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Avengers: Doomsday, Alan Cumming potrebbe aver spoilerato una scena

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Mentre è ormai noto che Alan Cumming farà il suo tanto atteso ritorno come X-Men, sembra che l’attore non sia del tutto a conoscenza delle ferree regole del MCU riguardo le anticipazioni. Il vincitore di 3 Emmy potrebbe infatti essersi recentemente lasciato sfuggire un dettaglio sull’imminente capitolo della Fase Sei Avengers: Doomsday, che debutterà nelle sale il 1° maggio 2026, e che coinvolge il suo ruolo di Nightcrawler e il Mister Fantastic di Pedro Pascal.

Ieri stavo imparando gli stunt per una scena di combattimento e ho pensato: ho 60 anni. 23 anni fa ho interpretato quel supereroe”, ha raccontato a Buzzfeed UK. “Già allora ero un po’ vecchio per essere un supereroe. E ora sono tornato a farlo. E questo, per me, è esilarante”. Cumming ha poi continuato: “Sto imparando questi combattimenti e mi chiedo: ‘Cosa? Con chi sto combattendo?. E loro mi hanno detto: ‘Stai colpendo Pedro Pascal alla testa’, o qualcosa del genere”.

Forse l’attore scozzese stava solo parlando per ipotesi. Ma con i poteri di teletrasporto di Nightcrawler e l’abilità di Mister Fantastic di allungare il suo corpo come un elastico, potrebbe essere una resa dei conti divertente nel prossimo blockbuster dei fratelli Russo. Il vero “mistero” è perché i due dovrebbero scontrarsi, a meno che non si tratti di un combattimento iniziale dato dalla non conoscenza reciproca, come avvenuto per Iron Man, Thor e Captain America in The Avengers. Viene però da chiedersi se oltre a loro saranno coinvolti anche gli altri personaggi nello scontro.

Tutto quello che sappiamo su Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday arriverà nelle sale il 1° maggio 2026, mentre Avengers: Secret Wars è previsto per il 7 maggio 2027.

Entrambi i film saranno diretti da Joe Russo e Anthony Russo, che faranno anche il loro ritorno nell’MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame. Al momento non si hanno certezze sugli attori che comporranno il cast del film, né su precisi elementi di trama.

I Marvel Studio hanno per ora confermato il seguente cast in Avengers: Doomsday: Chris Hemsworth (Thor), Vanessa Kirby (Susan Storm/Donna Invisibile), Anthony Mackie (Sam Wilson/Captain America), Sebastian Stan (Bucky Barnes/Soldato d’Inverno), Letitia Wright (Shuri/Black Panther), Paul Rudd (Scott Lang/Ant-Man), Wyatt Russell (John Walker/U.S. Agent), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Ebon Moss-Bachrach (Ben Grimm/The Thing), Simu Liu (Shang-Chi), Florence Pugh (Yelena Belova/Black Widow), Kelsey Grammer (Hank McCoy/Bestia), Lewis Pullman (Sentry), Danny Ramirez (Joaquin Torres/Falcon), Joseph Quinn (Johnny Storm/Torcia Umana), David Harbour (Alexei Shostakov/Red Guardian), Winston Duke (M’Baku), Hannah John-Kamen (Ava Starr/Ghost), Tom Hiddleston (Loki), Patrick Stewart (Charles Xavier/Professor X), Ian McKellen (Erik Lehnsherr/Magneto), Alan Cumming (Kurt Wagner/Nightcrawler), Rebecca Romijn (Raven Darkhölme/Mystica), James Marsden (Scott Summers/Ciclope), Channing Tatum (Remy LeBeau/Gambit), Pedro Pascal (Reed Richards/Mister Fantastic), Robert Downey Jr. (Victor von Doom/Dottor Destino).

Scopri i retroscena di Flight Risk: 5 curiosità sul set del thriller aereo

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Flight Risk – Trappola ad alta quota non è solo un thriller mozzafiato che tiene lo spettatore col fiato sospeso fino all’ultimo minuto, ma anche un vero e proprio banco di prova per il cast e la troupe. Il film, diretto da Mel Gibson, ha richiesto un impegno straordinario per rendere realistiche le intense scene di volo e le situazioni di emergenza a bordo di un aereo.

La preparazione meticolosa, le tecniche di ripresa all’avanguardia e la voglia di spingere i limiti della realtà cinematografica hanno fatto di questo progetto una vera e propria avventura per tutti i coinvolti. Ecco alcune curiosità che svelano cosa si nasconde dietro la realizzazione di un film così adrenalinico.

Il ritorno alla regia di Mel Gibson

Mel Gibson regista attore
L’attore Mel Gibson partecipa alla prima di “Blood Father” durante il 69° Festival di Cannes. Foto di DenisMakarenko via Depositphotos.com

Il regista Mel Gibson ha portato il suo talento unico nella creazione di un thriller intenso e coinvolgente. Dopo il successo di Hacksaw Ridge e altri film di grande successo, Gibson ha voluto esplorare il genere thriller, mettendo in scena una storia che combina tensione, azione e dramma psicologico. La sua direzione è stata fondamentale per il ritmo frenetico e il tono intenso che caratterizzano il film.

Riprese in alta quota

Flight Risk

Gran parte delle riprese di Flight Risk sono state realizzate a bordo di aerei veri, creando un senso di realismo senza precedenti. I membri del cast e della troupe hanno volato insieme per simulare le condizioni di un aereo in volo, dando un’ulteriore sensazione di immersione agli spettatori. Le riprese ad alta quota hanno presentato una serie di sfide tecniche, ma hanno contribuito a rendere l’esperienza visiva ancora più intensa.

Mark Wahlberg: un pilota improvvisato

Flight Risk mark wahlberg
Mark Whalberg in Flight Risk

Per interpretare il ruolo del pilota protagonista, Mark Wahlberg ha dovuto affrontare un intenso programma di addestramento. Pur non essendo un pilota professionista, l’attore si è allenato per simulare realisticamente le operazioni di volo, apprendendo le basi dei comandi e delle procedure. Wahlberg ha dichiarato che questa esperienza lo ha reso ancora più consapevole della tensione e della responsabilità che comporta volare in situazioni di emergenza.

Collaborazione tra Wahlberg e Gibson

Questo film segna anche la prima collaborazione tra Mark Wahlberg e Mel Gibson. I due hanno sviluppato un forte legame durante le riprese, con Wahlberg che ha apprezzato il metodo di regia di Gibson, che ha insistito per mantenere alta l’adrenalina e la suspense in ogni scena. La chimica tra i due ha portato alla creazione di uno dei thriller più coinvolgenti dell’anno.

Il set come sfida logistica

Flight Risk

Le riprese si sono svolte in luoghi remoti e impegnativi, tra cui le montagne dell’Alaska, per ricreare la sensazione di un volo ad alta quota. Le difficoltà ambientali e il clima rigido hanno reso il set una vera e propria sfida logistica, ma anche una parte fondamentale della realizzazione del film, che cerca di restituire al pubblico l’autenticità di un’avventura ad alta intensità.

Ispirazione per le scene di volo

flight risk

Per le scene di volo, il team ha consultato esperti di aviazione e piloti professionisti, cercando di riprodurre nel modo più realistico possibile la dinamica dei voli e degli incidenti aerei. Ciò ha comportato l’utilizzo di simulatori di volo di ultima generazione e consulenze da parte di tecnici per garantire che ogni dettaglio fosse il più preciso possibile.

Queste curiosità dimostrano quanto impegno, preparazione e passione siano stati necessari per dare vita a Flight Risk – Trappola ad alta quota, e come il cast e la troupe abbiano affrontato sfide straordinarie per offrire un’esperienza cinematografica indimenticabile.

Echo Valley: il trailer della serie con Julianne Moore e Sydney Sweeney

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Apple Original Films ha rilasciato oggi il trailer di “Echo Valley”, l’atteso thriller con protagonisti Julianne Moore, Sydney Sweeney e Domhnall Gleeson in arrivo il 13 giugno su Apple TV+.

In “Echo Valley”, Kate (l’attrice premio Oscar® Julianne Moore) è una madre che lotta per trovare un equilibrio nella relazione con la figlia Claire (la pluricandidata agli Emmy Sydney Sweeney), profondamente tormentata. Ma la situazione precipita quando Claire si presenta alla porta della madre in preda al panico, coperta di sangue… che non è il suo. Mentre Kate cerca disperatamente di ricostruire la verità dietro l’accaduto, si troverà a scoprire fin dove può spingersi una madre per proteggere sua figlia. Un racconto intenso e mozzafiato, che esplora amore, sacrificio e sopravvivenza, diretto dal regista vincitore del BAFTA Michael Pearce e scritto dallo sceneggiatore nominato agli Emmy Brad Ingelsby.

Echo Valley” è un film Apple Original prodotto da Ridley Scott e Michael Pruss per Scott Free Films, insieme a Kevin J. Walsh per The Walsh Company e allo stesso Ingelsby.
Tra i produttori esecutivi figurano Rebecca Feuer e Nicole Jordan-Webber (Scott Free Films), Erika Olde e Sam Roseme (Black Bicycle Entertainment), Ted Deiker e Scott Greenberg.

  • Regista: Michael Pearce
  • Cast: Julianne Moore, Sydney Sweeney, Domhnall Gleeson, Fiona Shaw, Edmund Donovan, Albert Jones, Kyle MacLachlan
  • Sceneggiatura: Brad Ingelsby
  • Produttori: Ridley Scott, Michael Pruss, Kevin J. Walsh, Brad Ingelsby
  • Produttori esecutivi: Ted Deiker, Scott Greenberg, Erika Olde, Sam Roseme, Nicole Jordan-Webber, Rebecca Feuer

Premi David di Donatello 70: tutti i vincitori. È il trionfo di Vermiglio

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Elena Sofia Ricci e Mika hanno condotto la 70° edizione dei Premi David di Donatello dallo Studio 5 di Cinecittà. La serata, inspiegabilmente lunga, ha offerto momenti di intrattenimento, troppo pochi per giustificarne la durata.

A bocca asciutta Paolo Sorrentino, nonostante le 15 nomination ricevute da Parthenope, mentre trionfatore della serata è Vermiglio di Maura Delpero, che è anche la prima donna nella storia dell’Accademia a vincere il riconoscimento per la regia. Il film ha vinto un totale di sette statuette. L’arte della Gioia e Gloria! portano a casa 3 premi ciascuno.

Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta totalizza un invidiabile 100% nel rapporto tra nomination e premi vinti, avendo portato a casa tutti i premi per cui era nominato (trucco, acconciatura, costumi e sceneggiatura).

Ecco tutti i vincitori:

Premi David di Donatello 70: tutti i vincitori

MIGLIOR FILM

  • VERMIGLIO

MIGLIORE REGIA

MIGLIOR ESORDIO ALLA REGIA

MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE 

MIGLIORE SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

  • L’arte della gioia Valeria GOLINO, Francesca MARCIANO, Valia SANTELLA, Luca INFASCELLI, Stefano SARDO

MIGLIOR PRODUTTORE

MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

MIGLIOR CASTING

MIGLIOR AUTORE DELLA FOTOGRAFIA

MIGLIORE COMPOSITORE

  • Gloria! – Margherita VICARIO, Davide PAVANELLO

MIGLIOR CANZONE ORIGINALE

  • Gloria! – Aria! Musica e testi di Margherita VICARIO, Davide PAVANELLO, Edwyn Clark ROBERTS, Andrea BONOMO, Gianluigi FAZIO Interpretata da Margherita VICARIO

MIGLIORE SCENOGRAFIA

  • Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta Scenografia Tonino ZERA Arredamento Maria Grazia SCHIRRIPA, Carlotta DESMANN

MIGLIORI COSTUMI

  • Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta Massimo CANTINI PARRINI

MIGLIOR TRUCCO

  • Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta Alessandra VITA prostetico | special make-up Valentina VISINTIN

MIGLIOR ACCONCIATURA

  • Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta Aldo SIGNORETTI, Domingo SANTORO

MIGLIORE MONTAGGIO

MIGLIOR SUONO

  • VermiglioPresa diretta Dana FARZANEHPOUR Montaggio del suono Hervé GUYADER Creazione suoni Hervé GUYADER Mix Emmanuel DE BOISSIEU

MIGLIORI EFFETTI VISIVI -VFX

  • Napoli – New York – Supervisore Victor PEREZ

MIGLIOR FILM DOCUMENTARIO, PREMIO DAVID CECILIA MANGINI

  • LIRICA UCRAINA di Francesca MANNOCCHI

MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE

Il premio al miglior cortometraggio viene assegnato da una commissione composta da Domenico Dinoia, Mauro Donzelli, Marzia Gandolfi, Francesco Giai Via, Paola Jacobbi, Maria Grazia Mattei, Claudia Panzica, Marina Sanna, Maria Carolina Terzi.

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO

  • DOMENICA SERA di Matteo TORTONE

Il Premio David Giovani viene assegnato da una giuria nazionale di studenti degli ultimi due anni di corso delle scuole secondarie di II grado.

DAVID GIOVANI

  • NAPOLI – NEW YORK di Gabriele SALVATORES

DAVID DELLO SPETTATORE

DAVID SPECIALE

PREMIO ALLA CARRIERA

  • Pupi Avati

The Handmaid’s Tale – stagione 6, episodio 7: la spiegazione del finale

The Handmaid’s Tale – stagione 6, episodio 7 è finalmente arrivato, ed ecco cosa succede alla fine del nuovo episodio mentre ci avviciniamo alla fine della serie. The Handmaid’s Tale stagione 6, episodio 6 si è concluso con una rivelazione devastante, con June che scopre che Nick l’ha tradita raccontando al comandante Wharton il piano di Jezebel di Mayday. L’episodio 7 riprende subito dopo questa rivelazione, con June e Mayday che devono trovare un nuovo modo per danneggiare Gilead e i suoi Comandanti prima che The Handmaid’s Tale giunga al termine.

L’episodio 7 si apre con June e Nick ancora nell’armadio di Serena Joy, con June ancora sconvolta dall’impatto del tradimento di Nick. Nel frattempo, il comandante Wharton ha inviato alcuni uomini armati di Gilead al Jezebel, che hanno chiuso il bordello e ucciso tutte le donne (tranne Janine). Wharton e Serena Joy continuano a pianificare il loro matrimonio, il che apre una nuova opportunità per June. June propone a Mayday di portare a termine il piano del Jezebel durante il matrimonio del comandante Wharton, dando loro l’opportunità di sferrare un colpo finale a Gilead.

Zia Lydia troverà June e Moira?

Zia Lydia vive un’altalena emotiva nell’episodio 7 della sesta stagione di The Handmaid’s Tale, quando trova le donne morte al Jezebel’s, solo per scoprire in seguito che Janine è ancora viva. Sebbene Zia Lydia stia ancora attraversando il suo percorso di redenzione, è indubbiamente ancora dalla parte di Gilead. Pertanto, è contro June, Moira e Mayday. Verso la fine dell’episodio, zia Phoebe emerge in un corridoio da una conversazione segreta con June e Moira. Zia Lydia la sorprende e la interroga con sospetto. Phoebe tiene duro, mentre Lydia sembra ancora avere il vago sospetto che stia succedendo qualcosa.

Prima che la scena finisca, zia Lydia guarda attraverso la finestra della porta da cui è uscita Phoebe, segnalando che non si fida completamente di lei. Tuttavia, le possibilità che Lydia trovi June e Moira sono scarse. Lydia dice a Phoebe che deve andare a Washington D.C., lasciando a lei i preparativi per le Ancelle prima del matrimonio. Questo significa che Lydia sarà per lo più esclusa dal piano di Mayday. Senza Lydia a ficcare il naso, la parte dell’attacco che spetta alle Ancelle sarà molto più facile, dato che Lydia non ne saprà nulla.

Cosa significa la citazione biblica di June alla fine dell’episodio 7 della sesta stagione di The Handmaid’s Tale

Si tratta di diversi versetti del Salmo 23

Dopo la conversazione con zia Phoebe, June e Moira si siedono insieme alla fine dell’episodio. June dice a Moira che sono lì per combattere per Janine e le altre donne. Moira chiede a June di dire qualcosa di ispiratore, spingendola a citare diversi versetti della Bibbia. Recita prima il Salmo 23:1, poi passa al versetto 4, salta alla fine del versetto 5 e recita tutto il versetto 6. Conclude poi con una sua aggiunta, che può essere letta qui:

Il Signore è il nostro pastore: non mancheremo di nulla. Anche se camminiamo nella valle dell’ombra della morte, non temeremo alcun male, perché tu sei con noi. Tu ci consoli nella presenza dei nostri nemici. Il nostro calice è colmo. La bontà e la misericordia ci seguiranno tutti i giorni della nostra vita e abiteremo nella casa del Signore per sempre. E ti prego, caro Dio, dacci la forza di uccidere quei maledetti figli di puttana.

Il rapporto di June con il cristianesimo è stato interessante in tutta la serie The Handmaid’s Tale. Sebbene provi risentimento per il fatto che la religione sia il principio fondamentale di Gilead, l’ha anche usata per ispirare se stessa e gli altri. Questi versetti della Bibbia sembrano essere una preghiera di June affinché Dio sia dalla loro parte durante l’attacco al matrimonio di Serena Joy. Citare la Bibbia implica che June sa che sono loro i giusti in questa battaglia, ma che questa battaglia è in salita.

Chi è la zia Phoebe di D’Arcy Carden?

The Handmaid’s Tale stagione 6, episodio 7 introduce un nuovo personaggio interpretato da D’Arcy Carden: zia Phoebe. Zia Phoebe sembra spuntare dal nulla e, sebbene sia un’aggiunta tardiva a The Handmaid’s Tale, è un personaggio importante. La si vede lavorare con June e Moira durante tutto l’episodio, aiutandole a pianificare l’attacco al matrimonio di Serena Joy. Nel frattempo, Phoebe viene anche utilizzata per distrarre zia Lydia, impedendole di indagare e rovinare i piani delle ancelle.

Sebbene ci siano ancora molte domande che circondano zia Phoebe, è chiaro che si tratta di una spia di Mayday. Non è noto se Mayday abbia trasformato una zia o se siano riusciti a far promuovere una delle loro a zia. In ogni caso, una spia all’interno di Gilead come zia Phoebe è uno strumento prezioso, essendo lei la chiave per orchestrare e portare a termine il futuro attacco al matrimonio di Serena Joy.

Il piano di June per il matrimonio di Serena Joy spiegato

Anche se non sarà a casa di Jezebel, June ha trovato un nuovo modo per uccidere alcuni dei comandanti più potenti di Gilead. In una conversazione con il comandante Lawrence, quest’ultimo incoraggia June a continuare a lottare, raccontandole della sopravvivenza di Janine e del matrimonio di Serena Joy. Questo porta June a una conclusione: possono attaccare il matrimonio di Serena Joy. June capisce quindi che, dato che le Ancelle saranno al matrimonio di Serena Joy, possono usarle per sferrare un attacco ai comandanti.

June capisce quindi che, dato che le Ancelle saranno al matrimonio di Serena Joy, possono usarle per sferrare un attacco ai comandanti.

Lawrence spiega che, dato che Gilead ha appena sconfitto il piano di Jezebel di Mayday, la loro fiducia sarà alta e le loro difese saranno abbassate. June afferma anche che le Ancelle velate e invisibili sono l’arma perfetta contro Gilead. Ha intenzione di contrabbandare armi per le Ancelle, con June e Moira che avvolgono i coltelli in pezzi di stoffa. Poiché le bombe sono ancora al loro posto dall’attacco precedente, possono ancora essere utilizzate, consentendo all’esercito americano di invadere Gilead. La maggior parte delle guardie sarà stata ritirata dal confine per il matrimonio, lasciando Boston senza protezione.

Janine potrà essere salvata in The Handmaid’s Tale?

Una delle missioni secondarie di June negli ultimi episodi di The Handmaid’s Tale è quella di salvare Janine. Janine è sopravvissuta al massacro delle donne da Jezebel grazie al fatto di essere una delle preferite del comandante Bell, un cliente abituale. Janine è ora l’ancella del comandante Bell. Sfortunatamente, quando zia Lydia decide di controllarla, scopre che Janine è stata picchiata selvaggiamente. Il comandante Bell la tratta duramente a causa del suo spirito ribelle, non permettendole nemmeno di uscire di casa per il matrimonio di Serena Joy.

Dato che Janine non sarà al matrimonio, sarà incredibilmente difficile salvarla. Non appena avverrà l’attacco, Gilead sarà senza dubbio blindata. Mayday non considererà Janine abbastanza preziosa da rischiare di salvarla, e sarà difficile per June raggiungere Janine dopo l’aggressione. A meno che non cambi qualcosa, ci vorrà un miracolo perché Janine venga salvata entro la fine della sesta stagione di The Handmaid’s Tale.

NCIS – stagione 22, spiegazione del finale: qualche colpo di scena per McGee e Parker

Il finale della stagione 22 di NCIS è stato ricco di momenti emozionanti, ma ha anche lasciato alcune domande senza risposta. La stagione 22 di NCIS è iniziata alla grande dopo il finale della stagione 21, che ha anticipato l’uscita di scena di Katrina Law e la rottura tra Knight e Palmer. La stagione ha seguito queste trame, ma non senza aggiungere un po’ di suspense.

La stagione 22 di NCIS ha visto anche l’MCRT affrontare il mistero di Lily Parker e incontrare alcuni cattivi della stagione. Mentre LaRoche e Marino sono stati i grandi nomi della stagione, ci sono stati anche altri cattivi degni di nota, tra cui il poeta e Fletcher Voss. Il finale di stagione ha incluso alcuni dei momenti più emozionanti della stagione, preparando anche il terreno per la stagione 23 di NCIS.

LaRoche lavorava come doppio agente

LaRoche lavorava per entrambe le parti

La rivelazione più importante del finale di stagione è stata la spiegazione delle azioni di LaRoche. Fin dal primo episodio della stagione 22 di NCIS, Gabriel LaRoche, interpretato da Seamus Dever, è stato presentato come il cattivo della stagione e il nemico giurato di McGee dopo aver ottenuto una promozione a scapito di quest’ultimo. Per tutta la stagione, LaRoche è stato visto come una talpa e un traditore, ma NCIS, stagione 22, episodio 20, “Nexus”, lo ha finalmente scagionato da ogni accusa.

“Nexus” ha rivelato che LaRoche lavorava come doppio agente sia per il cartello Nexus che per il Dipartimento della Difesa, il tutto sotto le istruzioni del Segretario alla Difesa. Il Dipartimento della Difesa ha contattato LaRoche mentre lavorava ancora al Dipartimento di Giustizia, esortandolo a rivelare l’identità di Torres al cartello e a tradire l’NCIS per il bene superiore. Il colpo di scena di LaRoche nella stagione 22 di NCIS significa che era sempre stato un bravo ragazzo, ma non poteva rivelare le sue vere motivazioni fino a quando non è stato catturato.

Cosa succederà a McGee nell’MCRT dopo il colpo di scena di LaRoche

McGee fatica a crescere

Sebbene la rivelazione di LaRoche avrebbe dovuto essere emozionante per l’MCRT e per l’NCIS nel suo complesso, in realtà è stata un insulto per Timothy McGee, interpretato da Sean Murray. Essendo il membro più longevo del cast della serie, il personaggio di Murray ha fatto parte dell’MCRT per anni, lavorando al fianco di Gibbs e Parker. Tuttavia, il suo status di veterano avrebbe dovuto garantirgli ormai delle capacità investigative impeccabili, ma la svolta di LaRoche ha rivelato che McGee ha ancora delle difficoltà. Di conseguenza, la stagione 23 di NCIS deve decidere cosa fare di McGee. Fa parte della squadra da così tanto tempo che non c’è molto spazio per la crescita del suo personaggio. O viene promosso, come avrebbe dovuto essere prima dell’arrivo di LaRoche, oppure deve lasciare NCIS del tutto. Adoro McGee, ma il suo tempo nella serie sta frenando il suo personaggio e NCIS deve trovare un modo per andare avanti.

Marino è la vera leader del Nexus (spiegate le sue motivazioni contro Parker)

NCIS - Stagione 22

Marino vuole essere al vertice del mondo criminale

Il colpo di scena di LaRoche non è stata l’unica rivelazione interessante nel finale della stagione 22 di NCIS. “Nexus” ha anche rivelato che Carla Marino non solo lavorava al fianco di LaRoche nel cartello Nexus, ma che era anche la leader. Il suo legame con LaRoche e il cartello non era chiaro fino a questo punto, ma il finale della stagione 22 di NCIS ha chiarito che Marino è pericolosa e disposta a tutto pur di raggiungere la vetta del mondo criminale.

Carla Marino appare per la prima volta nella stagione 22 di NCIS, episodio 6.

“Nexus” ha anche fatto riferimento ai giorni di Parker nell’FBI, quando ha iniziato a indagare su Marino. Il legame tra il loro passato comune e la stagione 22 di NCIS è stato finalmente chiarito nel finale, quando Marino ha rivelato di aver sempre incolpato Parker per la morte di suo figlio, avvenuta anni prima. È stato Parker a rivelare a Jason, il figlio di Marino, la portata dei crimini commessi da sua madre, che lo hanno portato a fuggire e a rimanere coinvolto in un incidente motociclistico. Alla fine, questo è ciò che ha riportato Marino nella vita di Parker. Voleva vendicarsi.

La stagione 22 di NCIS lascia irrisolto il mistero di Lily (cosa significa per la stagione 23)

Le apparizioni di Lily hanno a che fare con la madre di Parker

Uno degli aspetti più frustranti del finale è che è arrivato così vicino a rivelare chi è Lily e cosa ha a che fare con lei la morte della madre di Parker, solo per tirarsi indietro all’ultimo secondo. Lily è stata introdotta per la prima volta nel finale della stagione 21 di NCIS, e la stagione 22 è stata impostata in modo tale che il mistero di Lily fosse una delle trame principali. Durante tutta la stagione, Parker ha persino contattato suo padre, il dottor Grace Confalone, e Palmer per cercare di capire le sue allucinazioni.

Tuttavia, alla fine della stagione 22 di NCIS, Parker non era affatto più vicino a scoprire il significato delle sue allucinazioni. L’unica consolazione era che Palmer era sul punto di rivelare qualcosa di interessante sul luogo di sepoltura della madre di Parker, il che significa che la stagione 23 di NCIS continuerà probabilmente il mistero che circonda l’identità di Lily. Sfortunatamente, con la morte del padre di Parker, Roman, Parker sarà solo nella sua ricerca.

Come la morte di Roman prepara l’arco narrativo di Parker nella stagione 23 di NCIS

Parker avrà una trama oscura nella stagione 23 di NCIS

Il finale della stagione 22 di NCIS è stato devastante per Parker. Noto per essere un leader comprensivo e rilassato, Parker probabilmente subirà cambiamenti significativi nella stagione 23 di NCIS. Probabilmente si sentirà responsabile della morte di Roman perché è stato lui a far entrare Marino in casa sua, permettendole di incontrare e uccidere Roman. Parker già odiava Marino per le sue azioni e per l’omicidio di diversi suoi colleghi e amici dei tempi dell’FBI, ma l’omicidio del padre di Parker è tutta un’altra cosa.

La rabbia di Parker probabilmente gli darà la motivazione per trovare finalmente un modo per mettere Marino dietro le sbarre.

Nel complesso, la stagione 23 di NCIS vedrà probabilmente Parker trasformarsi in un uomo arrabbiato e oscuro, determinato a ottenere giustizia dalla sua nemica, Marino. Sebbene Marino possa sentirsi alla pari ora, poiché crede che Parker abbia ucciso suo figlio e che quindi lei abbia ucciso l’unica famiglia rimasta a Parker, la verità non potrebbe essere più lontana. La rabbia di Parker probabilmente gli darà la motivazione per trovare finalmente un modo per mettere Marino dietro le sbarre. Con l’intero NCIS a sua disposizione, la stagione 23 di NCIS sarà sicuramente emozionante da guardare.

In che altro modo il finale della stagione 22 di NCIS prepara la stagione 23

C’è ancora molto da aspettarsi

Mentre la maggior parte del finale della stagione 22 di NCIS era incentrato sul coinvolgimento di Marino nel cartello Nexus, il finale ha anche preparato la stagione 23 di NCIS in alcuni altri modi. Uno dei modi principali è stato l’introduzione dei Messiahs of Purity, una nuova organizzazione terroristica suprematista bianca nell’universo di NCIS. Anche se sono stati menzionati solo in una breve scena in cui il loro leader fornisce a Torres e Knight alcune informazioni preziose sull’interesse del cartello Nexus per l’uranio, il fatto stesso che siano stati introdotti è foriero di pericolo per la stagione 23 di NCIS.

Il finale non è riuscito a riunire Knight e Palmer. Mentre “Nexus” ha mostrato la coppia lavorare insieme come al solito, la stagione 22 di NCIS ha fornito importanti indizi sul loro possibile ritorno insieme, rivelando che entrambi i personaggi erano gelosi all’idea che l’altro potesse frequentare qualcun altro. Di conseguenza, le loro scene di tira e molla dovranno continuare nella stagione 23 di NCIS per concludersi definitivamente o riaccendere la loro relazione.

Venom – La furia di Carnage: la spiegazione del finale del film

Venom – La furia di Carnage: la spiegazione del finale del film

Dopo il primo Venom, Tom Hardy è tornato a vestire i panni dell’antieroe in Venom – La furia di Carnage (qui la recensione), e il finale di questo sequel porta il franchise su nuovi binari e stabilisce anche un contatto tra il protagonista e il Marvel Cinematic Universe. Diretto da Andy Serkis,  il film riprende dopo la scena post-credits del film originale e si concentra su Cletus Kasady (Woody Harrelson) che diventa finalmente Carnage. Questo avviene dopo che Venom ed Eddie Brock hanno risolto l’indovinello su dove sono sepolte le sue vittime, il che porta Kasady a ricevere la condanna a morte.

Tuttavia, l’ultima visita di Eddie a Kasady vede il serial killer morderlo e ottenere una parte del simbionte. Questo permette a Kasady di trasformarsi in Carnage, di salvare la sua amante di lunga data Frances Barrison alias Shriek (Naomie Harris) e di architettare un piano che prevede la sua vendetta su Eddie. Intanto, sfortunatamente per il giornalista, lui e Venom si separano momentaneamente dopo alcuni disaccordi su ciò che dovrebbero fare.

Venom – La furia di Carnage si conclude però con Venom che affronta Carnage al “matrimonio” di Cletus e Frances. All’inizio sembra essere in una situazione di inferiorità numerica, ma alla fine riesce a sconfiggere i due villain. La scena finale ci mostra poi Eddie e Venom che si godono la vita sulla spiaggia e che elaborano un piano per andare ovunque ci sia bisogno di un Protettore Letale. Tuttavia, il finale e la scena post-credits del film lasciano presagire molto di più. Ecco allora una spiegazione del finale di Venom 2, della scena post-credits e del possibile futuro di Venom nel MCU.

Il destino di Carnage e Cletus Kasady

Il finale di Venom – La furia di Carnage porta dunque a una resa dei conti tra Carnage e Venom, ma l’esito della battaglia tra i simbionti è un po’ sorprendente. Venom è riuscito a uscire vincitore dopo che l’urlo di Shriek ha provocato la separazione tra Carnage e Kasady. Questo ha permesso a Venom di intervenire prima che potessero legarsi di nuovo e di riportare Carnage nella sua forma di simbionte. Per quanto riguarda Kasady, anche lui incontra la sua fine alla fine del film. Venom stacca a morsi la testa di Cletus Kasady e lascia il suo corpo senza vita tra le rovine della cappella.

Venom: La furia Carnage

Carnage e Kasady sono a loro modo entrambi morti, ma c’è un modo per farli tornare in futuro? Carnage è il più grande nemico di Venom e i due si affrontano spesso nei fumetti. Detto questo, sembra improbabile che questa versione di Carnage possa tornare. Kasady è effettivamente morto e non c’è modo per riportarlo in vita naturalmente. Certo, il multiverso apre la porta a una resurrezione alternativa, ma il futuro di Carnage potrebbe essere altrimenti affidato a un altro ospite. Karl Malus, Norman Osborn e persino Eddie Brock sono stati Carnage nei fumetti, quindi il simbionte rosso potrebbe ancora tornare, anche se senza il suo ospite più noto.

Perché Venom ha paura di Carnage e dei simbionti rossi?

Il finale di Venom – La furia di Carnage solleva molte domande sull’importanza di Carnage come simbionte rosso. Quando Kasady si trasforma davanti a Eddie e Venom per la prima volta, Venom si ritira dalla sua forma completa e torna dentro Eddie. Venom vede Carnage e urla: “Oh merda, quello è rosso”. Venom ha chiaramente paura di Carnage e di qualsiasi simbionte rosso, ma il film non rivela il motivo di questa paura. I simbionti rossi potrebbero però essere più potenti di altri, dato che Carnage ha una forza maggiore e più abilità di Venom. Tuttavia, il perché di questa differenza non viene approfondito.

Chi diventa Mulligan? La spiegazione del nuovo simbionte

Inizialmente sembrava che la paura di Venom nei confronti dei simbionti rossi sarebbe stata ulteriormente esplorata in Venom: The Last Dance grazie al futuro villain che Venom – La furia di Carnage sembrava annunciare. Per la maggior parte del film, infatti, Eddie lavora con il detective Patrick Mulligan, che vuole che Eddie gli fornisca qualsiasi indizio dalle sue conversazioni con Kasady. Alla fine Carnage lo rapisce perché Mulligan ha quasi ucciso Shriek da bambina e lei intende vendicarsi. Il finale però non conclude la storia di Mulligan, poiché i suoi occhi vengono mostrati con una luce bianca. Questo è il modo in cui la Sony ha anticipato il legame del detective con il simbionte noto come Toxin.

Nei fumetti, Toxin è un altro simbionte rosso creato da Carnage, che voleva distruggere il nuovo simbionte per paura del suo potere. Venom decide di salvare Toxin e di provare a farne un alleato. Toxin si lega quindi a Patrick Mulligan e inizia il suo percorso di crescita del potere. La versione a fumetti di Toxin diventa poi più eroica, aiutando per un certo periodo l’Uomo Ragno e i Vendicatori. Inizialmente, appunto, si pensava che Mulligan/Toxin potessero essere i villain del terzo film, ma come noto anche nella versione live-action il simbionte di svela essere un alleato di Venom, arrivando anche a sacrificarsi contro il vero nemico.

LEGGI ANCHE: Venom: The Last Dance, spiegazione del finale

Tom Hardy in Venom - La furia di Carnage
Tom Hardy in Venom – La furia di Carnage

La scena post-credits di Venom – La furia di Carnage porta ufficialmente Venom nell’MCU

La grande sorpresa di Venom – La furia di Carnage è invece la conferma che Venom entra a far parte del MCU. Quando la Sony ha originariamente annunciato i piani per Venom, era chiaro che non era collegato ai film dei Marvel Studios. Questo non ha però impedito ai fan di chiedere che il Venom di Hardy incontrasse lo Spider-Man di Tom Holland. Sembrava che prima o poi la cosa dovesse accadere, soprattutto dopo che la Sony e la Marvel/Disney hanno dovuto rinegoziare l’accordo per Spider-Man, e la scena post-credits di questo film conferma che l’incontro è in previsione nel futuro.

La scena inizia con Eddie e Venom che guardano la TV nella loro stanza d’albergo e discutono della vasta conoscenza che Venom possiede grazie alla mente simbiotica. Proprio quando Venom sta per mostrare a Eddie un assaggio di ciò che sa, tutto inizia a cambiare. Una luce intensa compare nel cielo e Eddie si ritrova in una stanza d’albergo molto più bella e nella linea temporale del MCU. Questo viene confermato mostrando l’esclusiva di J. Jonah Jameson dal finale di Spider-Man: Far From Home, che rivela che Peter Parker è Spider-Man.

Venom vede qui Spider-Man, presumibilmente per la prima volta, e la cosa sembrava preparare il loro incontro in Spider-Man: No Way Home. Come noto, tuttavia, Venom e l’Eddie Brock di Tom Hardy non sono presenti in quel film se non nella scena post-credits dove scopriamo che Brock ha trascorso tutto il tempo a bere in un bar. Quando poi l’incantesimo di Doctor Strange lo riporta nel suo universo, però, un frammento del simbionte rimane nel MCU. La scena si chiude su questo pezzo di Venom che inizia a muvoersi. È dunque possibile che, nell’annunciato Spider-Man: Brand New Day, possa verificarsi l’incontro tra l’Uomo Ragno e Venom.

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Kong: Skull Island, la spiegazione delle origini di King Kong

Kong: Skull Island, la spiegazione delle origini di King Kong

Il film su King Kong, Kong: Skull Island, ricontestualizza efficacemente la storia del possente gorilla. Invece di riproporre ancora una volta la fiaba primordiale, la versione del regista Jordan Vogt-Roberts rielabora la storia del gigantesco primate in qualcosa di nuovo. In particolare, quasi tutto il film si svolge sull’isola del titolo e la storia segue un gruppo di esploratori che cerca di sopravvivere alle strane creature preistoriche che vi abitano e di raggiungere l’altra sponda per salvarsi.

Questa ricerca è ostacolata dal maniacale Col. Packard (Samuel L. Jackson), che nutre rancore nei confronti di Kong dopo che molti dei suoi uomini sono stati uccisi nel primo incontro con la bestia primordiale. A differenza dell’originale, la cattura di questo dominatore della giungla non è però un’opzione e il film si dilunga a spiegarne il motivo. Facendo parte del MonsterVerse, lanciato con Godzilla del 2014, Kong: Skull Island introduce il gigantesco gorilla con una nuova storia che mescola alcuni elementi classici con una nuova mitologia, al fine di impostare anche i film venuti in seguito.

Il punto cruciale è la teoria della Terra Cava, che ipotizza che un intero altro mondo si nasconda sotto la superficie del pianeta. Bill Randa (John Goodman) è uno scienziato che, insieme all’organizzazione Monarch, è diventato ossessionato dall’idea che il mondo appartenesse a mostri giganti e che alcuni di questi siano ancora in circolazione. Randa è convinto che una di queste creature abbia attaccato una nave su cui prestava servizio in marina lasciandolo come unico sopravvissuto, e ha dedicato la sua vita a dimostrarlo.

Tom Hiddleston e Thomas Mann in Kong Skull Island
Tom Hiddleston e Thomas Mann in Kong: Skull Island. Foto di Courtesy of Warner Bros. Enterta – © 2017 Warner Bros. Entertainment Inc.

L’Isola del Teschio e la teoria della Terra Cava

La ricerca di Randa lo conduce dunque all’Isola del Teschio, una regione dell’Oceano Pacifico meridionale finora completamente inesplorata. Randa e il suo assistente, il sismologo Heuston Brooks (Corey Hawkins), ritengono che l’Isola del Teschio sia un punto di ingresso attraverso il quale le entità che vivono sotto la crosta terrestre possono emergere e, dopo aver ottenuto alcuni finanziamenti scientifici all’ultimo grido e aver arruolato una scorta militare, si imbarcano per esplorarla. Per ottenere dati sismici il più rapidamente possibile, al loro arrivo lanciano bombe sulla superficie dell’isola per capire se la terra sottostante è cava.

La loro ipotesi si rivela corretta, ma attirano subito l’attenzione di Kong, che era il vero motivo del bombardamento dell’isola. Il gigantesco gorilla fa rapidamente fuori gli elicotteri con cui arrivano gli scienziati e la loro scorta. Una volta bloccati in varie parti dell’isola, l’équipe scientifica e i soldati si fanno strada nelle foreste e nelle giungle, incontrando ragni giganti, uccelli simili a pterodattili e massicce bestie acquatiche – vedendo in prima persona il tipo di vita che esiste intorno a un waypoint della Terra Cava.

Non vengono menzionati altri mostri nello specifico fino alla scena post-credits, ma l’implicazione evidente è che tutti i mostri del MonsterVerse proverranno da luoghi come l’Isola del Teschio, misteriosi pezzi di terra dove il terreno è abbastanza sottile da permettere a questi esseri preistorici di attraversare il confine. Già Godzilla ha accennato a una storia simile, anche se l’ha mantenuta marginale. La Monarch è poi la stessa compagnia vista in Godzilla, e alcuni degli stessi linguaggi sono utilizzati in Kong: Skull Island – in particolare, l’idea che condividiamo il pianeta con entità feroci al di fuori di noi.

King Kong in Kong Skull Island
King Kong in Kong: Skull Island. Foto di Courtesy of Warner Bros. Enterta – © 2017 Warner Bros. Entertainment Inc.

Le origini di King Kong

La storia cinematografica di King Kong è iniziata nel 1933 e da quel momento la scimmia gigante è stata ritratta in molti film diversi nel corso degli anni. Inizialmente Kong viene dipinto come un animale simile a un dio, che non ha alcuna fedeltà nei confronti di nessun’altra creatura vivente, ma gradualmente si rivela essere il protettore dell’ecosistema dell’isola. In Kong: Skull Island, Mason Weaver (Brie Larson) e James Conrad (Tom Hiddleston) trovano una tribù di indigeni completamente isolata, con cui l’Hank Marlow di John C. Reilly ha vissuto per anni dopo essere precipitato lì con il suo aereo.

Come nelle precedenti versioni, la tribù continua a considerare King Kong come sacro, ma in questo caso il rispetto per il loro ecosistema e per il suo equilibrio viene ampiamente rielaborato. A differenza ad esempio di quanto si vede nel King Kong di Peter Jackson, qui la tribù viene infatti mostrata completamente pacifista e in armonia, avendo costruito un muro per tenere fuori tutto ciò che Kong stesso non ha ucciso e che avrebbe cercato di far loro del male. La principale minaccia per questa tribù – e per chiunque abbia la sfortuna di approdare sull’Isola del Teschio – è una razza di mostri soprannominati Skull Crawlers.

Viene rivelato che entrambi i genitori di Kong sono morti per tenere a bada gli Skull Crawler più grandi, lasciando quindi a Kong l’unica possibilità di fermarli. Il film si preoccupa anche di stabilire un altro fatto chiave su Kong: che è relativamente giovane e sta ancora crescendo. Questo è importante perché Kong ha poi poi dovuto affrontare Godzilla in Godzilla vs Kong. Considerando che l’attuale incarnazione del kaiju è alta circa 106 metri, era dunque necessario stabilire che Kong sarebbe cresciuto ancora in altezza, permettendogli di poter avere maggiori speranze contro Godzilla.

King Kong in Kong: Skull Island
King Kong in Kong: Skull Island. Foto di Courtesy of Warner Bros. Enterta – © 2017 Warner Bros. Entertainment Inc.

Le differenze con i precedenti King Kong

La storia di King Kong, un gorilla gigante che entra in conflitto con gli esseri umani e stringe un legame emotivo con una donna umana, ha dunque superato la prova del tempo fin dal suo concepimento nel 1933, ma Kong: Skull Island si prende alcune evidenti libertà rispetto alla formula standard di un film sul gorilla gigante. Uno di questi cambiamenti è il modo in cui si svolge il combattimento tra Kong e i militari. In questo caso, gli umani, guidati da Packard, sono essenzialmente gli antagonisti, poiché Kong non ha fatto nulla per istigare un conflitto. Kong, molto più grande rispetto alle versioni precedenti, riesce quindi a sconfiggere gli elicotteri e i soldati inviati a combatterlo.

Di solito, Kong perde quando gli umani gli sferrano un attacco su larga scala nell’atto finale, ma questa volta è il gorilla e non l’umanità a uscire vittoriosa. Il secondo grande cambiamento avviene in seguito al combattimento. Nel classico del 1933, King Kong cade dall’Empire State Building e muore. Questa morte è stata ricreata in altri film, mentre altri adattamenti hanno cambiato le circostanze della sua morte, ma a prescindere da ciò, King Kong di solito muore alla fine del film. Kong: Skull Island, tuttavia, si muove in una direzione diversa, lasciando che Kong viva.

Naturalmente, la sopravvivenza di Kong doveva avvenire, vista l’importanza del personaggio per il futuro del MonsterVerse. Lasciare Kong vivo rende possibile il suo scontro con il Re dei Mostri in Godzilla vs Kong, ma anche il suo poter essere un protagonista fisso all’interno del franchise. Inoltre, va notato che, sebbene Kong: Skull Island si discosti un po’ da ciò che i fan potrebbero aspettarsi da un film su King Kong, rimane fedele allo spirito del personaggio rappresentando l’elemento chiave che lo separa da mostri come Godzilla: il legame umano, la capacità di Kong di entrare in contatto emotivo con un essere umano.

Jason Bourne: la spiegazione del finale del film con Matt Damon

Jason Bourne: la spiegazione del finale del film con Matt Damon

Uscito nel 2016, Jason Bourne (qui la recensione) rappresenta il quinto capitolo della saga cinematografica ispirata ai romanzi di Robert Ludlum, e segna il ritorno del regista Paul Greengrass al timone dopo aver diretto due degli episodi più apprezzati del franchise: The Bourne Supremacy (2004) e The Bourne Ultimatum (2007). A distanza di nove anni dal terzo film, Jason Bourne riporta anche Matt Damon nei panni del protagonista, dopo l’esperimento parzialmente scollegato rappresentato da The Bourne Legacy (2012), che aveva visto Jeremy Renner nel ruolo principale.

Il film è quindi concepito come una sorta di “ritorno alle origini”, ma con uno sguardo attento alle nuove dinamiche geopolitiche, alle tensioni post-11 settembre, e al ruolo sempre più centrale della tecnologia nel controllo delle masse. All’interno della saga, Jason Bourne si presenta quindi come un tentativo di aggiornare il mito dell’agente segreto al contesto contemporaneo, ampliando le riflessioni su sorveglianza digitale, privacy e manipolazione dell’informazione. In questo episodio, il personaggio è più cupo e disilluso che mai, segnato dalle conseguenze delle sue precedenti scelte.

La trama e il cast di Jason Bourne

La storia si apre a dieci anni di distanza dagli eventi del precedente film. L’ex sicario della CIA Jason Bourne (Matt Damon) si trova ora in Grecia, dove vive un’anonima esistenza tra incontri clandestini di pugilato e la solitudine più totale. In Islanda, invece, l’hacker Nicky Parsons (Julia Styles) riesce a recuperare alcuni file segreti riguardanti l’Agenzia e le operazioni della Treadstone, tra cui anche informazioni relative al nuovo progetto Ironhand. Questa è una piattaforma digitale dalla tecnologia particolarmente all’avanguardia, il cui scopo è quello di spiare tutti gli utenti americani. La scoperta di ciò mette in moto le operazioni dell’agente Heather Lee (Alicia Vikander), che cercherà quanto prima di bloccare il programma.

Jason Bourne film
Matt Damon in Jason Bourne

Allo stesso tempo, la Parsons raggiunge Bourne in Grecia per rivelargli lo stretto legame che sembra esserci tra la Treadstone e suo padre, rimasto vittima tempo prima di un attentato terroristico. Desideroso di scoprire di più sul proprio passato, l’ex agente decide pertanto di uscire allo scoperto e riprendere le proprie operazioni di spionaggio. Ad ostacolare il suo percorso vi sarà però un misterioso sicario, inviato dal diretto Robert Dewey (Tommy Lee Jones), il quale vuole impedire a tutti i costi che ulteriori informazioni sulla sua agenzia vengano rivelate. Ha così nuovamente inizio la caccia nei confronti di Bourne, che dovrà nuovamente risolvere tanto i suoi conflitti personali quanto quelli internazionali.

La spiegazione del finale del film

Alla luce di questa storia, il  finale di Jason Bourne si costruisce come un momento di sintesi tra l’azione spettacolare e la riflessione morale che accompagna da sempre la figura del protagonista. Dopo un lungo inseguimento per le strade di Las Vegas e un combattimento corpo a corpo con l’Asset (Vincent Cassel), Bourne riesce finalmente a confrontarsi con coloro che, all’interno della CIA, hanno alimentato la rete di programmi segreti che lo hanno trasformato in un’arma vivente. Il culmine narrativo è il dialogo tra Bourne e Heather Lee, l’ambigua analista dell’agenzia che sembra oscillare costantemente tra la volontà di collaborare e la ricerca del potere.

È in questo scambio che si consuma il cuore tematico del film: la tensione tra controllo e libertà, tra trasparenza e segretezza, tra redenzione e potere. Il confronto con Heather Lee si rivela fondamentale. Lei propone a Bourne di rientrare nei ranghi, assicurandogli una posizione di rilievo e un parziale controllo sui futuri sviluppi operativi. In apparenza, Heather si presenta come una figura più progressista rispetto ai suoi predecessori all’interno della CIA, ma Bourne non si lascia ingannare. Dopo averla seguita e osservata, comprende che anche lei è pronta a mentire per ottenere ciò che vuole.

Alicia Vikander e Matt Damon in Jason Bourne
Alicia Vikander e Matt Damon in Jason Bourne

Lo dimostra il momento finale in cui Bourne ascolta di nascosto una sua conversazione in cui afferma che, se necessario, lo farà uccidere. Questa consapevolezza riafferma la sfiducia strutturale del personaggio nei confronti delle istituzioni governative: un tratto che accomuna Jason Bourne non solo agli altri film della saga, ma anche ad altre opere di Paul Greengrass, incentrate sulla critica alla sorveglianza e alla manipolazione del potere. Dal punto di vista tematico, il finale riafferma una delle ossessioni centrali della saga: la ricerca di identità in un mondo che tende a negarla.

Bourne non è più un uomo in fuga dalla propria memoria, come nei capitoli precedenti, ma è un uomo che ha finalmente capito chi è, e che rifiuta di essere definito dal sistema che lo ha creato. Questa scelta di autodeterminazione si riflette nel gesto conclusivo del film: dopo aver ascoltato le parole di Lee, Bourne si allontana senza dire nulla, lasciando intendere che non accetterà alcuna proposta. È un gesto silenzioso ma carico di significato: un rifiuto del compromesso, un’affermazione della propria integrità. In un contesto narrativo dominato da tradimenti, sorveglianza globale e logiche predatorie, il finale di Jason Bourne si propone quindi come una nota malinconica ma determinata.

Non c’è vittoria piena, non c’è redenzione canonica, ma c’è una scelta personale che riafferma il libero arbitrio del protagonista. Il film, quindi, chiude nel segno della coerenza con i temi che l’hanno attraversato: la lotta per la verità, la resistenza all’oppressione tecnologica e politica, e la volontà di non diventare ciò che il sistema vorrebbe. Bourne, in definitiva, non torna a casa, non si ricongiunge con un’identità fissa o rassicurante, ma trova nel rifiuto l’unica forma possibile di libertà. Al momento, è in sviluppo un nuovo capitolo della saga, che potrebbe ulteriormente sviluppare queste tematiche, anche se al momento non si hanno maggiori informazioni.

Emily in Paris – Stagione 5: nuove immagini BTS annunciano l’inizio delle riprese

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La quinta stagione di Emily in Paris ha ricevuto un importante aggiornamento sulla produzione grazie ad alcune eleganti immagini del dietro le quinte della serie romantica. La quarta stagione (qui la recensione), ricordiamo, si è conclusa con Emily (Lily Collins) che si dirigeva a Roma dopo essere stata nominata manager dell’Agence Grateau. Finisce per trasferirsi lì con il suo nuovo interesse amoroso, Marcello (Eugenio Franceschini), con cui ha iniziato una relazione. Tuttavia, Gabriel (Lucas Bravo) ha intenzione di farle visita in Italia, cercando di capire se può riconquistarla.

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Ora Netflix ha confermato l’inizio della produzione della quinta stagione di Emily in Paris, condividendo la notizia con un paio di immagini della Collins in un nuovo abito elegante. L’immagine lascia intendere quanto Emily cambierà in questa prossima stagione: il nuovo taglio di capelli e lo sfondo italiano sottolineano le nuove ed emozionanti avventure che la vedranno protagonista a Roma. Per scoprire l’annuncio completo dell’inizio della produzione da parte di Netflix, ecco qui di seguito le immagini e anche un video BTS diffusi su Instagram:

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Il cast di Emily In Paris – Stagione 5

  • Creatore / Produttore Esecutivo / Autore: Darren Star
  • Produttori Esecutivi: Tony Hernandez, Lilly Burns, Andrew Fleming, Stephen Brown, Alison Brown, Robin Schiff, Grant Sloss, Joe Murphy
  • Cast: Lily Collins (Emily Cooper), Philippine Leroy-Beaulieu (Sylvie Grateau), Ashley Park (Mindy Chen), Lucas Bravo (Gabriel), Samuel Arnold (Julien), Bruno Gouery (Luc), William Abadie (Antoine Lambert), Lucien Laviscount (Alfie), Thalia Besson (Genevieve), Eugenio Franceschini (Marcello)
  • Prodotta da: MTV Entertainment Studios, Darren Star Productions e Jax Media

Recap della Stagione 4 di Emily in Paris

Dopo i drammatici eventi del matrimonio fallito tra Camille e Gabriel, Emily è sconvolta: prova forti sentimenti per due ragazzi diversi, ma ora Gabriel aspetta un figlio dalla sua ex, e le peggiori paure di Alfie su lei e Gabriel sono state confermate. In agenzia, Sylvie è costretta ad affrontare uno spinoso dilemma del suo passato per il bene del suo matrimonio, e il team dell’Agence Grateau deve affrontare cambiamenti di personale. Mindy e la band si preparano per l’Eurovision, ma quando i fondi finiscono sono costretti a risparmiare.

La chimica tra Emily e Gabriel è innegabile mentre lavorano insieme per raggiungere una stella Michelin, ma due grandi segreti minacciano di mettere a rischio tutto ciò che hanno sognato. Mentre vecchie abitudini si scontrano con nuovi problemi, Emily si sente attirata da una potenziale nuova storia d’amore… e da una nuova città.

The Long Walk: il trailer del film tratto dal romanzo di Stephen King

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Il primo trailer di The Long Walk ci offre uno sguardo al nuovo adattamento cinematografico di un’opera di Stephen King. Il film è basato sul primo libro di King, pubblicato nel 1979, con lo pseudonimo di Richard Bachman. Ambientato in un mondo distopico, segue un gruppo di adolescenti che partecipano a una gara annuale chiamata “The Long Walk”, in cui devono mantenere una certa velocità di camminata o essere uccisi. L’adattamento è diretto da Francis Lawrence e vede nel cast David Jonsson, Cooper Hoffman, Judy Greer, Mark Hamill e Ben Wang.

Questo primo trailer presenta alcuni dei protagonisti adolescenti, tra cui Raymond Garraty (Hoffman), Peter McVries (Jonsson) e Hank Olson (Wang). Mentre i ragazzi camminano accanto a una parata di carri armati, guidati dal Maggiore (Hamill), sembrano inizialmente di buon umore. L’umore cambia quando un ragazzo non riesce a tenere il passo, cade a terra e viene ucciso. Il Maggiore spiega in modo inquietante le premesse, compreso il fatto che ci sarà “un solo vincitore e nessun traguardo”.

Cosa svela il trailer di The Long Walk

Il trailer di The Long Walk arriva dopo che nella giornata di ieri erano state rivelate le prime immagini del film. Queste si concentrano sull’ensemble nel suo complesso, mentre il trailer si concentra invece sui tre protagonisti: Garraty, Olson e McVries. Questi personaggi sono protagonisti anche nel libro. Il trio dovrà fare molta strada nella competizione, dato che sembra essere molto presente nel film. Il trailer ha inoltre già rivelato uno dei morti, un ragazzo interpretato da Roman Griffin Davis, attore di Jojo Rabbit.

Francis Lawrence è noto per aver diretto quattro film della saga Hunger Games, occupandosi di tutti i film tranne il primo. In questo trailer, c’è una chiara sovrapposizione tra la storia di King e il mondo distopico degli Hunger Games. Come i giochi sponsorizzati dal Campidoglio, la gara di camminata ha come unico punto di arrivo la vittoria di un solo ragazzo. A questa vittoria è associato un premio in denaro, che alcuni dei ragazzi nel trailer sognano di vincere. Per arrivarci, però, dovranno affrontare condizioni intense e conseguenze mortali.

Thunderbolts*: per Bob Iger è il “primo e migliore” esempio della nuova strategia della Marvel

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In sala dal 30 aprile, Thunderbolts* (qui la recensione) promette di essere un nuovo inizio per il Marvel Cinematic Universe. L’amministratore delegato della Disney, Bob Iger, ha da tempo ammesso che la programmazione cinematografica della società ha faticato in tempi post-pandemici, concentrandosi troppo sulla quantità e non abbastanza sulla qualità. Il Marvel Cinematic Universe, in particolare, non ha ritrovato il suo splendore dopo l’epico culmine di Avengers: Endgame. Dopo il Covid-19 ci sono stati dei successi, come Deadpool & Wolverine, Spider-Man: No Way Home e Doctor Strange nel multiverso della follia.

Ma il successo è stato estremamente incoerente, dato che film come Ant-Man and the Wasp: Quantumania, The Marvels e Captain America: Brave New World sono stati tra i primi film del franchise a perdere soldi da quando il MCU ha riportato in auge i film sui supereroi. Tuttavia, Iger considera Thunderbolts*, che ha debuttato lo scorso fine settimana con 76 milioni di dollari, come il “primo e migliore esempio” della nuova priorità dello studio di fare film migliori, anche se questo significa che ce ne saranno di meno.

Sappiamo tutti che nel nostro zelo di inondare la nostra piattaforma di streaming con più contenuti, ci siamo rivolti a tutti i nostri motori creativi, compresa la Marvel, e li abbiamo fatti produrre molto di più”, ha detto Iger durante l’incontro con gli investitori di mercoledì, come riportato da Variety. “Abbiamo anche imparato che la quantità non è necessariamente sinonimo di qualità. E francamente, abbiamo tutti ammesso a noi stessi di aver perso un po’ di concentrazione producendo troppo“.

Consolidando un po’ la produzione e facendo in modo che la Marvel si concentri maggiormente sui propri film, crediamo che la qualità sarà migliore. Credo che il primo e migliore esempio sia ‘Thunderbolts*’. Mi sento molto tranquillo al riguardo”. Thunderbolts*, incentrato su eroi meno conosciuti rispetto a Capitan America e Thor, è partito più lentamente della maggior parte dei film Marvel. Ma gli analisti ritengono che si manterrà stabile al botteghino perché la critica e il pubblico hanno ben accolto il film, che vanta un 88% su Rotten Tomatoes.

Sembra dunque essere un passo nella giusta direzione dopo una serie di film recensiti in modo negativo come i citati Ant-Man and the Wasp: Quantumania, The Marvels e Captain America: Brave New World. La Disney sta anche alimentando l’interesse per Thunderbolts* rivelando il significato dietro l’asterisco nel titolo del film: il gruppo di antieroi alla guida sarà d’ora in poi conosciuto come “I nuovi Vendicatori” e faranno la loro prossima apparizione in Avengers: Doomsday.

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Leggi la recensione di Thunderbolts*

Diretto da Jake Schreier (Paper Towns), il cast di Thunderbolts* comprende Sebastian Stan nel ruolo di Bucky Barnes, Hannah John-Kamen nel ruolo di Ava Starr alias Ghost, Wyatt Russell nel ruolo di John Walker, David Harbour nel ruolo di Alexei Shostakov alias Red Guardian, Olga Kurylenko nel ruolo di Antonia Dreykov alias Taskmaster, Harrison Ford nel ruolo del Generale Thaddeus ‘Thunderbolt’ Ross e Lewis Pullman nel ruolo di Bob alias Sentry.

In Thunderbolts*, i Marvel Studios riuniscono una insolita squadra di antieroi: Yelena Belova, Bucky Barnes, Red Guardian, Ghost, Taskmaster e John Walker. Dopo essersi ritrovati nel mezzo di una trappola mortale orchestrata da Valentina Allegra de Fontaine, questi emarginati disillusi devono affrontare una missione pericolosa che li costringerà a confrontarsi con gli aspetti più oscuri del loro passato. Questo gruppo disfunzionale si distruggerà dall’interno o riuscirà a trovare redenzione, unendosi e trasformandosi in qualcosa di più grande, prima che sia troppo tardi?

Florence Pugh riprende il ruolo di Yelena Belova, sorella di Vedova Nera (e una delle parti migliori della serie MarvelDisney+ Occhio di Falco). Inoltre, Julia Louis-Dreyfus interpreta Valentina Allegra de Fontaine, con Geraldine Viswanathan nei panni di Mel, la sua assistente (che sostituisce una Ayo Edebri estremamente impegnata e piena di impegni).

Lo sceneggiatore di Black Widow e Thor: Ragnarok Eric Pearson si unisce agli sceneggiatori di Beef Lee Sung Jin e Joanna Calo. Un trailer è stato mostrato a porte chiuse al San Diego Comic-Con. Thunderbolts* è nelle sale dal 30 aprile 2025, in ritardo rispetto alla precedente data di uscita del 20 dicembre 2024 a causa degli scioperi della WGA e della SAG-AFTRA. Nel frattempo, restate aggiornati sul MCU con la nostra guida alla storia della Fase 5 della Marvel e con uno sguardo a ciò che deve ancora venire nella Fase 6 della Marvel.

Thunderbolts* è diretto da Jake Schreier e Kevin Feige è il produttore. Louis D’Esposito, Brian Chapek, Jason Tamez e Scarlett Johansson sono i produttori esecutivi.

I Golden Globe aggiungono la categoria “Miglior podcast” a partire dal 2026

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I Golden Globe si espandono al mondo dell’audio. Come riportato da Variety, l’organizzazione ha infatti annunciato una nuova categoria di premi per il Miglior podcast dell’anno, ampliando così il riconoscimento della narrazione creativa. La categoria debutterà all’83ª edizione dei Golden Globe Awards, in programma l’11 gennaio 2026. Gli organizzatori hanno dichiarato che la scelta riflette la crescente influenza e la portata dei podcast nell’industria dell’intrattenimento.

Con la continua evoluzione del mondo dell’intrattenimento, siamo entusiasti di riconoscere nuove forme di narrazione”, ha dichiarato Helen Hoehne, presidente dei Golden Globe. “I podcast sono emersi come un mezzo profondo per condividere narrazioni e costruire comunità attraverso i confini globali e le generazioni”. Il premio includerà sia podcast audio che video e metterà in luce i lavori che hanno avuto un impatto significativo nell’ultimo anno.

Saranno ammessi i 25 podcast più popolari e saranno nominati sei finalisti. Le linee guida specifiche per l’ammissibilità sono attese nelle prossime settimane. Tra gli attuali 25 podcast più popolari negli Stati Uniti ci sono SmartLess (con Jason Bateman, Sean Hayes e Will Arnett), Call Her Daddy (con Alex Cooper) e The Joe Rogan Experience.

Poche organizzazioni di premi importanti hanno ad oggi istituito categorie dedicate al podcasting. Gli iHeartRadio Podcast Awards e i British Podcast Awards riconoscono creatori provenienti da contesti sia mainstream che indipendenti. I Webby Awards, pur avendo una portata più ampia, includono il podcasting tra le categorie dei media digitali, riconoscendone la crescente importanza culturale. Inoltre, i People’s Choice Podcast Awards si basano sul voto del pubblico per evidenziare i preferiti degli ascoltatori in un’ampia gamma di generi.

Secondo la società di dati sull’intrattenimento Luminate, si prevede che l’audience globale dei podcast supererà i 600 milioni nel 2026, un forte aumento che sottolinea la rapida ascesa del mezzo, che anche i Golden Globe intendono ora riconoscere e valorizzare. “I Golden Globes hanno sempre celebrato il meglio del cinema e della televisione”, ha dichiarato Hoehne. “Ora stiamo facendo spazio a nuove voci e formati per essere ascoltati”.

The Conjuring: Last Rites, le prime foto del film con Patrick Wilson e Vera Farmiga

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Come quarto e ultimo film della saga di The ConjuringThe Conjuring: Last Rites – diretto ancora una volta da Michael Chaves – vedrà Patrick Wilson e Vera Farmiga riprendere i loro ruoli di investigatori del paranormale Ed e Lorraine Warren per affrontare il loro caso più pericoloso. Ora, tramite Entertainment Weekly, sono state rivelate otto immagini in anteprima del nuovo film. Le immagini mostrano Wilson e Farmiga nei panni di Ed e Lorraine Warren, oltre a diversi flashback di Ed e Lorraine da giovani, interpretati da Orion Smith e Madison Lawlor.

È stata rivelata anche la Judy Warren di Mia Tomlinson, la ora cresciuta figlia di Ed e Lorraine, interpretata da Sterling Jerins e Mckenna Grace nei film precedenti. Qui di seguito, ecco le immagini diffuse:

 

Cosa sappiamo di The Conjuring: Last Rites

Le immagini in anteprima sono accompagnate anche dai primi dettagli sulla trama di The Conjuring: Last Rites, compresi i casi reali dei Warren di cui si occuperà il film. Il film è ambientato nel 1986, cinque anni dopo gli eventi di Per ordine del diavolo. Ed e Lorraine Warren si sono allontanati dagli esorcismi, soprattutto a causa dell’infarto di Ed durante il terzo film. Tuttavia, un nuovo sviluppo li spinge a tornare per un’ultima indagine. Al centro di Last Rites c’è uno dei casi più noti dei Warren: l’infestazione della famiglia Smurl.

La famiglia Smurl si trasferì in una bifamiliare a West Pittston, in Pennsylvania, negli anni Settanta e negli anni successivi riferì una serie di inquietanti eventi paranormali, che andavano da odori inquietanti e voci disincarnate a manifestazioni più violente e invasive. Il caso attirò l’attenzione dei media e gli Smurl apparvero in programmi come Larry King Live e Entertainment Tonight. La loro storia è stata raccontata nel libro del 1986 The Haunted: One Family’s Nightmare e adattata in un film per la TV del 1991 con Sally Kirkland.

David Leslie Johnson-McGoldrick (The Conjuring 2, The Conjuring – Per ordine del diavolo) ha scritto la sceneggiatura con le attuali revisioni del team di sceneggiatori Ian Goldberg e Richard Naing (The Nun II) sulla base di una storia di David Leslie Johnson-McGoldrick e James Wan. Wan tornerà anche a produrre insieme a Peter Safran, il duo dietro tutti i film di Conjuring, compreso l’ultimo The Nun II.

Il film comprende anche Mia Tomlinson, Ben Hardy, Rebecca Calder, Elliot Cowan, Kíla Lord Cassidy, Beau Gadsdon, Tilly Walker, Molly Cartwright, Peter Wight e Kate Fahy.

Vincent D’Onofrio anticipa una terza stagione di Daredevil: Rinascita e commenta la possibilità di portare Kingpin al cinema

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La prima stagione di Daredevil: Rinascita ha subito un’importante revisione creativa a metà della produzione, con Dario Scardapane che ha sostituito gli showrunner originali Chris Ord e Matt Corman.

L’episodio pilota e gli ultimi due episodi sono stati completamente rigirati, mentre sono state apportate modifiche a tutti gli episodi tranne il quinto in fase di post-produzione. La prima stagione si è conclusa con un enorme cliffhanger, preparando il terreno per una guerra tra l’Uomo Senza Paura e il sindaco Wilson Fisk.

Parlando con Awards Buzz, l’attore di Kingpin, Vincent D’Onofrio, non ha anticipato cosa succederà nella seconda stagione il prossimo anno. Ha invece confermato che ci sono già piani provvisori per una terza stagione, supponendo che i fan reagiscano positivamente a ciò che verrà dopo. “Se ci lasciano fare, abbiamo un piano“, ha rivelato D’Onofrio. “Sta ai fan guardare ed emozionarsi. E sta a noi accontentarli e realizzare la storia giusta. Non vediamo l’ora.”

Ci sono molte direzioni in cui potrebbe dirigersi una terza stagione di Daredevil: Rinascita. Saremmo curiosi di vedere Matt Murdock e Wilson Fisk entrambi in prigione, un’idea esplorata per la prima volta durante la serie Daredevil di Ed Brubaker e Michael Lark.

A Vincent D’Onofrio è stato anche chiesto se potrebbe portare il Re del Crimine sul grande schermo. Continuano a dilagare le speculazioni su una sua possibile apparizione in Spider-Man: Brand New Day insieme a Charlie Cox; tuttavia, l’attore rimane fermo nella sua convinzione che ci sia un problema con i diritti del cattivo. “Mi piacerebbe che risolvessero la questione dei diritti con Sony. Penso che prima o poi accadrà, non so quando o come lo faranno, ma non riesco a immaginare che non trovino una soluzione. Vedremo”, ha scherzato.

Andor – Stagione 2 cambia le “regole” della Forza dopo sei anni da L’Ascesa di Skywalker

Attenzione! Questo articolo contiene spoiler sull’episodio 7 di Andor – Stagione 2

Grazie a una storia improbabile, quella di Andor – Stagione 2, Star Wars ha appena cambiato per sempre una “regola” della Forza, sei anni dopo il suo debutto in L’Ascesa di Skywalker. Potrebbe sembrare improbabile per Andor – Stagione 2 approfondire il concetto della Forza, visto che la serie racconta l’aspetto della Ribellione della saga fantasy e quindi soldati, spie e politici che hanno orchestrato la lotta contro l’Impero. Le origini dell’Alleanza Ribelle di Star Wars sono state fondate senza l’aiuto dell’Ordine Jedi e della Forza, rendendo Andor il progetto meno probabile a includere i concetti ultraterreni di una galassia lontana, lontana.

Ciononostante, questa improbabilità ha generato una scena molto sorprendente nell’episodio 7 di Andor – Stagione 2. Questo episodio è ambientato nel terzo blocco della linea temporale della stagione, circa due anni prima degli eventi di Rogue One e Una Nuova Speranza. All’inizio dell’episodio 7 della seconda stagione, i personaggi vengono mostrato mentre vivono una vita di ribellione su Yavin IV, mentre l’alleanza si costruisce lentamente in ciò che è destinata a diventare. L’eroe del titolo, tuttavia, subisce una ferita da blaster alla spalla, che porta a cambiare per sempre un concetto di Forza, presentato per la prima volta sei anni fa.

L’Ascesa di Skywalker ha introdotto la capacità degli utilizzatori della Forza di Guarire

Lo abbiamo visto fare a Rey di Daisy Ridley

Daisy Ridley star wars
Daisy Ridley è Rey nella saga di Star Wars © Lucasfilm Ltd.

Innanzitutto, vale la pena esplorare il concetto di Forza in questione e come è stato introdotto: la Guarigione tramite la Forza. La Guarigione della Forza è stata introdotta nel canone in Star Wars: L’Ascesa di Skywalker del 2019, nonostante fosse già presente in diverse storie di Legends in precedenza. Tuttavia, L’Ascesa di Skywalker ha mostrato questa capacità per la prima volta in un grande film di Star Wars, quando Rey ha usato le sue abilità per curare un verme del deserto ferito, noto come vexis. Rey ha semplicemente posizionato la mano sopra la ferita e ha trasmesso la sua forza vitale alla creatura, curandone le ferite e permettendo al gruppo di passare.

L’episodio 7 della prima stagione di The Mandalorian ha inizialmente introdotto la Guarigione della Forza due giorni prima dell’uscita de L’Ascesa di Skywalker, ma il primo è stato confermato come collegamento per preparare il debutto cinematografico completo del potere in quest’ultimo.

Il concetto di Guarigione della Forza è stato poi incluso in modo ancora più significativo nel finale de L’Ascesa di Skywalker. L’Imperatore Palpatine desiderava utilizzare il potere della Diade della Forza per curare il suo corpo di clone ferito, prima che Ben Solo usasse la Guarigione della Forza per trasferire tutta la sua forza vitale nella defunta Rey, resuscitandola. Tutto ciò ha permesso alla Guarigione della Forza di diventare una parte importante e confermata del canone di Star Wars in un modo che in precedenza era solo accennato. Ora, sei anni dopo, il concetto è stato sviluppato e modificato.

Ora sappiamo che esistono Guaritori della Forza

Uno è basato su Yavin IV

Questo ci porta all’episodio 7 di Andor – Stagione 2, pubblicato su Disney+ sei anni dopo L’Ascesa di Skywalker ma ambientato decenni prima nella linea temporale di Star Wars. In questo episodio, Andor viene spinto a visitare un Guaritore della Forza di stanza su Yavin IV per vedere se la sua bruciatura da blaster può essere curata. Naturalmente, Cassian è inizialmente scettico al riguardo a causa della sua scarsa fede nella Forza, prima che il Guaritore della Forza lo percepisca dall’altra parte del cortile, gli cammini incontro, noti la sua ferita senza che gliela mostri e insista sul fatto che Cassian sia un messaggero che le ha rinnovato la fede.

Ciò che rende questa scena qualcosa che ha cambiato il concetto di Guarigione della Forza è la rivelazione che ci sono persone dedite a usare i loro poteri per questo unico motivo. Prima, era semplicemente un’abilità incredibilmente rara posseduta da alcuni Jedi. La seconda stagione di Andor ha introdotto l’idea che i Guaritori della Forza potrebbero non essere stati addestrati dai Jedi, ma essere persone con una grande sintonia con il campo energetico mistico che possiedono questa capacità.

In precedenza, ci sono state teorie secondo cui la Guarigione della Forza è rara tra i Jedi in quanto è un’abilità legata all’equilibrio nella Forza. I teorici hanno affermato che solo coloro che si dedicano a quell’equilibrio – o giovani come Grogu che non hanno ancora consolidato il loro impegno verso i Jedi – possono usare la Guarigione della Forza. Questa ipotesi è in parte supportata da Andor. Sebbene la donna che guarisce Cassian con la Forza potrebbe essere stata un’ex Jedi, la sua misteriosa introduzione implica l’esistenza di un gruppo separato di detentori della Forza che usano le proprie abilità a questo scopo.

Questi Guaritori della Forza esistevano nell’era prequel?

Questo solleva interessanti domande sui prequel

Ciò che rende la rivelazione di un Guaritore della Forza da parte di Andor ancora più avvincente sono le più ampie domande su Star Wars che solleva. Ad esempio, la motivazione principale di Anakin Skywalker per passare al lato oscuro della Forza in Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith era salvare sua moglie Padmé dalla morte durante il parto. L’introduzione della Guarigione della Forza ha portato molti a chiedersi se ciò creasse un buco nella trama, poiché Anakin avrebbe potuto semplicemente portare Padmé da un Guaritore della Forza durante il travaglio per assicurarsi che sopravvivesse.

Detto questo, anche la seconda stagione di Andor avrebbe potuto proporre una spiegazione per questo. Cassian insiste sul fatto che il Guaritore della Forza è un truffatore, la sua conversazione con Bix conferma che molte delle persone mentono sul fatto di avere questa capacità in tutta la galassia. Durante l’era degli Jedi, che erano più dediti al lato chiaro della Forza che al vero equilibrio, i Guaritori della Forza potrebbero aver avuto una cattiva reputazione proprio per questo motivo. Questo potrebbe spiegare perché il debutto di un Guaritore della Forza nella seconda stagione di Andor non è un buco nella trama, ma piuttosto un modo interessante di sviluppare e cambiare un precedente concetto di Star Wars.

Kyle Soller sulla storia di Syril in Andor – Stagione 2: “Questo ciclo parla di amore e sacrificio”

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Attenzione! Questo post contiene SPOILER su Andor – Stagione 2 episodi 7-9

Kyle Soller, che interpreta l’imperiale Syril Karn in Andor – Stagione 2, cattura perfettamente ciò che rende questa serie TV così unica nel mondo di Star Wars. Andor si era già dimostrata una delle migliori serie TV di Star Wars nella prima stagione, ma la seconda ha davvero stupito il pubblico. Questa stagione non si risparmia, mostrando la realtà e le brutalità dell’Impero e i sacrifici richiesti ai combattenti ribelli durante i Tempi Oscuri in modi che sembrano nuovi tra i film e le serie TV di Star Wars.

In un’intervista con Collider, l’attore di Syril Karn, Kyle Soller, ha commentato l’impatto e il ruolo della serie in Star Wars in un modo che ha pienamente sintetizzato l’importanza di Andor per il franchise. Soller ha spiegato:

“…Andor mi ha insegnato l’importanza vitale della comunità, di usare la propria voce e di correre il rischio di fare ciò che si ritiene giusto. Credo che Syril mi abbia dato delle ottime idee. Ho apprezzato molto il suo percorso. È un percorso di formazione quello che ha intrapreso, e anche se è sbocciato tardi, in definitiva, è qualcuno che sta imparando a vedere la verità per quello che è veramente, ad avere il giusto discernimento, a stare in piedi e poi a dire addio prima di diventare troppo noioso.

È stato un vero dono. È stato davvero un dono, questa parte e questo lavoro, perché ha anche aperto un’intera comunità della famiglia di Star Wars. Siamo così meravigliosamente protettivi e di supporto. Dio, potrei continuare a parlare di ciò che Tony Gilroy e Diego hanno realizzato con questo. Penso solo che stia portando Star Wars in una nuova direzione. Non che tutto debba essere come Andor da ora in poi, e non dovrebbe esserlo, ma ha aperto una discussione su cosa può raggiungere? Può essere Intricato e adulto, esplorativo della nostra storia e del nostro presente? O potente, toccante, emozionante e, in definitiva, straziante? Questo ciclo parla di amore e sacrificio. Ha dato tutto questo.”

In parte, Soller si riferisce alla morte di Syril nell’arco narrativo di Andor – Stagione 2 episodi 7-9, ma sta anche toccando un punto che sembra profondamente vero: Andor sta cambiando Star Wars come lo conosciamo, e lo sta facendo nel modo migliore.

L’ultimo arco narrativo di Andor – Stagione 2 sarà disponibile su Disney+ il prossimo mercoledì 14 maggio e le ultime tre puntate concluderanno il racconto di Cassian Andor per portarlo fino agli eventi di Rogue One.

Colpi d’Amore: intervista al regista Jonathan Eusebio

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Colpi d’Amore: intervista al regista Jonathan Eusebio

Arriva l’8 maggio distribuito da Universal Pictures Colpi d’Amore (qui la nostra recensione), il film d’esordio di Jonathan Eusebio, stunt coordinator e padawan alla corte di David Leicht, che negli ultimi anni con la sua 87North Productions sta riscrivendo le regole dell’action a Hollywood.

Con protagonisti Ke Huy Quan e Ariana DeBose, il film è un’atipica storia d’amore che contamina la rom-com con l’action e il buddy movie. Abbiamo intervistato Eusebio che ha cominciato a raccontare la sua esperienza di esordio alla regia, dirigendo due premi Oscar.

“È stato eccitante e divertente, però ero anche nervoso perché sono un regista esordiente alle prese con due Premi Oscar! Ma non potevo chiedere un cast più collaborativo e di supporto. Ho sentito questa collaborazione come un progetto davvero molto molto gratificante.”

Colpi d’Amore non è il film romantico tradizionale e si allontana dagli stereotipi. Qual’è stato il tuo processo di evoluzione della storia?

“Ho pensato che fosse prima di tutto la storia di Ke e Ari, ma anche che ci fossero molti personaggi di contorno e che volevo sviluppare, a parte l’azione, anche tutti gli aspetti che l’amore può assumere. Romantico, per se stessi, fraterno. Volevo essere sicuro che questo aspetto emotivo si vedesse in ogni personaggio, questa è stata la parte più divertente per me. Non solo siamo spinti a vedere se l’eroe conquisterà la ragazza, ma ogni emozione che si sviluppa in ogni personaggio.”

La produttrice Kelly McCormick ha dichiarato in un’intervista che gli attori, professionisti o esordienti, amano molto lavorare con te. Secondo te come mai?

“Spero che lo dicano perché pensano che sono una persona carina, ma penso sia principalmente perché sono entrato nel business del cinema in qualità di performer e poi ho cominciato la scalata verso la regia. Credo che queste esperienza mi abbia reso molto aperto e predisposto ad accogliere le idee e a lavorare collaborando con gli altri. Sento che non puoi fare un film da solo, e quindi un cast collaborativo è fondamentale. Credo sia importante far sentire tutti visti e ascoltati, per me è una parte importantissima del mio lavoro, anche quando faccio gli stunt. Li vuoi ascoltare, ma li vuoi anche far apparire al meglio di quello che possono, e questo credo sia una parte decisiva del lavoro, questo mutuo rispetto nel cercare di tirare fuori il meglio dagli altri.”

In un panorama a volte pigro, come hai gestito la storia e le sue svolte?

“Ho cercato di allontanarmi dalle formule, perché non mi piace un progetto confezionato a tavolino. Voglio solo capire che tipo di storia posso raccontare e raccontarla nel modo più autentico possibile. Nel film ci sono tutta una serie di elementi che io amo e che si vedono: i vecchi film di Hong Kong, i buddy movies, le commedie romantiche. Sono tutti lì presenti, non c’è una formula, ho qualcosa da dire e voglio che arrivi al pubblico.”

Colpi d’Amore è chiaramente una produzione 87North Productions perché rispetta tutti i canoni del marchio di fabbrica. Come ha bilanciato la tua impronta con quelle direttive?

“David Leitch è stato il mio mentore e Kelly la mia agente per tanto tempo. Il nostro modo di vedere l’action e lo storytelling è molto simile e quindi semplicemente ho fatto quello che diceva la mia sensibilità, che si allinea con quella della casa di produzione. Vuoi che sia divertente e brillante, ma allo stesso tempo, essendo un regista esordiente, ho voluto mettere nel film anche la mia personalità e la mia sensibilità nella storia.”

Dopo Richard Donner, hai diretto Ke e Sean Astin insieme, ci hai pensato mentre realizzavate le loro scene insieme?

“Io e Ke abbiamo la stessa età, sono cresciuto guardando Indiana Jones e il Tempio Maledetto a ripetizione, perché mi vedevo nel personaggio di Shorty. E questo mi ha portato ai Goonies. Per me, averli entrambi nel mio debutto alla regia è stato come un sogno che si realizza. Come un cerchio che si chiude, è una sensazione incredibile, non riesco neanche a articolare la gioia che ho provato.”

Cosa ci possiamo aspettare dalla tua carriera di regista?

“Al momento sto facendo molti incontri e ho molti appuntamenti per diversi progetti. Mi piace questo genere, quindi si tratta solo di trovare la storia giusta, amo davvero il genere delle arti marziali e quindi non lascerò questa strada molto presto. Ma voglio anche crescere a livello creativo, quindi sono molto aperto a quello che verrà.”

Thunderbolts*: la spiegazione di ciò che ogni personaggio ha visto nel Vuoto

Attenzione! Questo articolo contiene SPOILER importanti su Thunderbolts*

Thunderbolts* è stato uno dei film più singolari del MCU, con un atto finale che vedeva tutti i personaggi principali del film alle prese con i loro ricordi più spaventosi e traumatici al posto dell’arcinemico del film, il Vuoto. Il finale di Thunderbolts* ha certamente infranto le convenzioni rinunciando alla classica lotta tra eroi e cattivi, e sembra aver dato i suoi frutti.

Ha anche confermato la maggior parte delle teorie su come il team del titolo avrebbe mai potuto sperare di affrontare il Vuoto, poiché è diventata una questione di coltivare la positività. Non sorprende che sia stata impiegata una buona dose di licenza creativa per garantire che il Vuoto non si limitasse a sventrare la squadra (e metà di New York) come la potente entità Marvel avrebbe potuto fare nei fumetti. Invece, quando il Vuoto trasforma le sue vittime in ombre, le bandisce in un regno composto da “stanze della vergogna”, dove le vittime erano costrette a rivivere i loro ricordi più traumatici in eterno. Ecco esattamente cosa ha visto ognuno dei protagonisti.

Yelena Belova vede il suo primo incarico per la Stanza Rossa e la sua sofferenza dopo la morte di Natasha

Yelena sperimenta tre Stanze della Vergogna

Yelena Thunderbolts*Come protagonista di Thunderbolts*, non c’è da stupirsi che le esperienze di Yelena Belova nel regno infernale del Vuoto siano state le più approfondite. Dopo aver sperimentato la sua prima esperienza toccando inavvertitamente la mano di Bob durante il primo atto del film, Yelena si avvicina volontariamente all’ombra incombente del Vuoto per rientrare nel ricordo e combattere per raggiungere Bob. In questo processo, Yelena vive tre distinte esperienze nella Stanza della Vergogna, che includono:

  • Un ricordo di quando attira un’amica, Anya, verso la sua morte in una foresta innevata, chiamandola a sé prima che un uomo adulto si avvicini e la assassini.
  • Un ricordo del suo addestramento da Vedova Nera, dove a lei e alle sue compagne viene assegnato il compito di assemblare rapidamente una pistola. Dopo aver assemblato la sua prima pistola, Yelena viene esclusa dalla punizione in cui le sue compagne vengono frustate.
  • Un ricordo di se stessa svenuta ubriaca in un bagno con in mano una bottiglia di vodka mezza vuota.

I primi due di questi tre ricordi sono legati all’addestramento di Yelena nella Stanza Rossa, che è stato rappresentato per la prima volta in Black Widow. Entrambi sembrano essere esercizi di allenamento in cui Yelena antepone se stessa al benessere dei suoi coetanei, per i quali ora prova un immenso senso di colpa. Yelena parla del suo terzo ricordo all’inizio del film, quando racconta di essere rimasta intrappolata in un ciclo di riflessioni sui suoi errori passati e alcol. Questa scena sembra anche rappresentare Yelena che lotta per affrontare la morte della sorella adottiva, Natasha Romanoff.

Bob vede la sua infanzia e l’origine del Vuoto

L’infanzia tumultuosa di Bob ha dato origine al Vuoto

Lewis Pullman Bob Thunderbolts
Lewis Pullman è Bob in Thunderbolts*

Bob Reynolds è uno dei personaggi più interessanti introdotti nel MCU. Viene subito rivelato che sta lottando con la tossicodipendenza, che lo porta a sottoporsi a quella che pensava fosse una sperimentazione medica, ma che si rivela essere il programma Sentry. La straziante storia di Bob porta alla frammentazione della sua mente, facendolo soffrire di grave depressione e deliri di grandezza che cospirano per creare il Vuoto quando è permeato dai poteri di Sentry, con il Vuoto che è una manifestazione rovinosa delle sue emozioni più oscure.

Questa tragica storia è raffigurata nella prima stanza della vergogna di Bob. Sebbene la sua esperienza nel Vuoto lo abbia portato a trovare un luogo di relativo rifugio in uno spazio simile a una soffitta, siede sopra un ricordo precoce del suo padre violento che si scaglia contro la sua famiglia a tavola. Il tentativo del giovane Bob di opporsi al padre viene accolto con scherno e derisione, con la madre che aggrava la tragedia accusandolo di peggiorare la situazione. Una seconda stanza della vergogna, interpretata principalmente per un effetto comico, mostra Bob quando lavorava come pollo che faceva girare cartelli mentre era dipendente dalla metanfetamina.

Bob in seguito porta i Thunderbolts nella “peggiore” stanza della vergogna, che mostra la sua prima trasformazione nel Vuoto. Nello stesso laboratorio malese che Yelena ha distrutto nella sequenza iniziale, Bob può essere visto curvo in una stanza del laboratorio, con due ombre che lo affiancano, suggerendo che il Vuoto si sia manifestato particolarmente presto nel processo di trasformazione in Sentry. È qui che Bob inscena uno scontro con il Vuoto, diventando violento e quasi lasciando che l’oscurità lo avvolga prima che i Thunderbolts si uniscano e gli forniscano l’amore e le cure di cui ha sempre avuto bisogno.

John Walker vede le sue difficoltà come padre e marito

L’ossessione di John Walker per la sua caduta porta alla rottura del suo matrimonio

Falcon and the Winter Soldier John Walker MCUAnche John Walker ha sperimentato la sua stanza della vergogna prima della maggior parte degli altri personaggi mentre solleva Bob dal vano ascensore durante la loro fuga nel primo atto. Questo è tutto ciò che vediamo della memoria di John Walker, anche se, quando Yelena rivisita lo stesso ricordo che ha visto toccando Bob, è lecito supporre che anche Walker ritorni alla sua. Questo ricordo mostra John Walker che legge sul telefono un articolo di scherno e critica sul suo essere un Captain America decaduto, trascurando il figlio neonato e scatenando una discussione con la moglie Olivia.

John Walker inganna la squadra facendogli credere di avere una vita familiare stabile durante la sua prima scena in Thunderbolts*. Questa bugia viene poi smascherata da Valentina Allegra de Fontaine, e il ricordo di John potrebbe essere il precursore immediato della rottura del suo matrimonio. Il ricordo contribuisce a umanizzare ulteriormente Walker, un uomo vulnerabile e pieno di vergogna per i suoi errori passati, che si manifesta in pubblico come un personaggio sfacciato e irritabile.

Valentina vede la morte del padre

Sembra essere preso di mira da figure nefaste

Valentina Allegra de Fontaine tocca la mano di Bob nel tentativo di sedurlo dopo aver scoperto che ha superato con successo il programma Sentry. Questo la riporta a un ricordo della sua infanzia in Italia, dove inavvertitamente invita a casa l’assassino di suo padre. Dopo che il padre la rassicura, lo guarda aprire la porta a un visitatore e viene uccisa a bruciapelo.

I dettagli del cupo ricordo di Valentina non sono chiari. Tuttavia, sembra che suo padre sia stato preso di mira da forze nefaste e che de Fontaine si arroghi ancora l’idea che la sua morte sia stata colpa sua. È probabilmente questo che ha plasmato de Fontaine a diventare il capo incallito delle operazioni clandestine, determinato a garantire la copertura di ogni base e a disporre di una potenza di fuoco superiore.

Bucky ha probabilmente assistito a una delle sue missioni da Soldato d’Inverno

Bucky Barnes ha commesso inconsapevolmente molti atti vergognosi

Il ricordo di Bucky Barnes nella stanza della vergogna non viene mostrato sullo schermo, con l’ex Soldato d’Inverno che invece ironizza sul fatto che il suo passato fosse innocuo. Questa sarcastica allusione al suo passato decisamente oscuro come Soldato d’Inverno suggerisce che un incarico particolarmente violento o vergognoso sia stato al centro della sua esperienza. Potrebbe trattarsi di uno qualsiasi degli oltre due dozzine di omicidi che ha commesso (secondo la Vedova Nera in Captain America: The Winter Soldier), come l’omicidio dei genitori di Tony Stark. In alternativa, potrebbe essere stata la sua rissa quasi letale con il suo migliore amico, Steve Rogers, nel Triskelion.

Ghost ha probabilmente visto i suoi primi giorni nello SHIELD o la morte dei suoi genitori

Ghost era anche un agente segreto

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Hannah John-Kamen è Ghost in Ant-Man and the Wasp

Ghost rimane uno dei membri meno sviluppati dei Thunderbolts, soprattutto perché non c’è traccia di ciò che ha vissuto nelle stanze della vergogna del Vuoto. Basandosi sull’apparizione di Ghost come antagonista in Ant-Man and the Wasp, tuttavia, è probabile che Ava Starr abbia rivissuto la morte dei suoi genitori, poiché afferma di rimpiangere di non essere morta con loro durante l’incidente quantistico che le ha conferito i poteri. In alternativa, anche lei, come Bucky, ha un passato poco brillante come agente segreto dello SHIELD, che potrebbe aver comportato azioni efferate.

Red Guardian ha probabilmente visto Yelena e Natasha

Red Guardian ha consegnato le sue figlie a un atroce cattivo Marvel

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David Harbour è Red Guardian in Black Widow

Red Guardian offre uno dei momenti più toccanti di Thunderbolts* nel suo dialogo a cuore aperto con Yelena, e trascorre metà del film esaltando le sue virtù e ricoprendola d’amore. Per questo motivo, Red Guardian probabilmente rivive il momento in cui ha consegnato lei e Natasha al malvagio genio della Stanza Rossa, Dreykov, come descritto in Black Widow. Questo è facilmente il ricordo più vergognoso di cui il pubblico sarà a conoscenza, poiché Red Guardian trascorre l’altra metà di Thunderbolts* ricordando con affetto il suo intero mandato come Red Guardian negli anni ’80, il che suggerisce che non ha rimpianti per quell’epoca.

Andor – Stagione 2 svela il primo grande fallimento dell’Imperatore Palpatine

Attenzione! Questo post contiene SPOILER su Andor – Stagione 2, episodi 7-9

L’Imperatore Palpatine/Darth Sidious ha appena affrontato un fallimento pubblico in Andor – Stagione 2, ed è stato meraviglioso vederlo finalmente accadere. Sebbene Andor abbia fatto attenzione a tenere fuori dallo schermo alcuni dei personaggi più importanti dei film e delle serie TV di Star Wars, questi rimangono ovviamente rilevanti per l’epoca in cui è ambientata la serie. Infatti, considerando il posto occupato dalla seconda stagione di Andor nella linea temporale di Star Wars, era inevitabile che Palpatine diventasse ancora più parte integrante della storia prima della conclusione della serie.

Andor – Stagione 2 si estende dal 4 BBY all’1 BBY, con un anno di intervallo tra ogni arco narrativo di tre episodi. Questa tempistica significa che la serie cattura gli ultimi anni dei Tempi Oscuri, prima che la galassia vivesse una guerra in piena regola. Ci si aspettava quindi che il ruolo di Palpatine nell’oppressivo regime imperiale sarebbe diventato più esplicito, ma un incredibile discorso nella seconda stagione di Andor è servito come perfetto richiamo all’Imperatore Palpatine e, per certi versi, è il suo primo vero fallimento.

L’intera carriera di Palpatine si basa su una bugia

Palpatine voleva essere visto come un leader benevolo

palpatine star warsAnche in Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith, quando Palpatine aveva appena fatto giustiziare in massa i Jedi e rovesciato la Repubblica, Palpatine voleva essere visto come un sovrano benevolo che stava facendo ciò che era meglio per la galassia. Ecco perché il suo discorso in La vendetta dei Sith è così manipolativo, presentando i Jedi come violenti traditori che hanno cercato di ucciderlo e insistendo sul fatto che il suo nuovo Impero avrebbe garantito una “società sicura e protetta”. Naturalmente, gli spettatori sanno che in realtà era uno dei Sith più potenti di Star Wars e rappresentava un’immensa minaccia.

Sebbene questo possa rendere più difficile pensare che la galassia sia stata ingannata nel credere che Palpatine non fosse in fondo completamente malvagio, Andor – Stagione 2 ha dimostrato che c’era chi credeva sinceramente che Palpatine non fosse dietro gli orrori commessi dall’Impero. Nell’episodio 5 della seconda stagione di Andor, un uomo d’affari su Ghorman dice a Syril: “Molti di noi credono che l’Imperatore non abbia idea di cosa si stia facendo per suo conto. Pensiamo che l’ISB stia gestendo un governo ombra”. Questo accadeva mentre le tensioni su Ghorman si facevano sempre più gravi.

Questa idea si collega stranamente al piano originale di George Lucas per Palpatine, che lo avrebbe reso poco più di una figura di facciata, le cui capacità erano limitate a causa della burocrazia imperiale. Sebbene questo sia ovviamente solo ciò che i Ghorman (e altri nella galassia) sono stati evidentemente portati a credere e non sia realmente vero per il suo personaggio, rafforza le intenzioni di Palpatine agli occhi dell’opinione pubblica: presentarsi come un leader onesto che non dà direttamente ordini per questi atti atroci.

Mon Mothma chiama Palpatine per nome

Questo momento scioccante ha chiamato l’Imperatore direttamente in causa

Mentre l’episodio 5 della seconda stagione di Andor avrebbe potuto suggerire che le manipolazioni di Palpatine stessero funzionando, la senatrice Mon Mothma ha appena posto fine a tutto questo con un brillante richiamo pubblico all’Imperatore Palpatine nell’episodio 9 della seconda stagione di Andor. In un appassionato discorso al Senato, Mon Mothma ha articolato i modi in cui gli atti oppressivi dell’Impero vengono compiuti per volere di Palpatine stesso, identificando Palpatine come il vero nemico. Nello specifico, Mon ha detto: “Il mostro che verrà a prenderci tutti presto è l’Imperatore Palpatine!”

Grazie agli sforzi dei ribelli, questa trasmissione è stata diffusa, il che significa che le persone in tutta la galassia avranno ora questa nuova prospettiva su Palpatine. Anche se un discorso appassionato potrebbe non essere sufficiente a convincere tutti, questa è la prima chiamata a Palpatine del suo genere (in ordine cronologico) in Star Wars, ed è un problema importante per Palpatine. Per quanto si sforzi di presentarsi come un leader legittimo e ben intenzionato, la verità ha iniziato a emergere su una scala più ampia.

I ribelli stanno finalmente riconoscendo il loro vero nemico

Per troppo tempo, Palpatine l’ha fatta franca con questo piano

Andor – stagione 2 – Adria Arjona – Cortesia Disney

È ora che l’attenzione si sposti su Palpatine, ed è un sollievo vederlo fatto con tanta audacia e così apertamente. Non c’è molto da fare per aggirare la dichiarazione di Mon Mothma secondo cui Palpatine è la vera fonte del male all’interno dell’Impero, e sebbene ci sia sicuramente parecchia malvagità tra i ranghi inferiori, Mon ha ragione: l’Impero inizia e finisce effettivamente con Palpatine. In effetti, Star Wars lo ha più o meno dimostrato sia con La vendetta dei Sith che con Il ritorno dello Jedi.

Sebbene questo ovviamente non cambierà la sequenza degli eventi in Rogue One: A Star Wars Story o nella trilogia originale di Star Wars, è stato incredibilmente soddisfacente vedere la vera natura di Palpatine svelata così pubblicamente. Altrettanto soddisfacente è stato il panico degli Imperiali che si precipitavano in giro cercando di vedere se potevano interrompere la trasmissione. La Ribellione ha ancora molta strada da fare, ma questa chiamata all’Imperatore Palpatine nella seconda stagione di Andor è stata assolutamente perfetta.

Mark Wahlberg: 10 cose che forse non sai sull’attore

Mark Wahlberg: 10 cose che forse non sai sull’attore

Tra gli attori più noti e influenti della sua generazione, Mark Wahlberg si è negli anni costruito una carriera di tutto rispetto, alternandosi tra film d’autore e grossi blockbuster. La sua versatilità è sempre stata premiata, con importanti riconoscimenti di critica e pubblico. Oggi Wahlberg possiede uno status sufficiente perché il suo nome diventi garanzia per il progetto in cui è coinvolto.

Ecco 10 cose che non sai di Mark Wahlberg.

I film di Mark Wahlberg

I film da giovane di Mark Wahlberg

1. I film. La carriera cinematografica dell’attore ha inizio nel 1994 con il lungometraggio Mezzo professore tra i marines. Successivamente prende parte a importanti film come Boogie Nights – L’altra Hollywood (1997), La tempesta perfetta (2000), Rock Star (2001), Il pianeta delle scimmie (2001), The Departed (2006), Shooter (2007), I padroni della notte (2007), E venne il giorno (2008) Amabili resti (2009), The Fighter (2010), Ted (2012), Contraband (2012), Pain & Gain (2013), Lone Survivor (2013), Transformers 4 – L’era dell’estinzione (2014), Deepwater – Inferno sull’oceano (2016), Boston – Caccia all’uomo (2016), Tutti i soldi del mondo (2017), Red Zone – 22 miglia di fuoco (2018) e Instant Family (2018).

I film di oggi di Mark Wahlberg

Dal 2020 ad oggi Wahlberg ha recitato in numerosi altri film, ovvero Spenser Confidential (2020), Joe Bell (2020), Infinite (2021), Uncharted (2022), Father Stu (2022), Me Time – Un weekend tutto per me (2022), The Family Plan (2023), Arthur the King – Insieme a ogni costo (2024), The Union (2024) e Flight Risk – Trappola ad alta quota (2025), diretto da Mel Gibson.

2. È anche produttore. Wahlberg è noto anche come produttore, e tra i film in cui ricopre questo ruolo si annoverano I padroni della notte (2007) e The Fighter (2010). Per la produzione di quest’ultimo è stato nominato all’Oscar nella categoria Miglior film. Ha poi prodotto Contraband (2012), Prisoners (2013), The Gambler (2014), Boston – Caccia all’uomo (2016), Red Zone – 22 miglia di fuoco (2018) e numerosi altri film, la maggior parte dei quali lo vedono anche come protagonista.

Red Zone - 22 Miglia di Fuoco sequel film
Mark Wahlberg in Red Zone – 22 miglia di fuoco. Foto di Murray Close – © Motion Picture Artwork2017 STX Financing, LLC. All Rights Reserved.

 

Mark Wahlberg in Boogie Nights – L’altra Hollywood

4. Si è pentito di aver accettato il ruolo. Boogie Nights – L’altra Hollywood è uno dei film più celebri del regista Paul Thomas Anderson. Qui Wahlberg interpreta Eddie Adams, giovane pornodivo in ascesa, e grazie al ruolo ottiene fama cinematografica. Diversi anni dopo, tuttavia, l’attore ha dichiarato di essersi pentito dell’aver interpretato tale ruolo, chiedendo perdono a Dio per ciò. Questo ripensamento è probabilmente dovuto alla conversione cattolica di Wahlberg, che deve aver giudicato sconcio il film.

Mark Wahlberg in The Departed

5. Si è ispirato a dei veri poliziotti. Nel film di Martin Scorsese, l’attore interpreta il sergente Sean Dignam, dal carattere duro. L’attore ha dichiarato che per interpretare al meglio il ruolo si è ispirato ai veri poliziotti che lo arrestarono in più occasioni durante la sua adolescenza. La sua interpretazione è in seguito stata premiata con una nomination ai premi Oscar come miglior attore non protagonista.

 

Mark Wahlberg in Flight Risk – Trappola ad alta quota

6. Si è realmente rasato la testa. In Flight Risk – Trappola ad alta quota Wahlberg interpreta il ruolo dell’antagonista. Il personaggio, però, ha attirato l’attenzione per il suo essere calvo. L’idea di caratterizzarlo così è stata proprio di Mark Wahlberg, il quale si è poi realmente rasato la testa, rifiutandosi di indossare un trucco. Il regista, Mel Gibson, ha poi riconosciuto che l’aspetto del personaggio rispecchia fortemente quello del killer del BTK Dennis Rader.

Mark Wahlberg è stato il rapper Marky Mark

7. Ha iniziato la sua carriera come rapper. Prima ancora di diventare attore, Wahlberg aveva incominciato a trovare lavoro nel campo musicale, sua grande passione. Raggiunse una buona notorietà come rapper, facendosi chiamare Marky Mark e realizzando diverse hit. Tra i suoi brani più noti si annoverano No Mercy, Feel the Vibe Best of My Love. Interessatosi poi però maggiormente alla recitazione, ha progressivamente messo da parte la propria carriera nella musica.

Mark Whalberg in Flight Risk – Trappola ad alta quota

Mark Wahlberg modello per Calvin Klein

8. Ha lavorato come modello. Dopo aver raggiunto la notorietà come rapper, ma prima di diventare un attore, Wahlberg viene notato da Calvin Klein, che lo vuole per la sua nuova campagna pubblicitaria di intimo al fianco di Kate Moss. Il servizio fotografico dell’attore con indosso i capi di Klein hanno raggiunto una grande popolarità, lanciando ulteriormente la sua carriera. Lo scatto di lui con indosso solo i boxer bianchi è infatti diventato famosissimo.

Il fisico di Mark Wahlberg

Mark Wahlberg dunque celebre per il suo fisico muscoloso e scolpito, divenuto noto già nei primi anni ’90 grazie alla sua carriera da modello, in particolare per la campagna di Calvin Klein. Nel corso della sua carriera cinematografica ha poi spesso trasformato il proprio corpo, seguendo rigidi allenamenti per adattarsi a ruoli diversi, come in Pain & Gain, dove ha raggiunto un’impressionante massa muscolare. Wahlberg segue una disciplina ferrea, con allenamenti mattutini intensi, e considera il fitness fondamentale non solo per l’aspetto fisico, ma anche per la concentrazione e la tenuta mentale sul lavoro.

Mark Wahlberg e la moglie Rhea Durham

9. È sposato. Nell’agosto 2009 l’attore ha sposato con rito cattolico la modella Rhea Durham, con cui era fidanzato dal 2001. La coppia ha avuto quattro figli: Ella Rae (nata il 2 settembre 2003), Michael (nato il 22 marzo 2006), Brendan Joseph (nato il 16 settembre 2008) e Margaret Grace (nata l’11 gennaio 2010). Wahlberg ci tiene a far sì che la sua famiglia non venga sovraesposta per via della sua fama, per questo motivo tiene il più possibile privata questa parte della sua vita.

L’età e l’altezza di Mark Wahlberg

10. Mark Wahlberg è nato a Boston, nel Massachusetts, Stati Uniti, il 5 giugno 1971. L’altezza complessiva dell’attore è di 1,73 metri.

Fonte: IMDb

L’Estate dei Segreti Perduti: il teaser trailer della serie Prime Video

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Prime Video ha svelato il teaser trailer del mystery thriller basato sul romanzo bestseller di E. Lockhart, L’Estate dei Segreti Perduti. Tutti gli otto episodi saranno disponibili dal 18 giugno 2025 in esclusiva su Prime Video in oltre 240 Paesi e territori nel mondo.

L’Estate dei Segreti Perduti segue le vicende di Cadence Sinclair Eastman e della sua ristretta cerchia di amici, soprannominati “I Bugiardi”, durante le loro avventure estive sull’isola privata del nonno, nel New England. I Sinclair sono l’equivalente dell’aristocrazia americana, noti per il loro bell’aspetto, la ricchezza tramandata da generazioni e il legame invidiabile che li unisce, ma, dopo un misterioso incidente che cambia per sempre la vita di Cadence, tutti, compresi i suoi amati “Bugiardi”, sembrano avere qualcosa da nascondere.

Ad interpretare “I Bugiardi” saranno: Emily Alyn Lind nel ruolo di Cadence Sinclair Eastman, Shubham Maheshwari nei panni di Gat Patil, Esther McGregor come Mirren Sinclair Sheffield, Joseph Zada nel ruolo di Johnny Sinclair Dennis; insieme a Caitlin FitzGerald nei panni di Penny Sinclair, Mamie Gummer come Carrie Sinclair, Candice King come Bess Sinclair, Rahul Kohli nel ruolo di Ed Patil e David Morse, che interpreta Harris Sinclair.

La serie è scritta dai co-showrunner Julie Plec (The Vampire Diaries, Legacies) e Carina Adly MacKenzie (Roswell, New Mexico, The Originals), che sono anche executive producer insieme a Emily Cummins (The Endgame – La regina delle rapine, Vampire Academy) per My So-Called Company, Brett Matthews (Legacies), Pascal Verschooris (The Vampire Diaries), e all’autrice del romanzo, E. Lockhart. Dietro il progetto ci sono anche Universal Television, una divisione di Universal Studio Group, e Amazon MGM Studios. Il romanzo è pubblicato negli Stati Uniti da Delacorte Press, una divisione editoriale di Random House Children’s Books.

Andor – Stagione 2 Episodio 9, spiegazione del finale: Star Wars modifica l’origine dell’Alleanza Ribelle

Attenzione! Questo articolo contiene spoiler su Andor – Stagione 2, episodi 7-9.

Il finale di Andor – Stagione 2, episodio 9 ripercorre la formazione dell’Alleanza Ribelle nel miglior modo possibile, dopo aver offerto un’eccellente storia di Star Wars. Fin dal primo episodio, una delle linee guida della seconda stagione di Andor è stata la crescente tensione sul pianeta Ghorman. L’Impero desidera occupare Ghorman per estrarre materiale di cui il Direttore Krennic ha bisogno per presumibilmente finalizzare la costruzione della Morte Nera. Nella seconda stagione, episodi 7-9, il cast di personaggi di Andor si ritrova al centro della situazione di Ghorman, che sta per esplodere.

L’arco narrativo inizia con la formazione delle basi dell’Alleanza Ribelle di Star Wars su Yavin IV, ma Cassian non si ferma a lungo prima di partire per Ghorman grazie a una soffiata di Luthen. A Cassian viene offerta l’opportunità di assassinare Dedra Meero, responsabile della sottomissione di Ferrix mostrata nel finale della prima stagione di Andor. Questo coincide con il punto di svolta per Ghorman, quando i piani dell’Impero entrano in pieno effetto in modo straziante, dando vita alla trama politicamente carica dell’episodio 9 della seconda stagione di Andor, che rielabora perfettamente una precedente trama del franchise di Star Wars.

Il massacro di Ghorman: perché Mon Mothma si esprime contro l’Impero

Mon ha raggiunto un punto di non ritorno

In Andor – Stagione 2 Episodio 9, la storia si concentra sulle conseguenze del massacro di Ghorman dell’episodio 8. Gli eventi dell’episodio 8 mostrano il piano imperiale di fomentare la violenza tra il popolo Ghorman, utilizzando propaganda e false storie per trasmettere alla galassia più ampia che non si è trattato affatto di un massacro, ma piuttosto di un atto di insurrezione e terrorismo da parte dei civili Ghorman. Mon Mothma, tuttavia, vede oltre questo tentativo e trascorre l’episodio 9 cercando di parlare al Senato Imperiale di ciò che è realmente accaduto.

Mon viene mostrata mentre brucia tutti i ponti e le storie di copertura che ha costruito nel corso degli anni, con il Massacro di Ghorman – diverso dal Massacro di Tarkin di Star Wars – che si rivela essere la goccia che fa traboccare il vaso. Mon dice a Bail Organa che hanno sempre affermato che avrebbero lasciato Coruscant quando l’Impero si fosse spinto troppo oltre. Il Massacro di Ghorman si è rivelato essere esattamente questo evento, con Mon che rischia tutto per denunciare l’Impero. Mon riesce a usare le sue conoscenze per presentarsi al Senato e accusa Palpatine e l’Impero del loro genocidio velato, il tutto prima di essere portata via da Coruscant da Cassian Andor in persona.

Andor – Stagione 2 rielabora la storia di Mon Mothma di Star Wars Rebels

Andor si fonde perfettamente con – e rielabora – un’altra storia di Star Wars

Curiosamente, il finale di Andor – Stagione 2 Episodio 9 si fonde perfettamente e rielabora contemporaneamente un’altra storia di Star Wars che presenta lo stesso evento. Nell’episodio 18 della terza stagione di Star Wars Rebels, l’equipaggio del Ghost – i personaggi principali della serie – ha il compito di portare Mon Mothma lontano da Coruscant e verso Yavin IV dopo il suo discorso sul Massacro di Ghorman. Questo episodio si conclude con Mon che fa un altro discorso alla galassia, invocando un’azione contro l’Impero e permettendo all’Alleanza Ribelle di crescere esponenzialmente.

Era prevedibile che la versione degli stessi eventi di Andor – Stagione 2 Episodio 9 si integrasse bene con la serie animata. Per fortuna, lo fa, anche se non senza aggiungere qualche imperfezione. Andor rielabora perfettamente Rebels affermando esplicitamente che l’Alleanza Ribelle modifica la storia a proprio vantaggio. Invece di raccontare il coinvolgimento di Cassian e Luthen nell’aiutare Mon a raggiungere un rifugio a Coruscant, il Generale Draven intende raccontare una storia diversa.

Questo spiega come Mon arrivi dal rifugio di Coruscant alla nave Fantasma in Star Wars Rebels. Invece di dare credito a Luthen, che ora è visto come un emarginato inaffidabile tra i ribelli di Yavin IV, Draven fa sì che la Squadriglia Oro – aiutata dal Fantasma nell’episodio di Rebels sopra menzionato – prenda Mon da Coruscant e trasmetta il suo discorso. Questo ordine degli eventi avvantaggia l’intera Alleanza Ribelle, con Andor che rielabora esplicitamente e intenzionalmente un’altra storia di Star Wars in modo magistrale.

Mon Mothma accusa Palpatine per la prima volta

Etichettandolo come un mostro che distruggerà tutti se glielo si permette

Al di là dei collegamenti tra due storie ambientate nella stessa era della linea temporale di Star Wars, il discorso di Mon Mothma in Andor – Stagione 2 Episodio 9 è semplicemente un evento di enorme portata per la galassia. Basandosi su quanto noto da altri progetti dell’era imperiale della galassia di Star Wars, è lecito affermare che Palpatine spesso governa nell’ombra. L’Imperatore raramente si mostra o esce di persona nella galassia, permettendo invece a fazioni come l’Ufficio di Sicurezza Imperiale, Darth Vader e gli Inquisitori di eseguire i suoi ordini.

Questo argomento è stato persino accennato in precedenti episodi di Andor – Stagione 2, con un civile Ghorman che afferma di non credere che Palpatine sia a conoscenza della malvagità dell’Impero. Questa teoria dimostra che alcuni civili nella galassia di Star Wars credono che la volontà dell’Impero proviene invece da organizzazioni come l’ISB, piuttosto che da Palpatine stesso. Naturalmente, noi, come pubblico, ne sappiamo di più, così come personaggi come Mon Mothma. Questo spiega perché il suo discorso diretto contro Palpatine sia stato così importante.

Etichettando apertamente Palpatine come il mostro che ha orchestrato il Massacro di Ghorman, Mon ha iniziato a seminare dubbi nelle menti delle persone in tutta la galassia su chi fosse realmente responsabile della crudeltà dell’Impero. Le parole di Mon hanno chiarito che Palpatine è al comando e che si scaglierà contro tutti se gli verrà permesso di espandere senza freni il regno fascista dell’Impero. Questo non solo ispira i ribelli in tutta la galassia, ma porta anche al suddetto piano di Mon di lasciare Coruscant e diventare una parte autentica e operativa dell’Alleanza Ribelle.

In che modo Mon Mothma fugge da Coruscant e perché Bail non si unisce a lei

L’Alleanza Ribelle ha ancora bisogno di tempo

Come già accennato, Cassian è pronto ad aiutare Mon a fuggire da Coruscant. Con l’aiuto di Erskin, alleato di Mon, Cassian riesce a far uscire Mon dal palazzo del Senato e a portarla al rifugio dove un tempo viveva con Bix. Da lì, Mon viene trasportata in un container fino all’equipaggio fantasma di Star Wars Rebels e scortata dalla Squadriglia Oro fino a Yavin IV. È interessante notare che Bail Organa rimane indietro. Bail insiste sul fatto che la Ribellione ha bisogno di più tempo per formarsi completamente, il che significa che terrà d’occhio la situazione nella capitale imperiale finché non sarà il momento anche per lui di andarsene.

Cassian e Bix si stanno finalmente trasferendo fuori dall’ombra di Luthen

I due si dedicano completamente alla Ribellione

Forse uno dei momenti più strazianti dell’intera serie di Andor si verifica negli ultimi istanti dell’episodio 9. Bix, dopo aver appreso da un Guaritore della Forza che Cassian è importante per la Ribellione e aver capito che sacrificherebbe tutto per lei, lascia Yavin IV. Lascia a Cassian un videomessaggio, dicendogli che senza di lei può impegnarsi pienamente nell’Alleanza ed essere il ribelle di cui hanno bisogno. La situazione è resa ancora più tragica dalla promessa di Bix di riunirsi e vivere una vita insieme, nonostante Rogue One confermi che ciò non accadrà mai.

Attraverso questo snodo narrativo, sia Bix che Cassian si stanno allontanando dall’ombra di Luthen e si stanno impegnando nella Ribellione più ampia. Bix lo fa sacrificando la sua relazione con Cassian, il che, a sua volta, gli permette di diventare il ribelle fondamentale per il furto dei piani della Morte Nera. Non solo, ma questo lascia Luthen incredibilmente isolato su Coruscant, il che si collega a un’altra dura realtà sui ribelli della galassia di Star Wars al momento della conclusione dell’episodio 9 della seconda stagione di Andor.

I Ribelli sono ancora più frammentati di quanto pensassimo

Luthen è visto come un emarginato

La dura realtà in questione è che i ribelli della galassia sono ancora frammentati negli ultimi momenti di Andor – Stagione 2 Episodio 9. Gran parte dell’episodio si concentra su Luthen, in particolare sul suo isolamento su Coruscant e sul fatto che sia considerato un estraneo all’Alleanza Ribelle su Yavin IV. Questo, insieme a elementi come l’infiltrazione della squadra ribelle di Bail Organa, i continui atti di estremismo di Saw Gerrera e persino il disprezzo di Cassian per l’autorità di Yavin IV, dimostra quanto sia frammentata l’Alleanza Ribelle nel finale dell’episodio 9 della seconda stagione di Andor.

Cosa farà Dedra ora che ha pagato un prezzo elevato per aver servito l’Impero? Dedra ha mostrato rimorso per le sue azioni su Ghorman

Uno degli aspetti più interessanti di Andor nel suo complesso è il modo in cui vengono rappresentati gli Imperiali. Gli agenti dell’Impero vengono mostrati con molta più profondità del solito, sebbene la serie riesca sempre a riaffermarli come i cattivi. È stato il caso di Dedra Meero nel finale di Andor – Stagione 2 Episodio 9, che è stata mostrata sofferente di un attacco di panico dopo aver trascorso anni da sola a orchestrare il Massacro di Ghorman. La domanda ora è cosa ne sarà di Dedra Meero.

L’arco narrativo finale della seconda stagione di Andor risponderà a questa domanda e sarà interessante vedere come proseguirà la vicenda di Dedra. Continuerà a soffrire del rimorso che ha chiaramente provato o passerà semplicemente a un altro incarico che favorirà gli oscuri piani dell’Impero? In base alla bravura di Andor nel sottolineare come gli Imperiali siano ancora saldamente la radice del male nella galassia, si può supporre la prima ipotesi, ma la rappresentazione di Dedra rimane comunque avvincente.

Hey Joe, la spiegazione del finale: qual è la scelta di Dean?

Hey Joe, la spiegazione del finale: qual è la scelta di Dean?

Diretto da Claudio Giovannesi, noto per opere come La paranza dei bambini e Fiore, il film Hey Joe (qui la recensione) è stato presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma e segna il ritorno sul grande schermo di James Franco, che interpreta qui Dean Barry, un veterano americano della Seconda Guerra Mondiale. La storia, ambientata nel 1971, segue Dean mentre torna in Italia per conoscere il figlio nato da una relazione avuta durante la guerra. A parte da questa premessa il film esplora temi profondi come la paternità, il senso di colpa e la possibilità di redenzione, offrendo dunque una riflessione intensa sulle seconde possibilità nella vita.

Giovannesi, affiancato dagli sceneggiatori Maurizio Braucci e Massimo Gaudioso, costruisce una narrazione che si muove tra il dramma personale e il contesto sociale dell’Italia degli anni ’70. La scelta di ambientare la storia in questo periodo storico consente così di esplorare le tensioni tra il vecchio e il nuovo, tra tradizione e modernità, in una Napoli ancora segnata dalla guerra e dalla presenza americana. Il film si distingue proprio per un approccio realistico e toccante, che mette in luce le fragilità umane e la complessità delle relazioni familiari.

Giunto alla sua conclusione, questo racconto pone però gli spettatori davanti ad una serie di riflessioni. Giovannesi propone un finale apparentemente chiaro, ma che presenta invece una serie di sottotesti che è bene esplorare con attenzione. In questo articolo si approfondirà dunque il finale del film, andando in particolare a riflettere sul significato della sua scena conclusiva e il modo in cui questa richiama i temi affrontati lungo tutto il racconto di Hey Joe.

James Franco in Hey Joe
James Franco in Hey Joe Credit © Vision Film

La trama e il cast di Hey Joe

New Jersey, Stati Uniti, 1971. Dean Barry  (James Franco), un veterano americano che ha avuto una relazione con una ragazza napoletana durante la seconda guerra mondiale, riceve una lettera partita tredici anni prima. in cui è scritto che la donna è morta ma che suo figlio è desideroso di conoscerlo. Dean decide allora di tornare in Italia, a Napoli, per conoscere suo figlio Enzo (Francesco Di Napoli). Vorrebbe recuperare venticinque anni di assenza, ma il ragazzo è ormai è un uomo, cresciuto nella malavita, ed adottato da un boss del contrabbando, don Vittorio (Aniello Arena). Non ha nessun interesse per il padre americano, ma Dean non si arrenderà facilmente.

La spiegazione del finale

Nel corso di Hey Joe, dunque, Dean Barry ristabilisce un contatto con con suo figlio Enzo, dopo una serie di tentativi falliti e incomprensioni. Il ragazzo, però, è stato cresciuto dal boss locale don Vittorio, che non gradisce la presenza del padre biologico di Enzo, sapendo anche che Dean vorrebbe portare con sé il figlio negli Stati Uniti, sottranedolo dunque al suo controllo. Quando la tensione tra i due uomini raggiunge il culmine, Dean spara a don Vittorio, ferendolo ma non uccidendolo. Quest’ultimo ordina dunque a tutti i suoi uomini di dargli la caccia. A questo punto, Dean capisce che è arrivato il momento di andarsene.

Grazie a Bambi (Giulia Ercolini), un’accompagnatrice di cui si è nel frattempo innamorato, Dean riesce a passare inosservato e ad arrivare all’aeroporto, pronto per tornare negli Stati Uniti. Il posto è però controllato dagli uomini di don Vittorio, tra cui lo stesso Enzo. Proprio il ragazzo noterà il padre, ma sceglie di non avvertire gli altri della sua presenza permettendogli così di prendere il suo volo. Ma è qui che accade una cosa inaspettata: proprio prima di salire sull’aereo, Dean ha un ripensamento. Si ferma e decide di tornare indietro. L’ultima scena lo vede sulla soglia dell’abitazione di Bambi e i suoi figli, lasciando intuire che Dean ha deciso di rimanere con lei.

James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe
James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe

La scelta di Dean può sembrare sconsiderata, sapendo che è ricercato da un pericoloso boss della camorra, che difficilmente si arrenderà finché non lo avrà trovato e ucciso. Tornare da Bambi e i suoi due figli piccoli, dunque, rischia di mettere in serio pericolo anche questi ultimi. Tuttavia, con questo finale Hey Joe dimostra la volontà di Dean assumersi la responsabilità delle proprie scelte e di cercare redenzione attraverso la costruzione di un rapporto con la donna e i suoi figli. Il finale aperto lascia dunque spazio all’interpretazione dello spettatore, suggerendo che, nonostante le difficoltà, esiste la possibilità di un futuro diverso per Dean.

Tematicamente, il film esplora quindi il concetto di redenzione e la complessità delle relazioni familiari, in particolare quella tra padre e figlio. Dean, veterano di guerra segnato da traumi e rimorsi, è una figura paterna assente che cerca di rimediare agli errori del passato. Enzo, cresciuto invece senza il padre e coinvolto in attività criminali, incarna le conseguenze dell’abbandono e della mancanza di guida. Ed è per impedire che questa storia possa ripetersi che Dean decide di assistere Bambi e i suoi figli, nella speranza di poter offrire loro un futuro più solido.

Inoltre, il film riflette sul tema dell’identità e del senso di appartenenza. Dean, americano in una Napoli degli anni ’70, si confronta con una cultura diversa e con il peso delle sue azioni passate. La città stessa, con le sue contraddizioni e la sua vitalità, diventa un personaggio a sé, influenzando le scelte dei protagonisti e offrendo uno sfondo ricco di significati. Attraverso la narrazione di Dean e Enzo, Hey Joe invita dunque lo spettatore a riflettere sulla possibilità di cambiamento e sulla forza dei legami umani nel superare le difficoltà .

Acapulco: le prime immagini della quarta e ultima stagione della serie Apple Tv+

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Máximo è pronto a tornare a Las Colinas per un’ultima, indimenticabile stagione! Apple TV+ ha svelato oggi le prime immagini e annunciato la data di uscita della quarta e conclusiva stagione di “Acapulco“, la comedy bilingue che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo. I primi due episodi debutteranno il 23 luglio sulla piattaforma. Si tratterà di un addio sentito a una serie amatissima.

«Queste quattro stagioni sono state magiche», ha dichiarato Eugenio Derbez, protagonista e produttore esecutivo. «”Acapulco” ha portato gioia e calore al pubblico di tutto il mondo. A partire dal nostro cast, gli sceneggiatori e i registi straordinari, al modo in cui abbiamo celebrato la cultura, la bellezza e l’ospitalità del Messico, è stato un viaggio indimenticabile».

«Siamo immensamente grati a Eugenio Derbez, Apple, Lionsgate e a tutti i nostri partner produttivi per le quattro stagioni straordinarie di “Acapulco” che abbiamo avuto la fortuna di realizzare», hanno dichiarato i produttori esecutivi Austin Winsberg e Sam Laybourne. «Questa serie è stata un vero miracolo nel vasto panorama televisivo, una commedia bilingue, positiva, con un cast prevalentemente latino. È stato un onore e un privilegio lavorare ogni giorno con questo cast, troupe e sceneggiatori incredibili. La famiglia che abbiamo costruito insieme ci mancherà profondamente».

«È stato un piacere vedere il pubblico di tutto il mondo affezionarsi ai personaggi e alle storie di “Acapulco”», ha affermato Morgan Wandell, responsabile della programmazione internazionale di Apple TV+. «Eugenio, Ben, Austin, Sam e tutto il cast e la troupe hanno reso Las Colinas una delle destinazioni più divertenti e amate della televisione, e dopo quattro stagioni incredibili, non abbiamo dubbi che “Acapulco” continuerà a essere celebrata per il suo spirito, il suo umorismo e la sua capacità di emozionare».

Nella quarta stagione, il Máximo del presente (interpretato da Eugenio Derbez) lavora instancabilmente per riportare Las Colinas al suo antico splendore prima della grande riapertura. Nel 1986, quando un hotel concorrente conquista il primo posto nella classifica annuale dei “Migliori Hotel di Acapulco”, il giovane Máximo (interpretato da Enrique Arrizon) farà di tutto per riconquistare il vertice e garantire un futuro a Las Colinas.

Oltre a Derbez e Arrizon, il cast di “Acapulco” comprende Fernando Carsa, Rafael Cebrián, Vanessa Bauche, Camila Perez, Carlos Corona, Chord Overstreet, Regina Reynoso, Jessica Collins e Regina Orozco. Nella nuova stagione tornano anche volti noti come Damián Alcázar, Jaime Camil e Cristo Fernández, cui si uniscono come guest star Keyla Monterroso Mejia e Omar Chaparro.

Prodotta da Lionsgate Television, “Acapulco” è ispirata a “How to Be A Latin Lover” – il film di 3Pas Studios e Pantelion Filmsal che ha riscosso grande successo al botteghino – ed è prodotta per Apple da Lionsgate Television, 3Pas Studios, Zihuatanejo Productions e The Tannenbaum Company. Oltre a recitare nella serie, Eugenio Derbez è produttore esecutivo insieme a Ben Odell. La serie è stata creata da Austin Winsberg, Eduardo Cisneros e Jason Shuman. Winsberg è anche produttore esecutivo insieme a Sam Laybourne, che funge anche da showrunner. Kim ed Eric Tannenbaum producono esecutivamente insieme a Jason Wang per conto di The Tannenbaum Company. Jaime Eliezer Karas è produttore esecutivo e regista della serie, mentre Sonia Gambaro è co-produttrice esecutiva per 3Pas Studios.

Fuori: il trailer del film di Mario Martone

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Fuori: il trailer del film di Mario Martone

Ecco il trailer di Fuori, il nuovo film di Mario Martone che arriverà al cinema il 22 maggio e che sarà presentato in anteprima, in Concorso, al Festival di Cannes 2025. Fuori è interpretato da Valeria Golino nel ruolo di Goliarda Sapienza, Matilda De Angelis, Elodie, Corrado Fortuna, Antonio Gerardi, Francesco Gheghi.

Roma, 1980. La scrittrice Goliarda Sapienza finisce in carcere per aver rubato dei gioielli, ma l’incontro con alcune giovani detenute si rivela per lei un’esperienza di rinascita. Uscite di prigione, in una calda estate romana, le donne continuano a frequentarsi e Goliarda stringe un legame profondo con Roberta, delinquente abituale e attivista politica. Un rapporto che nessuno, fuori, può riuscire a comprendere ma grazie al quale Goliarda ritrova la gioia di vivere e la spinta a scrivere.

Il film è tratto da un soggetto di Ippolita di Majo, la sceneggiatura è firmata da Mario Martone e Ippolita di Majo. La fotografia è a cura di Paolo Carnera, il montaggio di Jacopo Quadri, le musiche originali di Valerio Vigliar, la scenografia di Carmine Guarino, i costumi di Loredana Buscemi, il suono in presa diretta di Maricetta Lombardo.

Fuori è prodotto da Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori, Viola Prestieri, Annamaria Morelli ed è coprodotto da Toufik Ayadi, Christophe Barral, Jean Labadie, Alice Labadie.

È una coproduzione Italia-Francia: INDIGO FILM con RAI CINEMA e THE APARTMENT, società del gruppo FREMANTLE, per l’Italia; SRAB FILMS, LE PACTE PRODUCTION per la Francia, in collaborazione con FREMANTLE. Il film si avvale del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel Cinema e nell’Audiovisivo del Ministero della Cultura e del sostegno della Regione Lazio-Lazio Cinema International avviso pubblico (PR FERS LAZIO 2021-2027). Il film uscirà nelle sale italiane il 22 maggio, distribuito da 01 Distribution. Le vendite internazionali sono a cura di Goodfellas.

The Studio: Apple Tv+ rinnova la serie per una seconda stagione

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The Studio: Apple Tv+ rinnova la serie per una seconda stagione

The Studio (qui la nostra recensione) è stato rinnovato per la seconda stagione su Apple TV+. La serie satirica su Hollywood ha debuttato il 25 marzo sulla piattaforma di streaming. L’ottavo episodio sarà disponibile in streaming il 7 maggio.

Il cast stellare della serie include Seth Rogen, Ike Barinholtz, Catherine O’Hara, Kathryn Hahn e Chase Sui Wonders, con la guest star Bryan Cranston. La serie vanta anche una vasta gamma di guest star, tra cui Martin Scorsese, Charlize Theron, Ron Howard, Anthony Mackie, Steve Buscemi e Olivia Wilde.

“Siamo entusiasti di realizzare una seconda stagione di ‘The Studio’. Non vediamo l’ora di mettere in pratica l’esperienza vissuta nella realizzazione della prima stagione e di inserirla immediatamente nella seconda, per poi ripetere questo ciclo per altre dieci stagioni”, hanno dichiarato i creatori e produttori esecutivi Rogen ed Evan Goldberg. E siamo entusiasti di tenere tutti i nostri amici e colleghi del settore con il fiato sospeso, sapendo quando una delle loro storie personali sarà disponibile in streaming su Apple TV+.

Episode 6. Rebecca Hall and Seth Rogen in “The Studio,” premiering March 26, 2025 on Apple TV+.

La serie è nata dall’accordo televisivo di prima visione tra Rogen e Goldberg con Lionsgate Television, sotto la loro etichetta Point Grey Pictures. Oltre a Rogen e Goldberg, la serie è creata da Peter Huyck, Alex Gregory e Frida Perez. Tutti sono produttori esecutivi della serie, insieme a James Weaver di Point Grey. Anche Alex McAtee e Josh Fagen sono produttori esecutivi. Lo studio è Lionsgate Television.

“Seth, Evan, l’intero team creativo e il cast di ‘The Studio’ hanno fatto un ottimo lavoro con questa serie brillante, ed è stato incredibile vedere il dibattito crescere con ogni nuovo episodio”, ha dichiarato Matt Cherniss, responsabile della programmazione di Apple TV+. “Non vediamo l’ora di vedere dove Matt Remick porterà Continental Studios nella seconda stagione e speriamo per lui che il film ‘Kool-Aid’ sia un successo al botteghino”.

Rogen interpreta Matt Remick, che ottiene il lavoro dei suoi sogni come capo dei Continental Studios nell’episodio di apertura della serie. Secondo la sinossi ufficiale, “Mentre i film lottano per rimanere vivi e rilevanti, Matt e il suo team di dirigenti in lotta tra loro combattono le proprie insicurezze, mentre si scontrano con artisti narcisisti e vili signori aziendali nell’elusiva ricerca di realizzare grandi film. Con i loro tailleur eleganti che mascherano il loro incessante senso di panico, ogni festa, visita al set, decisione sul casting, riunione di marketing e premiazione offre loro l’opportunità di un successo strepitoso o di una catastrofe che porrà fine alla loro carriera. Essendo uno che mangia, dorme e respira film, questo è il lavoro che Matt ha perseguito per tutta la vita, e potrebbe benissimo distruggerlo”.

I 10 migliori film simili a Flight Risk di Mel Gibson

I 10 migliori film simili a Flight Risk di Mel Gibson

Esistono diversi thriller d’azione simili a Flight Risk (qui la nostra recensione) di Mel Gibson che si svolgono a migliaia di metri di altezza. Con Flight Risk, Gibson mette fine a una pausa di nove anni dalla regia dopo il suo film La battaglia di Hacksaw Ridge. Mark Wahlberg appare in un raro ruolo da cattivo nei panni del pilota squilibrato Daryl Booth. Assunto da un boss mafioso di New York, Booth cerca di uccidere un informatore mentre si reca a testimoniare in un tribunale federale.

I thriller ambientati sugli aerei hanno un naturale elemento di tensione e sono diventati un sottogenere importante del genere action-thriller. Il pubblico è attratto dall’eccitazione e dal brivido dell’ambientazione al chiuso degli aerei. In alcuni di questi film, personaggi come gli ufficiali dell’aeronautica militare statunitense diventano eroi, mentre gli antagonisti possono variare da supercriminali incredibilmente calcolatori, persino filosofici, a maniaci senza uno scopo preciso.

Con Air – 1997

È quasi impossibile parlare di film che abbiano come protagonisti degli aerei senza citare il classico di Nicolas Cage, Con Air. Radicato nella sensibilità culturale della fine degli anni ’90, Con Air è uno di quei film che è difficile staccare dopo averlo visto facendo zapping. Cage interpreta Cameron Poe, un ex ranger statunitense ed ex detenuto che cerca di sedare una rivolta su un aereo da trasporto prigionieri. Con Air non è uno dei film di Nicolas Cage più acclamati dalla critica, ma è tra i suoi più degni di essere rivisti.

Cage condivide lo schermo con John Cusack, Dave Chappelle, Ving Rhames e John Malkovich, noto nel film come Cyrus “The Virus” Grissom. Con Air condivide molti elementi fondamentali con Flight Risk: un thriller poliziesco d’azione con elementi di commedia dark. Simile a Flight Risk, anche Con Air può essere considerato esagerato e ridicolo, il che fa parte del suo divertimento vintage.

Flightplan – 2005

Un altro thriller aereo diventato subito un classico è Flightplan del 2005, che è probabilmente una delle migliori interpretazioni di Jodie Foster in carriera, accanto a Panic Room e Il silenzio degli innocenti. Flightplan è un avvincente thriller psicologico che porta la protagonista di Foster, Kyle Pratt, a mettere in discussione la realtà per come la conosce. A 9.000 metri di altezza, Kyle viaggia con la figlia su un volo internazionale da Berlino, in Germania, agli Stati Uniti. L’unico problema è che la figlia di Kyle è scomparsa e nessuno si ricorda nemmeno che fosse sull’aereo.

Gli elementi psicologici di Flightplan hanno esaltato il brivido naturale dei tradizionali thriller d’azione aerei, aggiungendo mistero e suspense giallo. Peter Sarsgaard, Sean Bean, Juith Scott e Matt Bomer recitano accanto al ruolo principale di Foster. Come Flight Risk, alcuni spettatori potrebbero pensare che Flightplan crolli nella seconda metà, dopo aver stabilito un incipit stellare. Per i fan di Foster in particolare, Flightplan è un film imperdibile.

Snakes on a Plane – 2006

Un anno dopo Flight Plan, che ha incassato 224 milioni di dollari al botteghino, Samuel L. Jackson ha recitato in un thriller aereo tutto suo, Snakes on a Plane. A parte il fatto che Jackson offre una delle battute più iconiche della sua carriera nel film, Snakes on a Plane è esattamente il tipo di divertimento sfrenato e spassoso che si cela al centro di Flight Risk. Jackson domina lo schermo in Snakes on a Plane, supportato da un cast più ampio che include Julianna Margulies, Nathan Phillips, David Koechner e altri.

Unendo la popolarità di fine anni ’90 e inizio anni 2000 del franchise di film sui serpenti Anaconda con il successo al botteghino di Flight Plan, Snakes on a Plane offre un ibrido horror-action progettato per pompare adrenalina. La premessa di Snakes on a Plane è molto simile a quella di Flight Risk, poiché i serpenti vengono liberati deliberatamente sull’aereo per uccidere un testimone diretto a Los Angeles per testimoniare contro un boss mafioso.

Non-Stop – 2014

Liam Neeson si cimenta nel thriller d’azione aereo in Non-Stop al fianco di Julianne Moore. Spesso considerato uno dei migliori film d’azione di Liam Neeson, Non-Stop vede Neeson nei panni di Bill Marks, un maresciallo dell’aeronautica statunitense che deve rispondere a una misteriosa minaccia durante un volo transatlantico. Marks riceve messaggi di testo da un mittente sconosciuto che chiede 150 milioni di dollari. Per ogni 20 minuti di mancato pagamento del riscatto, una persona a bordo dell’aereo morirà.

Neeson e Moore sono affiancati da un cast corale di tutto rispetto, che include Michelle Dockery (Flight Risk), Corey Stoll, Lupita Nyong’o, Nate Parker e Shea Whigham. Come Flight Plan, Non-Stop è un thriller psicologico che terrà gli spettatori con il fiato sospeso. Come la maggior parte dei titoli di questo sottogenere, la trama è considerata un po’ sciocca, ma comunque molto divertente. Per quanto riguarda i thriller aerei relativamente moderni, Non-Stop è difficile da battere.

Air Force One – 1997

Il 1997 è stato un anno importante per i thriller aerei, considerando che Con Air e Air Force One sono usciti a distanza di poche settimane l’uno dall’altro. Air Force One si è rivelato il film di maggior successo dei due, incassando circa 315 milioni di dollari al botteghino estivo del 1997, rispetto ai 224 milioni di dollari di Con Air. Air Force One ha ricevuto anche più elogi dalla critica rispetto a Con Air ed è stato candidato a due Oscar nelle categorie Suono e Montaggio. Rispetto a Flight Risk, entrambi questi classici probabilmente surclassano nettamente il thriller del 2025.

L’eroe del presidente James Marshall interpretato da Harrison Ford, che si scontra con il cattivo russo Ivan Korshunov interpretato da Gary Oldman, è la quintessenza dei thriller d’azione aerei. Con ruoli secondari di Glenn Close, Dean Stockwell e William H. Macy, Air Force One è diventato uno dei film per eccellenza del sottogenere. C’è azione senza sosta, grande suspense, dialoghi acuti e iconici, umorismo nero e, soprattutto, un concept originale e naturalmente avvincente.

Red Eye – 2005

Un altro thriller psicologico aereo del 2005, ben scritto, è Red Eye, che i critici affermerebbero migliore del classico Flightplan di Jodie Foster. Red Eye vanta le eccezionali interpretazioni del premio Oscar Cillian Murphy, della candidata all’Oscar Rachel McAdams e del vincitore dell’Emmy Brian Cox. Diretto dal regista horror Wes Craven, Red Eye potrebbe essere il miglior thriller psicologico mai realizzato su un aereo.

Murphy interpreta l’apparentemente affascinante Jackson Rippner, che fa amicizia con Lisa Reisert (interpretata da McAdams) prima di rivelarsi un terrorista. Jackson tiene Lisa in ostaggio con l’intenzione di usarla per assassinare il Vice Segretario alla Sicurezza Interna degli Stati Uniti. Nonostante il successo della critica, Red Eye risulta sottovalutato perché è uno dei pochi film non horror di Craven, il che è un motivo in più per guardarlo, soprattutto per gli spettatori rimasti delusi da Flight Risk.

7500 – 2019

7500 è un thriller aereo sottovalutato ma solido, con Joseph Gordon-Levitt nei panni di Tobis Ellis, un copilota silenzioso che prende in mano la situazione durante un dirottamento terroristico. Gordon-Levitt offre essenzialmente un one-man show in 7500, che molti spettatori hanno definito uno dei thriller aerei più “realistici” in circolazione. 7500 offre un piacevole contrasto alla natura assurda e tecnicamente imprecisa di molti thriller aerei precedenti, con la sua attenta precisione aeronautica.

La precisione di 7500 non ne compromette l’intrattenimento, offrendo scene avvincenti e una tensione palpabile. Non è così ricco d’azione come alcuni dei precedenti capitoli del sottogenere e di conseguenza procede a un ritmo più lento. “7500” si riferisce al codice di emergenza per un dirottamento aereo. Il film è raccontato dal punto di vista di Tobias, in cabina di pilotaggio, mentre scoppiano scontri tra i passeggeri e i terroristi bussano alla porta.

Sully – 2016

Dall’altro lato dello spettro dei film sugli aerei c’è Sully, che è probabilmente il più grande adattamento cinematografico di una storia vera non legata al terrorismo di un incidente aereo. Tom Hanks offre un’altra interpretazione eccezionale nei panni dell’eroe dell’aviazione Chesley “Sully” Sullenberger, un pilota di linea che atterra miracolosamente con il suo aereo danneggiato sul fiume Hudson per salvare la vita dei passeggeri e dell’equipaggio.

La storia vera di Sully racconta la storia del volo US Airways 1549, atterrato sul fiume Hudson il 15 gennaio 2009. Sully è avvincente in un senso molto diverso da Flightplan o Red Eye, dato che è accaduto realmente e che erano in gioco vite reali. Diretto da Clint Eastwood, Sully è un affascinante studio del personaggio dell’uomo che apparentemente ha compiuto l’impossibile. È un emblema della rapidità di pensiero e della comprovata competenza di Sullenberger, che hanno trasformato una potenziale tragedia in un momento straordinario.

Flight – 2012

Flight è spesso considerata una delle migliori interpretazioni di Denzel Washington, che gli è valsa una delle sue nove nomination agli Oscar. Flight è solo vagamente ispirato alla storia di un pilota realmente esistito che combatte la dipendenza e non è nemmeno lontanamente biografico come il già citato Sully. Tuttavia, mostra un evento aereo miracoloso, quando il Whip Whitaker di Washington salva il suo aereo passeggeri dallo schianto con una manovra audace ma riuscita che prevede l’inversione totale dell’aereo.

Flight è diverso da Flight Risk per molti versi, il che potrebbe essere un vantaggio per gli spettatori frustrati dalla trama eccessivamente semplificata e dagli sviluppi dei personaggi poco convincenti di Flight Risk. L’interpretazione di Washington è equilibrata e avvincente, rendendo facile entrare in sintonia con il suo personaggio e vedere entrambi i lati del conflitto principale. Le eccezionali interpretazioni secondarie di Don Cheadle, John Goodman e Nadine Velazquez esaltano ulteriormente il film di Robert Zemeckis.

Paura – 1996

Paura, del 1996, non è un thriller aereo, ma è l’unico altro vero antagonista che Mark Wahlberg abbia mai interpretato nella sua trentennale carriera di attore. Chi pensa che Flight Risk abbia sprecato il raro personaggio di cattivo interpretato da Wahlberg può vedere l’acclamato attore nel thriller psicologico del 1996, ambientato interamente a terra. Dopo il debutto cinematografico di Wahlberg in Renaissance Man del 1994 e la partecipazione come personaggio secondario a The Basketball Diaries del 1995, ottenne il suo primo ruolo da protagonista come David McCall in Fear.

Pur non essendo affatto rivoluzionario, Fear è considerato un thriller solido, con grande suspense e un cast di supporto che include Reese Witherspoon e Alyssa Milano. Dato che non ci sono molti film di Walhlberg in cui interpreta un cattivo tra cui scegliere, offre uno dei rari scorci dell’altrimenti amabile eroe come cattivo a tutti gli effetti. Wahlberg si impegnò al massimo nell’interpretare il cattivo in Flight Risk, arrivando persino a rasarsi la testa durante ogni giorno di riprese.

Hey Joe: le location dove è stato girato il film con James Franco

Diretto da Claudio Giovannesi, noto per opere come La paranza dei bambini e Fiore, il film Hey Joe (qui la recensione) è stato presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma e segna il ritorno sul grande schermo di James Franco, che interpreta qui Dean Barry, un veterano americano della Seconda Guerra Mondiale. La storia, ambientata nel 1971, segue Dean mentre torna in Italia per conoscere il figlio nato da una relazione avuta durante la guerra con una giovane napoletana. A parte da questa premessa il film esplora temi profondi come la paternità, il senso di colpa e la possibilità di redenzione, offrendo dunque una riflessione intensa sulle seconde possibilità nella vita.

Giovannesi, affiancato dagli sceneggiatori Maurizio Braucci e Massimo Gaudioso, costruisce una narrazione che si muove tra il dramma personale e il contesto sociale dell’Italia degli anni ’70. La scelta di ambientare la storia in questo periodo storico consente così di esplorare le tensioni tra il vecchio e il nuovo, tra tradizione e modernità, in una Napoli ancora segnata dalla guerra e dalla presenza americana. Il film si distingue proprio per un approccio realistico e toccante, che mette in luce le fragilità umane e la complessità delle relazioni familiari.

Il film è stato poi elogiato in particolar modo per la sua autenticità e per la rappresentazione sincera di una Napoli lontana dagli stereotipi. Le location del film, infatti, trasmettono magnificamente tutto il dolore e la voglia di rivalsa della città partenopea negli anni successivi alla guerra. Giovannesi è dunque andando a ricercare luoghi che potessero restituire questa verità storica, scegliendo angoli della città che sono rimasti pressocché immutati nel tempo ma anche luoghi diversi che potessero “interpretarli” sullo schermo. Scopriamoli in questo articolo.

Aniello Arena James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe
Aniello Arena, James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe

La trama e il cast di Hey Joe

New Jersey, Stati Uniti, 1971. Dean Barry  (James Franco), un veterano americano che ha avuto una relazione con una ragazza napoletana durante la seconda guerra mondiale, riceve una lettera partita tredici anni prima. in cui è scritto che la donna è morta ma che suo figlio è desideroso di conoscerlo. Dean decide allora di tornare in Italia, a Napoli, per conoscere suo figlio Enzo (Francesco Di Napoli). Vorrebbe recuperare venticinque anni di assenza, ma il ragazzo è ormai è un uomo, cresciuto nella malavita, ed adottato da un boss del contrabbando, don Vittorio (Aniello Arena). Non ha nessun interesse per il padre americano, ma Dean non si arrenderà facilmente.

Le location dove è stato girato il film

Le riprese di Hey Joe si sono dunque svolte in diverse location italiane, ciascuna scelta per la sua capacità di evocare l’atmosfera degli anni ’70 e di contribuire alla narrazione del film. Napoli, con i suoi quartieri storici come via Foria e Borgo Sant’Antonio, ha fornito lo sfondo ideale per rappresentare la città del 1971, ancora segnata dalla guerra e dalla presenza americana. Le strade strette e vivaci dei Quartieri Spagnoli hanno poi offerto un’ambientazione autentica per la storia di Dean e del suo figlio.

In Calabria, invece, le riprese si sono concentrate a Pizzo Calabro e nel Villaggio Mancuso, situato nella Sila catanzarese. Queste location hanno permesso di mostrare una Calabria suggestiva e poco esplorata cinematograficamente, con paesaggi montani e marini che riflettono la solitudine e l’introspezione del protagonista. Il Grande Albergo delle Fate, in particolare, ha offerto un’ambientazione unica per alcune delle scene più emotive del film.

James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe
James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe

Infine, Taranto è stata scelta per ricreare la Napoli del 1944, grazie alla sua architettura e ai suoi scorci che richiamano l’epoca post-bellica. Questa scelta ha permesso di rappresentare il passato di Dean e la sua relazione con Lucia, la madre di suo figlio, aggiungendo profondità alla narrazione. Le diverse location contribuiscono così a creare un viaggio visivo attraverso l’Italia, riflettendo il percorso emotivo del protagonista e arricchendo la storia con sfondi autentici e significativi

Il trailer del film e dove vederlo in streaming

È possibile fruire di Hey Joe grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Netflix, Now, Mediaset Infinity, Apple iTunes e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video.

Margaret Qualley protagonista di Love of Your Life per Amazon MGM Studios

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Margaret Qualley sarà la protagonista del film di Amazon MGM Studios, “Love of Your Life“, con la regia di Rachel Morrison. Julia Cox ha scritto la sceneggiatura, mentre Ryan Gosling e Jessie Henderson sono i produttori.

I dettagli della trama sono ancora segreti. Deadline è stato il primo a riportare l’importante vendita della sceneggiatura a ottobre, dopo un’intensa guerra di offerte, vinta da Gosling e Henderson per Amazon MGM Studios. All’epoca, l’asta era una delle più importanti dell’anno, dato che non era coinvolto alcun talento al di fuori dei produttori, quindi, una volta che Amazon MGM Studios è salito a bordo, il ruolo principale è stato considerato uno dei più ambiti in città per qualsiasi protagonista di serie A. Sebbene diverse fonti affermino che molte persone fossero in lizza per la parte, Margaret Qualley è sembrata la scelta migliore fin dall’inizio, soprattutto dopo l’incontro con Morrison per il ruolo all’inizio di quest’anno.

Margaret Qualley ha alle spalle un anno molto positivo, che include il suo ruolo acclamato dalla critica nel thriller candidato all’Oscar “The Substance“. Attualmente sta girando “The Dog Stars” di Ridley Scott con Jacob Elordi e ad agosto uscirà anche “Honey Don’t“, il film di Ethan Coen in cui è protagonista insieme a Aubrey Plaza e Chris Evans. Altri suoi lavori di spicco includono “C’era una volta a… Hollywood” e “The Maid“.

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