Army of the dead si presenta come continuazione di un’idea di espansione dell’universo zombie di Zack Snyder, dopo esservici buttato a capofitto con L’alba dei Morti Viventi nel 2004. E’ in lavorazione anche una serie animata, un film spin-off sulle origini del personaggio di Ludwig Dieter (lo scassinatore del team di rapinatori/mercenari) e probabilmente verrà anche annunciato un sequel.
Army of the Dead si muove all’interno di una Las Vegas reinventata
La trama di Army of the dead muove le fila da un fortuito incidente, a causa del quale uno zombie fugge da un convoglio blindato e finisce per infettare l’intera Las Vegas. La capitale del Nevada è ormai diventata una città di zombie, fatta circondare dal governo da un muro di container metallici. Nessuno può quindi entrare, né uscire; inoltre, il governo ha deciso di bombardare la città entro due giorni, per eliminare così ogni presenza di zombie ancora vaganti tra i ruderi. Siamo però pur sempre a Las Vegas, e nei sotterranei dei casinò è nascosta una fortuna: entrano quindi in gioco un gruppo di mercenari, a cui spetta il compito di (ri)entrare a Las Vegas, fare breccia nel caveau e fuggire col malloppo. A capo della squadra troviamo Scott Ward (Dave Bautista), che porta ancora addosso le ferite della guerra persa contro gli zombie.
E’ usuale per Snyder presentare titoli di testa accattivanti, che riassumono il tono generale del film e le tematiche che mira ad approfondire. Egli punta infatti all’estetica assolutamente centrata, con corpi scultorei e marmorei da riprendere da ogni angolazione: questo consente a Snyder di lavorare sulle criticità che questi riportano, sui “flaws” che possono ridimensionare queste figure di spicco. Bautista viene presentato come l’elemento chiave che dovrebbe far funzionare il film, eppure viene relegato a spettatore quasi passivo che introduce, assieme al personaggio di Lily/Coyote (Nora Arnezeder), i membri della squadra dentro una Las Vegas reinventata. Gli zombie sono confinati in questo perimetro e non hanno mai varcato i confini: sono guidati dagli Alfa, i più evoluti e intelligenti, capaci anche di procreare e generare una nuova stirpe.
Snyder fa suo il materiale condotto già brillantemente da George A. Romero, inserendo un tocco moderno in pieno stile 28 Giorni Dopo o Train To Busan (2016) dalla Corea. I risultati non tardano ad arrivare, con make up ed effetti curati per quanto riguarda la minaccia interna e ambientazione nel complesso, ma si notano chiaramente i limiti di budget (circa 80 milioni concessi da Netflix): ripresa perlopiù statica che ritrae solo un soggetto alla volta, con giochi inutili di messa a fuoco e sfondo mai definito, fotografia calda ma molto accesa, quasi come ci fosse un seppia ad inondare il girato.
I personaggi secondari, che dovrebbero supportare il lavoro svolto da Dave Bautista come lead character, vengono sacrificati barbaramente in favore del gorefest che tanto fa gola agli amanti degli zombie movie. Nel complesso, notiamo qualche intuizione riuscita nel tentativo di generare il twist della squadra col destino segnato già dal principio (una vera Suicide Squad per intenderci, andando a prelevare dall’universo dei supereroi DC al cinema), però nulla di encomiabile che faccia gridare al film compatto, quadrato, pronto a riservarci sorprese e reinterpretazioni di spicco.
Un popcorn movie citazionistico
Snyder è qui in vesti di factotum, si è sbizzarrito nel mescolare differenti generi cinematografici, tra cui spiccano l’action, il war movie, il western e, soprattutto, l’heist movie, il tutto chiaramente calato in un contesto apocalittico. E’ praticamente impossibile proporre qualcosa di incisivo ed originale nel contesto degli zombie-movie, uno dei sottogeneri più abbracciato in diverse epoche dal cinema: è difficile per chi si cimenta col suddetto genere risultarne innovatori e ciò che ci viene restituito non è altro che un pastiche, una mescolanza senza soluzione di continuità di topoi caratteristici del genere cuciti forzatamente addosso al nuovo millennio. Army of the Dead si riempie di citazioni (da Il Pianeta della Scimmie ai carpenteriani 1997: Fuga da New York e Fantasmi su Marte), qualche omaggio (vedi la bandana rossa indossata dal personaggio di Chambers che ricorda quella indossata da Vasquez in Aliens – Scontro finale) e un’ultra-cinetica successione di sequenze adrenaliniche che puntano a uno show balistico e splatter di grande effetto.

La confezione d’impatto tenta di tamponare le lacune di una scrittura debole, soprattutto tramite l’inserimento di tracce musicali, benchè queste sortiscano l’effetto opposto: infatti la soundtrack – che ripropone celebri brani come Zombie dei Cranberries, Did You Really Want to Hurt Me dei Culture Club o Bad Moon Rising di Theo Gilmore– cerca di parlare da sé senza tuttavia sviluppare una sceneggiatura adeguata, con brani cantati che prendono il posto della psiche di personaggi monodimensionali. I pezzi in questione vorrebbero indicare lo stato sofferente di protagonisti che si scontrano con una minaccia decisamente più forte di loro, eppure non si trova nessuna giustificazione convincente dal punto di vista dell’arco di trasformazione dei personaggi all’inserimento di determinati brani.
L’estesa durata del film non è giustificata da reali esigenze drammaturgiche: non vi sono sviluppi, stratificazioni o risvolti tanto rilevanti da estendere il plot cosi a lungo. Army of the dead si configura quindi meramente come popcorn movie, incentrato sull’intrattenimento a buon mercato, piuttosto che sulla sostanza. Una pellicola dalle tinte fumettose e ludiche, per chi sposa il cinema di Snyder.





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La dimensione del mistero non riesce dunque ad essere sostenuta da una tensione significativa e non riesce a svettare completamente, se non per l’intuizione del percorso di riappropriazione della memoria di Liz, memoria nebulosa avvolta dall’ipersonno e dalla mancanza di consapevolezza del proprio essere. Una rilettura della pandemia che cerca di configurarsi come una commistione di genere ambiziosa, tuttavia derivativa e piuttosto approssimativa nel suo epilogo. Il bozzolo della crisalide che avvolge la protagonista la ricopre anche metaforicamente nel finale, che rappresenta una chiusura narrativa ulteriore, ben lontana da alcune riflessioni affascinanti, come la teoria delle emozioni, impulsi chimici che rappresentano reazioni alle esperienze e, in quanto tali, possono essere conservate come memorie muscolari e trasformate in dati.


Lei è un’agente delle Forze Speciali degli Stati Uniti e lavora in una divisione segreta che si occupa di sorvegliare e tenere sotto controllo i vari reami. Nel videogioco, la sua missione è quella di collaborare con Jax per sconfiggere Kano. Nel film sarà invece colei che aprirà a Cole la porta del Mortal Kombat, il torneo al quale lui è stato chiamato a partecipare. Ha anche un conto in sospeso con Kano, che all’inizio del film è suo prigioniero. È interpretata da Jessica McNamee.
Nel videogioco, Kano è il capo del clan del Dragone Nero, e per questo ricercato dalla squadra speciale di Sonya Blade e Jax. È sicuramente uno dei cattivi, sebbene sia un cattivo “collaterale”. Nel film è più o meno lo stesso personaggio, con un conto in sospeso con Sonya, in particolare e un pessimo rapporto con Jax. All’inizio della sua avventura è particolarmente vicino ai nostri eroi, salvo poi rivelare la sua natura più autentica e pagarne il prezzo. È interpretato da Josh Lawson.
Senza dubbio si tratta di uno dei personaggi più affascinanti del gioco, nonché di uno dei più famosi, insieme a Scorpion e Raiden. È lui infatti il più amato dai videogiocatori ed è l’unico che è presente in ogni singola declinazione del franchise, tra episodi del gioco, film e serie tv. Nella continuity, diversi personaggi hanno preso il mantello di Sub-Zero e per questo ha una identità stratificata, tuttavia, ultimamente descritto come uno dei discendenti dei Criomanti, un’antica razza di persone capaci di controllare il potere elementale del ghiaccio in varie forme.
Jackosn Briggs, noto come Jax, è un soldato americano di grado maggiore a quello di Sonya Blade. I due fanno parte della stessa squadra e devono neutralizzare Kano. Nel film, Jax è un agente che è alla ricerca dei marchiati, coloro che alla nascita sono stati toccati dal destino per essere i concorrenti della Terra nel Mortal Kombat. Nonostante sia presto spodestato dal centro della scena, il suo personaggio è molto divertente, nel film. È interpretato da Mehcad Brooks.
Nel videogioco, Raiden è uno dei giocatori più forti in assoluto. Nella narrativa classica, fa parte delle forze del bene e rappresenta il dio del tuono, mandato sulla Terra dagli Dei anziani per proteggere il genere umano minacciato da malvagi come Shang Tsung e Shao Kahn. È lui che organizza il torneo di Mortal Kombat. Nel film, il personaggio viene fregiato dell’appellativo di Lord Raiden ed è il leader dei campioni della Terra, nonostante sia una dività di un altro mondo. A lui si rivolgono Cole e gli altri per essere addestrati e trovare il proprio arcana, l’abilità sovrumana che consente ad ogni partecipante al torneo di essere un guerriero formidabile. È interpretato da Tadanobu Asano.
Arcistregone di Shao Khan originario dell’Earthrealm. Si tratta del leader della fazione avversaria che vuole conquistare la Terra. Nel film è proprio il leader della squadra dei villain e mostra a tutti la sua terrificante abilità, il suo arcana, ovvero risucchia le anime degli avversari per rimanere giovane. È interpretato da Ng Chin Han.
Si tratta di uno dei personaggi principali dell’intera serie e la sua ispirazione è inequivocabilmente debitrice a Bruce Lee, del quale riprende aspetto e abilità. Nel film è un monaco Shaolin dell’Accademia Wu Shi che partecipa al torneo su richiesta di Raiden. Il suo arcana è molto potente e affascinante, dal momento che Liu controlla il fuoco e sarà colui che condurrà Cole, Sonya e Kano da Raiden, oltre ad essere quello che salva la vita a Jax dopo il suo scontro con Sub-Zero. È molto legato a Kung Lao, che considera un fratello, e con lui fa parte delle schiere dei campioni della Terra, prima che Cole, Sonya e Jax si uniscano a loro. È interpretato da Ludi Lin.
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