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Le jeune Ahmed: recensione del film dei fratelli Dardenne – #Cannes72

Le jeune Ahmed

Ancora una volta, i fratelli Dardenne portano a Cannes i ritratti dei loro giovani protagonisti, quei ragazzi e ragazze che hanno sempre scelto come centro delle loro storie, ai quali consacravano il loro sguardo, la loro ormai celebre macchina a mano a seguire i loro movimenti, e con Le jeune Ahmed continuano a portare avanti questa tradizione nel loro cinema.

La differenza di questo Le jeune Ahmed rispetto alla loro produzione precedente e costituita dal fatto che questa volta i registi si spostano dal proletariato bianco, ai margini della società, e si concentrano su una questione sociale più specifica, la radicalizzazione delle famiglie di origine araba nel Vecchio Continente, quel fenomeno sociale che si identifica nel terrorismo islamico di origine europea. La questione è stata centrale nella cronaca recente del centro Europa, in particolare nel Belgio dei registi, tuttavia, staccandosi dalle loro tematiche più consuete.

Ne Le jeune Ahmed, il giovane Ahmed viene da una famiglia laica, in cui la madre beve vino e la sorella veste come le pare, una famiglia europea ordinaria, e pure lui sembra essere completamente adeguato ai costumi europei. Il suo incontro con un imam però comincia a cambiare il suo comportamento e il suo modo di vedere la realtà che lo circonda. A partire dal cambiamento del suo atteggiamento nei confronti della sua maestra, che le è sempre stata molto vicina a causa dei suoi problemi di dislessia, cominciamo a capire che la dottrina islamica radicale sta entrando nel modo di vedere la realtà di Ahmed: la maestra è una donna, e lui non la può toccare, secondo quanto dice il Corano, nemmeno tenerle la mano. L’imam inculca nel ragazzo le credenze più radicali dell’islamismo, fino a portare alla luce la storia di un cugino martire.

In un ambiente estraneo, i due registi sembrano però smarriti in Le jeune Ahmed, non riescono ad entrare in empatia con il protagonista, che è un ragazzino sempre con il broncio che adotta una visione estrema della religione. Lo ritraggono senza trasporto, mancando la profondità del personaggio e lasciandolo in balia di un cliché abusato. Di fronte alla necessità di non potere o riuscire a raccontare con tenerezza il loro protagonista, i registi finiscono per semplificare l’argomento banalizzando le sue scelte di vita.

 
 

Cannes 2019: a sorpresa, fa la sua apparizione Terrence Malick

terrence malick

Considerato un regista schivo e riservato, Terrence Malick è noto per il suo assenteismo ogni volta che si tratta di presentare un proprio film a un festival. Per questo la sorpresa è stata grande quando, a Cannes 2019, in occasione della proiezione serale del suo nuovo film in concorso A Hidden Life, il regista texano è stato avvistato in sala accanto ai suoi attori, a ricevere l’applauso commosso del pubblico che aveva appena assistito alla proiezione.

Cannes 2019: A Hidden Life, recensione del film di Terrence Malick

La storia di A Hidden Life è quella vera di Franz Jägerstätter, un contadino austriaco che visse nel borgo di Sankt Radegund: fervente cattolico, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si rifiutò di arruolarsi, definendosi obbiettore di coscienza.

 
 

Box Office ITA: John Wick 3 vince il weekend

John Wick 3: Parabellum

John Wick 3 apre in testa al box office italiano, seguito da Pokemon Detective Pikachu e Dolor Y Gloria. Complice il maltempo diffuso in tutta la penisola, il weekend che si è appena concluso è stato piuttosto ricco al box office italiano nonostante il periodo.

John Wick 3 apre in testa al botteghino con 1,3 milioni incassati in 458 sale a disposizione, registrando un’ottima media per sala pari a 3300 euro. Pokemon Detective Pikachu debutta in seconda posizione incassando 1,3 milioni in quasi 600 copie, mentre il terzo gradino del podio è occupato da Dolor Y Gloria, appena presentato al Festival di Cannes, che esordisce con 1,1 milioni incassati in tre giorni in 434 sale, davvero un ottimo risultato per la nuova pellicola di Pedro Almodovar. Quarto posto per la new entry Attenti a quelle due che incassa 866.000 euro.

Avengers: Endgame scende in quinta posizione con altri 647.000 euro con cui arriva alla bellezza di 29,2 milioni totali. Seguono due pellicole in calo, ossia Ted Bundy – Fascino criminale (390.000 euro) e Pet Sematary (283.000 euro), giunti rispettivamente a 1,1 milioni totali e 1 milione globale. Stanlio e Ollio supera il tetto dei 2 milioni complessivi con altri 193.000 euro, mentre Red Joan raccoglie altri 137.000 euro per un totale di 431.000 euro. Chiude la top10 Unfriended: Dark Web, che debutta con soli 122.000 euro in 126 sale disponibili.

 
 

Game of Thrones 8×06: recensione del finale della serie HBO

“Non è facile vedere qualcosa che non è mai esistito prima.” Daenerys (Emilia Clarke) è sincera, quando dice a Jon quello che pensa, forse per giustificare se stessa della distruzione che ha appena seminato su Approdo del Re. Il penultimo episodio di Game of Thrones, quello del plot twist e della distruzione della Capitale, aveva dato indizi incontrovertibili su dove si sarebbe diretto il finale di stagione, e come dice l’ultima Targaryen, era davvero difficile vedere, immaginare, pensare qualcosa di mai esistito prima, non solo una visione di regno, di dominio e di compimento del proprio destino, ma anche un epilogo che potesse essere all’altezza di quanto fatto negli ultimi 10 anni, da un punto di vista produttivo e drammaturgico. Ebbene D&D hanno fatto del loro meglio e hanno seguito l’unico parametro che, contro i gusti personali e i pareri dei fan, può reggere: il finale di Game of Thrones (Game of Thrones 8×06) è giusto.

Che cosa si intende? Siamo tutti consapevoli, di fronte alle poche e intense scene che costituiscono l’episodio finale, dal titolo Il trono di spade, che la serie HBO ha visto il trionfo della visione di un personaggio in particolare, ovvero Tyrion Lannister (Peter Dinklage). Vero e proprio artefice del destino di Westeros, il folletto è riuscito a fare ammenda per i propri errori, è riuscito a sopravvivere in un mondo che lo voleva morto dal suo primo vagito, ha sofferto e perso ogni cosa, e adesso è pronto alla sua estrema, ultima decisione, ora che ha abbracciato il bene del popolo come unico vero sovrano da servire.

Tyrion si conferma la chiave della storia, personaggio giusto al di là dell’onore, dell’amore, della legge. Colui che riconosce il valore del futuro solo attraverso il ricordo e il monito del passato e che quindi vede in Bran lo Spezzato il sovrano perfetto per ricostruire un mondo dove tutti possano sentirsi al sicuro, protetti dal potere, sensazione che dovrebbe essere un po’ più conosciuta anche nella contemporaneità.

Game of Thrones 8x06 recensione

E che uno Stark sieda sul trono, non più quello di spade ma quello figurato dei Sette… ops, Sei Regni, è la conferma che la famiglia di Grande Inverno ha sempre fatto la differenza. Non a caso sono gli eredi di Ned Stark (Sean Bean) che prendono in consegna le sorti del continente occidentale, dal Sud fino al Nord, con Sansa giusta (di nuovo) Regina del Nord, e oltre la Barriera, dove Jon Snow (Kit Harington), che non ha mai abbracciato la sua natura legittima, torna a vestire il nero, ad abbracciare Spettro e a fare da “scudo ai domini degli uomini”.

Ancora una volta, Jon è rimasto fedele a se stesso ed ha scelto l’onore al di sopra dell’amore, ha scelto quello che era giusto e difficile fare, come quando ha lasciato Ygritte, o come quando ha salvato la vita dei Bruti. Ha deciso di uccidere (di lasciar morire) per la seconda volta nella sua movimentata giovane vita, il suo amore, in favore di un bene più grande. Come un vero leader, come un vero Stark.

E se il gene Stark ha attecchito bene nell’unico che non era effettivamente figlio di Ned, più originali sono stati percorsi intrapresi dagli altri eredi del protettore del Nord. L’incoronazione di Bran è sicuramente l’elemento di maggiore sorpresa sia per il pubblico che per i personaggi stessi, la proposta di Tyrion giunge inaspettata ma allo stesso tempo ragionevole e plausibile, e nel loro sostegno all’idea dell’ultimo dei Lannister, ogni personaggio sopravvissuto rivela la sua giusta natura: Edmure Tully si conferma inetto, Robin Arryn irrilevante, Ser Davos modesto e onesto, Sam Tarly buono ma troppo moderno nelle sue idee e nella sua proposta democratica, Sansa (Sophie Turner) orgogliosa e combattiva, una vera Regina, l’unica sopravvissuta, Arya (Maisie Williams) fiera e indipendente, un’avventuriera pronta ad arrivare dove nessuno si è mai spinto.

Game of Thrones 8x06 Jon Snow

Nessuna scelta è stata scontata, nessuna giustizia cieca è stata applicata: Brienne (Gwendoline Christie), la (non più) Vergine di Tarth, assume il ruolo di comandante delle cappe dorate, e della guardia reale, porge il suo ultimo omaggio all’amato Jaime (Nikolaj Coster-Waldau), abbandonando una volta per tutte la (brutta) parentesi esplicitamente romantica della loro story line, realizzando il suo sogno di essere cavaliere; il tagliagole Bronn arriva ad ottenere il suo castello, Alto Giardino; Sam Tarly diventa Gran Maestro della Cittadella e rimane al servizio di Re Bran. Ogni personaggio trova la sua giusta collocazione, in quello che diventerà il futuro ordine del mondo, un ordine che non sarà più basato sul diritto ereditario, ma sulla volontà del gruppo, una sorta di oligarchia illuminata, non più disponibile al dispotismo familiare ma ancora troppo poco aperta da accogliere una democrazia.

Sembra adesso sovvertita la massima di Cersei che recita “al gioco del trono si vince o si muore”, perché tra il vincere, come hanno fatto gli Stark, alla fine, e il morire, come ha fatto invece Daenerys, tra le braccia e per mano del suo amato, Tyrion, Davos, Brienne, persino Bronn e a modo suo Sansa, hanno inserito una terza via, quella professata da Varys per tutta la sua vita: servire il popolo. Così come i protagonisti dello show hanno imparato a servire il popolo prima che se stessi, così David Benioff e D.B. Weiss hanno servito la storia, quella che ha connesso per oltre dieci anni gli spettatori di tutto il mondo, quella che non mancherà di destare scontenti, critiche, delusioni e, nuovo trend dell’internet, petizioni.

Game of Thrones 8x06 recensione finale

Ma la storia è quella che ci ha appassionati tutti, la storia e le storie sono quelle che ci rendono umani, la motivazione che ha spinto George R.R. Martin per primo a mettere mano alle sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, quelle che ci uniscono e quelle che ci fanno ricordare, anche quando non ci siamo più. Al valore di tutte le storie, di tutti i personaggi, da Verme Grigio che salpa per Nath per rendere omaggio alla promessa fatta alla sua amata, a Sansa che bellissima e fiera si erge a Regina del Nord, conquistando la ricompensa che ha così a lungo ricercato, sembra essere dedicata questa straordinaria avventura della HBO. Chi è stato testimone di questa vicenda dovrebbe essere grato per il regalo e pronto a custodirlo e tramandarlo, perché è questo che si fa, con una buona storia.

 
 

Chambre 212: recensione del film di Christophe Honoré – #Cannes72

Chambre 212

Presentato all’interno della sezione Un Certain Regard, durante il Festival di Cannes 2019, Chambre 212 è il nuovo film del regista francese Christophe Honoré. Celebre anche per il suo lavoro in teatro, Honoré da vita ad una storia che rispetta le unità di tempo e luogo, caratterizzando così il film con una chiara impostazione teatrale. Si dimostra abile nel fondere i due linguaggi, ma alcune libertà di sceneggiatura portano il film a vivere con forti contraddizioni al suo interno.

La storia è quella di Maria (Chiara Mastroianni), il cui marito scopre intenta in ripetuti tradimenti coniugali. Dopo un duro litigio, Maria decide di lasciare il loro appartamento e prendere una stanza, la 212, nell’albergo situato proprio dall’altra parte della strada. La finestra della stanza affaccia proprio su quelle dell’appartamento dove il marito è rimasto. Mentre Maria passa la notte ad osservarlo, si ritroverà coinvolta in un via vai di presenze del passato, la quale la aiuteranno a prendere una decisione in merito al suo matrimonio.

È sempre affascinante osservare come un regista decida di risolvere le autoimposte limitazioni spaziali e temporali. In questo caso Honoré dà prova di grande abilità nell’immaginare una messa in scena attraente, fatta di continui incroci tra passato e presente, tra movimenti di macchina che consentono di avere un quadro completo di quanto accade e con la giusta attenzione riservata ai personaggi e al loro spazio.

All’interno di questa confezione si ritrova la storia di una crisi di coppia, argomento trattato innumerevoli volte e che qui riesce a trovare una propria originalità attraverso alcuni brillanti scambi di battute. Questi risultano più riusciti dal momento in cui Honoré sceglie di non prendere le parti di uno dei due coniugi ma cercando di consegnare un ritratto intimo di entrambi, con il loro passato, i loro amori e i loro sbagli.

Ciò che tuttavia spezza l’atmosfera del film è una sceneggiatura che sconfina oltre i limiti consentiti del racconto fantastico. Accade infatti che la protagonista riceva la visita di alcuni “fantasmi” del suo passato, e il problema sorge nel momento in cui questi entrano in contatto anche con altri personaggi oltre a lei, cosa che tuttavia non dovrebbe essere possibile, dato il punto di vista proposto inizialmente. La situazione sembra così sfuggire di mano, perpetrando una realtà che tuttavia non trova giustificazione narrativa, né da parte della protagonista né da parte di Honoré stesso.

Chambre 212 è una commedia che diverte, certo, ma che si prende eccessive libertà, rischiando così di far dubitare della sua natura. Sconfinare oltre le regole prestabilite, senza che questo sia stato giustificato, porta ad un disincanto che tende a rompere il patto tra l’autore e lo spettatore. Fortunatamente Honoré sa rifarsi con soluzioni visive attraenti, e se affrontato senza troppe pretese il film riesce generare momenti di spensierato divertimento.

 
 

Lucisano Media Group acquisisce i diritti di Moonfall, il nuovo kolossal di Roland Emmerich 

Roland Emmerich 

Con un budget di 150 milioni di dollari – il più alto tra quelli delle opere in vendita al Festival 2019 – il film racconta di un gruppo di eroi che cercheranno di impedire lo schianto della luna sulla Terra Lucisano Media Group S.p.A. (AIM: LMG), società quotata su Aim a capo del noto gruppo attivo nel settore audiovisivo, annuncia di avere acquisito i diritti per l’Italia di “Moonfall”, kolossal fantascientifico diretto da Roland Emmerich, regista tedesco noto per aver firmato blockbuster di successo in tutto il mondo come “Independence Day”, “Stargate”, “Godzilla”, “The Day After Tomorrow” e “2012”.

Moonfall è un progetto da 150 milioni di dollari – il budget più alto tra i film in vendita al mercato del Festival di Cannes 2019 – e si muoverà sulla scia di “Independence Day” e “2012”, come ha dichiarato lo stesso regista, rivelando che il film racconterà la missione impossibile di un manipolo di eroi chiamati a salvare l’umanità quando la luna uscendo dalla propria orbita minaccerà di distruggere la terra. Una nuova spettacolare epopea fantascientifica speziata di umorismo e arguzia che, come ha sottolineato Emmerich, nasce dal fascino che la Luna – “l’oggetto più strano che esista” – esercita su di lui.

Il film sarà prodotto dalla Centropolis Entertainment di Roland ed Ute Emmerich, i cui film ad oggi hanno incassato più di 4 miliardi di dollari nel mondo, ed è stato scritto e sviluppato dallo stesso Emmerich con Harald Kloser (“2012,” “White House Down,” “Independence Day: Resurgence”) e da Spenser Cohen.

L’acquisizione di ‘Moonfall’ rappresenta un ulteriore passo verso la crescita delle attività di distribuzione del Gruppo, a cui avevamo dato un impulso importante già lo scorso anno, qui a Cannes, rilevando i diritti di ‘Midway’, un altro kolossal firmato da Roland Emmerich in uscita nei prossimi mesi, da cui ci aspettiamo grandi soddisfazioni”, ha commentato Federica Lucisano, Amministratore Delegato di Lucisano Media Group.

 
 

Cannes 2019: Tarantino chiede di non spoilerare C’era una volta a Hollywood

Once upon a time in hollywood

Quentin Tarantino è tra gli ospiti più attesi della 72° edizione del Festival di Cannes e, in attesa di martedì 21 maggio, quando presenterà C’era una volta a Hollywood, il regista ha fatto una cosa che sempre più spesso di fa in occasione dell’arrivo e della presentazione di film molto attesi: ha chiesto di non fare spoiler.

Su Twitter, Tarantino ha condiviso un breve testo in cui dice: “Amo il cinema. Amate il cinema. Si tratta di un viaggio per scoprire una storia per la prima volta. 

Sono eccitato di essere a Cannes per condividere C’era una volta a Hollywood con il pubblico del festival. Il cast e la crew hanno lavorato così duramente per creare qualcosa di originale, e io chiedo solo che tutti evitino di rivelarne i dettagli per permettere a chi vedrà il film dopo di godere dell’esperienza allo stesso modo.

Grazie, Quentin Tarantino.”

Le prime immagini del film hanno suggerito che Tarantino e la sua troupe – tra cui la costumista Arianne Phillips (Kingsman) e la scenografa Barbara Ling (Ho cercato il tuo nome) – stiano davvero cercando di ricreare il “look and feel” del 1969. La storia si svolge a Los Angeles nel 1969, al culmine di quella che viene chiamata “hippy” Hollywood. I due protagonisti sono Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), ex star di una serie televisiva western, e lo stunt di lunga data Cliff Booth (Brad Pitt). Entrambi stanno lottando per farcela in una Hollywood che non riconoscono più. Ma Rick ha un vicino di casa molto famoso…Sharon Tate.

Nel cast di C’era una volta a… Hollywood anche Damian Lewis, Dakota Fanning, Nicholas Hammond, Emile Hirsch, Luke Perry, Clifton Collins Jr., Keith Jefferson, Timothy Olyphant, Tim Roth, Kurt Russell e Michael Madsen. Rumer Willis, Dreama Walker, Costa Ronin, Margaret Qualley, Madisen Beaty e Victoria Pedretti. Infine Damon Herriman sarà Charles Manson.

Il film sarà anche l’ultima apparizione cinematografica di Luke Perry, morto lo scorso 4 marzo. L’uscita nelle sale di C’era una volta a… Hollywood è fissata al 9 agosto 2019.

 
 

Ciné 2019 – Giornate di Cinema: tutte le novità

Ciné

Annunciate all’Italian Pavilion, nel corso del Festival di Cannes, le prime novità della nona edizione di Ciné – Giornate di Cinema, la manifestazione estiva dell’industria cinematografica nazionale, promossa e sostenuta da ANICA, in collaborazione con ANEC ed ANEM, prodotta ed organizzata da Cineventi, che avrà luogo a Riccione dal 2 al 5 Luglio.

Alla presentazione sono intervenuti Francesco Rutelli, Presidente Anica, Luigi Lonigro, Presidente Anica sez. distributori, Francesca Cima, Presidente Anica sez. produttori, Mario Lorini, Presidente Anec, Piera Detassis, Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema italiano – Premi David di Donatello, Fabio Abagnato, responsabile Emilia Romagna Film Commission, Remigio Truocchio, general manager di Ciné, per raccontare le prime anticipazioni e i principali appuntamenti della prossima edizione.

A dare il via alle convention, martedì 2 Luglio, sarà Warner Bros seguita da I Wonder Pictures, che, in questa prima giornata, presenterà anche la brillante commedia, successo al botteghino francese, Chi l’ha scritto? Il mistero Henri Pick con Fabrice Luchini e Camille Cottin. 01 Distribution aprirà con la sua convention la giornata di mercoledì 3, seguita nella mattina dalle presentazioni di Koch Media e Vision Distribution e nel pomeriggio dalla convention di Medusa, Notorious e Videa. Nella stessa giornata 01 Distribution presenterà anche l’anteprima della commedia romantica, Non succede…ma se succede, diretta da Jonathan Levine con protagonisti Seth Rogen e Charlize Theron. Giovedì 4 Luglio sarà invece il turno di The Walt Disney Company Italia, Eagle Pictures, Adler, Universal Pictures, Lucky Red, M2 Pictures. Chiuderanno i lavori, venerdì 5 luglio, Bim e 20th Century Fox.

Un programma che si preannuncia già molto intenso, con anche le presentazioni delle line up di Altre Storie, Distribuzione Indipendente eWanted e le numerose anteprime, tra cui The Rider, film scelto da Wanted per la riapertura della stagione, premiato a Cannes e miglior film per la National Society of Film Critics 2019.

Presentazioni non solo di titoli e listini, ma anche di nuove tecnologie, come quelle che verranno proposte da Cinemeccanica – per l’ottavo anno Technical Partner di Ciné – sia in sala che nell’ambito del Trade Show, l’area espositiva – già sold out – allestita al terzo piano del Palacongressi di Riccione per oltre 450 metri quadri, per garantire a tutto il pubblico giornate di profittevoli incontri e relazioni commerciali.  Spazio anche all’aggiornamento professionale con il convegno, promosso dalle associazioni di categoria a cura di Box Office e con gli ANICALAB, appuntamenti di confronto su temi della produzione, della distribuzione e dell’esercizio.

Rinnovate inoltre importanti collaborazioni con storici partner come l’Emilia-Romagna Film Commission, con cui verrà realizzato, il 2 luglio in apertura della manifestazione, un momento professionale, durante il quale le case di produzione, sostenute dal fondo regionale per l’audiovisivo, potranno presentare i propri lungometraggi tramite un teaser e una breve presentazione. A seguire un focus sulla indagine in corso, che vede la collaborazione di AGIS Emilia-Romagna e Osservatorio dello Spettacolo della Regione Emilia-Romagna, finalizzata a scoprire e valorizzare il mondo degli esercenti, tra difficoltà e buone pratiche.

A Riccione per Ciné anche le telecamere di Sky Cinema che seguiranno le convention e gli eventi con interviste ai protagonisti e rubriche di approfondimento che andranno in onda in prima serata all’interno del programma100X100Cinema dedicato al mondo del cinema, in onda tutti i giorni alle 21.00 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema Due.

Non mancheranno, inoltre, una serie di eventi offerti al pubblico riccionese, nell’ambito dei progetti di CinéMax e CinéCamp (il programma di eventi dedicato alla generazione under 16, realizzato in collaborazione con il Festival di Giffoni), grazie anche all’allestimento dell’Arena in Piazzale Ceccarini, in collaborazione con Cineproject, che ospiterà una rassegna cinematografica a cielo aperto e da quest’anno anche Cine@donna, tre serata di cinema al femminile ideate in collaborazione con Giometti Cinema.
Anche il Dipartimento Educativo di Cinecittà si Mostra si trasferisce al Cinécamp di Riccione con due laboratori didattici dedicati al cinema, ai suoi retroscena e a Cinecittà.  Per il gruppo 10-13 anni The make believe: un’attività per comprendere i trucchi della finzione cinematografica e alcuni effetti speciali. I partecipanti potranno diventare protagonisti di inediti scenari, sperimentando il matte painting. Mentre per i ragazzi dai 14 ai 16 anni One Minute Shoot: un laboratorio per conoscere e sperimentare le principali caratteristiche del linguaggio cinematografico attraverso la storia del cinema, nel quale ideare e realizzare brevi “video cinematografici” ispirati ai celebri film di “un minuto Lumière” e alle fantasmagorie di Georges Méliès. Sempre riservato ai partecipanti di CinéCamp, tutti i segreti del doppiaggio nel laboratorio Quella voce la conosco! – come trasformare un film dalla lingua originale all’italiano a cura di D-Hub studios e Backlight Digital.

A Riccione per Ciné anche le dirette radiofoniche di RAI Radio2, che in occasione della manifestazione trasferirà in riva al mare un palinsesto di programmi: il buongiorno sarà assicurato da Caterpillar AM, tutte le mattine in diretta da una spiaggia di Riccione dalle 5 alle 7:30, in conduzione Marco Ardemagni e Filippo Solibello; collegamenti quotidiani saranno inoltre previsti dalla terrazza del Palazzo dei Congressi dalle 12 alle 13:30 con Max Cervelli con il programma Non è un paese per giovani. Ciné si riconferma così, alla sua nona edizione, un evento ambizioso, professionale e in continua crescita, punto di riferimento imprescindibile per l’industria cinematografica.

Gli obiettivi di mercato e di sostegno del cinema sono rafforzati e raggiunti anche grazie al contributo e sostegno delle associazioni di categoria Anica, Anec, Anem, del MIBAC, del Comune di Riccione, del Palazzo dei Congressi, della Regione Emila Romagna, di Istituto Luce Cinecittà, del partner tecnico Cinemeccanica, dei Main Sponsor Lino Sonego e Marlù, dei media partner Sky Cinema, Radio 2, Ciak, Coming Soon, Box Office, Best Movie, Cinecittà News, Otto e Mezzo, NetAddiction, MoviePlayer, Primissima Trade, Giornale dello Spettacolo, Appuntamento al cinema, Prima Fila Magazine, degli sponsor tecnici LedVision, MultiVision, Tipografia Gamberini, Giometti Cinema, Aibes, Fomal, Fun Food, degli espositori 2019: ABA di Cassin M.&C. s.n.c., Backlight Digital srl, Cine Project srl, Cinearredo Italia, Cinema Next (gruppo Ymagis), Cinemeccanica spa, Crea Informatica srl, Digima srl, Ehome Italia Service srl, Ezcaray International, Food Products International srl, Forbo Resilienti srl, Italian Food Quality, IFQ srl, Lino Sonego & C. srl, Macropix srl , Mafera Digital srl, Modulsnap srl, Officine srl, OK One srl, Eclair / Open Sky Cinema (gruppo Ymagis), Prevost srl, Telespazio spa

 
 

Regno Quantico: in che modo potrebbe influenzare la Fase 4 del MCU?

Come dichiarato da Kevin Feige durante la promozione di Ant-Man and The Wasp, il Regno Quantico diventerà un fattore importante per il futuro del Marvel Cinematic Universe, e il ruolo svolto in Avengers: Endgame con i viaggi nel tempo conferma l’incredibile potenziale di questa dimensione alternativa.

Ma in che modo potrebbe influenzare la Fase 4? Ecco qualche teoria:

1Vedremo Kang il Conquistatore?

Abbiamo già parlato dei viaggi nel tempo, uno degli snodi cardine di Avengers: Endgame, ma cosa succederebbe se attraverso questi salti temporali venisse introdotto un classico villain Marvel come Kang Il Conquistatore?

Tra i nemici più impressionanti dei Vendicatori, Kang può viaggiare nel futuro, dove ha creato la sua base e da cui mira a conquistare tutto il tempo e lo spazio. E se il Regno Quantico fosse la versione del MCU del Limbo, e la città misteriosa intravista in Ant-Man e il Wasp corrispondesse alla sua dimora?

Come Thanos, Kang è uno dei personaggi più potenti in circolazione, ed è possibile che i Marvel Studios puntino a renderlo l’antagonista dominante della Fase 4. Staremo a vedere…

Leggi anche – MCU: 5 eroi e 5 villain che vorremmo vedere nella Fase 4

Fonte: ScreenRant

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Avengers: Endgame, ecco com’è stato creato l’epico Assemble finale

avengers endgame

Più del sacrificio di Vedova Nera su Vormir o del gesto definitivo di Iron Man alla fine del film, forse l’immagine di Avengers: Endgame che rimarrà impressa per sempre nella mente degli spettatori è il momento in cui Captain America pronuncia a gran voce “Vendicatori uniti” stringendo tra le mani il Mjolnir e radunando dietro di sé tutti gli eroi del MCU.

La scena è inserita all’interno di un lungo terzo atto dove assistiamo all’epica battaglia contro Thanos e il suo esercito: sopravvissuti e resuscitati, vecchie conoscenze dell’universo condiviso e personaggi più recenti si uniscono in una delle immagini più spettacolari e suggestive finora offerte dai Marvel Studios, e a parlarne nel dettaglio è stato Matt Aitken, supervisore della Weta Digital (la società che si occupa degli effetti visivi del film), in un’intervista con Comicbook.

Dunque com’è nato l’Avengers assemble e quali sono state le difficoltà tecniche?

L’inquadratura è stata fantastica da realizzare e tutti quelli che ci hanno lavorato si sono superati. C’erano tutti i personaggi, e i registi avevano portato sul set tutti quegli attori in un giorno…ne avete avuto un assaggio grazie ai video trapelati online dopo la fine dell’embargo […]

[…] L’unico che abbiamo aggiunto più tardi è stato Iron Man in CGI, perché a quel punto della battaglia si sarebbe trovato da un’altra parte, e ovviamente avevamo altri personaggi da ricostruire in digitale come Hulk, Groot, Miek e Iron Patriot. Gli attori però erano tutti lì quel giorno, quindi è stata una giornata incredibile sul set.

Qui sotto trovate un piccolo “assaggio” della scena.

Avengers: Endgame, tutti gli spoiler rivelati dal cast prima dell’uscita

CORRELATI:

Avengers: Endgame è nelle nostre sale dal 24 aprile.

Nel cast figurano Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, il film prima e dopo gli effetti speciali

Fonte: Comicbook

 
 

MCU: ecco come guardare tutti i film in ordine cronologico

mcu

Viaggi nel tempo e timeline alternate hanno scombussolato l’ordine cronologico che avevate in mente durante la visione di tutti i capitoli del MCU? Nessun problema, perché quella che trovate qui sotto è la linea temporale definitiva dell’universo cinematografico iniziato undici anni fa con Iron Man e culminato con Avengers: Endgame.

Il viaggio può iniziare…

1Avengers: Endgame

Avengers: Endgame è un film del 2019 diretto da Anthony e Joe Russo.

Basato sul gruppo di supereroi dei Vendicatori di Marvel Comics, il film è il seguito di Avengers: Infinity War (2018) e costituisce il ventiduesimo film del Marvel Cinematic Universe. È prodotto dai Marvel Studios ed è distribuito da Walt Disney Studios Motion Pictures. La sceneggiatura del film è stata scritta da Christopher Markus e Stephen McFeely, e la pellicola comprende un cast corale che include molti degli attori comparsi nei precedenti film del MCU.

Il film era stato annunciato nell’ottobre 2014 con il titolo di Avengers: Infinity War – Part 2. Nell’aprile 2015 è stata annunciata la partecipazione dei fratelli Russo alla regia, mentre nel mese di maggio è stato reso pubblico che Markus e McFeely avrebbero lavorato alla sceneggiatura. Nel luglio 2016, la Marvel ha cancellato il titolo precedente, riferendosi al progetto semplicemente come un «film senza titolo sui Vendicatori». Il titolo definitivo del film, Avengers: Endgame, è stato reso noto il 7 dicembre 2018 con la pubblicazione del primo trailer.

Il film ha ottenuto un grande successo di critica e pubblico, stabilendo numerosi record al botteghino, diventando il maggior incasso nella storia del cinema, e venendo candidato a svariati premi cinematografici, tra i quali l’Oscar ai migliori effetti speciali.

Leggi anche – MCU: 10 scene che assumono un significato diverso alla luce di Endgame

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Sebastian Stan “amerebbe interpretare l’Enigmista” per la DC

Dal 2011 Sebastian Stan è il volto di Bucky Barnes nel Marvel Cinematic Universe, ed è apparso finora in cinque titoli del franchise (più due cameo), compreso Avengers: Endgame, il film che anticipa l’arrivo della serie tv di Disney + su Falcon e il Soldato d’Inverno dove lo rivedremo protagonista insieme ad Anthony Mackie.

Tra i nomi più amati e apprezzati dal pubblico dei cinecomic Marvel, l’attore era a Roma qualche giorno fa per partecipare ad una convention e rispondere alle domande dei fan sul suo percorso cinematografico con la Marvel e l’evoluzione di Bucky sul grande schermo, ma ha anche rivelato quale personaggio della concorrenza vorrebbe interpretare.

Vorrei provare e entrare nei panni dell’Enigmista. È una figura interessante. Non so come andrebbero le cose…forse sarebbe molto difficile, perché non puoi semplicemente essere folle. Dovresti essere più dark di così…

Curioso come qualche mese fa anche James McAvoy, che ha già un trascorso con i cinefumetti e ha interpretato il Professor X nella saga degli X-Men, abbia confessato che amerebbe vestire il costume dell’Enigmista, noto antagonista dell’universo DC portato sullo schermo da Batman Forever di Joel Schumacher grazie alla performance di Jim Carrey e di recente nella serie Gotham interpretato da Corey Michael Smith (e interesse sentimentale di Pinguino).

Ovviamente il “ritorno” del villain non rientra nei programmi attuali della Warner Bros. per quanto riguarda la nuova linea editoriale dell’universo condiviso, ma nulla esclude che possa ripresentarsi in qualche cameo, magari iniziando con The Batman di Matt Reeves ora in fase di sviluppo. In tal caso ci sarebbero già due possibili candidati…

Leggi anche –  Sebastian Stan: 10 cose che non sai sull’attore

CORRELATI:

Sebastian Stan è attualmente nelle sale con Avengers: Endgame.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Sebastian Stan rivela la sua frase preferita di Bucky nel MCU

Fonte: CBR

 
 

Spider-Man: Far From Home, l’identità segreta di Peter nella nuova clip

Nick Fury, Maria Hill, gli Avengers, zia May e Ned sono davvero gli unici a conoscere l’identità segreta di Peter Parker? Forse un altro personaggio sa che sotto la maschera dell’Uomo Ragno si nasconde un adolescente, e a confermarlo arriva questa nuova clip trapelata online e tratta da Spider-Man: Far From Home, il sequel in uscita a luglio che chiuderà definitivamente la Fase 3 del MCU.

Nel video scopriamo infatti che anche MJ, interpretata da Zendaya, è al corrente del “piccolo” segreto di Peter, come già anticipato dal secondo trailer ufficiale diffuso qualche settimana fa.

Questo significa che la ragazza è in pericolo? Varie foto scattate sul set ci hanno mostrato l’eroe soccorrere il suo interesse amoroso, dunque è possibile che sia lei la preda degli Elementali (o di Mysterio, presunto alleato di Spidey)?

Nel film ritroveremo Peter Parker cinque anni dopo la Decimazione e a poche settimane dalla battaglia contro Thanos. Insieme a lui, in questa nuova avventura a spasso per l’Europa, ci saranno anche i compagni di scuola, Nick Fury e il suo braccio destro Maria Hill e un misterioso alleato venuto da un’altra realtà simile alla nostra, Quentin Beck aka Mysterio.

Spider-Man: Far From Home, le teorie più intriganti sul Multiverso

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Diretto ancora una volta da Jon Watts, Spider-Man: Far From Home è arrivato nelle nostre sale il 10 luglio. Confermati nel cast del film il protagonista Tom Holland nei panni di Peter Parker, Marisa Tomei in quelli di zia May e Zendaya in quelli di Michelle, Samuel L. Jackson in quelli di Nick Fury e Cobie Smulders in quelli di Maria Hill. Jake Gyllenhaal interpreterà invece Quentin Beck, aka Mysterio, uno degli antagonisti più noti dei fumetti su Spidey.

Di seguito la sinossi ufficiale: In seguito agli eventi di Avengers: Endgame, Spider-Man deve rafforzarsi per affrontare nuove minacce in un mondo che non è più quello di prima. ‘Il nostro amichevole Spider-Man di quartiere’ decide di partire per una vacanza in Europa con i suoi migliori amici Ned, MJ e con il resto del gruppo. I propositi di Peter di non indossare i panni del supereroe per alcune settimane vengono meno quando decide, a malincuore, di aiutare Nick Fury a svelare il mistero degli attacchi di creature elementali che stanno creando scompiglio in tutto il continente.

Per quanto riguarda le novità del sequel, la tuta di metallo di Peter dovrebbe essere una versione rimodellata di quella di Iron Spider. vista in Avengers: Infinity War. Questa nuova tuta, prevede anche una nuova maschera, con degli occhiali al posto delle orbite bianche, come da tradizione, questo perché è ovvio che il personaggio abbia bisogno di una nuova maschera dopo che la sua precedente è andata distrutta su Titano, durante il confronto con Thanos e prima della sua disintegrazione.

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Fonte: Twitter

 
 

Elizabeth Olsen parla del suo “terribile provino” per Game of Thrones

Diversi anni fa, quando la carriera di Elizabeth Olsen doveva ancora decollare e la HBO stava iniziando i lavori su quella che sarebbe diventata la serie più importante e popolare dell’ultimo decennio, l’interprete di Scarlet Witch nel MCU (e di innumerevoli e acclamati film indipendenti) è stata ad un passo dall’ottenere un ruolo in Game of Thrones, precisamente quello di Daenerys Targaryen, per il quale fu poi scelta Emilia Clarke.

A rivelarlo è proprio la Olsen in una recente intervista con Vulture, raccontando tutto il processo di casting e qualche aneddoto riguardante quel “terribile provino” sostenuto con i produttori dello show:

Quando ho iniziato a lavorare, facevo audizioni per qualsiasi cosa, perché mi piaceva, e ne ho fatta una anche per il personaggio di Khaleesi. Quasi dimenticavo…è stato il provino più imbarazzante della mia carriera“.

La star del Marvel Cinematic Universe ha aggiunto che  l’audizione prevedeva “un monologo tratto dalla fine della prima stagione, dopo che Daenerys brucia insieme alle uova di drago. Avrei dovuto recitare questo discorso davanti a migliaia di persone sull’essere la loro regina. All’epoca nessuno sapeva se l’ accento richiesto fosse britannico o meno, quindi recitai in entrambi i modi. È stato terribile!“.

Come tutti la Olsen è ora una grande fan di Game of Thrones, “e ci sto così dentro che tutto quello a cui riesco a pensare è Kit Harington“, ha detto nell’intervista. “Mi ha fatto il lavaggio del cervello!“.

Leggi anche – Elizabeth Olsen: 10 cose che non sai sull’attrice

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Elizabeth Olsen è ora nelle sale con Avengers: Endgame, e la rivedremo prossimamente nella serie tv di Disney + dedicata a Wanda Maximoff e Visione.

Insieme a lei, nel cast, figurano Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Fonte: Vulture

 
 

Avengers: Endgame, tutti gli spoiler rivelati dal cast prima dell’uscita

avengers endgame
Photo: Film Frame..©Marvel Studios 2019

Strategie di marketing certosine e un’attenzione quasi maniacale nei mesi precedenti all’uscita di Avengers: Endgame non hanno impedito ad alcuni membri di cast di rivelare, inavvertitamente, qualche anticipazione sul film. Dai continui spoiler di Mark Ruffalo, che nel 2017 riuscì a trasmettere in diretta video l’inizio di Thor: Ragnarok, a Gwyneth Paltrow con le sue foto pubblicate online, la lista dei “colpevoli” è davvero lunga…

1Hulk, Nebula e Rocket insieme

Photo: Film Frame..©Marvel Studios 2019

Mark Ruffalo e Karen Gillan hanno entrambi rivelato in anticipo che Hulk e Nebula avrebbero condiviso le scene in Avengers: Endgame, e che i due si sarebbero fatti “nuovi amici” durante il corso del film.

Nell’ottobre 2017, l’attore si lasciò scappare che Hulk avrebbe intrapreso un viaggio con Rocket Raccoon, cosa realmente accaduta quando i due si recano a Tønsberg, in Norvegia, sede della Nuova Asgard, per recuperare Thor.

Per quanto riguarda lo spoiler della Gillan, anche l’attrice disse che Nebula avrebbe avuto “un nuovo migliore amico con un sviluppo brillante, inaspettato e semplicemente ottimo“. Aggettivi che si ricollegano facilmente a Tony Stark, l’eroe con il quale si ritrova alla deriva nello spazio all’inizio del film, o a War Machine, con cui viaggia su Morag per prendere la gemma del potere.

Leggi anche – Avengers: Endgame, 10 timeline alternative create dai viaggi nel tempo

Fonte: Comicbook

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Ritratto della giovane in fiamme: la recensione del film di Céline Sciamma

Ritratto della giovane donna in fiamme

Quello che da Naissance des pieuvres, primo lungometraggio della regista francese Céline Sciamma, conduce fino a Ritratto della giovane in fiamme (Portrait of Lady on Fire) il suo ultimo film in concorso al Festival di Cannes 2019, è un percorso di maturazione invidiabile. C’è una crescita significativa nel linguaggio e nelle capacità registiche, che da un tenero racconto di formazione adolescenziale si manifestano ora in un elegante film in costume dove non manca la componente emotiva, che come un fuoco si accende lentamente per poi bruciare ardentemente.

In Ritratto della giovane in fiamme siamo nel 1770, e protagonista del film è Marianne (Noémie Merlant), giovane pittrice su commissione che viene chiamata a realizzare il ritratto di matrimonio di Héloise (Adèle Haenel). Quest’ultima è tuttavia riluttante all’idea di farsi ritrarre, nonché di sposarsi. Per riuscire nel proprio compito, Marianne dovrà riuscire ad entrare nelle sue grazie, scoprendo sempre più di lei, osservandola attentamente, per poi riportare segretamente il tutto su tela.

È un debutto importante questo per la Sciamma, che le permette di dimostrare le sue capacità applicate ad una storia di ampio respiro, che richiede cura per i dettagli e inventiva nel trasporre quanto scritto in fase di sceneggiatura. Il pericolo di realizzare il classico film in costume è dietro l’angolo, ma la regista sa arricchire il contesto con messaggi attuali sul ruolo della donna, dell’artista e dell’artista donna. Temi oggi più attuali che mai, e che non vengono qui trattati con fare moralistico. L’elemento che probabilmente più di tutti caratterizza il film è quello della misura. Si ritrova sobrietà sia nel comunicare determinati argomenti, come quelli succitati, sia nel comunicare determinate immagini.

Perché quella di Ritratto della giovane in fiamme è prima di tutto una storia d’amore, dove non manca il desiderio, la morbosità, il sesso, ma il tutto è ripreso con un’eleganza perfettamente coerente con il tono generale del film. La crescita delle due bravissime protagoniste procede di pari passo con la realizzazione del dipinto, che più di una volta sarà l’elemento di base per alcune delle più belle inquadrature e composizioni del film. Anche questo è un racconto di formazione, certo, spostato in un contesto lontano e che riesce nonostante ciò a trasudare contemporaneità. Le emozioni sembrano così essere forze immutabili, che ci sono sempre state e che accomunano tanto noi quanto gli amanti di secoli fa.

E per rendere ancor più senza tempo la sua storia, la Sciamma attinge a piene mani dal mito di Orfeo ed Euridice, tra i più belli e allo stesso tempo più tragici che ci siano stati tramandati. Un mito di amore e paura, che si ripresenta ricontestualizzato all’interno del film attraverso un crescendo emotivo che conduce sino al silenzioso ma straziante finale. La regista bilancia così formalismo e cuore, realizzando quello che è certamente il suo lavoro più maturo ed emotivamente graffiante.

 
 

Avengers: Endgame, superato Avatar negli incassi USA

Avengers: Endgame

In relazione al box office USA, Avengers: Endgame ha battuto ogni record. Con un’apertura gigantesca di circa $ 350 milioni, le aspettative per le sue prestazioni nei fine settimana seguenti erano alte, e con il raggiungimento dei due miliardi di incasso nelle prime due settimane è stato subito immediato, per i fan ma anche per i Marvel Studios provare a raggiungere la vetta del box office worldwide di tutti i tempi, ovvero Avatar.

Le stime di Box Office Pro del sabato mostrano che gli attuali 748 milioni di dollari dell’epica  conclusione della saga Marvel Studios supereranno i $ 760 milioni di incasso USA di Avatar, guadagnando oltre $ 12 milioni per la giornata. Questo rende il film il secondo più alto incasso nazionale della storia, dietro solo Star Wars: Il Risveglio della Forza, apparentemente irraggiungibile $ 937 milioni, ma che per quello che riguarda l’incasso in tutto il mondo è stato abbondantemente superato.

Riuscirà il film a racimolare gli ultimi 200 milioni di dollari, in tutto il mondo, di cui ha bisogno per superare il film di James Cameron al box office worldwide di tutti i tempi? Le possibilità per Marvel Studios sono buone.

 
 

Cannes 2019: ad Alain Delon la Palma d’Oro alla carriera

Il leggendario attore francese, Alain Delon, è il destinatario della Palma d’Oro alla carriera per Cannes 2019, il riconoscimento per una vita dedicata al cinema assegnato a una delle più grandi icone del cinema di tutti i tempi.

Segui il nostro speciale su Cannes 2019

 
 

The Wild Goose Lake: la recensione del film di Diao Yinan – #Cannes72

The Wild Goose Lake

Esponente della sesta generazione di registi cinesi, Diao Yinan debutta per la prima volta nel concorso ufficiale del Festival di Cannes 2019 con il film The Wild Goose Lake. Già vincitore nel 2014 dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino con Fuochi d’artificio in pieno giorno, il regista ritrova qui tutti i temi a lui più cari, racchiusi all’interno di un torbido noir che svela un talento maturato, sempre più capace di arricchire il racconto di invenzioni registiche degne di un autore.

Il film ha inizio in una fredda notte di pioggia. Zhou Zenong (Hu Ge) è un gangster in fuga dopo aver ucciso un poliziotto. Sulla sua testa grava una taglia che fa gola a molti, e che lo costringe ad una fuga disperata. È proprio durante questa che incontra Liu Aiai (Gwei Lun Mei), una prostituta che sbucata dal nulla si propone di aiutarlo. A lei Zenong confida la sua storia, ripercorrendo una scia di sangue e violenza.

Ancora un noir dunque per Diao Yinan, ma stavolta l’ispirazione sembra provenire in buona parte dal cinema europeo, tra Michelangelo Antonioni e Jean-Luc Godard, e dal cinema di Wong Kar-Wai. Un noir che dunque si macchia di più origini, che fonde al suo interno le varie nature a formare un prodotto che garantisce intrattenimento e malinconiche riflessioni sull’essere umano, la solitudine, la sua crisi.

Yinan ci fornisce da subito tutti gli elementi, tra un protagonista dalla dubbia moralità ad una femme fatale quanto mai criptica, dall’oscurità alla luce, dalla luce che produce ombre deformate a improvvise esplosioni di violenza. È una cura formale che si è andata raffinando con gli anni quella del regista cinese, che sfoggia in questo caso un gusto per la composizione dell’inquadratura da puro cinema d’autore. Lo aiutano in questo gli sporchi e logori ambienti in cui si svolge la narrazione, le abbaglianti luci al neon che sembrano donare ai personaggi ogni volta nuove sfumature e nuove possibili interpretazioni delle loro pulsioni.

Alla cura per il dettaglio si affianca poi la consolidata abilità di Yinan di dar vita a grandi scene d’azione, coreografate con cura e riprese dalle prospettive meno consone. Il pericolo appare così essere sempre dietro l’angolo, e ben presto si diviene preda dell’intricato numero di personaggi, sempre più impenetrabili, sempre più impossibili da conoscere e a cui sempre meno è possibile affidare la propria fiducia.

Yinan non abbandona dunque il genere a lui caro, attraverso il quale gli è invece possibile ritrarre una contemporaneità sempre più cupa, individualista, dove per sopravvivere si deve considerare chiunque un nemico. Con The Wild Goose Lake il regista aggiunge un nuovo affascinante capitolo al suo discorso, confezionando un noir elegante e d’impatto, capace di intrattenere e non in una maniera convenzionale.

 
 

A Hidden Life, recensione del film di Terrence Malick

a hidden life la vita nascosta

A otto anni dalla Palma d’Oro a Cannes con The Tree of Life, Terrence Malick torna in concorso sulla croisette con A Hidden Life. Gli anni che separano il film con Brad Pitt da questo nuovo progetto del regista di Austen sono stati i peggiori della sua produzione, anche se i più fertili. Tuttavia, di fronte a questa nuova prova, si ha la sensazione che Malick sia tornato alle sue suggestioni originali, realizzando un’altra delle sue opere d’arte.

La storia di A Hidden Life è quella vera di Franz Jägerstätter, un contadino austriaco che visse nel borgo di Sankt Radegund: fervente cattolico, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si rifiutò di arruolarsi, definendosi obbiettore di coscienza.

Malick racconta il legame carnale che l’uomo ha con la sua terra, che coltiva, smuove, cura per provvedere alla sua famiglia; a questo legame che sembra indissolubile fa da appendice  e naturale continuazione la forte passione che lega Franz a sua moglie, che con lui lavora la terra e nutre la famiglia. Con una regia che coniuga la classicità della forma cinematografica con intuizioni e invenzioni che ne confermano il ruolo rivoluzionario, Malick realizza un ritratto emozionante, profondo delle contraddizioni di un piccolo villaggio, della decisione difficile ma conscia del protagonista, dell’amore fortissimo, puro, cristallino di questa donna, ennesimo incredibile ritratto femminile, che si dà completamente al suo uomo, mostrando devozione e comprensione.

A Hidden Life, il film

Con A Hidden Life, il regista torna alle sue migliori suggestioni, sia formali che visive. Riesce a piazzare la macchina da presa in posizioni mai tentate prima, rende canone ciò che lui stesso inventa, dà vita e luminosità alle immagini, sfruttando la luce naturale e conferendo ad ogni ambiente una personalità propria. A questa caratteristica classica per il suo cinema, Malick aggiunge delle fortissime suggestioni pittoriche, che vanno dai Mangiatori di Patate di Van Gogh alle luci e le fiamme di De La Tour, elementi che contribuiscono a donare al film la bellezza formale per la quale il regista è diventato celebre.

Non solo, a queste caratteristiche ben note del suo stile, il regista si rivela anche abile costruttore di suspance, legando l’immanenza degli eventi a suoni o personaggi particolari, simboli di una svolta narrativa attesa e temuta. In questo film, Malick ritrova un racconto meno rarefatto, più classico, un elemento che permette di entrare in connessione con i protagonisti e con il loro dramma, ma evolve anche la sua poetica sul contrasto tra natura e cultura, dove, in questo caso, la seconda si fa spettatrice, mentre la prima è rappresentata dalla fede, dalla scelta di rimanere coerenti con il proprio credo, qualunque sia il costo.

A Hidden Life propone anche un ulteriore sviluppo della figura femminile, un percorso di umanizzazione che dall’anestetizzata Holly de La Rabbia Giovane, procede verso l’alto fino alla Madre/Grazia di The Tree of Life. Con Franziska, Malick propone una mater dolorosa (et operosa), un ricongiungimento con la Terra, con la materia che si fa portatrice di vita e di concretezza, anche di fronte alla decisione ineluttabile che la storia imponeva.

Torna il voice over che entra dentro le menti e i cuori dei personaggi, il grandangolo a deformare i primi piani e ad avvicinarli allo spettatore, la durata importante, fondamentale al regista per affondare il suo stiletto appuntato nel cuore della storia. Torna anche la dimensione della guerra, sempre la Seconda Mondiale che aveva così magistralmente rappresentato in La Sottile Linea Rossa. Ma a differenza del capolavoro del 1998, così come è obbiettore il suo protagonista, anche il regista rinuncia in questa occasione alla violenza ostentata; non sentiamo un solo colpo di pistola, non vediamo una goccia di sangue. In compenso l’orrore della guerra non è più quella “nel cuore della natura” di cui parlava il Soldato Witt, ma è un’esperienza tutta umana alla quale si può decidere, come Franz, di non partecipare, rimanendo fedeli a se stessi.

In A Hidden Life, Terrence Malick sembra suggerirci che il Bene, nel mondo, cresce con i gesti privati, piccoli, nascosti, come la vita che vorrebbero condurre i protagonisti del film, come la vita che conduce lui stesso.

 
 

Stand By Me: 10 cose che non sai sul film

stand by me

Stand By Me è uno di quei film che ha rivoluzionato il mondo del cinema, diventando simbolo della gioventù di allora, come per quella di adesso, e del cinema degli anni ’80 in senso più generale.

Questo film, intitolato anche Stand By Me – Ricordo di un’estate, è diventato un vero e proprio cult, un punto di riferimenento per i prodotti audiovisivi odierni. Adattamento cinematografico del racconto Il Corpo di Stephen King, questo film rimarrà sempre nell’immaginario collettivo.

Ecco, allora, dieci cose da sapere su Stand By Me.

Stand By Me film

stand by me

1. Per Stephen King questo film è stato il miglior adattamento dei suoi libri. I lavori di Stephen King sono spesso stati soggetti ad adattamenti cinematografici e anche Stand By Me lo è in quanto è stato tratto dal racconto Il corpo, appartenente alla raccolta Stagioni diverse. Sembra che dopo una proiezione privata del film, alla presenza anche del regista Rob Reiner, King non si mise a parlare e uscì dalla sala a fine film. Al suo ritorno, disse al regista che questo era il miglior adattamento dei suoi racconti che avesse mai visto.

2. Di questo film venne cambiato il titolo. Il racconto sul quale il film di basa è intitolato Il Corpo e, inizialmente, il film si sarebbe dovuto chiamare così. In seguito, la Columbia Pictures decise di ribattezzarlo Stand By Me perché pensava che Il Corpo potesse essere un titolo fuorviante.

3. Sono stati usati dei teleobiettivi appositi per la scena del treno. In Stand By Me, la scena in cui Gordie e Vern stanno correndo verso la macchina da presa con il treno alle spalle è stata realizzata con i due attori all’estremità opposta rispetto al treno. Infatti, la crew del film usò un teleobiettivo con delle lenti che riuscissero comprimere l’immagine in maniera tale che il treno sembrasse alle spalle dei ragazzi

Stand By Me frasi

stand by me

4. Un film con frasi diventate cult. Non sono molti i film che riescono a rimanere nell’immaginario collettivo per diversi anni grazie anche a delle frasi particolarmente incisive. Eppure, Stand By Me è uno di questi. Ecco alcuni esempi:

  • Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha? (Gordie adulto)
  • Non avevo ancora 13 anni la prima volta che vidi un essere umano morto. Fu nell’estate del 1959, molto tempo fa. Ma solo misurando il tempo in termini di anni. (Gordie adulto)
  • È come se Dio ti avesse dato qualcosa. Tutte quelle storie che ti vengono in mente… Dio ha detto: “questa è roba tua, cerca di non sprecarla.” Ma i ragazzini sprecano tutto, se non c’è qualcuno che li tiene d’occhio. E se i tuoi vecchi sono troppo incasinati per farlo, dovrei farlo io, forse! (Chris)
  • Un giorno tu diventerai un grande scrittore, Gordie. Potrai anche scrivere di noi, se sarai a corto di idee. (Chris)
  • Ragazzi, vi va di vedere un cadavere? (Vern)
  • Io ci scommetto che se con te mi metto ci rimetto! (Teddy, Chris, Vern)

Stand By Me streaming

5. Il film è disponibile su diverse piattaforme streaming. Chi volesse vedere Stan By Me – Ricordo di un’estate per la prima volta o volesse rivederlo, è possibile farlo grazie alla sua presenza su diverse piattaforme in streaming digitale, come Rakuten Tv, Chili e iTunes.

Stand By Me canzone

6. La canzone di Ben E. King ha avuto una nuova vita. Il successo del film ha suscitato un rinnovato interesse per la canzone Stand By Me presente nella colonna sonora e ispirando il titolo definitivo del film. La versione di Ben E. King fu originariamente pubblicata nel 1961 e poi venne ri-pubblicata in seguito all’uscita del film. Questa nuova pubblicazione fece arrivare la canzone al numero 9 della Top Ten dell’autunno 1986.

7. Michael Jackson voleva fare una cover di Stand By Me. Nella colonna sonora del film, la canzone Stand By Me è forse la più famosa, realizzata da Ben E. King. Pare che Michael Jackson volesse realizzare una cover della canzone per il film e che Ron Reiner, pur restando in dubbio, preferì utilizzare la canzone della sua versione originale.

Stand By Me cast

stand by me

8. Corey Feldman ha provato tanti diversi tipi di risata. Per realizzare una risata vera, che sembrasse somigliare a quella descritta nella storia di King, Corey Feldman e il regista Rob Reiner si misero a provare ben 30 tipi di risate diversi, prima di decidere quale potesse essere quella ottimale per il personaggio di Teddy Duchamp.

9. River Phoenix aveva ottenuto un altro ruolo. Quando venne preso dopo il provino per far parte del film, River Phoenix venne scelto per il ruolo di Gordie Lachance. Fu il regista Rob Reiner ad intervenire, pensando che sarebbe stato meglio se avesse interpretato il personaggio di Chris Chambers.

10. Il ruolo di Gordie Lachance era uno dei più gettonati. Sebbene il ruolo di Gordie sia andato a Will Wheaton, erano diversi gli attori considerati per interpretare il personaggio. Tra questi, vi erano i famosi Sean Astin, Stephen Dorff e Ethan Hawke.

Fonti: IMDb, Aforismi

 
 

Il sale della terra: 10 cose che non sai sul film

il sale della terra

Il sale della terra è uno di quei film che ha dato nuova linfa al genere documentario, raccontando il punto di vista di uno dei fotografi più rinomati, Sebastião Salgado.

Win Wenders, che ha scoperto questo fotografo per caso, è rimasto immediatamente affascinato dal suo talento, riuscendo, con questo film, a raccontare la storia della sua vita e la comunicazione messa in atto dal suo lavoro.

Ecco, allora, dieci cose da sapere sul film documentario Il sale della terra.

Il sale della terra film

il sale della terra

1. Il regista ha raccontato il punto di vista del fotografo. Con Il sale della terra, Wim Wenders ha voluto raccontare come viene data vita ad una vocazione, portando alla luce l’umanità e la curiosità del mondo in un trotto intorno al mondo, come un dialogo riconoscente alla visione risoluta del fotografo.

2. Il montaggio è stato difficile. Sia Wim Wenders che Juliano Salgado (co-regista) hanno descritto il processo di montaggio come estremamente difficile e dispendioso in termini di tempo. C’erano false partenze e vicoli ciechi e i due hanno combattuto per mesi con quello che il regista tedesco chiamava “problemi dell’ego” su quello che sarebbe stato utilizzato o meno, prima di stabilire un metodo e di avere un risultato che li soddisfacesse.

Il sale della terra streaming

3. Il documentario è dispobile in streaming digitale. Chi volesse vedere o rivedere questo documentario di Wim Wenders, è possibile farlo grazie alla sua presenza sulle piattaforme digitali legali come Rakuten Tv e Chili.

Il sale della terra trailer

4. Un trailer per emozionarsi. Se non è chiaro di cosa parli il film Il sale della terra, è possibile visionare per prima cosa il trailer, rendendosi conto che se già esso riesce ad emozionare, non si può non guardare subito il documentario per intero.

Il sale della terra Salgado

5. Salgado ha spiegato la foto del gorilla. Per quanto riguarda la fotografia che ritrae un gorilla con si mette un dito in bocca, Sebastião Salgado ha dichiarato nel film che l’animale riconosce la propria immagine per la prima volta dopo aver visto il suo riflesso nella lente. Tuttavia, diversi studi hanno smentito questo fatto, dimostrando che i gorilla non riescono a riconoscere il proprio riflesso.

6. Wim Wenders ha conosciuto l’arte di Salgado per caso. Il regista tedesco, verso la fine degli anni ’80, stava camminando lungo La Brea Avenue a Los Angeles quando, con la coda dell’occhio scorse alcune fotografie nella finestra di una galleria. Entrò incuriosito e conobbe il nome dell’artista, un fotografo brasiliano, tale Sebastião Salgado, uscendo dalla galleria, dopo qualche ora, con delle stampe in mano.

7. Wenders ha incontrato Salgado a Parigi, nel suo studio. Dopo molti anni dalla scoperta, il regista tedesco ha incontrato il fotografo solo nel 2009. Dal loro incontro è nato il progetto Il sale della terra, con Salgado che ha portato il regista a concepire e ad imparare dagli angoli più remoti del mondo, realizzando il film con il figlio del signor Salgado, Juliano Ribeiro.

Il sale della terra significato

8. Il titolo del film ha un riferimento biblico. Il sale della terra, film del regista Wim Wenders, si riferisce ad un passaggio biblico, specialmente a Matteo 5:13: “Sei il sale della terra. Ma se il sale perde la sua salinità, come può essere reso di nuovo salato? Non è più buono a nulla, tranne che ad essere buttato fuori e calpestato”.

9. Il titolo si riferisce ad un fotografo. Salgado è un termine portoghese utilizzato per definire una cosa salata. Se si aggiunge il sale a qualcosa, questo diventa salgado. Ciò può essere interpretato, in maniera più ampia, come un contributo che il fotografo Sebastião Salgado ha dato al pianeta Terra o, in maniera più letterale, come il cambiamento che lui e la sua famiglia hanno apportato alla loro terra, riportando la foresta pluviale nativa all’Istituto della Terra (The Earth Insitute).

10. Il riferimento è alle persone di grande valore. Al di là della connotazioni religiose, Il sale della terra è una frase che rappresenta la positività. Infatti, le persone che vengono così descritte sono quello che vengono considerate di grande valore e di grande affidabilità.

Fonti: IMDb, The New York Times, The Phrase Finder, The Guardian

 
 

Too Old To Die Young: recensione della serie di Nicolas Winding Refn

Too Old To Die Young

Ai tempi di Solo Dio Perdona, Nicolas Winding Refn aveva promesso che il suo stile e il suo linguaggio cinematografico e narrativo sarebbero sempre più evoluti nella direzione di un’estetica abbagliante, come appunto quella riscontrabile nel succitato film presentato in concorso a Cannes nel 2013. Promessa fatta, promessa mantenuta. Dopo aver turbato ulteriormente con The Neon Demon, Refn ha proseguito la sua ricerca spostandosi sulla serialità, realizzando così la sua prima serie intitolata Too Old To Die Young, di cui gli episodi 4 e 5 sono stati presentati fuori concorso al Festival di Cannes 2019. La serie, che sarà distribuita su Amazon Prime Video dal 14 giugno, sembra promettere un concentrato di tutte le cifre stilistiche del regia danese, tra avvincente intrattenimento e disincantata contemplazione sulla società odierna.

Too Old To Die Young, la serie tv Prime Original

Protagonista assoluto è Miles Teller, il quale interpreta un detective dalla doppia vita: di giorno garante della legge, di notte spietato assassino. Martin, questo il nome del protagonista, soffre di una crisi esistenziale, la quale lo conduce sempre più all’interno di un inferno fatto di omicidi, violenza e sangue. Questa cupa odissea lo porterà a scontrarsi con strani e temibili personaggi.

Sono particolarmente diversi l’uno dall’altro i due episodi presentati in anteprima. Dove uno sembra vivere della rarefazione di Solo Dio Perdona, l’altro sfoggia invece un dinamismo alla Drive. Dove uno sembra avere i toni disillusi e le atmosfere decadenti di un film sulla crisi della società e dei suoi abitanti, l’altro è invece un adrenalinico noir tra feroci inseguimenti e personaggi dalla perversa natura. Difficile dunque immaginare come possa realmente essere la serie firmata da Refn, quali delle due strade percorrerà, e a quali conclusioni arriverà.

Too Old To Die Young

Ciò che è certo, è che il regista sembra aver dato sfogo a tutte le sue ossessioni, che all’interno di un prodotto della durata complessiva di 13 ore potrebbero aver trovato la giusta collocazione. Potrà certamente infastidire l’uso che Refn fa della messa in scena, totalmente prevalente rispetto all’elemento narrativo. Questo appare infatti un pretesto per mettere in relazione alcune immagini chiave, e l’intrattenimento è dato in primo luogo da una ricerca e una cura per l’aspetto visivo che sbalordisce nuovamente. Refn è sempre più un esteta, e le sue opere vivono di colori forti, dal giallo al verde, dal rosso al viola. Colori che sono diretta esternalizzazione delle pulsioni dei personaggi.

Il mondo che sembra aver costruito stavolta ha un sapore già conosciuto, eppure difficilmente si riesce a staccare gli occhi dallo schermo. Refn sa come ottenere l’attenzione, come riprenderla qualora la si avesse persa. Lo dimostra con continui cambi di tono, continue accelerazioni di ritmo che costringono lo spettatore a vivere sulla propria pelle il metaforico viaggio verso l’inferno che il protagonista ha intrapreso. Miles Teller incarna qui il nuovo volto senza espressioni né emozioni del cinema dell’autore danese. Pur privato di ciò, l’attore riesce comunque a calamitare su di sé l’attenzione, imponendosi come una figura tanto attraente quanto provocante.

Refn è dunque tornato, ed è pronto a far discutere nuovamente, proponendo un prodotto che certamente porrà a dura prova lo spettatore, marcando sempre di più la divisione tra chi lo ama e chi lo odia. Con Too Old To Die Young conferma di sapere perfettamente come provocare e intrattenere, come sorprendere, scioccare e anche divertire. Se la serie vivrà bilanciando al suo interno la differente natura dei due episodi proposti, avrà certamente la possibilità di affermarsi come un nuovo punto cruciale nella filmografia del suo autore.

 
 

Cannes 2019: Nicola Winding Refn presenta Too Old To Die Young

Nicolas Winding Refn Too Old To Die Young

Dopo una lavorazione durata 18 mesi, il regista danese Nicolas Winding Refn presenta Fuori Concorso al Festival di Cannes 2019 la sua nuova creatura: Too Old To Die Young, la prima serie tv firmata dal regista di Drive e The Neon Demon, composta da 10 episodi è disponibile in streaming dal 14 giugno su Amazon Prime Video.

Interpretata da Miles Teller, la serie ha per protagonista un detective dalla doppia vita: di giorno garante della legge, di notte spietato assassino. Martin, questo il nome del protagonista, soffre di una crisi esistenziale, la quale lo conduce sempre più all’interno di un inferno fatto di omicidi, violenza e sangue. Questa cupa odissea lo porterà a scontrarsi con strani e temibili personaggi.

Arrivato in conferenza stampa, insieme a Miles Teller, Refn viene chiamato a raccontare da dove nasca l’idea di questa serie dal titolo così suggestivo. “Tutto nasce in un auto, a Los Angeles. Stavo lavorando a The Neon Demon a quel tempo. Era il periodo in cui Netflix si affermava sempre più come realtà grazie ai suoi contenuti. Tutti intorno a me sembravano volersi spostare in televisione. Io non la guardo molto in realtà, ma ero incuriosito dalle possibilità del mezzo. Era come accettare ed esplorare un modo totalmente nuovo di comunicare.”

“Contemporaneamente ho iniziato ad avere il desiderio di lavorare su qualcosa che avesse come tematiche la religione e la morte, – continua il regista – e il titolo Too Old To Die Young venne spontaneo. Chiamai Ed Brubaker, il co-creatore della serie, e gli esposi la storia, chiarendo che desideravo sviluppare una linea narrativa particolarmente lunga.”

“Quando inizi a lavorare ad una storia hai un’idea, un’intenzione, ma poi qualcosa di veramente strano accade durante il processo di scrittura. – prosegue Refn – Quando abbiamo iniziato a scrivere la serie era il periodo delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Io mi sentivo come un alieno, e mi sentivo influenzato da tutto quello che stava accadendo. Stavo sperimentando l’evoluzione di un Paese, e tutto ciò è finito inevitabilmente all’interno della serie, che parla a suo modo del collasso della società. E volevo indirizzarla in particolare ai giovani, che sono il futuro. Loro qui sono visti come una speranza, mentre gli uomini come un decadente fallimento.

La parola passa poi a Miles Teller, al quale viene chiesto di raccontare il rapporto lavorativo con Refn e il lavoro svolto su di un personaggio tanto impegnativo. “Quando fui contattato per il progetto lessi solo la sceneggiatura del primo episodio. Ero attratto, pur non avendo idea di come sarebbe evoluta la cosa. Ma desideravo lavorare con Nicolas, che adoro, e lui mi ha garantito che avremmo girato le scene in ordine cronologico. Questo mi ha portato ad affrontare la sfida di tenere con me un personaggio per un periodo di tempo veramente lungo, ed è stato affascinante poterne scoprire sempre nuove sfumature e poter apprendere sempre di più sull’arte del filmmaking da Nicolas.”

Nicolas Winding Refn Too Old To Die Young

Refn torna poi a parlare sulla natura del progetto e sul particolare stile che a partire dal film Drive ha raffinato sempre di più. “Questa non è una serie tv, è un film. Un film di 13 ore. E all’interno volevo che tutto dipendesse da due elementi: l’immagine e il silenzio. La prima è fondamentale per me, credo sia l’elemento più comunicativo che abbiamo. Il silenzio invece è un arma usata per rivelare, il più delle volte qualcosa di cui abbiamo paura. Il silenzio può dar vita a situazioni poco confortevoli, e questo era proprio ciò che desideravo esplorare.”

Nicolas Winding Refn è anche proprietario di un proprio servizio streaming attraverso il quale mette a disposizione degli utenti alcuni film classici o quelli che più hanno influenzato la sua carriera. “Qualche anno fa ebbi l’idea di creare la mia propria forma di piattaforma streaming. – racconta Refn  in proposito – Volevo dar vita ad una fondazione che si occupasse di preservare la cultura cinematografica, e volevo che fosse gratis. È nato come un esperimento, ma con il tempo la cosa è cresciuta ed è veramente interessante vedere le forme che sta assumendo.

 Concludendo la conferenza stampa, al regista viene chiesto se abbia inserito, come suo solito, una scena cardine anche in questo nuovo progetto. “In ogni mio film c’è una scena madre che racchiude il cuore del prodotto. C’è anche qui, certo. È nell’episodio 9 ma non vi dirò qual è. Dovrete scoprirlo da soli.”

 
 

Cannes 2019: Penelope Cruz e i ricordi d’infanzia in Dolor y Gloria

In occasione della presentazione a Cannes 2019 di Dolor y Gloria, ecco la nostra intervista alla co-protagonista del nuovo film di Pedro Almodovar, Penelope Cruz.

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Cannes 2019: Dolor y Gloria, recensione del film di Pedro Almodovar

Dolor y Gloria racconta una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, un regista cinematografico oramai sul viale del tramonto. Alcuni sono fisici, altri ricordati: la sua infanzia negli anni ‘60 quando emigrò con i suoi genitori a Paterna, un comune situato nella provincia di  Valencia, in cerca di fortuna; il primo desiderio; il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni ‘80; il dolore della rottura di questo amore quando era ancora vivo e palpitante; la scrittura come unica terapia per dimenticare l’indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il senso del vuoto, l’incommensurabile vuoto causato dall’impossibilità di continuare a girare film. “Dolor y Gloria” parla della creazione artistica, della difficoltà di separarla dalla propria vita e dalle passioni che le danno significato e speranza. Nel recupero del suo passato, Salvador sente l’urgente necessità di narrarlo, e in quel bisogno, trova anche la sua salvezza.

 
 

A-Force: le eroine Marvel schierate nel backstage di Endgame

a-force Captain Marvel Avengers: Endgame

Uno dei momenti più emozionanti di Avengers: Endgame è stato quello che ha visto protagoniste tutte le eroine schierate contro Thanos, a proteggere Captain Marvel che custodiva il Guanto dell’Infinito completo di Gemme. La scena ha infiammato i cuori degli spettatori anche se non sappiamo con certezza se rivedremo le eroine tutte insieme in un film sulla A-Force.

Adesso, forse a irrobustire le voci che vorrebbero che tale film fosse già in produzione, l’account ufficiale dei Marvel Studios pubblica una foto di squadra dal backstage di Endgame in cui compaiono tutte le eroine Marvel, eccetto, ovviamente, Vedova Nera.

CORRELATI:

Vi ricordiamo che Avengers: Endgame è nelle nostre sale dal 24 aprile.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Avengers: Endgame, cosa è accaduto davvero a Loki?

 
 

Captain America: una statua dettagliata mostra l’eroe che impugna il Mjolnir

captain america

Il grande colpo di scena di Avengers: Endgame che ha visto Captain America impugnare il Mjolnir ha scatenato la gioia dei fan e ha concretizzato un sospetto che avevamo avuto già in Age of Ultron, ovvero che Steve Rogers è degno del potere del Martello di Thor.

Di seguito potete ammirare le foto di una statua che raffigura proprio Cap con il mano la potente arma e il suo scudo, un oggetto dettagliato e prezioso.

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First Love: recensione del film di Takashi Miike – #Cannes72

First Love

All’interno del Festival di Cannes 2019, arriva in concorso alla Quinzaine des Réalisateurs il regista giapponese Takashi Miike con il suo nuovo film dal titolo First Love. All’interno di questo è possibile ritrovare tutti i principali stilemi del regista, dalla violenza esagerata all’umorismo nero, dall’amore alla natura ambigua dei personaggi. Con il suo nuovo lungometraggio Miike si conferma uno dei registi più controversi e affascinanti dell’odierno panorama cinematografico.

Ambientato nell’arco di una notte a Tokio, il film segue la storia di Leo, un giovane boxer solitario, e di Monica, giovane ragazza costretta a prostituirsi per debiti. Mentre tra i due sboccia l’amore, si ritroveranno anche a doversi difendere da pericolosi personaggi della malavita, i quali li cercano per motivi a loro ignoti. In un tripudio si sangue, comicità e sentimento, i due ragazzi dovranno riuscire a sopravvivere alla notte per consolidare il loro rapporto.

Le premesse della trama non vengono disilluse, in un film che si dimostra dinamico sin dall’inizio. Miike ci presenta da subito, ognuno nel suo contesto i vari personaggi. Molti di questi non si conoscono minimamente, e sembra impensabile che possano presto o tardi ritrovarsi a combattere gli uni contro gli altri per la vita e la morte. Se all’inizio si può quindi rimanere frastornati dalla presenza di molteplici linee narrative da seguire, ben presto si ci si ritroverà sempre più catapultati nel vivo della storia.

Appare sempre più chiaro che Miike desidera raccontare una storia che esce dai binari del realistico, quasi una favola, chiedendo un po’ di partecipazione e fiducia allo spettatore per condurlo all’interno di un incubo notturno dove tutto è possibile. Incubo per i protagonisti, poiché per lo spettatore il film è invece una gioia per gli occhi. Particolarmente violento, ai limiti dello splatter, il regista unisce a quest’elemento quello della comicità. Ogni scena brutale presenta allo stesso tempo situazioni per cui è impossibile non provare divertimento, con trovate particolarmente brillanti.

All’interno di questo delirio visivo, non manca ciò che il titolo promette, ovvero l’amore. I due protagonisti, moderni Romeo e Giulietta, si ritrovano coinvolti in qualcosa di più grande di loro. La loro presenza aggiunge sentimento a quanto avviene intorno a loro, e anche i più cattivi infine sembrano costretti a piegarsi alla forza del loro amore.

Il solito Miike dunque, che com’è giusto che sia non si allontana dai temi a lui cari, ma li riformula per realizzare un film dinamico, particolarmente coinvolgente e divertente. Sua intenzione era infatti quella di dar maggior rilevanza all’aspetto comico, che nel film è ben dosato e costruito. Se anche tutto sembra crescere fino all’inverosimile, ciò non risulta un disturbo. Ormai assuefatti dalla storia si è pronti a seguire il regista in ogni strada intrapresa, e First Love si rivela l’ennesimo interessante progetto di uno dei maestri della cinematografia orientale.

 
 

Cannes 2019: Antonio Banderas parla di Dolor y Gloria di Pedro Almodovar

In occasione della presentazione a Cannes 2019 di Dolor y Gloria, ecco la nostra intervista al protagonista del nuovo film di Pedro Almodovar, Antonio Banderas.

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Cannes 2019: Dolor y Gloria, recensione del film di Pedro Almodovar

Dolor y Gloria racconta una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, un regista cinematografico oramai sul viale del tramonto. Alcuni sono fisici, altri ricordati: la sua infanzia negli anni ‘60 quando emigrò con i suoi genitori a Paterna, un comune situato nella provincia di  Valencia, in cerca di fortuna; il primo desiderio; il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni ‘80; il dolore della rottura di questo amore quando era ancora vivo e palpitante; la scrittura come unica terapia per dimenticare l’indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il senso del vuoto, l’incommensurabile vuoto causato dall’impossibilità di continuare a girare film. “Dolor y Gloria” parla della creazione artistica, della difficoltà di separarla dalla propria vita e dalle passioni che le danno significato e speranza. Nel recupero del suo passato, Salvador sente l’urgente necessità di narrarlo, e in quel bisogno, trova anche la sua salvezza.

 
 

Little Joe: recensione del film di Jessica Hausner – #Cannes72

Little Joe

Ci sono film che dimostrano di meritare la partecipazione al concorso ufficiale di un festival prestigioso come quello di Cannes. Little Joe, di Jessica Hausner, tuttavia non è tra quelli. Presentato al Festival di Cannes 2019, il nuovo lungometraggio della regista austriaca rivela una storia debole, penalizzata in particolare da scelte di regia che disturbano anziché attrarre.

Il film ha per protagonista Alice (Emily Beecham), una madre single e particolarmente devota al suo lavoro di sperimentatrice di nuove specie di piante. La sua ultima ricerca riguarda un particolare tipo di fiore, chiamato Little Joe, che, oltre ad attrarre per la sua bellezza, è in grado grazie al suo profumo di rendere felice chi si trova nelle vicinanze. Con l’avvicinarsi del lancio sul mercato di questo però, strane cose iniziano ad accadere e Alice comincia a nutrire sospetti su Little Joe, il quale potrebbe non essere innocuo come sembrerebbe.

Sulla carta il film aveva il potenziale per rivelarsi buon thriller sci-fi. La trama infatti consente numerose strade percorribili, ma al momento della realizzazione del film evidentemente sono state prese quelle errate. Benché le premesse fossero interessanti, la sceneggiatura acquista ben presto un tono di innaturalità che porta al manifestarsi di diversi buchi di sceneggiatura e, in particolare, la mancanza di un vero e proprio sviluppo del conflitto.

Nel momento in cui la protagonista inizia a nutrire sospetti sulla sua creazione, nulla di veramente significativo accade perché lo spettatore possa essere sempre più coinvolto. I sospetti continuano, fino a concretizzarsi ma risolvendosi in un nulla di fatto. Si aspetta così qualcosa che è destinato a non arrivare, e il fatto che le domande poste rimarranno senza risposta diventa chiaro ben prima del finale. Ciò che sembra mancare più di tutto è poi la minaccia che le piante del film portano con sé. Impariamo a conoscerle ma, benché la loro natura appaia pericolosa, si rimane all’oscuro di quale realmente sia il pericolo che si corre. Chi vi entra in contatto subisce effettivamente un cambiamento, ma che non porta a sviluppi né intelligenti né inquietanti.

La regista e sceneggiatrice sembra più che altro interessata a generare un atmosfera di tensione che possa supportare la storia. All’inizio il suo intento sembra riuscire, ma nel momento in cui lo spettatore comprende che ben poco accadrà di nuovo, la tensione viene presto a sgretolarsi lasciando il posto ad un senso di noia e irritazione. Certamente non aiutano i costanti movimenti di macchina, i più dei quali risultano ingiustificati. Se l’intento era quello di generare una tensione nello spettatore, come detto prima, questa viene ben presto a scemare. Altro elemento particolarmente fastidioso è una colonna sonora eccessivamente presente, particolarmente ricca di suoni e rumori. Questa  è marcatamente posta sia nei momenti più cruciali che in quelli meno adatti, finendo per ottenere l’effetto opposto a quello desiderato.

Non è chiaro quale fosse l’intento della Hausner con Little Joe, ma la sensazione generale è di un’occasione sprecata. Un’idea che poteva racchiudere un potenziale ma che, come il fiore protagonista del film, sembra emanare solo una pallida parte di ciò che poteva essere.