È stata la sera di Valerio
Mastandrea all’Ischia Film Festival 2019. L’attore romano
ha infatti ritirato il premio alla carriera e ha avuto ben tre film
in cartellone, a partire dalla sua opera prima da regista,
Ride, che ha presentato al pubblico insieme alla
protagonista, Chiara Martegiani, un’opera, ha
detto Mastandrea “in cui c’è tanto rispetto per il pubblico, una
storia piccola, silenziosa e molto autentica”. Un film difficile
per entrambi, essendo una coppia nella vita. “Lavorare in coppia
non mi era mai successo, la notizia che la volevo protagonista del
film gliel’ho data proprio a Napoli, a cena, lei era commossa e io
avevo i conati di vomito per il nervosismo. Siamo una coppia e
abbiamo un rapporto schietto e privo di filtri. Sul set
si sono divertiti tutti, tranne noi”. Una preoccupazione che
aveva anche l’attrice, ma per altre ragioni. “Ce la farò? è stato
il primo pensiero, e me lo chiedo ancora. Il personaggio era
complesso e tutti i giorni dovevo confrontarmi con Valerio che mi
chiedeva molte cose, era difficile stargli dietro. Ne abbiamo
parlato molto, mi ha chiesto di affrontare la mia Carolina in
maniera istintiva, ma sapendo bene chi fosse lei, che aveva molte
oltretutto molte cose in comune con Valerio e dovevo rubare da lui
per fare mio il personaggio”. Un fillm che l’attore voleva
fare da tempo. “Ride lo avevo in mente da 15 anni, avevo letto
tante interviste a donne che avevano perso qualcuno per un
incidente sul lavoro, quando la stampa aveva iniziato a parlarne
quasi tutti I giorni. Il lavoro e morire di lavoro è una costante
nella nostra cultura. Il concetto stesso di lavoro è cambiato, una
volta era affermazione, oggi è come andare in guerra, per il
precariato e per lo scarsissimo interesse verso l’essere umano.
L’attuale media di morti bianche è di 3,12 al giorno, quando girai
il primo cortometraggio sul tema era 3,87”.
Dopo Ride, Mastandrea ha introdotto
anche Domani è un altro giorno in compagnia del
regista Simone Spada, commedia di amicizia e
malattia in cui divide la scena con Marco
Giallini, un film “dedicato proprio a Marco, mi sono messo
al servizio di questa storia facendo assist a lui. E fare un
assist è più bello che segnare. Volevo fare questo viaggio con lui
per capirne l’importanza non solo a livello professionale”.
Spada ha aggiunto: “Domani è un altro giorno è il remake di
un bellissimo film spagnolo, Truman, ma con
Valerio e Marco abbiamo sconvolto il copione per renderlo nostro.
Loro sono attori particolari che vanno sull’istinto. C’è molto di
loro dentro, soprattutto un aspetto malinconico ironico che in
truman non ‘è. E almeno un paio di scene del film sono venuti fuori
da loro due, senza che io dovessi fare niente”.
Ieri c’è stata anche la
proiezione evento del film La Banda
Grossi di Claudio Ripalti. Storia vera del brigante
ottocentesco Terenzio Grossi e della sua banda di fuorilegge, la
cui trasposizione cinematografica è stata fortemente sostenuta
dalla Regione Marche, dalla Marche Film Commission e dalla
Fondazione Cultura Marche. “È importante” ha commentato Rosanna
Rosi delle Attività Produttive, Lavoro, Turismo e Cultura
della Regione Marche “che le istituzioni valorizzino i
territori attraverso il cinema, non solo finanziando la
produzione cinematografica, ma anche proponendo itinerari turistici
per vivere da protagonisti le storie più affascinanti dei film
ambientati in un determinato territorio. Questo lo stiamo facendo
da diverso tempo con la Regione Marche». Una grande sfida, quindi,
nel campo del cineturismo, come grande è stata anche quella di
Camillo Marcello Ciorciaro. «Interpretare Terenzio Grossi– ha
raccontato l’attore alla platea- è stato un’ esperienza bella
e speciale, anche per avere scoperto una terra meravigliosa come le
Marche”.
Avengers:
Endgame ha messo un punto ad una storia che andava
avanti da più di dieci anni, il mondo è cambiato e a
Spider-Man: Far From Home tocca il compito di
farci vedere come è il nuovo mondo senza Iron Man, con
Thanos sconfitto e Captain America rimasto indietro nel
tempo.
Spider-Man: Far From
Home è il film
che ci fa ricominciare, nonostante sia l’ufficiale chiuda della
Fase 3, che ci fa digerire ciò che è successo e ci fa andare
avanti, verso nuove storie e tutto un nuovo Marvel Cinematic
Universe. Al cinema dal 10 luglio,
questo nuovo capitolo diretto da Jon Watts
riprende non solo la storia post
Endgame, ma ci fa giustamente tornare alla vita del liceale
Peter Parker, tra problemi a scuola e turbe
amorose.
Spider-Man: Far From Home segna il ritorno di Peter Parker
Peter Parker (Tom
Holland) è molto triste dopo la morte di Tony Stark
(Robert Downey
Jr.) e si domanda chi potrebbe prendere il suo
posto, ma soprattutto è molto stanco di portare il mondo sulle sue
spalle, così, con l’occasione di un viaggio in Europa con la
scuola, decide di lasciare a casa la sua tutina da ragno per
prendersi una vacanza anche dal suo alter-ego. Peccato però che i
guai lo seguano fino a Venezia, quando un Nick Fury (Samuel
L. Jackson) molto arrabbiato perché ignorato, chiede
aiuto a Peter per sconfiggere una nuova minaccia per la terra: gli
Elementali, aria, fuoco, terra e acqua.
Insieme a Fury e Maria Hill
(Cobie
Smulders), Peter conosce Quentin Beck (Jake
Gyllenhaal), rinominato Mysterio, un nuovo supereroe
arrivato da un altra terra, che già conosce e ha già sconfitto
questa minaccia. Ma Peter ha un altro piano, che non riguarda
ragnatele e elementi impazziti da fermare, ma coinvolge MJ
(Zendaya)
a cui vorrebbe dichiarare il suo amore sulla cima della Torre
Eiffel.
Come nel primo capitolo del 2017
Spider-Man:
Homecoming, il tono del film è divertente, leggero e
Peter trova nel suo amico Ned (Jacob Batalon) e
nei professori e amici, perfette spalle per risate a cuore leggero.
Ma non scordiamoci che siamo in un mondo in cui non c’è più
Iron-Man e per tutto il film questa cosa ci viene
ricordata: sui muri delle città, in altarini improvvisati in giro
per le strade ma soprattutto nella mente e nel cuore di Peter, che
si trova spesso perso senza il suo mentore, colui che ha creduto in
lui da subito e che ora gli porta dubbi esistenziali. Senza fare
spoiler, questo nuovo capitolo ci fa vedere come Peter sia alla
disperata ricerca di una figura paterna, che lo porta a fidarsi e
confidarsi con tutti, da Nick Fury a Happy Hogan (Jon
Favreau) fino al nuovo amico Quentin Beck.
Ed è proprio con Beck che si
instaura una vera e propria bromance che appassiona, forse merito
del carisma di Jake Gyllenhaal, che anche in un ruolo del
genere, nuovo per lui, riesce a dare tutto se stesso, portando
sullo schermo un personaggio dalle mille sfaccettature. Tom Holland si conferma un ottimo Spider-man,
un ragazzo dalla faccia pulita ma che sa cosa vuole, quando riesce
finalmente a capirlo mentre combina un sacco di guai. Certo il
tirarlo fuori dal suo quartiere gli ha creato non pochi problemi,
facendogli assaporare tutte le culture di un Europa stereotipata,
tra gondole, galline, contadinelle e tifosi di calcio pazzi (e una
colonna sonora divertentissima adatta ad ogni tappa del film!).
Infine anche Zendaya
è riuscita a costruire una MJ che risulta inevitabilmente
simpatica, dall’umorismo tagliente e i riferimenti molto dark,
rendendola un personaggio essenziale per il film.
Tutto è orchestrato alla
perfezione, tra colonna sonora divertente e nostalgica, un’amore
adolescenziale degno delle migliori teen-comedy, effetti speciali
notevoli (c’è una sequenza in particolare che confonderà la mente e
vi farà venire un ansia pazzesca!) e nuovi scenari che non sono i
grattacieli di New York ma cattedrali e turisti.
Senza dubbio, Jon
Watts si sarà divertito molto con questo secondo capitolo
di Spidey, perfetto blockbuster estivo, sorprendendo alle spalle il
pubblico in diversi momenti e destreggiandosi con un supereroe allo
sbaraglio che deve ricominciare da capo imparando a capire il suo
posto in questo mondo.
ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU
SPIDER-MAN: FAR FROM HOME
Presentato nei trailer come un
alleato di Peter Parker nella lotta agli Elementali, Quentin Beck
aka Mysterio è uno dei
personaggi principali di Spider-Man: Far
From Home oltre che uno dei villain più celebri dei
fumetti sull’Uomo Ragno.
Ma quali sono stati i cambiamenti
apportati dai Marvel Studios per la versione
cinematografica interpretata da Jake
Gyllenhaal?
Maestro delle illusioni
Inizialmente introdotto come il
nuovo eroe di cui il mondo ha disperatamente bisogno dopo la morte
di Iron Man, Mysterio si rivela essere più fedele
di quanto pensavamo all’originale dei fumetti ispirandosi
alla prima apparizione sulle pagine della Marvel Comics (anche se la spiegazione della
realtà alternativa da cui proviene si riferisce alle nuove
storie).
La versione
Ultimate di Mysterio infatti sta usando un avatar
di se stesso in un altro universo e tutte le sue abilità sono
semplicemente illusioni. La fonte è diversa (nel film lo spettacolo
viene riprodotto grazie a dei droni-proiettori governati a
distanza) ma l’effetto finale è molto simile.
Al contrario invece il Mysterio del
MCU non ha uno stretto legame con l’industria cinematografica come
l’originale, ma appare più come il direttore di una compagnia che
lo sostiene e aiuta nel suo piano malvagio.
Il suo passato con Tony Stark
Diversamente dai fumetti, il Quentin
Beck di Far From Home non è solo un esperto di
effetti speciali che ha sposato il “lato oscuro”, ma uno dei tanti
inventori che lavorarono con Tony Stark alla creazione della
tecnologia BARF (la cui dimostrazione veniva
fornita all’inizio di Captain America:
Civil War).
In realtà, ci dice il film, fu
proprio Beck a ultimare gli studi sugli ologrammi e non Stark, e il
fatto che il Vendicatore si sia preso i meriti di qualcun altro
sembra aver scatenato la sua rabbia tanto da essere licenziato per
il carattere “instabile”. Da qui il piano escogitato per rubare la
gloria di Tony dopo la sua morte in Avengers:
Endgame.
Fanno parte di questa crociata anche
vecchi personaggi del MCU che in qualche modo hanno incrociato la
strada dell’eroe.
Morto per sempre?
Jake Gyllenhaal is Mysterio in Columbia Pictures’ SPIDER-MAN: FAR
FROM HOME.
Nei fumetti Mysterio muore alla fine
della trama di Daredevil Guardian Angel,
sparandosi alla testa. C’è un riferimento a questo evento anche nel
MCU, dove Beck sembra vittima del colpo sparato dai suoi droni,
tuttavia l’idea che possa tornare in futuro non è da escludere.
E se anche stavolta avesse finto di
morire? Il sistema operativo EDITH (quello degli
occhiali di Tony Stark) conferma a Peter che non si tratta di un
inganno ma della verità, ma sappiamo anche che, tecnicamente, Beck
non ha mai perso i poteri di amministratore del conegno. Magari ha
istruito il programma dicendogli di mentire in caso di morte…
Passare dall’anonimato più assoluto
al diventare protagonista di un importante franchise
cinematografico può scatenare un senso di pressione mista a
inadeguatezza denominato “sindrome dell’impostore”, e le persone
affette da tale convinzione sono convinte di non meritare il
successo ottenuto. Della stessa idea era Daisy
Ridley, che prima di entrare nei panni di Rey in
Star
Wars: Il Risveglio Della Forza aveva all’attivo
sporadiche comparsate in tv e poco altro.
Talmente sopraffatta dall’esperienza
sul set di Episodio VII, l’attrice aveva quasi
deciso di abbandonare dopo la fine delle riprese, come dichiarato
nella nuova puntata del podcast di Josh Horowitz Happy Sad
Confused:
“Fu abbastanza orribile e
spaventoso. Mi sentivo male e non conoscevo ancora nessuno.
Purtroppo mi ci vuole davvero tanto tempo per sistemarmi e
ambientarmi con le persone, e ricordo un momento in cui ero su uno
speeder e c’era un sacco di gente sul set che mi teneva un ombrello
sulla testa…pensavo ‘Oh, qualcuno fa questo per me? Non posso
farlo, non è giusto“.
Fortunatamente così non è stato, e
l’attrice è tornata a interpretare l’eroina dalle origini
misteriose anche nei successivi capitoli, compreso Episodio IX: L’ascesa Di
Skywalker, atteso nelle sale il prossimo dicembre.
L’Ascesa di
Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia
del franchise diretto da J.J. Abrams,
arriverà nelle sale a dicembre 2019.
Nel cast Daisy
Ridley, Oscar
Isaac, John
Boyega, Kelly Marie
Tran, Naomi
Ackie, Joonas Suotamo,Adam
Driver, Anthony Daniels, Billy
Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall
Gleeson, Billie Lourd e il veterano del
franchise Mark Hamill. Tra le new entry
c’è Richard E. Grant.
Il ruolo di Leia Organa sarà
interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del
girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della
Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie
Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato
una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la
sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né
mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la
benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di
onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX,
usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio
VII.”
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, le teorie sul significato del titolo
Penultimo giorno dell’Ischia Film
Festival 2019 all’insegna del grande cinema civile. Prima di tutto
grazie alla presenza di Alessandro Borghi, David
di Donatello quest’anno per Sulla mia pelle, il
film che racconta la storia tragica di Stefano
Cucchi e che lo stesso attore presenterà al pubblico,
ritirando dalle mani di Michelangelo Messina e
Boris Sollazzo, direttori artistici del festival,
il prestigioso Ischia Film Award.
Claudio Giovannesi
porta invece al Castello Aragonese La paranza dei
bambini, tratto dal romanzo di Roberto
Saviano e vincitore del premio per la migliore
sceneggiatura all’ultimo Festival di Berlino. Insieme a lui proprio
lo sceneggiatore Maurizio Braucci. E restando al
cinema italiano, Un giorno all’improvviso è una delle più piacevoli
sorprese di questa stagione cinematografica, con protagonista una
magnifica Anna Foglietta.
Per il concorso internazionale, è
la volta del potentissimo Angela, del regista colombiano Agamenon
Quintero, storia di una ragazzina quindicenne la cui verginità
viene venduta dalla famiglia a un ricco proprietario terriero nella
Colombia degli anni Cinquanta.
A proposito di concorsi, tra i
partner di quest’anno dell’Ischia Film Festival c’è anche Mini, il
leggendario marchio automobilistico britannico, che proprio nella
sera del 5 luglio presenta il cortometraggio Una tradizione di
famiglia, piccolo film nato all’interno di MINI FILMLAB, il
progetto di MINI sviluppato in partnership con OffiCine, (progetto
culturale nato dalla collaborazione di Anteo e IED Istituto Europeo
di Design), dedicato a giovani filmmaker, con la Supervisione
Artistica del regista Silvio Soldini. MINI FILMLAB è il contenuto
principale dell’attività MINI MOVES CINEMA che celebra, per il
secondo anno consecutivo, la rinascita del legame tra il cinema e
il brand britannico.
Una tradizione di famiglia racconta
nei toni freschi e attuali quel mondo di emozioni e valori che
costituisce l’essenza stessa di MINI.
Il film è ispirato a “60 years of
now”, il sessantesimo anniversario dal lancio della piccola auto
britannica, divenuta nel tempo un’icona tradizionalmente
contemporanea. Diretto da Giuseppe Cardaci, Una tradizione di
famiglia è la storia di due sorelle, che dopo la scomparsa
prematura della madre, litigano in occasione del sessantesimo
compleanno del padre, non sapendo se proseguire o abolire la
tradizione di famiglia. Finiranno per aggiornarla in un modo buffo
e irrituale. I tre protagonisti sono Matilde Gioli, di cui
ricordiamo lo sfolgorante esordio ne Il Capitale Umano di Paolo
Virzì, Ivano Marescotti ed Erica Del Bianco. L’appuntamento con Una
tradizione di famiglia, che sarà introdotto dal regista e da Erica
Del Bianco, è alle 21:25 alla Cattedrale dell’Assunta.
Venerdì 5 Luglio Piazzale delle Armi
Ore 20:45 “Parliamo di Cinema” con Alessandro Borghi
Ore 21:05 Sulla mia pelle di Alessio Cremonini
Ore 22:45 “Parliamo di Cinema” con Romano Montesarchio e
Gaetano Di Vaio
Ore 23:05 So sempe chille di Romano Montesarchio
Cattedrale dell’Assunta
Ore 20:45 “Parliamo di Cinema” con Alvaro Vitali
Ore 21:05 Vivi la vita di Valerio Manisi
Ore 21:25 “Parliamo di Cinema” con Erica del Bianco e Giuseppe
Cardaci
Ore 21:45 Una tradizione di famiglia di Giuseppe Cardaci
Ore 21:55 “Parliamo di Cinema” con Claudio Giovannesi e
Maurizio Braucci
Ore 22:15 La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi
Casa del Sole
Ore 20:45 “Parliamo di Cinema” con Vincenzo Caiazzo
Ore 20:55 Il diario di Carmela di Vincenzo Caiazzo
Ore 22:25 “Parliamo di Cinema” con Farhat Qazi
Ore 22:35 Allahu Akbar di Farhat Qazi e Farhan Alam
Carcere Borbonico
Ore 20:45 “Parliamo di Cinema” con Ciro D’Emilio e Fabio De
Caro
Ore 21:00 Un giorno all’improvviso di Ciro D’Emilio
Ore 22:25 “Parliamo di Cinema” con Alessandro Soetje e Daniel
Kihlgren
Ore 22:45 La nostra pietra di Alessandro Soetje
Terrazza degli Ulivi
Ore 21:00 “Parliamo di Cinema” con Agamenon Quintero
Ore 21:15 Ángela di Agamenon Quintero
Ore 22:50 El cuarto reino di Alex Lora Cercos e Adán
Aliaga
ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU
SPIDER-MAN: FAR FROM HOME
Come sottolineato già dal titolo
del film, il presupposto narrativo di Spider-Man: Far From
Home è il viaggio in Europa di Peter Parker e dei suoi
compagni di scuola subito dopo lo schiocco di Iron Man che ha
ripristinato l’equilibrio del mondo alla fine di Avengers:
Endgame. E sull’aereo che porterà i ragazzi a Venezia
(prima tappa del tour), Peter inganna il tempo guardando un film
nella ricca selezione di documentari disponibili, ognuno dei quali
ha a che fare con un aspetto dell’universo cinematografico Marvel.
Tra questi, inquadrati velocemente
dal film, figurano i titoli The Snap,
Finding Wakanda, Hunting Hydra e
Nova, ma la locandina di quest’ultimo non presenta
nient’altro che la foto del fisico più famoso del MCU: Erik
Selvig (interpretato da Stellan Skarsgård).
Che si tratti di un semplice easter
egg o di un’anticipazione dell’arrivo di un film interamente
dedicato a Richard Rider resta un mistero. Sappiamo che i Marvel
Studios amano seminare nel corso dei loro cinecomic piccoli indizi
su storie e personaggi dei fumetti, alcuni dei quali nemmeno
sfruttati in futuro, ma voci sempre più insistenti trapelate lo
scorso maggio danno per certo l’ingresso del supereroe (forse nella
Fase 4).
A quanto pare infatti il team
creativo di Kevin Feige potrebbe già essere al
lavoro su uno standalone, e se ricordate era stato lo stesso
presidente dello studio a rivelare che Richard Rider figurava tra i
supereroi con il “potenziale più immediato” per via della sua
connessione con l’universo dei Guardiani della
Galassia e per gli spunti interessanti provenienti dai
fumetti originali.
Dunque gli scenari possibili sono
due, nel caso questa voce venisse confermata: nel primo, Gunn
introdurrà Nova come eroe partecipante alle avventure nello spazio
di Guardiani della Galassia Vol.3, andando a
complicare le teorie circa la
struttura di un film con il vecchio cast e
Thor (che si è unito al team dopo Endgame),
mentre nel secondo lo studio svilupperà un titolo indipendente con
Rider protagonista assoluto e maggiori libertà di movimento per la
trama.
Diretto ancora una volta da
Jon Watts,
Spider-Man: Far From Homeè
arrivato nelle nostre sale il 10 luglio. Confermati nel cast del
film il protagonista Tom
Holland nei panni di Peter Parker, Marisa
Tomeiin quelli di zia May e Zendayain
quelli di Michelle,Samuel
L. Jacksonin quelli di Nick Fury
e Cobie
Smuldersin quelli di Maria Hill.
Jake
Gyllenhaal interpreterà invece Quentin
Beck, aka Mysterio, uno degli antagonisti
più noti dei fumetti su Spidey.
Di seguito la sinossi ufficiale:
In seguito agli eventi di
Avengers: Endgame, Spider-Man deve rafforzarsi per affrontare
nuove minacce in un mondo che non è più quello di prima. ‘Il nostro
amichevole Spider-Man di quartiere’ decide di partire per una
vacanza in Europa con i suoi migliori amici Ned, MJ e con il resto
del gruppo. I propositi di Peter di non indossare i panni del
supereroe per alcune settimane vengono meno quando decide, a
malincuore, di aiutare Nick Fury a svelare il mistero degli
attacchi di creature elementali che stanno creando scompiglio in
tutto il continente.
Mentre si attendono conferme sulla
misteriosa ambientazione dello standalone su Vedova
Nera, il film targato Marvel Studios attualmente in
produzione tra Regno Unito e Ungheria, sembra ufficialmente sfumata
la possibilità di rivedere in azione uno dei personaggi chiave del
percorso di Natasha Romanoff nel MCU. Ma di chi parliamo?
Intervistato durante il tour
promozionale di Spider-Man: Far
From Home (ultimo capitolo della Fase 3),
Samuel L. Jackson ha dichiarato che Nick
Fury non comparirà nel film con Scarlett
Johansson, contrariamente alle teorie circolate in rete
negli ultimi mesi:
“Natasha è sempre stata la
preferita di Fury perché è lui ad averla reclutata“, confessa
l’attore, “Ma posso dirvi che non sono nella sua origin story,
anche se è il personaggio che mi è stato più vicino in quel
gruppo“.
Niente è scontato quando si tratta
dell’universo cinematografico Marvel, ma se davvero le avventure in
solitaria di Natasha saranno ambientate prima di Avengers:
Infinity War, ci sarebbe ancora l’occasione per giocarsi
la carta Fury anche solo per un piccolo cameo.
Nel tempo si sono alternate varie
teorie e indiscrezioni, e una parte c’è chi pensa che il film sarà
un prequel i cui eventi hanno luogo prima di Iron Man
2, dall’altra voci di corridoio suggeriscono che possa
svolgersi addirittura dopo gli eventi di Captain America:
Civil War, e non alla fine degli anni Novanta. Quale
sarà la risposta definitiva?
Vi ricordiamo che il film vedrà
Scarlett
Johansson di nuovo protagonista nei panni di Natasha
Romanoff, il personaggio introdotto nel MCU da Iron Man
2. Il titolo di lavorazione è “Blue Bayou” e in regia c’è
Cate Shortland, seconda donna (dopo Anna Boden di
Captain Marvel) a dirigere un titolo dell’universo cinematografico
Marvel.
La sceneggiatura è stata riscritta
nei mesi scorsi da Ned Benson (The
Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme alla Johansson ci
saranno anche David Harbour, Florence
Pugh, e Rachel Weisz, ma i loro ruoli non
sono stati ancora rivelati.
Al momento non ci sono ulteriori
aggiornamenti sul film, né sui personaggi o le direzioni della
trama. Lo studio è invece determinato a mantenere la massima
segretezza intorno al progetto che, come saprete, rivedrà la
Johansson nei panni della spia sovietica Natasha Romanoff
presumibilmente prima degli eventi che l’hanno portata a diventare
un membro del team dei Vendicatori.
Ospite alla XIV edizione del
Sardinia Film Festival, Luca
Raffaelli, giornalista, saggista e sceneggiatore italiano
esperto di fumetti e animazione, ha presentato la nuova edizione
aggiornata di Le anime disegnate, volume
fondamentale per chiunque voglia approcciarsi alla storia e alla
filosofia del cinema d’animazione, sia da appassionato che da
addetto ai lavori.
Pubblicato inizialmente nel 1994, la
nuova edizione (Tunuè) presenta un lavoro
importante di integrazione con tutto ciò che è accaduto nel cinema
d’animazione negli ultimi 25 anni.
Chiediamo a Luca Raffaelli:
rimettendo mano a questo lavoro, sei ancora d’accordo con il te del
’94?
“Questa è la terza edizione del
libro e ogni volta che l’ho aggiornato mi sono sempre trovato
d’accordo con me, questo mi fa piacere sia dal punto di vista
lavorativo che personale. L’idea del libro è nata durante un
viaggio in Giappone, io, che non ero un amante del cinema
d’animazione giapponese, ho avuto la possibilità di scoprire come
quest’ultimo non fosse realizzato né con il computer né dal
computer, come si diceva, e poi quanto fosse realmente amato dai
giovani spettatori italiani. Era il 1985, e, negli studi
d’animazione, ho visto scatole di lettere che i giapponesi non
sapevano decifrare, ed erano tutte di giovani ammiratori italiani
che si lamentavano del fatto che i loro genitori non gli
permettessero di guardare i loro cartoni animati ed esprimevano il
desiderio di andare a lavorare in Giappone a realizzarli.”
Chi oggi ha dai 30 ai 40
anni considera invece i cartoni animati giapponesi un culto, quando
è accaduto che la cultura occidentale ha accolto questo nuovo modo
di fare animazione?
“Gli anni ’80 sono stati pieni
di articoli di giornalisti che condannavano questi prodotti dicendo
che erano fatti dal computer e non a mano, per poter ipnotizzare
l’attenzione dei ragazzi italiani, perché il linguaggio di questa
animazione era totalmente diverso da quello che avevano visto i
ragazzi della generazione precedente. Se i cartoni americani sono
sempre stati sdrammatizzanti, quelli giapponesi erano invece
drammatizzanti. Abbiamo avuto per la prima volta non più
coniglietti o cagnolini che affrontavano la vita, ma dei ragazzi in
carne e ossa che spesso si disperavano per l’incomprensione che
ricevevano dal mondo e piangevano per la loro solitudine. Un
cambiamento epocale. Come capita molto spesso, quando un adulto
vede che i ragazzi si appassionano a qualcosa di completamente
diverso rispetto a ciò che hanno amato loro, pensano che la cosa
nuova sia sbagliata. Si pensa sempre che la maniera in cui siamo
cresciuti noi sia la maniera giusta per crescere.”
A conclusione del blocco
dedicato al cartone animato giapponese, ne Le Anime Disegnate, si
legge infatti che con questo nuovo linguaggio è il cartone animato
a parlare al giovane spettatore, non più il genitore.
“È stato proprio questo il
grande cambiamento del cartone animato giapponese. Mentre il
cartone animato americano in genere parlava ad un pubblico di
famiglie, perché era destinato al cinema, dai film Warner Bros di
Bugs Bunny a quelli di Topolino, fino ai classici Disney, quello
giapponese era un cartone animato televisivo che si rivolgeva ai
ragazzi, parlava proprio ai loro sentimenti, e questo ha
rivoluzionato il linguaggio del cinema d’animazione
popolare.”
Il libro è diviso in tre
grandi capitoli, ognuno dei quali espone una filosofia e ha un
titolo molto evocativo: Uno per Tutti, per il cinema a marchio
Disney; Tutti contro Tutti, per l’animazione “anti” Disney; Tutti
per Uno, infine, per l’animazione giapponese. Come sei arrivato a
questa razionalizzazione dell’enorme mole di materiale con la quale
ti sei confrontato?
“Quando ho deciso, di ritorno
dal Giappone, nel 1985, che bisognava scrivere qualcosa su questo
argomento, innanzitutto avrei dovuto documentarmi e guardare i
cartoni animati che non conoscevo, per capire quel mondo. Ma mi
sembrava che un libro dedicato solo a quello fosse troppo povero,
così ho cercato di capire in che maniera la filosofia del prodotto
giapponese fosse differente da quella americana. Così è venuta
fuori la distinzione tra le tre filosofie: Uno per Tutti è perché
il personaggio Disney è quello in cui noi ci identifichiamo, da
Biancaneve a Cenerentola, e attraverso il quale cerchiamo di
raggiungere la felicità, liberandoci dal male che ha colpito i
protagonisti. Tutti contro Tutti, invece, è una visione più laica,
i personaggi anti-disneyani non sanno bene dove sia la felicità,
sanno invece dov’è lo scontro e lo cercano per crearsi una
personalità, lo fa Bugs Bunny come lo fa Homer Simpson. In questo
scontro però non c’è redenzione, non c’è possibilità di felicità
eterna, fino ad arrivare alla massima espressione
dell’impossibilità di raggiungere le felicità, che è rappresentata
da Bojack Horseman. Invece, Tutti per Uno vede tutti i personaggi
che si rivolgono allo spettatore. E proprio così era una volta,
soprattutto in Giappone, dove la natalità è molto bassa, ci sono
tanti figli unici e dove tutti i personaggi cercano di consolare
questo bambino solitario davanti alla tv.”
Sembra quindi che il
discorso sull’animazione non possa prescindere dalla Disney, anche
solo per contrapposizione ad essa.
“Questo dipende da un fatto
storico. La definizione delle filosofie si ha con la nascita del
grande cartone animato industriale, alla fine degli anni ’20, e con
l’arrivo del sonoro. La produzione d’animazione precedente è molto
meno strutturata, basata sulla casualità di eventi e produzioni. La
Disney, per prima, dà una filosofia alla propria produzione, non
solo in senso di pensiero ma anche in senso di voler raggiungere la
qualità del cinema di Serie A. Poi arrivano gli anti-Disney, e solo
dopo troviamo i giapponesi con le prime produzioni televisive degli
anni ’60.”
Il libro è stato pubblicato
nel 1994, e nel 1995 è uscito Toy Story. Cosa hai
pensato quando hai visto per la prima volta quel film?
“Innanzi tutto che finalmente
l’animazione al computer aveva raggiunto quella dimensione che per
anni aspettavamo. Ho l’età che mi permette di poter dire che ho
cominciato a vedere le immagini generate all’interno di un computer
ad una lentezza incredibile. Io ho lavorato anche con Guido
Vanzetti, uno dei precursori dell’animazione al computer in Italia.
Sapevamo che prima o poi si sarebbe arrivati al lungometraggio
realizzato al computer, ed è formidabile come i maestri della Pixar
siano riusciti a rimodulare una disneyanità in linea con la
filosofia Disney ma compatibile con il rinnovamento dei tempi.
Certamente non era possibile continuare a fare Biancaneve e i Sette
Nani né era possibile continuare ad avere una struttura di un film
in cui il cattivo rompe l’equilibrio di personaggi che sono
fondamentalmente buoni. La Pixar ci ha dato prova di una capacità
di sviluppare la poeticità disneyana in maniera assolutamente
mirabile. Senza John Lasseter e compagni il cinema d’animazione
sarebbe stato molto più povero.”
Della tua professione hai
dichiarato che in te non esiste la parte di critico e la parte di
appassionato, ma esiste un’unità e questa si approccia alla visione
del film e poi al commento. Come fai a mantenere in equilibrio le
due parti?
“Forse c’è bisogno di un
allenamento per guardare le emozioni in maniera razionale, ovvero
di riuscire a scandagliare quello che si sta vivendo, non solo
quello che si è vissuto, in maniera da capire là dove l’emozione
tradisce la razionalità, e viceversa. Bisogna cercare di avere un
equilibrio, il giudizio di un film non può essere distaccato, deve
esserci la parte emotiva che ti dice se il film ti dà delle
emozioni o non te le vuole dare, se quindi raggiunge il suo scopo
oppure no. Però le emozioni che tu vivi, nel momento in cui le stai
vivendo, devono essere razionalizzate, cioè devi comprendere da che
cosa provengano, cosa te le sta facendo scatenare, diciamo che è
una visione anche psicoanalitica. Bisogna cercare di capire in che
maniera il film può dare emozioni ad altre persone, non solo a te
stesso.”
E non rischi di guardarti
l’ombelico parlando in questo modo di cinema?
“No, perché non guardo me
stesso, cerco sempre di riferirmi alla pellicola, tuttavia un
critico non è mai lontano da se stesso. Scrive sulla base di ciò
che ha ricevuto, e quello appartiene solo a lui perché ognuno
elabora le emozioni che riceve dall’esterno in maniera personale.
Bisogna cercare però di razionalizzare le emozioni, capirle, senza
venirne sopraffatti e allo stesso tempo cercando di non difendersi
troppo. Le emozioni da parte di un film devono arrivare, io stesso
spesso mi commuovo guardando dei film, ma questa commozione deve
essere capita. È per questo che il critico non può essere lontano
dall’appassionato e l’appassionato non può essere lontano dal
critico.”
Qual è invece lo stato
dell’animazione in Italia, sia al cinema che in
televisione?
“Ci sono dei segnali molto
positivi. Quello di Mad Entertainment è uno dei segnali più
importanti, è uno studio a Napoli che lavora con continuità, dopo
L’Arte della Felicità ha fatto Gatta
Cenerentola e adesso sta lavorando ad altri progetti
(The Walking
Liberty, ndr). È un fatto molto positivo che questi
film ricevano premi e che continuino a lavorare. In Italia c’è la
difficoltà di fare film d’animazione o serie televisive che non
siano rivolte a bambini o adolescenti, perché il maggior produttore
italiano del settore è la Rai che si rivolge a quel target. Credo
che questo sia un bel problema, perché l’animazione ormai si
rivolge ad un pubblico anche adulto, e si può permettere di
trattare tutti i temi della vita, come fanno anche molti autori di
cortometraggi che vanno per Festival. Sono tantissimi gli autori
che fanno grande animazione ma non sono aiutati. Bisogna trovare
più produttori coraggiosi che realizzano più film d’animazione
anche tenendo conto che la nuova legge sul cinema offre
all’animazione spazi interessanti. Esistono anche finanziamenti da
parte dello Stato che prima non erano previsti. Quindi,
rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di lavorare!”
Bisognerebbe riconoscere
all’animazione il ruolo di strumento e di linguaggio, non quello di
genere.
“Questo è importantissimo. Come
si fa a paragonare il lavoro di autori tanto differenti nel mondo
dell’animazione e metterlo tutto nella stessa categoria. Animazione
è anche Persepolis, anche Valzer con
Bashir, film che non hanno davvero nulla a che vedere con
i film per bambini.”
Edito da
Tunuè in questa nuova veste, Le anime
disegnate si fregia di una bellissima copertina ad opera
di Lorenzo Ceccotti, in cui la filosofia Disney e
quella dell’animazione giapponese si incontrano: la mano di
Topolino e quella di un mecha si stringono, su fondo bianco, un
riassunto perfetto dell’interessante contenuto del volume. E, a chi
accusa questa rappresentazione di essere incompleta, perché non
comprende la filosofia anti-Disney, Luca Raffaelli
risponde che, nella sua immaginazione, quella stretta di mano tra
un topo e un robot nasconde una statuetta di Bugs Bunny.
Prima di essere scelto da
Kathryn Bigelow come protagonista di The
Hurt Locker o di vestire i panni di Occhio di
Falco nei cinecomic dei Marvel Studios, la carriera di
Jeremy
Renner oscillava tra ruoli secondari il film
indipendenti e qualche produzione hollywoodiana dimenticabile, ma a
quanto pare l’attore avrebbe potuto cambiare il suo futuro
professionale interpretando Hellboy
nell’adattamento di Guillermo Del Toro del
2004.
A rivelarlo è lo stesso Renner nella
nuova puntata del podcast di Justin Long, Life Is Short
raccontando qualche aneddoto del periodo:
“Mentre leggevo la sceneggiatura
non riuscivo a capire quel personaggio…Non riuscivo a connettermi
ad esso, e più non trovavo un modo, più non sapevo cosa farci,
quindi ho rifiutato l’opportunità.”
Al suo posto è subentrato, come
saprete, Ron Perlman, recitando nel primo capitolo
e nel sequel e il suo sequel del 2008, mentre nel rebbot del 2019
il demone è stato interpretato dalla star di Stranger Things,
David Harbour.
“Non ho nessun rimpianto per
quella scelta“, dichiara Renner, che anzi si dice contento per
aver deciso di andare oltre. Il discorso però cambia con Occhio di
Falco, il ruolo che gli ha letteralmente rivoluzionato la vita:
“Quando mi mostrarono il personaggio
pensai che fosse grandioso. Un ragazzo senza superpoteri che ha a
disposizione solo un set di abilità elevate. Era qualcuno con cui
potevo relazionarmi”.
Come annunciato durante il lancio
della piattaforma streaming Disney +, i Marvel Studios lavoreranno
ad una serie tv interamente dedicata a Occhio di
Falco, con protagonista Jeremy
Renner.
Il progetto, secondo quanto
riportato dalle fonti, si concentrerà sulle avventure in solitaria
di Clint Barton, uno dei sei Vendicatori originali, che passerà il
testimone a Kate
Bishop, la prima erede dell’eroe nei fumetti e membro
degli Young Avengers.
La serie arriverà nel secondo anno di programmazione.
Captain Marvel e Vedova
Nera potrebbero essere soltanto le apripista di un futuro
cinematografico sempre più aperto alle supereroine, e i Marvel
Studios sembrano intenzionati a produrre ancora standalone dedicati
alle donne del MCU (come testimoniato dal film su
Natasha Romanoff attualmente in fase di riprese).
Ma quali sono i personaggi che
meriterebbero un cinecomic solista? Ecco qualche valida
proposta:
Valchiria
Valchiria ha
debuttato nel MCU lo scorso anno in Thor:
Ragnarok, catturando immediatamente l’attenzione
grazie alla convincente prova di Tessa Thompson e
all’adattamento del personaggio attuato dagli sceneggiatori e dal
regista Taika Waititi.
Guerriera disillusa e riluttante,
Valchiria nascondeva un passato doloroso (di cui abbiamo avuto un
accenno grazie ad un flashback che raccontava la caduta delle
Valchirie per mano di Hela), e su questo potrebbe
basarsi un film prequel o una serie che segue la vita precedente
dell’eroina.
Jessica Jones
Ora che Netflix ha cancellato definitivamente tutte le sue
serie Marvel, quante possibilità ci sono di vedere Jessica
Jones al cinema? Difficile ora rispondere alla domanda,
tuttavia il ritratto dell’eroina di Krysten Ritter
ha convinto il pubblico e la critica grazie ad una performance
straordinaria.
Di veri antieroi il MCU è quasi
sprovvisto, quindi perché non puntare sull’investigatrice privata
più tosta dei fumetti? Per non parlare del fatto che i suoi poteri
non sono stati pienamente sfruttati dalla serie, e sarebbe
interessante vederla in azione al massimo delle sue capacità.
Spider-Gwen
L’enorme successo di
Spider-Man: Into the Spider-Verse potrebbe
favorire l’ingresso nel MCU di personaggi come
Spider-Gwen, alter ego di Spidey incarnato da Gwen
Stacy, già vista nei vari adattamenti di Sam Raimi e Marc Webb.
Ora che l’idea del Multiverso sembra
solleticare il futuro della Fase 4, e Far From Home ne fornirà una
prova grazie a Mysterio, ci piace immaginare un universo aperto a
qualsiasi soluzione dove eroine come Gwen interagiscono con i
personaggi noti.
Gamora
In entrambi i capitoli di
Guardiani della Galassia abbiamo sentito storie
sul passato di Gamora e sul fatto che sia “la
donna più spietata della galassia”, ma mai visto niente di
realmente entusiasmante a riguardo. E questo la rende
potenzialmente uno dei personaggi più interessanti del
MCU non ancora sfruttati.
A partire dal rapporto con sua
sorella Nebula, e con il padre adottivo
Thanos, Gamora meriterebbe senza dubbio uno
standalone, magari un prequel dove spiegare perché viene
considerata una ferocissima killer e cosa l’ha portata ad unirsi ai
Guardiani.
Nakia e Okoye
Nakia e
Okoye sono senza dubbio uno degli elementi
migliori di Black Panther, oltre che coppia
d’azione fantastica, e se il MCU dovesse proseguire con
l’espansione dell’universo di T’Challa queste due eroine
meriterebbero uno standalone.
Si potrebbe attingere dalla storia
originale di Nakia, interpretata al cinema da Lupita
Nyong’o, e il suo trascorso da spia internazionale, oppure
seguire gli eventi di Okoye, una delle guardie più fidate delle
Dora Milaje, che combatte le minacce del Wakanda.
Scarlet Witch
Da
quando l’abbiamo incontrata in Avengers: Age of
Ultron (dove ha visto morire suo fratello gemello Pietro
alla fine della battaglia di Sokovia) Wanda
Maximoff aka Scarlet Witch è cresciuta
esponenzialmente fino ad Avengers:
Infinity War, tuttavia la sensazione è che il
personaggio non sia ancora sfruttato al massimo delle sue
potenzialità.
Con
l’acquisizione dei
diritti sugli X-Men da parte della Disney i
Marvel Studios potrebbero ampliare la descrizione dell’eroina
associandole le qualità che la rendono una dei mutanti più
pericolosi sulla Terra. Da qui si aprirebbe un ventaglio di
possibilità narrative riferite ai fumetti che eleverebbero Scarlet
Witch in una posizione di rilievo nel MCU.
Dopo l’introduzione in
Ant-Man, il personaggio di Wasp
ha finalmente avuto l’occasione per brillare sotto i riflettori del
sequel con Evangeline
Lilly che ha equamente diviso la scena con il collega
Paul Rudd. Il film ha funzionato, ma la sensazione
è che questo personaggio meriti di più di una commedia di
coppia.
L’attrice è fantastica nella parte e
la combinazione di energia, combattimento e sapere scientifico la
rende un’eroina con del potenziale da sfruttare al cinema. Magari
in un film che prepari il suo ingresso nei Nuovi Vendicatori…
A poco più di cinque mesi
dall’uscita nelle sale di Star Wars: L’Ascesa Di
Skywalker sono tanti i dubbi sulla trama del film che
metterà la parole fine sulla saga degli Skywalker chiudendo un
ciclo iniziato nel 1977 con Episodio IV – Una nuova
speranza, ma qualche anticipazione è stata fornita in
questi giorni da Daisy
Ridley che ha promesso ai fan un “finale splendido
e soddisfacente“.
Ospite poi del podcast di Josh
Horowitz Happy Sad Confused, l’attrice ha rivelato un dettaglio di
ciò che vedremo sullo schermo riguardante uno degli elementi più
interessanti della nuova trilogia, ovvero la speciale connessione
tra il suo personaggio, Rey, e Kylo Ren, interpretato da
Adam Driver.
Apparentemente schierati ai lati
opposti della battaglia, i due condivideranno la scena in un
momento davvero particolare che coinvolgerà anche le spade
laser:
“Siamo protagonisti di un epico
scontro, e sono davvero felice che le foto di Vanity Fair ne
abbiano mostrato un assaggio. Si tratta di una grande lotta, perché
è come se fossi diventata una combattente migliore e le spade laser
sembravano più leggere, quindi ci sembrava di oscillare leggeri
nello spazio“.
Le immagini a cui fa riferimento la
Ridley sono quelle pubblicate in esclusiva
dal magazine e realizzate da Annie Leibovitz sul set, ormai
tradizione della Lucasfilm da diversi anni. Uno scatto mostrava
proprio Rey e Kylo ai piedi di un pianeta misterioso ricoperto
dalla nebbia sfoggiando le loro rispettive armi jedi.
Vi ricordiamo che Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia
del franchise diretto da J.J. Abrams,
arriverà nelle sale a dicembre 2019.
Nel cast Daisy
Ridley, Oscar
Isaac, John
Boyega, Kelly Marie
Tran, Naomi
Ackie, Joonas Suotamo,Adam
Driver, Anthony Daniels, Billy
Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall
Gleeson, Billie Lourd e il veterano del
franchise Mark Hamill. Tra le new entry
c’è Richard E. Grant.
Il ruolo di Leia Organa sarà
interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del
girato mai visto prima da Star
Wars: Il Risveglio della Forza. “Tutti noi amiamo
disperatamente Carrie Fisher – ha dichiarato Abrams
– Abbiamo cercato una perfetta conclusione alla saga degli
Skywalker nonostante la sua assenza. Non sceglieremo mai un altra
attrice per il ruolo, né mai potremmo usare la computer grafica.
Con il supporto e la benedizione della figlia, Billie, abbiamo
trovato il modo di onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia
in Episodio IX, usando del girato mai visto che abbiamo girato
insieme per Episodio VII.”
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, le teorie sul significato del titolo
La creazione di timeline alternative
provocata dai continui viaggi nel tempo dei personaggi è ancora uno
dei temi più dibattuti dal pubblico riguardo Avengers:
Endgame, capitolo del MCU nel quale si verifica l’ultima
grande impresa di Captain
America, ovvero tornare nel passato per restituire le
gemme dell’infinito. In una di queste realtà l’eroe ritrova l’amore
della sua vita, Peggy Carter mentre il “vecchio”
Steve Rogers invece ricompare nel presente per cedere lo scudo a
Sam Wilson, aka Falcon.
Ora, grazie a questo squarcio
temporale, l’universo cinematografico ha una doppia versione del
personaggio, quella congelata dopo la seconda guerra mondiale, e
quella che vive con Peggy. E se ci fate caso, nella scena in cui
parla con Sam, Cap indossa perfino una fede nuziale, dunque è
evidente che la coppia si è sposata.
Molti dubbi e questioni rimangono
però irrisolti, ma a sentire Chris
Evans i fan non dovranno preoccuparsi a lungo visto
che secondo l’attore i Marvel Studios e i prossimi film
risponderanno ad ogni domanda sul destino di Steve e Peggy e sul
legame con Sharon Carter.
“State chiedendo continuità
temporale, e va bene. Ma non sono sicuro di ciò che dirò…dovreste
chiedere agli sceneggiatori. Capisco che ci sono un sacco di cose
che i viaggi nel tempo hanno messo in discussione, ma se c’è
qualcosa che ho imparato durante questi anni di lavoro con la
Marvel, è che non lasciano nulla al caso. E ogni volta che ho fatto
una domanda, c’è sempre stata una risposta.“
Evans, ospite di un panel dell’ACE
Comic-Con di Seattle, sembra aver suggerito che in qualche modo il
proseguimento del MCU rimedierà ad ogni buco temporale o questione
lasciata in sospeso. Sarà davvero così?
Vi ricordiamo, a proposito, che lo
scorso maggio erano stato lo sceneggiatore di Endgame Christopher
Markus a dire che una serie televisiva dedicata a Captain
America e Peggy Carter era possibile, non escludendo un
futuro sul piccolo schermo per i due personaggi riunitosi nella
scena finale del film. “Forse c’è una storia da raccontare…Ci
sono molti strati incorporati in Endgame e abbiamo passato tre anni
a rifletterci sopra, quindi è divertente parlarne e, si spera,
riempire buchi per le persone in modo che capiscano bene a cosa
stiamo pensando“, aveva inoltre affermato Anthony Russo.
Forse Evans sa qualcosa e non può svelare ancora nulla?
Quentin Tarantino
l’aveva rivelato tre anni fa
all’Hollywood Reporter: “Mi ritirerò dopo il mio decimo
film“. All’epoca il regista si preparava all’uscita di
The Hateful Eight, ottavo sigillo di una carriera
straordinaria, lasciando così intendere che mancavano ancora due
titoli per concludere il suo viaggio come autore cinematografico.
Tuttavia sembra che l’addio potrebbe arrivare prima del previsto e
che C’era una volta a
Hollywood, la pellicola presentata a Cannes e in
arrivo nelle sale americane a Luglio, segnerà il suo canto del
cigno.
A suggerire questa ipotesi è lo stesso Tarantino in una recente
intervista con GQ:
“Se il film verrà accolto bene
dal pubblico, forse non lavorerò al decimo film” ha
dichiarato. “Magari mi fermerò proprio ora! Oppure mi fermerò
mentre sono in fase di sviluppo. Vedremo. Credo di essere arrivato
alla fine di questa strada, almeno quando si tratta di film per il
cinema“.
Il regista ha poi parlato nel
dettaglio di C’era una volta a Hollywood, un
progetto costruito nel corso degli ultimi sei anni, che si profila
come una vera e propria lettera d’amore ad un’epoca che occupa un
posto speciale nella sua vita, dai sogni d’infanzia alle
aspirazioni professionali future.
“Per tutta la vita ho rincorso
questo film, cercando di conoscere quel mondo, e ora posso
finalmente fare qualcosa con tutto ciò che mi ha riempito il
cervello negli ultimi 56 anni“.
Non sembra negare la possibilità di
ritiro precoce neanche Brad Pitt, che
nell’intervista afferma:
“No, non penso che stia
bluffando affatto, anzi, credo dica sul serio. Me ne lamento spesso
e apertamente con lui, ma Quentin è consapevole del fatto che i
registi, ad un certo punto, iniziano a perdere la bussola del loro
gioco“.
La decisione di Tarantino non
esclude l’uscita definitiva dal mondo del cinema, ed è lui stesso a
spiegare che un domani si vede “impegnato a scrivere libri di
cinema, o spettacoli teatrali, insomma attivo creativamente. Oggi
penso solo di aver dato tutto ciò che dovevo dare ai
film“.
La storia si
svolge a Los Angeles nel 1969, al culmine di quella che viene
chiamata “hippy” Hollywood. I due protagonisti sono Rick Dalton
(Leonardo DiCaprio), ex star di una serie televisiva western, e lo
stunt di lunga data Cliff Booth (Brad Pitt). Entrambi stanno
lottando per farcela in una Hollywood che non riconoscono più. Ma
Rick ha un vicino di casa molto famoso…Sharon Tate.
Nel cast anche Damian
Lewis, Dakota
Fanning, Nicholas
Hammond,Emile
Hirsch, Luke
Perry, Clifton Collins
Jr., Keith
Jefferson, Timothy Olyphant, Tim Roth, Kurt
Russell e Michael
Madsen. Rumer Willis, Dreama
Walker, Costa Ronin, Margaret Qualley,
Madisen Beaty e Victoria
Pedretti. Infine Damon
Herriman sarà Charles Manson.
Il film segnerà anche l’ultima
apparizione cinematografica di Luke
Perry, morto lo scorso 4 marzo. L’uscita nelle sale
di C’era
una volta a Hollywood è fissata
al settembre 2019.
“Ho lavorato alla sceneggiatura
per cinque anni, e vissuto nella contea di Los Angeles per gran
parte della mia vita, anche nel 1969, e all’epoca avevo sette
anni“, ha dichiarato Tarantino. “Sono davvero felice di
poter raccontare la storia di una città e di una Hollywood che non
esistono più, e non potrei essere più entusiasta dei miei due
attori protagonisti.“
A meno di una settimana dall’uscita
italiana del film, ecco arrivare online il trailer finale di
Spider-Man: Far
From Home (già sbarcato nei cinema americani il 2
Luglio) contenente qualche scena mai vista prima durante la
campagna pubblicitaria dei Marvel Studios.
Diretto ancora una volta da Jon
Watts, il cinecomic arriverà da
noi il 10 Luglio. Confermati nel cast del
film il protagonista Tom
Holland nei panni di Peter
Parker, Marisa Tomei in quelli di zia
May e Zendaya in quelli di
Michelle, Samuel L. Jackson in quelli di
Nick Fury e Cobie Smulders in quelli di
Maria Hill. Jake
Gyllenhaal interpreterà invece Quentin
Beck, aka Mysterio, uno degli antagonisti
più noti dei fumetti su Spidey.
Le riprese del film sono durate
circa tre mesi, e nella maggior parte delle foto circolate in rete
abbiamo visto Peter Parker alle prese con Michelle
(Zendaya). Naturalmente il film vedrà tornare
anche Flash Thompson (Tony Revolori) e Ned
Leeds (Jacob Batalon), gli altri compagni di
scuola di Peter. Ma cosa conosciamo realmente della trama e quali
teorie circolano intorno al nuovo titolo dei Marvel Studios?
La cantante Halle
Bailey, membro del duo Chloe x Halle, è
pronta per entrare a far parte del mondo del cinema e in
particolare della Disney nei panni di Ariel,
protagonista de La
Sirenetta.
Sebbene il regista Rob
Marshall abbia passato l’ultimo paio di mesi a incontrare
giovani attrice di talento, gli insider affermano che la Bailey è
stata sin dall’inizio del casting in cima alla lista. “Dopo
un’estesa ricerca, è stato ampiamente chiaro che Halle possiede
quella rara combinazione di spirito, cuore, giovinezza, innocenza e
sostanza – oltre a una gloriosa voce – tutte qualità intrinseche
necessarie per interpretare questo ruolo iconico”, ha detto
Marshall in un comunicato.
Bailey si unisce a un cast che
include Jacob Tremblay e
Awkwafina, mentre Melissa
McCarthy è in trattativa per interpretare Ursula. Sappiamo
che Lin-Manuel Miranda, che ha lavorato con
Marshall per Il Ritorno di Mary Poppins, lavorerà
alle musiche originali del film, che saranno integrate con il
lavoro storico di Alan Menken, ancora una volta
coinvolto nel progetto (come accaduto con
Aladdin).
Il ruolo segna il debutto
cinematografico per la Bailey, dopo la formazione del suo gruppo
musicale Chloe x Halle con la sorella Chloe nel 2015. La coppia è
diventata famosa grazie alla pubblicazione di una cover di
Beyoncé su YouTube, prima che fossero scoperta
dall’attuale etichetta discografica. Dalla loro scoperta, il duo ha
firmato un contratto discografico con Parkwood Entertainment e ha
aperto per Beyoncé nel suo tour “Lemonade”.
“Sono Gennaro Aquino e faccio il
location manager”. Gentile e diretto, Aquino rappresenta una
figura professionale che si sta sempre più delineando nel nostro
cinema; collaboratore di Matteo Garrone, con il
quale ha lavorato anche a Pinocchio, ha lavorato
con moltissimi nomi prestigiosi del cinema italiano, da
Mario Martone a Matteo
Rovere.
Ospite al Sardinia Film
Festival 2019, Aquino ha partecipato a delle masterclass
in cui ha parlato del suo lavoro, situazioni che lui preferisce
definire incontri “molto costruttivi per me ma anche per chi ha
partecipato”, ci tiene a sottolineare: “C’erano un sacco
di giovani autori invitati al festival che pensavano di annoiarsi,
ma hanno capito che potevano apprendere nozioni utili anche al loro
lavoro.”
Professione consolidata da sempre
nel cinema anglofono, il location manager è un ruolo che sono negli
ultimi anni ha assunto una forma nel panorama del cinema italiano e
“in poche parole – spiega Gennaro Aquino– è quello che cerca i luoghi dove girare le scene dei film, le
cosiddette location.”
Passando poi alla spiegazione
pratica del suo lavoro, Aquino procede: “Ci sono diverse fasi
nel corso del lavoro: la prima è quella di scouting, che avviene
nella fase precedente alla preparazione del film in cui il location
manager entra in contatto con il regista, la produzione e lo
scenografo. Dopo degli incontri preliminari con tutti i reparti
creativi del film, e dopo aver raccolto delle informazioni
specifiche fondamentali, ci si arma di pazienza e di tutti i
dispositivi necessari a produrre immagini. Questo è lo scouting
vero e proprio. Attraverso il confronto con regista e scenografo,
durante la ricerca, si delinea quello che sarà l’impianto visivo
del film.”
Ma quali sono le
caratteristiche necessarie per essere un bravo location
manager?
“Prima di tutto la sensibilità
visiva e artistica. Spesso il LM è considerata una figura che ha
solo competenze tecniche, ma a mio avviso è importante che abbia
una cultura artistica e architettonica, deve riuscire a capire
l’epoca e il periodo storico in cui sarà ambientato il film, ma
anche quando lavora ad un progetto contemporaneo, deve capire cosa
si addice di più a script e alle linee direttive del
regista.”
Proprio rispetto al regista con cui
si confronta di volta in volta, Aquino spiega che è importante
capirne le necessità e le possibilità: “Ci sono varie tipologie
di registi più o meno esigenti e più o meno consapevoli di quello
di cui hanno bisogno per il film, ma anche più o meno in possesso
di una cultura visiva. È importante capire con chi si ha a che
fare, e lo stesso vale nel rapporto con lo scenografo. Inoltre è
importante da un punto di vista produttivo capire che lavoro si sta
affrontando, ovvero di che tipo di budget dispone la produzione del
film a cui si lavora.”
Trai suoi ultimi lavori c’è
l’atteso Pinocchio di Garrone, qual è la mappa geografica del
film?
“Durante la lunga gestazione del
film, la ricerca della location ci aveva portati prima in Sicilia,
molto a sud, perché pensavamo che potesse essere una soluzione
alternativa alle tante versioni della storia realizzate. L’idea di
Matteo Garrone era che fosse un on the road, in cui si cogliessero
gli spostamenti paesaggistici, così come avviene nela storia di
Collodi. La geografia del film si è concentrata su tre regioni.
Prima la Toscana, il che ha senso anche da un punto di vista
filologico, visto che Collodi rimanda all’impianto culturale di
quel territorio, anche se non lo dice mai. Tutta la prima fase è
stata girata nel senese. Quando poi Pinocchio comincia a seguire le
sue avventure, ci spostiamo nel Lazio, e infine in Puglia. Per una
serie di ragioni, anche produttive, abbiamo ambientato in Puglia la
maggior parte del film. Ci siamo mossi tra quelli che io chiamo
“blocco mare” e “blocco Murge”. La prima parte delle riprese sono
state svolte in aree più marine, precisamente nel territorio che va
dalla provincia di Bari verso il Salento, quindi Monopoli,
Polignano a Mare e Ostuni, dove abbiamo girato il Paese dei
Balocchi. Poi ci siamo spostati nell’Alta Murgia barese, nel
territorio di tre comuni: Altamura, Gravina in Puglia e Spinazzola,
dove abbiamo realizzato tutta un’altra serie di scene che portano
verso il finale del film.”
Alla luce del primo trailer del
film, presentato a Riccione durante le Giornate estive di
Cinema, sembra che Gennaro Aquino abbia di nuovo
contribuito alla realizzazione dell’ennesimo grande film del
regista romano.
Dopo averne visto il primo trailer,
presentato a Ciné – Giornate estive di Cinema di Riccione, possiamo
dire che il Pinocchio di Matteo
Garrone si candida ad essere uno dei titoli di maggiore
interesse e richiamo dei prossimi mesi.
Seguendo il suo stile sempre
personale e identificabile, il regista ha realizzato, sembra, un
film che fonde alla perfezione realtà e fantasia, dimostrando di
trovarsi perfettamente a suo agio in quel fiabesco che riesce ad
inserire anche negli scenari più crudi e realistici.
Anche il suo approccio al materiale
di Collodi è stato quindi personale e unico, nonostante gli
adattamenti della storia siano numerosi e soprattutto ancora
attuali, visto che sono in produzione a Hollywood almeno altri due
film sul tema (un live action con Robert DowneyJr. e uno stop motion di Guillermo Del
Toro).
Stando a quanto dichiarato dal
location manager di Pinocchio di Garrone,
Gennaro Aquino, incontrato in occasione del
Sardinia Film Festival, il film sarà il più fedele ai realizzato
alla storia di Collodi.
“Il risultato finale non lo
conosco ancora, ma l’intento è quello di rimanere fedeli a Collodi
– ha dichiarato Aquino – a differenza delle altre
produzioni cinematografiche. Mi riferisco principalmente allo
sceneggiato televisivo di Comencini, ma anche ad altre versioni,
italiane e non. Ad esempio, per la prima volta Pinocchio resta
burattino dall’inizio alla fine del racconto, e diventa bambini
solo nel finale. Un altro elemento di fedeltà è stato quello di
mantenere intatte tutte le figure antropomorfe dell’originale, ad
esempio il Gatto e la Volpe hanno sembianze animalesche, ma anche i
mastini/carabinieri, o il gorilla/giudice e i dottori/uccelli.
Tutto ciò che aveva connotati antropomorfi nel racconto, li avrà
anche nel film.”
Stando a quanto visto nel primo
trailer del film, questa scelta sembra premiare tutto l’impegno e
l’immaginario visivo di Garrone e della sua squadra.
PINOCCHIO, una
coproduzione internazionale Italia/Francia, è prodotto da
Archimede con Rai Cinema e
Le Pacte, con Recorded Picture
Company, in associazione con Leone Film
Group, con il contributo del MiBAC – Direzione
Generale Cinema – e di Eurimages, in
associazione con Unipol Banca, con il sostegno di
Regione Toscana – Toscana Promozione. Le vendite
internazionali sono curate da HanWay Films. Il
film sarà distribuito in Italia da 01 Distribution
e in Francia da Le Pacte.
Le riprese del film sono iniziate
lo scorso 18 marzo e proseguiranno tra Toscana,
Lazio e Puglia per un totale di
11 settimane. Il film è scritto e diretto da
Matteo Garrone che si avvale della stessa
squadra che lo ha seguito in Dogman: fotografia di Nicolaj
Bruel, scenografie di Dimitri Capuani,
costumi di Massimo Cantini Parrini, montaggio di
Marco Spoletini, suono di
Maricetta Lombardo. Al Prosthetic make up ci
saranno i francesi Coulier Creatures SFX, mentre
gli effetti speciali saranno eseguiti da One of
Us.
Di seguito tutto il cast al completo:
Pinocchio Federico Ielapi Geppetto
Roberto Benigni Mangiafuoco Gigi
Proietti Gatto
Rocco Papaleo Volpe Massimo
Ceccherini Fata adulta Matilda De
Angelis Fatina bambina Alida Baldari
Calabria
Lucignolo Alessio Di Domenicantonio Lumaca
Maria Pia Timo Grillo parlante Davide
Marotta Mastro Ciliegia Paolo
Graziosi Civetta Gianfranco Gallo
Corvo Massimiliano Gallo Pappagallo
Marcello Fonte Gorilla Teco
Celio Faina Enzo Vetrano Omino di
burro Nino Scardina
In occasione di Ciné – Giornate
estive di Cinema, 01 Distribution ha
presentato il primo trailer di Pinocchio,
il nuovo film di Matteo Garrone, con
Roberto Benigni nei panni di Geppetto. Eccolo a
seguire:
Il regista, reduce dal travolgente successo ai
Premi David di Donatello 2019, dove il suo
Dogman ha conquistato nove premi, è tornato subito
al lavoro al suo nuovo ambizioso progetto che vede Roberto
Benigni di nuovo alle prese con il burattino di Collodi,
questa volta nei panni di Geppetto.
Pinocchio,
una coproduzione internazionale Italia/Francia, è prodotto da
Archimede con Rai Cinema e
Le Pacte, con Recorded Picture
Company, in associazione con Leone Film
Group, con il contributo del MiBAC – Direzione
Generale Cinema – e di Eurimages, in
associazione con Unipol Banca, con il sostegno di
Regione Toscana – Toscana Promozione. Le vendite
internazionali sono curate da HanWay Films. Il
film sarà distribuito in Italia da 01 Distribution
e in Francia da Le Pacte.
Le riprese del film sono iniziate
lo scorso 18 marzo e proseguiranno tra Toscana,
Lazio e Puglia per un totale di
11 settimane. Il film è scritto e diretto da
Matteo Garrone che si avvale della stessa
squadra che lo ha seguito in Dogman: fotografia di Nicolaj
Bruel, scenografie di Dimitri Capuani,
costumi di Massimo Cantini Parrini, montaggio di
Marco Spoletini, suono di
Maricetta Lombardo. Al Prosthetic make up ci
saranno i francesi Coulier Creatures SFX, mentre
gli effetti speciali saranno eseguiti da One of
Us.
Dopo le voci che si sono susseguite
nelle ultime settimane, è stato confermato che il cast del film su
Diabolik, diretto dai Manetti
Bros, sarà composto da Luca Marinelli, Miriam
Leone e Valerio Mastandrea, che
rispettivamente saranno il protagonista, Eva Kant e Ginko.
La notizia arriva direttamente da
Ciné – Giornate estive di Cinema. Il film sarà
girato anche a Triste ed è stato definito un “film oscuramente
romantico“.
Lo scorso maggio, lo sceneggiatore
del film Michelangelo La Neve, ha dichiarato:
“Il nostro approccio è stato quello di studiare il personaggio
del fumetto, capirlo e non tradirlo fino in fondo. Cercare di
raccontare questo, prima di tutto, e per questo siamo riusciti ad
arrivare a raccontare Diabolik. È un’icona e non bisogna avere
l’arroganza di tradirlo, ma è necessario usare i meccanismi del
cinema per portarlo sul grande schermo. Nella seconda parte del
film, ci siamo basati principalmente sul numero tre, dove si
racconta l’incontro tra Eva e Diabolik.”
Sembra quindi essere confermato che
il film si concentrerà principalmente sulla storia d’amore dei due
protagonisti.
Quarta giornata della
diciassettesima edizione dell’Ischia Film
Festival, all’insegna di Luca Argentero
che accompagna Copperman, il film di Eros
Puglielli in cui interpreta un supereroe molto
speciale.
Un film che arriva in un momento
molto particolare della sua carriera “Ho compiuto quarant’anni,
sono a un punto in cui cambiano I ruoli perché cambia la percezione
di te. Nonostante io, come tutti, rimanga ancorato alla versione
migliore di te. In questo senso, la storia di Copperman è capitata
nel momento migliore nella mia vita, perché sono ancora affezionato
al bambino che c’è in me, ma sono anche consapevole di essere
diventato adulto, ormai i capelli iniziano a imbiancarsi.
Probabilmente per questo sono riuscito a entrare nel mondo di
Anselmo, che un vero superpotere non ce l’ha, se non la sua
diversità. Copperman, pur nella sua dimensione fantastica, è un
film per cui ci siamo tutti dovuti confrontare con la realtà, è una
storia che parla di autismo, su cui abbiamo fatto tante ricerche,
aiutati da un’associazione, scoprendo che è una condizione che ha
tantissimi livelli di lettura. E proprio questo mi ha permesso di
guardare il mondo attraverso un diverso punto di vista”. Dopo
Copperman, Argentero non si è certo riposato, anzi, la sua agenda è
fittissima. “Mi sono ritrovato con una parrucca lunga fino al
sedere e in costumi del Quattrocento trasformato in Leonardo Da
Vinci in un film prodotto da Sky che sarà al cinema il 26
settembre. Poi circondato da quattro donne, in un bellissimo ruolo
da comprimario, nel nuovo film di Michela Andreozzi. E per la prima
volta farò una serie, in cui vestirò i panni del medico. Dopo
essere stato un supereroe, che era il mio sogno da attore, adesso
inizieranno altre sfide, e questa è una di quelle. Spero che fra un
paio d’anni mi fermino per strada per chiedermi un
parere!”
Una sfida è stata quella di Aitana
Serrallet, sedici anni da compiere, regista di
Bosa, cortometraggio che racconta una storia di
migrazioni e di amicizia. Forse un record mondiale per un festival,
e la giovane esordiente spagnola, oltre che a essere un talento, ha
le idee molto chiare. “Ho fatto un corso di cinema a scuola, sapevo
che era una mia passione, quando ho pensato a questa storia ho
fatto tutto quello che dovevo per realizzarla e poi ho iniziato a
mandarla ai festival. È l’inizio, ma sono sicura che è questo che
voglio fare nella vita”.
Un film molto speciale, come lo è
stato nella sua genesi e nel suo percorso
Rwanda, di Riccardo Salvetti, nato da un testo
teatrale di Marco Cortesi e Mara Moschini, tutti e tre presenti a
Ischia, città numero 98 in cui il film fa tappa da quando ha
iniziato il suo percorso. Un film che racconta “del massacro
dei tutsi del 1994, una storia che ci siamo accorti essere stata
dimenticata” ha detto al pubblico la Moschini. Film in
concorso nella sezione Location Negata “una scelta
perfetta” ha detto il regista “perché ci siamo dovuti
inventare l’Africa in Emilia Romagna”.
Ieri è stata anche la volta di
Costanza Quatriglio, regista che con le sue opere accompagna
l’Ischia Film Festival dalla prima edizione. Alla diciassettesima è
venuta con Sembra mio figlio, film vincitore del Ciak d’oro e del
Nastro d’argento. Un film che arriva da lontano. “Durante le
riprese del mio documentario Il mondo addosso, nel 2005, ho
conosciuto un giovane afgano, Jan Azad, che desiderava trovare e
conoscere la sua famiglia. Sogno che ha coronato qualche anno dopo,
un lungo viaggio alla ricerca delle sue origini, che è anche il
viaggio che ho fatto con questo film”.
Una sera di viaggi all’Ischia Film
Festival che si era aperta raccontando nella maniera ideale.
Raccontando il porto di Napoli, nel cortometraggio di Aldo Zappalà
Ogni nave ha bisogno di un porto. Segno che il
cinema non succede mai per caso.
Creato da Joe Simon e Jack Kirby, il
Soldato d’Inverno debuttò in Captain
America Comics (Vol. 1) nel 1941 come braccio destro di
Steve Rogers
e al cinema presenta diverse differenze rispetto alla controparte
dei fumetti.
Ecco allora di seguito tutte le cose lasciate fuori dal MCU:
È stato la spalla di Batman
È raro vedere
personaggi Marvel e DC insieme
sulla stessa pagina, ma quando questo succede si tratta sempre di
scontri testa a testa e non di collaborazioni.
Uno di quei rari
casi risale al 1996 con il crossover Batman/Captain
America, nelle realtà alternativa di Elseworld durante la
seconda guerra mondiale dove Batman e il suo
fedele compagno Robin incrociano la strada di
Steve e Bucky.
Solo per il gusto di
farlo, i due supereroi leader decidono di scambiare i rispettivi
compagni per un giorno, ma inspiegabilmente, Bucky muore nelle
pagine seguenti.
Il revival di Ed Brubaker
Come accennato sopra, Bucky Barnes
ha lasciato la Marvel dopo la sua morte per un breve periodo, sorte
di cui si occuperà in seguito Ed Brubaker con i
suoi fumetti su Captain America.
Lo scrittore, cresciuto amando il
personaggio sul quale produsse una fanfiction in cui veniva
catturato dai sovietici, desiderò rendergli giustizia riportandolo
in vita e facendolo diventare ciò che è oggi.
Ha distrutto il Tesseract
Il cubo cosmico è
stato presentato nel MCU semplicemente come
Tesseract, uno degli oggetti più potenti
dell’universo e fondamentale ai fini della trama culminata in
Infinity War. Nei fumetti però (Captain
America vol. 5, #14), vediamo Bucky mentre lo
distrugge.
Successivamente
Steve Rogers, convinto che in lui ci fosse ancora
traccia del suo amico (e non solo il Soldato d’Inverno
post-lavaggio del cervello), usa il cubo per ripristinare la
memoria di Bucky, e l’idea funziona.
Armi speciali
Da quando è stato
reintrodotto ai lettori di fumetti come Soldato
D’Inverno, Bucky ha mostrato tutte le sue
abilità nel maneggiare le armi, tra cui pistole, granate, fucili e
altri oggetti da lui progettati.
Inoltre le sue armi
hanno sensori palmari esplosivi. il che significa che se qualcun
altro volesse provare a usarle, non ci riuscirebbe perché queste
esploderebbero immediatamente. L’impronta del loro padrone non
corrisponde…
Ha addestrato Vedova Nera
Quando Ed Brubaker riavviò la figura
di Bucky per i fumetti Marvel, versione che ha ispirato
maggiormente il MCU, sono aumentati i legami del personaggio con la
Russia e la Stanza Rossa. Questi due nomi vi ricordano
qualcosa?
Ebbene si, nelle pagine della
Marvel Comics Bucky ha addestrato
Vedova Nera, stringendo perfino una relazione
sentimentale con la spia.
Il passato con Wolverine
Il passato di Bucky
Barners annovera anche l’incontro con
Wolverine, subito dopo la fuga del
mutante dalla Weapon X.Senza saperlo, il
Soldato D’Inverno ha aiutato Logan molte volte, senza che lui
scoprisse che era stato proprio Bucky ad uccidere sua moglie,
Itsu.
La lunga lista di omicidi
È stato chiarito fin dall’inizio che
nel MCU Bucky Barnes viene sfruttato dall’ HYDRA per molti decenni
come un assassino letale, dopo che l’organizzazione segreta lo
aveva sottoposto al lavaggio del cervello.
Tuttavia c’è un dettaglio tenuto
fuori dai film, ovvero la lunga lista di omicidi commessi che
ammonta a 100 vittime uccise nel corso di 70 anni.
La versione di Arnie Roth
Le origini di Bucky Barners nel MCU
hanno attinto a vari dettagli dell’originale, rubando diversi
elementi dalla rilettura di Earth-616 in cui Capitan America
ritrova l’amico Arnie Roth che l’aveva difeso
quando era stato vittima di bullismo a Brooklyn.
Nei fumetti era molto più
giovane
Come successo a tanti personaggi dei
fumetti tradotti sul grande schermo, le storie di origine possono
subire dei cambiamenti, e nel caso di Bucky, il suo debutto è
leggermente diverso da quello del MCU.
La sua controparte originale era
infatti molto più giovane della versione di Sebastian Stan,
addirittura adolescente quando si unì a Steve Rogers come suo
aiutante.
Morto per decenni
Raramente la “morte”
viene presa sul serio nei fumetti, dal momento che ci si aspetta
sempre che i personaggi vengano resuscitati in qualche modo. Ma nel
caso di Bucky, gli autori avevano hanno esposto la cosiddetta
“clausola” che diceva che fra tutti, solo Bucky
Barnes, Jason Todd o lo zio
Ben non sarebbero “sopravvissuti”.
Ironia della sorte,
sia Jason Todd che Bucky Barnes sono stati riportati in vita nel
2006 entrambi come assassini armati di pistola.
Sarà Dan Romer il
compositore della colonna sonora originale di Bond 25, nuovo capitolo
del franchise attualmente in produzione e affidato alla regia di
Cary Joji Fukunaga, con il quale il musicista
aveva già collaborato nella serie di NetflixManiac e Beasts of
No Nation.
A quanto pare Romer è riuscito a
scalzare nella lista di possibili candidati il vincitore dell’Oscar
Justin Hurwitz e il veterano della saga di James
Bond David Arnold, autore – tra gli altri – della
soundtrack di Casino Royale e Quantum of
Solace.
Come annunciato lo scorso aprile,
la MGM ha assunto Phoebe Waller-Bridge per
“ravvivare” lo script di Bond 25 sotto speciale
richiesta di Daniel Craig, grande fan di Fleabag e
Killing Eve, le due serie prodotte e scritte
dall’attrice. Era dal 1963 (l’ultima fu Johanna Hardwood con
Dr. No e From Russia With Love) che la casa
di produzione non assumeva una donna per dare voce ai personaggi
del franchise, una scelta oggi più che mai “rilevante”.
Vi ricordiamo che insieme a Craig
figureranno anche Ralph Fiennes (M), NaomieHarris (Eve Moneypenny), Ben
Whishaw (Q), Lea Seydoux (Dr. Madeleine
Swann), Rory Kinnear (Bill Tanner) e
Jeffrey Wright (Felix Leiter). Le new entry del
cast sono invece Rami
Malek, Billy Magnussen,
Lashana Lynch e Ana de Armas.
Una parte importante delle riprese
si terrà nella città di Matera, capitale europea della cultura per
2019, fornendo l’ambientazione perfetta per quella che dovrebbe
diventare la sequenza d’azione del prologo, simile al segmento
di apertura di Spectre a Città del
Messico durante le celebrazioni del Giorno dei Morti.
Dopo lo straordinario successo
della scorsa edizione, Alice nella
città è pronta a ripartire per la nuova edizione ed
ha scelto di annunciare, in occasione di Ciné, il primo titolo
italiano in concorso quest’anno.
La famosa invasione degli orsi in
Sicilia di Lorenzo Mattotti,
tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati edito
da Arnoldo Mondadori Editore, è prodotto da Indigo Film con Rai
Cinema, Prima Linea Productions, Pathé, France 3
Cinema e uscirà nelle sale italiane con Bim Distribuzione.
A prestare le voci ai protagonisti
del film un cast d’eccezione formato, tra gli altri, da: Toni
Servillo, Antonio Albanese e Corrado Guzzanti e con la
partecipazione straordinaria di Andrea Camilleri.
Il film racconta la storia di
Leonzio, il Re degli orsi, che, nel tentativo di ritrovare il
figlio da tempo perduto e di sopravvivere ai rigori di un terribile
inverno, decide di condurre il suo popolo dalle montagne fino alla
pianura, dove vivono gli uomini. Grazie al suo esercito e all’aiuto
di un mago, riuscirà a sconfiggere il malvagio Granduca e a
trovare finalmente il figlio Tonio. Ben presto, però, Re Leonzio
si renderà conto che gli orsi non sono fatti per vivere nella
terra degli uomini.
La famosa invasione degli Orsi in
Sicilia, recensione
Mattotti sarà inoltre protagonista
al Festival di una Masterclass aperta al pubblico e in particolare
agli studenti delle scuole di cinema.
“Per noi il film di Mattotti è
più di una premiere è un progetto” dichiarano Fabia Bettini e
Gianluca Giannelli, “Alice è uno start, dal festival
partirà un percorso che accompagnerà il film in occasione
dell’uscita sala e si snoderà durante l’anno a cavallo tra
letteratura e cinema tra proiezioni, letture ed incontri con le
scuole”.
Alice nella
Città inoltre prosegue la collaborazione con
Moviement e ha realizzato, grazie al supporto del Mibac, delle
associazioni di categoria Anica, Anec , Anem, e di tutti gli attori
in campo, una card personalizzata che permetterà agli studenti che
hanno seguito tutto il percorso formativo promosso
da Alice – Seminare Domande, di accedere con il
biglietto ridotto a tutte le proiezioni estive a partire da ora
fino a settembre. Un modo per premiare e per incentivare e
supportare i ragazzi appassionati e amanti del cinema ad andare in
sala anche in estate.
Ha ricevuto il Taormina Arte Award,
il regista e produttore australiano Phillip Noyce,
protagonista del CineCocktail condotto dalla giornalista
Claudia Catalli al Taormina Film Fest. “Un
onore avere ospite dei nostri speciali incontri di cinema un pezzo
della storia del cinema hollywoodiano come Noyce, ringraziato ieri
anche da Nicole Kidman per averla scelta, appena diciottenne, per
il suo Ore 10: Calma Piatta”, dichiara Catalli in apertura del
CineCocktail.
Al Taormina Film Festival il
cineasta presenta il film in concorso Show Me What You
Got, di cui è produttore esecutivo. “Questo film è il
debutto alla regia della già acclamata Direttore della Fotografia
Svetlana Cvetko, e la prova che solo le donne oggi
possono portare sullo schermo un’opera così unica, speciale, che
parla di un amore non convenzionale. Era ora che Hollywood si
accorgesse delle donne”.
Sorseggiando un cocktail all’Hotel
Metropole di Taormina, il regista si lascia andare sulle novità
riguardo al suo nuovo progetto Rats of
Tobruk: “L’idea è nata quando ho ritrovato dei diari
personali di mio padre, che partì per la guerra in Libia otto ore
dopo aver conosciuto mia madre. Nel film racconterò quella guerra
tra tedeschi, australiani e italiani – ma, giuro, nessun italiano
morirà – e anche una incredibile storia d’amore. Mio padre è
tornato dalla guerra due anni e mezzo dopo, e i miei sono stati
insieme per 65 anni”.
Prende la parola la regista Svetlana
Cvetko, il cui film è una sorta di Jules et
Jim contemporaneo senza frontiere. “Mi piaceva
raccontare come, nelle problematiche di oggi, tra dramma dei
migranti e paura di attacchi terroristici, potesse scoccare una
scintilla di amore travolgente e passionale tra tre ragazzi,
Christine, Nassim e Marcello”.
Ad interpretarli, un trio di giovani
attori italiani trapiantati a Los Angeles: Cristina
Rambaldi, Mattia Minasi e Neyssan Falahi. Presenti al
CineCocktail anche gli attori Pietro Genuardi, Giusy
Frallonardo e la vincitrice di due premi
César Anne Brochet.
Dopo la morte del celebre
romanziere Harlan Thrombey, avvenuta in circostanze misteriose poco
dopo il suo 85esimo compleanno, il detective Benoît Blanc viene
ingaggiato per scoprire l’assassino. Blanc avrà a che fare con la
famiglia disfunzionale del defunto, dove tutti hanno un movente tra
bugie e depistaggi.
Nel cast all stars del film
compaiono
Daniel Craig,
Chris Evans, Ana de Armas, Jamie Lee Curtis, Toni Collette, Don
Johnson,
Michael Shannon, Lakeith Stanfield, Katherine Langford, Jaeden
Martell e Christopher Plummer.
Chi ha visto i film del MCU sa che il rapporto tra
Tony Stark e Peter Parker ha un
po’ sostituito quella che, nei fumetti e al cinema, è la dinamica
padre-figlio instaurata dal giovane supereroe con lo zio Ben. Allo
stesso modo, in Avengers:
Endgame, Peter si confronta con la morte del suo
mentore ed è chiamato ad affrontare il futuro senza una figura
chiave per il suo percorso di realizzazione personale (e come
abbiamo visto nel trailer di Far From
Home, superare il lutto non sarà affatto facile).
Allo stesso modo sembra che anche i
loro interpreti Tom
Holland e Robert Downey
Jr. abbiano instaurato un legame speciale sul set,
talmente stretto da permettere al più giovane dei due di dare un
soprannome al collega (con cui ha registrato il suo numero di
telefono).
A rivelarlo è stato Holland sul red
carpet di Spider-Man: Far From Home, l’ultimo
capitolo della Fase 3 in uscita nelle sale tra pochi giorni:
“Nel mio cellulare è il
Padrino. Sì, c’è scritto RDJ The Godfather.“
Non poteva esserci soprannome
migliore per l’icona del MCU, nonché primo supereroe dell’universo
cinematografico.
Diretto ancora una volta da Jon
Watts, Spider-Man: Far From
home arriverà nei cinema il 10 luglio.
Confermati nel cast del film il
protagonista Tom
Holland nei panni di Peter
Parker, Marisa Tomei in quelli di zia
May e Zendaya in quelli di
Michelle, Samuel L. Jackson in quelli di
Nick Fury e Cobie Smulders in quelli
di Maria Hill.
Le riprese del film sono durate
circa tre mesi, e nella maggior parte delle foto circolate in rete
abbiamo visto Peter Parker alle prese con Michelle. Naturalmente il
film vedrà tornare anche Flash Thompson (Tony
Revolori) e Ned Leeds (Jacob Batalon),
gli altri compagni di scuola di Peter. Ma cosa conosciamo realmente
della trama e quali teorie circolano intorno al nuovo titolo dei
Marvel Studios?
Entertainment Weekly ha
diffuso gli splendidi ritratti del Il Re
Leone, in cui vediamo i personaggi principali del film
confrontarsi con gli attori che danno loro la voce nell’adattamento
in live action diretto da John Favreau.
Basato su una sceneggiatura scritta
da Jeff Nathanson, il film è stato
realizzato con le stesse tecniche di animazione computerizzata
utilizzare per portare alla luce Il Libro della
Giungla (2016). Jon
Favreau, che dirige anche questo secondo live
action Disney, dovrà questa volta affrontare
una sfida in più, visto che in questo caso non ci sarà nessun
personaggio umano su cui basare le inquadrature e le scene.
Nel cast de Il Re
Leone figurano Donald Glover,
nel ruolo di Simba, e James Earl
Jones, che torna a
essere Mufasa. Seth
Rogen e Billy Eichner
doppieranno
Pumba e Timon. Nel cast
anche John Kani, visto in Civil War, che darà
voce a Rafiki e Alfre
Woodard, che
sarà Sarabi. Chiwetel
Ejiofor sarà Scar.
Aaron Paul e
Bryan Cranston sanno come alimentare le
aspettative dei fan di Breaking Bad, e quanto pare
ogni voce su una possibile reunion di Jesse Pinkman e Walter White
nel film-sequel sembrerebbe fondata.
Così, dopo le immagini pubblicate
qualche giorno fa su Twitter e Instagram, gli attori hanno
replicato con questa foto che trovate qui sotto e che li mostra
finalmente insieme mentre camminano a piedi nudi su un
torrente.
Cosa avranno voluto dire? E quel
“Sooner” è presagio di una futura reunion oppure soltanto
una crudele strategia di marketing per promuovere il film?
Chi conosce gli eventi dello show
creato da Vince Gilligan sa che il personaggio
interpretato da Cranston muore nell’ultimo
episodio, quindi resta da capire in che modo potrebbe tornare
in azione.
Tempo fa lo stesso Cranston si era
detto disponibile a comparire nel film, sebbene all’epoca non
conoscesse i dettagli:
“Mi faranno vedere su una lapide
o qualcosa del genere? Non ne ho idea, non ho ancora letto né visto
una sceneggiatura. Presumo che stia succedendo qualcosa, o forse
no. Ma certo che mi piacerebbe fare un film di Breaking Bad. Non
ora, perché sono impegnato con uno spettacolo a Broadway, almeno
fino marzo….poi chissà“.
Sul progetto si sa ancora poco,
tranne il fatto che Gilligan scriverà la
sceneggiatura e figurerà nelle vesti di produttore
esecutivo. È anche probabile che alla fine dei giochi assumerà
il comando dell’operazione dirigendo il film. Per quanto
riguarda le riprese, sembra che il set sia pronto a partire già
nelle prossime settimane in New Mexico.
Va ricordato che questo speciale
lungometraggio di due ore di Breaking
Bad segna il primo titolo di Gilligan in seguito al
nuovo accordo triennale firmato a luglio con Sony TV. Le fonti
parlano di un contratto da 50 milioni di dollari che fa affiancare
la figura del produttore a nomi del calibro di Shonda
Rhimes e Ryan Murphy.
Dopo un anno di assenza i
Marvel Studios hanno
confermato la loro presenza al Comic-Con che si
terrà a San Diego dal 18 al 21 Luglio, e le aspettative sono
ovviamente alle stelle, considerando l’uscita di Spider-Man: Far
From Home (film conclusivo della Fase 3) e il
possibile annuncio dei nuovi progetti della Fase 4.
Come riportato da Deadline,
Anthony e Joe Russo (registi di Avengers:
Endgame, Infinity War, Civil War e The Winter
Soldier) saranno protagonisti di un panel venerdì 19 luglio
nella Sala H in cui si parlerà di Endgame e dei loro piani futuri
con lo studio di produzione indipendente, moderato dal
caporedattore di Collider Steven Weintraub.
Diverse voci però suggeriscono che
sul palco del Comic-Con potrebbe arrivare anche una reunion dei
Vendicatori con la presenza di alcuni attori lo stesso venerdì
oppure sabato sera, sempre in concomitanza del panel Marvel.
Ovviamente si tratterebbe di una sorta di cerimoniale di addio per
festeggiare i primi dieci anni di MCU con i volti più
rappresentativi del franchise.
Dopo i due capitoli di
IT la nuova avventura cinematografica di
Andy Muschietti potrebbe essere The
Flash, lo standalone dedicato a Barry Allen che vedrà
protagonista Ezra
Miller dopo le apparizioni in Batman v
Superman e Justice League: come riportato
dall’Hollywood Reporter infatti, il regista sarebbe ora in
trattative con la Warner Bros. per dirigere il cinecomic al posto
di Jonathan Goldstein e John
Francis Daley, che a quanto pare hanno definitivamente
lasciato il progetto.
La notizia arriva a pochi giorni
dall’ultimo aggiornamento di Variety, secondo cui le riprese
inizieranno non prima della fine della produzione di
Animali Fantastici 3, film a cui Miller è legato
da contratto e che uscirà nelle sale il 12 novembre 2021.
Per quanto riguarda lo sviluppo di
The Flash, lo studio metterà da parte sia la
sceneggiatura completata da Goldstein e Daley, sia lo script
rivisto da Miller insieme all’autore di fumetti Grant Morrison. Al
loro posto ci sarà invece Christina Hodson, che
aveva già curato le storie di Bumblebee e
dell’altro titolo DC in cantiere, Birds of Prey
con Margot Robbie.
L’Hollywood Reporter spiega inoltre
che l’uscita di scena dei due registi è stata volontaria ma
motivata da differenze creative inconciliabili con gli obiettivi
della produzione.
Kiersey
Clemons ha recentemente confermato che tornerà nei
panni di Iris West dopo che la sua scena
era stata tagliata da Justice League. Dunque
sembrerebbe che la Warner bros. abbia grandi progetti per lei nello
standalone. E come riportato nei mesi scorsi, anche
Billy Crudup tornerà per
interpretare Henry Allen, personaggio
introdotto in Justice League.
Recenti dichiarazioni di Miller
sembrano anticipare l’arrivo di un nuovo universo in casa DC,
proprio a partire dal cinecomic:
“Ne stiamo parlando e
l’intenzione è scatenare un intero nuovo universo, non solo il
multiverso DC, ma il multiverso dello speedster. E gli speedster
sono quelli che connettono tutti i pezzi disparati di esso. Sarà un
mondo con tutti gli stessi personaggi e storie diverse con realtà
diverse, eroi diversi e versioni differenti di personaggi. E gli
speedster sono quelli che si muovono attraverso tutto
questo.“