Shia
LaBeouf, noto per i suoi ruoli nella saga di
Transformers e in Indiana
Jones e il regno del teschio di cristallo,
prende coraggio e affronta il difficile rapporto avuto con il
genitore all’interno del film da lui anche sceneggiato. Presentato
nella selezione ufficiale, il film diretto da Alma Har’el, vede nel
cast anche gli attori Lucas Hedges e Noah
Jupe.
Protagonista del film è Otis,
giovane attore, seguito dalla burrascosa infanzia fino ai primi
anni da adulto. In ogni tappa del suo percorso egli si troverà a
dover fare i conti con il difficile rapporto con il padre, lottando
in tutti i modi per trovare una riconciliazione e un punto
d’incontro.
Honey Boy: il peso delle
aspettative di un padre
LaBeouf si è ispirato alle proprie
esperienze personali nell’immaginare e scrivere questo film.
Honey Boy è un chiaro tentativo di
affrontare il passato, il dolore, cercando di venire a patti con
questo in vista di un nuovo inizio. E che la vita dell’attore sia
stata sempre piuttosto controversa è ben noto. L’originalità, e il
particolare affascinante, dell’operazione tuttavia sta nel fatto
che LaBeouf non si limita a scrivere il film, ma decide di
interpretarlo assumendo un punto di vista particolarmente
complesso: quello del padre.
L’attore indossa infatti i panni
del genitore in quello che si rivela essere un puro intento
identificativo, una dimostrazione di voler comprendere l’altro e le
sue posizioni. “I ain’t looking to compete with you […], deny,
defy o crucify you” canta, non a caso, Bob Dylan durante i
titoli di coda. E nella scelta di questo brano, intitolato All
I Really Want To Do, si racchiude tutto il senso dell’intento
dell’attore.
Appare così particolarmente sincero
il suo ritratto, senza dubbio una delle cose più affascinanti del
film. In una delle sue prove d’attore più belle degli ultimi anni,
LaBeouf non giustifica ne condanna le azioni del padre, ma tenta
invece di esplorare i suoi drammi, dalla dipendenza dalle droghe
alle rinuncie fatte in nome del figlio. Tutte quelle cose, insomma,
che hanno finito con il gettare sulle spalle del figlio, giovane
promessa del cinema e della TV, responsabilità pesanti, a partire
dall’essere il datore di lavoro del proprio padre.
E parlando di un cosa che conosce
fin troppo bene, LaBeouf riesce a racchiudere nel rapporto tra i
due personaggi principali il vero cuore del film. La delicatezza
con cui questo viene trattato, anche nei suoi momenti più tesi e
difficili, è certamente ciò che del film può rimanere più impresso.
I problemi affrontati dall’attore e sceneggiatore sono in fin dei
conti universali, e sulla base di ciò diventa facile empatizzare
con i personaggi protagonisti, che vengono affrontati senza essere
idealizzati né giudicati. Ognuno vive i propri drammi, che si
scontrano con quelli degli altri. Ma pur nel conflitto più acceso,
non vengono mai meno particolari di pura dolcezza, che fotograno
allo stesso tempo il meglio e il peggio di un rapporto complicato e
fragile come quello tra padre e figlio.
Honey Boy: la difficoltà di
raccontare una storia estremamente personale
Per quanto consigliato, è sempre
complesso raccontare qualcosa di personale. LaBeouf, concentrandosi
ovviamente sul rapporto centrale, sembra tuttavia dimenticare la
cornice intorno a questo, e così il film fatica a partire,
mostrandosi invece come un susseguirsi di situazioni che portano ad
una riconcilliazione da cui poi nascerà l’idea stessa per il film.
Per quanto le immagini proposte siano indubbiamente attraenti nella
loro dolcezza o nella loro irrequietezza, una maggior costruzione
orizzontale della narrazione avrebbe certamente consentito uno
sviluppo più organico dei personaggi e dei loro rapporti,
specialmente in vista del finale.
Appaiono inoltre forzate alcune
scelte di regia e di messa in scena, che rischiano di prevalere in
modo erroneo sul contenuto, senza supportarlo come meriterebbe.
L’utilizzo di precisi movimenti di macchina, l’uso invasivo di luci
al neon e la ridondanza di alcune musiche indie, appaiono infatti
una forzatura di alcuni momenti che invece, considerando il tema
trattato, avrebbero potuto trovare nella semplicità la loro forma
privileggiata.
Un film costantemente in bilico
dunque, come la vita stessa di LaBeouf d’altronde, ma con alla sua
base un cuore in grado di coinvolgere, emozionare e proporre la
necessità di osservare le cose sempre da punti di vista diversi,
con occhi diversi dai propri. L’attore sembra così comprendere, e
farci comprendere, che anche in quel padre che insegna al figlio a
fumare marijuana può nascondersi un amore profondo.
Rivelare i propri segreti può
essere pericoloso, e lo sa bene Alexandra
Daddario, protagonista del film Can You
Keep a Secret?, trasposizione dell’omonimo romanzo di
Sophie
Kinsella, autrice anche di I Love
Shopping. Diretto da Elise
Duran, il film è stato presentato ad Alice nella
Città, sezione parallela della Festa del Cinema di
Roma.
Protagonista del film è Emma, che
nel momento in cui crederà di stare per morire durante un volo
aereo, rivela tutti i suoi segreti più intimi e personali al suo
vicino di posto. In un secondo momento, a pericolo scampato, la
ragazza scopre che quello che riteneva essere uno sconosciuto non è
altri che Jack, l’amministratore delegato della compagnia presso
cui lavora. Quanto rivelatogli da Emma, dunque, le si ritorcerà
inaspettatamente contro, in un susseguirsi di situazioni comiche e
imbarazzanti.
Can You Keep a Secret?, una
commedia romantica tra segreti e rivelazioni
Il film con protagonista
Alexandra Daddario si inserisce all’interno di una
lunga lista di commedie romantiche con protagoniste femminili.
Queste sono il più delle volte donne in carriera rinchiuse
all’interno di una sterile quotidianità, alla ricerca di un
evasione offerta da nuove avventure o, appunto, da un grande e
improvviso amore. Questa nuova pellicola non fa eccezione. Segue i
criteri base di questo filone, portando la sua protagonista da una
situazione di svantaggio ad una nuova coscienza di sé, tramite la
quale sarà possibile affermarsi.
Can You Keep a
Secret? trova dunque nella sua protagonista il vero
punto di forza. Alexandra Daddario risulta convincente nel ruolo,
seppur non completamente valorizzata. La natura contraddittoria e
goffa del personaggio viene arricchita dall’espressività
dell’attrice, la quale riesce a farsi apprezzare come vero motore
trainante del film. Attraverso di lei si arriva così al messaggio
che la storia vuole portare all’attenzione, ovvero che la sincerità
è sempre l’ingrediente segreto per far funzionare i rapporti. Una
morale semplice, probabilmente banale, portata avanti con tutti gli
stereotipi del caso, ma che in fin dei conti riesce a raggiungere
lo spettatore.
Can You Keep a Secret?, non tutte
le storie d’amore sono buone
Non è tuttavia il modo in cui viene
trasmesso il messaggio del film il problema di questo. Una
sceneggiatura e una messa in scena povere non aiutano il film a
trovare nuovi modi espressivi rispetto a quelli visti in qualunque
altra opera di questo filone. Ovviamente il film deve probabilmente
i suoi limiti di sceneggiatura alla sua fonte originaria, il
romanzo da cui è tratto. Eppure nella scrittura per lo schermo non
si è evidentemente riusciti a riproporre la storia evitando di
affidarsi ai soliti cliché del caso. Il tutto appare così
rallentato da una costruzione poco incisiva, che non permette ai
personaggi di essere approfonditi né quindi di poter empatizzare
con loro.
La stessa messa in scena appare
carente, senza inventive visive che avrebbero potuto rendere più
brillante la narrazione. Al contrario è ricorrente l’alternanza di
montaggio tra il segreto rivelato e la sua riproposizione nel
presente, tecnica che risulta particolarmente didascalica e non fa
che rallentare lo svolgimento. Pur nella sua breve durata, il film
appare infatti più lento del dovuto, senza un reale o concreto
sviluppo. Per quanto possa essere in grado di raccontare una
classica storia d’amore, il film pecca nel non ricercare
un’originalità che avrebbe potuto conferirgli un’attrattiva
maggiore, o quantomeno nuova, rispetto alle altre pellicole del
filone.
“I cinecomic Marvel
non sono cinema“, “I film Marvel sono
spregevoli“. Queste due affermazioni risuonano da giorni
rimbalzando da un lato all’altro del web, scatenando la reazione
contrariata di molte personalità del mondo dello spettacolo che non
hanno gradito i commenti di Martin Scorsese e
Francis Ford Coppola. Tra questi c’è anche
Bob Iger, CEO della Disney che finalmente rompe il
silenzio e in un’intervista con il Wall Street Journal dice la sua
sulla questione:
“Non mi danno fastidio. Però mi
dispiace a nome delle persone che hanno lavorato a quei film. Non
lo prendo sul personale. Credo che non vedano come il pubblico sta
reagendo a quei film, prima di tutto. Hanno il diritto di esprimere
le loro opinioni. Francis Ford Coppola e Martin Scorsese sono due
persone che tengo in grande considerazione, perché in termini di
film che hanno realizzato, sono cose che mi piacciono e che abbiamo
visto tutti“.
Nell’articolo Iger sembra
consapevole dell’idea che gli esterni si siano fatti dello studio,
un’azienda che pare concentrarsi più sugli aspetti commerciali che
su quelli creativi del processo, ma ci tiene a confermare che con
la Disney lavorano persone e cineasti chiaramente qualificati:
“A chi si rivolge Coppola? A
Kevin Feige che gestisce la Marvel? O a Taika Waititi e Ryan
Coogler, che hanno diretto i nostri film? O a Scarlett Johansson o Chadwick Boseman?
Potrei nominare un’infinità di persone, perfino Robert Downey
Jr….“
E se la critica avanzata dai due
autori giudica i film Marvel come qualcosa che ha il solo
scopo di intrattenere il pubblico, Iger si ritiene più che felice
di accettarla. “Non capisco esattamente cosa stiano cercando di
criticare…noi giriamo dei film che intrattengono la gente, e
francamente il settore della distribuzione cinematografica ha
margini relativamente sottili. Quando le sale sono piene e si
incassano molti soldi, questo dato ci permette di girare altri film
che potrebbero non avere altrettanto successo, ma ci sono persone
in luoghi diversi che vogliono vederli […]
[…] Se vogliono lamentarsi dei
film è certamente il loro diritto. Non lo so. Non capisco. Sembra
così irrispettoso nei confronti di chi ci lavora duramente come le
persone che lavorano ai loro film e mettono in gioco le loro anime
creative. Volete dirmi che Ryan Coogler con
Black Panther sta facendo qualcosa di diverso da
Martin Scorsese o Francis Ford Coppola con i loro film?“
Netflix ha diffuso nuove foto promozionali
di The
Witcher, l’attesissima nuova serie originale Netflix
basata sull’omonimo videogames.
Vi ricordiamo che come anticipato
dal teaser, per tutta la durata del Lucca Comics And Games, la
città di Lucca diventerà il Continente e il Sotterraneo San Paolino
il suo ingresso principale, per un’esperienza immersiva nel
suggestivo mondo di The
Witcher.
Quattro episodi, tra cui il primo,
saranno diretti da Alik Sakharov (House of Cards, Il Trono di
Spade), mentre Alex Garcia Lopez
(Marvel – Luke Cage, Utopia),
Charlotte Brändström (Outlander – L’ultimo
vichingo, Counterpart e Disparue) e Marc Jobst (Tin Star,
Marvel’s The Punisher)
dirigeranno due episodi ciascuno.
The Witcher, la trama
Ispirata al best-seller fantasy,
The Witcher è una fiaba epica. Geralt di Rivia, un
solitario cacciatore di mostri, lotta per trovare il suo posto in
un mondo in cui le persone spesso si dimostrano più malvagie delle
bestie. Ma quando il destino lo spinge verso una potente strega e
una giovane principessa con un pericoloso segreto, i tre devono
imparare a convivere per affrontare insieme un viaggio. Nel cast
della serie: Henry Cavill (Geralt di Rivia), Freya Allan (Ciri, la
principessa di Cintra), Anya Chalotra (la maga Yennefer), Jodhi May
(la Regina Calanthe), Björn Hlynur Haraldsson (il cavaliere Eist),
Adam Levy (il druido Saccoditopo), MyAnna Buring (Tissaia),
Mimi Ndiweni (Fringilla), Therica Wilson-Read (Sabrina) e Millie
Brady (la Principessa Renfri).
Il “metodo Marvel Studios” sembra aver contagiato anche
la Sony, che prossimamente riporterà in sala C’era una volta
a… Hollywood di Quentin
Tarantino in versione estesa con scene inedite. Lo stesso
era accaduto quest’anno con Avengers: Endgame, offrendo ai fan la
possibilità di immergersi ancora una volta nell’universo del
film.
A quanto pare saranno quattro le
sequenze aggiuntive, per un totale di dieci minuti in più rispetto
alla versione originale. Sfortunatamente l’evento riguarderà,
almeno per ora, soltanto 1.000 cinema tra Stati Uniti e Canada a
partire da venerdì 25 ottobre.
Queste le parole di Adrian Smith,
presidente di Domestic Distribution e Sony Pictures Motion Picture
Group, sul ritorno in sala di C’era una volta a
Hollywood:
“Il pubblico ha mostrato un
enorme supporto per questo film e non vediamo l’ora di offrire loro
un’altra opportunità per vederlo come dovrebbe essere visto – nei
cinema sul grande schermo – con più immagini e suoni degli anni
sessanta secondo Quentin Tarantino“.
Di seguito la sinossi:
La storia si svolge a Los Angeles nel 1969, al
culmine di quella che viene chiamata “hippy” Hollywood. I due
protagonisti sono Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), ex star di una
serie televisiva western, e lo stunt di lunga data Cliff Booth
(Brad Pitt). Entrambi stanno lottando per farcela in una Hollywood
che non riconoscono più. Ma Rick ha un vicino di casa molto
famoso…Sharon Tate.
Nel cast di C’era una volta
a… HollywoodBrad Pitt, Margot Robbie,
Leonardo DiCaprio, Damian Lewis, Dakota
Fanning, Nicholas
Hammond,Emile
Hirsch, Luke
Perry, Clifton Collins
Jr., Keith
Jefferson, Timothy Olyphant, Tim Roth, Kurt
Russell e Michael
Madsen. Rumer Willis, Dreama
Walker, Costa Ronin, Margaret Qualley,
Madisen Beaty e Victoria
Pedretti. Infine Damon Herriman sarà
Charles Manson. Il film segnerà anche l’ultima apparizione
cinematografica di Luke
Perry, morto lo scorso 4 marzo.
“Ho lavorato alla sceneggiatura
per cinque anni, e vissuto nella contea di Los Angeles per gran
parte della mia vita, anche nel 1969, e all’epoca avevo sette
anni“, ha dichiarato Tarantino. “Sono davvero felice di
poter raccontare la storia di una città e di una Hollywood che non
esistono più, e non potrei essere più entusiasta dei miei due
attori protagonisti.“
Titans 2 sarà la seconda stagione della serie
Titans
prodotta dalla DC Entertainmet
e creata da Akiva Goldsman, Geoff Johns, e Greg
Berlanti. Titans vede
come produttori esecutivi Akiva Goldsman, Geoff Johns, Greg
Berlanti e Sarah Schechter.
In Titans 2 protagonisti sonon
sono Brenton
Thwaites nei panni di Richard “Dick” Grayson / Robin,
Anna Diop come Koriand’r / Starfire,
Teagan Croft nei panni di Rachel Roth / Raven e
Ryan Potter nei panni di Garfield “Gar” Logan /
Beast Boy. Nei ruoli ricorrenti ci sono Alan
Ritchson nei panni di Hank Hall / Hawk, Minka
Kelly come Dawn Granger / Dove, Lindsey
Gort nei panni di Amy Rohrbach e Bruno
Bichir come Niles Caulder / Chief, Joshua
Orpin nei panni di Superboy e Esai
Morales come Slade Wilson aka Deathstroke.
Nella serie tv Dick Grayson emerge
dall’ombra per diventare il leader di una band senza paura di nuovi
eroi, tra cui Starfire, Raven e molti altri. I fan possono
aspettarsi che Titans sia una serie d’avventura a tinte drammatiche
che esploreranno e celebreranno uno dei più famosi gruppi di
fumetti di sempre. La prima stagione Titans ha
debuttato nel 2018 sul nuovo servizio digitale per la DC
Universe, gestito da Warner Bros. Digital
Networks.
Una New
York quasi dantesca fa da sfondo alle vicende di
Hustlers (da noi tradotto con Le
ragazze di Wall Street – Business is Business), film
scritto e diretto da Lorene Scafaria che trae
ispirazione dall’articolo “The Hustlers at Scores” di Jessica
Pressler del 2015. Graficamente, e culturalmente, la città è la
perfetta rappresentazione di una realtà divisa in gironi e cornici
e istantanea della società capitalistica americana, dove tutto è
business, le persone lavorano per vivere e non viceversa e lavorare
ti rende libero, indipendente, ma soprattutto potente. Chi parte
dal basso può togliersi dalla povertà e arrivare in alto scalando,
ma se un attimo tocchi il cielo con un dito, l’attimo dopo puoi
ritrovarti con i piedi per terra, nel buio di uno strip club che
sembra una caverna.
In
questo viaggio che contempla il mondo dello spogliarello e la
cronaca di un’epoca, la nostra guida sarà Destiny – un nome, un
programma – attraverso il racconto a posteriori con una
giornalista; stesso espediente usato da Sofia Coppola in Bling Ring, che con Le ragazze di Wall Street – Business is
Business condivide più di una somiglianza,
solo che lì la prospettiva sui ladruncoli adolescenti era parziale
se non proprio assente e di certo la regista non empatizzava con
loro. Qui la Scafaria sceglie dichiaratamente da quale parte parte
schierarsi, attenta a mostrare ogni dinamica del carattere
femminile, dal rapporto tra donna e donna al fatto che sanno essere
competitive ma anche solidali, gelose e protettive, e che possono
diventare violente, egoiste, criminali solo per il gusto di
esserlo.
Le ragazze di Wall Street, strip
club, gerarchie e crisi finanziaria
Dall’inferno al paradiso, e in mezzo un lungo, estenuante,
forse infinito purgatorio. La vita del cittadino medio americano,
peggio ancora se immigrato e figlio di famiglie povere, non ammette
stabilità ma una serie di up e down continui. E
infatti il luogo dell’incontro tra Destiny e Ramona, interpretata
da Jennifer Lopez, avviene prima dentro il
locale, poi sopra il tetto di un grattacielo, dove la “matrona”
delle stripper avvolge la nuova arrivata dentro la sua costosa
pelliccia; forse è un diavolo tentatore, forse una Beatrice
salvifica, o forse il simbolo di un rito di passaggio necessario.
Un gesto che vuole essere materno ma anche un’affermazione di
potere (lei sceglie come e dove posizionare la macchina da presa):
ecco chi comanda in questa gerarchia, e la gerarchia è ovunque,
perché definisce il tuo ruolo nella società e ti mette in
condizione di ambire al livello superiore.
Il
2007, sibila la voce narrante di Constance Wu, è
stato un anno fantastico per le spogliarelliste-truffatrici. In tv
spopolavano le Kardashian, a Wall Street – Il denaro non dormiva mai
(parafrasando il titolo del film di
Oliver Stone), il futuro sorrideva a coloro che
sapevano approfittare della fortuna, e questo senso di nostalgia
per un passato relativamente recente (ricordiamo che poco dopo la
crisi finanziaria avrebbe messo in ginocchio il paese) coincide con
uno sguardo ammiccante tuttavia malinconico. Il peggio deve ancora
venire, e il momento di massimo splendore arriva – almeno nel film
– grazie alla scena dell’ingresso di Usher (pop
star divenuta molto popolare ad inizi duemila) nel locale, montata
giustamente al rallentatore per enfatizzare la realtà o per
restituirla come veniva vista dalle ragazze. Benessere e
capitalismo in una fotografia piuttosto esplicativa di un sistema
in cui “c’è chi lancia i soldi, e chi invece
balla”.
È giusto sottolineare la bravura e
il magnetismo della Lopez, e quell’estetica gratificante che spesso
aiuta a nascondere una certa retorica e un commento sociale troppo
tardivo rispetto a questioni già affrontate da tanti autori
contemporanei (compreso Steven Soderbergh nel ben più complesso e
sottovalutato Magic Mike), come è doveroso
riconoscere che Le ragazze di Wall
Street – Business is Business provi ad
argomentare lo stesso problema da un punto di vista inedito,
politicamente rilevante dati i recenti sviluppi. Che ci riesca o
meno, il risultato finale ci sembra in linea con le
aspettative.
In occasione della presentazione di
Downton Abbey alla Festa del Cinema di
Roma 2019, ecco la nostra intervista a Michelle Dockery,
Jim Carter e Imelda Staunton.
Il film esce il 24 ottobre in sala
distribuito da Universal Pictures.
Downton Abbey, film diretto da
Michael Engler, è basato sulla popolarissima serie TV britannica,
ambientata all’inizio del XX Secolo nello Yorkshire. Protagonista è
ancora una volta la famiglia Crawley e la servitù che lavora per
essa presso la splendida tenuta Downton Abbey nella campagna
inglese. Siamo nel 1927 quando un evento sconvolge la quiete del
gruppo aristocratico: il conte di Grantham, Robert Crawley (Hugh
Bonneville), riceve una lettera direttamente da Buckingham Palace,
nella quale viene comunicato che re Giorgio V e la sua famiglia
reale faranno visita alla dimora. Questo vuol dire che i veri reali
soggiorneranno da coloro che hanno sempre vissuto da reali.
La notizia li getta nella
confusione più totale e in breve tempo la tenuta viene popolata dal
maggiordomo e da altri dipendenti del re, che si prodigano per far
sì che tutto sia pronto per il grande arrivo. I Crawley si
ritrovano impossibilitati ad agire, mentre Downton Abbey sembra
aver subito una colonizzazione esterna da parte dell’arrogante
personale reale, che umilia i domestici del palazzo. Lady Mary
(Michelle Dockery) è convinta che il loro maggiordomo, Thomas
Barrow (Robert James-Collier), non sia pronto ad affrontare un
evento simile e chiede al signor Carson (Jim Carter), maggiordomo
in pensione, di tornare temporaneamente ai suoi servigi per
l’occasione. Anche Lady Violet (Maggie Smith) è preoccupata per la
visita reale, che comporta l’arrivo di Lady Maud Bagshaw (Imelda
Staunton), dama di compagnia della regina e cugina stretta di
Robert, cosa che renderebbe il conte un perfetto erede della
nobildonna.
Ma i domestici di Downton non
restano a guardare mentre il caos invade la dimora e sono decisi a
“contrattaccare” per riprendere quello che un tempo era loro
territorio. Nei sotterranei della tenuta, Anna (Joanne Froggatt) e
John Bates (Brendan Coyle) escogitano un piano per riconquistare la
famiglia e ripristinare l’onore di Downton, tutti sono d’accordo
tranne il signor Carson. Riuscirà la servitù a cacciare gli
invasori e accogliere al meglio re Giorgio V e la sua famiglia?
Lo scorso anno Lucca Comics & Games è
diventata Zero Waste: da quest’anno lo diventa anche la città
durante il festival.
Lucca Comics & Games conferma la sua
vocazione “green” e conferma per il secondo anno consecutivo le
iniziative che già dal 2018 gli sono valse il riconoscimento
“Zero Waste – Rifiuti Zero”, secondo la strategia
ideata da Paul Connett, professore emerito dell’Università
“Saint Lawrence”, accolta per la prima volta in Italia dalla
Commissione Rifiuti Zero di Capannori, rappresentata
da Rossano Ercolini.
Il più importante evento crossmediale europeo,
dedicato al mondo del fumetto, del gioco e del videogioco,
dell’illustrazione e della letteratura fantasy,
dell’intrattenimento intelligente, che si terrà a Lucca dal
30 ottobre al 3novembre negli
ultimi anni, coadiuvato dal Comune di Lucca,
ha intrapreso un serio percorso di sostenibilità, impegnandosi
nella riduzione dei rifiuti, arrivando oggi ad un’importante svolta
che gli è valso il riconoscimento dell’associazione di Ercolini,
vincitore del Goldman Environmental Prize 2013,
prestigioso premio internazionale ambientale.
Ad annunciare l’importante
novità Francesco Raspini, assessore
all’Ambiente del Comune di Lucca insieme ad Aldo
Gottardo, membro del consiglio di amministrazione di Lucca
Crea srl, con Lorenzo Gatti, direttore
generale Ristogest, alla presenza di Sandra
Bianchi presidente provinciale Fipe – Confcommercio
Lucca. Ad ufficializzare il riconoscimento “Zero Waste Italy”
ottenuto dal festival, Rossano Ercolini,
della Commissione Rifiuti Zero.
Il festival non solo conferma tutte le
disposizioni già attuate lo scorso anno con grande successo, ma
rilancia con altre importanti novità che permetteranno di ridurre
ancora l’impatto della manifestazione. Negli spazi ristoro interni
al festival, grazie alla collaborazione
di Ristogest (general contractor food
and beverage dal 2015) saranno messi a disposizione dei visitatori
ben 82 mila bicchieri riutilizzabili
(l’anno scorso erano 30 mila), che oltre ad
essere un desiderato ricordo della manifestazione potranno essere
utilizzati per bere dalle numerose fontane sparse per la città e
per bere insieme, anche da bottiglie più grandi, così da ridurre in
modo consistente la produzione di plastica durante la
manifestazione. I bicchieri sono dotati anche di un pratico
laccetto che permette di trasformarli in una sorta di borraccia e
di portarli con sé, facilitando così la praticità del riutilizzo.
Inoltre saranno in distribuzione in numerosi locali e nei pubblici
esercizi della città che hanno aderito all’iniziativa, grazie alla
collaborazione con Confcommercio Lucca. Il
bicchierie riutilizzabile sarà inoltre donato a tutti coloro che
prenderanno parte ai laboratori ecologici organizzati al Family
Palace (ex real Collegio).
I bicchieri targati Lucca Comics & Games rientrano anche
nel progetto “We Are Lucca”, l’iniziativa che ha portato ad una
produzione originale, ambientata nella nostra città, che vede
protagonisti 4 ragazzi, scelti tra il pubblico del festival,
diventati protagonisti insieme alla città di un’avventura inedita
illustrata da Barbara Baldi (anche autrice del poster 2019 e
vincitrice del Gran Guinigi 2018) e scritta da Eleonora Caruso e
Giorgio Giusfredi. I volti dei ragazzi “We are Lucca” trasformati
nei personaggi della storia edita sul catalogo delle mostre, sono
stampati anche sui bicchieri, in quattro varianti.
Infatti se si considera che per ogni bicchiere
potranno essere non utilizzate almeno due bottigliette da mezzo
litro, l’impatto positivo della manifestazione potrà contarsi, tra
bottigliette di plastica e lattine, in circa 200
mila in meno. Inoltre, tutte le
stoviglie e il packaging utilizzati nei punti ristoro interni al
festival saranno interamente biodegradabili grazie
all’utilizzo di piatti, posate e vaschette in parte in polpa di
cellulosa, in parte in cartoncino riciclabile e parte in mater-b,
con l’impegno massimo a ridurre il più possibile il volume del
materiale di scarto e aumentare al massimo il riciclo.
Fra le novità di quest’anno, in
tutti i punti ristoro interni alla manifestazione saranno
utilizzati, per cucinare, circa 12 mila litri di acqua in bottiglia
da un litro, in “R-Pet”, plastica realizzata
con il 50 per cento di materia riciclata, messe a disposizione
grazie ad un accordo con Acqua Silva. Una
bottiglia che presenta quindi uno speciale formato tra i più
ecosostenibili attualmente in circolazione, ma che conserva le
stesse caratteristiche di sicurezza e di qualità. Inoltre
propria Acqua Silva, come partner del festival ha realizzato
un’edizione esclusiva di bottigliette da mezzo litro con la
riproduzione del manifesto di quest’anno.
Inoltre, verranno allestite a cura di Ristogest,
delle aree apposite alla raccolta dei materiali riciclabili, una
sorti di piccole “isole ecologiche”, in cui il
pubblico del festival potrà conferire il materiale differenziato e
compostabile, secondo una pratica suddivisione in colori e
segnalati da simboli.
In più il porta badge animal
friendly per i Level Up: Il progetto Level Up di
Lucca Comics & Games, abbonamento
per cinque “premium” lanciato lo scorso anno, ha deciso di
abbracciare la politica Animal Friendly. Per questa edizione,
infatti, lo stesso artigiano Gabriele Stazi (The Leprechaun), ha
reinventato gli speciali porta badge esclusivi, collezionabili e
personalizzabili, evitando l’utilizzo di qualsiasi derivato
animale.
Il festival arriva a questo importante
passo dopo una serie di iniziative tese a sensibilizzare e ad
educare alla giusta differenziazione dei rifiuti, al
rispetto dell’ambiente e al risparmio delle risorse come l’acqua
potabile.
Già dal 2014 infatti il festival ha attivato una
importante riduzione dello spreco della carta. Ha eliminato le 1200
cartelle stampa, che stampava ogni anno, informatizzando al massimo
le pratiche interne e i processi di accreditamento alla
manifestazione, riducendo al minimo la produzione di centinaia di
migliaia di pagine.
Oltre a questo
ricordiamo Scarty®(realizzato dalla Com.Ing
srl), il progetto scolastico che in 3 anni ha coinvolto le scuole
primarie entrando, tramite I bambini, in oltre 3000 famiglie
lucchesi, con un gioco sulla raccolta differenziata e incentivando
una serie di comportamenti virtuosi da mettere in pratica fra le
mura domestiche per partecipare a un grande concorso.
Una vera e propria “gamification urbana”, che ha
trovato la sua naturale prosecuzione e un nuovo sviluppo con
“BluTube: chi porta l’acqua a
casa!” (dell’editore Red Glove), progetto di
sensibilizzazione all’uso dell’acqua pubblica iniziato nel 2018,
che premia, tra l’altro, la conoscenza del territorio: per
guadagnare punti i ragazzi hanno infatti dovuto scoprire e visitare
i 26 “Luoghi dell’Acqua”, opere di straordinario interesse storico,
architettonico, funzionale che spesso non sono conosciute.
La durata ufficiale di
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker conferma che si tratterà della puntata
più lunga della serie. Dato tutto ciò che il film ha bisogno di
raccontare, sarebbe stato sorprendente se il film fosse corto.
Il film infatti non solo concluderà
la trilogia cominciata nel 2015 con Il Risveglio della
Forza, ma sarà anche l’ultimo capitolo dell’intera
saga iniziata nel 1977.
La pagina ufficiale degli AMC
Theatres riporta che L’Ascesa di Skywalker durerà 155 minuti.
Questo rende il film il più lungo della serie fino a questo
momento. In precedenza, il record era detenuto da Gli
Ultimi Jedi, che dura 152 minuti. Il Risveglio
della Forza dura “soltanto” 135 minuti.
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia
del franchise diretto da J.J. Abrams,
arriverà nelle sale a dicembre 2019.
Nel cast Daisy
Ridley, Oscar
Isaac, John
Boyega, Kelly Marie
Tran, Naomi
Ackie, Joonas Suotamo,Adam
Driver, Anthony Daniels, Billy
Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall
Gleeson, Billie Lourd e il veterano del
franchise Mark Hamill. Tra le new entry
c’è Richard E. Grant.
Il ruolo di Leia Organa sarà
interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del
girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della
Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie
Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato
una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la
sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né
mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la
benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di
onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX,
usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio
VII.”
Secondo Jason
Momoa, Aquaman
2 sarà ancora più grande del primo film diretto da
James Wan. Alla luce del successo al box office e
della magnificenza degli effetti visivi del primo film, questa
dichiarazione la dice lunga sull’ambizione dell’attore per il
sequel che lo vedrà protagonista.
Il film ha superato $ 1 miliardo di
dollari in tutto il mondo, e il mondo intero sembra essersi
riversato in sala a guardare la prima avventura da solista del
personaggio che avevamo già visto in azione in Justice League.
Entertainment
Tonight ha incontrato Momoa alla premiere per la sua
prossima serie per Apple TV +, See, e lui
non poteva sembrare più entusiasta del prossimo sequel. In
particolare, ha detto che Aquaman
2 sarà “molto più grande” del primo film, in
quanto “c’è molto di più in serbo per gli spettatori” su
“molti più livelli”. Momoa ha anche accennato al fatto che
il sequel potrebbe comprendere alcune sue idee creative e che la
risposta dei fan è stata così incredibile.
Aquaman 2 uscirà al
cinema il 16 dicembre 2022. Lo studio ha
annunciato ufficialmente il sequel del film con Jason
Momoa all’inizio di questo mese, confermando
che David Leslie Johnson-McGoldrick scriverà
la sceneggiatura.
Attualmente l’incasso del film lo
ha fatto classificare al 20° posto della classifica mondiale di
tutti i tempi. Johns-McGoldrick ha
collaborato con Will Beall nella sceneggiatura
di Aquaman. Johnson-McGoldrick ha iniziato
a lavorare sulla sceneggiatura tre anni fa dopo aver letto i
fumetti di Aquaman mentre era sul set
di The Conjuring 2 di Wan.
Richard Lowenstein,
regista di E morì con un felafel in mano
e storico collaboratore degli INXS, per cui realizzò la maggior
parte dei video musicali, nonché amico del frontman Michael
Hutchence, porta alla Festa del Cinema di
Roma nella selezione ufficiale, un intenso docufilm sul
cantante.
Il film si concentra sulla parabola
esistenziale dell’uomo, mentre ripercorrere a grandi linee la
carriera della band, tra le poche australiane ad aver conquistato
il pubblico statunitense ed essersi guadagnata fama mondiale,
grazie a una preziosa alchimia imperniata sulla figura del leader,
sul suo carisma, la sua sensualità, ma anche sulle doti vocali
notevoli e le capacità di scrittura, oltre che sull’apporto di
validi collaboratori.
Materiali e testimonianze per
Mystify: Michael Hutchence
Sono proprio alcuni membri del
gruppo – composto oltre che da Hutchence, da Garry
Beers, KirkPengilly e
dai fratelli Tim, Jon e
Andrew Farris, co-autore dei brani assieme a
Michael – a parlare di lui. Ci sono i familiari – il padre
Kell, i fratelli Tina e
RhettHutchence– e le sue partner
– Michele Bennett, che rimase sempre sua amica e
per la quale scrisse Never tear us apart, uno dei brani
più famosi della band; Kylie Minogue, che lo
conobbe giovanissima; la modella Helena
Christensen e Paula Yates, giornalista
musicale che per lui lasciò Bob Geldoff e gli
diede la sua unica figlia, Tiger.
Infine gli amici, tra cui il leader
degli U2 Bono. Sullo schermo brevi sequenze di
concerti si alternano a interviste a Michael, accanto a una serie
di filmati privati, spesso girati dallo stesso cantante, e foto di
famiglia.
La figura di Michael
Hutchence
Nato il 22 gennaio del 1960, il film
ripercorrere la sua infanzia e adolescenza tra Australia, Hong Kong
e Usa, dove segue la madre, Patricia, dopo la separazione dal
padre. Vi resterà per più di un anno. Nel ’77 l’incontro con i
fratelli Farris, nel 1980 il primo album degli INXS. Michael non sa
suonare, ma la sua voce profonda e sensuale è ciò che
contraddistingue il gruppo.
I primi anni sono un tour continuo,
come racconta la compagna di allora Michele Bennett. Quindi il
successo, milioni di copie vendute in America dall’album
Kick (1987) in poi, da Mystify e Need you
Tonight a Taste it, passando per Suicide
Blonde. Alcuni brani sono parte integrante della colonna
sonora del film, che regala anche due inediti e conta sulle musiche
originali di Warren Ellis, già membro dei
Nick Cave and the Bad Seeds.
Assieme agli stadi pieni arrivano i
riconoscimenti internazionali e le prime pressioni mediatiche.
Intanto, nella vita privata di Michael c’è Kylie Minogue, giovane e
bellissima, entrambi sono impegnati in tour, spesso in parti
opposte del mondo. I fax che si scambiano testimoniano la loro
intensa storia d’amore, dice Minogue, “erano le nostre lettere
d’amore”, assieme a filmati privati girati da Michael nei
viaggi in Provenza, Italia o a bordo dell’Orient Express.
Emerge così il ritratto toccante di
una persona estremamente dolce e timida, accogliente e mite, con un
abbraccio o un sorriso sempre pronto a schiudersi. Insomma,
l’opposto della rockstar trasgressiva, che distrugge camere
d’albergo e manda a monte tour. Al contrario, un gran lavoratore,
che porta su di sé il peso del gruppo come frontman, ma anche
scrivendo testi e componendo melodie assieme ad Andrew Farris. Un
carisma naturale il suo, come ripetono molti degli intervistati,
che emergeva dal suo sguardo magnetico, capace di catturare
l’attenzione di chiunque fosse in una stanza con lui. Una
personalità con le sue fragilità, ma che era riuscita a trovare un
equilibrio.
Fino al 1992 e al giorno
in cui un incidente, in vacanza a Copenaghen, cambia per sempre la
sua vita. La violenta aggressione di un tassista gli causa gravi e
irreversibili danni al cervello, di cui non vorrà mai far parola
neanche con i membri della band. In un attimo Michael Hutchence
perde ciò su cui più di tutto aveva strutturato la sua esistenza: i
sensi, l’olfatto e il gusto. Minogue parla di lui come di un essere
sensuale, i cui sensi avevano bisogno di stimoli continui, curioso
e desideroso di provare tutti i piaceri della vita.
Ora, invece, l’uomo che aveva
cantato Taste it (assaggia), innamorato fin quasi
all’ossessione del romanzo Il profumo di Patrick
Süskind, non è più in grado di sentire odori e sapori. La seconda
parte del documentario mostra un uomo profondamente cambiato,
depresso, a volte anche aggressivo e violento, che ha smarrito sé
stesso. Quindi, il ricorso più massiccio alle droghe e l’incontro
con Paula Yates, la separazione di lei da Geldoff, che dà il via a
un’aspra battaglia per la custodia delle figlie – cui Michael
si lega molto.
L’assedio mediatico dei tabloid
inglesi, sempre più stretto e destabilizzante per il cantante.
L’unica vera gioia di questi anni per lui, che sembra galleggiare
in un vuoto sempre più profondo, è la nascita della figlia, Tiger
Lily. Alla vigilia del tour australiano del ’97 appare stanco, non
vuole allontanarsi da Londra, dalla famiglia. Lontano da casa e
dagli affetti, la solitudine e lo smarrimento prevalgono,
portandolo a togliersi la vita in un hotel di Sidney il 22 novembre
dello stesso anno.
L’approccio di
Lowenstein
Il regista non insiste sugli aspetti
dissoluti della vita di Hutchence, sull’uso di droghe e sulla
dipendenza, pur non nascondendoli affatto. Non è interessato a
questo, non è morboso, non ha intenti voyeuristici.
Anzi, il documentario rende
giustizia a una figura troppo spesso raccontata in modo parziale e
fuorviante dalla stampa. Lowenstein si mantiene alla larga dallo
stereotipo trito della rockstar dissoluta e restituisce qualcosa di
assai più interessante: il carattere, la personalità di Hutchence
con estrema delicatezza, come può fare solo un amico. È sicuramente
grazie allo spirito sincero e accorato che permea il lavoro che
Lowenstein è riuscito ad ottenere la collaborazione di parenti e
amici più stretti, i quali hanno partecipato al film con lo stesso
intento. Ed è anche ciò che conquista lo spettatore.
Non si tratta dell’ennesima
operazione commerciale creata attorno a leader o band di
grandissimo richiamo, di cui già si è detto e scritto tutto il
possibile, ridondante e superflua. Al contrario:
Mystify è il documentario di cui c’era
bisogno per far conoscere l’uomo Hutchence a chi lo ha amato come
musicista, ma anche a chi vi si accosta per la prima volta e
magari, coinvolto da un racconto dolce e struggente, con ancora
negli occhi l’immagine di questo ragazzo mite e gentile, del suo
sorriso largo e accogliente, potrà avvicinarsi al suo lavoro
d’artista.
Come si può raccontare una leggenda
ai mortali? Semplicemente prendendo quell’icona e “abbassandola” al
livello umano. È quello che ha tentato di fare Rupert
Goold in Judy,
il suo nuovo film presentato alla Festa del Cinema di Roma 2019 e
che vede protagonista una straordinaria Renée
Zellweger.
Conosciuta da tutti come la
ragazzina de Il Mago di Oz, la dolce
Dorothy, dal Kansas, Judy
Garland è in realtà, soprattutto per gli americani,
una vera e propria stella, un’icona incredibile che ha avuto una
vita complicata, traumatizzata dal lavoro continuo in tenera età, e
funestata da una serie di vicende personali che ne hanno minato la
sicurezza, fisica, mentale e anche economica.
Renée Zellweger ha restituito lo spirito di
Judy
A portare l’enorme perso di questo
personaggio è la Zellweger, che si dimostra
perfettamente all’altezza di portare il mito di nuovo in mezzo a
noi e sullo schermo. “Ho chiesto a Renée Zellweger di non
essere Judy Garland, ma di essere Renèe che faceva Judy Garland,
una differenza sottile ma molto importante per me – ha
spiegato il regista in conferenza stampa – So che non poteva
essere perfetta come Judy, ma autentica. Non avrebbe mai avuto la
sua voce, certo, ma poteva replicarne lo spirito, ed è quanto ha
fatto”.
La scelta di Renée è stata quasi
naturale, dal momento che il ruolo richiedeva un’attrice che
potesse dare diverse sfumature drammatiche al personaggio, ma che
fosse anche in grado di cantare e di essere comica: “Renée era
la persona giusta. Lei si è presa 6 anni di pausa dal cinema,
perché sentiva troppo il peso di Hollywood, ha fatto tutto un suo
percorso sulla fama e questo, di lei, mi ha conquistato”.
Sugli inizi di Judy
Garland da star bambina, Rupert Goold ha
raccontato: “Judy e Shirley Temple sono state le prime bambine
ad avere fama, con tutte le conseguenze che per entrambe ci sono
state. Oggi invece c’è un sistema che protegge molto di più i
bambini che si proiettano nel mondo del cinema e
dell’intrattenimento. Lei è stata la bambina di tutti, ma
non ha avuto un’infanzia per sé“.
Avrete sicuramente letto o seguito i
recenti commenti di Martin
Scorsese e Francis Ford
Coppola (con tanto di repliche da parte di James
Gunn e Sebastian
Stan) riguardo i cinecomic, ritenuti quanto di più
culturalmente e produttivamente lontano dalla loro idea di cinema.
In particolare ha fatto discutere la dichiarazione di Coppola che
definisce i film di supereroi come “spregevoli”, motivandone le
ragioni, lasciando intendere che qualsiasi prodotto del genere
nell’industria abbia in qualche modo deluso le sue aspettative.
Ma a quanto pare non è così, come
suggerito da uno dei registi di Spider-Man: Un Nuovo
Universo, Peter Ramsey, su Twitter.
È qui infatti che fa sapere che l’autore de Il Padrino ha in realtà
apprezzato molto il progetto complimentandosi per il risultato
finale.
“Francis l’ha visto e ci ha
fatto tantissimi complimenti per l’animazione innovativa e le
performance animate. Quindi non tutto è sbagliato…“
Forse questa notizia dovrebbe
spingere il pubblico a riconsiderare il senso delle affermazioni di
Coppola e ad interpretarle correttamente.
Spider-Man: Un Nuovo
Universo racconta le vicende del teenager Miles Morales e
delle infinite possibilità dello Ragno-Verso, dove più di una
persona può indossare la maschera. Una visione fresca di un nuovo
Universo Spider-Man con uno stile visivo innovativo e unico nel suo
genere. Il film è stato diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey,
Rodney Rothman, con Shameik Moore e Jake Johnson. Uscita al cinema
il 25 dicembre 2018. Durata 117 minuti. Distribuito da Warner Bros.
Italia.
Il cast di doppiatori americano
comprendere gli attori Shameik Moore, Jake Johnson,
Mahershala Ali, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Liev Schreiber,
Luna Lauren Velez, Zoë Kravitz, Nicolas Cage.
È stato John
Travolta il protagonista assoluto della giornata di
martedì alla Festa del Cinema di Roma 2019.
Cordiale con i fan e disponibile con la stampa, l’attore ha
ritirato il premio alla carriera e presenziato ad un incontro con
il pubblico.
Insieme al trailer finale è
arrivato anche il nuovo poster di Star Wars: L’Ascesa
di Skywalker in cui, se fate attenzione, noterete
il nome di Carrie Fisher davanti a tutti gli altri
membri del cast. L’attrice è tornata ad interpretare la la
Principessa Leia in Il Risveglio della Forza e Gli
Ultimi Jedi, ma la sua tragica scomparsa le ha impedito di
essere “fisicamente” sul set del capitolo conclusivo della
trilogia, costringendo la produzione ad usare materiale d’archivio
per riportare in vita il personaggio.
Ma a quanto pare si tratterebbe
dell’ennesimo omaggio all’attrice, vero cuore del film come già
dichiarato da J.J.Abrams nei mesi scorsi, voluto dall’amico e
collega Mark Hamill. Di norma l’ordine del cast di
Star
Wars prevedeva Hamill in testa e prima della Fisher a causa di
clausole contrattuali, mentre stavolta, secondo alcune
indiscrezioni, l’interprete di Luke Skywalker avrebbe insistito per
il cambio nel poster di Episodio IX.
C’è un altro dettaglio che non è
sfuggito ai fan della saga, ovvero la data di pubblicazione del
trailer che coincide con il compleanno dell’attrice, di cui
sentiamo la voce nel footage dicendo “La Forza sarà sempre con
te“.
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia
del franchise diretto da J.J. Abrams,
arriverà nelle sale a dicembre 2019.
Nel cast Daisy
Ridley, Oscar
Isaac, John
Boyega, Kelly Marie
Tran, Naomi
Ackie, Joonas Suotamo,Adam
Driver, Anthony Daniels, Billy
Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall
Gleeson, Billie Lourd e il veterano del
franchise Mark Hamill. Tra le new entry
c’è Richard E. Grant.
Il ruolo di Leia Organa sarà
interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del
girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della
Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie
Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato
una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la
sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né
mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la
benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di
onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX,
usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio
VII.”
L’interprete di Thor, Chris
Hemsworth, vorrebbe avere la possibilità di partecipare ad
un film di Star
Wars, ad un certo punto della sua carriera. Per alcuni un solo
franchise non basta, ma è chiaro che nel caso dell’attore
australiano, l’idea di partecipare a un film della Lucasfilm è
legata a fattori sentimentali.
Oltre al franchise Marvel, Chris
Hemsworth ha partecipato anche a Star
Trek e a Men in Black. Nel
futuro di Hemsworth c’è confermato Thor: Love and Thunder
previsto per la fine del 2021, ma l’attore è in trattative anche
per un biopic sul famoso wrestler Hulk Hogan, che è trai prossimi
progetti di Todd Phillips.
Secondo il Comic Book, durante
il suo panel all’ACE Comic Con West lo scorso fine
settimana, a Hemsworth è stato chiesto se gli sarebbe piaciuto far
parte del franchise di Star Wars e lui ha dichiarato che avrebbe
“adorato” partecipare in qualche modo ai film. Ha poi aggiunto di
essere cresciuto con quei film e di esserne sempre stato un grande
fan.
Dal momento che Chris fa già parte
della famiglia Marvel, non dovrebbe essere
complicato per la Lucasfilm scritturarlo,
visto che sono tutti sotto l’ala protettiva di mamma Disney e
quindi il passaggio da un franchise a l’altro potrebbe essere
semplice da mettere a punto, da un punto di vista contrattuale.
Certo con l’arrivo di Episodio IX e
la chiusura della saga degli Skywalker, potrebbe passare un po’ di
tempo prima che ci sia un nuovo film di Star Wars, ma magari la
Lucasfilm riprenderà in mano i progetti
per gli spin off e lì ci sarà spazio per l’attore che interpreta
Thor.
Come riportato da Variety,
Adam Driver si troverebbe in trattative per unirsi
al cast di Last Duel, il nuovo film di
Ridley Scott, sostituendo nella parte
Ben Affleck, che invece comparirà in un ruolo
secondario. Già confermati Matt Damon e la star di
Killing EveJodie Comer.
Vi ricordiamo che questo sarà
l’adattamento cinematografico del romanzo di Eric Jager The
Last Duel: A True Story of Trial by Combat in Medieval France
e che la storia segue le vicende di due migliori amici e di una
vendetta, con gli attori che interpreteranno rispettivamente il
cavaliere normanno Jean de Carrouges e lo scudiero Jacques Le Gris,
separati da una guerra e dalle accuse ai danni del secondo di aver
violentato sua moglie Margerite de Carrouges. Nessuno però crede
alla donna e il soldato farà appello al re di Francia per annullare
la sentenza emessa dal conte Pierre d’Anencon. I due uomini
dovranno combattere in un duello mortale il cui vincitore sarà
sancito dalla volontà di Dio.
Nicole Holofcener (Can You
Never Forgive Me?, Enough Said) scriverà la sceneggiatura
insieme a Damon e Affleck. Per quanto riguarda Driver, lo rivedremo
presto in Marriage
Story di Noah Baumbach al fianco
di Scarlett Johansson e in Star Wars:
L’Ascesa di Skywalker, capitolo conclusivo della
nuova trilogia del franchise.
“Ballare mi diverte di più. E mi manca farlo“.
John Travolta saluta il pubblico della Festa del
cinema di Roma tra gli applausi a tempo delle note inconfondibili
de La febbre del sabato sera, il musical
di John Badham che nel 1977 lo lanciò come vera star dell’industria
hollywoodiana. “Prima di ottenere quella parte sostenni il
provino per Jesus Christ Superstar. Avevo 17 anni, e ovviamente
provai per il ruolo di Gesù“, confessa l’attore ridendo.
“Ero ancora troppo giovane, ma il produttore si accorse di me e
scrisse un biglietto in cui diceva di tenermi d’occhio e che sarei
diventato grande. Diversi anni dopo me lo mostrò offrendomi la
parte in La febbre del sabato sera e
Grease…Non puoi mai prevedere il futuro, e quando
pianti un seme potrebbe germogliare in qualcosa di
straordinario.”
Il
racconto di Travolta parte dalle origini, e da un’infanzia
trascorsa ad osservare una madre regista e due sorelle attrici.
“Vengo da una famiglia di artisti. Da
piccolo guardavamo vecchi film insieme, La Strada
di Federico Fellini, Ieri oggi e
domani con Sofia Loren, quindi è come se
lo spirito dell’intrattenimento mi fosse stato inculcato da subito
spingendomi a voler intraprendere quella carriera. Nessuno ha
opposto resistenza, ma ha accolto la mia scelta con tanta
felicità.” La stessa famiglia che gli ha insegnato
“fiducia, certezze, e un approccio al lavoro sempre professionale,
dove la costruzione del personaggio ricorda il rituale del seguire
una ricetta.
La serata prosegue mostrando al
pubblico alcune clip selezionate tra i tanti successi di Travolta,
compreso Blow Out di Brian De
Palma (1981), “un’esperienza piacevole, con lo stesso
regista che mi diede il mio primo ruolo in Carrie. Brian aveva
fiducia in me e sul set di Blow Out mi lasciò carta bianca“. E
che dire invece delle opportunità mancate e delle offerte
rifiutate? “Dissi di no a I giorni del cielo
di Terrence Malick per obblighi contrattuali, ad
American Gigolo perché discussi con Paul
Schrader e chiesi di andare via, e Ufficiale e
Gentiluomo perché preferii la vita al cinema e diventai un
vero pilota di jet. E poi c’è Chicago, che
rifiutai tre volte. Avevo un’idea del musical in cui le donne
odiavano gli uomini…soltanto vedendo il film mi resi conto che
sbagliavo, e che amavo profondamente quei personaggi femminili e
capivo le loro motivazioni“.
Travolta torna su Malick, con il quale ha avuto modo di
collaborare in La sottile linea rossa, riguardo un aneddoto sul
rifiuto de I giorni del cielo: “Terrenceè l’uomo più sensibile che abbia mai
conosciuto, è davvero un senziente, nel senso che sente e
percepisce le cose ad un livello più profondo. Quando chiese di me
per I giorni del cielo non accettai a causa di obblighi
contrattuali, ma lui era convinto che fossi l’unico a poter
interpretare quel ruolo. Per 17 anni non ha più lavorato e qualcuno
mi disse che fu proprio a causa del mio rifiuto. Quando lo
rincontrai gli chiesi se fosse vero…e lui mi confessò che era così.
Gli avevo spezzato il cuore, perché ero la chiave per poter
rappresentare la sua visione sullo schermo. Incolpava me come
specchio del sistema hollywoodiano […]
[…]
Ricordo che da piccolo, guardando il finale di La strada di
Fellini, chiesi a mio padre perché il personaggio di
Giulietta Masina moriva, e lui mi disse che aveva
il cuore spezzato. Era possibile che le persone morissero così? In
quell’istante promisi a me stesso che non avrei mai spezzato il
cuore a qualcuno con i miei sentimenti…e ironia della sorte,
inavvertitamente feci lo stesso con Terrence
Malick.“
C’è
tempo per parlare anche di Pulp Fiction e
dell’iconico look di Vincent Vega: “In realtà
fu una mia idea. Era già un
personaggio unico e nella sceneggiatura si diceva che aveva
trascorso un anno ad Amsterdam. Ci ero stato di recente e avevo
visto dei ragazzi con un taglio di capelli simile e l’orecchino,
quindi suggerii questa opzione a Quentin. All’inizio non era
d’accordo ma dopo le prove si convinse che era la soluzione
perfetta“. In conclusione il direttore artistico Antonio
Monda consegna il premio speciale a John Travolta per la sua
interpretazione in The Fanatic.
Sembra che Cardi B
sia entrata a far parte del cast di Fast and Furious
9, il nuovo capitolo del franchise di Toretto e
compagnia. Dopo che si era parlato di una possibile partecipazione
di Keanu Reeves al film e di un ritorno del
personaggio di Paul Walker, sempre grazie al
coinvolgimento del
fratello Cody, adesso arriva la conferma che l’attrice, che a
breve vedremo in Le ragazze di Wall Street, sarà nel cast.
In Fast and Furious
9 reciteranno i veterani del franchise Vin
Diesel, Charlize Theron, John
Cena, Michelle Rodriguez, Jordana
Brewster, Ludacris, Tyrese
Gibson e Helen Mirren. Nel cast anche
Michael Rooker e Cardi B.
Vi ricordiamo che la release del
film stata spostata al 22 maggio 2020, e che
la regia sarà firmata da Justin Lin. Non sono
state fornite spiegazioni ufficiali che hanno motivato questa
scelta, ma è evidente che nei piani della Universal Pictures ci sia
la volontà di garantire alla saga il miglior posizionamento al box
office possibile in una stagione già ricchissima di blockbuster
molto attesi.
Per quanto riguarda il film, tempo
fa era stato lo stesso Vin Diesel a spiegare che
Lin sarebbe tornato anche per la regia dell’episodio 10, cosa che
faceva pensare che i due episodi venissero girati in contemporanea.
Il rumor non è stato confermato e, visti i numerosi impegni degli
attori, non sembra un’ipotesi facilmente realizzabile.
Nella generale sorpresa, date le
passate divergenze, Natalie Portman tornerà nel
franchise dei Marvel Studios per Thor: Love and Thunder,
ovvero il quarto capitolo dedicato al dio del tuono, dove però
sembra che sarà Jane Foster a impugnare il Mjöllnir.
Dopo aver abbondantemente spiegato e
giustificato le ragioni del suo ritorno al personaggio (non che ce
ne fosse bisogno), Natalie Portman ha parlato con
Variety di
questo impegno futuro, ed ha specificato che non sa niente della
trama del film, per ora, ma che potrebbe essere senza dubbio una
possibilità concreta il fatto che il film affronti la malattia di
Jane, come nei fumetti.
Ha poi aggiunto: “È molto raro
che questo tipo di film di grande intrattenimento trattino materie
così serie. Non so davvero niente del film, non ho ancora visto
niente ma ho sentito i rumors, ed è eccitante pensare che si
parlerà di quello.”
Natalie Portman è
da sempre stata sostenitrice di storie che dessero più importanza
al ruolo femminile e questa occasione, all’interno di un franchise
che sta lavorando nella stessa direzione, potrebbe essere davvero
un’occasione speciale.
Dopo aver accolto
Captain Marvel, il MCU sta facendo più spazio per le
donne: arriverà a breve Vedova Nera e sicuramente da qualche parte
c’è un progetto che parla della A Force. Inoltre, non dimentichiamo
che nella Fase 4 del MCU sono previste le serie tv su
Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen),
She-Hulk e Ms. Marvel.
Thor: Love
and Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo
sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir
stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo da Natalie
Portman, come confermato sabato durante il panel dei
Marvel Studios al Comic-Con.
Taika Waititi
tornerà alla regia di un film dei Marvel Studios dopo
Thor: Ragnarok, così come Chris
Hemsworth e Tessa
Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor e
Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers:
Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal
fumetto The Mighty Thor, descritto da Waititi come “la
perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie
appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.
L’uscita nelle sale è fissata invece al 5 novembre 2021.
La Selezione Ufficiale della
quattordicesima edizione della Festa del
Cinema di Roma ospiterà oggi, mercoledì 23 ottobre,
tre film: Hustlers di Lorene Scafaria, storia di
spogliarelliste fra poliziesco e dramma, Where’s My Roy
Cohn? di Matt Tyrnauer, viaggio nelle arti oscure
della politica americana e 438 Days di
Jesper Ganslandt, profonda riflessione sulla libertà di parola e di
stampa.
Alle ore 19.30 (Sala Sinopoli) si
terrà Hustlers di Lorene Scafaria. “Presentiamo un mondo
che magari si è già visto in tanti film e tante serie tv, ma lo
facciamo da una prospettiva diversa, quella delle ballerine – ha
spiegato la regista – È un’epica combinazione di un poliziesco, un
film drammatico e una storia di spogliarelliste, nonché
un’esplorazione della crisi economica che ha sconvolto le vite di
tante persone, comprese quelle dei nostri personaggi”.
In Hustlers,
Destiny fa la spogliarellista per provvedere a sé stessa e alla
nonna. La sua vita cambia quando fa amicizia con Ramona, la stella
del locale. Destiny impara da Ramona come conquistare il pubblico
maschile, soprattutto la clientela di Wall Street, e che, quando si
fa parte di un sistema corrotto, bisogna sfruttare piuttosto che
farsi sfruttare. Destiny, Ramona e altre ballerine che si uniscono
a loro, escogitano un piano per cambiare le regole del gioco, ma la
situazione sfuggirà al loro controllo.
NOTE DI REGIA: Presentiamo un mondo
che magari si è già visto in tanti film e tante serie tv, ma lo
facciamo da una prospettiva diversa, quella delle ballerine. È
un’epica combinazione di un poliziesco, un film drammatico e una
storia di spogliarelliste, nonché un’esplorazione della crisi
economica che ha sconvolto le vite di tante persone, comprese
quelle dei nostri personaggi. L’articolo di Jessica Pressler
raccontava efficacemente la storia di queste affascinanti
protagoniste, sempre sotto giudizio e stigmatizzate per la loro
professione, e delle amicizie profonde che a volte fanno finire nei
guai. Mi sono immedesimata in tutto ciò che affrontano, comprese la
lotta contro la solitudine e la ricerca dell’indipendenza. Sono
mamme, amiche, sorelle e figlie in grado di creare legami
importanti che vanno oltre le loro differenze.
Non scrivo i personaggi con attori
specifici in mente, ma appena ho finito la sceneggiatura, mi è
sembrato subito evidente che la voce di Jennifer
Lopez era presente nelle pagine ancora prima che la
immaginassi nei panni di Ramona. Era destino. Jennifer è Ramona in
carne e ossa, fa quasi paura. Dà al personaggio un tono irriverente
e allusivo, ma anche un concreto realismo. Non volevo biasimare
nessun lavoro e nessun genere. Anche se le ragazze lavorano in un
sistema di valori che può essere insidioso, mi dispiace anche per i
personaggi maschili, che sono considerati soprattutto per la loro
ricchezza e il loro potere, proprio come le donne sono considerate
per la loro bellezza. Il sistema è malato per entrambi i
generi.
Descendants
3, l’attesissimo terzo capitolo della saga che vede
protagonisti i figli dei cattivi Disney più famosi, sta per
arrivare in Italia! Sabato 26 ottobre alle 14.00 su Disney
Channel (Sky, canale 613) i giovani e celebri personaggi
già amatissimi dal pubblico si ritroveranno ad affrontare
emozionanti avventure, intrighi e colpi di scena al fianco di nuovi
protagonisti.
Descendants
3 continua il racconto della saga contemporanea tra
il bene e il male: le figlie e i figli adolescenti dei Cattivi
Disney più famosi — Mal (Dove Cameron), Evie (Sofia
Carson), Carlos (Cameron
Boyce) e Jay (Booboo Stewart) —
ritornano sull’Isola degli Sperduti per reclutare un nuovo gruppo
di discendenti che si uniscano a loro ad Auradon Prep. Quando una
violazione della barriera metterà a repentaglio la sicurezza di
Auradon, Mal farà di tutto per proteggere il regno dalla minaccia
dei suoi nemici Uma (China Anne McClain) e Hades
(Cheyenne Jackson). Ma nuovi pericoli si nascondono fra le
mura di Auradon…
Il nuovo Disney Channel Original
Movie vede alla regia Kenny Ortega (High
School Musical), già regista dei primi due capitoli della
saga, che ne ha curato anche le coreografie ed è uno dei produttori
esecutivi.
“Good To Be Bad”,
la canzone numero d’apertura di Descendants 3 interpretata dal cast
al completo ha anticipato l’uscita in digitale della colonna sonora
del film, disponibile dallo scorso 2 agosto.
Come promesso, è arrivato stanotte
il trailer finale di
Star Wars:
L’Ascesa di Skywalker, capitolo conclusivo della
saga iniziata nel 1977 da Una Nuova Speranza atteso nelle
sale a dicembre 2019. Ma quali sono i punti salienti del footage e
quali informazioni ci offre sulla trama del film?
Ecco 10 indizi:
Il personaggio di Dominic
Monaghan
Fa parte del cast di Episodio
IX anche Dominic Monaghan, che ritrova J.J.
Abrams dopo l’esperienza televisiva di Lost, e grazie al
trailer finale siamo finalmente in grado di dare uno sguardo al suo
misterioso personaggio. Sappiamo che è un membro della Resistenza,
ma non il modo in cui verrà introdotto nella trama.
Il pianeta di ghiaccio
Sempre nel trailer viene mostrato lo
scorcio di un pianeta di ghiaccio sopra il quale sta volando una
flotta di caccia stellari (a quanto pare nuovi TIE Fighter del Primo
Ordine). Forse è qui che Kylo
Ren convocherà il suo esercito?
Il trono dell’imperatore
Una delle immagini più inquietanti
del trailer è il trono sinistro e circondato da bordi frastagliati
basato sui disegni del concept artist di Star
Wars Ralph McQuarrie realizzati per la sala del trono
dell’Imperatore Palpatine
in Il Ritorno dello Jedi. Fuori campo sentiamo la voce
inconfondibile di Ian McDiarmid che dice “Ho
aspettato a lungo”…forse il pianeta di ghiaccio è la sede del suo
nuovo regno?
L’ Imperial Star Destroyer emerge
dal ghiaccio
Un altro dettaglio incredibile del
trailer ci mostra lo Star Destroyer imperiale che
emerge dal ghiaccio, probabilmente il primo di una serie di veicoli
di una vasta flotta che sfrutta la tecnologia della Morte Nera
integrata nei loro sistemi. Presumibilmente sono stati nascosti
sotto le lastre e ora è Palpatine a “risvegliarli”…
Il sacrificio di C-3PO
Questo passaggio non è molto chiaro,
tuttavia suggerisce che C-3PO potrebbe lasciarci
nel corso del film. Alcuni sostengono che sia stato hackerato e che
un alieno sta cercando di entrare nella sua matrice di elaborazione
(il che confermerebbe la teoria sugli occhi
rossi generati da Threepio).
Rey e Kylo Ren nella sala del
trono
La trama di Episodio IX è
ancora avvolta nel mistero, eppure sembra chiaro che ad un certo
punto del film vedremo Rey e Kylo Ren diretti veros il relitto
della Morte Nera su Endor. Questa inquadratura li mostra nel cuore
della vecchia base dell’Impero, ovvero la Sala del Trono
dell’Imperatore.
Rey e Kylo distruggono la maschera
di Darth Vader
Ancora Rey e Kylo Ren sono
protagonisti di un momento entusiasmante, con i due che si
scagliano contro quello che sembra un manichino di Darth
Vader e distruggono la maschera a colpi di spada
laser. Forse è questa la chiave dei piani dell’Imperatore
Palpatine? cosa significa e a cosa porterà questo gesto?
Rey si confronta con Palpatine
Chiudiamo con l’immagine finale del
trailer, dove vediamo Rey al cospetto dell’Imperatore
Palpatine. Diverse speculazioni sostengono che il
villain sia tornato come una sorta di spirito Sith e non in forma
umana, ma di fatto non abbiamo ancora avuto un’anteprima del suo
volto…quale sarà la verità?
Leggi anche – Star Wars: L’Ascesa
di Skywalker, 5 teorie che potrebbero avverarsi
È l’evento cinematografico
dell’anno, il nuovo film di Martin Scorsese, vecchio maestro della settima
arte, che però si rivolge a Netflix,
simbolo della modernità del cinema, per realizzare la sua visione:
The
Irishman è attesissimo, e a buon diritto!
La storia tocca il mondo della
mafia italo-americana, ambiente caro allo Scorsese cinematografico,
e si concentra sulla vita di Frank Sheeran (a sua volta raccontata
nel libro I Heard You Paint Houses scritto da
Charles Brandt). Frank è un veterano di guerra,
che ha imparato ad uccidere nella campagna in Italia e che riesce
ad entrare nelle grazie dei vertici della mafia, diventando “l’uomo
che imbianca case”, ovvero il killer deputato a fare pulizia.
Efficace, preciso, servizievole, Frank è l’impiegato modello, che
esegue gli ordini e non fa domande, un vero soldato.
Leale e rispettoso del codice
“d’onore” che vige tra quella gente, Frank viene nominato guardia
del corpo di Jimmy Hoffa, carismatico leader sindacale, con il
quale stringe una fraterna amicizia. Ma il mondo degli adulti, e
quello della mafia, non è posto per i sentimenti e la lealtà assume
forme inaspettate. E poi, che senso ha tutto questo, quando diventa
solo una storia che nessuno ricorda, raccontata da un vecchio solo
in una stanza di un ospizio?
The Irishman, un film con gli amici
Martin Scorsese ha fatto un film con i suoi
amici, ha scelto Robert
De Niro per il ruolo principale, ha regalato
un’altra grande parte a Joe Pesci, ha ingaggiato per la prima volta
Al Pacino, regalandoci finalmente quel confronto tanto
agognato (e un paio di volte sfiorato) tra gli attori più grandi e
rappresentativi degli anni ’50. È tornato nel mondo della mafia, a
raccontare le gesta di quei bravi ragazzi, solo che adesso non sono
più ragazzi. Sono rallentati, invecchiati, resi goffi nei movimenti
dall’età e dall’artrite.
Scorsese ha scelto la strada più
lunga e difficile per realizzare questo film, la strada che
attraverso la tecnologia del de-aging gli ha permesso di
lavorare per tutto l’arco della storia con
De Niro e compagnia, senza ricorrere ad un attore più
giovane, perché per lui non avrebbe avuto senso, ora, raccontare
quella storia senza Bob. Voleva un film con e per i suoi amici, e
Netflix gli ha
dato questa possibilità (e i fondi necessari).
Il senso di The
Irishman potrebbe essere rintracciato tutto nelle
motivazioni del regista: è un film senile ma non vecchio,
malinconico ma non triste. Racconta la fine di una storia
personale, quella di Frank, la fine di un impero mafioso in cui i
boss erano guardati come un mito (nel film i bambini non sono
quelli che ne Il Padrino facevano da sfondo, ma
sono i primi giudici severi dei genitori), la fine di un periodo
storico negli Usa che ha ferito profondamente il Paese e che adesso
a stento si ricorda.
La presa di
coscienza della nostra mortalità
The
Irishman è la presa di coscienza della nostra
mortalità e del fatto che il tempo, con il suo fluire, priva di
significato ogni gesto, ogni avvenimento, lasciando soltanto spazio
a una profonda e meditabonda solitudine, dove non c’è spazio
nemmeno per il pentimento. Pentirsi di cosa, poi? È passato così
tanto tempo che le brutture sono state dimenticate, e la nostalgia,
quasi confortevole, del passato si trasforma in un sollievo perché
davanti a noi c’è solo un’altra cosa da fare: morire.
The
Irishman ha la stessa potenza narrativa e trascinante
di C’era Una Volta in America, è a suo
modo un’epopea meno romantica ma altrettanto emozionante sulla vita
di un uomo che ha sempre agito. I mafiosi, gli assassini, i
criminali raccontati da Sergio Leone hanno avuto
dei figli, che sono diventati questi mafiosi di Scorsese, molto
diversi da quelli che raccontava negli anni ’70. Questi personaggi
sono riflessivi, quasi paterni, non hanno più quella rabbia e
frenesia, e nel raccontare questa sorta di distorta dolcezza degli
ultimi di una stirpe, Scorsese fa un grande regalo al suo pubblico:
dà a Joe Pesci un ruolo inedito, delicato,
affettuoso, così in contrasto con quanto aveva fatto con i suoi
film del passato. E così l’attore diventa l’emblema perfetto del
senso della storia.
Scorsese realizza una lettera
d’amore a un tempo che non c’è più, a un cinema che non c’è più, un
film per molti versi testamentario, che mette fine a una parte
della sua carriera e che sembra inaugurarne un’altra, pervasa dalla
malinconia di un mondo scomparso, ma anche dalla consapevolezza che
il tempo “guarisce” e che la morte fa parte della vita. Lo stile si
appiana, il montaggio si “calma”, lo spettacolo è lasciato fuori
campo, Scorsese mette al centro i suoi attori e il loro talento e
nient’altro gli interessa se non raccontare la sua storia con i
suoi amici. E il suo mestiere, il suo occhio, la sua sensibilità
danno vita alla meraviglia di The
Irishman.
Domani,
martedì 22 ottobre, John Travolta sarà
protagonista di un Incontro Ravvicinato alla quattordicesima
edizione della Festa del Cinema di Roma: alle ore 17.30 presso la
Sala Sinopoli, l’attore statunitense, uno dei più amati e versatili
della sua generazione ripercorrerà le tappe principali della sua
carriera che attraversa quasi cinquanta anni di cinema, teatro e
televisione.
Travolta
raggiunge nel 1977 il successo planetario nei panni di Tony Manero
ne La febbre del sabato sera: per la sua interpretazione
riceve una nomination agli Oscar e una ai Golden Globe come Miglior
attore. Il successo è ribadito da Grease di Randal Kleiser.
Nel 1994, è protagonista di Pulp Fiction di Quentin
Tarantino: il memorabile ruolo di Vince Vega gli vale la seconda
nomination all’Oscar. Nel corso dei decenni, Travolta ha lavorato
con alcuni dei maggiori registi contemporanei fra i quali
Oliver Stone, Terrence Malick, Brian De Palma, Mike Nichols
e John Woo. In occasione dell’Incontro Ravvicinato con il
pubblico, Travolta riceverà il Premio Speciale assegnato dalla
Festa del Cinema di Roma.
La quattordicesima edizione della
Festa del
Cinema di Roma che si terrà fino al 27 ottobre
con la direzione artistica di Antonio Monda, prodotta dalla
Fondazione Cinema per Roma, Presidente Laura Delli Colli, Direttore
Generale Francesca Via. L’Auditorium Parco della Musica sarà il
fulcro dell’evento, con le sue sale di proiezione e il red carpet.
Come ogni anno, la Festa coinvolgerà numerosi altri luoghi della
Capitale, dal centro alla periferia.