In un nuovo video parodia con
Jeff Ward, star di Agents
of S.H.I.E.L.D.,Batman declassa la
Batmobile e perde la sua Batcaverna. Di recente, si è tornati a
parlare con un certo fervore del classico supereroe all’interno del
DC
Extended Universe. Ciò è dovuto all’uscita di The
Batman, che avrà come protagonista
Robert Pattinson nei panni di Bruce Wayne. Tuttavia, il Batman
originale del DCEU,
Ben Affleck, non ha ancora finito con il ruolo: apparirà,
infatti, nel film The Flash accanto al collega
Michael Keaton, interprete del Crociato di Gotham nei due film
realizzati da Tim Burton tra la fine degli anni ’80 e l’inizio
degli anni ’90. Affleck riprenderà il ruolo anche nell’attesissima
Snyder Cut di Justice
League, che debutterà su HBO Max il prossimo anno.
Essendo uno degli eroi più famosi
della DC, Batman è stato protagonista di questo distopico 2020
anche fuori dallo schermo. Prima, un uomo travestito da Cavaliere
Oscuro è sceso per le strade del Messico, con una Batmobile
improvvisata, per spingere le persone a seguire le precauzioni
contro il Coronavirus; dopo, un diverso cosplayer si è presentato
ad una protesta a Philadelphia, tra gli applausi generali dei
presenti. Tuttavia, entrambi gli esempi mostrano la popolarità
duratura del personaggio e il simbolo della speranza che ancora
oggi rappresenta.
Jeff Ward lo
dimostra perfettamente in un nuovo video intitolato “Fund the Bat”
(letteralmente “Finanzia il pipistrello”). Nel video, Ward
interpreta un Batman colpito dalla pandemia di Coronavirus,
costringendolo a rinunciare alla sua Batcaverna e a scambiare la
Batmobile con un’opzione più sensata. Scritto e diretto da Jeffrey
Bell, co-showrunner di Agents
of S.H.I.E.L.D., la parodia è stata realizzata in realtà
per provare ad incrementare le donazioni al Covid-19 Emergency
Relief Fund dell’MPTF, che sostiene i lavoratori di Hollywood
rimasti senza lavoro a causa della pandemia.
Arriva da
Deadline la notizia che Peter Dinklage, il celebre Tyrion Lannister
della serie Game of Thrones, sarà il protagonista del
reboot di The
Toxic Avenger, film del 1984 diretto da
Lloyd Kaufman e Michael Herz, primo film horror prodotto
dalla Troma.
Il film originale, a metà tra
commedia, fantascienza e horror, è ambientato nella città fittizia
di Tromaville, NJ, e racconta la storia di un custode in un centro
benessere che viene lanciato dalla finestra del secondo piano da un
gruppo di bulli, atterrando in un bidone di rifiuti tossici. I
prodotti chimici lo portano a trasformarsi nel “vendicatore
tossico” del titolo, che ha dimensioni e forza sovrumane e
contrasta i bulli e la corruzione.
Il reboot sarà diretto dall’attore
Macon Blair, che ha esordiato alla regia con I
Do Not Feel at Home in This World Anymore, presentato per la
prima volta nel 2017 e vincitore del Gran Premio della giuria al
Sundance Film Festival. Sullo schermo, Blair ha recitato in
Blue Ruin, Green Room, Murder Party, Gold, La truffa dei Logan,
American Woman e nel film horror di NetflixHold the Dark.
L’originale The Toxic
Avenger ha dato il via a un franchise, tra cui sequel,
The Toxic Avenger Part II, The Toxic Avenger Parte III: The
Last Temptation of Toxie e Citizen Toxie: The Toxic
Avenger IV, nonché a una strana produzione musicale, un film
per bambini, una serie di cartoni animati e persino un fumetto
Marvel.
Kaufman e Herz, registi del film
originale, figureranno come produttori al riavvio per Troma
Entertainment, mentre Alex
Garcia e Jay Ashenfelter
supervisioneranno il progetto per conto di Legendary. Lo studio non
ha ancora annunciato una data di uscita ufficiale.
I prossimi progetti cinematografici di Peter Dinklage
Tra i prossimi progetti
cinematografici di Peter Dinklage (che abbiamo visto l’ultima
volta al cinema in Avengers:
Infinity War e I Think We’re Alone Now, entrambi
del 2018) figurano
Brothers, la nuova commedia di Etan Cohen in cui reciterà
al fianco di
Josh Brolin, il remake de
Il Mucchio Selvaggio ad opera di
Mel Gibson che vedrà nel cast anche Michael Fassbender e Jamie
Foxx, ed una nuova versione della storia di
Van Helsing in cui Dinklage reciterà insieem a
Jason Momoa.
Il creatore di Fargo,Noah Hawley, non pensa che il suo film di
Star Trek verrà realizzato. Nel 2009,
J.J. Abrams ha riportato in vita il franchise sul grande
schermo grazie ad un nuovo film incentrato su versioni alternative
– rispetto alla saga originale – dell’equipaggio dell’Enterprise.
Il primo Star Trek di Abrams ha portato alla realizzazione
di ben due sequel, e sebbene ci fossero dei piani per un quarto
capitolo con il medesimo cast, tutto sembra essere caduto nel
dimenticatoio a seguito della tiepida accoglienza riservata a
Star Trek
Beyond del 2016. Da allora, il futuro del franchise di
Star Trek è rimasto in una sorta di limbo.
Lo scorso novembre, sembrava che si
stessero facendo dei progressi quando la mente creativa dietro la
serie tv Fargo,Noah Hawley, è stato scelto per scrivere e
dirigere il prossimo film di Star Trek.
All’inizio, i fan pensavano che sarebbe stato il tanto atteso
Star Trek 4, ma Hawley ha subito messo in dubbio tale
credenza quando ha descritto il progetto come un “nuovo inizio” per la saga. In seguito, alcuni report
volevano che il progetto fosse stato messo in stand-by dalla
Paramount, che stava parallelamente considerando altri due film
legati alla saga, uno dei quali avrebbe riportato sul grande
schermo il cast del reboot di Abrams.
Adesso, sembra davvero che lo
Star Trek di Hawley non sia più una priorità per lo
studio. In una nuova intervista con
Deadline in occasione del finale di stagione del quarto ciclo
di episodi di Fargo, a Noah Hawley è stato chiesto se crede ancora
che Star Trek sarà nel suo futuro: purtroppo, non
sembra essere così! Lo sceneggiatore statunitense ha risposto in
maneira diplomatica, citando le mutevoli priorità della Paramount
come motivo per cui il suo progetto è stato interrotto.
“Non sembra un progetto che farà
parte del mio prossimo futuro. Penso che quando Emma [Watts,
presidente della Paramount] è entrata, ha dato un’occhiata al
franchise e voleva andare in una direzione diversa. Ma sai, la vita
è lunga. Eravamo molto vicini alla produzione, ma in questo settore
può significare tutto o nulla. Devi essere in gara sin da subito,
se sai cosa intendo.”
Sembra quindi che Hawley ed il suo
Star Trek si siano avvicinati persino ad un inizio di
produzione, ma è evidente che la Paramount sia interessata a
muoversi in una nuova direzione. In realtà, si è sempre saputo
molto poco circa il progetto di Hawley, tranne che si sarebbe
concentrato su nuovi personaggi e non sulla timeline di Kelvin, e
che avrebbe avuto al centro un conflitto incentrato su un virus
mortale, qualcosa che molti avevano già bollato come “inadeguato”
da un punto di vista narrativo.
A quanto pare, Rosie
Perez non ha particolarmente gradito le battute sull’età
presenti in Birds of
Prey. Prima dello scoppio della pandemia di
Coronavirus, il cinecomic DC è stato uno dei pochi grandi
blockbuster ad uscire nelle sale all’inizio di quest’anno.
Nonostante non abbia raccolto i consensi sperati in termini di
incassi, Birds of
Prey è stato accolto generalmente bene dai fan e
dalla critica. Diretto da Cathy Yan, l’ultimo
episodio del DCEU (il primo classificato come vietato ai minori) ci
ha mostrato il personaggio di Harley Quinn (Margot
Robbie) dopo la rottura con il Joker (Jared
Leto), intenta a rivendicare la sua indipendenza.
Alla fine,
nonostante il titolo, gran parte di Birds of
Prey è stato incentrato su Harley anziché sul team,
nonostante i fan abbiano comunque risposto calorosamente ai nuovi
personaggi del DCEU, ossia Cacciatrice (Mary Elizabeth
Winstead), Black Canary (Jurnee Smollett)
e Renee Montoya (Rosie Perez). Nello specifico,
Montoya è un detective del dipartimento di polizia di Gotham City
che viene costantemente ignorato dai suoi colleghi maschi: quando
si alleerà con le Birds of Prey, giungerà ad una svolta
liberatoria.
Di recente Rosie Perez ha
recentemente proprio di Birds of
Prey in una nuova intervista con
UPROXX. All’attrice è stato chiesto per la prima volta se
sarebbe interessata a tornare per un eventuale sequel (la risposta
è stata che accetterebbe!), ma poi è andata ben oltre, condividendo
il suo più grande rammarico nei confronti del primo film: le
battute fatte sull’età del suo personaggio.
“Voglio dire, se un sequel
dovesse accadere, certo che accetterei. Quando me lo hai chiesto,
la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: ‘Oh mio Dio! Devo
perdere peso e rimettermi in forma’. Spero soltanto che non ci
siano ancora una volta battute sull’età. Mi hanno chiamato ‘nonna’.
Quella era l’unica cosa che non mi è piaciuto. Ricordo di aver
esclamato: ‘Davvero ragazzi? Veramente?’. Ho pensato: ‘Avreste il
coraggio di dirlo a Helen Mirren, che ha fatto 50 milioni di film
d’azione?’.
La rappresentanza di genere in Birds of Prey
Non sorprende che
Rosie Perez abbia messo in discussione questo tipo
di battute. Birds of
Prey è stato lodato per la sua rappresentazione delle
donne, ma anche per i personaggi LGBTQ e di colore. Renee ha
sicuramente offerto il suo marchio di rappresentanza, poiché era il
membro più anziano del gruppo. Tuttavia, scherzando a buon mercato
sulla sua età, il film non ha dato al personaggio la stessa
rappresentazione positiva che hanno ricevuto gli altri, almeno dal
punto di vista della sua interprete…
Birds of
Prey, diretto
da CathyYan, è uscito
nelle sale il 7 febbraio 2020. Nel cast Margot
Robbie (Harley Quinn), Mary
Elizabeth Winstead e Jurnee
Smollett-Bell (rispettivamente Cacciatrice e Black
Canary), ma anche Rosie Perez (Renee
Montoya) e Ella Jay Basco (Cassandra
Cain). Ewan
McGregorinterpreta invece uno dei due principali
villain del film, Maschera Nera, alter ego di Roman
Sionis; l’altro villain principale, Victor Zsasz, è intepretato
da Chris Messina.
Kerry Condon, che
nel MCU ha prestato la voce a
F.R.I.D.A.Y., l’interfaccia utente di Iron Man, ha recentemente
parlato di una nota che ha ricevuto mentre lavorava alla scena
della morte di Tony Stark in Avengers:
Endgame. Sebbene sia uscito più di un anno e mezzo fa,
Endgame
continua ad essere oggetto di interesse per i fan della Marvel. Il film ha segnato la fine
del MCU come lo conoscevano gli
spettatori, grazie alle dipartite di alcuni degli Avengers
originali, come appunto Iron Man, ma anche Captain America e Vedova
Nera. Sebbene lo Steve Rogers di
Chris Evans abbia avuto un lieto fine, Natasha e Tony non sono
stati così fortunati: entrambi, infatti, si sono sacrificati
durante la narrazione. La morte di Iron Man è arrivata al culmine
del film, dopo aver impugnato il Guanto dell’Infinito.
Tony ha iniziato ad usare
F.R.I.D.A.Y. come sostituto di J.A.R.V.I.S., dopo che quest’ultimo
è stato impiegato per aiutare a creare Visione. F.R.I.D.A.Y. è
apparso accanto ad Iron Man in diversi film del MCU, tra cui Avengers:
Age of Ultron, Captain
America: Civil War e gli ultimi due film degli Avengers,
Infinity
War ed Endgame.
F.R.I.D.A.Y. ha anche avuto un ruolo in Spider-Man:
Homecoming, accanto al Peter Parker di
Tom Holland. Sebbene J.A.R.V.I.S. rimane l’interfaccia più nota
di Tony, F.R.I.D.A.Y. ha comunque fatto parte di molte scene chiave
all’interno dell’arco narrativo del personaggio.
In un’intervista con
Collider, Kerry Condon ha parlato del suo
lavoro nel MCU in qualità di doppiatrice di
F.R.I.D.A.Y.. L’attrice irlandese ha spiegato che spesso si è
ritrovata a dover utilizzare la sua voce fuori campo e a lavorare
di fronte ad uno schermo vuoto, o per motivi di segretezza o perché
la scena in questione non era completa, con altre persone che
puntualmente dovevano spiegarle il contesto e ciò che accadeva in
quella particolare scena. Parlando nello specifico della morte di
Tony, Condon ha detto:
“L’ultima volta, quando è morto,
ricordo di aver pensato: ‘Oh mio Dio!’. Ogni volta era come: ‘Ma
c’è speranza, giusto? Non è veramente morto!’. Invece mi guardarono
e allora pensai: ‘Oh mio Dio!’. Sapevo che era tutto finito. E
allora mi dissero: ‘Prova a dirlo come se fosse la cosa più triste
che tu abbia mai detto in vita tua’. E allora risposi: ‘Beh, non
sarà difficile, c***o! È tutto finito’.”
La morte di Iron Man in Avengers: Endgame
Oltre a ricordare
quanto sia stata devastante la morte di Tony in Avengers:
Endgame, i commenti di Condon evidenziano anche la
natura sorprendente del momento. Sebbene molti fan sapevano che uno
degli Avenger originali sarebbe morto nel film, il devastante
sacrificio di Vedova Nera all’inizio di Endgame
ha fatto credere che il resto dei Vendicatori sarebbe
sopravvissuto; così non è stato, e la morte di Tony è diventato il
momento più straziante dell’arco narrativo del
personaggio.
Avengers:
Endgame è arrivato nelle nostre sale il 24 aprile
2019. Nel cast del film Robert
Downey Jr., Chris
Evans, Mark
Ruffalo, Chris
Hemsworth e Scarlett
Johansson. Dopo gli eventi devastanti di Avengers:
Infinity War, l’universo è in rovina a causa
degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati
rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi
ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Per tutti coloro rimasti incantati
dalla Terra di Mezzo grazie alla trilogia de Il Signore degli
Anelli, il regista premio Oscar Peter Jackson
dà loro la possibilità di tornarvi grazie ad un nuovo film qui
ambientato. Si tratta di Lo Hobbit –
Un viaggio inaspettato, primo capitolo di una
trilogia prequel proseguita poi con La desolazione di
Smaug e La battaglia delle cinque
armate. Uscito nel 2012, il film ha visto il ritorno sul
grande schermo di numerosi personaggi già conosciuti e amati, come
anche l’introduzione di nuovi eroi tutti da scoprire, grandi o
piccoli che siano. Con questo è così ricominciata l’eterna lotta
tra il male e il bene, con quest’ultimo capace di nascondersi anche
nei luoghi più inaspettati.
Come già avvenuto per i precedenti
film, anche Lo Hobbit si basa sull’omonimo romanzo del
celebre scrittore J. R. R. Tolkien. Pubblicato per
la prima volta nel 1937, questo racconta le gesta dell’hobbit Bilbo
Baggins, e del suo incredibile viaggio verso terre e luoghi mai
visti prima. Nel film di Jackson, la missione di questi è quella di
aiutare un gruppo di nani a sconfiggere il terribile drago Smaug,
ma forze più grandi inizieranno ad agitarsi nell’ombra, riportando
alla luce l’Unico Anello, ricercato con grande avidità dal malvagio
Sauron. Originariamente, era proprio da questo racconto che Jackson
desiderava partire, ma per problematiche legali finì invece con il
concentrarsi sull’altra ben nota trilogia.
Arrivato in sala, il film raccolse
grandi consensi, in particolare da tutti quegli spettatori che non
vedevano l’ora di rivivere avventure simili a quelle già
conosciute. Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato arrivò così
ad un guadagno globale di oltre un miliardo di dollari a fronte di
un budget stimato tra i 200 e i 300 milioni. Con tale risultato, il
film è diventato il trentacinquesimo titolo di maggiore incasso
della storia del cinema, nonché il quarto del 2012. Molte sono le
curiosità da scoprire legate al titolo, specialmente in occasione
di una nuova visione. Proseguendo nella lettura si potranno
scoprire così dettagli sulla trama, il cast e molto altro.
Lo Hobbit – Un viaggio
inaspettato: la trama del film
La storia ha inizio con l’anziano
Bilbo Baggins intento a scrivere le proprie memorie nel Libro
Rosso, che intende poi donare a suo nipote Frodo. In particolare,
l’hobbit si concentra sull’avventura che lo vide coinvolto nella
liberazione di Erebor, roccaforte dei nani ora in possesso del
terrificante drago Smaug. Per Bilbo, tutto inizio nel momento in
cui riceve la visita di Gandalf il grigio, potente quanto
misterioso stregone. Questi gli offre la possibilità di partire con
lui per un grande viaggio, ma affezionato alla sua terra e poco
incline al rischio, Bilbo rifiuta categoricamente. Nel momento in
cui però alla sua porta si presentano 12 nani guerrieri, egli
comprende di non avere altre alternative se non quella di
partire.
Ha per lui inizio un viaggio
inaspettato, per buona parte del quale si sentirà un elemento di
troppo in mezzo ai coraggiosi nani che affrontano ogni pericolo
senza la minima esitazione. Eppure, Bilbo sembra poter essere
l’unico a compire il più indispensabile degli atti di quella
missione. Egli è infatti chiamato ad introdursi nella Montagna
Solitaria, dimora di Smaug, per farvi poi introdurre anche i suoi
compagni di viaggio. La strada verso questa è però lunga e
tortuosa, e durante il loro cammino il gruppo dovrà scontrarsi con
pericoli di ogni genere. Ciò che però non sanno, è che nell’ombra
forze oscure si stanno rianimando, attratte dalla ricomparsa di un
oggetto tanto prezioso quanto letale.
Lo Hobbit – Un viaggio
inaspettato: il cast del film
Per dar vita ai nuovi personaggi
presenti nel film, il regista ha condotto lunghi casting al fine di
individuare le personalità più adatte. Ad interpretare il giovane
Bilbo Baggins è così stato scelto Martin
Freeman, il quale aveva però inizialmente rifiutato la
parte per via di impegni già presi con la serie Sherlock.
Pur di avvalersi della sua partecipazione, però, Jackson decise di
riorganizzare le riprese. Per assumere i panni di Bilbo, Freeman
dovette inoltre sottoporsi a diversi tipi di allenamento, tra cui
anche quelli di combattimento con la spada. Accanto a lui, nei
ruoli dei nani si ritrovano attori come Richard
Armitage come Thorin Scudodiquercia, leader del
gruppo, Aidan Turner nei panni di Kili, e
Graham McTavish in quelli di Dwalin.
Nel film è poi presente Gandalf il
grigio, interpretato nuovamente da Ian
McKellen, il quale però non nasconde una certa
insoddisfazione. L’attore si trovò infatti a dover recitare
prevalentemente da solo circondato dal green screen, con il
risultato di sentirsi emarginato e umiliato dalla situazione.
McKellen considerò anche di lasciare il ruolo, salvo ripensarci
perché troppo legato ad esso. A seguirlo nei grandi ritorno vi è
poi Christopher
Lee che veste nuovamente i panni di Saruman il bianco.
Pur non essendo presente nel libro, Jackson ha inserito nel film
anche il personaggio di Galandriel, interpretata da
Cate
Blanchett.Hugo
Weaving torna invece nei panni di re Elrond, signore
di Gran Burrone. Ritorno altrettanto gradito è quello del celebre
Andy Serkis
nei panni di Gollum.
Lo Hobbit – Un viaggio
inaspettato: le differenze tra il libro e il film
Nel dar vita alla trasposizione
cinematografica di Lo Hobbit, Jackson si prese diverse
libertà rispetto a quanto in esso narrato. Egli non si fa infatti
problemi ad aggiungere personaggi non presenti nel romanzo, come
Galandriel o Legolas. La prima tra le differenze è però il prologo
dedicato alla caduta del popolo dei nani. Nel romanzo questo
racconto è solo accennato, mentre trova maggior approfondimento nel
film. Allo stesso modo il celebre Bian Consiglio viene qui ad
essere portato in scena pur non essendo presente nel testo di
Tolkien. Jackson se ne avvale per introdurre la questione del
Necromante, che si rivelerà poi essere il malvagio Sauron tornato
per reclamare il regno. Per poter dare al film un villain concreto,
si scelse infine di ampliare il ruolo di Azog il Profanatore.
Questi è un gigantesco orco che si
distingue per la sua pelle bianca. Da sempre acerrimo nemico dei
nani, questo diventa la loro maggior minaccia, desideroso di
uccidere Thorin, colpevole di averlo mutilato durante la Battaglia
di Nanduhirion. Nel romanzo, tuttavia, durante questa Azog viene
propriamente ucciso da Thorin, e al suo posto come capo degli Orchi
subentra il figlio Bolg. Per concludere, una delle scene più
celebri è certamente quella che vede Bilbo e Gollum sfidarsi ad una
serie di complessi indovinelli. Per dar vita a questo momento in
particolare, Jackson ha invece deciso di rimanere particolarmente
fedele a come viene descritto nel libro, dando vita ad una scena
particolarmente ricca di tensione e grande intrattenimento.
Lo Hobbit – Un viaggio
inaspettato: il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
Per gli appassionati del film è
possibile fruire di questo grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Lo
Hobbit – Un viaggio inaspettato è infatti disponibile nel
catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play,
Infinity, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto
un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film
sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno lunedì
30novembre alle ore
21:30 sul canale TV8.
Si è conclusa con una
straordinaria partecipazione di pubblico la
decima edizione di
Divergenti, il più longevo festival
cinematografico in Italia e uno dei pochi in tutto il mondo,
interamente dedicato all’immaginario trans, che per la prima volta,
si è tenuto completamente online sulla piattaforma della DER –
Documentaristi Emilia Romagna docacasa.it,
con la direzione di Nicole De Leo e
Porpora Marcasciano.
Nella serata di sabato 28
novembre, in diretta Zoom e Facebook, la giuria composta
da dalla fotografa Lina Pallotta, dalla regista e
attivista Giorgina Pi e dallo scrittore e
giornalista Jonathan Bazzi, alla presenza della
direzione e dello staff organizzativo del festival, ha annunciato i
vincitori scelti tra gli undici titoli del
concorso internazionale: Alice Junior di
Gil Baroni è il Miglior Film della decima edizione
di Divergenti; mentre tre menzioni speciali vanno
a Indianara di Aude
Chevalier-Beaumel e Marcelo Barbosa,
Sunken Plum (Prugna d’acqua
dolce) di Xu Xiaoxi e
Roberto F. Canuto e Lingua
Franca di Isabel Sandoval. I film
vincitori sono disponibili sulla piattaforma fino alle ore 10 di
lunedì 30 novembre.
Successo anche per la nuova
sezione del festival dedicata ai Vlog, ovvero brevi
racconti video in forma di diario o blog, che come ha ricordato
Richard Thunder, presidente del comitato di
selezione, dimostra quanto la pratica dell’autonarrazione sia
importante soprattutto tra i giovani della comunità trans, per
riappropriarsi di una narrazione spesso lasciata a esperti, medici
e psicologi.
Di seguito tutti i film vincitori
con le motivazioni.
Miglior
Lungometraggio a:
Alice
Junior di Gil Baroni
Con la seguente motivazione:
Perché legge l’esperienza della transizione, dell’isolamento
adolescenziale e del bullismo in un Brasile differente da quello
più rappresentato, con una nuova generazione protagonista, le sue
pulsioni e i suoi linguaggi, senza il sistema giudicante verso gli
adolescenti e le loro abitudini, offrendo un’alternativa, anche
emotiva, alle narrazioni più classiche su questi temi. Un’opera pop
luminosa e intelligente, capace di parlare a tante e a tanti, con
delicatezza, originalità e ironia, ma senza mai penalizzare la
profondità dei temi in campo.
Menzione speciale
a:
Indianara
di Aude Chevalier-Beaumel e Marcelo
Barbosa
Con la seguente motivazione: Per
lo sguardo diretto, senza retorica, nel raccontare la vita di una
grande attivista contemporanea e il suo coraggioso progetto di
alleanza umana e politica nel Brasile di Bolsonaro. Le lotte, le
complicità tra amiche e amici, fino alla violenza della storia che
irrompe: Indianara è un inno alla resistenza attraverso l’amore che
tiene insieme le comunità. Un’opera che non rifiuta le
contraddizioni, ma le immette tutte nel movimento vitale che punta
a un mondo più libero e giusto.
Menzione speciale
a:
Sunken
Plum (Prugna d’acqua dolce)
di Xu Xiaoxi e Roberto F.
Canuto
Con la seguente motivazione: Per
la poesia che riverbera nella tensione tra la realtà poco
conosciuta della Cina rurale e la contemporaneità. Un intreccio tra
vita e esperienza onirica che racconta il difficile processo,
universale, di rimarginazione delle ferite, ambientandolo in una
comunità ancora così tanto oppressa com’è quella trans
cinese.
Menzione speciale
a:
Lingua
Franca di Isabel Sandoval
Con la seguente motivazione: Una
storia d’amore nell’ambiente politicamente corrotto dell’America
trumpiana che rompe stereotipi, nuovi autoritarismi e paure
normative. Un film che colpisce per la straordinaria adesione
psicologica e poetica tra estetica cine-fotografica e corpo della
protagonista-autrice.
La X edizione di Divergenti è
ideata e organizzata da MIT – Movimento Identità
Trans con la direzione artistica di Nicole De
Leo e Porpora Marcasciano. Con il
contributo di Regione Emilia-Romagna,
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna,
Transitional States, University Of
Lyncoln; econ il sostegno di
UNAR. In collaborazione con: Cineteca di
Bologna, Centro di Ateneo SInAPSi,
CENESEX (Cuban National Center for Sex Education),
DER- Documentaristi Emilia-Romagna,
Archivio OUT-TAKES dell’Associazione CESD,
StickerMule, Divine Queer
Festival, Lovers Film Festival,
USN|expo Sardinia Queer Short Film Festival. Con
il patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i Rifugiati (UNHCR), e di Amnesty
International Italia.
Evento realizzato nell’ambito
del Patto di collaborazione generale per la promozione e la
tutela dei diritti delle persone e della comunità LGBTQI nella
città di Bologna.
Il festival ringrazia il
fotografo Paolo Titolo che ha dato la sua immagine
per il manifesto della decima edizione di Divergenti.
In un momento in cui i viaggi sono
assolutamente fuori discussione, si dovrà rinunciare al cenone di
Natale con la famiglia riunita, ai festeggiamenti di Capodanno e
alle uscite serali nelle cittadine addobbate a festa dalle
luminarie natalizie, su Netflix arriva non solo un film che ci trasporta in
un altro tempo e in un altro “stato” (autoproclamato, lo vedremo a
breve), ma anche un film che racconta una storia di libertà e
autonomia, l’utopia dell’ingegnere Giorgio
Rosa e di Sydney Sibilia che ne ha
raccolto la vicenda e l’ha trasformata ne L’incredibile storia dell’isola delle
Rose.
La trama de L’incredibile storia dell’Isola delle
Rose
Tratto da una storia incredibile,
appunto, realmente accaduta, il film racconta di Giorgio
Rosa, giovane ingegnere bolognese con la testa tra le
nuvole che, nella difficoltà di inserirsi in un contesto sociale e
lavorativo che non va certo in contro alle sue attitudini insolite,
decide di crearsi una nazione tutta per sé, un’isola fuori dalla
giurisdizione dello Stato italiano e di qualunque altro Stato
sovrano precostituito. Così, con l’aiuto e i fondi di un suo
collega, costruisce a largo delle acque territoriali italiane, a
largo della costa adriatica, una piattaforma di 400 metri quadrati
che chiama Isola delle Rose.
Era l’estate del 1968, il mondo
viveva un periodo di ferventi proteste, mentre la riviera romagnola
era affollata di sole e di vacanzieri, e l’Isola delle Rose diventa
un’attrazione, qualcosa di molto simile ad una discoteca in mezzo
al mare, come farà notare a Giorgio stesso Gabriella, sua
indimenticata ex che è pronta a convolare a nozze con un altro. Ma
il nostro eroe vuole di più, vuole una nazione in senso proprio,
libera e autonoma, con una moneta, un sistema postale, una lingua
addirittura, e così comincia la sua battaglia contro i poteri
costituiti per dare dignità di Stato alla sua piccola utopia.
Sydney Sibilia è
inciampato per caso in questa storia che sembra inventata e con la
collaborazione tra la sua Groenlandia (con Matteo
Rovere) e Netflix, ha realizzato una commedia leggera che
vede Elio Germano interpretare il bolognese Giorgio
Rosa. Scritto a quattro mani con Francesca Minieri, L’incredibile
storia dell’Isola delle Rose è un invito alla vita, ai sogni in
grande, per quanto siano folli o strambi, racconta una persona e le
sue strambe attitudini e aspirazioni, ma racconta anche di un Paese
in cui sognare così in grande poteva essere possibile e
fattibile.
Il film pone lo squinternato eroe
Giorgio, con la sua ciurma di separatisti, di fronte ad un nemico
inedito, quel Governo guidato da Giovanni Leone,
con Franco Restivo agli Interni, che nella storia
del nostro Paese è ammantato di un alone di nobiltà e reverenza, se
non fosse altro perché era formato da alcuni dei padri costituenti,
gli uomini che hanno vergato la nostra costituzione dopo la
proclamazione della repubblica. Proprio nella rappresentazione di
questi inediti villain che ostacoleranno l’eroe risiede l’aspetto
più comico e godibile del film, grazie soprattutto a Luca Zingaretti e Fabrizio Bentivoglio che, interpretando
rispettivamente Leone e Restivo, danno vita a siparietti
comici impagabili.
Non che il resto del cast sfiguri,
perché al netto di un accento bolognese un po’ forzato per alcuni
degli interpreti, Germano, Matilda De Angelis, Leonardo
Lidi e Tom Wlaschiha (che recita in un comico
italiano con forte accento tedesco) riescono a formare un gruppo
abbastanza convincente, a tratti grottesco, più che comico.
Dopo il successo della trilogia di
Smetto Quando Voglio, ci si aspettavano grandi
cose da Sibilia che, scegliendo di raccontare proprio questa
storia, conferma che come cineasta è interessato a raccontare
storie di singoli, di uomini che misurano il loro potere in
rapporto ad un potere costituito. La storia di Giorgio
Rosa è coerente con questo concetto, tuttavia si sviluppa
con un linguaggio di commedia quasi distaccato. Non sembra esserci
troppa intenzione di costruire empatia trai personaggi e lo
spettatore e il risultato è soltanto un racconto dei fatti avvenuti
tra il ’68 e il ’69, ai quali manca totalmente la dimensione epica
ed eroica del compimento dell’impresa impossibile.
L’immaginario pop di Sibilia è
intriso di cinema americano, il regista gioca con quei punti di
vista, con quello stile, perdendo troppo spesso di vista quello che
serve effettivamente alla storia, auto-compiacendosi di voli
acrobatici e inquadrature dall’alto. Il risultato è una visione
presuntuosamente grandiosa dello spazio raccontato che però perde
di vista il cuore della storia. Quello di Giorgio Rosa sembra
semplicemente un capriccio, una bravata venduta, a parole più che a
fatti, come un atto di ribellione in nome di un sogno, in nome
della libertà.
La coraggiosa impresa di Sydney Sibilia
L’incredibile storia dell’isola delle Rose
paga anche il prezzo di un budget non sufficiente a permettere la
messa in scena di alcuni dei momenti chiave della storia,
soprattutto nel finale, lasciando parte dell’azione più
spettacolare nel fuori campo, nell’immaginazione dello spettatore,
nello sguardo rassegnato di Elio Germano.
Nonostante ciò, l’impresa è coraggiosa, portata avanti
dall’ambizione di fare cinema con un linguaggio e un appeal che
possano essere apprezzati anche fuori dai confini nazionali,
possibilità che Netflix offre per sua stessa natura di piattaforma
globalizzante, che contribuisce ad abbattere i confini della
distribuzione tradizionale.
L’incredibile storia dell’isola delle Rose
vincerà l’attenzione e l’approvazione degli spettatori per la
storia fuori dall’ordinario che racconta, una storia che era
rimasta “sepolta in bella vista” e che la curiosità di Sibilia e
del suo team ha riportato alla luce.
La trilogia de Il Signore degli Anelli di Peter
Jackson si è rivelata un capolavoro cinematografico, ma
diversi registi avevano già provato – senza riuscirci – a
realizzare i film. J.R.R. Tolkien è stato uno dei
più grandi scrittori fantasy di tutti i tempi, e con il senno di
poi era inevitabile che i suoi libri diventassero dei successi.
Eppure, ci è voluto sorprendentemente molto tempo prima che le
opere di Tolkien trionfassero sul grande schermo.
Il problema principale: J.R.R. Tolkien
Il problema iniziale era lo
stesso Tolkien. Lo scrittore era particolarmente attento ai
dettagli, anche per gli standard degli scrittori fantasy, e non
sembra aver particolarmente apprezzato i tentativi di adattare il
suo lavoro. Come ha scritto in risposta ad una sceneggiatura,
“chiederei agli sceneggiatori di fare uno sforzo di immaginazione
sufficiente per comprendere l’irritazione (e talvolta il
risentimento) di un autore che trova, a mano a mano che procede, il
suo lavoro trattato con noncuranza, avventatamente e senza evidenti
segni di apprezzamento”. Sebbene Tolkien capisse che il cinema
fosse un mezzo diverso, non credeva che le convenzioni dovessero
differire troppo, e quindi resistette a modifiche significative.
Dopo la sua morte, i vari studios hanno lottato con la paura che i
suoi fan condividessero lo stesso punto di vista.
Alcuni adattamenti animati e persino
televisivi sono riusciti a decollare, ma hanno sempre ricevuto
un’accoglienza mista. Di conseguenza, quando Il Signore degli Anelli: La compagnia dell’anello di
Peter Jackson è uscito nel 2002, molti spettatori l’hanno percepita
come fosse la prima vera versione di successo dell’iconica storia.
Ed erano francamente contenti di aver aspettato, perché nonostante
le modifiche apportate da Jackson, il suo amore per i libri
originali era evidente dappertutto. Inoltre, era chiaramente
evidente che un’adattamento di una certa qualità non sarebbe stato
possibile se la tecnologia VFX non fosse diventata sufficientemente
avanzata (e anche all’epoca, il team creativo ha dovuto attuare
delle importanti innovazioni, soprattutto con il personaggio di
Gollum). Tuttavia, nonostante tutti i precedenti tentati di
adattamento non sarebbero mai riusciti ad ottenere il plauso dei
film di Jackson, offrono comunque uno scorcio affascinante su come
il franchise sarebbe potuto essere. Ecco una pratica guida proposta
da
Screen Rant a tutti i film de Il Signore degli Anelli mai realizzati.
Il Signore degli Anelli di Walt Disney
Per una curiosa coincidenza, Lo
Hobbit uscì pochi mesi prima di Biancaneve e i sette
nani della Disney, ma né Tolkien né il suo amico C.S. Lewis ne
rimasero affascinati. In una lettera del 1964, Tolkien descrisse
Walt Disney come “un imbroglione” e come
“un corrotto”. Nonostante l’editore di
Tolkien si fosse avvicinato alla Disney con l’idea di un
adattamento, si ritiene che lo abbia fatto senza il consenso dello
scrittore.
Inizialmente l’idea venne rifiutata,
ma Walt Disney la riconsiderò per un breve periodo durante gli anni
’50. Tuttavia, secondo l’animatore Wolfgang Reitherman, i suoi
artisti dello storyboard credevano che Il Signore degli
Anelli fosse troppo complesso, lungo e anche spaventoso per
una produzione Disney.
Il primo potenziale adattamento
L’animatore Al Brodax si
rivolse a Tolkien e ai suoi editori per proporre un adattamento
animato negli anni ’50, ma non ne venne fuori nulla. Poco dopo,
Tolkien iniziò a coordinarsi con Forrest J. Ackerman e lo
sceneggiatore Grady Zimmerman, e all’inizio le cose sembravano
essere partite col piede giusto. Tolkien è rimasto impressionato
dai concept art dell’illustratore Ron Cobb, che era anche andato
alla ricerca di potenziali location attorno alla California.
Sfortunatamente, il vero problema fu
la stesura dello script di Zimmerman, che oggi fa parte della
Collezione Tolkien della Marquette University nel Wisconsin.
Zimmerman si prese molteplici libertà: diversi archi narrativi di
alcuni personaggi vennero ridotti, soprattutto quelli femminili, e
al tempo stesso vennero aggiunte intere sequenze d’azione.
Tuttavia, la cosa più strana di tutte era il finale: Sam rubava
l’Unico Anello a Frodo e lo portava di persona al Monte Fato, per
poi essere attaccato all’ultimo momento da Gollum. Alla fine
Ackerman non è stato in grado di assicurarsi un produttore e il
progetto è fallito. Zimmerman, da parte sua, ha abbandonato del
tutto i suoi piani di riscrivere il film.
Il Signore degli Anelli di Robert Gutwillig
Nel 1959, l’autore Robert
Gutwillig contattò Tolkien con l’idea di creare un film basato su
Il Signore degli Anelli. Tolkien inizialmente fu
ricettivo: i primi colloqui furono molto positivi, con Tolkien
impressionato dall’agente di Gutwillig, Sam W. Gelfman. Alla fine,
però, non è mai venuto fuori nulla da quell’idea…
L’adattamento animato della Rembrandt
Spostandoci negli
anni ’60, Rembrandt Films negoziò con successo i diritti de Lo
Hobbit, nonostante ci siano resoconti contrastanti sul fatto
che abbiano acquisito o meno anche i diritti de
Il Signore degli Anelli. La compagnia ha creato un
cortometraggio animato de Lo Hobbit per prolungare la sua
proprietà dei diritti: è stato mostrato solo una volta, in una sala
di proiezione a New York ad un gruppo di spettatori presi dalla
strada. Non sorprende che non siano mai andati da nessuna parte con
la realizzazione de Il Signore degli
Anelli…
I Beatles volevano recitare ne Il Signore degli Anelli
I Fab Four erano
ansiosi di ottenere i diritti del film perché erano cresciuti
amando i libri di Tolkien e amavano l’idea di recitare in
un’avventura fantasy. Avevano programmato di scrivere la colonna
sonora e il progetto avrebbe visto Paul McCartney nei panni di
Frodo, Ringo Starr nei panni di Sam, George Harrison nei panni di
Gandalf e John Lennon nei panni di Gollum. Stanle Kubrick è stata
la prima scelta dei Beatles come regista, ma ha rifiutato l’idea,
credendo che Il Signore degli Anelli fosse troppo vasto e
tentacolare per adattarsi con successo. Lo stesso Tolkien lo
rifiutò quando fu contattato dal suo editore.
Il Signore degli Anelli di John Boorman
Nel 1969, la United Artists
– che aveva acquisito i diritti de Il Signore degli Anelli senza sapere veramente cosa
farne – chiese al celebre regista John Boorman di produrre un
adattamento, che venne concepito come un unico film della durata di
tre ore, con un intervallo. Inizialmente, Boorman accettò
l’incarico perché spinto dalla curiosità.
Lavorò con Rospo Pallenberg ad una
sceneggiatura che adattò i libri in maniera decisamente fedele e
che includeva anche una scena di sesso tra Frodo e Galadriel.
Sfortunatamente, Il Signore degli Anelli di Boorman
sarebbe stato un progetto troppo costoso e nel 1970 United Artists
affrontò una serie di fallimenti finanziari: voleva dire che lo
studio doveva risparmiare soldi. I diritti vennero così venduti
poco dopo, portando ai primi veri e propri adattamenti animati.
I primi tentativi di Peter Jackson
Peter Jackson è stato
coinvolto per la prima volta nell’adattamento de Il Signore degli Anelli durante gli anni ’90, quando
iniziò a lavorare ad un possibile film per conto della Miramax.
Harvey Weinstein era convinto che Jackson stesse sprecando 12
milioni di dollari nel tentativo di realizzare il suo franchise:
secondo il produttore, avrebbe dovuto concentrarsi esclusivamente
su un singolo film della duranta di due ore.
In effetti, Weinstein avrebbe
minacciato di sostituire Jackson con Quentin Tarantino se si fosse
rifiutato di sottostare alle sue regole. Jackson lavorò quindi ad
un adattamento “ridotto”, dal quale vennero eliminati alcuni
passaggi fondamentali della storia, tra cui il Fosso di Helm,
i Balrog e perfino Saruman. Alla fine, Weinstein accettò che Peter
Jackson portasse la sua sceneggiatura ad un altro studio; arrivò
così alla New Line… il resto è storia!
George Clooney ha confermato che non gli è
stato chiesto di tornare nei panni di Batman per l’atteso
The
Flash. Sono passati più di vent’anni da quando Clooney
ha indossato l’iconico costume del Cavaliere Oscuro nel bistrattato
Batman & Robin. Sebbene il film sia oggi ricordato
come uno dei peggiori mai realizzati sul personaggio, vista la
trama di The Flash (ricordiamo che il film
esplorerà il Multiverso e riporterà sullo schermo passate
iterazione cinematografiche del Crociato di Gotham), in molti hanno
ipotizzato che anche il Batman di Clooney potesse fare ritorno.
Sappiamo infatti che Michael Keaton tornerà nei panni di Batman
quasi trent’anni dopo aver interpretato l’ultima volta il ruolo in
Batman – Il ritorno di Tim Burton. Nel film tornerà anche
il più recente Batman di Ben Affleck, che abbiamo visto in Batman v Superman: Dawn of Justice e
in Justice League. Naturalmente, l’idea
dell’esplorazione del Multiverso e la possibilità di avere due
diverse versioni di Batman in un solo film, ha portato i fan a
chiedersi se anche altre passate incarnazioni cinematografiche del
personaggio potessero apparire nell’atteso cinecomic.
Si è parlato della possibilità di
rivedere Christian Bale, Val Kilmer,
George Clooney e anche il più recente Robert
Pattinson (che debutterà nei panni dell’eroe in
The
Batman). Di recente, in un’intervista concessa ad Empire Magazine (via
Digital Spy), proprio Clooney è stato interrogato sulla
questione. Tuttavia, l’attore premio Oscar ha spento qualsiasi tipo
di entusiasmo, confermato di non essere stato contattato per
tornare nei panni di Batman, dichiarandosi anche piuttosto
fiducioso che le cose non cambieranno.
“È divertente: noterai che non
mi hanno chiamato! In qualche modo, non ho ricevuto quella
chiamata. Non hanno richiesto i miei capezzoli”, ha ironizzato
l’attore. “Ascolta, ci sono alcune cose che non puoi prevedere.
Questa, la dò per scontata (ride).”
In altre parole, George Clooney non tornerà in The
Flash e non si aspetta nemmeno una chiamata dalla Warner
Bros. Sarebbe molto divertente vederlo di nuovo nei panni del
personaggio, ovviamente; tuttavia, è difficile immaginare che
Clooney accetti un’offerta del genere dal momento che Batman & Robin è ancora oggi ricordato come il punto
più basso della sua carriera di attore.
Tutto quello che c’è da sapere su
The Flash
Ricordiamo che The
Flash arriverà al cinema il 1 luglio 2022. Il film
sarà diretto da Andy
Muschietti, regista di IT e IT
– Capitolo Due.Ezra
Miller tornerà a vestire i panni del Velocista
Scarlatto dopo un cameo in Batman
v Superman: Dawn of Justice e Justice
League. Confermata anche la presenza
di Michael
Keaton e Ben
Affleck, che torneranno entrambi a vestire i panni di
Batman. Il film dovrebbe essere ispirato alla serie a fumetti
“Flashpoint” del 2011, scritta da Geoff Johns e disegnata da Andy
Kubert.
“Avengers S.T.A.T.I.O.N.” è una
mostra interattiva che include vari oggetti di scena e informazioni
sull’Universo
Cinematografico Marvel. Anche se quest’anno è rimasta
per lo più chiusa, ha continuato a girare il mondo: ad esempio, la
mostra è stata aperta a Toronto, in Canada, fino all’inizio di
questo mese (quando è stata poi costretta a chiudere i battenti a
causa della pandemia di Covid-19).
Tuttavia, i ragazzi di
The Direct sono riusciti a visitare la mostra prima della sua
chiusura, e ora hanno condiviso alcune informazioni particolarmente
intriganti su Thanos, il villain principale della Saga
dell’Infinito che abbiamo finalmente visto in azione in Avengers:
Infinity War e Avengers:
Endgame, che potrebbero aver svelato un collegamento con
l’attesissimo Gli Eterni.
“Si dice che l’origine di Thanos
sia sulla luna più grande di Saturno, Titano, rendendolo così un
Titano in natura”, si legge in un display. “Si dice,
tuttavia, che Thanos sia l’ultimo di una specie antica e altamente
sofisticata conosciuta in tutto l’universo come Gli Eterni”.
Questo spiegherebbe certamente l’aspetto unico del Titano Pazzo e
il fatto che sia in grado di brandire le Gemme dell’Infinito.
È da molto tempo ormai che girano
parecchie voci sul fatto che
Thanos sarà legato al prossimo film Marvel dedicato agli Eterni:
guardando alla sua storia nei fumetti, la cosa non dovrebbe
sorprendere più di tanto. Proprio nei fumetti, infatti, il cattivo
era il figlio di due Eterni, A’lars e Sui-San, e Thena (che sarà
interpretata da Angelina
Jolie nel cinecomic) è proprio la cugina di
Thanos.
Quanto di questo verrà esplorato ne
Gli Eterni resta da
vedere. Purtroppo, a causa della pandemia, è improbabile che
scopriremo di più sul film fino a quando il cinecomic non farà
ufficialmente il suo debutto a novembre del 2021. La speranza è che
un primo teaser trailer venga rilasciato quanto prima.
Gli Eterni, diretto
da Chloe Zhao, vedrà nel cast Angelina
Jolie (Thena), Richard
Madden (Ikaris), Kit
Harington (Black Knight), Kumail
Nanjiani (Kingo), Lauren
Ridloff (Makkari), Brian Tyree
Henry (Phastos), Salma
Hayek (Ajak), Lia
McHugh (Sprite), Gemma
Chan (Sersi) e Don
Lee (Gilgamesh). La sceneggiatura è stata scritta
da Matthew e Ryan
Firpo, mentre l’uscita nelle sale è stata fissata al 12
febbraio 2021.
Secondo gli ultimi aggiornamenti, il
cinecomic includerà nel MCU gli esseri superpotenti e quasi
immortali conosciuti dai lettori come Eterni e i mostruosi
Devianti, creati da esseri cosmici conosciuti come Celestiali. Le
fonti hanno inoltre rivelato a The Hollywood Reporter che un
aspetto della storia riguarderà la storia d’amore tra Ikaris, un
uomo alimentato dall’energia cosmica, e Sersi, eroina che ama
muoversi tra gli umani.
È da tempo ormai che si parla della
possibilità che Namor il Sub-Mariner possa fare il
suo debutto nel MCU grazie a Black
Panther 2: se così fosse, alla Fase 4 del MCU spetterebbe il compito di
“impostare” ufficialmente il personaggio. Namor è uno dei
personaggi più affascinanti dei fumetti e, tecnicamente, è uno dei
primi mutanti ad aver fatto la sua apparizione. Il suo
atteggiamento feroce e il suo comportamento severo lo rendono sia
un degno sovrano del regno sottomarino di Atlantide, sia un
personaggio molto difficile con cui andare d’accordo, dal momento
che ha causato buona parte dei conflitti tra i suoi compagni eroi e
il mondo in superficie.
Una delle rivalità più famose di
Namor nei fumetti è con un altro re: il T’Challa
di Wakanda. Per anni avevano prestato servizio insieme come membri
degli Avengers, ma durante gli eventi di Avengers vs
X-Men, Namor (che era stato imbevuto dei poteri della Fenice),
tentò di distruggere la nazione di Wakanda. Ciò ha provocato una
sorta di “guerra fredda” tra i due personaggi, con ripetuti
attacchi contro le rispettive nazioni; alla fine, la regina Shuri
ha ordinato un feroce attacco alla nazione di Atlantide,
lascinadola in rovina. L’astio reciproco tra i due personaggi ha
continuato a crescere negli ultimi anni, dando vita ad una delle
rivalità dei fumetti più apprezzate di sempre.
A causa della loro storia, i fan del
MCU hanno ipotizzato (e sperato)
che Namor potesse apparire in Black
Panther 2 come villain principale. Anche se il
rapporto di Namor e T’Challa con il potere e la regalità sarebbe un
ostacolo interessante l’uno per l’altro, c’è un’enorme possibilità
che Namor possa effettivamente fare la sua prima apparizione o
essere menzionato molto prima nel MCU. A causa della narrativa
altalenante della Fase 4, Namor potrebbe fare il suo debutto ne
Gli
Eterni.
Un punto importante della trama del
film e dei personaggi, in generale, è che gli Eterni sono
immortali: una propaggine evolutiva creata dai Celestiali per
difendere la Terra dalle loro controparte malvagia, i Devianti. A
causa della loro longevità, gli Eterni hanno interagito con i
membri dell’antico pantheon divino della Marvel e hanno persino interagito
con gli antichi greci per conto di divinità come Zeus e Atena.
Essenzialmente, sono stati testimoni di quasi tutta la storia
umana, cosa che gli ha resi dei veri e propri esperti di antiche
conoscenze umane, oltre che supereroi.
Il MCU saprà sfruttare il
potenziale narrativo di un personaggio come Namor?
Con il film in uscita il prossimo
anno, non c’è dubbio che lo stesso mostrerà alcuni degli eventi che
gli Eterni hanno vissuto, solo per dare al pubblico un assaggio di
chi sono. Uno di questi eventi importanti potrebbe benissimo essere
la distruzione originale di Atlantide, l’evento cataclismico che la
fece collassare in mare e prosperare come società sottomarina.
Questo sarebbe il modo perfetto per impiantare l’idea di un regno
sottomarino nella mente degli spettatori in modo che, se
Namor il Sub-Mariner dovesse davvero fare
un’apparizione in Black
Panther 2, la civiltà atlantidea non sembrerebbe
uscire dal nulla.
Tuttavia, c’è anche la possibilità
che lo stesso sovrano di Atlantide possa apparire nel film. Con
Kit Harington destinato ad interpretare il
Black Knight del MCU, i fan non hanno ancora idea
del tipo di storia che il film racconterà, mentre è già stato
confermato che altri titoli della Fase 4 avranno toni e atmosfere
tipiche di un ensemble movie in stile Avengers. Se il
MCU vuole davvero capitalizzare il
potenziale narrativo del personaggio all’inizio, Gli
Eterni è il film perfetto dove farlo apparire e
perpettergli di lasciare un segno sul grande schermo prima del suo
arrivo in Black
Panther 2.
Cresce l’attesa per i prossimi
episodi di The Mandalorian 2 e dopo le
rivelazioni del quinto episodio, oggi Hal
Hickel, dirigente della LucasFilm ha postato una
suggestiva dichiarazione che lascia intendere quanto dovremo
aspettarci dai prossimi episodi.
Y’all in for a rollercoaster these last
three episodes. 🙂
#Mandalorian
Nel Tweet Hickel asserisce che dovremmo essere pronti alle
“montagne russe degli ultimi tre episodi”. Che dire, è
un’affermazione che lancia aspettative enormi per il prosieguo
della stagione.
The Mandalorian 2
è la seconda stagione della serie tv
The
Mandalorian live action basata sull’universo di
Star
Wars prodotta dalla LucasFilm per la piattaforma
streaming Disney+.
Ambientata nell’universo di Guerre
stellari dopo le vicende de Il
ritorno dello Jedi e prima di Star
Wars: Il risveglio della Forza, racconta le avventure
di un pistolero mandaloriano oltre i confini della Nuova
Repubblica. Dopo la caduta dell’Impero, nella galassia si è diffusa
l’illegalità. Un guerriero solitario vaga per i lontani confini
dello spazio, guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie.
Ambientata dopo la caduta dell’Impero e prima della comparsa del
Primo Ordine, The
Mandalorian racconta le difficoltà di un
pistolero solitario che opera nell’orlo esterno della galassia,
lontano dall’autorità della Nuova Repubblica. La serie ha come
protagonista Pedro Pascal nei panni del Mandaloriano.
La serie The
Mandalorian è prodotta e scritta
da Jon
Favreau (già produttore de Il Re
Leone e delle saghe
di Avengers e Iron Man). Nel cast
anche Gina
Carano (Deadpool, Fast
and Furious); Carl Weathers (Apollo
Creed nella saga di Rocky), Nick
Nolte (Cape Fear, Il Principe delle
maree), Emily
Swallow (Supernatural, Le regole
del delitto perfetto), Taika
Waititi (premio Oscar 2019 per JoJo
Rabbit), Giancarlo
Esposito (Fa’ la cosa
giusta, Breaking Bad) e Omid
Abtahi (24, Homeland, Star
Wars: The Clone Wars).
The
Mandalorian, prodotta in esclusiva per Disney+ da Lucasfilm, è
la prima serie live-action di Star Wars e, nei suoi 8 episodi,
racconta vicende ambientate dopo la caduta dell’Impero, quando
nella galassia si è diffusa l’illegalità. Protagonista è un
guerriero solitario che vaga per i lontani confini dello spazio,
guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie. A
interpretarlo Pedro
Pascal (Game of
Thrones, Narcos).
George Lucas si è unito alle legioni di fan,
attori e creativi legati all’universo di Star Wars che stanno rendendo omaggio al
compianto David Prowse, scomparso questo fine settimana.
Prowse è stato l’attore che ha indossato la memorabile armatura di
Darth Vader in tutti i film della trilogia
originale, dando così vita al celeberrimo villain (doppiato nei
film da James Earl Jones). Prowse è morto all’età
di 85 anni.
In seguito alla notizia della
scomparsa dell’attore, i tributi a David Prowse sono arrivati da ogni parte del
mondo. Senza il preziosissimo contribuito di Prowse, Darth Vader
non sarebbe certamente diventato l’iconico cattivo che rimane
ancora oggi, a circa quattro decenni dal debutto di
Una Nuova Speranza.Mark Hamill, che ha recitato al fianco di
Prowse nei panni di Luke Skywalker, ha spiegato come la loro
rivalità sul grande schermo abbia ceduto il passo a rispetto e
ammirazione profondi nella vita reale. Altre star che hanno reso
omaggio a Prowse attraverso i social media sono state
William Shatner, Warwick Davis, Joonas Suotamo
(che ha interpretato Chewbacca nella trilogia sequel) e Rosario Dawson, che proprio di recente ha
debuttato nei panni di Ahsoka Tano nell’acclamata serie The
Mandalorian.
George Lucas, il creatore del franchise, si
ora espresso in merito alla morte di David Prowse. Nei commenti fatti a StarWars.com,
Lucas ha parlato di come la presenza fisica di Prowse si prestasse
perfettamente al tipo di personaggio che
Darth Vader doveva essere. “David ha portato una fisicità a
Darth Vader che era essenziale per il personaggio”, ha
spiegato Lucas. “Ha fatto saltare Vader fuori dalle pagine e
sul grande schermo, con una statura imponente e prestazioni di
movimento per abbinare l’intensità e la sottocorrente della
presenza di Vader. David era pronto a tutto e ha contribuito al
successo di quella che sarebbe diventata una figura tragica e
memorabile. Che riposi in pace.”
Prima di interpretare il personaggio
di
Darth Vader, David Prowse era un sollevatore di pesi e
bodybuilder, il che lo ha aiutato a creare quella fisicità che
sarebbe poi diventata il marchio del personaggio. Prowse ha anche
fatto un’audizione per un altro ruolo nel franchise che richiedeva
altrettanta forza e una statura a dir poco impressionante:
Chewbacca. Alla fine la parte è stata affidata a Peter Mayhew, purtroppo anche lui scomparso di
recente, nell’aprile del 2019.
La versione di Black Panther disponibile su Disney+ contiene ora uno speciale
tributo al suo protagonista, il compianto Chadwick Boseman. Sono passati solo pochi mesi
dalla sconvolgente notizia della morte dell’attore, che ha
combattutto in silenzio, per quattro lunghi anni, contro un cancro
al colon. In quello stesso lasso di tempo, Boseman è diventato uno
dei volti più riconoscibili del MCU grazie alla sua interpretazione
di T’Challa in ben quattro film dell’universo condiviso.
Ieri 29 novembre, Chadwick Boseman avrebbe compiuto 44 anni. Per
l’occasione, la Disney ha voluto commemorare ancora una volta la
memoria dell’attore attraverso uno speciale tributo: una nuova
opening prima dell’inizio di Black Panther. Ad anticipare l’omaggio era già
stato l’ex CEO della Disney, Bob Iger, via
Twitter, nella giornata del 28 novembre: “A tutti i fan di
Black Panther: guardate il film su Disney+ stanotte. Ci sarà un tributo
speciale nei confronti di qualcuno che è stato e sarà sempre vicino
ai nostri cuori”, aveva scritto.
La nuova opening consiste
sostanzialmente in una nuova animazione del classico logo dei
Marvel Studios, che è stata modificata
includendo soltanto immagini di Chadwick Boseman nei panni di T’Challa. Potete
ammirare il nuovo intro di seguito:
Tutto quello che sappiamo su Black Panther 2
Di recente è stato annunciato che le
riprese di Black
Panther 2 partiranno ufficialmente a luglio 2021
e si terranno ad Atlanta, in Georgia. La produzione del film durerà
sei mesi. La data di uscita nelle sale americane resta confermata
per il 6 maggio 2022. Per quanto riguarda il cast del film,
Letitia Wright (Shuri), Angela
Bassett (Ramonda), Lupita
Nyong’o (Nakia), Danai
Gurira (Okoye), Winston
Duke (M’Baku) e Martin
Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei
rispettivi personaggi interpretati già nel primo film.
È da tempo che si parla della
possibilità che il personaggio di Suri interpretato da Wright possa
avere un ruolo di maggior rilievo nel nuovo film: in passato, la
stessa attrice aveva dichiarato che accetterebbe volentieri la
sfida qualora la sorella di T’Challa dovesse mai assumere il ruolo
di Pantera Nera. Nel frattempo, è stato anche confermato che
l’attore Tenoch Huerta(Narcos:
Messico) è in trattative con i Marvel Studios per interpretare il
villain principale nel sequel, che sarà scritto e diretto ancora
una volta da Ryan Coogler.
Al momento non sappiamo ancora in
che modo la storia di Black
Panther 2 farà fronte alla tragica scomparsa
di Chadwick
Boseman; quel che è certo è che l’attore non sarà
ricreato digitalmente. A confermarlo è stata, di recente, Victoria
Alonso, Executive dei Marvel Studios. “No. C’è
un solo Chadwick e non è con noi”, aveva dichiarato
via The
Wrap. “Il nostro re, purtroppo, è morto nella vita
reale, non solo nella finzione, e ci stiamo prendendo un po’ di
tempo per vedere in che modo tornare alla storia e cosa faremo per
onorare questo capitolo di ciò che ci è accaduto, inaspettato,
doloroso, e terribile.”
Nonostante, quindi, la morte del
personaggio, forse la storia di Heimdall nel MCU potrebbe non essersi del tutto
conclusa. L’ultimo post condiviso su Instagram da
Taika Waititi potrebbe essere un’indicazione del fatto
che il personaggio di Idris Elba farà un’apparizione
nell’attesissimo Thor: Love and
Thunder. Il regista, infatti, ha condiviso uno scatto
che lo ritrae proprio insieme all’attore britannico: lo scorso fine
settimana, infatti, i due hanno visitato la All Blacks, la squadra
di rugby della Nuova Zelanda. Considerando che le riprese di
Thor
4 sono ormai prossime a partire, alcuni hanno visto questa
reunion tra i due come un segnale che Elba sarà presente
cinecomic di Waititi.
Tuttavia, vale la pena notare che
Taika Waititi e Idris Elba hanno lavorato anche al di fuori
del MCU. Più di recente, i due hanno
recitato nell’attesissimo The
Suicide Squad di James Gunn, in cui Elba interpreterà
Bloodsport, mentre il ruolo di Waititi non è stato ancora svelato;
forse, hanno avuto la possibilità di consolidare ancora di più il
loro rapporto proprio durante la lavorazione del cinecomic di
Gunn…
Considerato che, di recente,
Thor: Love and
Thunder è stato descritto come
una sorta di film in stile Avengers proprio a causa
dell’alto numero di personaggi che la storia coinvolgerà, non è
così assurdo ipotizzare un ritorno di Heimdall. È possibile che in
qualche modo sia sopravvissuto alla distruzione della nave
asgardiana in Infinity
War; altrimenti, il suo eventuale cameo potrebbe avvenire
attraverso un flashback. Non ci resta che attendere eventuali nuovi
aggiornamenti.
Thor: Love and
Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo
sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir
stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo
daNatalie
Portman, come confermato sabato durante il
panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle
sale è fissata invece al 11 febbraio 2022.
Taika Waitititornerà alla regia di un film dei
Marvel Studios
dopo Thor:
Ragnarok, così come Chris
HemswortheTessa
Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor
e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers:
Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal fumetto
“The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la perfetta
combinazione di emozioni, amore, tuono e storie appassionanti con
la prima Thor femmina dell’universo“.
Dave Prowse, l’ex
bodybuilder di Bristol noto per aver interpretato Darth Vader nella
trilogia originale di Star
Wars, è morto all’età di 85 anni. Prowse è stato scelto
come Vader per il suo fisico imponente, anche se il ruolo è stato
doppiato da James Earl Jones.
“Che la forza sia con lui,
sempre!” ha detto il suo agente Thomas Bowington. “Anche
se famoso per aver interpretato molti mostri – per me e per tutti
coloro che conoscevano Dave e lavoravano con lui, era un eroe nelle
nostre vite.” Il signor Bowington ha definito la morte
dell’attore, dopo una breve malattia, “una perdita veramente e
profondamente straziante per noi e per milioni di fan in tutto il
mondo”.
La carriera di Prowse come attore è
durata 50 anni, ma è stato il suo ruolo di Signore dei Sith in Star
Wars a portarlo alla fama internazionale. Sfortunatamente, il
suo accento del West Country non è stato ritenuto adatto per la
parte di un minaccioso cattivo di Hollywood e le sue battute sono
state doppiate.
Tuttavia, Prowse è stato una
presenza definitiva in tutti e tre i primi film, grazie al suo
imponente fisico, era alto 198 cm, affinato dalle abilità di
sollevamento pesi che lo hanno visto rappresentare l’Inghilterra ai
Giochi del Commonwealth nei primi anni ’60.
Durante questo periodo, avrebbe
stretto amicizia con i concorrenti rivali di bodybuilding
Arnold Schwarzenegger e Lou
Ferrigno (in seguito meglio conosciuto come L’incredibile
Hulk della TV), molto prima della loro fama sullo schermo.
Ma fu anche personal trainer di
Christopher Reeves, preparandolo al ruolo di
Superman, ed ha debuttato al cinema nel 1967, interpretando la
Creatura di Frankenstein in una parodia di James
Bond, una parte che gli è stato chiesto di interpretare di
nuovo in due film dell’iconica serie Hammer, Horror of Frankenstein
degli anni ’70 e Frankenstein and the Monster From Hell del
1974.
Ha anche partecipato regolarmente a
serie cult come The Saint, Space 1999 e Doctor Who, in cui è stato scelto come minotauro
nell’episodio del 1972 The Time Monster, al fianco di Jon
Pertwee.
Avvistato dal regista George Lucas
nel film Arancia Meccanica del 1971, in cui interpretava una
guardia del corpo, Prowse è stato invitato a un’audizione per i
ruoli di Darth Vader e Chewbacca in Star Wars: Episode IV –
Una Nuova Speranza. In seguito ha detto a Tanya
Beckett della BBC che scelse di interpretare Vader invece che
Chewbacca, perché i cattivi restano più impressi nella memoria.
Con il successo di Star Wars, Prowse
è diventato un personaggio fisso nel circuito dei fan e ha
partecipato a convention in tutto il mondo per quasi 40 anni, ma si
dice che in seguito abbia litigato con il regista Lucas ed è stato
bandito dagli eventi ufficiali nel 2010.
COLLECT PICTURE – David Prowse as The Green cross Code
Man
Nonostante il continuo successo per
Star Wars, l’attore ha sempre sostenuto che il Green Cross
Code Man, che ha interpretato per la prima volta nel 1975,
è stato il “miglior lavoro che abbia mai avuto”. Vestito con
un caratteristico costume da supereroe verde e bianco, è diventato
il volto della sicurezza stradale britannica per oltre un decennio,
noto per il suo slogan “Fermati, guarda e ascolta”.
Cresciuto a Bristol, ha trascorso i
suoi ultimi anni vivendo a Croydon come “amorevole marito, padre e
nonno”. La sua autobiografia Straight from the Force’s Mouth è
stata pubblicata nel 2011.
Si chiude oggi, sabato 28 novembre,
il 38 Torino Film Festival, la prima edizione diretta da Stefano
Francia di Celle e completamente online. I film vincitori saranno
annunciati nel corso della premiazione che avrà luogo, in diretta
dalla Mole Antonelliana, a partire dalle ore 18:00 sul canale
YouTube e sull’account Facebook del Torino Film Festival.
9 giorni di programmazione, 133 film
– di cui 64 lungometraggi, 15 mediometraggi, 54 cortometraggi, 29
lungometraggi opere prime, 52 anteprime mondiali, 16 anteprime
internazionali, 4 anteprime europee, 40 anteprime italiane su un
totale di oltre 4.000 opere visionate – e un fitto calendario di
eventi collaterali, conferenze stampa, presentazione di libri,
incontri con gli autori e masterclass.
“Siamo riusciti nell’impresa per
nulla scontata di dare una soluzione di continuità al festival,
nonostante la situazione di estrema difficoltà nella quale ci
troviamo, preservandone l’identità – sottolinea Enzo Ghigo,
presidente del Museo Nazionale del Cinema. I miei complimenti vanno
a Stefano Francia, per il risultato particolarmente significativo
ed eclatante che abbiamo raggiunto. I consensi raccolti ci
confermano che abbiamo fatto la scelta giusta, non solo proponendo
i film su piattaforma ma creando un vero e proprio
programma con eventi, incontri, masterclass. Un patrimonio che
resta online, i cui contenuti diventano un arricchimento del
bagaglio complessivo del festival. L’appuntamento è per l’edizione
del 2021 che faremo sia online che in presenza”.
“Questa edizione del Torino Film
Festival è stata straordinaria e innovativa, come d’altronde è il
cinema – afferma Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale
del Cinema. Per la prima volta abbiamo gestito un evento
completamente online, trovando nuove vie di comunicazione e di
fruizione per quello che è uno degli appuntamenti culturali più
importanti della città. Il cinema nasce in sala, è lì che si compie
la magia, e nulla la potrà sostituire, ma in questa particolare
avventura il pubblico ci ha dato ragione. Si aprono così
prospettive nuove, non soltanto per i festival che il museo
gestisce ma anche per tutti i
numerosi eventi culturali che propone”.
“Ho sempre amato il cinema per la
possibilità di viaggiare nel mondo e conoscere persone diverse da
me, e per la capacità di condensare, nell’arco di un cortometraggio
o un lungometraggio, le emozioni, i colori, i suoni, i volti, i
sorrisi di tutto il mondo – racconta Stefano Francia di Celle,
direttore del Torino Film Festival. In questa edizione online tutto
ciò è avvenuto in maniera ancora più forte, perché i 133 produttori
e registi si sono prestati magnificamente al gioco serio di
promuovere bellissimi film attraverso una proposta innovativa. Il
cinema ha sempre avuto per me un ruolo fondamentale: i film e
l’opera dei grandi registi – ma anche dei giovani autori – che ho
visto proprio al Torino Film Festival mi hanno formato sia dal
punto vista professionale che umano. Ringrazio con tutto il cuore
la meravigliosa squadra del TFF, per aver saputo gestire il
passaggio da festival ibrido a solo online e per aver fatto propri
i temi sociali e di inclusione, solida base dalla quale è nato
tutto il 38° Torino Film Festival”.
I film vincitori dei premi ufficiali
del 38 TFF saranno proposti in replica su MYmovies a partire dalle
ore 19:00 di sabato 28 novembre fino alle ore 24:00 di domenica 29.
Biglietti 3,50 euro; gli abbonati potranno accedere alla sala
virtuale, compatibilmente con i posti disponibili, senza
maggiorazioni di costo.
Ma il Torino Film Festival non si
ferma qui, e propone una maratona di Capodanno, sempre su MYmovies,
dalle 12 del 31 dicembre e per 24 ore. Per info
www.torinofilmfest.org.
TORINO 38 | Concorso Internazionale
Lungometraggi
Giuria composta da Waad Al-Kateab (Siria), Jun Ichikawa (Giappone),
Paola Randi (Italia), Martina Scarpelli (Italia), Homayra Sellier
(Iran).
Miglior Film (€18.000) BOTOX di
Kaveh Mazaheri (Iran-Canada, 2020)
Premio Speciale della Giuria SIN
SEÑAS PARTICULARES di Fernanda Valadez (Messico-Spagna, 2020)
Giuria composta da Stefano Cravero
(Italia), Gaia Furrer (Italia), Paola Piacenza (Italia).
Miglior film per Internazionale.doc (€ 6.000)
THE LAST HILLBILLY di Diane Sara Bouzgarrou e Thomas Jenkoe
(Francia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per lo struggente racconto di un mondo in
dissoluzione abitato da uomini e donne dimenticati costretti a fare
i conti con l’illusione di un falso progresso. Per il rispetto e
l’affetto dimostrato nei confronti dei personaggi, svelati
poeticamente e senza retorica.”
Premio Speciale della giuria per
Internazionale.doc
OUVERTURES di The Living and the Dead Ensemble (Francia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Con questo film che dimostra il valore del lavoro
collettivo, la Storia e il presente dialogano in un processo
creativo colto nel suo farsi, in cui la ricerca procede liberamente
e per divagazioni. Un viaggio profondo e affascinante nel concetto
di rivoluzione e nell’identità di un Paese.”
TFFdoc – ITALIANA.DOC | Concorso
Documentari Italiani
Giuria composta da Stefano Cravero (Italia), Gaia Furrer (Italia),
Paola Piacenza (Italia).
Miglior film per Italiana.doc (€ 6.000)
PINO di Walter Fasano (Italia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per la capacità di tradurre un lavoro su commissione
in un’esplorazione creativa libera e personale. Coniugando il
ritorno al luogo d’origine con il paradosso, l’anticonformismo, il
gesto vulcanico di Pascali, il film trasporta lo spettatore in una
dimensione in cui materiali d’archivio, parole e suoni sono
presenze vive che aprono un dialogo tra artista e cineasta.”
Premio Speciale della giuria per
Italiana.doc
AL LARGO di Anna Marziano (Italia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Attraverso il flusso immersivo delle immagini e delle
parole la regista ci avvicina alla realtà del dolore e alle sue
conseguenze sullo spirito dell’uomo: la solidarietà, la cura, il
senso della sofferenza. In una conversazione a più voci in cui
saggio, esperienza sensoriale e poesia si intrecciano.”
ITALIANA.CORTI | Concorso
Cortometraggi Italiani
Giuria composta da Martina Angelotti (Italia), Francesco
Dongiovanni (Italia), Elisa Talentino (Italia).
Miglior film per Italiana.corti (€ 2.000)
OLD CHILD di Elettra Bisogno (Belgio, 2020)
MOTIVAZIONE: “L’abbandono della propria terra, evocato da un
viaggio filmico vitale, fatto di suoni e memorie, privo di
stereotipi linguistici e narrativi”.
Premio Speciale della giuria per
Italiana.corti
MALUMORE di Loris Giuseppe Nese (Italia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per la capacità con cui affronta il disagio della
precarietà quotidiana, adottando un linguaggio estetico, essenziale
e al contempo visionario”.
PREMIO FIPRESCI – Premio della
Federazione Internazionale della Stampa
Giuria composta da Hala El Mawy (Egitto), Ariel Schweitzer
(Israele), Silvana Silvestri (Italia).
Miglior Film Torino 38
MOVING ON di Dan-bi Yoon (Corea del Sud, 2019)
MOTIVAZIONE: “Per la sua visione sottile della famiglia, della
crudeltà ma anche della tenerezza e dell’umanità che caratterizzano
i rapporti familiari, per l’eleganza e la maturità del suo stile,
la giuria Fipresci ha deciso di assegnare il suo premio al film
sudcoreano Moving on del regista Dan-bi Yoon”.
I PREMI COLLATERALI
PREMIO RAI CINEMA CHANNEL | Miglior film scelto nelle sezioni
Torino 38 Corti e Italiana.corti
€ 3.000 e acquisizione diritti web e free tv per l’Italia
A BETTER YOU di Eamonn Murphy (Irlanda, 2020)
MOTIVAZIONE: “Opera cinematografica di assoluta originalità, che
scava con ironia nell’insicurezza e nella timidezza dell’animo
umano in relazione con gli altri. A tratti distopico e
anacronistico, fa riflettere sull’eccessivo utilizzo dei social
network, sempre guidato da un’eccellente mano registica e da una
magistrale interpretazione”.
PREMIO ACHILLE VALDATA| Miglior film
scelto nelle sezioni Torino 38
Giuria dei lettori di TorinoSette – La Stampa
EYIMOFE THIS IS MY DESIRE di Arie & Chuko Esiri (Nigeria, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per aver interpretato il tema dell’emigrazione con un
taglio alternativo, dal punto di vista del migrante prima che lo
diventi. In una sorta di neorealismo gli autori rappresentano con
dignità la difficile vita quotidiana di Lagos senza cadere nel
melodramma e nella compassione”.
Il genere crime è uno dei più
diffusi sia al cinema che in televisione, amatissimo dalla maggior
parte degli spettatori. Può sembrare strano ma c’è chi ama passare
le serate alle prese con omicidi e indagini, un po’ come dei
moderni Hercule Poirot e Miss Murple. Tra le
tantissime serie tv crime classiche come Law &
Order e La Signora in
Giallo, ce n’è una francese in particolare,
Profiling, che sta facendo impazzire il pubblico
del mondo intero. Oggi vi parliamo proprio della protagonista di
questa intrigante serie crime europea, interpretata da
Odile Vuillemin.
Scopriamo insieme quindi
tutto quello che c’è da sapere su Odile Vuillemin,
sulla sua vita privata e la sua brillante carriera divisa tra
cinema e televisione.
Odile Vuillemin biografia: gli
inizi della sua carriera
Nata da Marna
l’8 luglio del 1976, Odile Vuillemin è figlia di
un ingegnere e una casalinga ed ha quattro sorelle tra cui una
gemella, Sophie. Quando Odile compie quattro anni, la famiglia
decide di trasferirsi da Marna a Metz, dove lei e le sue sorelle
trascorrono tutta l’infanzia e l’adolescenza.
Dopo il diploma, decide di
prepararsi per entrare allo HEC (École des Hautes Etudes
Commerciales de Paris), conosciuta semplicemente come
Paris School of Business Studies. Tuttavia, la
Vuillemin cambia idea in corso d’opera e finisce con il prendere un
percorso di studio completamente diverso.
Odile decide di restare a Parigi e
studia sociologia, psicologia e lingue
straniere (in particolare cinese e
tahitiano), con l’idea di diventare
un’etnologa. L’etnologia è una
branca dell’antropologia e si occupa dello studio e del confronto
delle popolazioni mondiali, analizzandone tutte le differenze
socio-culturali.
Nonostante la sua strada si sia già
ben delineata, Odile sorprende tutti e fa un ulteriore cambio di
rotta. Appassionatasi un po’ per caso al teatro,
decide quindi di approfondire i suoi studi e comincia a prendere
lezioni di recitazione seguendo i Cours d’art dramatique
René-Simon, conosciuti semplicemente come Cours Simon.
Situata a Parigi, la scuola è una delle più antiche di Francia,
destinate alla formazioni professionale di nuovi attori.
Grazie alla sua dedizione e alle
lezioni della scuola d’arte drammatica, nel 2001 Odile intraprende
finalmente la sua carriera d’attrice.
Odile Vuillemin film e serie
tv
Il suo debutto al cinema come
attrice risale al 2001 quando Odile viene scelta
per interpretare un ruolo minore nel nuovo film di
Jean-Paul Civeyrac, dal titolo Le Doux
Amour des Hommes. A quel primo esperimento cinematografico
ne seguiranno poi molti altri. In quegli anni infatti la vediamo
nei film Podium (2004), À tout de
suite (2004) – diretto da Benoît Jacquot
-, Syprien (2009), J’aime Regarder Les
Filles (2011), Furax (2012) e
Love Is In The Air – Turbolenze D’Amore
(2013).
Contemporaneamente, Odile comincia
però a lavorare anche in televisione. Dal 2007 in poi la vediamo
infatti partecipare a numerosi progetti televisivi come film, serie
e miniserie. Tra i suoi progetti più importanti ricordiamo le serie
tv C’est Vostre Histoire (2007) – suo debutto
ufficiale sul piccolo schermo -, Profiling
(2009-2016), Xanadu – Una Famiglia a Luci Rosse
(2011), Les Innocents (2018) e La Dernière
Vague (2019).
Odile inoltre è stata tra i
protagonisti di diversi film per la televisione. Tra i più
importanti ricordiamo L’amore Sbagliato
(L’Emprise, 2015), Entre Deux Mères (2016),
Delitto a Courrières (Les Crimes Silencieux,
2017), Né sous silence (2018),
Piégés (2018) e Un Homme Parfait
(2019).
Nonostante il suo debutto come
attrice risalga al 2001, Odile Vuillemin raggiunge però la
notorietà soltanto otto anni più tardi. Il 2009 è un anno
importante per l’attrice francese che finalmente ottiene un ruolo
da protagonista in quella che poi diventerà una delle serie crime
europee più amate, Profilage.
Odile Vuillemin in Profiling
Ideata da Fanny
Robert e Sophie Lebarbier,
Profilage – conosciuta con il titolo inglese di
Profiling – è una serie crime che racconta dei
casi affrontati dalla Polizia parigina e dalla sua criminologa più
promettente, Chloé Saint-Laurent.
Ci troviamo nella bellissima e
trafficatissima Parigi quando la criminologa Chloé Saint-Laurent
(Odile Vuillemin) viene assegnata alla nuova
squadra investigativa della polizia criminale, guidata da Matthieu
Pérac (Guillaume Cramoisan). A questa divisione
sono affidati i casi d’omicidio più cruenti e complessi e Chloé si
trova a dover fare i conti con un capo a cui è estremamente
difficile rapportarsi.
Mentre Matthieu è assi schematico e
metodico nelle sue investigazioni, Chloè tende ad approcciarsi alle
indagini in maniera differente. La criminologa riesce,
estraniandosi dal gruppo, ad entrare nella testa dell’assassino,
riuscendo a interpretare le sue scelte criminali e a volte ad
anticipare le sue mosse. Inutile dire che non tutti i suoi colleghi
siano proprio entusiasti di questo metodo così poco ortodosso.
Ma se Matthieu non sembra
condividere la sua passione per l’attività di profiling, Chloé ha
il sostegno di tanti nella squadra. Tra questi c’è il Comandante
Thomas Rocher (Philippe Bas), il classico
poliziotto pragmatico che odia le chiacchiere e predilige l’azione.
Nonostante sia parecchio irascibili e brontolone, l’ispettore è uno
dei sostenitori dell’attività di Chloè, rintenuta fondamentale per
la risoluzione del casi.
La serie, in onda dal 2009 al 2018,
è andata avanti per ben 10 stagioni e 102
episodi, non senza stravolgimenti di cast. Durante la
settima stagione, Chloè viene trasferita e la
nuova protagonista diventa Adèle Delettre, interpretata da Juliette
Roudet, che a sua volta resta fino alla nona
stagione.
Odile Vuillemin, perché lascia
Profiling?
Per ben sei stagioni, Odile
Vuillemin è stata la protagonista indiscussa di
Profiling, nonché uno dei personaggi televisivi
francesi più amati dal pubblico. Tuttavia, nel 2016, a sorpresa,
l’attrice annuncia il suo ritiro dalla serie,
notizia che lascia i suoi fan senza parole. Ma come mai Odile è
arrivata a voler abbandonare la serie che l’ha sera così famosa? In
molti si sono posti la stessa domanda e nei mesi successivi
all’annuncio sono state formulate varie ipotesi.
Nel dicembre del 2016, in
un’intervista rilasciata al giornale Le Parisien,
Odile fa un commento a proposito della sua decisione di abbandonare
lo show che però non convince molto il pubblico.
“Lascio Profiling perché ho
bisogno di nuove sfide, di vivere altre esperienze. Chloé mi ha
aiutato ad aprirmi. Questo ruolo è stato in un certo senso
terapeutico”. [fonte:
TéléStar]
Le parole di Odile, molto vaghe e
in un certo senso distaccate, per alcuni dei suoi fan, sembrano
voler celare un problema assai più grandi. Gli attenti
telespettatori della serie, infatti, durante il corso della terza
stagione avevano notato un cambiamento fisico importante nella
protagonista. Odile davanti alle telecamere appariva assai
dimagrita, quasi pelle o ossa e in molti pensavano che il suo stato
fosse attribuibile al forte stress.
Girare una serie per così tante
stagioni è un impegno assai gravoso e che spesso finisce con il
logorare i suoi protagonisti. Per molti quindi la decisione di
Odile di abbandonare la serie è una diretta conseguenza degli anni
di duro lavoro sul set, in aggiunta ovviamente alla volontà di
mettersi alla prova con nuovi progetti.
Odile Vuillemin 2020
L’ultimo dei progetti televisivi a
cui Odile Vuillemin partecipa è un film, un
biopic diretto da Laurent Tuel, dal
titolo Pourquoi Je Vis. Adattamento dei libri
Sous Ton Regard di Laurence
Lemarchal e Mon frère, l’artiste di
Leslie Lemarchal, il film ripercorre tutta la vita
del famoso cantante Grégory Lemarchal.
Pourquoi Je Vis, è
ambientato nel 2004, anno in cui Grégory Lemarchal vince la quarta
edizione di Star Acadamy, un talent musicale
televisivo francese in onda su TF1 dal 2001 al 2013 per ben 9
stagioni. Grégory sceglie proprio quel momento, per annunciare a
più di dieci milioni di telespettatori di essere affetto da una
malattia incurabile.
Grégory è affetto da
fibrosi cistica, una malattia genetica letale che
coinvolge diversi organi interni ma che colpisce maggiormente
l’apparato respiratorio e digerente. A causa di una mutazione
genetica, il corpo non riesce a espellere il muco che,
accumulandosi in brochi e polmoni rende difficile la
respirazione.
“Questo muco chiude i bronchi e
porta a infezioni respiratorie ripetute, ostruisce il pancreas e
impedisce che gli enzimi pancreatici raggiungano l’intestino, di
conseguenza i cibi non possono essere digeriti e assimilati.
“
Pourquoi Je Vis,
ripercorre gli ultimi anni di vita di Grégory
Lemarchal, nato il 13 maggio del 1983 e morto il
30 aprile del 2007, all’età di soli 23
anni. Nel film, Odile Vuillemin interpreta
Laurence Lemarchal, madre del famoso cantante
scomparso.
Odile Vuillemin su Instagram
Se volete essere sempre aggiornati
sulla vita privata e professionale di Odile Vuillemin, vi
consigliamo di seguire il suo account ufficiale Instagram.
Beatrice
Fiorentino è il nuovo Delegato
Generale della Settimana Internazionale della
Critica (SIC), sezione autonoma e
parallela nell’ambito della Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica della Biennale
di Venezia. Nominata all’unanimità dal Consiglio Nazionale del
Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI),
sostituirà Giona A. Nazzaro, chiamato, dopo cinque anni alla
guida della SIC, a dirigere il Festival di Locarno. A Nazzaro,
il SNCCI esprime gratitudine e augura buon lavoro per il nuovo
prestigioso incarico.
Laureata in Filmologia
all’Università di Trieste, Beatrice Fiorentino è
giornalista freelance e critico cinematografico. Ha insegnato
linguaggio cinematografico e audiovisivo all’Università del
Litorale di Capodistria e oggi scrive per Il manifesto,
Il Piccolo, Cinecittà News, 8 e ½. Nel 2014 ha ricevuto il
Premio Akai come “Miglior critico cinematografico” alla
71esima Mostra del Cinema di Venezia e dal 2015 è parte della
commissione “Film della Critica” del Sindacato Nazionale
Critici Cinematografici Italiani. Dal 2016 è selezionatore per
la Settimana Internazionale della Critica di Venezia e dal 2018 è
membro della European Film Academy.
“Raccolgo questa sfida con
entusiasmo e orgoglio, ben consapevole della grande
responsabilità che mi è stata affidata. Assieme alla
commissione di selezione e alla nuova squadra di programmatori
lavoreremo in continuità con la consolidata
tradizione della Sic, sulla scia di chi molto autorevolmente
ci ha preceduti. Non dobbiamo inventare nulla. Resteremo con
gli occhi ben puntati al presente del mondo e al futuro del
cinema” – afferma Beatrice Fiorentino,
nuovo Delegato Generale della Settimana Internazionale della
Critica.
“Il Sindacato Critici ritiene
molto positivo il lavoro svolto in questi anni da Giona Nazzaro e
la nomina di Beatrice Fiorentino, la più stretta collaboratrice del
delegato uscente, intende proprio dare continuità al progetto, che
ha fatto della SIC l’appuntamento principe per intercettare e
segnalare le novità e le trasformazioni del linguaggio
cinematografico ed individuare i più interessanti autori emergenti.
Particolarmente negli ultimi anni, la SIC ha dimostrato grande
capacità di indagare anche fra le cinematografie meno note e meno
condizionate da logiche di mercato, che spesso penalizzano la
libertà creativa” – dichiara Franco
Montini, Presidente del Sindacato Nazionale
Critici Cinematografici Italiani.
La commissione di selezione della
SIC, composta oltre che
da Beatrice Fiorentino, Paola
Casella, Simone
Emiliani e Roberto Manassero,
è stata integrata con la nomina di Enrico
Azzano.
Per ciò che riguarda la struttura
organizzativa della SIC, a sostituire Eddie Bertozzi, cui
ugualmente il SNCCI esprime vivo ringraziamento per il
prezioso lavoro svolto nel corso di dodici anni,
saranno Alessandro Gropplero e Suomi
Sponton alla guida dell’ufficio programmazione
insieme ad Anette Dujisin-Muharay.
Nella carriera decennale degli eroi
Marvel nel MCU, è capitato diverse volte che
questi avessero delle discussioni tra loro. Da alterchi passeggeri
a vere e proprie Guerre Civili (appunto!), molti sono i casi in cui
gli eroi si sono combattuti tra loro prima di trovare un fronte
comune che li ha portati a sconfiggere Thanos alla fine di
Avengers: Endgame. Ecco un elenco
di tutti i momenti di Heroes vs Heroes nel
MCU, cosa li ha fatti emergere e
chi li ha vinti.
Iron Man Vs War Machine in Iron Man
2
James “Rhodey” Rhodes
(Don Cheadle) era uno degli amici più stretti di
Tony Stark (Robert Downey Jr.) nel MCU. I due hanno una lunga storia e
sono rimasti fedeli l’uno all’altro fino all’eroica morte di Iron
Man in Avengers: Endgame. Detto questo, non erano
immuni ai disaccordi – in effetti, la capacità di Rhodey di
richiamare al dovere Tony, ogni volte che lui supera il limite era
probabilmente ciò che ha reso la loro dinamica così forte.
Rhodey ha fatto esattamente questo
quando Tony era fuori controllo in Iron Man 2. Sempre più stanco e
spaventato dallo stile di vita sempre più autodistruttivo di Stark,
Rhodey avrebbe rubato una tuta della sua armatura avanzata per
cercare di arginare l’esaurimento nervoso in corso dell’amico. I
due si impegnano nello scontro, probabilmente vinto da Rhodey, che
finisce con lui che vola via con la tuta.
Iron Man Vs Thor in The
Avengers
Dopo aver catturato Loki
(Tom Hiddleston) in Germania all’inizio di
The Avengers, Iron Man, Captain America
(Chris Evans) e Black Widow (Scarlett Johansson) erano partiti
per consegnare il Dio dell’Inganno a Nick Fury (Samuel L.
Jackson) quando Thor (Chris Hemsworth)
entra in scena, dirotta il loro aereo e prende suo fratello.
Ignaro chi fosse il principe
asgardiano in quel momento, Tony Stark lo ha combattuto, in un
duello in mezzo al bosco. Ogni eroe ha mostrato le proprie abilità,
ma prima di poter determinare chi era il più forte, Capitan America
si è intromesso e ha impedito loro di attaccarsi l’un l’altro,
lasciando il risultato un pareggio.
Hulk Vs Thor in The Avengers
Iron Man non è stato
l’unico eroe che ha combattuto Thor in The
Avengers, poiché il Dio del Tuono è stato incaricato di
affrontare il furioso Hulk (Mark Ruffalo) sul
Quinjet – esattamente quello che Loki voleva che facesse. Durante
la loro intensa battaglia, Thor ha tenuto la sua posizione
abbastanza bene contro il rabbioso mostro verde, usando in modo
creativo Mjölnir per neutralizzarlo.
L’alter-ego di Bruce Banner,
tuttavia, è stato distratto da un pilota dello S.H.I.E.L.D che gli
ha sparato durante la colluttazione. Sebbene non ci sia un chiaro
vincitore durante il loro primo scontro, ci sarà modo di vedere,
più avanti, chi dei due è il vincitore, visto che questa non è la
prima volta che i due si affrontano.
Vedova Nera Vs Occhio di Falco in
The Avengers
Sempre in The
Avengers, Black Widow si scontra con un Occhio di Falco
(Jeremy Renner) che è sotto il controllo mentale di Loki, non solo
nella speranza di impedirgli di causare ulteriori danni, ma anche
per scuoterlo fuori dall’allucinazione indotta dall’asgardiano.
Nonostante non avessero abilità
metaumane, la loro battaglia si è rivelata altrettanto divertente
in quanto i due si sono impegnati in complicati combattimenti corpo
a corpo, evidenziando i rispettivi stili di combattimento. Alla
fine, Natasha Romanoff ha vinto il combattimento, poiché è riuscita
a mettere fuori combattimento Clint Barton, portandolo
efficacemente fuori dalla foschia che gli annebbiava la mente.
Guardiani della Galassia Vs se
stessi in Guardiani della Galassia
Come gli Avengers, il primo
vero incontro dei Guardiani della Galassia tra
Star-Lord (Chris Pratt), Gamora (Zoe
Saldana), Rocket Raccoon (Bradley Cooper)
e Groot (Vin Diesel) non è stato esattamente
amichevole. Ovviamente, il fatto che tutti loro stessero inseguendo
l’Orb non aiutava, con il risultato naturale che le loro
interazioni iniziali sono state piene di conflitti.
Dal momento che questo contesto
introduttivo nei Guardiani della Galassia di James
Gunn aveva tre fazioni che si scontravano tra loro, è
un po’ più complesso stabilire qui chi ha vinto, rispetto ai
precedenti scontri tra eroi. Ogni partecipante è stato in grado di
mettere in mostra le proprie abilità, ma prima che uno potesse
emergere vittoriosamente, i Nova Corps entrano in scena e li
neutralizzano tutti.
Iron Man Vs Hulk in Avengers: Age
Of Ultron
La lotta di Hulk e Iron Man
in Avengers: Age of Ultron è
unica in natura perché anche Bruce Banner partecipa allo scontro.
Dopo essersi unito ufficialmente agli Eroi più potenti della Terra
dopo la Battaglia di New York in The Avengers,
Bruce ha collaborato con Tony Stark per creare un piano di
emergenza nel caso in cui il suo alter ego verde avesse preso il
controllo ancora una volta.
I due hanno inventato il programma
di armatura Hulkbuster, che è tornato utile quando Wanda
(Elizabeth Olsen) ha manipolato la mente di Banner
a Johannesburg, in Sud Africa, provocando la furia di Hulk.
Pilotato dallo stesso Tony, Hulkbuster ha fatto un buon lavoro
contro la creatura, anche se non senza che lui abbia ricambiato con
colpi seri il suo compagno Avenger. Alla fine, Tony nell’Hulkbuster
è stato in grado di sconfiggere Hulk.
Ant-Man vs Falcon in Ant-Man
Nel 2015, i Marvel Studios hanno introdotto un nuovo eroe
che ha la capacità di ridursi di dimensioni:
Ant-Man (Paul Rudd). Sebbene
Ant-Man avesse principalmente una storia indipendente, la
produzione si è assicurata di inserirlo dentro al MCU in maniera coerente. Così, nel
film, Scott Lang è stato inviato in una vecchia struttura della
Stark Industries da Hank Pym (Michael Douglas) per
rubare il Signal Decoy di cui avevano bisogno per fermare Darren
Cross (Corey Stoll), che è stato in grado di
riprodurre la tecnologia Pym e creare la Yellowjacket Suit.
Quello che non sapevano, tuttavia,
era che il complesso era stato trasformato per essere il nuovo
quartier generale degli Avengers. Ed è qui che Ant-Man incontra
Falcon (Anthony Mackie) che sta facendo la sua
ronda di sicurezza. Mentre Scott sembra avere la peggio contro
Falcon, la sua capacità di cambiare taglia ha disorientato
l’avversario. Ha anche ottenuto il Signal Decoy che stava cercando,
quindi è il chiaro vincitore di questo scontro.
Scarlet Witch Vs Vision in Captain
America: Civil War
Mentre si stava già
seminando quella che sarebbe diventata la love story tra Wanda e
Vision (Paul Bettany) a questo punto del MCU, la coppia si è ritrovata a
scontrarsi in una battaglia uno contro uno una volta scoppiato il
conflitto tra Steve Rogers e Tony Stark in Captain America: Civil
War.
Secondo gli ordini di Capitan
America, Occhio di Falco viene incaricato di portare Wanda fuori
dal quartier generale degli Avengers, dove era tenuta. Prendendo le
parti di Iron Man nella discussione sugli accordi di Sokovia,
Vision credeva che fosse meglio per Scarlet Witch rimanere in casa,
per la protezione di lei e degli altri. Sfortunatamente, lei e il
resto del Team Cap percepivano questa soluzione come una prigionia
per la giovane. Vision ha neutralizzato facilmente Clint Barton
mettendolo a dormire, ma Scarlet Witch non ci ha pensato due volte
ad attaccare l’Androide. Ha usato i suoi poteri contro Vision,
spedendolo diversi piani in basso, nell’edificio.
Team Iron Man vs Team Cap in
Captain America: Civil War
La tensione tra Iron Man e
Captain America sugli accordi di Sokovia in Captain
America: Civil War è culminata nella battaglia
dell’aeroporto in Germania, dove loro e i loro rispettivi alleati
si affrontano in una battaglia epica. Sebbene si abbia la
sensazione che gli eroi si stiano ancora trattenendo, è ancora una
delle sequenze di combattimento più memorabili di tutto il MCU.
Nonostante sia stato sopraffatto dal
Team Iron Man, il Team Cap è emerso come il vincitore, ma non
perché hanno sconfitto, ma perché Bucky Barnes e Steve Rogers sono
stati in grado di fuggire dal conflitto grazie a Black Widow che
hanno cambiato squadra all’ultimo minuto. Invece di catturarli e
riportarli a Thunderbolt Ross (William Hurt),
Natasha li ha lasciati andare, dimostrando di vederci molto più
lungo di tutti i suoi colleghi Vendicatori.
Iron Man Vs Capitan America in
Captain America: Civil War
La promozione di
Captain America: Civil War ha lasciato passare
l’idea che la sua migliore sequenza d’azione fosse la lotta
all’aeroporto in Germania, ma la più importante del film è stata la
battaglia finale tra Tony Stark e Steve Rogers nella camera dei
Super Soldati in Siberia. Ammettendo che Bucky Barnes
(Sebastian Stan) è stato effettivamente incastrato
in occasione dell’attacco all’Assemblea delle Nazioni Unite, Tony
ha cercato Steve nella speranza di lavorare insieme per arrivare al
fondo della cospirazione.
Ma proprio in Siberia ha scoperto
che Bucky aveva ucciso i suoi genitori e Steve glielo aveva
nascosto intenzionalmente, e così scoppia l’inferno. Iron Man
insegue Bucky, ma Captain America si mette in mezzo. I due Super
Soldati si sono uniti contro Tony; alla fine Steve è stato in grado
di tenere a freno il suo compagno Avenger. Nonostante ciò, non
sembra una vittoria poiché lo scontro fisico ha creato una frattura
nel loro rapporto ancora più profonda.
Thor Vs Hulk in Thor: Ragnarok
L’incontro tra Hulk e Thor
in The Avengers non ha avuto un chiaro vincitore; sfortunatamente,
la loro rivincita anni dopo in Thor: Ragnarok non dà un’idea
migliore di chi sia davvero più forte tra i due eroi. Costretto a
partecipare alla Gara dei Campioni di Sakaar, il Dio del Tuono è
stato piacevolmente sorpreso quando ha trovato Hulk dall’altra
parte dell’arena.
Nonostante il loro passato,
tuttavia, il Gigante di Giada non è stato clemente con lui. La
coppia ingaggia un’intensa battaglia, ma mentre Hulk sembrava
essere il vincitore, vale la pena notare che il Gran Maestro
(Jeff Goldblum) si è immischiato mentre la lotta
si avvicinava al suo culmine; ha elettrificato Thor, dando un
vantaggio all’alter-ego di Bruce Banner.
Avengers Vs Guardiani della
Galassia in Avengers: Infinity War
La lotta contro Thanos in
Avengers: Infinity War ha
riunito tutte le squadre del MCU e il primo incontro in assoluto
di alcuni dei Vendicatori con i Guardiani della Galassia su Titano
non è stato certo pacifico. Ignari delle reciproche motivazioni, le
rispettive squadre di Star-Lord e Iron Man si scontrano.
Mentre sappiamo che alla fine
trovano un modo per andare appianare le loro differenze e decidono
di lavorare insieme dopo aver realizzato che avevano nel Titano
Pazzo un nemico comune, i Vendicatori potrebbero aver avuto il
vantaggio nello scontro, avendo sia Iron Man che Doctor Strange dalla loro parte.
Captain America vs Captain America
in Avengers: Endgame
Il viaggio nel tempo in
Avengers: Endgame ha permesso agli eroi di
rivisitare alcuni dei momenti più memorabili della storia del
MCU, tra cui la Battaglia di New
York in The Avengers. Capitan America è stato
incaricato di proteggere la Gemma della Mente, ma un incontro
inaspettato con il suo vecchio se ha portato a una battaglia tra i
due.
Lo Steve Rogers del 2012 pensava che
stesse combattendo contro un Loki travestito, sfuggito dopo aver
fatto le valigie nell’appartamento di Stark, ignaro che in realtà
stava combattendo una versione di se stesso dal futuro. Grazie alla
sua esperienza, però, il Captain America del 2023, ha abilmente
sconfitto il suo vecchio io, dopo averlo distratto dicendogli che
Bucky è ancora vivo.
Black Widow vs Hawkeye in Avengers:
Endgame
Come Thor e Hulk, Vedova
Nera e Occhio di Falco hanno replicato il loro scontro, anche se
per una ragione molto diversa. In Avengers:
Endgame, la coppia è stata inviata per recuperare la Gemma
dell’Anima a Vormir, quello che non sapevano era che, poiché la
Pietra dell’Anima richiede un sacrificio per essere acquisita.
Su Vormir, entrambi gli eroi si
offrono volontari, desiderosi di dare la vita per ottenere la Gemma
dell’Anima e salvare il mondo, mentre contemporaneamente cercano di
impedire all’altro di farlo. Clint Barton e Natasha Romanoff si
sono impegnati in una lotta snervante per determinare chi poteva
saltare per primo dal dirupo, con Black Widow che alla fine ha
“vinto” la battaglia sacrificandosi per il bene della missione.
Nebula Vs Nebula in Avengers:
Endgame
Gli scherzi del viaggio nel
tempo dei Vendicatori in Avengers: Endgame
potrebbero avere conseguenze a lungo termine nell’universo
cinematografico Marvel, ma hanno anche avuto
ripercussioni immediate. Oltre a Capitan America, anche Nebula ha
incontrato la sua vecchia sé, che era ancora un fedele servitore di
Thanos.
Ciò ha provocato un breve confronto
tra la vecchia e la nuova Nebula, poiché la prima ha minacciato di
sparare alla Gamora del 2014, come segno della sua lealtà al padre
adottivo. Nonostante i tentativi di redimere la Nebula ancora
cattiva, alla fine non è stato possibile e così la Nebula del 2023
ha deciso di uccidere la sua sé alternativa più giovane per salvare
sua sorella.
Sean Astin, che ha interpretato Samwise Gamgee
nella trilogia de Il Signore degli Anelli, ha dichiarato che non
può fare a meno di piangere ogni volta che guarda una scena iconica
della trilogia.
Astin, che da bambino ha esordito ne
I Goonies, ha lavorato costantemente da quando è
apparso nella trilogia, recitando in due film di Adam
Sandler (50 Volte il Primo Bacio e
Cambia la tua vita con un Click), apparendo nei
panni di Bob nella stagione 2 di Stranger Things e doppiando Shazam in un
diversi film d’animazione e programmi TV. Ma sarà sempre ricordato
per il suo ruolo ne Il Signore degli Anelli, dato
lo status iconico che il franchise detiene nella cultura popolare.
L’attore sembra contento di questo status e dice che quando guarda
i film si emoziona ancora, piangendo regolarmente in una scena in
particolare.
Parlando con
CinemaBlend, Astin dice che ogni volta che arriva alla fine de
Il Signore degli Anelli: Il ritorno del re, la scena in cui Aragorn
saluta i quattro hobbit lo fa piangere. Nella scena, gli Hobbit si
inchinano al re appena incoronato, ma lui li ferma rapidamente,
dicendo: “Non inchinatevi a nessuno”. La folla riunita,
incluso Aragorn, si inchina quindi a loro. È una scena emozionante,
e molti spettatori si sono ritrovati a piangere su quella battuta,
e Astin è uno di loro. Ecco cosa ha detto Sean
Astin:
“L’ultima [scena] che abbiamo
girato è stata una scena che mi fa sempre piangere nel film, quando
Aragorn si volta e ci guarda e dice “Oh, amici miei, non
inchinatevi a nessuno”. Quella fu l’ultima inquadratura dei quattro
Hobbit insieme. Il mio ultimo ciak. Il film aveva tante altre scene
ancora da girare ma quella era l’ultima con i quattro hobbit
insieme, eravamo davanti ad uno schermo verde e uno blu, con lo
sguardo imbarazzato e ci siamo detti: “Oh, immagino che si stiano
tutti inchinando per noi?” Tutti facevano il conto alla rovescia
negli ultimi tre mesi. E penso che abbiano scelto di conservare
quel momento come ultima cosa. Era all’interno del magazzino di
Stone Street, che era lo studio, laggiù. È una fabbrica di vernici
abbandonata, e ogni volta che soffia il vento, le finestre sbattono
e cose del genere. Ma sai, c’era lo champagne. Non penso che sia
stata la fine delle riprese principali, ma è stato sicuramente un
riassunto per gli Hobbit. Andavamo in giro come una squadra, gli
Hobbit. Quindi era come, “Oh, gli Hobbit sono sul set!” Oppure,
“Gli Hobbit stanno passando sul set. Dove sono gli Hobbit? Gli
Hobbit stanno mangiando di nuovo?””
Senza dubbio si tratta di una scena
commovente per la maggior parte del pubblico, anche a distanza di
anni, e sicuramente, per chi come Sean Astin è stato coinvolto nelle riprese e
nell’incredibile avventura della produzione de Il Signore degli Anelli, lo è anche di più.
Ecco di seguito le scena:
Lily Collins
interpreta Rita Alexander in
Mank, il nuovo film di David
Fincher che ricostruisce le vicende dietro alla produzione
di Quarto Potere di Orson Welles.
Questa la nostra intervista all’attrice. Mank
arriva il 4 dicembre su Netflix.
Dopo aver lanciato brand del
calibro di House of Cards e
Mindhunter,David Fincher torna a
lavorare con Netflix. Mank,
un progetto dalla lunghissima gestazione per lui, racconta
dell’uomo che ha condiviso con Orson Welles il
premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary Oldman, mentre il film è stato scritto da
Howard Fincher il padre defunto di David. Il film
dovrebbe entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los
Angeles, e Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film
invece troviamo Ceán Chaffin, frequente
collaboratrice di Fincher, e Douglas J. Urbanski
che aveva già prodotto L’ora più buia, film per il quale Oldman ha
il premio Oscar come migliore attore protagonista. Mank doveva
essere il progetto a cui David Fincher voleva
dedicarsi dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
Amanda Seyfried
interpreta Marion Davies in Mank,
il nuovo film di David Fincher che ricostruisce le
vicende dietro alla produzione di Quarto Potere di
Orson Welles. Questa la nostra intervista
all’attrice. Mank arriva il 4 dicembre su Netflix.
Dopo aver lanciato brand del
calibro di House of Cards e
Mindhunter,David Fincher torna a
lavorare con Netflix. Mank,
un progetto dalla lunghissima gestazione per lui, racconta
dell’uomo che ha condiviso con Orson Welles il
premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary Oldman, mentre il film è stato scritto da
Howard Fincher il padre defunto di David. Il film
dovrebbe entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los
Angeles, e Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film
invece troviamo Ceán Chaffin, frequente
collaboratrice di Fincher, e Douglas J. Urbanski
che aveva già prodotto L’ora più buia, film per il quale Oldman ha
il premio Oscar come migliore attore protagonista. Mank doveva
essere il progetto a cui David Fincher voleva
dedicarsi dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
Tom Pelphrey
interpreta Joseph L. Mankiewicz in
Mank, il nuovo film di David
Fincher che ricostruisce le vicende dietro alla produzione
di Quarto Potere di Orson Welles.
Questa la nostra intervista all’attore. Mank
arriva il 4 dicembre su Netflix.
Dopo aver lanciato brand del
calibro di House of Cards e
Mindhunter,David Fincher torna a
lavorare con Netflix. Mank,
un progetto dalla lunghissima gestazione per lui, racconta
dell’uomo che ha condiviso con Orson Welles il
premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary Oldman, mentre il film è stato scritto da
Howard Fincher il padre defunto di David. Il film
dovrebbe entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los
Angeles, e Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film
invece troviamo Ceán Chaffin, frequente
collaboratrice di Fincher, e Douglas J. Urbanski
che aveva già prodotto L’ora più buia, film per il quale Oldman ha
il premio Oscar come migliore attore protagonista. Mank doveva
essere il progetto a cui David Fincher voleva
dedicarsi dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
Il regista Jon
Favreau è oggi noto per essere particolarmente legato alla
Disney, per la quale ha diretto film come Iron Man, Il libro della
giungla, Il re leone e ha
ideato la serie The Mandalorian. Molto impegnato in
progetti dal grande budget, questi decise però, nel 2014, di
prendersi una pausa da tutto ciò e tornare a dedicarsi ad un film
più piccolo, senza l’utilizzo di grandi effetti speciali ma basato
unicamente su una buona sceneggiatura e valide interpretazioni. È
così che nasce Chef – La ricetta
perfetta, film per il quale Favreau ha ricoperto
il ruolo di regista, sceneggiatore, produttore e attore
protagonista.
Il suo desiderio era infatti quello
di realizzare un film basato sul mondo della cucina, sua altra
grande passione. Per tale progetto decise di circondarsi di
colleghi fidati ed esperti del settore che potessero guidarlo verso
una maggior realisticità. All’interno di questo contesto, però,
Favreau decise di inserire anche elementi autobiografici, come la
provenienza da una famiglia difficile e l’essere un padre spesso
più impegnato nel lavoro che nel dedicare tempo ai propri figli. Lo
stesso desiderio di abbandonare film dal grande budget per
dedicarsi ad un progetto indipendente è un elemento che si ritrova
nel film nella decisione del protagonista di rinunciare al grande
ristorante in favore di un più umile food truck.
Dopo un periodo di riprese
dislocate tra le città di Miami, Austin, Los Angeles e New Orleans,
Chef – La ricetta perfetta arrivò infine in sala. Qui si
affermò come un grande successo, incassando ben 46 milioni di
dollari a livello globale a fronte di un budget di soli 11. Il film
venne inoltre particolarmente apprezzato dalla critica, che ne lodò
la regia, le interpretazioni e la storia. Così Favreau ha dato
ulteriormente prova della sua poliedricità, dimostrando di essere
uno dei nomi del cinema statunitense più importanti del momento.
Per scoprire ulteriori curiosità su questo film, basterà proseguire
qui nella lettura.
Chef – La ricetta perfetta: la
trama del film
Protagonista del film è Carl
Casper, chef di grande fama che da anni riscuote ormai soltanto
pareri positivi per i suoi ricercati piatti, in grado di soddisfare
ogni tipo di palato. Nonostante ciò, egli si trova un giorno a
dover fare i conti con la critica negativa del temuto Ramsey
Michel, noto esperto di gastronomia. Carl non prenderà però affatto
bene le sue affermazioni, e in seguito ad una sfuriata pubblica nei
confronti del critico finisce con l’essere licenziato dal
ristorante e veder terminare bruscamente la sua gloriosa carriera.
Ritrovatosi screditato da tutti e senza un lavoro, questi si trova
nella condizione di dover trovare una soluzione.
L’idea che gli permetterà di
riscattarsi arriva proprio dalla sua ex moglie Inez, la quale gli
consiglia di aprire un chiosco di panini cubani. Aiutato da suo
figlio Percy e dall’esperienza di questi con il mondo del Web, Carl
intraprende così un lungo viaggio dalla Florida alla California con
il suo food truck chiamato “El-Jefe”. Durante tale tour lo chef
avrà non solo occasione di incontrare numerosi fan della sua
cucina, ma anche di riscoprire l’amore nei confronti di questa. In
particolare, però, egli avrà modo di ricostruire il rapporto con
suo figlio, con il quale aveva fino a quel momento trascorso troppo
poco tempo insieme.
Chef – La ricetta perfetta: il
cast del film
Anche protagonista del film,
Jon
Favreau contattò per assisterlo il celebre chef di
food-truck Roy Choi. Questi acconsentì di partecipare in qualità di
consulente a patto che Favreau si impegnasse ad essere il più
realistico possibile nella sua interpretazione. Per riuscire in
ciò, il regista e attore trascorse diverso tempo in cucina con
Choi, imparando ad eseguire correttamente attività come ripulire la
propria postazione o ripiegare adeguatamente gli asciugamani. Allo
stesso tempo, lo chef insegnò lui a cucinare, e tutti i piatti che
si vedono nel film vengono realmente preparati da Favreau. Questo
duro periodo di pratica gli permise di entrare nella mentalità
dello chef, con tutta la concentrazione che questo ruolo richiede
anche per i più piccoli dettagli.
Nel ruolo di Inez, ex moglie di
Carl, si ritrova l’attrice Sofia
Vergara, oggi nota per il suo ruolo nella serie
Modern Family. Il giovane Emjay Anthony,
qui ad uno dei suoi primi ruoli cinematografici, interpreta invece
il figlio di Carl, Percy. Nel film sono poi presenti attori come
John
Leguizamo nei panni di Martin, amico di Carl, e il
premio Oscar Dustin
Hoffman in quelli di Riva, proprietario del ristorante
dove Carl lavorava. Compaiono poi in ruoli minori gli attori
Robert Downey
Jr. nel ruolo di Marvin e Scarlett
Johansson in quello di Molly. Questi due avevano già
collaborato con Favreau per il film Iron Man 2.
L’attore Oliver Platt, invece, è il critico Ramsey
Michel. Per prepararsi al ruolo, questi passò diverso tempo insieme
a suo fratello, che di professione è proprio un critico
gastronomico. Da lui imparò tutto ciò che c’era da sapere sul
mestiere.
Chef – La ricetta perfetta: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film è
possibile fruire di questo grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Chef
– La ricetta perfetta è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim
Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto
un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film
sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno venerdì 27
novembre alle ore 21:10 sul canale
Rai Movie.
La mattina dell’8 novembre 2018,
nel nord della California, una scintilla prodotta da una torre di
trasmissione, si trasforma rapidamente, grazie anche alla siccità
che perdura da tempo, in una devastante tempesta di fuoco che
travolge la cittadina di Paradise. Quando l’incendio viene spento, si contano
85 morti, 50.000 sfollati e il 95% delle strutture distrutte. Si
tratta dell’incendio più letale negli Stati Uniti negli ultimi 100
anni e il peggiore nella storia della California.
Senza più un’abitazione e con una
città rasa al suolo dalle fiamme, gli abitanti di Paradise decidono
di unire le proprie forze dando vita a una comunità capace di
risorgere nelle avversità e trovare in se stessa la forza per
affrontare i tanti ostacoli della ricostruzione.
Una storia di resilienza e impegno
che il regista premio Oscar Ron Howard racconta in
California, paradiso in fiamme in onda su
National Geographic (Sky, 403) lunedì 30 novembre
alle 20:55. Realizzato dopo un anno di riprese, questo
documentario ripercorre i sacrifici di una popolazione che trova la
propria strada ridefinendo le priorità sulla salvaguardia
dell’ambiente e rafforzando il suo tessuto sociale. Una comunità
che decide di rinascere per inseguire il sogno di ricostruire un
nuovo “paradiso”.
“Non ci sono dubbi, i
cambiamenti climatici hanno contribuito agli incendi che hanno
devastato la costa ovest degli Stati Uniti. Dovrebbe suonare per
tutti come un campanello d’allarme – Paradise potrebbe essere la
nostra città” afferma Ron Howard e aggiunge “Paradise ci
ha ricordato come la comunità rappresenti una risorsa e l’unità sia
una preziosa rete di sicurezza emotiva.”
Onward
– Oltre la magia quando due fratelli elfi adolescenti,
Ian e Barley Lightfoot, hanno l’inaspettata opportunità di
trascorrere un giorno in più con il loro defunto padre, si
imbarcano in una straordinaria avventura a bordo dell’epico furgone
di Barley, Ginevra. Come ogni impresa che si rispetti, la loro
avventura è ricca di incantesimi magici, mappe misteriose, ostacoli
insormontabili e scoperte incredibili. Ma quando la coraggiosa
mamma dei ragazzi, Laurel, si accorge che i suoi figli sono
scomparsi, si allea con la Manticora, una ex guerriera in parte
leone, in parte pipistrello e in parte scorpione, e inizia a
cercarli. Nonostante le pericolose maledizioni, questo singolo
magico giorno potrebbe significare molto più di quanto avessero mai
immaginato. Diretto da Dan Scanlon e prodotto da Kori Rae, il
lungometraggio d’animazione Disney e Pixar sarà disponibile dal 2
dicembre in formato Blu-Ray e DVD.
Nella versione italiana di Onward
– Oltre la magia, il cast di voci comprende
Sabrina Ferilli nei panni di Laurel Lightfoot, una
mamma determinata e devota che lavora duramente e si impegna con
tutto il cuore in tutto ciò che fa, e Fabio Volo
in quelli di Wilden Lightfoot, intelligente e sicuro di sé, ha
scoperto un modo creativo e al tempo stesso fantastico per rivedere
i suoi figli molti anni dopo la sua morte. Tra le voci italiane
anche Favij, Raul Cremona e
David Parenzo che interpretano rispettivamente uno
spiritello, un apprendista stregone e un cameriere.
Onward – Oltre la magia
CONTENUTI EXTRA:
Alla ricerca della
Storia – Onward – Oltre la magia è ispirato
alle esperienze personali vissute da Dan Scanlon, nonostante il
regista non abbia sangue elfico o poteri magici;
Cittadini di New
Mushroomton – La città di New Mushroomton è popolata
da un insieme variegato di creature magiche – dagli elfi agli
gnomi, dai centauri ai troll. In questo documentario i filmmaker e
i voice talent raccontano in che modo hanno portato in vita le
creature fantastiche del mondo di Onward – Oltre la
Magia;
Ardore del
cuore – Questo estratto ripercorre il processo di
creazione della magia del mondo di Onward – Oltre la Magia
sin dai primi stadi, attraverso le inquadrature, le luci e gli
effetti;
Gemme
Magiche – Approfondimento sull’emozionante scena delle
“Gemme Magiche”, dall’idea narrativa alla sua epica realizzazione
sullo schermo;
Mago Rock
– I fratelli e compositori Mychael e Jeff Danna hanno scavato a
fondo nella loro storia personale per plasmare la brillante Colonna
Sonora del film;
Scene
eliminate – con l’introduzione del regista Dan
Scanlon;
Commento
Audio – con le voci del regista Dan Scanlon e la
produttrice Kori Rae E tanto
altro!
Il quadro dei Ciak d’oro
2020 si completa con i risultati del voto della
giuria di 150 giornalisti e critici di cinema
nelle 10 categorie “tecniche” (Miglior Attore e Attrice non
protagonisti, Miglior Sceneggiatura, Miglior Colonna sonora,
Miglior Produttore, Miglior Fotografia, Miglior Montaggio, Migliori
Costumi, Migliori Scenografie e Miglior Sonoro).
Miglior Attore non
Protagonista è Roberto Benigni per il suo
Geppetto in Pinocchio di Matteo
Garrone. Pinocchio vince anche nelle categorie
Migliori Costumi (a Massimo Cantini
Parrini, anche per Favolacce), Migliori
Scenografie (a Dimitri Capuano) e
Miglior Sonoro (a Maricetta
Lombardo).
Miglior Attrice non
Protagonista è Barbara Chichiarelli per
la sua interpretazione in Favolacce di
Damiano e Fabio D’Innocenzo.
Favolacce conquista anche i
Ciak d’oro per la Miglior
Sceneggiatura ai Fratelli D’Innocenzo e per il
Miglior Produttore.
Il
Traditore di Marco Bellocchio si
aggiudica due premi: quello per la Migliore
Fotografia (a Vladan Radovic) e quello
per il Miglior Montaggio (a Francesca
Calvelli).
Miglior Colonna
Sonora è quella realizzata da Brunori Sas
per Odio l’estate di Massimo
Venier, che ha segnato il ritorno al cinema di Aldo,
Giovanni e Giacomo.
Annunciati anche i tre premi
speciali assegnati dalla redazione di
Ciak: il tradizionale Ciak
d’oro Colpo di fulmine, quello per la Rivelazione
nelle serie tv e il nuovo Ciak d’oro per
il miglior Corto, reso ormai necessario dall’enorme crescita della
produzione e del numero di festival dedicati ai cortometraggi. In
questo anno segnato dai lockdown, alla redazione è sembrato
impossibile assegnare un altro Ciak d’oro
tradizionale, il Bello e invisibile, dedicato ai film di qualità
che non hanno avuto la fortuna di farsi notare.
Il Ciak
d’oroColpo di fulmine va a
Lontano lontano di Gianni Di
Gregorio perché “affronta con levità venata
d’amarezza, ma senza arrendersi al disincanto, il tema delle
aspirazioni e dei bilanci della terza età nella realtà cittadina di
oggi. Ed è l’ultima, magistrale interpretazione diEnnio Fantastichini”.
Il Ciak
d’oro per la Rivelazione nelle serie
tv va a Carlotta Antonelli per
la sua interpretazione di Angelica in Suburra La
Serie perchè: “Sobria,
sempre lontana dal rischio dell’interpretazione di genere, la
Antonelli a 25 anni coglie l’occasione di Suburra per dimostrare di
aver maturato il talento già mostrato in Bangla e Vivi e lascia
vivere”.
Il nuovo Ciak
d’oro per il Miglior Cortometraggio
va a Non io di Claudia
Gatti e Benedetta Pontellini con la
seguente motivazione: “L’incontro tra un uomo e una donna in
una cornice dominata dall’isolamento e dalla difficoltà dei
rapporti al tempo del lockdown, è realizzato con il ricorso alle
riprese in smartphone, in una cornice formale di grande cura.
Conferma il talento delle due giovani autrici-imprenditrici, già
intravisto nel cortoGenerazione
2000, entrato nella shortlist del Tribeca Film
Festival.”
A ottobre erano stati resi noti i
vincitori dei Ciak d’orodel
Pubblico, realizzati quest’anno in collaborazione con
Sky Tg24. Partner della 35esima
edizione dei Ciak d’oro è
l’Università telematica Mercatorum, del gruppo
Pegaso. La prima Startup University tutta
italiana, caratterizzata da diversi percorsi accademici, tutti
all’insegna dell’innovazione. Si tratta della prima partnership
pubblico-privata per la governance di un’istituzione universitaria,
che nasce con l’obiettivo di assumere la leadership nella
formazione delle imprese. L’appuntamento con i
prossimiCiak d’oro è per
l’estate 2021.
Questi i vincitori
deiCiak d’oroassegnati
dai 150 giornalisti e critici di cinema e i premi speciali della
redazione diCiak:
Ciak d’oro per il Migliore
attore non protagonista: Roberto Benigni(Pinocchio)
Ciak d’oro per la Migliore
attrice non protagonista: Barbara Chichiarelli(Favolacce)
Ciak d’oro per la Migliore
sceneggiatura: Damiano e Fabio D’Innocenzo(Favolacce)
Ciak d’oro per la Migliore
colonna sonora: Brunori Sas(Odio l’estate)
Ciak d’oro per il Miglior
Produttore: Pepito Produzioni, con Amka Films Prod.,
Qmi, Rai Cinema, Vision Distribution (Favolacce)
Ciak d’oro per la Migliore
Fotografia: Vladan Radovic(Il traditore)
Ciak d’oro per il Miglior
Montaggio: Francesca Calvelli(Il traditore)
Ciak d’oro per i Migliori
costumi: Massimo Cantini Parrini(Pinocchio
e
Favolacce)
Ciak d’oro per le Migliori
scenografie: Dimitri Capuano(Pinocchio)
Ciak d’oro per il Miglior
sonoro: Maricetta Lombardo(Pinocchio)
Ciak d’oroColpo di
fulmine: Lontano lontanodi Gianni Di
Gregorio
Ciak d’oro per il Miglior
Cortometraggio: Non iodi Claudia Gatti e Benedetta
Pontellini
Ciak d’oro per la Rivelazione
nelle serie tv: Carlotta Antonelli(Suburra La
Serie)
Con Elio (Elio e le storie tese) e
Gianluca Nicoletti (Cervelli Ribelli), continuano gli eventi
speciali firmati #iorestoinSALA! La nuova diretta
“streaming” è fissata per mercoledì 2 dicembre alle
ore 20.30 con la presentazione di THE SPECIALS – FUORI DAL COMUNE.
Entrambi genitori di figli affetti
da autismo e da anni impegnati in prima linea nelle
campagne di sensibilizzazione e nella
diffusione di informazioni sulla
neuro diversità, Elio e
Gianluca Nicoletti introdurranno il film assieme a
Michele Crocchiola per #iorestoinSALA.
E proprio di questo parla la
commedia agrodolce firmata
da Olivier Nakache e Éric Toledano (Quasi
Amici) con protagonisti Vincent
Cassel e Reda Kateb. Nei panni di Bruno e Malik, amici e
colleghi, i due sono entrambi impegnati in organizzazioni
non-profit differenti, responsabili dell’educazione di bambini e
adolescenti affetti da autismo.
La storia del film s’ispira a due
persone reali, Stéphane Benhamou, fondatore di Le silence des
justes, Daoud Tatou, direttore di Le relais IDF,
associazioni specializzate nella cura dei giovani autistici, in
particolare quelli provenienti da contesti svantaggiati.
«I nostri film raccontano sempre
incontri inverosimili. – spiegano i registi – Questo
ha una dimensione particolare: parla di come persone che comunicano
poco, o affatto, e che sono considerate anormali, riescano comunque
a far sì che delle persone considerate “normali”, che nella nostra
società non comunicano più, possano comunicare. In queste
associazioni si ritrova un’armonia e una miscela di culture,
religioni, identità e passati atipici che dovrebbero essere
d’ispirazione per molti…»
L’introduzione sarà come di consueto
visibile anche sulle pagine Facebook di ognuna delle oltre 50 sale
italiane che aderiscono al circuito www.iorestoinsala.it.