Si intitola The Last
Dance, l’ultima danza, il documentario di ESPN e
Netflix
dedicato alla stagione ‘97/’98 dei Chicago Bulls,
un’opera che grazie al ritmo serrato e avvincente si appresta a
diventare un appuntamento imperdibile di queste ultime (si spera)
settimane di quarantena. Dal 20 aprile sono disponibili sulla
piattaforma due episodi a settimana, per 5 settimane di una storia
cominciata proprio nella stagione del 1997.
Dopo cinque titoli in sette
stagioni, i Chicago Bulls inseguono il sesto
titolo, il terzo consecutivo, e l’organizzazione autorizza una
troupe televisiva a seguire la squadra in ogni momento, a partire
dalla preparazione del campionato, permettendo alle telecamere di
arrivare dove non erano mai state prima, dal campo di allenamento
agli spogliatoi. Quel materiale, unito a repertorio, interviste e
una lunga e costante ricerca, oltre a un lavoro titanico di
montaggio ha dato vita alla serie che racconta la grandiosa impresa
sportiva dei Bulls di Michael Jordan.
The Last Dance, i Chicago
Bulls di Michael Jordan nel ’97/’98
Nonostante le luci e i successi,
quello fu un anno particolarmente difficile per i Bulls, che si
trovarono ad affrontare un diffuso malcontento interno, dagli
attriti dell’allenatore Phil Jackson con il
general manager della squadra, ai problemi contrattuali di
Scottie Pippen, che quell’anno non inizia nemmeno
la stagione, complice un infortunio, forse con la speranza di
riformulare un contratto che gli fruttava decisamente troppo poco
per il suo ruolo e la sua importanza in squadra e nell’intera lega.
Ma, da Rodan a Kukoc, tutti i
giocatori avevano dei problemi con la società e con la squadra.
Su tutti, come un’ombra e un
collante potentissimo, si stagliava la figura di Michael
Jordan, il leader, il capo, quello che voleva soltanto
vincere e che voleva farlo a tutti i costi, anche portare tutta la
squadra sulle spalle.
The Last
Dance è quindi l’ultima danza dei tori di Chicago,
quella generazione di fenomeni (sia permesso il prestito
dalla pallavolo azzurra) che ha segnato la storia del basket, e la
cui storia commuoverà senza dubbio gli appassionati del parquet ma
coinvolgerà anche chi di basket non capisce nulla. Perché storie
sportive di questa portata, qualunque sia il loro esito, hanno
sempre la potenza evocativa di storie di vita, sacrificio,
sconfitta e vittoria.
The Last
Dance non è solo il racconto di un’impresa eroica, è
anche un lavoro documentaristico approfondito, certosino, vibrante
di emozione, a tratti persino buffo, tremendamente onesto,
raccontato attraverso le parole dirette dei protagonisti.
Nell’ottica contemporanea, la
storia dei Chicago Bulls, nella stagione ‘97/’98,
potrebbe spiegare bene a tutto il mondo il significato di farcela
insieme, di giocare di squadra (in quanto genere umano), di mettere
da parte l’individualismo e spalleggiarsi per raggiungere un
obbiettivo comune. Ma si sa, i protagonisti di quella storia lì non
sono esseri umani ordinari, sono fenomeni, divinità scese in Terra,
a condividere con i comuni mortali parte della loro luce.
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