Disponibile sulle principali piattaforme dal 23 luglio, O’ Cumpagn Mij è il film documentario diretto da Matteo Dell’Angelo e Camillo Cutolo che racconta la parabola atletica di due amici e compagni: sono Clemente Russo e Mirko Valentino, pugili iridati che il documentario coglie nel momento in cui si svolgono le qualificazioni per le Olimpiadi di Rio 2016.
In questa occasione, la qualificazione di Clemente Russo per la sua quarta Olimpiade, alla caccia di quel’Oro che ancora gli mancava dopo due Argenti, e la squalifica di Mirko Valentino, costretto a rimanere a casa con il suo rimorso, diventano due facce della stessa medaglia. Un percorso atletico e umano che dimostra quanto il vero nemico, molto spesso, non sia l’avversario ma qualcosa di oscuro e profondo che si nasconde dentro la testa. Seguendo questo misterioso nemico, Matteo Dell’Angelo e Camillo Cutolo hanno seguito i due atleti, uno a Rio e l’altro a Marcianise, raccontando questo momento della loro storia.
Nell’afa di agosto, abbiamo raggiunto al telefono Matteo Dell’Angelo che ci ha raccontato la sua esperienza e la genesi del progetto.
Da dove nasce O’ Cumpagn Mij
“È il frutto di una serie di circostanze e incontri fortunati. Il mio primo istinto, da quando ho cominciato a riprendere, e avevo 17 anni, è stato sempre quello di conoscere le persone, per cui per me il cinema non è un fine ma un mezzo, una chiave che mi permette di accedere a delle realtà – ha raccontato Dell’Angelo – Avevo appena finito di girare una pubblicità per una piccola palestra di Caserta. A fine riprese eravamo andati a cena con Clemente e con la famiglia Maddaloni, e Clemente ci stava raccontando che si apprestava a partecipare alla sua quarta Olimpiade e aveva tutta l’intenzione di vincere, perché voleva l’Oro dopo aver vinto già due Argenti. Noi per scherzo gli abbiamo detto che sarebbe stato bello se qualcuno avesse documentato questo viaggio e ci siamo proposti di partecipare, e lui ha accettato con entusiasmo.”
A questo punto era stato coinvolto un campione nel progetto, ma come si arriva a Valentino?
“La settimana dopo c’era il primo torneo di qualificazione e lì abbiamo assistito alla qualificazione di Clemente Russo e alla squalifica di Mirko Valentino, momento che è diventata la prima scena del film. Quando Mirko ha perso, la tristezza è scesa nel cuore di tutti, perché abbiamo percepito che si spezzava un sogno. Quella sera, chi aveva vinto è rimasto in albergo perché il giorno dopo aveva gli incontri, chi aveva perso, aveva libera uscita, e così con Mirko siamo andati a cena. Durante quel primo incontro mi sono affezionato a Mirko, e gli ho detto che sarei rimasto con lui a Marcianise, allo stesso tempo però volevamo essere insieme a Clemente alle mitiche Olimpiadi di Rio.
Mi sono organizzato molto velocemente con un mio amico, che poi è diventato il co-regista del film, Camillo Cutolo, un videomaker romano che sapevo appassionato di boxe e gli ho chiesto se voleva partire al posto mio. Addirittura il biglietto aereo lo abbiamo comprato promettendo all’agenzia Algymar travel che avremmo pagato successivamente. Così sono rimasto a Marcianise, mentre Camillo seguiva Clemente a Rio, e qui ho cominciato a capire che la vera sfida non era per la vittoria, contro l’avversario, ma con la propria mente.”
Una breccia nell’intimità del campione sconfitto
Seguire Valentino a casa sua è stata una specie di “invasione di campo” che comunque hai intrapreso con grande delicatezza e tatto. Com’è stato entrare dentro a questa intimità?
“Per una coincidenza, quando ho incontrato Valentino, anche io ero reduce da un momento della mia vita che mi ha portato tanta rabbia, e questa cosa ci ha uniti parecchio. Quindi prima di tutto è nata l’amicizia, poi lui mi ha permesso di entrare in casa sua e di conoscere la sua famiglia che mi ha accolto molto calorosamente. Inoltre il fatto che girassi praticamente da solo, senza il fonico, con una telecamera molto piccola, mi ha permesso di essere molto discreto. Così facendo ho ripreso un sacco di materiale, ore e ore che poi è stato difficilissimo razionalizzare al montaggio, tanto che abbiamo quasi 20 versioni differenti del film.”
Per quanto riguarda la produzione, mi hai già detto che avete comprato il biglietto a credito, quindi immagino che sia stato difficile portare a termine tutto il progetto. Qual è stato il vostro iter?
“Siamo un gruppo piccolo, la Palzom Films, e negli ultimi anni ci eravamo specializzati in video corporativi business to business, lavoravamo per delle aziende tessili internazionali che ci mandavano in giro per il mondo a realizzare video promozionali. Con i soldi di questi lavori, siamo stati capaci di produrre il film, che è stato il primo progetto della casa di produzione. La vera chiave però è stata la collaborazione, abbiamo avuto il supporto di tantissime persone e insieme abbiamo capito, man mano che si procedeva nel lavoro, quale dovesse essere il passo successivo, andando avanti fino alla fine.”
Nel tuo lavoro precedente di filemaker avevi già palesato un interesse per raccontare le storie vere. Hai un amino da documentarista o c’è dell’altro?
“Ho l’interesse verso l’essere umano e la sua mente, per certi versi mi sembra di essere partito dalla fiction per poi essere approdato al documentario, ma il lavoro con gli attori mi sembra un punto di arrivo di un processo che rispetto totalmente, quello che mi interessa è il cinema, non mi sento un documentarista.”
Le musiche di O’ Cumpagn Mij firmate da Enzo Avitabile
Il film si fregia della collaborazione di Enzo Avitabile alle musiche. Come ci siete arrivati e com’è stato collaborare con un artista di fama tanto affermata?
“Anche in questo caso sono stati incontri fortunati. Lavorando al montaggio, stavo appoggiando le musiche di Avitabile come references, poi, a una festa, un mio amico Gonzalo Borondo mi ha presentato Giuseppe Grant architetto del collettivo Orizzontale, anche lui casertano. Gli ho parlato del film e lui mi ha raccontato che il padre aveva disegnato una copertina di un disco di Avitabile, da qui ho avuto il contatto del suo manager. Lui si è dimostrato da subito super interessato e ci ha dato il permesso di usare le sue musiche. Ci ha ospitati al suo concerto il 24 luglio, quando c’è stata anche la prima del film, a Villa Ada, mi ha preso la mano e, mentre io cercavo di ringraziarlo, era lui che ringraziava me per il film. È stata un’esperienza incredibile per me.”
In aria di Olimpiadi e di storie straordinarie, chiediamo a Matteo Dell’Angelo se il prossimo film si farà su Tamberi e Jacobs, i due atleti che nella giornata dell’1 Agosto 2021 hanno scritto la storia dello sport italiano vincendo rispettivamente l’Oro nel salto in alto e nei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Ma a quanto pare il prossimo progetto è già pronto, e si presenta davvero in maniera interessante: “Il prossimo film è già pronto. Durante la pandemia ci siamo interessati insieme alla regista romana Karen di Porto alla vita di un gruppo di clochard che vivono a Roma, tra Trastevere e via della Conciliazione. Questa volta ho raccontato una sfida con la propria mente, la possibilità di rialzarsi, davvero difficile; spesso quando si finisce per strada si subisce uno strappo quasi irrimediabile. Si intitola ‘Tutta mia la città’ e l’ho girato completamente durante la pandemia.”
In attesa di vedere questa nuova storia di Matteo Dell’Angelo, O’ Cumpagn Mij è disponibile su tutte le piattaforme di streaming.



Nei fumetti e nelle serie animate, Harley e Batman interagiscono molto più spesso rispetto a quanto visto nel DCEU: ad un certo punto, la Mattacchiona si è persino unita al Crociato Incappucciato nella lotta contro il crimine. Tuttavia, l’unica volta che li abbiamo visti insieme nel DCEU è stato all’inizio di
Una delle caratteristiche del personaggio di Harley è che non si arrende mai, neanche di fronte alle avversità. Una volta catturata e rinchiusa da Amanda Waller, Harley cerca di mantenere la calma. La vediamo leggere, bere tranquillamente una tazza di tè nella sua cella, esercitarsi sulle altalene.
Una volta che Harley fugge dalla sua cella per lavorare con il resto della Squadra Suicida, si comporta in modo diverso da alcuni di loro. El Diablo è preoccupato di usare i suoi poteri, per esempio, e anche Deadshot non sembra del tutto a suo agio.
Come dimostra
Durante il primo
Parlando sempre della storia d’amore di Harley con il Joker, la Mattacchiona annuncia la loro rottura in grande stile all’inizio di
Uno dei motivi per cui Harley è in definitiva un personaggio simpatico è grazie al fatto che è in grado di superare molte sfide, come infiltrarsi nella stazione di polizia e salvare Cassandra senza inutili spargimenti di sangue. Invece di usare proiettili o granate, Harley mette fuori combattimento i poliziotti con l’aiuto di sacchetti di fagioli, coriandoli o fumo.
Una delle scene più bravi ma estremamente significative che sottolinea la trasformazione di Harley è quando decide di tagliarsi i capelli. Harley accorcia le sue code di cavallo come segno della fine della sua storia d’amore con il Joker, pronta ad andare avanti e ad essere finalmente se stessa.
La squadra suicida più bizzarra di sempre
The Suicide Squad: da pedine sacrificabili a anti-eroi


Starro ha la particolarità di essere il cattivo che ha riunito la
Starro sembra una stella marina gigante, ma in realtà è un’entità aliena molto intelligente e potente. Ha origine dagli Star Conquerors, un’antica razza di esseri alieni che usano poteri di controllo mentale per conquistare i pianeti.
L’aspetto più spaventoso di Starro è il modo in cui riesce a controllare le altre persone. Starro è una creatura gigantesca (anche se in alcuni casi può cambiare dimensione) che genera migliaia di minuscole versioni di se stesso simili a stelle marine.
Oltre alla generazione di spore, Starro è anche dotato di poteri cosmici. Ha una vasta gamma di abilità che dovrebbero essere classificate tra quelle più potenti dei cattivi del DCEU. Gli aspetti più significativi dei poteri di Starro risiedono nella telepatia e nella telecinesi, cosa che non dovrebbe sorprendere data la sua stessa natura.
All’inizio degli anni ’90, Starro ottenne il suo più grande successo nella sua corsa alla conquista della Terra. Starro, che era rimasto intrappolato sulla Terra per qualche tempo, finalmente riesce a fuggire, o almeno così sembra. Rilascia milioni di spore in tutta Europa, prendendo il controllo praticamente dell’intera popolazione.

Starro era morto, ma la sua storia ha preso una delle sue svolte più eccentriche quando Batman coltiva una nuova versione del personaggio da un campione di tessuto dell’originale. Soprannomina questa versione in miniatura del personaggio “Jarro”, che ha debuttato in “Justice League #10” nel 2018.
A Jarro piace molto Batman e si identifica anche con lui, al punto che vuole diventare la nuova versione di Robin. E lo fa… o almeno, nella sua testa, in una divertente e commovente sequenza di “Justice League #29” del 2019.
Una delle versioni più spaventose di Starro nei fumetti è la Lanterna Rossa Starro. Ha debuttato nell’universo alternativo raffigurato in “Injustice: Gods Among Us: Year Four Annual #1”. Questa versione del personaggio è in possesso di un anello delle Lanterne Rosse ed è quindi un membro del Corpo delle Lanterne Rosse.

