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The Batman: Chicago diventa Gotham nel video dal set

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The Batman: Chicago diventa Gotham nel video dal set

Il canale Youtube di ComicBook.com offre in esclusiva un video davvero interessante direttamente dal set di The Batman. Le riprese si stanno svolgendo al momento a Chicago, e nel video vediamo proprio come la città si stia trasformando in Gotham City per farsi set del film con Robert Pattinson:

The Batman, il film

Il cast di The Batman è formato da molti volti noti: insieme a Robert Pattinson nei panni di Bruce Wayne, ci saranno anche Colin Farrell (Oswald Chesterfield/Pinguino), Zoe Kravitz (Catwoman), Jeffrey Wright (Jim Gordon), Paul Dano (Enigmista) e Andy Serkis (Alfred). Infine, John Turturro sarà il boss Carmine Falcone. Nel cast anche Peter Sarsgaard che sarà Gil Colson, il Procuratore Distrettuale di Gotham.

The Batman esplorerà un caso di detective“, scrivono le fonti. “Quando alcune persone iniziano a morire in modi strani, Batman dovrà scendere nelle profondità di Gotham per trovare indizi e risolvere il mistero di una cospirazione connessa alla storia e ai criminali di Gotham City. Nel film, tutta la Batman Rogues Gallery sarà disponibile e attiva, molto simile a quella originale fumetti e dei film animati. Il film presenterà più villain, poiché sono tutti sospettati“.

Justice League Snyder’s Cut: il trailer a 16 bit

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Justice League Snyder’s Cut: il trailer a 16 bit

John Stratman ha realizzato il trailer di Justice League Snyder’s Cut in versione 16 bit. Naturalmente il trailer non è esattamente uguale a quello visto poco tempo fa, tuttavia si vedono molto bene gli eroi DC in questo formato che più che imponenti li rende invece buffi e carini.

Le riprese aggiuntive della Snyder Cut di Justice League dovrebbero avere luogo questo mese e durare soltanto per una settimana. Nonostante la breve durata, il budget sarà comunque elevato: pare infatti che saranno necessari 70 milioni di dollari per girare il nuovo materiale. Le riprese aggiuntive coinvolgeranno Ben Affleck (Batman), Henry Cavill (Superman), Gal Gadot (Wonder Woman) e probabilmente anche Ray Fisher (Cyborg). Al momento non sappiamo se anche Jason Momoa (Aquaman) e/o Ezra Miller (Flash) saranno coinvolti nei reshoot.

Vi ricordiamo che la Snyder Cut di Justice League uscirà nel 2021 sulla piattaforma streaming di Warner Bros HBO Max che è disponibile negli USA dall’Aprile scorso. Attualmente non sappiamo se in Italia la versione debutterà su qualche piattaforma streaming dato che HBO MAX non è disponibile nel nostro paese. Ma sappiamo che HBO in Italia ha un accordo in esclusiva con SKY, dunque potrebbe essere una valida teoria pensare che in Italia il film possa essere programmato su SKY CINEMA o su SKY ATLANTIC. Tuttavia, quest’ultima è solo una supposizione dunque non ci resta che aspettare ulteriori notizie.

Justice League è il film del 2017 diretto da Zack Snyder e rimaneggiato da Joss Whedon. Nel film vedremo protagonista Henry Cavill come SupermanBen Affleck come BatmanGal Gadot come Wonder WomanEzra Miller come Flash, Jason Momoa come Aquaman e Ray Fisher come Cyborg. Nel cast anche Amber HeardAmy AdamsJesse EisenbergWillem DafoeJ.K. Simmons e Jeremy Irons. I produttori esecutivi del film sono Wesley Coller, Goeff Johns e Ben Affleck stesso.

Ian McKellen rivela che gli anglofoni hanno sempre pronunciato male il nome di Magneto

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Ian McKellen è stato la prima rappresentazione cinematografica del signore del magnetismo, Magneto, appunto, villain degli X-Men e grazie alla sua interpretazione molto amato dai fan. L’attore è intervenuto su Twitter per spiegare a tutti qual è l’esatta pronuncia del nome del mutante. Rivolgendosi naturalmente al pubblico anglofono e alla loro maniera di pronunciare il nome “Magneto”, McKellen ha chiesto come mai quel nome viene pronunciato “Magneeto” e non “Magnet-o”, dal momento che si tratta di colui che crea e controlla campi magnetici.

In inglese la doppia E si pronuncia I, mentre la parola “magnet” che significa “magnete” da cui viene il nome del personaggio, si pronuncia proprio come si scrive! E da qui il il dubbio dell’attore. Di seguito il suo tweet:

https://twitter.com/IanMcKellen/status/1316751785332109312?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1316751785332109312%7Ctwgr%5Eshare_3%2Ccontainerclick_0&ref_url=https%3A%2F%2Fscreenrant.com%2Fxmen-magneto-ian-mckellen-mispronunciation-marvel-name%2F

Ian McKellen è stato Magneto, l’ultima volta, in X-Men: Giorni di un Futuro Passato, in cui compare anche Michael Fassbender, l’attore che ha raccolto il suo testimone e ha interpretato il ruolo fino allo scorso anno, in Dark Phoenix. Il destino del personaggio, ora in mano della Disney, troverà probabilmente presto un nuovo volto che lo incarni al cinema.

The Empty Man: trailer originale dell’horror tratto noto fumetto

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The Empty Man: trailer originale dell’horror tratto noto fumetto

La 20th Century FOX ha diffuso il primo spaventoso trailer di The Empty Man, l’annunciato adattamento dell’omonimo horror di successo BOOM! Studios La pellicola uscirà il 23 ottobre negli USA, anticipando così l’uscita nelle sale.

The Empty Man è un adattamento della serie a fumetti di BOOM! Studios creata da Cullen Bunn e Vanesa R. Del Ray nel 2014. Secondo la sinossi della serie, Empty Man non si riferisce a un essere o una persona specifica, ma è invece una malattia orribile che ha travolto la nazione, provocando “follia e violenza”.

The Empty Man segue il poliziotto in pensione James Lasombra (James Badge Dale) mentre indaga sulla scomparsa di un gruppo di adolescenti da una piccola città del Midwest. Come vediamo dal trailer, la loro scomparsa è apparentemente collegata a una vecchia leggenda metropolitana nota come The Empty Man, un’orribile entità ultraterrena che può essere evocata soffiando in una bottiglia vuota e pensando a lui mentre si trova su un ponte.

Possession – l’appartamento del diavolo dal 29 ottobre al cinema

Possession – l’appartamento del diavolo dal 29 ottobre al cinema

Debutterà al cinema dal 29 ottobre Possession – L’appartamento del Diavolo, il nuovo film horror firmato da Albert Pintó con Begoña Vargas, Sergio Castellanos, José Luis de Madariaga, Concha Velasco e María Ballesteros. Il film è distribuito da Lucky Red e Universal Pictures.

Possession – L’appartamento del Diavolo, è uno dei più grandi successi cinematografici spagnoli dell’ultimo periodo. Firmato da Albert Pintó, uno dei maestri dell’Horror, il film ha incassato oltre 4 milioni di dollari in patria.

Possession – l’appartamento, la trama

​Madrid, 1976. La famiglia Olmedo si è da poco trasferita in città in cerca di un futuro migliore. Ma il sogno di una nuova vita si trasformerà ben presto nel loro peggiore incubo: nella casa che con tanti sacrifici hanno comprato scopriranno di non essere soli.  Oscure forze e presenze maligne aleggiano nell’appartamento, tormentando tutta la famiglia e in particolare il piccolo Pepe. Tratto da una terribile e inquietante storia vera avvenuta in Spagna nell’antico quartiere di Malasaña.

La legge del terremoto, film documentario di Alessandro Preziosi

La legge del terremoto, film documentario di Alessandro Preziosi

Arriva in anteprima mondiale alla 15. Festa del Cinema di Roma La legge del terremoto, film documentario opera prima di un volto amato del grande e piccolo schermo e del teatro, Alessandro Preziosi. Un viaggio fisico e della memoria, storico e visionario, dentro un racconto che abbraccia l’esperienza dei singoli e della collettività di tutta l’Italia, il racconto del terremoto.

Prodotto da Khora film con Rai Cinema in associazione con Istituto Luce-Cinecittà e in collaborazione con Rai Teche, il film dopo la Festa del Cinema arriverà nelle sale, distribuito da Luce-Cinecittà, e in tv.

La legge del terremoto, la trama

Un viaggio visivo, storico, ma soprattutto emotivo dentro a uno dei cuori della storia fisica e psichica del nostro paese, i terremoti. Se l’Italia è un corpo, il terremoto è un colpo al cuore. Alessandro Preziosi, interprete amato delle nostre scene che cura regia e dà voce e presenza d’attore al film, è stato giovanissimo testimone del sisma in Irpinia, nel 1980. Il suo viaggio ci porta nel Belìce, colpito nel 1968, poi in Friuli, ad Assisi, l’Aquila, Amatrice. Sismi, ma anche esperienze, umanità, ricostruzioni. Insieme a straordinari documenti d’archivio (tra gli altri dell’Archivio Luce, delle Teche Rai, dei Vigili del Fuoco), testimonianze d’eccezione e toccanti (come quelle di Erri De Luca, Franceco Merlo, Giulio Sapelli, Vittorio Sgarbi, Mario Cucinella, Pierluigi Bersani, Angelo Borrelli, Grazia Francescato), passaggi e riprese in luoghi di forte valenza simbolica come il cretto di Gibellina eternato dal genio di Alberto Burri, e uno sguardo sofisticato e insieme commosso, il film disegna una mappa sorprendente di qualcosa che ci tocca da sempre, nel profondo.

La legge del terremoto, il film

L’Italia e i terremoti sono una consuetudine inscindibile, che ha generato storie di distruzione e di ricostruzione dai contorni a volte epici a volte polemici.Essendo rinomato per essere il “Paese dell’arte”, il nostro Paese quando si confronta con un terremoto non ne fa “solo” una questione di perdita di vite umane, ma deve necessariamente misurarsi anche con la paura di veder scomparire, per sempre e in pochi attimi, ciò che è stato importante per secoli. È di fatto una provocazione paradossale della metastoria del mondo, quella di aver generato al tempo stesso una nazione altamente sismica che presenta nel suo territorio il più alto numero di prodotti dell’ingegno artistico umano.

Il documentario ha come teatro principale il sisma che colpì il Belìce nel 1968, il primo terremoto italiano del dopoguerra ad avere una grande eco mediatica. Ma approfondisce lo sguardo anche su altri eventi sismici trai più rappresentativi dei tanti che hanno colpito l’Italia recente: il Friuli, Assisi, L’Aquila, Amatrice; e soprattutto Irpinia 1980, di cui il quarantesimo anniversario ricorre proprio quest’anno. Eventi catastrofici e metastorici che hanno  contribuito a costituire un “sentimento” nazionale su questa tragedia perennemente incombente sulla nostra gente.

Alessandro Preziosi, che oltre a curare la regia, è anche narratore dell’intero progetto, partendo dalla sua testimonianza diretta del terremoto in Irpinia del 1980, non si sofferma, se non in pochi e necessari momenti, a un racconto del dolore o della denuncia, ma intraprende un percorso all’interno dell’anima della sua nazione e della gente che la popola, ponendosi una fondamentale domanda: come si fa a ricostruire qualcosa, qualsiasi cosa, persa in un istante? Questa domanda è stata posta ad intellettuali, politici, storici, economisti, architetti, giornalisti che lo accompagnano con il loro contributo in questo viaggio esistenziale, storico e simbolico all’interno della nostra storia recente.

Gli argomenti trattati, arricchiti dalle straordinarie immagini di memoria delle  Teche Rai e dell’Istituto luce, cercando di restituire una nuova prospettiva su un tema raccontato dalla cronaca negli anni, con particolare attenzione a questioni quali l’emigrazione dalle zone colpite, l’impoverimento del tessuto sociale, il volontariato, nonché il prezioso lavoro della protezione civile. Un viaggio che dal passato si proietta in un futuro che ha come principale caratteristica solo quella di essere ignoto.

Free – Liberi, trailer della commedia

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Free – Liberi, trailer della commedia

FREE – Liberi, la commedia diretta da Fabrizio Maria Cortese e presentata nella prestigiosa cornice del Festival Internazionale del cinema di Venezia. Un cast stellare, che annovera attori del calibro di Sandra Milo, Ivano Marescotti e Corinne Clery, è protagonista di un viaggio on-the-road sui generis, dal Lazio fino al Puglia, che fa della vita e del desiderio di libertà il fil rouge della pellicola. FREE – Liberi vuole portare una ventata di ottimismo e speranza attraverso la celebrazione della così detta ‘terza età’, momento della vita ricco ancora di aspirazioni e di sogni. “Quello che ho voluto raccontare nel film è la bellezza di essere anziani. Anziani non come fine o meglio non come principio di una fine, ma come categoria di persone consapevoli di vivere uno dei tanti momenti della vita, forse il più bello.” Così Cortese descrive FREE – Liberi, la storia di 5 anziani che scappano da una casa di riposo con un entusiasmo dilagante, che colora la storia come se fosse un po’ fumetto e un po’ favola.

Cinque anziani ospiti della casa di riposo dell’Opera Don Guanella di Roma, annoiati dalla vita quotidiana e delusi per il distacco dei loro affetti più cari, decidono di fuggire verso la Puglia per realizzare il sogno della loro vita: si tratta di Rocco (Ivano Marescotti), trader fallito, suo fratello Luchino (Enzo Salvi), cuoco ossessivo compulsivo, Antonio (Babak Karimi), ex-capitano di lungo corso, Erica (Corinne Clery), ex- cantante cardiopatica e Mirna (Sandra Milo),  arrivata in Italia dalla Serbia allo scoppio delle guerre jugoslave. Innamorati dell’avventura che Mirna sta per intraprendere per ritrovare il pluriricercato Dragomir (Antonio Catania), suo vecchio amore creduto morto ma in realtà nascosto da decine d’anni nel Salento, i quattro si uniscono al viaggio. Sono certi che la loro vita cambierà per il meglio una volta incontrato il potente criminale. Le storie personali si alterneranno in un susseguirsi di vicende tra passione e avventura, in un Salento che farà da cornice alle loro emozioni. Riusciranno i nostri amici a realizzare i loro sogni?

Accanto a Sandra Milo, Ivano Marescotti e Corinne Clery, Babak Karimi, Enzo Salvi, Antonio Catania, Marco Marzocca, Sergio Friscia insieme a Tullio Solenghi, Shalana Santana, Michele Venitucci, Paolo de Vita, Martina Palmitesta e Erika Blanc. Prodotto da Golden Hours Films in collaborazione con Rai Cinema e in associazione con Ismaele Film, FREE – Liberi è stato girato grazie al sostegno della Apulia Film Commission e sarà nei cinema italiani dal 12 novembre con Ismaele Film.

Raffaello alle Scuderie del Quirinale: trailer del documentario in uscita

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Esce, come Evento speciale, distribuito in sala da Adler Entertainment, il 2, 3 e 4 novembre 2020, Raffaello alle Scuderie del Quirinale (Raphael Revealed), diretto da Phil Grabsky, documentario sulla più grande mostra di sempre dedicata al genio Raffaello Sanzio da Urbino, nel Cinquecentenario dalla morte. La mostra, mostra Raffaello 1520-1483 che si è tenuta a Roma, alle Scuderie del Quirinale, ha chiuso ad appena quattro giorni dall’inaugurazione a causa del lockdown imposto per l’emergenza Covid-19 e che, per questo, in pochi hanno avuto la fortuna di visitare.

Il pregevole lavoro cinematografico del pluripremiato regista inglese Phil Grabsky, nuovo pioniere del genere del documentario dedicato all’arte, già autore di lavori dedicati a Leonardo, Matisse, Monet, Renoir e Cézanne, documenta gli oltre 200 capolavori esposti, tra dipinti e disegni, di cui oltre la metà è riunita in una mostra per la prima volta. Con opere prestate da musei prestigiosi come il Louvre, gli Uffizi, il Prado e la National Gallery of Art, il film permette di ammirare il genio, la creatività e la capacità pittorica del nostro gigante del Rinascimento. Il film, la cui gestazione è durata quasi tre anni è girato in Ultra HD e prodotto dalla società di produzione dello stesso regista, la Seventh Art Productions in collaborazione con il brand Exibition on Screen (EOS).

Non semplicemente un pittore, Raffaello Sanzio è stato uno dei più straordinari artisti del Rinascimento, spesso incompreso o mitizzato. Sulla base del materiale esposto nella straordinaria mostra romana, questo documentario permette di scoprire, per la prima volta, il vero Raffaello dietro i suoi colori, disegni e tele. Un genio che ‘seppe coniugare semplice e complesso rappresentando, con la potenza degli sguardi e la straordinaria carica del pennello, un universo di valori senza tempo’.

Gli Avengers scendono in campo per Joe Biden!

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Gli Avengers scendono in campo per Joe Biden!

La recente ondata di star di Hollywood che appoggiano le campagne politiche per la stagione elettorale ha portato le star di Avengers: Endgame  a collaborare ancora una volta a sostegno dei democratici.  E sebbene l’attore di Captain America Chris Evans stia aiutando a guidare l’evento a quanto apprendiamo oggi sarà proprio il candidato Joe Biden a urlare “Assembla!”.

I registi Anthony e Joe Russo  (Community, Captain America: Civil War), stanno stnno riunendo le più grandi star del franchise per l’evento di raccolta fondi politica dal titolo Voters Assemble che sosterrà il partito democratico. Ad ospitare l’evento oltre a Chris Evans ci saranno l’attrice Vedova Nera Scarlett Johansson, la star di Ant-Man Paul Rudd, l’attore di War Machine Don Cheadle, l’attrice che interpreta Gamora Zoe Saldana e l’Incredibile Hulk/Mark Ruffalo. L’evento virtuale non solo includerà un gioco a quiz, ma prevederà anche una sessione di domande a cui gli attori dovranno rispondere. Quindi i fan potrebbero chiedere qualsiasi cosa a patto che facciano una donazioe. Indipendentemente dalle affiliazioni politiche, questo è senza dubbio un evento entusiasmante e con il cast a disposizione per rispondere alle domande, sarà interessante scoprire cosa verrà rivelato!
Vi ricordiamo che il prossimo film in uscita del Marvel Cinematic Universe al momento è Black Widow.  La regia di Black Widow è stata affidata a Cate Shortland, seconda donna (dopo Anna Boden di Captain Marvel) a dirigere un titolo dell’universo cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è stata riscritta nei mesi scorsi da Ned Benson (The Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme a Scarlett Johansson ci saranno anche David HarbourFlorence Pugh e Rachel Weisz.
In Black Widow, quando sorgerà una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni prima che diventasse un membro degli Avengers.

Thor: Love and Thunder, Chris Hemsworth rivela inizio riprese e intenzioni

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Durante una recente intervista, Chris Hemsworth ha condiviso la sua eccitazione per Thor: Love and Thunder, l’annunciato prossimo capitolo del Dio del Tuono, rivelando sia la data delle riprese che l’attuale stato dell’arte del film. Come molti di voi già sapranno Thor: Love and Thunder riporterà Natalie Portman nei panni di Jane Foster, e nel quale dovrebbe affrontare anche la sua trasformazione nel nuovo Thor, almeno se ciò che è stato rivelato durante lo scorso COMICCON si confermasse come vero.

Nell’intervista Chris Hemsworth confermando che il regista Taika Waititi sta “scrivendo la sceneggiatura al momento”, mentre sulle riprese ha ammesso che dovrebbero iniziare nel gennaio 2021. Inoltre ha aggiunto che, mentre si prepara per la sua nona apparizione nel Marvel Cinematic Universe, la sua intenzione è quella di portare “qualcosa di diverso” nel mondo del Dio del tuono: “[Sono] molto entusiasta di provare a fare qualcosa di diverso, sai, negli ultimi tre film abbiamo certamente superato i limiti e abbiamo creato versioni diverse del personaggio, e ora le persone si aspettano alcuni cambiamenti drammatici”, ha scherzato Hemsworth. “Quindi abbiamo il nostro bel da fare in questo senso.”

Thor: Love and Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo da Natalie Portman, come confermato sabato durante il panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle sale è fissata invece al 11 febbraio 2022.

Taika Waititi tornerà alla regia di un film dei Marvel Studios dopo Thor: Ragnarokcosì come Chris Hemsworth e Tessa Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers: Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal fumetto “The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.

The Batman: nuove foto dal set rivelano un legame con WW e The Flash?

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Continuano le riprese di The Batman, l’attesissimo nuovo capitolo dell’uomo pipistrello che sarà targato Matt Reeves e Robert Pattinson. Ebbene dopo le foto dal set del Regno Unito in cui abbiamo visto il pipistrello in sella alla sua moto, oggi dal set di Chicago dove sono in corso in preparativo arrivano nuovi scatti che rivelano alcuni particolari molto interessanti.

Infatti la troupe sta preparando le location che accoglierà il cast per circa due settimane di riprese, ma prima di arrivare a questo, un’altra foto della festa in costume che si svolge a Gotham City sembra confermare che Wonder Woman esiste anche in questo mondo che potremmo definire il Reeves-Verse. Tuttavia questo potrebbe anche essere solo un Easter Egg senza senso, e non un qualsiasi tipo di segno che il Caped Crusader di Robert Pattinson interagirà con quei supereroi. Tuttavia, un giornale che è stato anche avvistato sul set di The Batman ha menzionato l’esistenza di Metropolis, quindi chi lo sa. Ecco di seguito tutti gli scatti rubati che nascondono diversi Easter Eggs, tra cui un poster che prende in giro Flash, mentre una data rivelata su un taxi sembra confermare che gli eventi di Batman saranno ambientati nel 2019. 

The Batman, il film

Il cast di The Batman è formato da molti volti noti: insieme a Robert Pattinson nei panni di Bruce Wayne, ci saranno anche Colin Farrell (Oswald Chesterfield/Pinguino), Zoe Kravitz (Catwoman), Jeffrey Wright (Jim Gordon), Paul Dano (Enigmista) e Andy Serkis (Alfred). Infine, John Turturro sarà il boss Carmine Falcone. Nel cast anche Peter Sarsgaard che sarà Gil Colson, il Procuratore Distrettuale di Gotham.

The Batman esplorerà un caso di detective“, scrivono le fonti. “Quando alcune persone iniziano a morire in modi strani, Batman dovrà scendere nelle profondità di Gotham per trovare indizi e risolvere il mistero di una cospirazione connessa alla storia e ai criminali di Gotham City. Nel film, tutta la Batman Rogues Gallery sarà disponibile e attiva, molto simile a quella originale fumetti e dei film animati. Il film presenterà più villain, poiché sono tutti sospettati“.

Castello Errante, la prima residenza internazionale di cinema

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Castello Errante, la prima residenza internazionale di cinema

Nel mese di novembre 2020 partirà la IV edizione di Castello Errante, la prima residenza internazionale di cinema che coinvolge l’America Latina e l’Italia. Castello Errante è un format innovativo che coniuga formazione e produzione nel campo dell’audiovisivo: un progetto che vede, nella cooperazione e nella multiculturalità, una grande occasione di apprendimento e, nell’utilizzo degli strumenti dell’era digitale, un’interessante opportunità di sviluppo di nuove idee a carattere internazionale.

Castello Errante porterà nuovamente in Italia le eccellenze internazionali del cinema: un gruppo selezionato di studenti under 35, provenienti dalle più importanti Scuole di Cinematografia italiane e dell’America Latina, formerà una troupe specializzata che parteciperà a percorsi di formazione e produzione, in un processo di conoscenza, scoperta e valorizzazione del territorio. In questa edizione la formazione teorica e i lavori di sviluppo e pre-produzione del progetto verranno svolti online nel mese di novembre 2020, mentre a febbraio 2021 si entrerà nel vivo dei lavori con l’arrivo in Italia della troupe che realizzerà due progetti audiovisivi, un corto documentario e un corto fiction, e alcuni spot legati alla valorizzazione delle ricchezze del patrimonio italiano. La giovane età dei partecipanti è un fattore fondamentale per la contestualizzazione di tematiche attuali che – analizzate dal cinema contemporaneo – fanno riflettere sul presente e acquisire consapevolezza per il futuro.

Un format unico e innovativo

Un format innovativo mai realizzato prima che crea un collegamento storico e culturale tra America Latina e Italia e che promuove le diversità, i nuovi linguaggi espressivi e il patrimonio cinematografico e audiovisivo, all’insegna della ricerca e dello scambio internazionale, della formazione e della produzione nel campo dell’audiovisivo, innescando processi di sensibilizzazione, valorizzazione del territorio e crescita.

Fin dalla sua prima edizione Castello Errante si è distinto per il suo format unico al mondo: ogni anno, un borgo italiano, che si differenzia per il suo patrimonio culturale e paesaggistico, ospita all’interno del proprio comune circa 20 studenti del settore cinematografico provenienti dall’Italia e dai Paesi dell’America Latina, che hanno come scopo finale quello di realizzare diversi prodotti audiovisivi. Tali prodotti hanno come motore la valorizzazione di tutti quegli aspetti che il territorio ospitante possiede, in termini architettonici, artistici, paesaggistici, storici e culturali. Si crea così un circolo virtuoso che promuove l’audiovisivo come mezzo di promozione e crescita, scoperta e scambio.

Castello Errante promuove in questo modo l’immagine dell’Italia all’estero attraverso il mezzo cinematografico: grazie a questa formula così innovativa e alla promozione dei prodotti audiovisivi realizzati, il nostro Paese viaggia in tutto il mondo all’interno di festival ed eventi internazionali.

I partecipanti

Per la selezione dei partecipanti nella prima parte dell’anno Castello Errante ha lanciato tre CALL rivolte a studenti under 35:

  • la prima call per la selezione della sceneggiatura rivolta ai candidati del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma;
  • la seconda call per la selezione del regista del corto documentario rivolta esclusivamente ai candidati italiani;
  • la terza call per la selezione dei membri della troupe internazionale, indirizzata a tutti gli studenti italiani e latino americani dei Paesi coinvolti. Ogni studente ricopre un ruolo specifico a seconda della propria formazione: regista del corto di fiction; regista del corto documentario; direzione della fotografia;assistente camera; secondo assistente camera; assistente alla regia;direzione del suono; microfonista; gaffer; attore/attrice; costumista; make-up artist; scenografo/a; assistente scenografo/a; montatore; musicista colonna sonora; filmaker; designer grafico; assistente di produzione; assistente dell’organizzazione.

Il tema della IV edizione

Ogni anno Castello Errante sceglie un tema sul quale indirizzare il lavoro dei partecipanti. Dopo aver affrontato nelle passate edizioni il tema del “cibo” e del “confine”, per il 2020 “il pensiero magico” sarà il file-rouge di tutta la manifestazione. Il potere della magia sta nel trasformare e il cinema è magia perché ci dà l’opportunità di dimostrare la nostra tenacia e coltivare i nostri sogni, in maniera alternativa, attingendo alla creatività e trasformando il nostro “io” in “noi”.

Le attività durante la residenza

Castello Errante come prima residenza internazionale cinematografica realizza molteplici attività a carattere culturale e formativo, volte ad accrescere questo percorso di conoscenza, scambio e valorizzazione del patrimonio: masterclass e workshop a carattere internazionale sulle nuove tendenze tecnologiche e sui nuovi linguaggi espressivi in campo audiovisivo; eventi dedicati all’incontro tra cinema e cibo, italiano ed estero, nonché alla valorizzazione del patrimonio enogastronomico locale; incontri con personalità del mondo del cinema; attività di formazione audiovisiva curata dagli studenti internazionali e rivolta ai ragazzi del territorio; creazione di prodotti audiovisivi che raccontano le ricchezze artistiche, naturalistiche, storiche del luogo ospitante, anche a fini turistici; attività di promozione turistica dei borghi italiani; programmi educativi rivolti soprattutto ai giovani e basati su modi nuovi di fare formazione in campo audiovisivo, che favoriscono lo sviluppo della cultura cinematografica in Italia, l’integrazione sociale e le relazioni interculturali.

Castello Errante crea un filo diretto tra la formazione accademica e la pratica più propriamente associata all’industria audiovisiva. Questo è certamente uno degli obiettivi, e quindi dei risultati attesi più interessanti del progetto, poiché spesso la formazione resta un bagaglio di informazioni che non trova sbocco o riscontro sul piano della produzione.

Un’iniziativa green attenta all’ambiente

Castello Errante sposa a pieno l’ecosostenibilità, rispetta l’ambiente e le differenze culturali, promuovendo le nuove tecnologie a servizio di una valorizzazione sensibile e consapevole del patrimonio. Per questo motivo all’interno della residenza viene promosso l’utilizzo di materiali green ecosostenibili, sia durante le fasi di produzione on set che durante quelle di realizzazione dell’intero evento.

Castello Errante coinvolge, inoltre, tutti i cittadini, gli abitanti del territorio e i turisti della Regione Lazio che vengono inevitabilmente resi partecipi dal progetto a più livelli e promuove uno stile di vita sano, il consumo di prodotti a km zero, il rispetto della natura, nonché tutte le idee innovative capaci di generare socialità e crescita.

Un progetto dal respiro internazionale

Data la vastità e complessità del progetto che abbraccia all’unisono diversi settori (dal cinema al turismo, dalla formazione all’internazionalizzazione), Castello Errante si avvale di più risorse, in termini di rapporti istituzionali, di partenariati culturali e tecnici, di sponsor regionali e nazionali, nonché di risorse umane di fondamentale importanza.

 

Per la IV edizione Castello Errante ha avuto un ulteriore riconoscimento di grande prestigio: Il Programa Ibermedia da quest’anno sostiene l’iniziativa e, in particolare, le azioni legate al comparto formativo, aggiungendosi così alla Regione Lazio che sostiene il progetto con il fondo sulla promozione audiovisiva 2020 “Interventi regionali per lo sviluppo del cinema e dell’audiovisivo-Annualità 2020”, nel quale Castello Errante si è classificato al terzo posto su quasi duecento progetti presentati.

Castello Errante è un’iniziativa ideata da Adele Dell’Erario, organizzata dalla Occhi di Giove srl e realizzata in collaborazione con l’Istituto Italo Latino Americano-IILA, le Ambasciate di Argentina, Cile, Costa Rica, Colombia, Cuba, Guatemala, Messico, Nicaragua, Panama, Perù, Repubblica Domenicana e Uruguay, nonché la Roma Lazio Film Commission e il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

Il progetto è sostenuto dal Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT), dalla Regione Lazio e dal Programa Ibermedia,

Queste realtà rappresentano una risorsa imprescindibile per il respiro internazionale dell’iniziativa e per la sua credibilità a livello istituzionale. Il contributo di questi soggetti è inoltre un importante segnale di aderenza del progetto al territorio che lo ospita, dal quale provengono interesse, disponibilità, mezzi, indispensabili per la riuscita dell’iniziativa.

 

 

The New Mutants: concept inediti rivelano un approccio molto diverso

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Come molti di voi avranno avuto modo di constatare The New Mutants non è stato affatto un disastro, ma guardando bene nel dettaglio è facile capire perché la FOX ha voluto comunque andare avanti con il film nonostante l’acquisizione. Questa scelta si è rivelata anche azzeccata dato che il film è stato il primo grande successo cinematografico negli USA alla riapertura delle sale estive, dando del filo da torcere anche ad un film molto atteso come TENET di Christopher Nolan.

Ebbene oggi alcuni concept inediti ci rivelano un approccio molto diverso da quello visto nel film per il personaggio di Demon Bear, il cattivo principale dell’adattamento dell’omonimo fumetto dei Marvel Comics. Deryl Braun ha condiviso alcuni dei suoi primi progetti per Demon Bear, uno dei quali ha una sorprendente somiglianza con il simbionte Venom. Questa è stata senza dubbio una coincidenza, e qui c’è una vasta gamma di interpretazioni alternative del classico cattivo dei fumetti. È difficile immaginare quando i New Mutants e il Demon Bear torneranno sul grande schermo, anche se i Marvel Studios useranno quasi sicuramente alcuni dei personaggi nei prossimi anni, ma i fan vorrebbero sicuramente vedere di più della versione  di Magik della bravissima Anya Taylor-Joy.

The New Mutants è un thriller con sfumature horror, originale e ambientato in un ospedale isolato dove un gruppo di giovani mutanti è rinchiuso per cure psichiatriche. Quando iniziano ad avere luogo degli strani episodi, le loro nuove abilità mutanti e la loro amicizia saranno messe alla prova, mentre cercano di fuggire. Diretto da Josh Boone e scritto da Boone e Knate Lee, il film vede nel cast la presenza di Maisie WilliamsAnya Taylor-Joy, Charlie Heaton, Alice Braga, Blu Hunt Henry Zaga.

Il cast di The New Mutants racconta il film

IT – 2 Film Collection dal 19 ottobre

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IT – 2 Film Collection dal 19 ottobre

A partire dal 19 ottobre, sarà inoltre disponibile l’esclusivo “IT – 2 Film Collection”, il cofanetto in metallo in edizione speciale limitata con i due capitoli diretti da Andy Muschietti – “IT”  e “IT: Capitolo Due” – in 4K UHD, versione Steelbook, original Fan Art e 2 Poster dedicati. L’edizione include 5 Dischi, i film in formato Blu-ray e 4K e un secondo disco Blu-ray di contenuti speciali relativi a “IT: Capitolo Due”.

Dopo 27 anni, IT è tornato. Quando le persone iniziano a scomparire a Derry, Mike chiede agli altri membri del Club dei Perdenti di tornare a casa per distruggere IT una volta per tutte. Segnati dal passato, i Perdenti devono superare le loro paure più profonde per sconfiggere Pennywise… che ora è più letale che mai.

It – Capitolo due è interpretato da James McAvoy (i film di “X-Men”, “Split”, “Glass”) nel ruolo di Bill, la nominata all’Oscar Jessica Chastain (“Zero Dark Thirty”, “Mama”, “Molly’s Game”) nel ruolo di Beverly, Bill Hader (“Barry”, “The Skeleton Twins”) come Richie, Isaiah Mustafa (“Shadowhunters: The Mortal Instruments” – TV) come Mike, Jay Ryan (“Mary Kills People”, “La bella e la bestia” – TV ” ) nel ruolo di Ben, James Ransone (nel film “The Wire”, “Sinister”) nel ruolo di Eddie e Andy Bean (“Swamp Thing”, “Allegiant”) nel ruolo di Stanley.

A interpretare i membri originali del Club dei Perdenti Jaeden Martell (“St. Vincent”, “Speciale mezzanotte”) nei panni di Bill, Wyatt Oleff (“Guardiani della Galassia”, “Guardiani della Galassia Vol. 2”) come Stanley, Jack Dylan Grazer (“Shazam”, “Me, Myself and I” – TV) come Eddie, Finn Wolfhard (“Stranger Things”, “Carmen Sandiego”) come Richie, Sophia Lillis (“Nancy Drew and the Hidden Staircase” , “Sharp Objects” – TV) come Beverly, Chosen Jacobs (“Hawaii Five-O”, “Castle Rock” -TV) come Mike e Jeremy Ray Taylor (“Goosebumps 2: Haunted Halloween”) come Ben. Bill Skarsgård (“Deadpool 2”, “Allegiant”) ritorna nel ruolo da protagonista di Pennywise.

The Young Pope, dove vederla: trama, cast, spoiler, streaming

The Young Pope, dove vederla: trama, cast, spoiler, streaming

Produttori, registi e network televisivi, al giorno d’oggi ce la mettono davvero tutta per stupire il pubblico e creare contenuti sempre nuovi e originali. Nonostante le buone intenzioni, non sempre tutte le nuove serie tv o film mandati in onda poi funzionano ma questo non è il caso di The Young Pope. Dissacrante e dal sapore quasi proibito, la serie ha avuto un successo strepitoso e non solo in Italia. Non a caso, infatti, The Young Pope è stata la prima serie tv italiana a essere candidata agli Emmy e anche ai Golden Globe.

Ideata e diretta da Paolo Sorrentino – famoso regista del film La Grande Bellezza -, la serie è nata dalla compartecipazione di tre paesi, Italia, Francia e Spagna, mettendo insieme un cast a dir poco eccezionale. The Young Pope – i cui primi due episodi sono stati presentati in anteprima alla 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia – ha come protagonista il bellissimo e talentuoso Jude Law, il Papa più sexy e improbabile della storia della televisione.

The Young Pope trama

La serie racconta dell’incredibile storia di Lenny Belardo (Jude Law), l’affascinante e giovanissimo arcivescovo di New York, e della sua ascesa in Vaticano. Alla morte del Papa in carica, Belardo viene eletto a sorpresa come nuovo pontefice, notizia che viene accolta con grande stupore. Ad aver appoggiato e spinto non solo per la sua candidatura ma per la sua elezione è il potentissimo Segretario dello Stato Vaticano, il Cardinale Angelo Voiello (Silvio Orlando).

[SPOILER ALERT]

Convinto di aver fatto la scelta giusta e di aver per le mani finalmente un Papa inesperto e facilmente manovrabile, Voiello scopre ben presto di aver commesso un terribile errore. Nonostante la sua giovane età e la sua aria pacifica, Lenny Belardo ha le idee molto chiare ed è pronto a dettare le sue regole. Abbandonato dai suoi genitori in orfanotrofio, Lenny ha sempre potuto contare sul sostegno di Suor Mary (Diane Keaton) che, dopo essere stata il suo tutore legale durante l’infanzia, accetta di seguirlo in Vaticano per aiutarlo nella sua impresa.

A causa del suo passato traumatico, Belardo ha sviluppato però un rapporto molto strano con la fede e soprattutto con Dio considerato quasi come l’ennesima controversa figura genitoriale assente. Nonostante la sua concezione di fede assai discutibile e contraddittoria, Lenny è rispettato e quasi venerato poiché in molti lo ritengono responsabile di un miracolo realizzato quando era ancora un ragazzo.

Cinico, sprezzante, misterioso e fin troppo attratto dal lusso, Lenny Belardo prende il suo posto in Vaticano con il nome di Pio XIII e comincia la sua riforma della cristianità. Se i suoi predecessori volevano creare un ponte di comunicazione tra Chiesa e popolo, Lenny sembra essere di tutt’altro avviso. Un po’ come in un eccentrico club notturno, il nuovo Papa rende la Chiesa un luogo inaccessibile ed esclusivo.

The Young Pope cast

La Chiesa, che da anni lotta per riportare i fedeli verso la fede, chiude i battenti e diventa un rifugio solo per pochi eletti. Pio XIII, fautore di questa controversa rivoluzione, esce dalla scena pubblica rifiutando ogni contatto con il mondo esterno. ‘Prigioniero’ della gabbia dorata vaticana, Lenny comincia a godere dei privilegi del suo nuovo status e a vivere quel lusso sfrenato che ha sempre desiderato.

[SPOILER ALERT]

Nonostante la sua completa noncuranza e il suo atteggiamento fin troppo vanesio, il nuovo Papa non accetta di farsi controllare da nessuno né tanto meno dal Cardinal Voiello e dai suoi tanti tirapiedi. Comincia così la sua riforma della Chiesa che prevede un drastico cambio di rotta e il ritorno a una rigida politica conservatrice. Sotto il controllo di Papa Pio XIII la Chiesa torna alla sua missione originale ovvero quella di proteggere Dio e la fede, missione che ogni fedele deve abbracciare con gioia e dedizione.

La nuova Chiesa rifiuta la modernità e torna a una quasi medievale intransigenza, adottando una politica severa su questioni scottanti come l’omosessualità, la contraccezione, l’aborto e la pedofilia. Nonostante la sua politica quasi oscurantista, Lenny però non dimentica il primo dovere della Chiesa, ovvero quello di prendersi cura delle persone più deboli e povere e che vivono ai margini della società.

Il regno di Pio XIII continua indisturbato sotto gli occhi impotenti di consiglieri e cardinali fino a quando le morti improvvise dei cardinali Andrew Dussolier (Scott Shepherd), suo migliore amico dall’infanzia, e Michael Spencer (James Cromwell), suo padre spirituale, minano la stabilità emotiva del nuovo pontefice. Distrutto dal dolore e attorniato da misteri e complotti ai suoi danni, Lenny dovrà trovare la forza per affrontare i suoi demoni e condurci in un finale a suon di sermoni e colpi di scena.

The Young Pope seconda stagione: arriva The New Pope

Grazie all’incredibile successo ottenuto da The Young Pope, andata in onda nel 2016 con una stagione di soli 10 episodi e terminata con un cliffhanger di proporzioni bibliche, Paolo Sorrentino decide di mettersi subito al lavoro sulla seconda stagione. Inizialmente concepita come il naturale continuo di The Young Pope, quella che doveva essere una semplice seconda stagione si trasforma in una serie nuova di zecca.

A gennaio del 2020 viene quindi rilasciata The New Pope, la nuova serie che porta la firma di Sorrentino ed è prodotta da Sky Atlantic, HBO e Canal+.

[SPOILER ALERT]

Papa Pio XIII (Jude Law) è ormai in coma da più di nove mesi ed è giunta l’ora per i cardinali di eleggere un nuovo pontefice. Sotto consiglio sempre del cardinale Voiello (Silvio Orlando), deciso a scegliere stavolta una personaggio meno problematico, la scelta del consiglio ricade su Tommaso Viglietti (Marcello Romolo). Visto come una persona mite e dall’animo gentile, Viglietti sembra essere la scelta giusta, eppure ancora una volta Voiello commette il grave errore di sottovalutare il suo ‘nemico’.

Viglietti prende posto in Vaticano come Papa Francesco II e comincia a disfare tutto il folle lavoro di Lenny Belardo e della sua Chiesa esclusiva e intransigente. La linea del nuovo Papa rispetta i canoni di povertà e carità cristiana, poco gradita agli avidi cardinali del concilio. Non a casa quindi, a pochi giorni dal suo insediamento, Francesco II muore per uno strano malore che sembra portare la firma del malvagio Voiello.

Morto un Papa se ne fa un altro. Il conclave si riunisce di nuovo e stavolta la scelta ricade su Sir John Brannox (John Malkovich), cardinale inglese dal carattere assai enigmatico e dal passato doloroso. Dopo un tentennamento iniziale, Brannox accetta l’incarico e viene eletto con il nome di Giovanni Paolo III.

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Figlio di una modesta famiglia inglese, John porta dentro di sé un grande e doloroso segreto. Dipendete dall’eroina quando era solo un ragazzo, Brannox ha assistito impotente alla morte del fratello gemello Adam dopo un incidente sugli scii, senza potergli prestare soccorso. Quel tragico evento ha distrutto la sua vita e quella dei suoi genitori che non gli hanno mai perdonato la morte del fratello.

Il trauma della perdita del fratello e i sensi di colpa che ancora lo perseguitano, minano la sua autostima, rendendolo un Papa buono ma anche molto fragile, troppo per poter portare un simile fardello. Ma proprio quando la sua fragilità emotiva sta per diventare un ostacolo alla guida della cristianità, accade l’impossibile. Lenny Belardo (Jude Law), al secolo Pio XIII, ormai declassato a Papa emerito, incredibilmente si risveglia dal coma.

Tra i due Papi in Vaticano comincia quindi una strana collaborazione. Per qualche tempo, infatti, John e Lenny lavorano in tandem per respingere alcune delle minacce più pericolose per la Chiesa, affrontando anche lo spettro del terrorismo. Ma proprio quando Belardo sembra pronto a riprendere in mano lo ‘scettro del potere’, la morte lo chiama definitivamente a sé.

Alla morte di Papa Pio XIII, anche Giovanni Paolo III decide di abdicare, lasciando così nuovamente nelle mani del conclave il destino del Vaticano. Stanchi di tutti questi avvicendamenti di Papi machiavellici, inetti o dal cuore troppo tenero, i cardinali stavolta non sbagliano. Il conclave elegge quindi Angelo Voiello che finalmente corona il suo sogno.

The Young Pope streaming: dove vederlo

Tutti gli episodi di The Young Pope e del sequel, The New Pope, sono disponibili in streaming sulla piattaforma a pagamento di Now TV.

 

Fonte; Wiki, IMDB, Now TV

Il Capo dei Capi, serie tv: trama, cast e dove vederla in streaming

La storia italiana, soprattutto quella contemporanea, è una delle più ricche e antiche al mondo. È quindi quasi scontato che registi e autori attingano dal nostro passato per la realizzazione di nuovi prodotti televisivi. Negli ultimi anni, infatti, sempre più di frequente il palinsesto televisivo si riempie di film e/o serie tv ispirate a fatti di cronaca relativi agli anni della cosiddetta Prima Repubblica. Quest’espressione per lopiù giornalistica, si riferisce al periodo di storia politica italiana che va dal 1948 al 1994. In questo contesto storico, politico e sociale si inserisce la serie Il Capo dei Capi, diretta da Enzo Monteleone e Alexis Sweet, e con Claudio Gioè e Daniele Liotti.

Andata in onda nel 2007, la serie prodotta dalla Taodue – divisa in sei puntate da circa un’ora e mezza ciascuna -, è ispirata all’omonimo libro dei giornalisti Giuseppe D’Avanzo e Attilio Bolzoni. Il Capo dei Capi racconta la storia dell’ormai noto boss malavitoso Salvatore Riina, detto Totò Riina.

Nato e cresciuto nella Sicilia più rurale e dimenticata, Riina era un semplice contadino, rosso e poco istruito ma per nulla ingenuo. Ossessionato dai soldi ma soprattutto dal potere, Totò inizia la sua scalata facendosi strada verso la vetta un delitto alla volta. Divenuto in breve tempo uno dei personaggi più temuti di Corleone, Riina comincia a reclutare il suo piccolo esercito per poter sferrare il suo attacco finale allo Stato.

Il Capo dei Capi cast trama: tra realtà e finzione

Negli anni ottanta la Sicilia e in particolare la città di Palermo era sotto assedio. La mafia controllava ogni cosa, dalle amministrazioni locali all’illecito traffico di stupefacenti e i clan si contendevano le piazze dello spaccio. In particolare la fazione dei Corleonesi, guidata da Totò Riina era in lotta per il controllo sul territorio con una seconda fazione della quale faceva parte anche il famoso boss Tommaso Buscetta.

In quel periodo a Palermo vennero commessi circa 600 omicidi da entrambi i clan, situazione che spinse le istituzioni a creare una vera e propria commissione antimafia. Tra i giudici e i magistrati nominati c’erano anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le indagini del pool antimafia portano all’arresto di 460 persone e all’inizio del Maxiprocesso di Palermo (1986), ovvero il più grande e lungo processo della storia.

Mentre i pesci piccoli delle due fazioni di Cosa Nostra finivano in carcere a vita, i boss della malavita siciliana continuavano a prosperare. Grazie ad attentati e omicidi, negli anni novanta Riina è a capo di Cosa Nostra e comanda indisturbato su Palermo e gran parte della Sicilia. Le sue attività illecite continuano fino al 1992, anno in cui la mafia decide di uccidere i due magistrati Falcone e Borsellino.

Il primo a cadere è Falcone, il 23 maggio del 1992, vittima di un’esplosione sull’autostrada A29, evento che viene tutt’oggi ricordato come la Strage di Capaci. Qualche mese più tardi, il 19 luglio del 1992, tocca a Borsellino ucciso invece nell’attentato terroristico di stampo mafioso ricordato come la Strage di Via D’Amelio.

Il Capo dei Capi cast

Dal 1982 fino a quel momento, Totò Riina era rimasto nell’ombra al comando di Cosa Nostra, usando i suoi scagnozzi per compiere i suoi atroci delitti. Il potere e la latitanza lo facevano sentire invincibile, quasi intoccabile. Con l’uccisione di Falcone e Borsellino, tuttavia, le autorità fecere di tutto pur di smascherare e catturare il terribile boss della malavita siciliana. Dopo quasi venticinque anni di latitanza, grazie a una soffiata di un pentito mafioso, il 15 gennaio del 1993 i Carabinieri arrestano Riina. Il boss era rimasto nascosto fino a quel momento in una casa segreta al centro di Palermo.

Il Capo dei Capi, parte proprio dall’arresto di Totò Riina e ripercorre a ritroso tutta la sua vita. Finito ormai dietro le sbarre, Riina (Claudio Gioè) riceve in carcere la visita di un uomo, Biagio Schirò (Daniele Liotti), un suo vecchio amico d’infanzia. Grazie a questa visita inaspettata, Riina comincia a ricordare il suo passato, dall’adolescenza fino alla militanza in Cosa Nostra.

Rimasto orfano di padre nel 1943, a soli tredici anni Totò comincia a prendersi cura della famiglia. Ben presto però si rende conto che lavorare nei campi non basta per vivere una vita dignitosa. E’ così che, insieme agli amici Bernardo Provenzano (Salvatore Lazzaro), Calogero Bagarella (Marco Leonardi) e Biagio Schirò (Daniele Liotti), comincia a lavorare come ‘picciotto’ per un boss locale. In quel preciso istante comincia la sua ascesa nella malavita organizzata.

In ogni puntata la serie copre un arco temporale di una quindicina d’anni, raccontandoci degli episodi più importanti della sua vita. Scopriamo quali sono i suoi più fedeli collaboratori, i suoi nemici e tutti i crimini compiuti nel nome di Cosa Nostra. La storia finisce così com’era iniziata, in carcere, con il boss finalmente dietro le sbarre.

Il Capo dei Capi film: L’ultimo dei Corleonesi

Girata tra Ragusa e Catania, la serie Il Capo dei Capi ha avuto un successo incredibile, riproponendo in chiave moderna un pezzo importante della storia politica italiana della Prima Repubblica. Tuttavia, la serie non è la prima ad aver trattato temi di interesse storico-politico come quello della nascita e della caduta del boss Totò Riina.

Nel 2007, infatti, anche la RAI produce un film dal titolo L’ultimo dei Corleonesi, che racconta dello stesso periodo storico dal punto di vista di un vecchio amico di Riina, Bernardo Provenzano.

Il film comincia a Palermo, nel 1992 con la Strage di Capaci e il successivo arresto di Bernardo Provenzano (David Coco). Nel momento in cui il boss viene arrestato, il film con un flashback, ci riporta indietro nel tempo, nella Corleone nel 1948. A quei tempi, Provenzano, insieme all’amico Totò Riina (Marcello Mazzarella), viene arruolato dal killer Luciano Liggio (Stefano Dionisi), ai comandi del boss Michele Navarra (Emilio Bonucci). I ragazzi cominciano quindi a seguire Liggio nelle sue missioni, partecipando a omicidi ed esecuzioni, entrando nelle grazie del boss del paese.

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Gli anni passano e Liggio, Riina e Provenzano ormai sono diventati inseparabili, membri a vita del clan dei Corleonesi di Cosa Nostra. Quando nel 1974 Liggio viene arrestato per omicidio e molti altri capi d’accusa, Riina e Provenzano diventa i soli e unici capi del clan, scatenando una guerra contro la fazione rivale.

Per anni la coppia di amici governa indisturbata su Palermo e su tutta la Sicilia. A seguito delle uccisioni di Falcone e Borsellino però, le autorità stringono Cosa Nostra in una morsa e nel 1993 anche Riina finisce dietro le sbarre. Rimasto solo a governare la mafia siciliana, Provenzano si dà alla macchia e sparisce dai radar della polizia. Solo nei primi anni duemila, seguendo le tracce lasciate dai vari tirapiedi del boss, i servizi segreti italiani rintracciano Provenzano.  Il film, diretto da Alberto Negrin, si chiuse così, con la fine di questo gigantesco flashback e con la cattura del pericoloso killer malavitoso, Bernardo Provenzano.

Dove vedere Il Capo dei Capi in streaming

La famosa miniserie Il Capo dei Capi, prodotta della Taodue e diretta da Enzo Monteleone e Alexis Sweet, è disponibile in streaming in abbonamento su Infinity Tv.

Fonte: Wiki

Mi chiamo Francesco Totti: la recensione del documentario di Alex Infascelli #RFF15

Interrogato sull’identità dell’ottavo re di Roma, il tifoso dell’omonima squadra di calcio darà probabilmente sempre la stessa risposta: Francesco Totti. Come nota egli stesso nel corso del documentario a lui dedicato, la gente non è abituata a vederlo come un semplice uomo o calciatore, bensì come un vero e proprio monumento. Sembrerebbe dunque esserci poco da aggiungere ad una personalità tanto celebre e celebrata. Eppure, con Mi chiamo Francesco Totti si dà vita a tutt’altro che un semplice e scontato documentario celebrativo. Basato sull’autobiografia “Un capitano”, il film diretto da Alex Infascelli ripercorre sì la vita e la carriera del calciatore, ma lo fa adottando una chiave di lettura particolarmente affascinante. Ne emerge una toccante riflessione sulla popolarità, sul rispetto delle proprie radici e, soprattutto, sul tempo che passa.

Presentato alla 15ª edizione della Festa del Cinema di Roma, il film, prodotto da The Apartment e Wildside, sarà in sala come evento speciale solo dal 19 al 21 ottobre. Al suo interno si potrà ritrovare dunque un lungo e appassionante excursus sulla vita di Totti. Dai primi palleggi da bambino sino al debutto nella Roma, dallo scudetto vinto sino al mondiale del 2006. Toccando tando la carriera sportiva quanto la vita privata, il documentario giunge infine a raccontare il sofferto ritiro avvenuto nel 2018. Insieme agli spettatori, Totti ripercorre così tutta la sua vita, come se la vedesse proiettata su uno schermo. Le immagini e le emozioni scorrono dando forma ad un racconto intimo, in prima persona, dello sportivo e dell’uomo.

Mi chiamo Francesco Totti: anche se il tempo passa…

È fin troppo comune realizzare un documentario su di una specifica personalità raccogliendo interviste di persone ad essa legate. È ben più coraggioso, e originale, affidare invece l’intera narrazione al diretto interessato. In Mi chiamo Francesco Totti, infatti, l’unica voce udibile è proprio quella del calciatore. Con semplicità, umiltà e umorismo, egli conduce il pubblico nel racconto della sua vita, come fosse un lungo monologo interiore. Si parte dalla notte precedente alla sua ultima partita, per poi compiere un lungo salto all’indietro, tornando sino alle origini di Totti come bambino e calciatore. Tale riavvolgimento del nastro permette di rendere sin da subito chiaro il cuore del film: il passare del tempo.

Totti gioca con lo spettatore, commenta le immagini, le ferma, le rimanda indietro per poterle riguardare e riscoprire. In questo suo desiderio di voler fermare il tempo, non potendo credere a quanto ne sia già passato, egli diventa estremamente umano, universale. Nel corso del racconto si trova ad affermare che al momento di iniziare una partita “svestiva i panni di Francesco e indossava quelli di Totti”. Ma qui egli non si trova sul campo da gioco, e può così compiere l’azione contraria. Lascia da parte Totti per mettere in mostra Francesco, rivelandone paure e speranze. Se da una parte ciò permette di avere l’ennesima conferma della sua bontà d’animo e della sua umiltà, valori mai corrotti dal successo, dall’altra mostra di lui aspetti inediti, e particolarmente affascinanti.

Si scopre così una personalità più complessa di quello che si potrebbe immaginare, eppure allo stesso tempo in cui molti possono ritrovarsi. Infascelli evidenzia infatti come la storia di Totti sia anche quella di un’intero popolo. Costruendo una vera e propria epica intorno al calciatore, permette a chiunque di ritrovarsi dentro di lui, rendendo chiara l’importanza della sua figura. Egli è sì un monumento, ma anche un’eccezione, un unicum forse irripetibile. Il documentario è estremamente chiaro nel trasmettere ciò, con una sequenza di eventi più o meno noti ma su cui c’è ancora molto altro da poter dire. E il fatto che a dirlo sia lo stesso Totti è nettamente un valore aggiunto all’intero progetto.

Mi chiamo Francesco Totti recensione

Mi chiamo Francesco Totti: la recensione

L’intero documentario è costruito sul calciatore, si adatta alla sua personalità esaltandola. Questo è un’altra palla ai suoi piedi, con la quale dimostra la maestria di sempre. Tra il ricordo del suo mito Giannini al rapporto con i vari coach susseguitisi nel tempo, dalla relazione con Ilary Blasi fino al periodo dell’infortunio, Totti si destreggia nel racconto giungendo fino alla rete, dove fa goal nel momento in cui lo spettatore è posto davanti alle immagini del suo ritiro. È lì che tutto acquista senso, che tutto quell’aver ripercorso la sua vita e la sua carriera arriva al culmine. Con la voce narrante di Totti è possibile divertirsi, sorprendersi ed esaltarsi, e giungendo al finale si rimane sovrastati dalle emozioni, dalla commozione per quel ritiro che ora si avverte un po’ anche come proprio.

È questo un momento che ha segnato il mondo sportivo e non solo. Consapevoli della grandezza del personaggio, regista e produttori lavorano per rendere il documentario fruibile anche da chi di calcio non si è mai particolarmente interessato. La sincerità con cui il racconto orale accompagna quello delle immagini risulta infatti estremamente comprensibile a livello generale, perché Mi chiamo Francesco Totti non è un film sul calcio o su un calciatore, bensì su di un uomo. Un uomo con tutti i pregi e i difetti del caso, ma dotato di una passione non comune, a cui ha sempre dato tutto sé stesso fino alla fine.

 

The Mandalorian 2: nuovo promo inedito

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The Mandalorian 2: nuovo promo inedito

Disney+ ha diffuso un nuovo promo inedito nel quale possiamo vedere scene inedite di The Mandalorian 2, l’attesissima seconda stagione di The Mandalorian.

Iscriviti a Disney+ e inizia a guardare The Mandalorian e altre produzioni originali

The Mandalorian 2

The Mandalorian 2 è la seconda stagione della serie tv The Mandalorian  live action basata sull’universo di Star Wars prodotta dalla LucasFilm per la piattaforma streaming Disney+.

Ambientata nell’universo di Guerre stellari dopo le vicende de Il ritorno dello Jedi e prima di Star Wars: Il risveglio della Forza, racconta le avventure di un pistolero mandaloriano oltre i confini della Nuova Repubblica. Dopo la caduta dell’Impero, nella galassia si è diffusa l’illegalità. Un guerriero solitario vaga per i lontani confini dello spazio, guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie. Ambientata dopo la caduta dell’Impero e prima della comparsa del Primo Ordine, The Mandalorian racconta le difficoltà di un pistolero solitario che opera nell’orlo esterno della galassia, lontano dall’autorità della Nuova Repubblica. La serie ha come protagonista Pedro Pascal nei panni del Mandaloriano.

La serie è prodotta e scritta da Jon Favreau (già produttore de Il Re Leone e delle saghe di Avengers e Iron Man). Nel cast anche Gina Carano (DeadpoolFast and Furious); Carl Weathers (Apollo Creed nella saga di Rocky), Nick Nolte (Cape FearIl Principe delle maree), Emily Swallow (SupernaturalLe regole del delitto perfetto), Taika Waititi (premio Oscar 2019 per JoJo Rabbit), Giancarlo Esposito (Fa’ la cosa giustaBreaking Bad) e Omid Abtahi (24HomelandStar Wars: The Clone Wars).

The Mandalorian, prodotta in esclusiva per Disney+ da Lucasfilm, è la prima serie live-action di Star Wars e, nei suoi 8 episodi, racconta vicende ambientate dopo la caduta dell’Impero, quando nella galassia si è diffusa l’illegalità. Protagonista è un guerriero solitario che vaga per i lontani confini dello spazio, guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie. A interpretarlo Pedro Pascal (Game of ThronesNarcos).

S.W.A.T. 4: trailer della quarta stagione

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S.W.A.T. 4: trailer della quarta stagione

Il network americano CBS ha diffuso il trailer di S.W.A.T. 4, la quarta attesa stagione della serie tv S.W.A.T..

In S.W.A.T. 4 ritorneranno i protagonisti sono Shemar Moore (Daniel “Hondo” Harrelson) Alex Russell (Jim Street) Jay Harrington (David “Deacon” Kay) Lina Esco (Christina “Chris” Alonso) Kenny Johnson (Dominique Luca) David Lim (Victor Tan) Patrick St. Esprit (comandante Robert Hicks) Amy Farrington (tenente Piper Lynch) Karissa Lee Staples (Bonnie) Rochelle Aytes (Nichelle) April Parker Jones (Winnie).

S.W.A.T. 4

S.W.A.T. 4 è la quarta stagione della nuova serie tv S.W.A.T. creata da Aaron Rahsaan Thomas per il network americano della CBS.

Nel cast di S.W.A.T. 3 protagonisti sono Sergente Daniel “Hondo” Harrelson, interpretato da Shemar MooreJessica Cortez, interpretata da Stephanie Sigman, Jim Street, interpretato da Alex Russell, David “Deacon” Kay, interpretato da Jay Harrington, Christina “Chris” Alonso, interpretata da Lina Esco, Dominique Luca, interpretato da Kenny Johnson, Jeff Mumford, interpretato da Peter Onorati, Victor Tan, interpretato da David Lim.

House of Anubis, serie tv: trama, cast e dove vederla in streaming

Da sempre la maggior parte dei contenuti della televisione per ragazzi è affidata alle due emittenti statunitensi più importanti, ovvero Disney Channel e Nickelodeon. Tutti i cartoni animati e le serie tv per teenagers di successo, sono prodotte negli States e poi rilasciate negli altri paesi. Molti di questi contenuti a distribuzione globale fanno poi strage di ascolti in tutto il mondo. Oggi vi parliamo di una delle serie tv per ragazzi più amate, dal titolo House of Anubis.

Basata sull’originale belga-olandese, Het Huis Anubis, la versione anglo-americana targata Nickelodeon, creata da Hans Bourlon e Gert Verhulst, è andata in onda per ben 3 stagioni e 145 episodi, dal 2011 al 2013. Trasmessa su TeenNick – canale affiliato a Nickelodeon -, House of Anubis è una serie teen drama thriller, ambientata in un collegio britannico e che ha come protagonista una ragazza americana.

House of Anubis trama

La giovane amaericana Nina Martin (Nathalia Ramos) viene mandata dalla sua famiglia a studiare all’estero in un famoso collegio britannico. Ma nel momento in cui Nina mette piede in Casa Anubi, una delle residenze della scuola, cominciano ad accadere cose strane e misteriose. All’arrivo di Nina, infatti, un’altra studentessa, Joy Mercer (Klariza Clayton), scompare nel nulla. Nonostante si tratti solo di una spiacevole coincidenza, Nina viene accusata della scomparsa di Joy dalla migliore amica di quest’ultima, Patricia Williamson (Jade Ramsey), che comincia a indagare sulla faccenda.

In Casa Anubi risiedono nove ragazzi e ragazze, controllati a vista dal guardiano Victor Rodenmaar Jr (Francis Magee), figlio del custode. Nina, ovviamente, dopo le accuse di Patricia, non viene accolta a braccia aperte dagli altri membri della casa e passa la sua prima notte da sola in soffitta. Qui Nina fa un’incredibile scoperta.

Nella soffitta trova le registrazioni del diario segreto di una ragazza, vissuta in casa molti anni prima e che Nina riconosce all’istante. Il diario è di Sarah Frobisher-Smythe (Rita Davies), una delle fondatrici della scuola che Nina ha incontrato durante il tour della struttura. Nelle registrazioni si parla di un segreto che riguarda la storia della casa, un mistero di cui nessuno è a conoscenza.

Nina è molto colpita dalla scoperta del diario e sopratutto che quest’ultimo appartenga proprio a Sarah. Durante il loro primo incontro, infatti, Sarah aveva regalato a Nina una collana con un grazioso ciondolo a forma di Occhio di Horus che la ragazza aveva accettato volentieri. Ebbene, quello che a Nina sembrava solo un innocuo regalo, si rivela essere in realtà uno strumento molto potente. La collana dell’Occhio di Horus è dotata infatti di misteriosi poteri magici che aiuteranno Nina nelle sue indagini volte a scoprire il segreto della Casa di Anubi.

House of Anubis cast

Nonstante le difficoltà iniziali, Nina comincia a indagare sul misterioso collegio aiutata da due nuovi amici, Fabian Rutter (Brad Kavanagh) e Amber Millington (Ana Mulvoy Ten) la sua compagna di stanza. Insieme i tre ragazzi formano un gruppo investigativo chiamato Sibuna (ovvero Anubis al contrario), che più tardi si estenderà ad altri membri della casa.

La prima a unirsi alla squadra è Patricia che, una volta appreso dell’innocenza di Nina, si offre volontaria. In questo modo la ragazza spera di scoprire cos’è successo alla sua amica Joy. A seguire, anche Alfie Lewis (Alex Sawyer), il buffone della scuola, e Jerome Clarke (Eugene Simon), si uniscono al team.

Le indagini continuano e il Sibuna scopre dell’esistenza di un puzzle, i cui tasselli portano a un’importante rivelazione. Sparsi all’interno di Casa Anubi ci sono sette pezzi del puzzle che i ragazzi dovranno trovare e mettere insieme per poter accedere alla Coppa di Ankh. In egiziano antico, l’ankh è un simbolo sacro che rappresenta la vita. E’ probabile quindi che la coppa in questione nasconda il segreto della vita eterna.

Ma per accedere all’elisir di lunga vita, i ragazzi non solo devono trovare i sette pezzi mancanti del puzzle ma individuare anche la prescelta, ovvero l’unica in grado di assemblarli e attivare i poteri dell’ankh. Ma individuare la persona giusta non è poi così semplice. Secondo la leggenda, infatti, la prescelta deve in qualche modo essere collegata al numero ‘sette’. Dopo quindi una serie di tentativi, i ragazzi capiscono che la prescelta è proprio Nina, nata il 7 luglio alle 7 del mattino.

La squadra dovrà quindi lottare per poter riattivare la coppa di Ankh e arrivare all’elisir di lunga vita prima dei loro nemici. Ci sono infatti società segrete che tramano nell’ombra contro il Sibuna e la sua prescelta…

House of Anubis 4: cancellazione a sorpresa

Grazie alla sua buona dose di mistero e melodramma adolescenziale, la serie House of Anubis ha avuto un successo incredibile sia nel Regno Unito che nel resto del mondo. La serie – la prima di Nickelodeon girata fuori dagli States – è andata in onda per tre stagioni senza registrare mai cali di ascolto. Pur essendo, infatti, un prodotto per teenagers, House of Anubis ha introdotto un bel po’ di novità in casa Nickelodeon, che hanno fatto la fortuna della serie e del network.

House of Anubis è stata forse la prima serie di Nickelodeon ad abbracciare il format della telenovela. Questo si traduce in puntate più numerose ma meno lunghe (la durata varia dagli 11 ai 20 minuti) e in un cast assai più ricco. La serie infatti è forse quella con il maggior numero di attori e personaggi della storia del network. Questa caratteristica, che per alcuni potrebbe risultare quasi un handicap, è in effetti uno dei motivi principali del successo della serie.

Per gli autori, decidere di seguire le storie dei vari personaggi e intrecciarle alla storyline principale è molto complicato perché si rischia di appesantire la struttura narrativa della serie. Tuttavia, la presenza di così tanti personaggi stuzzica l’attenzione degli spettatori che sono meno invogliati quindi a cambiare canale.

Nonostante l’interesse continuo del pubblico alle vicende degli eroi di House of Anubis, al termine della terza stagione, nel 2013 il network di Nickelodeon ha deciso di cancellare la serie.

House of Anubis film: Anubis – La Pietra di Ra

La notizia della cancellazione della serie arriva come un fulmine a ciel sereno per i fan di House of Anubis che sui social richiedono a gran voce una nuova stagione. La serie infatti era terminata con un grosso cliffhanger, senza di fatto dare ai telespettatori un finale degno di questo nome. Per questo motivo Nickelodeon, non intenzionato a riesumare la serie ormai chiusa in un cassetto, ha deciso di accontentare i fan di House of Anubis con un film conclusivo, abbandonando l’idea di una quarta stagione.

Nel 2013, quindi, Nickelodeon manda in onda il capitolo finale della saga di House of Anubis, tradotto nel film per la tv Anubis – La Pietra di Ra.

In questo film i ragazzi del collegio sono vicini al diploma e il preside, per festeggiare l’avvenimento, organizza una gita al museo, l’ultima per il loro corso. Al rientro a Casa Anubi, i ragazzi trovano ad aspettarli le matricole che prenderanno il loro posto dopo il diploma. I nuovi studenti sono Cassie Tate (Roxy Fitzgerald), Erin Blakewood (Kae Alexander), Dexter Lloyd (Jake Davis) e Sophia Danae (Claudia Jessie), tutti molto emozionati di poter visitare la struttura.

Durante la gita al museo egizio, Sophia, Dexter ed Eddie, si intrufolano in una sala misteriosa non aperta al pubblico dove è esposto un rarissimo artefatto. Si tratta di una meravigliosa pietra preziosa a forma di piramide chiamata Pietra di Ra, custode di un antico segreto e dotata di straordinari poteri. Più tardi la pietra però scompare misteriosamente e viene ritrovata dai ragazzi sul fondo della borsa di Eddie.

Sequestrata dal malvagio preside Mr Sweet, la pietra comincerà a prigionare i suoi poteri e a chiamare a sé i seguaci del dio Ra, gettando la scuola nel caos e mettendo in pericolo la vita dei ragazzi.

House of Anubis streaming

La serie House of Anubis purtroppo in Italia non è ancora disponibile per lo streaming gratuito. Tuttavia potete trovare le prime due stagioni della serie in abbonamento su Sky. Inoltre, essendo House of Anubis parte del catalogo internazionale di Amazon Prime Video, è possibile che in un prossimo futuro la serie possa essere disponibile per lo streaming anche nel nostro paese.

Fonte: Wiki, IMDB, ScreenRant

Beyhadh, serie tv: cast, trama e dove vederla in streaming

Beyhadh, serie tv: cast, trama e dove vederla in streaming

Per anni Europa e America hanno fatto il bello e il cattivo tempo in campo televisivo. La maggior parte dei contenuti disponibili agli utenti in tv e sulle piattaforme streaming, fino a qualche tempo fa, escludeva automaticamente alcuni paesi. Per fortuna oggi non è più così. I prodotti disponibili sono maggiormente diversificati e gli utenti possono accedere a film e serie tv innovative come lo spy crime israeliano Teheran, oppure come la serie romance thriller indiana Beyhadh.

Creata da Prateek R Sharma per Sony TV, Beyhadh è andata in onda dal 2016 al 2020, con un intervallo tra le due stagioni di ben due anni. La serie infatti a oggi conta un totale di 2 stagioni e 273 episodi al suo attivo. A causa della Pandemia di Coronavirus, la produzione della terza stagione si è interrotta a marzo del 2020.

Beyhadh cast e trama

La serie Beyhadh ha come protagonista la bella Maya Mehrotra (Jennifer Winget), proprietaria di una rivista di moda con un passato doloroso alle spalle. La sua infazia, infatti, è stata rovinata dal padre, Ashwin Mehrotra (Rajesh Khattar), un uomo cattivo e violento. Nonostante Maya sia diventata una donna di successo, adulta e con la testa sulle spalle, vive sempre in un clima di ansia e terrore a causa della presenza del padre.

Con Maya lavorano l’avvocatessa Saanjh Mathur (Aneri Vajani), sua migliore amica, e il fotografo Arjun Sharma (Kushal Tandon), un uomo molto allegro e dal carattere solare. ‘Costretti’ a lavorare sempre a stretto contatto, tra loro si forma una sorta di involontario triangolo amoroso. Saanih è infatti innamorata di Arjum che invece la considera solo come la sua migliore amica. Come se non bastasse, Arjum sviluppa una particolare simpatia per Maya, il suo capo, con la quale condivide un’esperienza alquanto traumatica.

Per caso, infatti, Arjun salva Maya dagli attacchi di suo padre, ancora fin troppo presente nella vita della ragazza. Grazie al suo intervento provvidenziale, Maya riesce a scampare al suo carnefice e comincia una frequentazione con il suo giovane e bel fotografo. Tra i due le cose comincano a farsi serie e Maya finalmente racconta a Arjun la triste storia della sua infanzia.

Nonostante i continui ostacoli della vita, Maya e Arjun finiscono con l’innamorarsi e il ragazzo decide di organizzare per la sua bella una proposta di matrimonio indimenticabile. I due quindi partono per le Mauritius, dove Arjun finalmente chiede la mano di Maya. La notizia del loro matrimonio, accolta da tutti con grande entusiasmo, distrugge Saanjh, ancora innamorata di Arjun.

[SPOILER ALERT]

Mentre i due promessi sposi preparano le nozze, Maya è infastidita dalla costante presenza di Saanjh e intima a Arjun di interrompere ogni contatto con la ragazza. Ma quello che Maya non sa è che dietro l’insistenza di Saanjh c’è lo zampino di suo padre, deciso a fargliela pagare e a distruggere le sue chance per una vita felice.

Ashwin quindi le tenta tutte per aizzare Saanjh contro Maya ma sua figlia scopre il suo malvagio piano e decide di farla finita una volta e per tutte. La sposina si reca a casa del padre per parlargli a muso duro ma la loro discussione degenera e Maya finisce con l’uccidere suo padre. Sconvolta dall’accaduto, la ragazza tenta di coprire le sue tracce e di nascondere la sua colpevolezza. Nonostante tutto, Maya sposa Arjun e corona il suo sogno d’amore.

Nel frattempo, le indagini per la morte di Ashwin continuano e la madre di Maya, Jhanvi (Kavita Ghai), scopre che è stata proprio la figlia a uccidere suo marito. Di ritorno dal viaggio di nozze con Arjun, Maya ha un confronto assai acceso con la madre che le confessa di aver scoperto il suo segreto. Arrabbiata e spaventata, Maya spinge la madre dal balcone e la donna entra in coma. La ragazza riesce nuovamente a nascondere le prove del delitto e, per allontanare ancora di più i sospetti su di lei, finge di aver avuto un aborto.

Maya incolpa Saanjh di aver perso il suo bambino, a causa del dolore per l’incidente di sua madre e i continui attacchi della sua rivale. Così facendo Arjun si allontana definitivamente da Saanjh che si trasferisce a Londra.

Beyhadh 2 cast e trama

Tre anni più tardi, Maya e Arjun sono ancora sposati ma le cose per loro non vanno affatto bene. Lui è ormai completamente isolato dal resto del mondo ed è sempre più consapevole del delicato stato mentale della moglie. Non sapendo più come gestire i suoi attacchi di follia, Arjun prova a lasciare Maya chiedendo il divorzio ma senza riuscirci.

[SPOILER ALERT]

Nel frattempo Saanjh torna in India con il suo nuovo fidanzato Samay Ahuja (Piyush Sahdev), una vecchia conoscenza di Maya. Si scoprirà più tardi che Samay è stato l’amante di Maya, della quale era ossessionato. Ma nonostante questa scoperta, le vite di tutti vanno avanti. Saanjh e Samay cominciano a programmare le nozze, e Maya e Arjun si preparando all’arrivo del loro primo figlio.

Tuttavia c’è qualcuno che trama nell’ombra. Ayaan (Sumit Bhardwaj), fratello di Arjun, sembra aver scoperto i segreti di Maya ed è deciso a smascherarla. Ma la furia omicida di Maya non si ferma e la ragazza tenta di uccidere Ayaan investendolo con la macchina. Suo cognato non muore ma resta gravemente ferito. Anche Jhanvi, ancora in coma, riceve la visita di sua figlia, che tenta nuovamente di ucciderla ma senza riuscirci.

La storia si interrompe e con un salto temporale ci porta a sei mesi dopo gli ultimi avvenimenti. Maya sceglie volontariamente di farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico per farsi curare. Nel frattempo però Vandana (Swati Shah), la matrigna di Arjun, convince il figliastro ad abbandonare la moglie, troppo instabile e pericolosa. Durante un acceso confronto tra Arjun, Vandana e Maya, quest’ultima cade dalle scale, perdendo purtroppo il suo bambino non ancora nato.

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Il trauma per la perdita di suo figlio, scatena di nuova la follia omicida di Maya che, accecata dalla rabbia, uccide Vandana. Ma il suo piano diabolico non finisce qui. Tornata a casa, Maya stende Arjun e inscena la sua morte e sparizione, facendo ricadere la colpa su suo marito. Maya quindi sparisce e Arjun viene incriminato per omicidio e condannato a morte per impiccagione.

Convinto che Maya sia ancora viva e che abbia orchestrato tutto questo per vendicarsi, Arjun scappa dal carcere e chiede aiuto a Saanjh. Nel frattempo Maya si allea con Samay, convincendolo di essere stata raggirata da suo marito e da Saanjh. Il suo piano però stavolta non ha effetto sul suo ex amante che la abbandona al suo destino.

Come sempre Maya decide di agire da sola. Bramando vendetta, Maya uccide Samay e rapisce Saanjh per attirare a sé anche Arjun e farla finita una volta e per tutte. Ma il piano pluriomicida di Maya fallisce e la donna viene finalmente presa in custodia dalla polizia. Grazie alla testimonianza di sua madre Jhanvi, ridestatasi dal coma, Maya viene dichiarata colpevole di omicidio. Liberi dalle grinfie di Maya e della sua follia, Arjun e Saanjh si sposano.

Cinque anni più tardi Maya evade di prigione, inscenando nuovamente la sua morte e svanendo nel nulla. Nel frattempo Arjun è diventato un milionario e vive con sua moglie Saanjh e i loro bambino in una perfetta armonia. La coppia, troppo vecchia per poter avere altri figli, decide di optare per la surrogazione e, tramite un’agenzia, avvia le pratiche. Il destino vuole che la madre surrogata del loro bambino sia proprio Maya, creduta morta ormai da tempo.

Il finale a sopresa di Beyhadh 2

La coppia quindi decide di prendersi cura di Maya (Jennifer Winget) nonostante tutto per poter salvare cosi il bambino. Ma la donna ha già in mente un piano per vendicarsi della coppia di traditori. Alla fine della gravidanza, Maya mette al mondo una splendida bambina e, subito dopo, sparisce con la piccola senza lasciare traccia.

Le indagini per ritrovare Maya e la bambina proseguono per settimane senza risultati. A essere decisivo è l’intervento di Arjun (Kushal Tandon) che, conoscendo fin troppo bene i processi mentali della sua malvagia ex moglie, riesce a mettersi sulle tracce di Maya. Saranno infatti Arjun e Saanjh (Aneri Vajani) a ritrovare la donna e la bambina, affrontandola in un pericoloso conflitto finale.

Stanca di dover sopportare ancora una volta che Saanjh le porti via l’unico uomo che abbia mai amato, Maya punta una pistola contro la sua rivale, pronta a fare fuoco. Ma stavolta Arjun è preparato al peggio e, prima ancora che Maya possa premere il grilletto contro Saanih, l’uomo spara alla sua ex moglie uccidendola. Maya muore tra le braccia di Arjun confessando tutti i suoi peccati commessi per proteggere il suo sposo, l’unico uomo che abbia mai amato.

Beyhadh streaming, dove vederla

Prodotta da Sony TV, la serie Beyhadh purtroppo a oggi non è ancora disponibile in streaming nel territorio europeo. Gli episodi al momento sono stati mandati in onda solo sulla tv indiana ma potrebbero arrivare anche qui in Italia in un prossimo futuro. Continuate quindi a seguirci e vi terremo aggiornati.

https://youtu.be/de6Rb_mhV7o

Fonte: Wiki, IMDB

Stardust, recensione del film con Johnny Flynn #RFF15

Stardust, recensione del film con Johnny Flynn #RFF15

In un biopic si può puntare sul mainstream, raccontare un artista attraverso i suoi grandi successi, dare al pubblico ciò che si aspetta di vedere, restituendo l’immagine iconica della figura in questione, oppure cercare di esplorarne i lati meno noti e, come ormai spesso si fa, puntare su episodi o aspetti per lo più sconosciuti della vita e della carriera di un personaggio divenuto famoso. In tutti e due i casi, la strada è scivolosa, perché si ha a che fare appunto con delle icone. Il pubblico le ama e non vuole vedere rovinata l’immagine  che ha di loro. David Bowie è senza dubbio una di queste figure. Simbolo del glam rock e tra i capisaldi del rock tout court, amato da più generazioni e spesso da persone dai gusti musicali i più disparati. Un artista trasversale, la cui musica è entrata a far parte della memoria collettiva.

Il regista britannico Gabriel Range gli dedica il suo Stardust, che partecipa nella Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma. E sceglie proprio di parlare del Bowie prima del successo, quello che i più non conoscono. Il film non può purtroppo contare sulla musica di Bowie, poiché, come ha dichiarato lo stesso regista, la famiglia non gli ha permesso di utilizzarla, ma a sua detta, l’estraneità dei familiari al progetto gli ha dato maggiore libertà di esprimersi.

Stardust, la trama

1971, Washington. David Bowie (Johnny Flynn) è agli inizi. Di lui si conoscono solo un paio di brani dall’album Space Oddity, tra cui la title track. Mentre The man who sold the world, appena uscito, è giudicato troppo triste e oscuro e non sta andando affatto bene. La sua etichetta, la Mercury, lo vuole scaricare, ma lui è ambizioso e vuole il successo. Quello che manca, dice il suo agente, “è un personaggio da vendere”. Chi è David come artista? Mentre cerca di rispondere a questa domanda, Bowie si imbarca per un tour negli Usa che si rivela un fallimento. Non ci sono soldi e i documenti di David non sono in regola, così non può suonare, ma solo parlare, ovvero rilasciare interviste. Nonostante Ron Oberman (Marc Maron), l’unico in America che crede in lui, si faccia in quattro per procurargli incontri con giornalisti e serate clandestine in cui esibirsi, Bowie colleziona un fiasco dopo l’altro. Scostante e provocatore con i giornalisti, confuso su sé stesso, è preda dei fantasmi del passato e della paura di impazzire, finché non realizza che la chiave del successo è diventare qualcun altro: Ziggy Stardust.

Un Bowie intimo ma nebuloso e poco coinvolgente

In questo lavoro scritto a quattro mani con Christopher Bell, Range punta i riflettori sul viaggio interiore che ha portato Bowie ad essere quello che conosciamo e svelare aspetti pressoché ignoti della sua vita. Si parla di disturbi mentali in famiglia: la schizofrenia di cui soffriva il fratello maggiore Terry e la malattia mentale che aveva colpito tre sue zie e la madre. Si evidenzia la paura di Bowie di ammalarsi anch’egli. Emerge anche una figura di artista ancora immaturo e incerto, che non sa bene cosa vuole fare della propria arte, cosa vuole essere nel panorama musicale. L’unica cosa chiara è che vuole avere successo.

Il problema di Stardust non è tanto, o non è solo che Flynn non canti le canzoni di Bowie, ma che effettivamente si racconti poco e in maniera confusa proprio ciò che dovrebbe essere il fulcro del film. Non solo Flynn canta Jaques Brel – Bowie ne fece alcune cover durante le sue apparizioni live nei primi anni ’70, tra cui My Death e Amsterdam qui presenti – e gli Yardbirds, oltre a una canzone composta dallo stesso Flynn per il film. Ma il lavoro  non fa capire molto sul percorso interiore dell’uomo Bowie. Egli ha creato il suo Ziggy Stardust “per vivere la follia in modo sicuro”, come ha dichiarato il regista? Oppure ha semplicemente esorcizzato in questo modo le proprie paure, dando spazio all’immaginazione? Vista la sua lunga e fulgida carriera, sembra difficile pensare ad un uomo con un quoziente così elevato di instabilità, né il regista sembra crederci fino in fondo, sebbene flirti a lungo con questa possibilità. Il rapporto col fratello Terry, Derek Moran, poi, non è approfondito, sebbene si intuisca fosse stretto e sia presente in diversi momenti, sia della vita reale, che nei flash visionari di David. Dal punto di vista stilistico, la parte più surreale e visionaria del film non si integra in modo ottimale col resto della narrazione, dai toni realistici.

Flynn (attore di serie tv e di film come Sils Maria di Olivier Assayas e Emma di Autumn de Wilde) lavora molto bene su pronuncia e timbro del parlato, che somigliano effettivamente a quelli di Bowie. Nel cantato, la sfida più difficile, ciò avviene meno e l’attore – che è anche musicista con la band Johnny Flynn and the Sussex Wit  –  non sempre sopperisce con l’intensità dell’interpretazione. La sua performance attoriale è altalenante.

Monocorde risulta il personaggio di Angie, moglie di Bowie, interpretata da Jena Malone, che non fa che accusare il marito di essere assente o non fare abbastanza. Manca un vero approfondimento sul loro rapporto.

Bowie e la scena glam rock, tutta “fuffa”?

Intervistato, Bowie non appare particolarmente brillante, non particolarmente efficace come provocatore, che pure vorrebbe essere. Sembra piuttosto atteggiarsi da dandy e trasgressivo, non essendo ben consapevole di ciò che fa e perché. La sua figura non ne esce benissimo, così come altri protagonisti del rock di quegli anni. Mark Bolan dei T-Rex, interpretato da James Cade, ma anche personaggi della scena americana come Lou Reed e Andy Warhol, che sarebbero stati fondamentali per Bowie, e lui per loro. Ne escono quasi come dei fantocci, dei personaggi costruiti ad arte dietro i quali c’è molta “fuffa”. Questo sorprende da parte di chi ammira Bowie e il rock di quegli anni. Sembra quasi dar ragione a chi definisce rock, e glam in particolare, come qualcosa di appariscente senza però grande sostanza.

La monotonia di Stardust

Il lavoro diretto da Range risulta quindi lento e noioso perché porta lo spettatore in giro per questo tour americano fallimentare dall’inizio, fino quasi alla fine del film. Una sequela di tappe rovinose, una uguale all’altra, cui è dedicato davvero troppo spazio. Stardust non riesce mai a coinvolgere con un momento davvero trascinante. Resta un peregrinare monotono che sembra senza meta perché il protagonista stesso non sa dove sta andando, nella vita e nella professione.

Trash, recensione del film di Luca Della Grotta e Francesco Dafano #RFF15

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Un messaggio socialmente edificante, ispirazione, grazie e padronanza tecnica si fondono in Trash – La leggenda della piramide magica, una nuova avventura in tecnica ibrida, in cui i protagonisti in animazione si muovono dentro scenari reali, una Roma notturna, silenziosa e bellissima, con i suoi platani e i suoi ponti.

La trama di Trash

La storia è quella di Slim e Bubbles. Sono due contenitori che hanno terminato il loro ciclo di utilizzo, dei vuoti che non servono più a nulla, sono spazzatura. Slim è una scatola logora e disincantata, Bubbles una bottiglia di bibita gassata, ammaccata ma molto romantica e sognatrice. Vivono sul pavimento di un mercato e la loro vita sembra finita fino a che non incontrano Spark, una scatoletta di batterie solari che ha, stampato sul retro della sua confezione, il simbolo del riciclo. La visione di quel simbolo ancestrale (secondo Bubbles) riporta la speranza nel cuore di questi malandati rifiuti: la piramide magica, come la chiamano loro, rappresenta la promessa di una seconda vita per tutti loro. Comincia così un viaggio avventuroso per questi simpatici rifiuti, al di fuori della loro zona di conforto, affronteranno mille difficoltà per raggiungere la piramide e aiutare il piccolo Spark. Per strada troveranno nemici, insidie, ma anche amici e una nuova consapevolezza di se stessi.

Diretto da Luca Della Grotta e Francesco Dafano, Trash – La leggenda della piramide magica riesce a portare a casa un risultato davvero notevole: è cinema educativo senza essere didattico. L’avventura alla ricerca del luogo in cui potersi riciclare ed essere nuovamente utili diventa un viaggio divertente e avventuroso, ma è anche l’occasione per guardarsi dentro e autodeterminarsi, oltre a ciò che rappresenta il loro utilizzo in senso stretto.

Character design vincente

L’aspetto visivo del film è particolarmente interessante prima di tutto nel contrasto che si crea trai fondali reali e i personaggi animati che si muovo in primo piano e, a dispetto della loro natura, sono proprio loro che animano il paesaggio, completamente privo di esseri umani. Inoltre il character design del film dimostra una grande attenzione nel costruire i personaggi sin nelle minime sfaccettature fisiche e caratteriali. Il risultato è affascinante e divertente, che riesce ad essere familiare eppure a dare la sensazione di qualcosa di mai visto prima.

Trash – la leggenda della piramide magica gioca con lo spettatore, vuole consegnare un messaggio importante che ha un valore sociale (l’importanza del riciclo) ma riesce anche ad assumere una sfumatura esistenziale in quanto racconta a chiare lettere che non solo delle cose, ma anche delle persone, bisogna imparare a prendersi cura, senza svuotarle e accantonarle troppo in fretta, in un mondo che sembra chiedercelo.

Supernova, la recensione del film con Stanley Tucci #RFF15

Supernova, la recensione del film con Stanley Tucci #RFF15

Invece che incastrarsi nella solita dinamica di viaggio fisico e metaforico di moglie e marito, Supernova di Harry Macqueen ha l’enorme pregio di spingersi più in là dei suoi predecessori, mettendo al centro del suo dramma delicato una coppia gay interpretata da Stanley Tucci e Colin Firth.

E non perché la sessualità dei protagonisti sia determinante, anzi, ma perché ci vorrebbero più film come questi per dimostrare che si possono e si devono cambiare i paradigmi e i punti di vista delle storie romantiche (e Supernova lo è nella migliore accezione) e che l’amore è, davvero, un sentimento universale, bello nella sua diversità e, talvolta, nella sua totale normalità.

“Normale” (e così raro da trovare) è l’amore che lega da vent’anni Sam, pianista, e Tusker, scrittore. Insieme partono a bordo di un vecchio camper percorrendo i paesaggi autunnali dell’Inghilterra: da qualche tempo, però, Sam si prende cura del compagno, a cui è stato diagnosticata la demenza senile, e inevitabilmente il viaggio assume un’importanza vitale. Sanno entrambi che il tempo a loro disposizione sarà sempre meno, che le abitudini lasceranno il posto all’imprevedibile, che l’uno dovrà farsi carico delle mancanze dell’altro; piccoli gesti assumono all’improvviso significati che prima sembravano impensabili, e ogni carezza o bacio vengono dati come se fosse la prima volta, ma attraversati dal dolore della mancanza che verrà.

Supernova, la recensione

Firth e Tucci sono superlativi nel modo in cui guidano attraverso il dolore dei personaggi e il film li accompagna con grazia senza mai scadere nel patetico. Pressoché priva di iperbole, anche la mano di Mcqueen è delicata e riesce a cogliere la dolcezza nei momenti che il cinema spesso trascura perché poco “spettacolari”.

Nemmeno la vastità accecante di un cielo pieno di stelle, quello che Sam e Tusker contemplano fuori e dentro il camper, potrebbe distoglierci dalla gioia – e dal privilegio – di guardare due persone che si amano così tanto nonostante le difficoltà, e questo è il vero valore aggiunto di un dramma non particolarmente originale ma estremamente sentito e interpretato da due grandissimi attori.

Steve McQueen incontra il pubblico e riceve il premio alla carriera #RFF15

Classe 1969 e londinese di nascita, il regista Steve McQueen è oggi una delle personalità più affascinanti del panorama cinematografico. Formatosi nel mondo della videoarte, egli ha poi debuttato nel cinema nel 2008 con il folgorante Hunger. Sin da quel suo esordio, egli ha introdotto tutti quelli che sono i suoi principali interessi come regista. Dalla forza di volontà al desiderio di resistenza e liberazione, e tutto ciò passando attraverso il corpo. Il corpo denutrito, il corpo oppresso e quello martoriato. Con i successivi Shame e 12 anni schiavo, con il quale vincerà il premio Oscar, McQueen si conferma uno dei nuovi grandi autori della sua generazione. Nel 2018, infine, dopo cinque anni di assenza, torna sul grande schermo con l’heist movie Widows, con protagonista Viola Davis.

Per celebrare quanto fin qui realizzato, a lui è stato conferito il premio alla carriera della 15ª edizione della Festa del Cinema di Roma. In occasione di tale evento, McQueen ha avuto modo di presentare il suo nuovo impegno da regista: la serie antologica Small Axe, il cui titolo si ispira ad un brano di Bob Marley, recitante “se voi siete il grande albero, noi siamo la piccola ascia”. Cinque episodi autoconclusivi incentrati sulla comunità caraibica di Londra tra gli anni Sessanta e Ottanta. Il primo episodio presentato, Red, White and Blue, che ha per protagonista l’attore John Boyega, ha confermato il grande potenziale del progetto, dimostrando ancora una volta le grandi capacità espressive del regista.

Steve McQueen: esiste solo la verità

L’incontro che McQueen tiene con il pubblico si apre naturalmente da lì dove la sua carriera da regista di lungometraggi ha avuto inizio. Con Hunger egli decide di raccontare lo sciopero della fame intrapreso dall’attivista Bobby Sands contro il trattamento riservato ai detenuti. Ad interpretare il protagonista vi è l’attore Michael Fassbender, che diventerà una presenza ricorrente nei film del regista. Particolarità dell’opera, vincitrice della Caméra d’or per la miglior opera prima alla Festival di Cannes, è quella di prevedere lunghissimi piani sequenza. Interrogato su questa scelta stilistica, McQueen dichiara che “l’importante per me è tenere alta la tensione. Quando si stacca da un’inquadratura all’altra, il pubblico tende inevitabilmente a distrarsi, a provare un momento di respiro. Invece non facendo questa scelta, ma dando vita ad un’unica lunga inquadratura, il pubblico rimane inchiodato lì, presente.”.

“Ho deciso di raccontare questa storia – continua il regista – perché riconobbi nel gesto di Sands un grande valore. Ciò che lui ha dimostrato è che tutti noi disponiamo delle possibilità per opporre resistenza in nome della libertà. Ad aprirmi gli occhi a riguardo è stato anche il film Zero in condotta, del regista Jean Vigo. Lo considero il mio film preferito in assoluto, ed è quello che mi ha fatto riflettere sulle cose per cui è importante combattere. Con i miei film cerco proprio di fare questo, di dare ulteriore risalto a queste capacità. La cosa più preziosa che ho imparato facendo cinema, infatti, è che non esiste giusto o sbagliato, esiste solo la verità. Vale la pena correre dei rischi in nome di questo valore.”

L’incontro prosegue poi parlando dei due successivi film di Steve McQueen. Il regista, in seguito alla visione di alcune clip tratte da questi, li introduce dimostrandone la coerenza all’interno del suo percorso cinematografico. “Come per Hungers, anche con Shame e 12 anni schiavo ho cercato il modo migliore per far emergere la verità. Nel primo, i personaggi sono spesso inquadrati di spalle. Impossibilitato a vedere i loro volti, lo spettatore sarà costretto a concentrarsi sulle loro parole, da cui emerge la loro essenza. Per 12 anni schiavo, invece, non mi sono risparmiato nel mostrare le crudeltà che realmente gli schiavi subivano. Trovo che il problema del razzismo possa essere sconfitto solo con il progresso. Sono un fervente sostenitore del progresso. Nessuno vorrebbe trovarsi dalla parte sbagliata della storia.

Dalla videoarte al cinema

Prima di intraprendere la carriera di regista cinematografico, Steve McQueen si è formato come artista, divenendo noto come fotografo e scultore. Grande appassionato di arti figurative, il passaggio dietro la macchina da presa è inevitabile e avviene ben presto. Egli realizza così numerosi cortometraggi, come Bear, Exodus, e Giardini, poi raccolti e presentati alla Biennale di Arti Visive di Venezia. Tale formazione artistica si ritrova anche in tutti i suoi lungometraggi, i quali vantano una grande cura nella composizione della messa in scena. Prima di concludere l’incontro, a McQueen viene a tal proposito chiesto quanto il suo lavoro da artista influenzi quello da regista, e viceversa. “Per quanto per me non vi siano grandi differenze, – risponde il regista – sono consapevole che si tratta di due ambiti molto diversi tra loro.”

“Il cinema è un arte narrativa, – continua poi – per me è molto simile al romanzo da questo punto di vista. L’arte figurativa o la videoarte, invece, sono oggetti molto più simili a dei frammenti. Rimanendo su un paragone letterario, li considero come fossero dei componimenti poetici. Sono due forme comunicative molto diverse, ma alla fine ciò che conta è che siano d’impatto. L’arte, per me, deve essere in grado di suscitare emozioni e riflessioni a prescindere dalla sua forma. A trasmettermi questa concezione è stato anche quello che ritengo il mio film italiano preferito: Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Mi ha permesso di comprendere davvero la passione che un film può emanare.” Conclusosi l’incontro, McQueen riceve infine il premio alla carriera, la quale promette però di essere ancora lunga e ricca di successi.

Benim Hala Umudum Var, serie tv: cast, trama e streaming

Benim Hala Umudum Var, serie tv: cast, trama e streaming

Negli ultimi anni i prodotti televisivi turchi stanno avendo un successo incredibile in Italia. Grazie a serie tv come Daydreamer – Le Ali del Sogno – con gli amatissimi Can Yaman e Demet Özdemi – che ha fatto da apripista, oggi abbiamo accesso a tantissimi contenuti provenienti dalla tv turca. Una delle serie tv più amate in Turchia e che presto potrebbe arrivare anche in Italia è Benim Hala Umudum Var.

La serie, il cui titolo inglese è I Still Have A Hope, è un romance drama, ideato da Deniz Akçay per la Star TV, andato in onda tra il 2013 e il 2014 per una sola stagione di 33 episodi. La storia è ambientata in un quartiere medio borghese di Istanbul e segue le vicende di una ragazza alle prese con un nuovo amore e un nuovo ed esaltante futuro.

Benim Hala Umudum Var cast e trama

Protagonista della serie è Umut (Gizem Karaca) una giovane ragazza di appena ventitrè anni che lavora come manicurista presso un famoso salone di bellezza, specializzato nella cura dei capelli. Umut vive con sua madre Zeliha (Nergis Corakci), il suo patrigno Zafer (Ali Erkazan), due sorellastre e due fratellastri. Nonostante il suo carattere solare, Umut viene trattata dalla famiglia come la Cenerentola di casa.

Le sue sorellastre, gelosissime di lei, non contribuiscono minimamente alla gestione della casa che ricade completamente sulle spalle di Umut. E’ lei l’unica ad aiutare sua madre e a pensare a rassettare e a far da mangiare. Ma le sorellastre non sono le sole a renderle la vita un inferno. Il suo patrigno e uno dei suoi fratellastri, Musa (Burak Altay), continuano a metterle i bastoni tra le ruote. Zafer è un uomo violento e alcolizzato che sperpera il suo denaro e anche quello di Umut per comprarsi da bere. Allo stesso tempo, Musa, estremamente conservatore, non vuole che le sue sorelle frequentino ragazzi e abbiano un fidanzato.

La vita di Umut è un vero inferno ma la ragazza cerca sempre di avere un atteggiamento positivo e di andare avanti un giorno alla volta. Ma finalmente un giorno qualcosa comincia a cambiare. Umut incontra per caso un ragazzo, Ozan (Sukru Ozyildiz), che comincia a lavorare come parrucchiere nel suo stesso salone di bellezza. Ozan è o giovane, molto attraente e amante delle belle donne ma nasconte un grande segreto.

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Ozan è infatti molto ricco ma finge di essere al verde per far colpo di Umut, che più volte ha detto di avere dei pregiudizi nei confronti della persone benestanti. Così il ragazzo, per poterle stare vicino e conoscerla meglio, si finge povere e ottiene un lavoro come parrucchiere.

Il tempo passa e i ragazzi, ‘costretti’ a passare tanto tempo insieme al lavoro, si innamorano l’uno dell’altra. A causa però della famiglia di Umut, così arretrata e conservatrice, e del segreto di Ozan, i due decidono di mantenere privata la loro relazione.

I ragazzi non potrebbero essere più diversi di così. La famiglia di Ozan è abituata a vivere una vita lussuosa, fatta di agi e feste danzanti mentre quella di Umut fatica a tirare avanti a causa anche dell’alcolismo di Zafer. Eppure nonostante tutto il rapporto creatosi tra i ragazzi sembra autentico e sincero. Per questo motivo Ozan, perdutamente innamorato Umut, cerca in tutti i modi di rivelarle il suo segreto, senza però riuscirci.

Più passa il tempo e più il loro amore si fortifica, nonostante quell’ingombrante segreto. Ozan cerca in più di un’occasione di salvare Umut dalla sua famiglia, per rendere migliore e più felice la vita della donna che ama. Ma le differenze sociali e culturali sono incolmabili e finiranno col causare molti problemi alla coppia di giovani innamorati.

Benim Hala Umudum Var streaming: dove vederla

La serie esplora non solo il lato romantico della storia tra Umut e Ozan ma anche il problema del divario sociale che metterà a dura prova il loro rapporto. Quanto andrà avanti la commedia di Ozan? Quando Umut scoprirà delle bugie di Ozan, sarà in grado di perdonarlo? Le differenze tra le loro famiglie faranno naufragare il loro amore?

Troverete questo e molto di più ancora in Benin Hala Umudum Var (in inglese I Still Have Hope), una delle più famose e amate serie turche che potrebbe presto arrivare anche in Italia. Al momento la serie è disponibile in streaming solo in lingua originale sul sito della Star Tv oppure sottotitolata in inglese su The Global Agency.

https://youtu.be/2A0NJZCQg6U

Fonte: Wiki, IMDB, Turkish Drama

Small Axe: Red, white and blue, la recensione #RFF15

Small Axe: Red, white and blue, la recensione #RFF15

Small Axe è la destinazione perfetta di un grande autore contemporaneo che vuole trovare un punto di vista interessante, e non sempre originale e perfetto, sull’esperienza dei neri nella società e sulla creazione di una coscienza che lotta da sempre contro la supremazia bianca. In più, si tratta di una serie, il cui formato permette di non esaurire il discorso nella cornice limitata di un film e di esplorare lo stesso tema da angolazioni differenti.

Steve McQueen risponde di nuovo ad un’esigenza civile che l’aveva portato nel 2013, con 12 anni schiavo, dalle parti della storia americana, e che finalmente ci mette in contatto con le meno note e patinate vicissitudini della comunità afro-britannica tra gli anni sessanta e gli anni ottanta.

Small Axe, una serie antologica

L’immagine di una nazione multiculturale e inclusiva perpetuata nel tempo è presto contraddetta e McQueen non è il primo a parlarne: in The Lonely Londoners, lo scrittore originario di Trinidad ma cresciuto in Scozia Samuel Selvon aveva illustrato con grande precisione il fenomeno del flusso migratorio dai Caraibi in Inghilterra, a cui seguì la crisi della seconda guerra mondiale e la crescente richiesta di forza lavoro per ricostruire il paese. Richiesta a cui risposero le migliaia di anime venute dal mare, povere e bisognose di una casa e di adattarsi al meglio. Va da sé che l’apparente convivenza era destinata a non durare e Small Axe è la rappresentazione di questa grande, pacifica illusione.

La trama di Red, white and blue

Nell’episodio intitolato Red White and Blue e ambientato nei primi anni Ottanta, John Boyega interpreta Leroy Logan, un ricercatore nero che, contro ogni previsione e preghiera del padre, decide di arruolarsi nella polizia. Un’idea semplice che McQueen trascende e trasforma in un’ elaborazione – coerente con il suo percorso da Shame a Widows – dello sguardo e del potere che esercita sulle persone. Di fatto questo estratto della serie sembra puntare proprio sull’importanza e la necessità di “essere visti” e sulla duplicità che emerge quando si parla di categorie soffocate dal razzismo (essere giudicati in maniera positiva e senza etichette di razza ed essere emarginati sul luogo di lavoro, o, nella peggiore delle ipotesi, maltrattati).

A sua volta c’è un gioco interno di sguardi che rimbalzano, da Leroy che viene visto dal padre come un traditore e una delusione (ha studiato per diventare ricercatore, finisce per schierarsi con il nemico giurato degli immigrati) agli abitanti del suo quartiere che lo chiamano “coconut” (un termine dispregiativo dello slang per chi fuori è nero ma dentro ha l’anima di un bianco), fino ad arrivare ai colleghi poliziotti che lo trattano come una feccia umana che non merita nemmeno di essere soccorsa quando chiede aiuto. Infine, non meno fondamentale, c’è lo sguardo che Leroy pone su se stesso e che assume la forma di un sogno: diventare il ponte che educherà le presenti e future generazioni al dialogo e alla convivenza civile.

Osservati e osservatori alla ricerca di colpevoli e risposte

Ma come ci liberiamo dalla tenaglia di questo sguardo? Dal giudizio della famiglia, dell’accusa della società, della severa opinione verso di noi e il mondo? E quali sono gli agenti che lo creano e lo influenzano? Sono domande a cui McQueen, e l’episodio, provano a rispondere. Gli specchi, elemento di scena ricorrente, forse simboleggiano proprio questo continuo riflettersi tra sguardi, tra osservati e osservatori, dove l’uno assume il ruolo dell’altro. Un esempio è la modalità che il regista sceglie per mostrare lo stesso momento da due punti di vista differenti: gli agenti di polizia che aggrediscono il padre di Leroy e Leroy che viene picchiato da un criminale.

A cambiare è come i personaggi esercitano il loro potere, un grande assunto che stabilisce da sempre la gerarchia sociale e razziale. I poliziotti che abusano di un uomo innocente contro un uomo che fa valere il senso di giustizia; la mancanza di empatia contro un eccesso di comprensione dell’altro; “vedere” una persona, e non qualcosa di intrinsecamente e irragionevolmente sbagliato. Leroy è un’eccezione, ed è pronto a guardare perché ha allenato la sua coscienza e la sua conoscenza del mondo.

The Rossellinis: recensione del documentario di Alessandro Rossellini

C’è chi considera Roberto Rossellini il più grande regista italiano (e non solo) mai esistito, e c’è invece chi di tale figura ha ben altra considerazione. Dipende quale punto di vista si adotta a riguardo, ma se a parlare è Alessandro Rossellini, nipote dell’autore di Roma città aperta, allora questo non potrà che essere condizionato dall’esistenza vissuta con tale importante cognome sulle spalle. Nel debuttare alla regia del suo primo film, The Rossellinis, questi si propone infatti di raccontare la propria versione della storia della sua famiglia. Un occhio interno che non fa mai male, e in questo caso particolarmente inedito rispetto a quanto già si conosce della famiglia del regista. Presentato durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film sarà al cinema soltanto dal 26 al 28 ottobre.

La volontà di realizzare un documentario a riguardo nasce dalla presa di coscienza di Alessandro circa la Rossellinite. Questo è il nome da lui dato ad una particolarissima malattia, esclusiva della sua famiglia. Che lo si ammetta o pure no, tutti i discendenti del celebre regista neorealista sembrano esserne affetti. Per Alessandro, che si assume il compito di far riconoscere anche ai suoi parenti tale patologia, essa sarebbe caratterizzata dalla difficoltà di gestire un nome tanto importante. Tale responsabilità porterebbe dunque a reazioni e comportamenti che tentano di alleviarne il peso, con risultati talvolta imprevedibili. Si tratta ovviamente di un grande gioco, che non manca però di avere il suo fondo di verità. Attraverso il viaggio di Alessandro Rossellini si ripercorrerà così tanto la filmografia del celebre regista quanto la storia della sua numerosa famiglia.

Le colpe dei padri

Marito, amante, padre, nonno. Roberto Rossellini oltre a quello di regista ha ricoperto nella sua vita anche tali ruoli famigliari. Se con successo o meno dipende a quale dei suoi congiunti lo si chiede. Per Alessandro, il nipote, la figura del nonno è evidentemente stata piuttosto ingombrante nella propria personale formazione e autorealizzazione. Nonostante la sua scomparsa avvenuta nel 1977, questi ha continuato ad essere una figura centrale nella vita del regista di questo documentario, che decide ora di fare i conti con il suo passato e con quello della sua famiglia. Impresa più facile a dirsi che a farsi, ovviamente. L’autore neorealista ha infatti avuto ben tre mogli, nonché diversi figli. Riunirli per l’occasione richiede diversi spostamenti, alcuni in luoghi particolarmente remoti.

Dall’Italia alla Svezia e fino agli Stati uniti, nel tentativo di scoprire come ognuno dei figli di Roberto abbia gestito un cognome tanto invadente. Tale viaggio porta Alessandro alla scoperta di realtà diverse, tra chi come la zia Isabella Rossellini ha saputo far fruttare la cosa, a chi invece, come lo zio Robin, ha scelto una vita da eremita su di un’isola. In percorsi di vita tanto diversi si ritrova però un elemento comune, e che sembra infondo aver influenzato il modo di vivere e pensare di ognuno dei Rossellini. Si tratta del ricordo di Roberto come di un possessivo, ma benevolo, padre o nonno. Vero e proprio collante tra famiglie che esercitava, ed esercita tutt’ora, tale insostituibile ruolo.

Pur non essendo più fisicamente presente tra loro, la sua figura è comunque motivo di riunione e riscoperta. In fondo, pur partendo da motivi personali, è in nome del nonno che Alessandro intraprende il suo viaggio, e sempre nel suo nome si svolgono le conversazioni tra i vari parenti. The Rossellinis acquista così la forma di un vero e proprio album di famiglia, dove si collezionano ricordi e immagini di un passato che ha ancora molto da dire. Quelle che potevano essere le classiche colpe di un padre che ricadono sui figli diventano invece motivo di riflessione e di riaffermazione delle proprie individualità.

The Rossellinis recensione

The Rossellinis: la recensione del documentario

Quello che poteva facilmente diventare un non necessario focus sulla famiglia Rossellini acquista ben più interesse di quanto si poteva immaginare. Nel seguire il regista nel corso dei suoi viaggi e delle sue reunion famigliari, lo spettatore ne esce arricchito con affascinanti retroscena, curiosità ed episodi spesso inediti. L’elemento che più sorprende, tuttavia, è la grande ironia che Alessandro infonde nel documentario. Nell’affrontare il suo primo esperimento cinematografico, egli sembra essere consapevole dei propri limiti, e sceglie da subito di non prendersi sul serio. Ciò gli permette di non acquisire un’autorità che avrebbe rischiato di allontanare lo spettatore, assumendo invece un ruolo con cui è più facile relazionarsi.

Egli, pur parlando sempre e comunque dei Rossellini e di Roberto, riesce allo stesso tempo a far acquisire alla propria famiglia quell’universalità con la quale è possibile generare un legame. In fin dei conti, ciò che ci viene mostrato, pur con le caratteristiche uniche, non è altro che il bisogno di una famiglia di ritrovarsi. Attraverso questo sentimento è possibile costruire un racconto coinvolgente ed emozionante, che permette di riflettere tanto sui Rossellini quanto sul proprio privato.

Le streghe di Robert Zemeckis in esclusiva digitale dal 28 ottobre

Preparatevi a festeggiare la notte di Halloween con “Le streghe“, il film fantasy diretto dal regista premio Oscar Robert Zemeckis (“Forrest Gump”, “Ritorno al futuro”) e tratto dall’amato racconto di Roald Dahl, in arrivo in Italia in esclusiva digitale da lunedì 28 ottobre, disponibile per l’acquisto e il noleggio premium su Amazon Prime Video, Apple Tv, Youtube, Google Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV e per il noleggio premium su Sky Primafila e Infinity.

Le Streghe”, che vede tra i produttori anche Guillermo del Toro e Alfonso Cuaron, sarà inoltre presentato in anteprima domenica 25 ottobre, nella giornata di chiusura della 18° edizione di “Alice nella Città”, con una speciale proiezione alla Sala Alice TIMVISION La Nuvola all’EUR (Viale Asia).

Il film è interpretato dalle attrici premi Oscar Anne Hathaway (“Les Misérables”, “Il Diavolo veste Prada”, “Ocean’s 8”) e Octavia Spencer (“The Help”, “La forma dell’acqua – The Shape of Water”), dal candidato all’Oscar Stanley Tucci (i film di “Hunger Games”, “Amabili resti”), con Kristin Chenoweth (le serie TV “Glee” e “BoJack Horseman”) e il pluripremiato comico leggendario Chris Rock. Fa parte del cast anche l’esordiente Jahzir Kadeem Bruno (“Atlanta” in TV), al fianco di Codie-Lei Eastick (“Holmes & Watson”).

Rivisitando l’amato racconto di Roald Dahl per un pubblico moderno, la visione innovativa de “Le streghe” di Zemeckis, narra la storia commovente e ricca di humor nero di un giovane orfano (Bruno) che, alla fine del 1967, va a vivere con la sua adorata nonna (Spencer) a Demopolis, una cittadina rurale dell’Alabama. Il ragazzo e sua nonna si imbattono in alcune streghe apparentemente glamour ma completamente diaboliche, così la nonna saggiamente decide di portare il nostro giovane eroe in una sfarzosa località balneare. Purtroppo arrivano esattamente nello stesso momento in cui la Strega Suprema (Hathaway) ha riunito la sua congrega di fattucchiere di tutto il mondo -sotto copertura- per portare a termine i suoi piani malefici.

Con un libro venduto ogni 2,5 secondi per un totale di oltre 300 milioni di copie vendute, tradotto in 41 diverse lingue nel mondo, il racconto di Roald Dahl rimane uno dei testi di riferimento per i ragazzi di tutte le generazioni.

La sceneggiatura, basata sul libro di Roald Dahl, è di Robert Zemeckis e Kenya Barris (la serie TV “black-ish“, “Shaft”) e il premio Oscar Guillermo del Toro (“La forma dell’acqua – The Shape of Water”). Il film è prodotto dallo stesso Zemeckis, al fianco di Jack Rapke, del Toro, Alfonso Cuaron e Luke Kelly; mentre la produzione esecutiva è di Jacqueline Levine, Marianne Jenkins, Michael Siegel, Gideon Simeloff e Cate Adams.

La squadra creativa di Zemeckis che ha lavorato dietro le quinte, include un elenco di suoi frequenti collaboratori, tra cui il direttore della fotografia nominato all’Oscar Don Burgess (“Forrest Gump”), lo scenografo Gary Freeman, i montatori Jeremiah O’Driscoll e Ryan Chan, la costumista candidata all’Oscar Joanna Johnston (“Allied: Un’ombra nascosta”, “Lincoln”) e il compositore nominato all’Oscar Alan Silvestri (“Polar Express”, “Forrest Gump”).

Warner Bros. Pictures presenta, una produzione Image Movers / Necropia / Experanto Filmoj, un film di Robert Zemeckis, “Le streghe”.

Diabolik: il teaser trailer dei film con Luca Marinelli

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Diabolik: il teaser trailer dei film con Luca Marinelli

01 Distribution ha diffuso il primo teaser trailer di Diabolik, l’adattamento cinematografico del personaggio creato dalle sorelle Giussani e portato su grande schermo dai Manetti Bros. Nel breve video vediamo Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea nei panni, rispettivamente, di Diabolik, Eva Kant e Ginko.

Il film, adattamento cinematografico delle avventure del personaggio creato da Angela e Luciana Giussani, è diretto dai Manetti bros., scritto da Michelangelo La Neve e Manetti bros., che hanno firmato anche il soggetto insieme a Mario Gomboli.

DIABOLIK è una produzione Mompracem con Rai Cinema, prodotto da Carlo Macchitella e Manetti bros., in associazione con Astorina, con il sostegno di Emilia – Romagna Film CommissionFriuli Venezia Giulia Film CommissionFilm Commission Vallee D’Aoste.

Il film uscirà nelle sale italiane il 31 dicembre 2020 distribuito da 01 Distribution.

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