Dopo il travolgente
Thor: Ragnarok, con cui tutto il
mondo è venuto a conoscenza del genio estroso e irriverente di
Taika Waititi, il regista neozelandese torna
con una commedia altrettanto scorretta, Jojo
Rabbit, presentato in anteprima al London Film
Festival.
Ci sono eventi tragici, disumani,
che l’essere umano preferisce dimenticare. Il cinema, vettore
mnemonico di enorme impatto emotivo, ha tentato più volte di far
riaffiorare queste ombre del passato, così da mantenere viva la
memoria di questi fatti, per evitarne la reiterazione. L’estremo
(neo)realismo di certe opere a volte non basta. Bisogna prendere
questi orrori e strapazzarli, denigrarli, prenderli in giro. Lo ha
fatto Quentin Tarantino con Bastardi senza
gloria, e lo ha rifatto
Taika Waititi con
Jojo
Rabbit.
Waititi adotta un tono che dietro
l’apparente agiografia del nazismo svela una feroce e beffarda
presa in giro del regime. Le battute di cui è costellato il film
sono lame taglienti che fanno a pezzi il Terzo Reich, mettendo
sotto una lente d’ingrandimento ogni punto debole e orrore. È un
universo, quello nazista, da denigrare, proprio come deriso è il
piccolo protagonista, soprannominato Jojo Rabbit dai grandi del
campeggio per giovani reclute a cui ha preso parte.
Jojo Rabbit prende di mira la Hitlermania
Le immagini sono per Waititi una
mitragliatrice sempre in azione; il sarcasmo di cui si fanno
portatrici ha una mira precisa e infallibile, mentre il montaggio
sonoro (in perfetta armonia con quello visivo) è una scarica pronta
a colpire lo spettatore sin dai titoli di testa, quando al ritmo
della versione tedesca di “I want to hold your hand” dei
Beatles, le immagini di repertorio di cittadini
tedeschi urlanti in pieno isterismo di massa, alla Beatlemania
lasciano spazio alla “Hitlermania”.
Se il montaggio è perfettamente in
sincronia con il tono dominante, la regia iconoclasta di Taika
Waititi è capace di condurre lo spettatore con umorismo e
intrattenimento, per poi trascinarlo di colpo giù, nei meandri più
infidi della guerra. Una guerra dolorosa, cruda, attraversata da
lacrime e deflagrazioni, eppure resa sullo schermo con un filtro
infantile, capace di ridurla a un conflitto ludico. I soldati in
carne e ossa si muovono sul campo come soldatini di piombo spostati
dalle mani di un bambino, mentre Jojo, del suo migliore amico Yorki
e la giovane ebrea Elsa Korr (Thomasin McKenzie)
li tengono per mano, aiutandoli a superare il trauma bellico.
“La danza ci fa sentire vivi,
liberi” afferma Rosie Betzler, madre di Jojo, e in effetti quella
eseguita dalla cinepresa di Waititi è una danza liberatoria da cui
è difficile distaccarsi. Ralenti, panoramiche, carrellate, tutto è
perfettamente studiato in questa ridefinizione storica in chiave
sarcastica. È un lavoro tecnico di estrema precisione e bellezza
quello concepito da Waititi in Jojo
Rabbit.
Un comparto attoriale di
una bellezza pura
E tutto il lavoro tecnico è
supportato da un comparto attoriale di una bellezza pura. Negli
occhi grandi, azzurri, del giovane Roman Griffin
Davis si estende un oceano di emozioni che il piccolo
riesce ad amministrare con sorprendente abilità.
Eterea e allo stesso tempo umana,
Scarlett Johansson, che
interpreta la mamma di Jojo, ha confermato in questo 2019 il suo
profilo di attrice di altissimo livello. Tra Storia di
un matrimonio di Noah Baumbach e
Jojo Rabbit, la Johansson ha mostrato una
serie di sfumature del suo talento che finalmente le permetteranno
brillare nel firmamento delle grandi interpreti, firmamento a cui
era destinata da sempre.
Taika, attore e regista sopraffino
Taika Waititi non
è un attore modesto; la sua faccia è un vettore espressivo che
riempie di ilarità il piccolo universo di Jojo. Basta la sua
comparsa in scena nei panni di un Adolf Hitler immaginato dal
giovane come suo migliore amico, per scatenare fragorose risate.
Nessuna battuta, nessun movimento azzardato: basta la sua presenza
per sorridere.
Come succede anche a
Sam Rockwell, perfetto ribaltamento
parodistico del generale nazista. Il suo goffo e anticonformista
Capitan Klenzendorf è talmente ben costruito e caratterizzato da
non rientrare nello stereotipico personaggio caricaturale; è un
personaggio sfaccettato, nel quale è anche facile scorgere barlumi
di umanità pronti a esplodere tra le macerie di una nazione in
decadenza.
Giostra caleidoscopica lanciata a
folle velocità sulla spinta di talenti eccezionali e sostenuta da
una colonna sonora capace di mescolare marce militari ai brani di
David Bowie, Jojo Rabbit
si candida a essere uno dei più bei film della stagione. Un
successo quanto mai meritato.
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