In occasione della presentazione di
Downton Abbey alla Festa del Cinema di
Roma 2019, ecco la nostra intervista a Michelle Dockery,
Jim Carter e Imelda Staunton.
Il film esce il 24 ottobre in sala
distribuito da Universal Pictures.
Downton Abbey, film diretto da
Michael Engler, è basato sulla popolarissima serie TV britannica,
ambientata all’inizio del XX Secolo nello Yorkshire. Protagonista è
ancora una volta la famiglia Crawley e la servitù che lavora per
essa presso la splendida tenuta Downton Abbey nella campagna
inglese. Siamo nel 1927 quando un evento sconvolge la quiete del
gruppo aristocratico: il conte di Grantham, Robert Crawley (Hugh
Bonneville), riceve una lettera direttamente da Buckingham Palace,
nella quale viene comunicato che re Giorgio V e la sua famiglia
reale faranno visita alla dimora. Questo vuol dire che i veri reali
soggiorneranno da coloro che hanno sempre vissuto da reali.
La notizia li getta nella
confusione più totale e in breve tempo la tenuta viene popolata dal
maggiordomo e da altri dipendenti del re, che si prodigano per far
sì che tutto sia pronto per il grande arrivo. I Crawley si
ritrovano impossibilitati ad agire, mentre Downton Abbey sembra
aver subito una colonizzazione esterna da parte dell’arrogante
personale reale, che umilia i domestici del palazzo. Lady Mary
(Michelle Dockery) è convinta che il loro maggiordomo, Thomas
Barrow (Robert James-Collier), non sia pronto ad affrontare un
evento simile e chiede al signor Carson (Jim Carter), maggiordomo
in pensione, di tornare temporaneamente ai suoi servigi per
l’occasione. Anche Lady Violet (Maggie Smith) è preoccupata per la
visita reale, che comporta l’arrivo di Lady Maud Bagshaw (Imelda
Staunton), dama di compagnia della regina e cugina stretta di
Robert, cosa che renderebbe il conte un perfetto erede della
nobildonna.
Ma i domestici di Downton non
restano a guardare mentre il caos invade la dimora e sono decisi a
“contrattaccare” per riprendere quello che un tempo era loro
territorio. Nei sotterranei della tenuta, Anna (Joanne Froggatt) e
John Bates (Brendan Coyle) escogitano un piano per riconquistare la
famiglia e ripristinare l’onore di Downton, tutti sono d’accordo
tranne il signor Carson. Riuscirà la servitù a cacciare gli
invasori e accogliere al meglio re Giorgio V e la sua famiglia?
Lo scorso anno Lucca Comics & Games è
diventata Zero Waste: da quest’anno lo diventa anche la città
durante il festival.
Lucca Comics & Games conferma la sua vocazione
“green” e conferma per il secondo anno consecutivo le iniziative
che già dal 2018 gli sono valse il riconoscimento “Zero
Waste – Rifiuti Zero”, secondo la strategia ideata da Paul
Connett, professore emerito dell’Università “Saint Lawrence”,
accolta per la prima volta in Italia dalla Commissione Rifiuti Zero
di Capannori, rappresentata da Rossano
Ercolini.
Il più importante evento crossmediale europeo,
dedicato al mondo del fumetto, del gioco e del videogioco,
dell’illustrazione e della letteratura fantasy,
dell’intrattenimento intelligente, che si terrà a Lucca dal
30 ottobre al 3novembre negli
ultimi anni, coadiuvato dal Comune di Lucca,
ha intrapreso un serio percorso di sostenibilità, impegnandosi
nella riduzione dei rifiuti, arrivando oggi ad un’importante svolta
che gli è valso il riconoscimento dell’associazione di Ercolini,
vincitore del Goldman Environmental Prize 2013,
prestigioso premio internazionale ambientale.
Ad annunciare l’importante
novità Francesco Raspini, assessore
all’Ambiente del Comune di Lucca insieme ad Aldo
Gottardo, membro del consiglio di amministrazione di Lucca
Crea srl, con Lorenzo Gatti, direttore
generale Ristogest, alla presenza di Sandra
Bianchi presidente provinciale Fipe – Confcommercio
Lucca. Ad ufficializzare il riconoscimento “Zero Waste Italy”
ottenuto dal festival, Rossano Ercolini,
della Commissione Rifiuti Zero.
Il festival non solo conferma tutte le
disposizioni già attuate lo scorso anno con grande successo, ma
rilancia con altre importanti novità che permetteranno di ridurre
ancora l’impatto della manifestazione. Negli spazi ristoro interni
al festival, grazie alla collaborazione
di Ristogest (general contractor food
and beverage dal 2015) saranno messi a disposizione dei visitatori
ben 82 mila bicchieri riutilizzabili
(l’anno scorso erano 30 mila), che oltre ad
essere un desiderato ricordo della manifestazione potranno essere
utilizzati per bere dalle numerose fontane sparse per la città e
per bere insieme, anche da bottiglie più grandi, così da ridurre in
modo consistente la produzione di plastica durante la
manifestazione. I bicchieri sono dotati anche di un pratico
laccetto che permette di trasformarli in una sorta di borraccia e
di portarli con sé, facilitando così la praticità del riutilizzo.
Inoltre saranno in distribuzione in numerosi locali e nei pubblici
esercizi della città che hanno aderito all’iniziativa, grazie alla
collaborazione con Confcommercio Lucca. Il
bicchierie riutilizzabile sarà inoltre donato a tutti coloro che
prenderanno parte ai laboratori ecologici organizzati al Family
Palace (ex real Collegio).
I bicchieri targati Lucca Comics & Games
rientrano anche nel progetto “We Are Lucca”, l’iniziativa che ha
portato ad una produzione originale, ambientata nella nostra città,
che vede protagonisti 4 ragazzi, scelti tra il pubblico del
festival, diventati protagonisti insieme alla città di un’avventura
inedita illustrata da Barbara Baldi (anche autrice del poster 2019
e vincitrice del Gran Guinigi 2018) e scritta da Eleonora Caruso e
Giorgio Giusfredi. I volti dei ragazzi “We are Lucca” trasformati
nei personaggi della storia edita sul catalogo delle mostre, sono
stampati anche sui bicchieri, in quattro varianti.
Infatti se si considera che per ogni bicchiere
potranno essere non utilizzate almeno due bottigliette da mezzo
litro, l’impatto positivo della manifestazione potrà contarsi, tra
bottigliette di plastica e lattine, in circa 200
mila in meno. Inoltre, tutte le
stoviglie e il packaging utilizzati nei punti ristoro interni al
festival saranno interamente biodegradabili grazie
all’utilizzo di piatti, posate e vaschette in parte in polpa di
cellulosa, in parte in cartoncino riciclabile e parte in mater-b,
con l’impegno massimo a ridurre il più possibile il volume del
materiale di scarto e aumentare al massimo il riciclo.
Fra le novità di quest’anno, in
tutti i punti ristoro interni alla manifestazione saranno
utilizzati, per cucinare, circa 12 mila litri di acqua in bottiglia
da un litro, in “R-Pet”, plastica realizzata
con il 50 per cento di materia riciclata, messe a disposizione
grazie ad un accordo con Acqua Silva. Una
bottiglia che presenta quindi uno speciale formato tra i più
ecosostenibili attualmente in circolazione, ma che conserva le
stesse caratteristiche di sicurezza e di qualità. Inoltre
propria Acqua Silva, come partner del festival ha realizzato
un’edizione esclusiva di bottigliette da mezzo litro con la
riproduzione del manifesto di quest’anno.
Inoltre, verranno allestite a cura di Ristogest,
delle aree apposite alla raccolta dei materiali riciclabili, una
sorti di piccole “isole ecologiche”, in cui il
pubblico del festival potrà conferire il materiale differenziato e
compostabile, secondo una pratica suddivisione in colori e
segnalati da simboli.
In più il porta badge animal
friendly per i Level Up: Il progetto Level Up di
Lucca Comics & Games, abbonamento per cinque “premium” lanciato lo
scorso anno, ha deciso di abbracciare la politica Animal Friendly.
Per questa edizione, infatti, lo stesso artigiano Gabriele Stazi
(The Leprechaun), ha reinventato gli speciali porta badge
esclusivi, collezionabili e personalizzabili, evitando l’utilizzo
di qualsiasi derivato animale.
Il festival arriva a questo importante
passo dopo una serie di iniziative tese a sensibilizzare e ad
educare alla giusta differenziazione dei rifiuti, al
rispetto dell’ambiente e al risparmio delle risorse come l’acqua
potabile.
Già dal 2014 infatti il festival ha attivato una
importante riduzione dello spreco della carta. Ha eliminato le 1200
cartelle stampa, che stampava ogni anno, informatizzando al massimo
le pratiche interne e i processi di accreditamento alla
manifestazione, riducendo al minimo la produzione di centinaia di
migliaia di pagine.
Oltre a questo
ricordiamo Scarty®(realizzato dalla Com.Ing
srl), il progetto scolastico che in 3 anni ha coinvolto le scuole
primarie entrando, tramite I bambini, in oltre 3000 famiglie
lucchesi, con un gioco sulla raccolta differenziata e incentivando
una serie di comportamenti virtuosi da mettere in pratica fra le
mura domestiche per partecipare a un grande concorso.
Una vera e propria “gamification urbana”, che ha
trovato la sua naturale prosecuzione e un nuovo sviluppo con
“BluTube: chi porta l’acqua a
casa!” (dell’editore Red Glove), progetto di
sensibilizzazione all’uso dell’acqua pubblica iniziato nel 2018,
che premia, tra l’altro, la conoscenza del territorio: per
guadagnare punti i ragazzi hanno infatti dovuto scoprire e visitare
i 26 “Luoghi dell’Acqua”, opere di straordinario interesse storico,
architettonico, funzionale che spesso non sono conosciute.
La durata ufficiale di
Star
Wars: L’Ascesa di Skywalker conferma che si
tratterà della puntata più lunga della serie. Dato tutto ciò che il
film ha bisogno di raccontare, sarebbe stato sorprendente se il
film fosse corto.
Il film infatti non solo concluderà
la trilogia cominciata nel 2015 con Il Risveglio della
Forza, ma sarà anche l’ultimo capitolo dell’intera
saga iniziata nel 1977.
La pagina ufficiale degli AMC
Theatres riporta che L’Ascesa di Skywalker durerà 155 minuti.
Questo rende il film il più lungo della serie fino a questo
momento. In precedenza, il record era detenuto da Gli
Ultimi Jedi, che dura 152 minuti. Il Risveglio
della Forza dura “soltanto” 135 minuti.
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia
del franchise diretto da J.J. Abrams,
arriverà nelle sale a dicembre 2019.
Nel cast Daisy
Ridley, Oscar
Isaac, John
Boyega, Kelly Marie
Tran, Naomi
Ackie, Joonas Suotamo,Adam
Driver, Anthony Daniels, Billy
Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall
Gleeson, Billie Lourd e il veterano del
franchise Mark Hamill. Tra le new entry
c’è Richard E. Grant.
Il ruolo di Leia Organa sarà
interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del
girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della
Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie
Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato
una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la
sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né
mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la
benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di
onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX,
usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio
VII.”
Secondo Jason
Momoa, Aquaman
2 sarà ancora più grande del primo film diretto da
James Wan. Alla luce del successo al box office e
della magnificenza degli effetti visivi del primo film, questa
dichiarazione la dice lunga sull’ambizione dell’attore per il
sequel che lo vedrà protagonista.
Il film ha superato $ 1 miliardo di
dollari in tutto il mondo, e il mondo intero sembra essersi
riversato in sala a guardare la prima avventura da solista del
personaggio che avevamo già visto in azione in Justice League.
Entertainment
Tonight ha incontrato Momoa alla premiere per la sua
prossima serie per Apple TV +, See, e lui
non poteva sembrare più entusiasta del prossimo sequel. In
particolare, ha detto che Aquaman
2 sarà “molto più grande” del primo film, in
quanto “c’è molto di più in serbo per gli spettatori” su
“molti più livelli”. Momoa ha anche accennato al fatto che
il sequel potrebbe comprendere alcune sue idee creative e che la
risposta dei fan è stata così incredibile.
Aquaman 2 uscirà al
cinema il 16 dicembre 2022. Lo studio ha
annunciato ufficialmente il sequel del film con Jason
Momoa all’inizio di questo mese, confermando
che David Leslie Johnson-McGoldrick scriverà
la sceneggiatura.
Attualmente l’incasso del film lo
ha fatto classificare al 20° posto della classifica mondiale di
tutti i tempi. Johns-McGoldrick ha
collaborato con Will Beall nella sceneggiatura
di Aquaman. Johnson-McGoldrick ha
iniziato a lavorare sulla sceneggiatura tre anni fa dopo aver letto
i fumetti di Aquaman mentre era sul set
di The Conjuring 2 di Wan.
Richard Lowenstein,
regista di E morì con un felafel in mano
e storico collaboratore degli INXS, per cui realizzò la maggior
parte dei video musicali, nonché amico del frontman Michael
Hutchence, porta alla Festa del Cinema di
Roma nella selezione ufficiale, un intenso docufilm sul
cantante.
Il film si concentra sulla parabola
esistenziale dell’uomo, mentre ripercorrere a grandi linee la
carriera della band, tra le poche australiane ad aver conquistato
il pubblico statunitense ed essersi guadagnata fama mondiale,
grazie a una preziosa alchimia imperniata sulla figura del leader,
sul suo carisma, la sua sensualità, ma anche sulle doti vocali
notevoli e le capacità di scrittura, oltre che sull’apporto di
validi collaboratori.
Materiali e testimonianze per
Mystify: Michael Hutchence
Sono proprio alcuni membri del
gruppo – composto oltre che da Hutchence, da Garry
Beers, KirkPengilly e
dai fratelli Tim, Jon e
Andrew Farris, co-autore dei brani assieme a
Michael – a parlare di lui. Ci sono i familiari – il padre
Kell, i fratelli Tina e
RhettHutchence– e le sue partner
– Michele Bennett, che rimase sempre sua amica e
per la quale scrisse Never tear us apart, uno dei brani
più famosi della band; Kylie Minogue, che lo
conobbe giovanissima; la modella Helena
Christensen e Paula Yates, giornalista
musicale che per lui lasciò Bob Geldoff e gli
diede la sua unica figlia, Tiger.
Infine gli amici, tra cui il leader
degli U2 Bono. Sullo schermo brevi sequenze di
concerti si alternano a interviste a Michael, accanto a una serie
di filmati privati, spesso girati dallo stesso cantante, e foto di
famiglia.
La figura di Michael
Hutchence
Nato il 22 gennaio del 1960, il film
ripercorrere la sua infanzia e adolescenza tra Australia, Hong Kong
e Usa, dove segue la madre, Patricia, dopo la separazione dal
padre. Vi resterà per più di un anno. Nel ’77 l’incontro con i
fratelli Farris, nel 1980 il primo album degli INXS. Michael non sa
suonare, ma la sua voce profonda e sensuale è ciò che
contraddistingue il gruppo.
I primi anni sono un tour continuo,
come racconta la compagna di allora Michele Bennett. Quindi il
successo, milioni di copie vendute in America dall’album
Kick (1987) in poi, da Mystify e Need you
Tonight a Taste it, passando per Suicide
Blonde. Alcuni brani sono parte integrante della colonna
sonora del film, che regala anche due inediti e conta sulle musiche
originali di Warren Ellis, già membro dei
Nick Cave and the Bad Seeds.
Assieme agli stadi pieni arrivano i
riconoscimenti internazionali e le prime pressioni mediatiche.
Intanto, nella vita privata di Michael c’è Kylie Minogue, giovane e
bellissima, entrambi sono impegnati in tour, spesso in parti
opposte del mondo. I fax che si scambiano testimoniano la loro
intensa storia d’amore, dice Minogue, “erano le nostre lettere
d’amore”, assieme a filmati privati girati da Michael nei
viaggi in Provenza, Italia o a bordo dell’Orient Express.
Emerge così il ritratto toccante di
una persona estremamente dolce e timida, accogliente e mite, con un
abbraccio o un sorriso sempre pronto a schiudersi. Insomma,
l’opposto della rockstar trasgressiva, che distrugge camere
d’albergo e manda a monte tour. Al contrario, un gran lavoratore,
che porta su di sé il peso del gruppo come frontman, ma anche
scrivendo testi e componendo melodie assieme ad Andrew Farris. Un
carisma naturale il suo, come ripetono molti degli intervistati,
che emergeva dal suo sguardo magnetico, capace di catturare
l’attenzione di chiunque fosse in una stanza con lui. Una
personalità con le sue fragilità, ma che era riuscita a trovare un
equilibrio.
Fino al 1992 e al giorno
in cui un incidente, in vacanza a Copenaghen, cambia per sempre la
sua vita. La violenta aggressione di un tassista gli causa gravi e
irreversibili danni al cervello, di cui non vorrà mai far parola
neanche con i membri della band. In un attimo Michael Hutchence
perde ciò su cui più di tutto aveva strutturato la sua esistenza: i
sensi, l’olfatto e il gusto. Minogue parla di lui come di un essere
sensuale, i cui sensi avevano bisogno di stimoli continui, curioso
e desideroso di provare tutti i piaceri della vita.
Ora, invece, l’uomo che aveva
cantato Taste it (assaggia), innamorato fin quasi
all’ossessione del romanzo Il profumo di Patrick
Süskind, non è più in grado di sentire odori e sapori. La seconda
parte del documentario mostra un uomo profondamente cambiato,
depresso, a volte anche aggressivo e violento, che ha smarrito sé
stesso. Quindi, il ricorso più massiccio alle droghe e l’incontro
con Paula Yates, la separazione di lei da Geldoff, che dà il via a
un’aspra battaglia per la custodia delle figlie – cui Michael
si lega molto.
L’assedio mediatico dei tabloid
inglesi, sempre più stretto e destabilizzante per il cantante.
L’unica vera gioia di questi anni per lui, che sembra galleggiare
in un vuoto sempre più profondo, è la nascita della figlia, Tiger
Lily. Alla vigilia del tour australiano del ’97 appare stanco, non
vuole allontanarsi da Londra, dalla famiglia. Lontano da casa e
dagli affetti, la solitudine e lo smarrimento prevalgono,
portandolo a togliersi la vita in un hotel di Sidney il 22 novembre
dello stesso anno.
L’approccio di
Lowenstein
Il regista non insiste sugli aspetti
dissoluti della vita di Hutchence, sull’uso di droghe e sulla
dipendenza, pur non nascondendoli affatto. Non è interessato a
questo, non è morboso, non ha intenti voyeuristici.
Anzi, il documentario rende
giustizia a una figura troppo spesso raccontata in modo parziale e
fuorviante dalla stampa. Lowenstein si mantiene alla larga dallo
stereotipo trito della rockstar dissoluta e restituisce qualcosa di
assai più interessante: il carattere, la personalità di Hutchence
con estrema delicatezza, come può fare solo un amico. È sicuramente
grazie allo spirito sincero e accorato che permea il lavoro che
Lowenstein è riuscito ad ottenere la collaborazione di parenti e
amici più stretti, i quali hanno partecipato al film con lo stesso
intento. Ed è anche ciò che conquista lo spettatore.
Non si tratta dell’ennesima
operazione commerciale creata attorno a leader o band di
grandissimo richiamo, di cui già si è detto e scritto tutto il
possibile, ridondante e superflua. Al contrario:
Mystify è il documentario di cui c’era
bisogno per far conoscere l’uomo Hutchence a chi lo ha amato come
musicista, ma anche a chi vi si accosta per la prima volta e
magari, coinvolto da un racconto dolce e struggente, con ancora
negli occhi l’immagine di questo ragazzo mite e gentile, del suo
sorriso largo e accogliente, potrà avvicinarsi al suo lavoro
d’artista.
Come si può raccontare una leggenda
ai mortali? Semplicemente prendendo quell’icona e “abbassandola” al
livello umano. È quello che ha tentato di fare Rupert
Goold in Judy,
il suo nuovo film presentato alla Festa del Cinema di Roma 2019 e
che vede protagonista una straordinaria Renée
Zellweger.
Conosciuta da tutti come la
ragazzina de Il Mago di Oz, la dolce
Dorothy, dal Kansas, Judy
Garland è in realtà, soprattutto per gli americani,
una vera e propria stella, un’icona incredibile che ha avuto una
vita complicata, traumatizzata dal lavoro continuo in tenera età, e
funestata da una serie di vicende personali che ne hanno minato la
sicurezza, fisica, mentale e anche economica.
Renée Zellweger ha restituito lo spirito di
Judy
A portare l’enorme perso di questo
personaggio è la Zellweger, che si dimostra
perfettamente all’altezza di portare il mito di nuovo in mezzo a
noi e sullo schermo. “Ho chiesto a Renée Zellweger di non
essere Judy Garland, ma di essere Renèe che faceva Judy Garland,
una differenza sottile ma molto importante per me – ha
spiegato il regista in conferenza stampa – So che non poteva
essere perfetta come Judy, ma autentica. Non avrebbe mai avuto la
sua voce, certo, ma poteva replicarne lo spirito, ed è quanto ha
fatto”.
La scelta di Renée è stata quasi
naturale, dal momento che il ruolo richiedeva un’attrice che
potesse dare diverse sfumature drammatiche al personaggio, ma che
fosse anche in grado di cantare e di essere comica: “Renée era
la persona giusta. Lei si è presa 6 anni di pausa dal cinema,
perché sentiva troppo il peso di Hollywood, ha fatto tutto un suo
percorso sulla fama e questo, di lei, mi ha conquistato”.
Sugli inizi di Judy
Garland da star bambina, Rupert Goold ha
raccontato: “Judy e Shirley Temple sono state le prime bambine
ad avere fama, con tutte le conseguenze che per entrambe ci sono
state. Oggi invece c’è un sistema che protegge molto di più i
bambini che si proiettano nel mondo del cinema e
dell’intrattenimento. Lei è stata la bambina di tutti, ma
non ha avuto un’infanzia per sé“.
Avrete sicuramente letto o seguito i
recenti commenti di Martin
Scorsese e Francis Ford
Coppola (con tanto di repliche da parte di James
Gunn e Sebastian
Stan) riguardo i cinecomic, ritenuti quanto di più
culturalmente e produttivamente lontano dalla loro idea di cinema.
In particolare ha fatto discutere la dichiarazione di Coppola che
definisce i film di supereroi come “spregevoli”, motivandone le
ragioni, lasciando intendere che qualsiasi prodotto del genere
nell’industria abbia in qualche modo deluso le sue aspettative.
Ma a quanto pare non è così, come
suggerito da uno dei registi di Spider-Man: Un Nuovo
Universo, Peter Ramsey, su Twitter.
È qui infatti che fa sapere che l’autore de Il Padrino ha in realtà
apprezzato molto il progetto complimentandosi per il risultato
finale.
“Francis l’ha visto e ci ha
fatto tantissimi complimenti per l’animazione innovativa e le
performance animate. Quindi non tutto è sbagliato…“
Forse questa notizia dovrebbe
spingere il pubblico a riconsiderare il senso delle affermazioni di
Coppola e ad interpretarle correttamente.
Actually, Francis HAS seen it and was very
complimentary and really appreciated the innovation and animated
performances. So, not everything is so cut and dried.
Spider-Man: Un Nuovo
Universo racconta le vicende del teenager Miles Morales e
delle infinite possibilità dello Ragno-Verso, dove più di una
persona può indossare la maschera. Una visione fresca di un nuovo
Universo Spider-Man con uno stile visivo innovativo e unico nel suo
genere. Il film è stato diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey,
Rodney Rothman, con Shameik Moore e Jake Johnson. Uscita al cinema
il 25 dicembre 2018. Durata 117 minuti. Distribuito da Warner Bros.
Italia.
Il cast di doppiatori americano
comprendere gli attori Shameik Moore, Jake Johnson,
Mahershala Ali, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Liev Schreiber,
Luna Lauren Velez, Zoë Kravitz, Nicolas Cage.
È stato John
Travolta il protagonista assoluto della giornata di
martedì alla Festa del Cinema di Roma 2019.
Cordiale con i fan e disponibile con la stampa, l’attore ha
ritirato il premio alla carriera e presenziato ad un incontro con
il pubblico.
Insieme al trailer finale è
arrivato anche il nuovo poster di Star Wars: L’Ascesa
di Skywalker in cui, se fate attenzione, noterete
il nome di Carrie Fisher davanti a tutti gli altri
membri del cast. L’attrice è tornata ad interpretare la la
Principessa Leia in Il Risveglio della Forza e Gli
Ultimi Jedi, ma la sua tragica scomparsa le ha impedito di
essere “fisicamente” sul set del capitolo conclusivo della
trilogia, costringendo la produzione ad usare materiale d’archivio
per riportare in vita il personaggio.
Ma a quanto pare si tratterebbe
dell’ennesimo omaggio all’attrice, vero cuore del film come già
dichiarato da J.J.Abrams nei mesi scorsi, voluto dall’amico e
collega Mark Hamill. Di norma l’ordine del cast di
Star
Wars prevedeva Hamill in testa e prima della Fisher a causa di
clausole contrattuali, mentre stavolta, secondo alcune
indiscrezioni, l’interprete di Luke Skywalker avrebbe insistito per
il cambio nel poster di Episodio IX.
C’è un altro dettaglio che non è
sfuggito ai fan della saga, ovvero la data di pubblicazione del
trailer che coincide con il compleanno dell’attrice, di cui
sentiamo la voce nel footage dicendo “La Forza sarà sempre con
te“.
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia
del franchise diretto da J.J. Abrams,
arriverà nelle sale a dicembre 2019.
Nel cast Daisy
Ridley, Oscar
Isaac, John
Boyega, Kelly Marie
Tran, Naomi
Ackie, Joonas Suotamo,Adam
Driver, Anthony Daniels, Billy
Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall
Gleeson, Billie Lourd e il veterano del
franchise Mark Hamill. Tra le new entry
c’è Richard E. Grant.
Il ruolo di Leia Organa sarà
interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del
girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della
Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie
Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato
una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la
sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né
mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la
benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di
onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX,
usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio
VII.”
L’interprete di Thor,
Chris Hemsworth, vorrebbe avere la
possibilità di partecipare ad un film di Star
Wars, ad un certo punto della sua carriera. Per alcuni un solo
franchise non basta, ma è chiaro che nel caso dell’attore
australiano, l’idea di partecipare a un film della Lucasfilm è
legata a fattori sentimentali.
Oltre al franchise Marvel, Chris
Hemsworth ha partecipato anche a Star
Trek e a Men in Black. Nel
futuro di Hemsworth c’è confermato Thor: Love and Thunder
previsto per la fine del 2021, ma l’attore è in trattative anche
per un biopic sul famoso wrestler Hulk Hogan, che è trai prossimi
progetti di Todd Phillips.
Secondo il Comic Book, durante
il suo panel all’ACE Comic Con West lo scorso fine
settimana, a Hemsworth è stato chiesto se gli sarebbe piaciuto far
parte del franchise di Star Wars e lui ha dichiarato che avrebbe
“adorato” partecipare in qualche modo ai film. Ha poi aggiunto di
essere cresciuto con quei film e di esserne sempre stato un grande
fan.
Dal momento che Chris fa già parte
della famiglia Marvel, non dovrebbe essere complicato per la
Lucasfilm scritturarlo, visto che sono
tutti sotto l’ala protettiva di mamma Disney e quindi il passaggio
da un franchise a l’altro potrebbe essere semplice da mettere a
punto, da un punto di vista contrattuale.
Certo con l’arrivo di Episodio IX e
la chiusura della saga degli Skywalker, potrebbe passare un po’ di
tempo prima che ci sia un nuovo film di Star Wars, ma magari la
Lucasfilm riprenderà in mano i progetti
per gli spin off e lì ci sarà spazio per l’attore che interpreta
Thor.
Come riportato da Variety,
Adam Driver si troverebbe in trattative per unirsi
al cast di Last Duel, il nuovo film di
Ridley Scott, sostituendo nella parte
Ben
Affleck, che invece comparirà in un ruolo secondario.
Già confermati Matt
Damon e la star di Killing EveJodie
Comer.
Vi ricordiamo che questo sarà
l’adattamento cinematografico del romanzo di Eric Jager The
Last Duel: A True Story of Trial by Combat in Medieval France
e che la storia segue le vicende di due migliori amici e di una
vendetta, con gli attori che interpreteranno rispettivamente il
cavaliere normanno Jean de Carrouges e lo scudiero Jacques Le Gris,
separati da una guerra e dalle accuse ai danni del secondo di aver
violentato sua moglie Margerite de Carrouges. Nessuno però crede
alla donna e il soldato farà appello al re di Francia per annullare
la sentenza emessa dal conte Pierre d’Anencon. I due uomini
dovranno combattere in un duello mortale il cui vincitore sarà
sancito dalla volontà di Dio.
Nicole Holofcener (Can You
Never Forgive Me?, Enough Said) scriverà la sceneggiatura
insieme a Damon e Affleck. Per quanto riguarda Driver, lo rivedremo
presto in Marriage
Story di Noah Baumbach al fianco
di Scarlett Johansson e in Star Wars:
L’Ascesa di Skywalker, capitolo conclusivo della
nuova trilogia del franchise.
“Ballare mi diverte di più. E mi manca farlo“.
John Travolta saluta il pubblico della Festa del
cinema di Roma tra gli applausi a tempo delle note inconfondibili
de La febbre del sabato sera, il musical
di John Badham che nel 1977 lo lanciò come vera star dell’industria
hollywoodiana. “Prima di ottenere quella parte sostenni il
provino per Jesus Christ Superstar. Avevo 17 anni, e ovviamente
provai per il ruolo di Gesù“, confessa l’attore ridendo.
“Ero ancora troppo giovane, ma il produttore si accorse di me e
scrisse un biglietto in cui diceva di tenermi d’occhio e che sarei
diventato grande. Diversi anni dopo me lo mostrò offrendomi la
parte in La febbre del sabato sera e
Grease…Non puoi mai prevedere il futuro, e quando
pianti un seme potrebbe germogliare in qualcosa di
straordinario.”
Il
racconto di Travolta parte dalle origini, e da un’infanzia
trascorsa ad osservare una madre regista e due sorelle attrici.
“Vengo da una famiglia di artisti. Da
piccolo guardavamo vecchi film insieme, La Strada
di Federico Fellini, Ieri oggi e
domani con Sofia Loren, quindi è come se
lo spirito dell’intrattenimento mi fosse stato inculcato da subito
spingendomi a voler intraprendere quella carriera. Nessuno ha
opposto resistenza, ma ha accolto la mia scelta con tanta
felicità.” La stessa famiglia che gli ha insegnato
“fiducia, certezze, e un approccio al lavoro sempre professionale,
dove la costruzione del personaggio ricorda il rituale del seguire
una ricetta.
La serata prosegue mostrando al
pubblico alcune clip selezionate tra i tanti successi di Travolta,
compreso Blow Out di Brian De
Palma (1981), “un’esperienza piacevole, con lo stesso
regista che mi diede il mio primo ruolo in Carrie. Brian aveva
fiducia in me e sul set di Blow Out mi lasciò carta bianca“. E
che dire invece delle opportunità mancate e delle offerte
rifiutate? “Dissi di no a I giorni del cielo
di Terrence Malick per obblighi contrattuali, ad
American Gigolo perché discussi con Paul
Schrader e chiesi di andare via, e Ufficiale e
Gentiluomo perché preferii la vita al cinema e diventai un
vero pilota di jet. E poi c’è Chicago, che
rifiutai tre volte. Avevo un’idea del musical in cui le donne
odiavano gli uomini…soltanto vedendo il film mi resi conto che
sbagliavo, e che amavo profondamente quei personaggi femminili e
capivo le loro motivazioni“.
Travolta torna su Malick, con il quale ha avuto modo di
collaborare in La sottile linea rossa, riguardo un aneddoto sul
rifiuto de I giorni del cielo: “Terrenceè l’uomo più sensibile che abbia mai
conosciuto, è davvero un senziente, nel senso che sente e
percepisce le cose ad un livello più profondo. Quando chiese di me
per I giorni del cielo non accettai a causa di obblighi
contrattuali, ma lui era convinto che fossi l’unico a poter
interpretare quel ruolo. Per 17 anni non ha più lavorato e qualcuno
mi disse che fu proprio a causa del mio rifiuto. Quando lo
rincontrai gli chiesi se fosse vero…e lui mi confessò che era così.
Gli avevo spezzato il cuore, perché ero la chiave per poter
rappresentare la sua visione sullo schermo. Incolpava me come
specchio del sistema hollywoodiano […]
[…]
Ricordo che da piccolo, guardando il finale di La strada di
Fellini, chiesi a mio padre perché il personaggio di
Giulietta Masina moriva, e lui mi disse che aveva
il cuore spezzato. Era possibile che le persone morissero così? In
quell’istante promisi a me stesso che non avrei mai spezzato il
cuore a qualcuno con i miei sentimenti…e ironia della sorte,
inavvertitamente feci lo stesso con Terrence
Malick.“
C’è
tempo per parlare anche di Pulp Fiction e
dell’iconico look di Vincent Vega: “In realtà
fu una mia idea. Era già un
personaggio unico e nella sceneggiatura si diceva che aveva
trascorso un anno ad Amsterdam. Ci ero stato di recente e avevo
visto dei ragazzi con un taglio di capelli simile e l’orecchino,
quindi suggerii questa opzione a Quentin. All’inizio non era
d’accordo ma dopo le prove si convinse che era la soluzione
perfetta“. In conclusione il direttore artistico Antonio
Monda consegna il premio speciale a John Travolta per la sua
interpretazione in The Fanatic.
Sembra che Cardi B
sia entrata a far parte del cast di Fast and Furious
9, il nuovo capitolo del franchise di Toretto e
compagnia. Dopo che si era parlato di una possibile partecipazione
di Keanu Reeves al film e di un ritorno del
personaggio di Paul Walker, sempre grazie al
coinvolgimento del
fratello Cody, adesso arriva la conferma che l’attrice, che a
breve vedremo in Le ragazze di Wall Street, sarà nel cast.
In Fast and Furious
9 reciteranno i veterani del franchise Vin
Diesel, Charlize Theron, John
Cena, Michelle Rodriguez, Jordana
Brewster, Ludacris, Tyrese
Gibson e Helen Mirren. Nel cast anche Michael
Rooker e Cardi B.
Vi ricordiamo che la release del
film stata spostata al 22 maggio 2020, e che
la regia sarà firmata da Justin Lin. Non sono
state fornite spiegazioni ufficiali che hanno motivato questa
scelta, ma è evidente che nei piani della Universal Pictures ci sia
la volontà di garantire alla saga il miglior posizionamento al box
office possibile in una stagione già ricchissima di blockbuster
molto attesi.
Per quanto riguarda il film, tempo
fa era stato lo stesso Vin Diesel a spiegare che
Lin sarebbe tornato anche per la regia dell’episodio 10, cosa che
faceva pensare che i due episodi venissero girati in contemporanea.
Il rumor non è stato confermato e, visti i numerosi impegni degli
attori, non sembra un’ipotesi facilmente realizzabile.
Nella generale sorpresa, date le
passate divergenze, Natalie Portman tornerà nel
franchise dei Marvel Studios per
Thor: Love and Thunder,
ovvero il quarto capitolo dedicato al dio del tuono, dove però
sembra che sarà Jane Foster a impugnare il Mjöllnir.
Dopo aver abbondantemente spiegato e
giustificato le ragioni del suo ritorno al personaggio (non che ce
ne fosse bisogno), Natalie Portman ha parlato con
Variety di
questo impegno futuro, ed ha specificato che non sa niente della
trama del film, per ora, ma che potrebbe essere senza dubbio una
possibilità concreta il fatto che il film affronti la malattia di
Jane, come nei fumetti.
Ha poi aggiunto: “È molto raro
che questo tipo di film di grande intrattenimento trattino materie
così serie. Non so davvero niente del film, non ho ancora visto
niente ma ho sentito i rumors, ed è eccitante pensare che si
parlerà di quello.”
Natalie Portman è
da sempre stata sostenitrice di storie che dessero più importanza
al ruolo femminile e questa occasione, all’interno di un franchise
che sta lavorando nella stessa direzione, potrebbe essere davvero
un’occasione speciale.
Dopo aver accolto
Captain Marvel, il MCU sta facendo più
spazio per le donne: arriverà a breve Vedova Nera e sicuramente da
qualche parte c’è un progetto che parla della A Force. Inoltre, non
dimentichiamo che nella Fase 4 del MCU sono
previste le serie tv su Wanda Maximoff (Elizabeth
Olsen), She-Hulk e
Ms. Marvel.
Thor: Love
and Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo
sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il
Mjolnir stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo da
Natalie
Portman, come confermato sabato durante il panel dei
Marvel Studios al Comic-Con.
Taika Waititi
tornerà alla regia di un film dei Marvel Studios dopo
Thor: Ragnarok, così come Chris
Hemsworth e Tessa
Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor e
Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers:
Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal
fumetto The Mighty Thor, descritto da Waititi come “la
perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie
appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.
L’uscita nelle sale è fissata invece al 5 novembre 2021.
La Selezione Ufficiale della
quattordicesima edizione della Festa del
Cinema di Roma ospiterà oggi, mercoledì 23 ottobre, tre film:
Hustlers di Lorene Scafaria, storia di
spogliarelliste fra poliziesco e dramma, Where’s My Roy
Cohn? di Matt Tyrnauer, viaggio nelle arti oscure
della politica americana e 438 Days di
Jesper Ganslandt, profonda riflessione sulla libertà di parola e di
stampa.
Alle ore 19.30 (Sala Sinopoli) si
terrà Hustlers di Lorene Scafaria. “Presentiamo un mondo
che magari si è già visto in tanti film e tante serie tv, ma lo
facciamo da una prospettiva diversa, quella delle ballerine – ha
spiegato la regista – È un’epica combinazione di un poliziesco, un
film drammatico e una storia di spogliarelliste, nonché
un’esplorazione della crisi economica che ha sconvolto le vite di
tante persone, comprese quelle dei nostri personaggi”.
In Hustlers,
Destiny fa la spogliarellista per provvedere a sé stessa e alla
nonna. La sua vita cambia quando fa amicizia con Ramona, la stella
del locale. Destiny impara da Ramona come conquistare il pubblico
maschile, soprattutto la clientela di Wall Street, e che, quando si
fa parte di un sistema corrotto, bisogna sfruttare piuttosto che
farsi sfruttare. Destiny, Ramona e altre ballerine che si uniscono
a loro, escogitano un piano per cambiare le regole del gioco, ma la
situazione sfuggirà al loro controllo.
NOTE DI REGIA: Presentiamo un mondo
che magari si è già visto in tanti film e tante serie tv, ma lo
facciamo da una prospettiva diversa, quella delle ballerine. È
un’epica combinazione di un poliziesco, un film drammatico e una
storia di spogliarelliste, nonché un’esplorazione della crisi
economica che ha sconvolto le vite di tante persone, comprese
quelle dei nostri personaggi. L’articolo di Jessica Pressler
raccontava efficacemente la storia di queste affascinanti
protagoniste, sempre sotto giudizio e stigmatizzate per la loro
professione, e delle amicizie profonde che a volte fanno finire nei
guai. Mi sono immedesimata in tutto ciò che affrontano, comprese la
lotta contro la solitudine e la ricerca dell’indipendenza. Sono
mamme, amiche, sorelle e figlie in grado di creare legami
importanti che vanno oltre le loro differenze.
Non scrivo i personaggi con attori
specifici in mente, ma appena ho finito la sceneggiatura, mi è
sembrato subito evidente che la voce di Jennifer
Lopez era presente nelle pagine ancora prima che la
immaginassi nei panni di Ramona. Era destino. Jennifer è Ramona in
carne e ossa, fa quasi paura. Dà al personaggio un tono irriverente
e allusivo, ma anche un concreto realismo. Non volevo biasimare
nessun lavoro e nessun genere. Anche se le ragazze lavorano in un
sistema di valori che può essere insidioso, mi dispiace anche per i
personaggi maschili, che sono considerati soprattutto per la loro
ricchezza e il loro potere, proprio come le donne sono considerate
per la loro bellezza. Il sistema è malato per entrambi i
generi.
Descendants
3, l’attesissimo terzo capitolo della saga che vede
protagonisti i figli dei cattivi Disney più famosi, sta per
arrivare in Italia! Sabato 26 ottobre alle 14.00 su Disney
Channel (Sky, canale 613) i giovani e celebri personaggi
già amatissimi dal pubblico si ritroveranno ad affrontare
emozionanti avventure, intrighi e colpi di scena al fianco di nuovi
protagonisti.
Descendants
3 continua il racconto della saga contemporanea tra
il bene e il male: le figlie e i figli adolescenti dei Cattivi
Disney più famosi — Mal (Dove Cameron), Evie (Sofia
Carson), Carlos (Cameron
Boyce) e Jay (Booboo Stewart) —
ritornano sull’Isola degli Sperduti per reclutare un nuovo gruppo
di discendenti che si uniscano a loro ad Auradon Prep. Quando una
violazione della barriera metterà a repentaglio la sicurezza di
Auradon, Mal farà di tutto per proteggere il regno dalla minaccia
dei suoi nemici Uma (China Anne McClain) e Hades
(Cheyenne Jackson). Ma nuovi pericoli si nascondono fra le
mura di Auradon…
Il nuovo Disney Channel Original
Movie vede alla regia Kenny Ortega (High
School Musical), già regista dei primi due capitoli della
saga, che ne ha curato anche le coreografie ed è uno dei produttori
esecutivi.
“Good To Be Bad”,
la canzone numero d’apertura di Descendants 3 interpretata dal cast
al completo ha anticipato l’uscita in digitale della colonna sonora
del film, disponibile dallo scorso 2 agosto.
Come promesso, è arrivato stanotte
il trailer finale di
Star Wars:
L’Ascesa di Skywalker, capitolo conclusivo della
saga iniziata nel 1977 da Una Nuova Speranza atteso nelle
sale a dicembre 2019. Ma quali sono i punti salienti del footage e
quali informazioni ci offre sulla trama del film?
Ecco 10 indizi:
Il personaggio di Dominic
Monaghan
Fa parte del cast di Episodio
IX anche Dominic Monaghan, che ritrova J.J.
Abrams dopo l’esperienza televisiva di Lost, e grazie al
trailer finale siamo finalmente in grado di dare uno sguardo al suo
misterioso personaggio. Sappiamo che è un membro della Resistenza,
ma non il modo in cui verrà introdotto nella trama.
Il pianeta di ghiaccio
Sempre nel trailer viene mostrato lo
scorcio di un pianeta di ghiaccio sopra il quale sta volando una
flotta di caccia stellari (a quanto pare nuovi TIE Fighter del Primo
Ordine). Forse è qui che Kylo
Ren convocherà il suo esercito?
Il trono dell’imperatore
Una delle immagini più inquietanti
del trailer è il trono sinistro e circondato da bordi frastagliati
basato sui disegni del concept artist di Star
Wars Ralph McQuarrie realizzati per la sala del trono
dell’Imperatore Palpatine
in Il Ritorno dello Jedi. Fuori campo sentiamo la voce
inconfondibile di Ian McDiarmid che dice “Ho
aspettato a lungo”…forse il pianeta di ghiaccio è la sede del suo
nuovo regno?
L’ Imperial Star Destroyer emerge
dal ghiaccio
Un altro dettaglio incredibile del
trailer ci mostra lo Star Destroyer imperiale che
emerge dal ghiaccio, probabilmente il primo di una serie di veicoli
di una vasta flotta che sfrutta la tecnologia della Morte Nera
integrata nei loro sistemi. Presumibilmente sono stati nascosti
sotto le lastre e ora è Palpatine a “risvegliarli”…
Il sacrificio di C-3PO
Questo passaggio non è molto chiaro,
tuttavia suggerisce che C-3PO potrebbe lasciarci
nel corso del film. Alcuni sostengono che sia stato hackerato e che
un alieno sta cercando di entrare nella sua matrice di elaborazione
(il che confermerebbe la teoria sugli occhi
rossi generati da Threepio).
Rey e Kylo Ren nella sala del
trono
La trama di Episodio IX è
ancora avvolta nel mistero, eppure sembra chiaro che ad un certo
punto del film vedremo Rey e Kylo Ren diretti veros il relitto
della Morte Nera su Endor. Questa inquadratura li mostra nel cuore
della vecchia base dell’Impero, ovvero la Sala del Trono
dell’Imperatore.
Rey e Kylo distruggono la maschera
di Darth Vader
Ancora Rey e Kylo Ren sono
protagonisti di un momento entusiasmante, con i due che si
scagliano contro quello che sembra un manichino di Darth
Vader e distruggono la maschera a colpi di spada
laser. Forse è questa la chiave dei piani dell’Imperatore
Palpatine? cosa significa e a cosa porterà questo gesto?
Rey si confronta con Palpatine
Chiudiamo con l’immagine finale del
trailer, dove vediamo Rey al cospetto dell’Imperatore
Palpatine. Diverse speculazioni sostengono che il
villain sia tornato come una sorta di spirito Sith e non in forma
umana, ma di fatto non abbiamo ancora avuto un’anteprima del suo
volto…quale sarà la verità?
Leggi anche – Star Wars: L’Ascesa
di Skywalker, 5 teorie che potrebbero avverarsi
È l’evento cinematografico
dell’anno, il nuovo film di Martin Scorsese, vecchio maestro della settima
arte, che però si rivolge a Netflix,
simbolo della modernità del cinema, per realizzare la sua visione:
The Irishman è attesissimo, e a buon
diritto!
La storia tocca il mondo della
mafia italo-americana, ambiente caro allo Scorsese cinematografico,
e si concentra sulla vita di Frank Sheeran (a sua volta raccontata
nel libro I Heard You Paint Houses scritto da
Charles Brandt). Frank è un veterano di guerra,
che ha imparato ad uccidere nella campagna in Italia e che riesce
ad entrare nelle grazie dei vertici della mafia, diventando “l’uomo
che imbianca case”, ovvero il killer deputato a fare pulizia.
Efficace, preciso, servizievole, Frank è l’impiegato modello, che
esegue gli ordini e non fa domande, un vero soldato.
Leale e rispettoso del codice
“d’onore” che vige tra quella gente, Frank viene nominato guardia
del corpo di Jimmy Hoffa, carismatico leader sindacale, con il
quale stringe una fraterna amicizia. Ma il mondo degli adulti, e
quello della mafia, non è posto per i sentimenti e la lealtà assume
forme inaspettate. E poi, che senso ha tutto questo, quando diventa
solo una storia che nessuno ricorda, raccontata da un vecchio solo
in una stanza di un ospizio?
The Irishman, un film con gli amici
Martin Scorsese ha fatto un film con i suoi
amici, ha scelto Robert
De Niro per il ruolo principale, ha regalato
un’altra grande parte a Joe Pesci, ha ingaggiato per la prima volta
Al Pacino, regalandoci finalmente quel confronto tanto
agognato (e un paio di volte sfiorato) tra gli attori più grandi e
rappresentativi degli anni ’50. È tornato nel mondo della mafia, a
raccontare le gesta di quei bravi ragazzi, solo che adesso non sono
più ragazzi. Sono rallentati, invecchiati, resi goffi nei movimenti
dall’età e dall’artrite.
Scorsese ha scelto la strada più
lunga e difficile per realizzare questo film, la strada che
attraverso la tecnologia del de-aging gli ha permesso di
lavorare per tutto l’arco della storia con
De Niro e compagnia, senza ricorrere ad un attore più
giovane, perché per lui non avrebbe avuto senso, ora, raccontare
quella storia senza Bob. Voleva un film con e per i suoi amici, e
Netflix gli ha
dato questa possibilità (e i fondi necessari).
Il senso di The
Irishman potrebbe essere rintracciato tutto nelle
motivazioni del regista: è un film senile ma non vecchio,
malinconico ma non triste. Racconta la fine di una storia
personale, quella di Frank, la fine di un impero mafioso in cui i
boss erano guardati come un mito (nel film i bambini non sono
quelli che ne Il Padrino facevano da sfondo, ma
sono i primi giudici severi dei genitori), la fine di un periodo
storico negli Usa che ha ferito profondamente il Paese e che adesso
a stento si ricorda.
La presa di
coscienza della nostra mortalità
The
Irishman è la presa di coscienza della nostra
mortalità e del fatto che il tempo, con il suo fluire, priva di
significato ogni gesto, ogni avvenimento, lasciando soltanto spazio
a una profonda e meditabonda solitudine, dove non c’è spazio
nemmeno per il pentimento. Pentirsi di cosa, poi? È passato così
tanto tempo che le brutture sono state dimenticate, e la nostalgia,
quasi confortevole, del passato si trasforma in un sollievo perché
davanti a noi c’è solo un’altra cosa da fare: morire.
The
Irishman ha la stessa potenza narrativa e trascinante
di C’era Una Volta in America, è a suo
modo un’epopea meno romantica ma altrettanto emozionante sulla vita
di un uomo che ha sempre agito. I mafiosi, gli assassini, i
criminali raccontati da Sergio Leone hanno avuto
dei figli, che sono diventati questi mafiosi di Scorsese, molto
diversi da quelli che raccontava negli anni ’70. Questi personaggi
sono riflessivi, quasi paterni, non hanno più quella rabbia e
frenesia, e nel raccontare questa sorta di distorta dolcezza degli
ultimi di una stirpe, Scorsese fa un grande regalo al suo pubblico:
dà a Joe Pesci un ruolo inedito, delicato,
affettuoso, così in contrasto con quanto aveva fatto con i suoi
film del passato. E così l’attore diventa l’emblema perfetto del
senso della storia.
Scorsese realizza una lettera
d’amore a un tempo che non c’è più, a un cinema che non c’è più, un
film per molti versi testamentario, che mette fine a una parte
della sua carriera e che sembra inaugurarne un’altra, pervasa dalla
malinconia di un mondo scomparso, ma anche dalla consapevolezza che
il tempo “guarisce” e che la morte fa parte della vita. Lo stile si
appiana, il montaggio si “calma”, lo spettacolo è lasciato fuori
campo, Scorsese mette al centro i suoi attori e il loro talento e
nient’altro gli interessa se non raccontare la sua storia con i
suoi amici. E il suo mestiere, il suo occhio, la sua sensibilità
danno vita alla meraviglia di The
Irishman.
Domani,
martedì 22 ottobre, John Travolta sarà
protagonista di un Incontro Ravvicinato alla quattordicesima
edizione della Festa del Cinema di Roma: alle ore 17.30 presso la
Sala Sinopoli, l’attore statunitense, uno dei più amati e versatili
della sua generazione ripercorrerà le tappe principali della sua
carriera che attraversa quasi cinquanta anni di cinema, teatro e
televisione.
Travolta
raggiunge nel 1977 il successo planetario nei panni di Tony Manero
ne La febbre del sabato sera: per la sua interpretazione
riceve una nomination agli Oscar e una ai Golden Globe come Miglior
attore. Il successo è ribadito da Grease di Randal Kleiser.
Nel 1994, è protagonista di Pulp Fiction di Quentin
Tarantino: il memorabile ruolo di Vince Vega gli vale la seconda
nomination all’Oscar. Nel corso dei decenni, Travolta ha lavorato
con alcuni dei maggiori registi contemporanei fra i quali
Oliver Stone, Terrence Malick, Brian De Palma, Mike Nichols
e John Woo. In occasione dell’Incontro Ravvicinato con il
pubblico, Travolta riceverà il Premio Speciale assegnato dalla
Festa del Cinema di Roma.
La quattordicesima edizione della
Festa del
Cinema di Roma che si terrà fino al 27 ottobre
con la direzione artistica di Antonio Monda, prodotta dalla
Fondazione Cinema per Roma, Presidente Laura Delli
Colli, Direttore Generale Francesca Via. L’Auditorium Parco della
Musica sarà il fulcro dell’evento, con le sue sale di proiezione e
il red carpet. Come ogni anno, la Festa coinvolgerà numerosi altri
luoghi della Capitale, dal centro alla periferia.
Martin Scorsese ha
monopolizzato la serata del lunedì della Festa del Cinema di Roma
2019, dove ha presentato il suo ultimo grande film, prodotto e
distribuito da Netflix: The Irishman. Nel
film torna a dirigere Robert De Niro, e per la
prima volta in carriera, Al Pacino.
È stato diffuso il trailer finale
di Star
Wars: L’Ascesa di Skywalker, in cui vediamo i
nostri eroi alle prese con il Lato Oscuro, e più in particolare
Rey, che concluderà il suo viaggio e compierà il suo destino di
Jedi.
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia
del franchise diretto da J.J. Abrams,
arriverà nelle sale a dicembre 2019.
Nel cast Daisy
Ridley, Oscar
Isaac, John
Boyega, Kelly Marie
Tran, Naomi
Ackie, Joonas Suotamo,Adam
Driver, Anthony Daniels, Billy
Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall
Gleeson, Billie Lourd e il veterano del
franchise Mark Hamill. Tra le new entry
c’è Richard E. Grant.
Il ruolo di Leia Organa sarà
interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del
girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della
Forza. “Tutti noi amiamo disperatamente Carrie
Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato
una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la
sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né
mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la
benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di
onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX,
usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio
VII.”
Dopo quasi dieci anni e tre capitoli
finora prodotti (il quarto arriverà alla fine del 2021), c’è ancora
qualcosa che non sappiamo sul franchise di Thor? Quali segreti si
celano dietro le quinte delle avventure del Dio del Tuono al
cinema?
Ecco 10 curiosità che non tutti sanno:
Stan Lee voleva interpretare
Odino
Stan Lee ha
affermato che avrebbe voluto interpretare Odino in un film sin da
quando ha iniziato a scrivere del personaggio sui fumetti Marvel. E in vista dell’arrivo del
primo Thor di Kenneth Branagh, Lee aveva scherzato dicendo di
essere deluso del mancato casting.
Ragnarok si è ispirato a Flash
Gordon
Taika Waititi ha dichiarato che il
tono e il genere a cui si ispirava Thor: Ragnarok derivavano dal cinema di
fantascienza degli anni ’70 e ’80, e in particolare Flash
Gordon, avventura intergalattica di culto che non
disdegnava trame romantiche e un senso dell’umorismo peculiare con
personaggi irriverenti e immagini surreali…proprio come
Ragnarok.
Chris Hemsworth ha fatto crescere i
capelli per un anno prima di The Dark World
C’è un motivo se i capelli di Thor
vi sembravano più autentici in The Dark World: nel primo
film Chris
Hemsworth ha indossato una parrucca, mentre per il
secondo capitolo l’attore si fece crescere la chioma bionda a tal
punto da non averne più bisogno. Per farlo è stato necessario un
anno intero lontano dal parrucchiere…
Zachary Levi era la prima scelta
per Fandral
Zachary Levi è
apparso nel MCU come uno dei Tre Guerrieri, ovvero Fandral,
sostituendo in The Dark World il collega Josh Dallas.
Tuttavia sembra che l’attore fosse la prima scelta dei Marvel
Studios per il ruolo, ma all’epoca delle riprese del film di
Kenneth Branagh non era disponibile a causa di altri impegni
lavorativi.
La battuta di Hulk in Ragnarok
suggerita da un bambino
Una delle battute più memorabili di
Thor: Ragnarok viene pronunciata dal Dio del Tuono prima
di combattere contro Hulk nell’arena dei guerrieri
del Granmaestro: “È un amico del lavoro!” esclama l’eroe,
e a quanto pare la frase è stata suggerita da un bambino della
Fondazione Make-A-Wish durante una visita sul
set.
Natalie Portman doveva salire su
una scatola per baciare Hemsworth
È evidente a tutti che
Chris Hemsworth è molto più alto di
Natalie Portman, ma in pochi sanno che ogni volta
che i due dovevano baciarsi sul set, l’attrice aveva bisogno di
stare su un piedistallo per raggiungere il collega!
La visione di Taika Waititi ha
convinto Anthony Hopkins a tornare
Dopo Thor: The Dark World,
Anthony Hopkins aveva deciso di non interpretare
più Odino nel MCU, consapevole che il personaggio aveva concluso il
suo arco narrativo. A convincerlo a tornare in Ragnarok fu
però la visione unica di Taika Waititi, anche se brevemente e solo
in una scena del primo atto e in una visione del terzo.
Loki non era previsto in The Dark
World
Originariamente
Loki non era stato incluso nella trama di The
Dark World, con il film che si sarebbe concentrato su Malekith
e gli Elfi Oscuri. Tuttavia, il successo scatenatosi dopo The
Avengers del 2012 rese il Dio dell’Inganno uno dei personaggi
più richiesti, a tal punto da convincere lo studio a inserirlo nel
film.
Una scena eliminata di Ragnarok
conferma l’orientamento sessuale di Valchiria
Tessa
Thompson ha confermato che Valchiria è il primo
personaggio apertamente bisessuali del MCU, e quanto pare la prova
risiede in una scena eliminata di Thor: Ragnarok in cui si
vede una donna che lascia la stanza della guerriera.
Guerra tra fratelli Hemsworth
Non tutti sanno che la ricerca dei
Marvel Studios per trovare il perfetto Thor si ridusse a due nomi:
Chris Hemsworth e Liam Hemsworth, ovvero i
fratelli australiani più famosi e richiesti a Hollywood. La scelta
ricadde sul maggiore della famiglia Hemsworth, anche se Liam è
riuscito a costruirsi una carriera altrettanto solida.
Uno dei tratti che contraddistingue
da sempre l’immagine di Batman al cinema è la sua voce, nascosta
grazie ad una serie di tecniche intelligenti per proteggere
l’identità segreta di Bruce Wayne. In Batman v Superman: Dawn of
Justice e Justice League, il crociato di Gotham
interpretato da Ben
Affleck usava la tecnologia di alterazione della voce
inserita nel costume, mentre nella trilogia di Christopher NolanChristian Bale faceva ricorso ad un
suono più naturale e aggressivo, spesso preso in giro dai fan, ma
cosa potremo aspettarci dal nuovo eroe di Robert Pattinson in The
Batman?
Parlando con Access Hollywood,
l’attore ha dichiarato che una delle sue maggiori fonti di
ispirazione sarà nientemeno che Willem Dafoe, con il quale ha
condivido il set di The Lighthouse: “La voce di Willem è così
stimolante e risulta sempre sincera. È abbastanza simile alla voce
che farò nel film…Perché penso che Batman abbia una specie di voce
che ricorda quella di un pirata…“
Pronti per una versione di Batman con una leggera inflessione di
Norman Osborn?
Vi ricordiamo che nel cinecomic di
Matt Reeves Zoe Kravitz sarà Catwoman,
Paul Dano l’Enigmista e Jeffrey
Wright il commissario Jim Gordon. Come già dichiarato, il
cinecomic riavvierà le sorti del crociato di Gotham al cinema e
vedrà Pattinson nei panni del protagonista,
ma sembra che i piani del regista per il franchise si estenderanno
ad una trilogia, introducendo sullo schermo altri supereroi e
villain dei fumetti.
HN Entertainment ha suggerito che le
riprese del cinecomic si svolgeranno presso i Leavesden Studios di
Londra (gli stessi della saga di Harry Potter ma anche di
Batman v Superman: Dawn of Justice, Justice League, Wonder
Woman e del sequel Wonder Woman 1984) mentre l’uscita
nelle sale è stata già fissata al 25 giugno 2021.
“The Batman esplorerà un caso di
detective“, scrivono le fonti, “Quando alcune persone
iniziano a morire in modi strani, Batman dovrà scendere
nelle profondità di Gotham per trovare indizi e risolvere il
mistero di una cospirazione connessa alla storia e ai criminali di
Gotham City. Nel film, tutta la Batman Rogues Gallery sarà
disponibile e attiva, molto simile a quella originale fumetti e dei
film animati. Il film presenterà più villain, poiché sono tutti
sospettati“.
I film Marvel sono spregevoli? Ad
affermarlo è stato Francis Ford
Coppola replicando al commento espresso dal collega e
amico Martin Scorsese sui cinecomic e su come
questo genere stia monopolizzando sempre di più la distribuzione e
l’industria in generale. Qualcuno però, come confermano le parole di James
Gunn e di altre personalità hollywoodiane coinvolte
nel grande progetto dei Marvel Studios, non è d’accordo con quanto
dichiarato dal regista de Il Padrino, o almeno è pronto ad
esprimere un diverso punto di vista sulla questione.
Tra questi c’è anche Sebastian
Stan, dal 2011 nella famiglia del MCU dove interpreta
Bucky Barnes aka il Soldato d’Inverno, che ospite del Fandemic Tour
Houston ha confessato:
“Coppola è uno dei miei eroi e
ho ascoltato cosa ha detto sui film Marvel. Nel frattempo ho
trascorso una giornata con tutti voi fan, e le persone venivano da
me ringraziandomi per il personaggio, per averle aiutate, o
ispirate, per averle fatte sentire meglio e meno sole. Quindi come
puoi dire che questi film non aiutano le persone?“.
Stan si riferisce ad un passaggio
specifico della dichiarazione di Coppola in cui si rimprovera ai
cinecomic di “non fornire al pubblico nessuna ispirazione,
illuminazione o conoscenza“. È evidente che, secondo la sua
esperienza, le cose sono andate diversamente…
L’attore tornerà presto nei panni
del supereroe in The Falcon and The Winter Soldier, serie
tv destinata a Disney + che vedrà protagonisti Sam Wilson e Bucky
Barnes e in cui reciteranno anche Anthony Mackie,
Daniel Bruhl e Emily
VanCamp.
Dopo il delizioso esordio con
Un amore
sopra le righe, Nicolas Bedos
torna a dirigere (e scrivere) per il cinema e realizza
La belle époque, una commedia nostalgica
e tanto romantica, interpretata da Daniel Auteuil, Fanny
Ardant,
Guillaume Canet e Doria Tillier.
La storia è quella di Victor, un
uomo all’antica che odia la tecnologia, il digitale, il presente,
l’innovazione. Sua moglie, Marianne, non potrebbe essere più
diversa: ancora molto affascinante, è curiosa di ogni novità, e
questo suo atteggiamento la allontana dal marito. Quando un
eccentrico imprenditore propone a Victor di rivivere un giorno del
passato, l’uomo non ha dubbi, sceglia di rivivere il giorno in cui
ha conosciuto la donna della sua vita: proprio Marianne. Una troupe
cinematografica, una scenografia, un regista, costumi, comparse e
musiche, Victor verrà trasportato al 16 maggio 1974, in quel cafè
di Lione. È qui che ha incontrato e si è innamorato della donna che
poi ha sposato, ma che ora sembra lontana anni luce, ed è qui che
realtà e finzione cominciano a intrecciarsi e la vita dell’uomo ad
assumere una piega surreale.
Bedos si conferma interessato a
raccontare gli amori che attraversano il tempo (come fatto anche
nel suo primo lungometraggio), ma questa volta si confronta anche
con l’ambizione di un meta-testo che racconta la messa in scena
dentro alla messa in scena, con l’avanzare della nostalgia che
permea tutto il racconto, e anche con un divertimento molto
elegante e sottile, oltre che con una dose di romanticismo
perfettamente stemperata dall’umorismo caustico dei suoi
protagonisti.
La belle époque, tra nostalgia e romanticismo
Se Auteuil e Ardant sono dei
perfetti coniugi che cercano di trovare di nuovo se stessi,
Doria Tillier, già protagonista nel primo lungo di
Bedos e sua compagna nella vita reale, brilla per freschezza di
interpretazione, luminosità e bellezza, un carisma femminile e
vitale che conferisce al suo personaggio la caratura di ruolo
intorno al quale si muovono tutti gli umori della storia. In questo
equilibrio romantico, a Canet viene affidato il ruolo del regista,
dell’artefice della messa in scena del ricordo, una sorta di
surrogato del regista stesso, a cui Bedos regala il ruolo più
razionale, paradossalmente.
Bedos è un giovane “tutto fare” ma
a differenza di chi si cimenta in tanti campi non eccellendo mai in
nessuno, sta consolidando il suo talento facendo aumentare sempre
più l’ambizione delle sue storie. E alla luce di questo,
La belle époque è davvero l’epoca bella,
sicura, affascinante e romantica della nostalgia, che però non
rimane tenero ricordo velato di tristezza, ma fervida memoria, che
ravviva anche il presente.
In questo delicato equilibrio,
Nicolas Bedos realizza un film delizioso,
divertente, di grande classe e molto romantico, con uno sguardo al
passato alla ricerca del meglio che è stato, con la ferma
intenzione di declinarlo verso il presente e il futuro.
Al contrario di quanto
ufficializzato a maggio dalla Warner Bros., la produzione di
Akira, progetto ora nelle mani di
Taika Waititi, è rimandata a data da definirsi
e la cause di questo slittamento sono state rivelate proprio dal
regista neozelandese in una recente intervista con IGN:
“Sfortunatamente i tempi con
Akira si sono allungati, visto che abbiamo lavorato molto duramente
sulla sceneggiatura rimandando la data di inizio delle riprese.
Alla fine ci siamo spinti un paio di settimane troppo in là, il che
in realtà ha portato a far coincidere il progetto con il nuovo
Thor…Quindi è stato rimandato ancora e ancora, e adesso è arrivato
troppo lontano rispetto alle riprese di Thor. Il mio primo impegno
è stato con la Marvel , quindi sono stato
costretto a prendere Akira e spostare le riprese di un paio
d’anni.“
Vi ricordiamo che questa nuova
versione in live-action di Akira,
ovviamente tratta dai sei volumi di Katsuhiro Otomo, arriverà al
cinema dopo l’anime giapponese del 1988 diretto da Otomo. Per
quanto riguarda Waititi, il regista è salito ufficialmente a bordo
della produzione dopo aver abbandonato nei mesi scorsi i lavori sul
film d’animazione che avrebbe reso protagonista il celebre
scimpanzé di Michael Jackson, Bubbles.
Nel frattempo Waititi ha recitato in
Free Guy, action comedy che sarà diretta
da Shawn Levy e interpretata da Ryan
Reynolds. La star di Deadpool vestirà
i panni del protagonista Guy, un funzionario della banca che scopre
di vivere all’interno di un videogioco dove – insieme ad un avatar
– cercherà di impedire agli sviluppatori di chiudere il loro mondo.
Insieme a loro Jodie Comer (Killing Eve),
Joe Keery (Stranger Things), Lil Rel
Howery, e Utkarsh Ambudkar.
Prossimamente dirigerà
Thor: Love and Thunder,
quarto capitolo del franchise sul Dio del Tuono con Natalie
Portman, Chris Hemsworth e Tessa
Thompson già confermati nel cast.
Essere il protagonista di uno dei
più grandi e importanti blockbuster della storia del cinema ha
cambiato drasticamente il corso della carriera di Leonardo
DiCaprio, giovane attore ch all’inizio degli anni
Novanta contava apparizioni in tv con la serie Growing
Pains e sul grande schermo in pellicole come Voglia di
ricominciare e Buon compleanno Mr.Grape. Sul set di
Romeo + Giulietta incontra poi Paul
Rudd, che a quanto pare potrebbe averlo convinto ad
accettare il ruolo di Jack Dawson in
Titanic, kolossal di James Cameron, come dichiarato dalla star di
Ant-Man durante il Graham Norton Show l’altra sera:
“All’epoca, mio padre era un
esperto del Titanic ed era solito parlare alle persone di tutto il
mondo della nave, perfino nelle università…Ricordo che era il mio
ultimo giorno di riprese di Romeo + Juliet, e quella sera uscimmo a
bere una cosa al bar con il cast. Mi trovavo nella stessa auto con
Leo che mi disse ‘Mi hanno offerto questo film, ed è un film
grosso’. Fino ad allora aveva recitato solo in film indipendenti,
quindi era preoccupato dal fatto che Titanic fosse prodotto da uno
studio…Risposi che mi sembrava incredibile, visto che sapevo tutto
della nave grazie a mio padre, e quando mi confidò di non sapere
cosa fare io gli dissi che avrebbe dovuto!“.
Sappiamo benissimo com’è andata:
DiCaprio si è unito al cast del film di Cameron lavorando con
attori del calibro di Kate Winslet, Billy Zane e molti altri, eppure
ascoltare questo aneddoto di Rudd, seppur divertente e poco
“attendibile”, ci fa credere quel consiglio abbia funzionato…
Siamo lieti di invitarvi
all’anteprima del film IL
GIORNO PIU’ BELLO DEL MONDO il 28 ottobre. Il film sarà in sala
dal 31 ottobre distribuito da Vision Distribution. Nel
cast del film Alessandro Siani, Stefania Spampinato,
Giovanni Esposito e i piccoli Sara Ciocca e Leone
Riva.
Cinefilos.it offre la possibilità a pochi
fortunati di vedere il film gratis, in anteprimail 28 ottobre! Ci sono a disposizione tanti
inviti gratuiti validi per l’ingresso di 2 persone, per ognuna
delle città.
Arturo Meraviglia è
l’impresario di un piccolo teatro di avanspettacolo ormai in
declino. Un inaspettato lascito da parte di un lontano zio gli
accende la speranza di risolvere i problemi con i debitori, ma
quando scopre che l’eredità sono due bambini, Rebecca e Gioele,
cade nello sconforto. Dopo i primi momenti di convivenza
burrascosa, un bel giorno scopre che Gioele ha un potere
sorprendente!!!
Le magie che il bambino è in grado
di compiere sembrano essere la chiave per risolvere i problemi di
Arturo e risollevarlo dal vicinissimo tracollo. Il talento del
piccolo illusionista non sfugge però a un team di loschi scienziati
che vogliono scoprire cosa si cela dietro queste grandi doti. Con
l’aiuto di buffi e sconclusionati amici e di una bella
ricercatrice, tra colpi di scena e avventurose situazioni, Arturo
farà di tutto per proteggere Gioele e per rimettere in piedi il suo
teatro e vivere così il giorno più bello del mondo.
Dopo la presentazione in anteprima
al New York Film Festival, Martin Scorsese ha
finalmente cominciato a portare in giro per il mondo The
Irishman, il film che lo vede riunito con
Robert De Niro, a 23 anni da Casino e in cui
dirige per la prima volta Al Pacino. Un vero e
proprio evento per gli amanti del grande cinema, un appuntamento
imperdibile nelle sale italiane dal 4 al 6 novembre, in attesa di
vederlo poi su Netflix a partire dal 27 novembre.
Ma da dove parte il desiderio di
fare questo film? Martin Scorsese non ha
esitazione: “Credo che abbia a che fare con la volontà mia e di
Robert De Niro di fare un altro film. L’ultima volta che abbiamo
lavorato insieme è stato con Casino, nel 1995 e
negli anni abbiamo sempre cercato il soggetto e il personaggio
giusto. Poi gli è stato dato questo libro, intitolato I
Heard You Paint Houses e, dopo averlo letto, quando mi ha
descritto questo personaggio e l’emozione che ha esibito
descrivendolo era sufficientemente articolata per suggerirmi che si
trattava di qualcosa di speciale. Dalla sua reazione al personaggio
ho sentito che doveva essere qualcosa su cui potevamo lavorare,
avevamo la possibilità di lavorare sull’intero arco di una vita,
sull’amore, il tradimento, il rimorso e infine il senso di
mortalità di tutti noi.”
La chiave di lettura del film ci è
data, secondo Scorsese, dal fatto che le storie sono attuali se lo
sono i sentimenti che esse raccontano: “I film non devono
essere ambientati oggi per essere contemporanei, perché la cosa che
è davvero contemporanea è la condizione umana, il conflitto morale.
Si mette in atto nel passato, qualunque esso sia, ma riguarda
l’esperienza umana e credo che alcuni aspetti di esso si connettano
con le persone, soprattutto dei particolari conflitti di questo
personaggio, in bilico tra moralità e immoralità, che potrebbero
renderlo accessibile alle persone.”
A dispetto dell’ambientazione
mafiosa, The
Irishman ha come sentimento dominante la
malinconia: “È tutta lì, ma è una malinconia confortevole. Il
personaggio di Frank allontana la famiglia, viene lasciato solo,
tutti i conflitti, tutta la violenza della sua vita sono scivolati
via, nessuno li ricorda più. La malinconia è nell’accettare che
morire fa parte del vivere.”
Reunion con Bob De Niro, prima
volta con Al Pacino
Uno degli aspetti che più interessa
ai fan del grande maestro newyorkese è senza dubbio il fatto che
sia tornato a lavorare con De Niro e Joe
Pesci, e che questa sia la prima volta, nel corso di una
lunga carriera, che dirige Al Pacino. “Bob e
Al Pacino hanno lavorato insieme con grande sintonia, tra loro si è
sviluppata una magia che deve nascere dalla loro conoscenza
reciproca. Volevano essere sempre presenti alle riprese, e non
accettavano di fermarsi e andare a riposare, anche se erano
stanchi.” e il film invero restituisce quella grande
complicità.
In molti sono rimasti sorpresi alla
notizia che sarebbe stato Netflix a produrre The
Irishman, visto che Scorsese ha più volte difeso
l’importanza della sala rispetto allo streaming e alla visione
domestica, ma sembra che le circostanze e il nuovo sistema
produttivo a Hollywood abbiano letteralmente spinto il regista tra
le braccia dell’azienda: “Il film non ha richiesto molto tempo
per le riprese, ma molto per gli effetti, è un esperimento ed era
l’unico modo di fare il film, per noi, perché altrimenti avrei
dovuto girare metà film con attori più giovani, e non volevo
questo. Se fossi stato 20 anni più giovane, forse lo avrei fatto,
ma ora avevo voglia di fare un film con i miei amici. Così, è
entrato in gioco Netflix. A Hollywood non avrei mai potuto trovare
i soldi per fare un film del genere, ma Netflix mi ha supportato
finanziariamente, incluso questo esperimento, le riprese, la post
produzione, e tutta la libertà creativa di cui avevo bisogno. Oltre
i sei mesi di post produzione per la CGI, sono sei mesi in ritardo
per tutto.”
E poi rincara la dose, scagliandosi
contro lo stesso sistema produttivo americano che sembra non voler
più sostenere il cinema di determinati autori: “Prima di poter
vedere un film al cinema, bisogna poter vedere il film, cioè il
film deve essere realizzato. Poi, che lo vediate al cinema, in
streaming, in tv, i ragazzini lo guardano sull’ipad o sul telefono,
non so. Per poterli vedere, devono essere realizzati. Per i film
che ho fatto nella mia carriera, c’era sempre una variabile che mi
permetteva di farli, poteva essere il potere di una star, De Niro o
DiCaprio. Ma i tipi di film che io faccio non si possono fare più,
se avessi 30 anni di meno non sarei capace di fare un film a
Hollywood.
Gli ultimi 10 anni fare film
per me è diventato difficilissimo, anche in questo caso, con Bob è
stato complicato realizzare qualcosa che volevamo fare dal 1970.
Nessuno ci dava i soldi e poi Netflix si è fatto avanti e ci ha
finanziati completamente. Sarà trasmesso in streaming, certo, ma
sarà anche nei cinema. A New York, molti dei miei film sono stati
proiettati per sole due settimane, questo rimarrà in sala quattro
settimane, anche in contemporanea al servizio di streaming. Io
faccio i film solo per il grande schermo e per un pubblico che sta
seduto in sala, ma molti dei miei film, negli anni, sono stati
visti in modi diversissimi. Alla fine non hai controllo su come il
pubblico guarda i tuoi film, ma quello che penso ora è che le
possibilità del cinema sono infinite, in termini di come un film
può essere visto e in termini di cosa può essere considerato un
film. È sempre meglio vederlo al cinema, però il film deve essere
prima fatto, per essere visto.”
Martin Scorsese sul ruolo
della sala e dei cinecomic Marvel
E senza nessun input, ma parlando
liberamente di quello che è un vero e proprio problema per il
cosiddetto cinema narrativo, Martin Scorsese torna
sulla polemica mal compresa dalla stampa contro i cinecomic
Marvel: “Al di sopra di tutto
io spero che le sale continuino a supportare i film narrativi, come
questo, fatti da grandi narratori, come Wes Anderson o Paul Thomas
Anderson. Spero che questi film abbiano sale in cui li puoi vedere,
dove vengano supportati. Ma adesso, i cinema sembrano supportare
principalmente i film da parco a tema, i film tratti dai fumetti,
che si stanno impossessando delle sale. E penso che vada bene avere
quei film, ma non dovrebbero diventare quello che i giovani pensano
sia il cinema.”
Un problema di produzione, di
distribuzione del cinema narrativo che rischia di essere spazzato
via dalla sala, che è invece il suo luogo deputato.
Quello che però davvero è
interessante in The Irishman è la sua natura di esperimento
tecnico, con il massiccio uso della tecnica del de-aging, che ha
coinvolto il film in una fase di post produzione che è durata sei
mesi: “Quando dico che The Irishman è un film sperimentale è
perché abbiamo fatto davvero un esperimento e con noi la tecnologia
si è evoluta, c’è stato un vero e proprio processo magico. Sul set
avevamo la macchina da presa con la sua lente e poi due lenti
ulteriori che servivano a registrare tutti i movimenti per
utilizzare il de-aging. E la prima volta che parlammo di queste
riprese e sapevamo che questo era l’unico modo di fare il film
perché non volevo usare attori più giovani, ci è stato detto che
dovevamo adottare i caschetti con i sensori e il green screen, e ho
pensato che nessuno di loro lo avrebbe mai fatto. E l’ho detto a
quelli della Industrial Light and Magic e dopo un po’ sono venuti
da me con una soluzione, e abbiamo fatto un test su De Niro che ci
ha restituito il 30% del risultato finale, non era perfetto ma
abbiamo capito che poteva funzionare.”
Uno sforzo produttivo enorme,
dunque, a cui si è sottoposta Netflix, per sue logiche aziendali, e
che ha permesso a The Irishman di vedere
la luce e a Martin Scorsese di realizzare il suo
film con i suoi amici.
Dopo quella che molti considerano
come la scena iniziale più tragica e dura del MCU, Avengers: Infinity War
prosegue il viaggio di Thor “orfano” della sua
famiglia e del suo popolo sterminati da Thanos e disperso nello
spazio prima di essere ritrovato dal Benatar dei Guardiani
della Galassia. Una volta a bordo dell’astronave, il Dio
del Tuono viene steso su un lettino e scrutato dalla squadra,
riunita intorno al corpo inerme dell’eroe.
Ma a quanto pare, come suggerito da
un utente del forum Reddit, quel particolare momento del film è un
evidente omaggio ai fumetti dei Guardiani, e nello specifico alle
pagine della saga di Korvac, classico racconto cosmico in cui i
Vendicatori e i supereroi della galassia del 31° secolo affrontano
insieme il cattivo cosmico Michael Korvac. La prova grafica viene
fornita dall’immagine che trovate qui sotto.
Vi ricordiamo che dopo la battaglia
finale di Avengers:Endgame, Thor decide di
lasciare il trono di Asgard a Valchiria e di unirsi aiGuardiani
della Galassia, con i quali presumibilmente
attraverserà lo spazio in cerca di qualche avventurosa missione,
diventando ciò che era destinato a essere.
Un anno dopo la folle corsa agli
Oscar di Black Panther (il
primo cinecomic della storia ad essere candidato nella categoria
Miglior Film capace di conquistare ben tre statuette) Disney e
Marvel Studios lanciano ufficialmente la campagna a sostegno di
Avengers:
Endgame.
Film evento del decennio,
Avengers: Endgame è riuscito in
un’impresa che sembrava impossibile: ricapitolare un discorso
narrativo iniziato nel 2008 da Iron Man riunendo sul grande schermo
tutti i personaggi del Marvel Universe. Gli incassi hanno premiato
lo studio di Kevin Feige, raggiungendo e superando in cima
alla classifica Avatar di James Cameron.