Lo spin-off di The
Boys ambientato all’università, Gen V,
ha da poco concluso la sua prima stagione, e in attesa della sua
seconda stagione (e della quarta della serie
madre) si apprende ora la notizia che un altro spin-off si
trova nelle sue prime fasi di sviluppo presso Prime Video. Secondo Deadline, infatti,
The Boys: Mexico sarebbe ufficialmente in
lavorazione con lo sceneggiatore di Blue BeetleGareth Dunnet-Alcocer. Diego Luna
(Andor) e Gael García
Bernal (Werewolf By Night) si
occuperanno della produzione esecutiva, ma si dice che stiano
valutando la possibilità di assumere dei ruoli di supporto nella
serie.
I dettagli sulla storia sono stati
tenuti nascosti, mentre sembra essere in corso la ricerca di un
co-showrunner che affianchi il creatore, lo scrittore e il
produttore esecutivo Dunnet-Alcocer. Lo spin-off,
naturalmente, sarà girato in Messico e il casting dovrebbe iniziare
a breve. Il team dietro la serie originale, la Point Grey
Pictures di Eric Kripke, Seth
Rogen ed Evan Goldberg, la
Original Film di Neil H. Moritz,
la Sony Pictures Television e gli Amazon
MGM Studios, supervisioneranno The Boys:
Mexico. Idealmente, ci si può aspettare che questa
serie racconterà di un gruppo di supereroi messicani, i quali
potrebbero poi svelare inaspettati legami con quelli protagonisti
della serie princiaple.
The Boys: quello che sappiamo sulla quarta
stagione
I dettagli della trama della quarta
stagione di The
Boys sono un mistero per ora, ma sappiamo che
l’ex attore di The Walking Dead, Jeffrey
Dean Morgan si unirà alla mischia in un ruolo
sconosciuto. Abbiamo anche appreso che Cameron
Crovetti (Ryan) è stato nominato regular della serie, il
che non sorprende dopo il sinistro scatto finale della terza
stagione. Durante un’intervista con Collider, Kripke ha infatti
confermato che Ryan sarà il punto focale della quarta stagione.
“Andando avanti, Ryan è una parte davvero importante. Sia
Butcher che Homelander hanno ottime ragioni per litigare per Ryan
perché la posta in gioco non potrebbe essere più
alta”.
“Se Ryan segue la strada di
Homelander e poi ci sono due Homelander nel mondo, allora è tutto
un incubo per il pianeta. Se Butcher riesce a portare Ryan alla
luce, allora questa è probabilmente l’arma migliore che hanno
contro Homelander. È sempre stato uno show sulla famiglia, e gran
parte della terza stagione riguardava i padri, quindi la stagione 4
parlerà di figli”. Inoltre, un peso sugli eventi della quarta
stagione lo avrà anche quanto accaduto nel finale di Gen V.
“Per Butcher, quando stavano preparando il finale, eravamo già
abbastanza avanti nella realizzazione della Stagione 4“, ha
detto Kripke a riguardo.
“Sapevamo che volevamo che quel
virus fosse una parte piuttosto importante della Stagione 4, e
sapevamo che volevamo che Butcher ne fosse consapevole. Sarebbe
assurdo se non ne fosse a conoscenza. È diventato un po’
complicato, perché come facciamo a mostrare che ne è a conoscenza
senza che sia solo un dialogo? Così è nata l’idea che probabilmente
non doveva nemmeno accadere in The Boys, ma in Gen V“. Sebbene
non sia ancora stata fissata una data precisa per l’uscita della
serie, è comunque stato recentemente confermato che The
Boys4 arriverà su Prime Video nel 2024.
Dopo aver interpretato Drax nei tre
film di successo di Guardiani della
Galassia per i Marvel Studios, Dave
Bautistapotrebbe ora trasferirsi nel
DCU, seguendo dunque il suo regista e
amico James Gunn. Da
tempo circolano voci secondo cui, data l’amicizia tra i due,
Bautista possa entrare a far parte del franchise con un ruolo tutto
per lui (il più gettonato dai fan è quello di Bane). Tali voci
vengono ora alimentate da una foto che l’attore ha caricato sul
proprio profilo Instagram, dove rivela di trovarsi agli studi della
Warner Bros., più precisamente seduto sul parcheggio auto di
Gunn.
Gunn ha poi anche risposto alla foto
quasi immediatamente dopo che Bautista l’ha postata, portando molti
fan della DC a credere che i due stessero avendo un incontro per
parlare di un possibile ruolo dell’attore nel DCU. In precedenza,
Bautista ha dichiarato di ritenere che il suo tempo come Drax sia
finito nel MCU, in quanto sentiva che stava diventando troppo
vecchio e che non vedeva l’ora di affrontare nuove sfide. La
conclusione data al suo personaggio da Guardiani della Galassia Vol.
3 sembra confermare questa cosa.
Durante un’apparizione al Tonight Show, Dave Bautista aveva infatti
dichiarato che “con Drax, sono riuscito a concludere nel modo
perfetto. E non mi inserirei mai in un altro lavoro come Drax solo
per avere uno stipendio. Rovinerei quel finale perfetto, e non lo
farò“. In quell’occasione Bautista aveva parlato anche delle
voci che lo vorrebbero come Bane, affermando di essere interessato al
personaggio, ma di sentirsi troppo vecchio per
esso. Non resta dunque che attendere per scoprire se davvero
lui e Gunn stanno avendo dei colloqui e a cosa potrebbero
eventualmente portare. Di certo, i due si stanno divertendo ad
alimentare le teorie sull’ingresso di Baustista nel DCU.
Reduce dal successo di Avatar: La via
dell’acqua, James Cameron è
ora al lavoro su Avatar 3, per il quale ha
dichiarato che passerà più tempo sulla sua post produzione di
quanto la maggior parte dei registi ne dedichi normalmente a un
intero film, ovvero dal suo sviluppo all’uscita in sala. Parlando
con l’emittente pubblica TV New Zealand, il premio Oscar ha infatti detto del
sequel che “siamo in due anni di post-produzione molto
frenetici, quindi sì, sarà per il Natale del ’25“. Alla fine
del 2022, Cameron aveva dichiarato a Entertainment Weekly di aver
già girato molte scene di Avatar 3 e Avatar 4 in contemporanea
con il primo sequel, che ha incassato oltre 2 miliardi di
dollari.
Lo ha fatto per evitare che i membri
più giovani del cast invecchiassero, citando Stranger Things come
esempio del problema del tempo che avanza. La cosa si è poi
rivelata anche una scelta prudente, visto lo sciopero della SAG-AFTRA di
quest’anno, che avrebbe altrimenti rischiato di ritardare
ulteriormente l’uscita dei prossimi film. Con le riprese di
Avatar 3 completate nel dicembre
del 2020 e il secondo capitolo ormai consegnato ai fan, al regista
non resta dunque che contrarsi a pieno sulla post produzione del
nuovo film, con l’intento di regalare senza dubbio alcuno una nuova
esperienza cinematografica senza precedenti.
Avatar 3, quello che
sappiamo sul prossimo film della saga
Con l’uscita in sala di Avatar – La via
dell’acqua, lo scorso dicembre, la saga cinematografica
ideata da James Cameron e
ambientata sul pianeta Pandora ha ripreso il via, con anche altri
tre capitoli annunciati e in arrivo nei prossimi anni. Il primo di
questi sarà Avatar
3, ancora senza titolo ufficiale, che come noto
introdurrà importanti novità, a partire dal primo popolo Na’Vi
caratterizzato come “cattivo”, ovvero il Popolo della
Cenere. Sappiamo ancora pochissimo di questo e dei
personaggi che lo comporranno, ma sembra che non si tratterà
dell’unica nuova cultura che il film introdurrà nella saga.
Oltre al Popolo della Cenere ci sarà
infatti almeno anche un altro popolo introdotto in Avatar 3, anche se al momento quest’ultimo
rimane del tutto sconosciuto. Come sappiamo, il terzo film della
saga è già stato in buona parte girato, dunque potrebbe essere solo
questione di tempo prima di scoprire qualche dettaglio in più a
riguardo e soprattutto sapere se i popoli saranno effettivamente
solo due o anche di più e se staranno dalla parte dei buoni o dei
cattivi. Protagonisti saranno però naturalmente gli attori Sam Worthington, Zoe
Saldana,
Kate Winslet,
Sigourney Weaver, Edie Falco, Stephen Lang, Joel David Moore,
Jemaine Clement, Matt Gerald e CCH
Pounder.
Il remake di Nosferatu di
Robert Eggers, da lungo tempo in lavorazione,
arriverà al cinema il prossimo Natale. Focus Features ha
programmato l’uscita del film per il 25 dicembre 2024. Nel momento
in cui scriviamo, Nosferatu arriverà sul grande schermo pochi
giorni dopo il prequel de Il Re Leone della
Disney, Mufasab, e di Sonic the Hedgehog
3 della Paramount, entrambi in uscita il 20 dicembre.
Eggers ha dichiarato a Empire: “Sì, è un film
spaventoso. È un film horror. È un film horror gotico, e penso che
da tempo non ci sia un film gotico vecchia scuola che sia davvero
spaventoso. E penso che la maggior parte del pubblico troverà che
questo sia il caso.”
“Dirò che Bill [Skarsgård] si è
completamente trasformato, temo che potrebbe non ottenere il
credito che merita perché è semplicemente… non è lì”, ha
aggiunto Eggers riguardo alla performance di
Skarsgård. “Penso che la cosa principale sia che è un
vampiro popolare. Secondo me assomiglia a un nobile morto della
Transilvania, e in un modo che non abbiamo mai visto come sarebbe e
come sarebbe vestito un vero nobile morto della
Transilvania.”
Eggers ha anche specificato che il
ruolo più importante del film sarà quello assegnato alla Ellen di
Lily Rose-Depp: “È ancora più fedele alla
storia di Ellen rispetto alle versioni precedenti. E Lily-Rose è
assolutamente fenomenale”, ha detto.
Oltre al suddetto trio, Nosferatu
avrà un cast corale composto da Aaron
Taylor-Johnson, Emma Corrin, Willem Dafoe e Ralph
Inseon, che interpreteranno tutti personaggi reinventati
del film del 1922. Eggers ha diretto Nosferatu da
una sua sceneggiatura. Il film della Focus Features proviene da
Regency Enterprises, Studio 8 e Maiden Voyage Pictures ed è
prodotto da Eggers, Jeff Robinov e John Graham per Studio 8 e Chris
Columbus ed Eleanor Columbus per Maiden Voyage. L’uscita di
Nosferatu
è prevista per il 2024.
Prima di recitare nell’acclamato
Dolor y Gloria, il film
di Pedro Almodovar che gli ha fatto guadagnare la
sua prima nomination all’Oscar, Antonio
Banderas ha preso parte, tra i tanti, al film
Security, action thriller diretto da
AlainDesRochers e scritto dagli
sceneggiatori Tony Mosher e John
Sullivan. All’interno di questo, uscito nel 2017, l’attore
spagnolo interpreta un’inarrestabile guardia del corpo pronto a
tutto pur di difendere un’innocente bambina. Nello stesso anno in
cui recita in Vendetta finale,
Banderas dimostra ulteriormente la sua predisposizione a tale
genere, risultando minaccioso e agguerrito quanto occorre alla
storia. Un ruolo non inedito, ma che gli permette di mettersi alla
prova anche con prove più fisiche.
Girato in Bulgaria con un budget di
15 milioni di dollari, il film presenta tutte le principali
caratteristiche che il genere richiede, con sequenze action di
grande impatto ma anche tanta emotività. Al pari di titoli simili
come Man on Fire o The Equalizer, anche
qui si costruisce infatti una relazione tra un duro e una giovane
da proteggere, insegnandosi molto a vicenda. Nonostante il cast di
celebri attori presenti, però, Security è passato
grossomodo inosservato, arrivando direttamente in streaming per
molti paesi. Ciò ha dunque impedito al film di conoscere una
maggior popolarità.
Per quanti sono curiosi di vedere
Banderas in un ruolo diverso da suoi soliti, questo è però il
titolo giusto. Allo stesso tempo, per gli amanti di questo genere
si tratta di un buon prodotto in grado di regalare intrattenimento
a volontà nella sua durata di appena un’ora e mezzo. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Security: la trama del film
Protagonista del film è
Eduardo “Eddie” Deacon, veterano delle forze
speciali estremamente preparato ad ogni tipo di combattimento, sia
con armi che a mani nude. Nonostante la sua gloriosa attività, da
quando egli ha lasciato la Delta Company dei Marine non è più
riuscito a trovare un’occupazione decente. Questo ha ovviamente
avuto pesanti ripercussioni sulla sua vita, a partire da quella
famigliare. La sua frustrazione si ripercuote infatti sui rapporti
con la moglie e la figlia. Alla disperata ricerca di un nuovo
impiego che gli permetta di ottenere un sostentamento minimo, Eddie
finisce con l’accettare l’incarico di addetto alla sicurezza in
centro commerciale.
Questo si trova però in una zona
particolarmente malfamata della città, dove rapine e scontri con
armi da fuoco sono pressocché all’ordine del giorno. Già alla sua
prima notte di servizio, infatti, egli si ritrova coinvolto in un
brutto affare. Una giova bambina di nome Jamie
bussa infatti alle porte del centro, alla ricerca di un rifugio
sicuro. Eddie apprenderà di come sia riuscita a scappare da un
gruppo di assassini, i quali la vogliono morta in quanto testimone
di un delicato processo. Prima che Eddie possa rendersene conto, il
boss criminale Charlie e i suoi uomini
circonderanno il centro commerciale, dando vita ad un assalto da
cui sarà difficile uscire vivi.
Security: il cast del film
Come anticipato, nel ruolo del
protagonista Eddie Deacon vi è l’attore Antonio
Banderas. Entusiasta dalla possibilità di interpretare
un ruolo tanto basato sulla fisicità, egli accettò da subito
l’offerta, iniziando a prepararsi con grande dedizione. In
particolare, Banderas si sottopose ad un rigido addestramento che
gli ha permesso di interpretare quante più scene possibile, senza
ricorrere troppo a controfigure. Allo stesso tempo, si è esercitato
nell’utilizzo di varie armi, così da avere una maggiore padronanza
di queste al momento delle riprese. Accanto a lui, nei panni della
giovani Jamie, vi è l’attrice Katherine de la
Rocha. Per lei si è trattato dell’esordio cinematografico
in un ruolo di rilievo, ed è stata scelta tra numerosissime
candidate.
Nei panni dello spietato criminale
Charlie, invece, si ritrova l’attore premio Oscar Ben Kingsley.
Noto per i suoi ruoli di vario genere, questi ha negli ultimi anni
interpretato diversi villain, cercando però di distinguere ognuno
di questi tra loro. Per questo nuovo personaggio, infatti, ha
ricercato la freddezza necessaria per ordinare di far uccidere una
bambina. Nel film si ritrova poi l’attore Liam
McIntyre, celebre per essere stato il protagonista della
serie Spartacus, nei panni di Vance. Cung
Le, ex lottatore di arti marziali miste, interpreta Dead
Eyes, mentre l’attore taiwanese Jiro Wang è Johnny
Wei, qui nel suo primo film statunitense. Infine, Chad
Lindberg recita nel ruolo di Mason.
Security: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
Security è attualmente
presente su Netflix, una delle piattaforme streaming più
famose disponibili sul Web. Per poterlo vedere, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale, cosa che permetterà
l’accesso anche a tutti gli altri titoli presenti nel catalogo. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 28novembre
alle ore 21:00 sul canale 20
Mediaset. Potrà dunque essere visto in quest’occasione da
quanti ne sono incuriositi.
La sempre più lunga e apprezzabile
carriera cinematografica dell’ex wrestler Dave Bautista presenta
anche alcuni titoli da protagonista assoluto. Uno di questi è
l’action thriller Bushwick, diretto nel
2017 da Jonathan Milott e Cary
Murnion. Al centro di questo vi è un ex militare e una
giovane studentessa, insolita coppia che si trova a dover unire le
proprie forze nel momento in cui la loro città viene invasa da una
misteriosa forza militare. Ricco di scene d’azioni dal grande
impatto, colpi di scena e risvolti imprevisti, il film si rivela
essere un accattivante esempio del suo genere di riferimento,
capace di soddisfare gli amanti di questo.
Come suggerisce il titolo, il film è
ambientato nel Bushwick, un quartiere operaio situato nella parte
settentrionale di Brooklyn, a New York. Ricco di culture e
tradizioni diverse, questi è uno dei luoghi più caratteristici
della città, prestandosi particolarmente bene ad essere
ambientazione cinematografica. Proprio l’utilizzo di tale quartiere
ha permesso al film di acquisire un certo sottotesto sociopolitico,
avente per protagonisti personaggi ai margini. Distribuito
prevalentemente per il mercato home video, Bushwick non ha
goduto di grande popolarità, meritando però di essere
riscoperto.
Di buon intrattenimento, e con idee
narrative non scontate, si tratta infatti di un film capace di
regalare buon intrattenimento e adrenalina a quanti vi dedicano
attenzione. Prima di intraprendere una visione di tale titolo,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Bushwick: la trama del
film
La vicenda del film si apre in un
contesto dove lo stato del Texas richiede a gran voce
l’indipendenza dagli Stati Uniti, dichiarando una vera e propria
guerra. In quello che sembrava esser un giorno come un altro, la
città di New York viene dunque invasa da un gran numero di militari
vestiti di nero, i quali si dimostrano pronti ad uccidere a sangue
freddo chiunque si ponga sul loro cammino. Tra questi vi
sono Lucy e Jose, giovane
coppia di fidanzati. Nel momento in cui lui rimane vittima
dell’attacco, la ragazza in preda al panico corre a rifugiarsi in
un seminterrato.
Qui farà la conoscenza di
Stupe, un muscoloso e ostile ex marine. Questi si
ritrova suo malgrado ad accettare di aiutare la ragazza,
scortandola attraverso il quartiere Bushwick fino ad una zona
considerata sicura. Per arrivarci, però, dovranno attraversare un
vero e proprio campo di battaglia, con pericoli ad ogni angolo.
Sono 5 gli isolati che li separano dalla salvezza, resi ancor più
ostili dalla presenza dei militari e di criminali di ogni tipo. Per
Stupe, questa sarà decisamente l’occasione per rispolverare il suo
mai realmente sopito spirito di guerra.
Bushwick: il cast del
film
Per un film ricco di cotanta azione,
era necessario che nei ruoli principali vi fossero attori non nuovi
a questa. Per il personaggio di Stupe è stato così scelto l’attore
Dave Bautista.
Questi si era già distinto negli anni precedenti per il suo saper
padroneggiare il genere, fornendo anche convincenti prove
attoriali. Per la parte, Bautista si è sottoposto ad un lungo
allenamento, con il quale ha ulteriormente rafforzato la propria
forma fisica. Così facendo, ha avuto modo di prendere personalmente
parte a molte delle più spericolate acrobazie richieste dal
copione.
Ad interpretare la giovane Lucy vi è
invece l’attrice Brittany Snow,
celebre per aver dato vita al personaggio di Chloe Beale nella
trilogia Pitch Perfect. Per
Lucy, tuttavia, era originariamente stata scelta l’attrice
Jane Levy, vista in La casa e Man in the dark. A
causa di altri impegni, questa dovette però farsi sostituire dalla
Snow. Il personaggio di Jose, fidanzato di Lucy, è invece
interpretato da Arturo Castro, attore noto per
aver dato vita a David Rodriguez nella serie Narcos. Sono inoltre
presenti gli attori Jeff Lima nei panni di
Gregory, e Christian Navarro in quelli di Eduardo.
Quest’ultimo è in particolare ricordato per aver interpretato Tony
Padilla nella serie NetflixTredici.
Bushwick: il trailer e dove vedere
il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Bushwick grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google
Play, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 28 novembre alle ore
21:20 sul canale Cielo.
Autore di alcuni tra i maggiori cult
degli anni Ottanta e Novanta come 9 settimane e ½, Attrazione
fatale e Lolita, il regista
Adrian Lyne è recentemente tornato nel mondo del
cinema con Acque profonde, un
thriller erotico con protagonisti Ben Affleck e
Ana de Armas.
Prima di questo titolo, l’ultimo lungometraggio di Lyne risale a
ben vent’anni fa, ed è Unfaithful – L’amore
infedele. Anche questo è oggi ricordato come un altro
suo grande classico, che porta avanti tematiche come la sessualità
e la morbosità che ne può derivare, presenti lungo tutta la
filmografia del regista.
Unfaithful, uscito nel
2002, è il remake del celebre film francese Stéphane, una
moglie infedele, regia di Claude Chabrol. A
partire dalla storia di una coppia felice ma che va incontro
all’infedeltà di uno dei due coniugi, il regista ha così avuto modo
di ritornare sull’analisi dei rapporti matrimoniali e sessuali, nei
quali, secondo la sua poetica, traspare la vera natura dell’essere
umano. Anche per via delle prolungate ed esplicite scene di sesso,
di cui si parlava già prima dell’uscita del film,
Unfaithful ha destato l’interesse di molti arrivando ad un
incasso di circa 120 milioni di dollari in tutto il mondo.
Arricchito da ottime interpretazioni
di grandi attori e da una regia attenta a sottolineare il
trasformarsi del rapporto tra i protagonisti, il film è ancora oggi
particolarmente apprezzato e indicato come uno dei migliori
thriller erotici di sempre. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e al suo finale. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Unfaithful – L’amore
infedele: la trama del film
Il film ha per protagonisti i
coniugi Edward e Connie Sumner, i
quali hanno tutto ciò che serve per potersi definire felici: una
buona posizione economica, un amorevole figlio di nome
Charlie, un’accogliente casa a New York e,
soprattutto, l’amore e il rispetto reciproco. I due sembrano
infatti ancora sinceramente innamorati dopo 11 anni di matrimonio,
ma l’inaspettato è sempre dietro l’angolo. Un giorno, infatti, a
causa di una raffica di vento Connie si scontra con un affascinante
sconosciuto, cadendo e ferendosi. L’uomo, di nome Paul
Martel, la invita nel suo appartamento per offrirle una
medicazione. Da quell’incontro apparentemente banale, nascerà però
un’attrazione difficile da reprimere.
Ben preesto, Paul entrerà sempre di
più nella vita di Connie, la quale cederà inaspettatamente ad una
passione travolgente, da consumare in modo clandestino. Con il
passare del tempo, però, Edward inizierà a notare strani
comportamenti nella moglie e deciderà di indagare. Ciò che
scoprirà, sarà naturalmente una sorpresa per lui, che credeva nella
felicità del suo matrimonio. Più la passione diventa ossessione,
più i tre si ritroveranno loro malgrado coinvolti in un intreccio
da cui non sembra esserci via di fuga. In una situazione simile,
solo un gesto estremo può portare ad un vero cambiamento e qualcuno
sarà chiamato a prendersi le proprie responsabilità.
Unfaithful – L’amore
infedele: il cast del film
Ad interpretare Edward Sumner vi è
l’attore Richard Gere,
il quale si era dichiarato da subito particolarmente affascinato
dalla storia e dal suo personaggio. Egli ebbe anche modo di dare il
suo contributo sulla sceneggiatura, spingendo affinché la relazione
dei due coniugi, inizialmente descritta come disfunzionale, venisse
cambiata in un matrimonio perfettamente felice. Ciò, secondo
l’attore, avrebbe dato all’infedeltà di Connie una natura
totalmente più arbitraria, evidenziando l’imprevedibilità delle
passioni. Ad interpretare Connie, invece, vi è Diane Lane,
scelta dopo che il regista la vide in A Walk on the Moon.
Secondo il regista, l’attrice trasmetteva una forte sessualità,
adatta al personaggio.
Nei panni di Paul vi è invece
l’attore francese Olivier Martinez, il cui
ingresso nel cast ha portato il suo personaggio ad essere riscritto
proprio come francese. L’attore, inoltre, ha contribuito a
modificare alcune delle sue battute e scene. Le lunghe scene di
sesso che lo vedono protagonista insieme alla Lane hanno
naturalmente avuto bisogno di grande preparazione e i due attori
hanno evitato di conoscersi troppo prima delle riprese proprio per
mantenere una certa estraneità. Per prepararsi a queste scene, il
regista chiese ai due di guardare film come Attrazione
fatale e Ultimo tango a Parigi. Completano poi il
cast attori come Erik Per Sullivan nei panni del
figlio Charlie e Dominc Chianese in quelli di
Frank Wilson.
Unfaithful – L’amore
infedele: il finale del film
Non tutti sanno che Lyne girò ben
cinque finali diversi del film, memore della sua esperienza con
Attrazione fatale. La conclusione originale di questo,
infatti, era stata rifiutata dal pubblico di prova e costrinse in
regista a tornare sul set per girare un nuovo epilogo.
Naturalmente, tra i finali di Unfaithful ve ne era uno più
classico, dove ogni colpa veniva punita. Questa era la conclusione
che la Fox, lo studio di produzione dietro al film, voleva inserire
nel montaggio finale. Sia Lyne che gli attori, però si opposero
fermamente alla cosa e anche il pubblico di prova rigettò questo
finale più conciliante. La Fox, dunque fu costretta a rinunciare a
tale conclusione.
A quel punto, per la versione
definitiva, fu ripristinato il finale ideato da Lyne e dallo
sceneggiatore Alvin Sargent. Questo, come
noterà chi vedrà il film, è particolarmente più cupo e ambiguo,
capace pertanto di suscitare più emozioni forti e discussioni senza
imboccare nulla allo spettatore. Gli stessi attori si sono definiti
entusiasti della conclusione scelta, poiché rimane coerente con
l’imprevedibilità generale della storia. Come non era prevedebile
che Connie, pur con un matrimonio felice, cascasse nel tradimento,
così non sono prevedibili le scelte che i due coniugi compiono alla
fine del film. È stato probabilmente anche questo finale a
garantire al film il suo successo, considerando che ancora oggi è
particolarmente discusso.
Unfaithful – L’amore
infedele: il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di
Unfaithful – L’amore infedele grazie alla
sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Chili Cinema, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 28 novembre alle ore
21:20 sul canale Rai 4.
C’è ancora domani continua a mantenere l’attenzione
del grande pubblico, conquistando anche per questo week end il
primo posto al box office: posizione che ormai detiene da un mese!
C’è ancora domani incassa €1.176.092 nel solo fine
settimana e quasi 24 milioni di euro dall’uscita
nelle sale il 26 ottobre.
A seguire troviamo una nuova uscita
della settimana: si tratta di
Napoleon, pellicola storica diretta dal noto regista
Ridley Scott e con
Joaquin Phoenix, nei cinema dal 23 novembre. Il dramma
storico incassa al suo primo week end €887.283 a
fronte di un totale che sfiora i 3 milioni di
euro.
Terzo classificato è
Hunger games- la ballata dell’usignolo e del serpente:
il film, prequel della serie cinematografica Hunger games,
raggiunge un incasso di €300.655 su un totale di
4 milioni di euro dal suo arrivo nelle sale il 15
novembre.
Box office: il resto della
classifica
Al quarto e quinto posto ritroviamo
rispettivamente Cento
domeniche, commedia italiana diretta ed interpretata
da Antonio Albanese, e
Trolls 3- tutti insieme, terzo capitolo della serie di
cartoni animati. Cento domeniche incassa
€216.527, mentre Trolls 3
raggiunge un incasso di €123.068 a fronte di un
totale di poco più di 2 milioni di euro. Al sesto
posto si stabilisce
The Marvels, nuova pellicola del MCU con
Brie Larson; questa incassa €75.148 nel fine
settimana e poco più di 3 milioni di euro dal suo
arrivo nei cinema l’8 novembre.
Settimo ed ottavo classificato sono
The Old Oak, diretto da Ken
Loach, e
Comandante, pellicola con
Pierfrancesco Favino, presentato in apertura al
Festival del cinema di Venezia. The Old Oak
incassa €71.051, mentre
Comandante raggiunge un guadagno di
€45.780 a fronte di un totale di 3 milioni
e mezzo di euro dalla sua uscita il 31 ottobre.
Ultimi due classificati sono
Mary e lo spirito di mezzanotte, dramma d’animazione,
e
Thanksgiving, slasher diretto da Eli Roth
(Bastardi senza gloria). Mary e lo spirito
di mezzanotte incassa €43.954 mentre
Thanksgiving raggiunge un guadagno di €36.518.
Berlino, lo spin-off de La casa di carta, debutterà il
29 dicembre su Netflix in tutti i Paesi in cui il
servizio è attivo e seguirà la storia dell’iconico personaggio
interpretato da Pedro Alonso
durante una delle sue rapine più incredibili. In attesa di quel
momento, Netflix ha ora rilasciato il trailer ufficiale della
serie, offrendo dunque uno sguardo più completo a quello che ci si
può attendere dalla serie. Gli otto episodi sono stati ideati da
Álex Pina (La casa di carta, Sky Rojo)
ed Esther Martínez Lobato (La casa di carta, Sky
Rojo), scritti da Álex Pina, Esther
Martínez Lobato, David Barrocal,
David Oliva e Lorena G.
Maldonado. La serie è invece diretta da Albert
Pintó (Sky Rojo, Malasaña 32), David
Barrocal (Sky Rojo) e Geoffrey
Cowper (Day Release).
Accanto a Alonso, di nuovo
nei panni del furbo e libertino Berlino, c’è una
nuova banda. Questa è composta da Michelle Jenner
(Isabel), interprete di Keila, genio dell’ingegneria
elettronica; Tristán Ulloa (Fariña – Cocaine
Coast) interprete di Damián, professore filantropo e il
consigliere di Berlino; Begoña Vargas
(Benvenuti a Eden) nel ruolo di Cameron, kamikaze che vive
sempre al limite; Julio Peña Fernández (Dalla
mia finestra) è invece Roi, il fedele seguace di Berlino;
mentre Joel Sánchez interpreta Bruce,
l’instancabile uomo d’azione della banda. Itziar Ituño (La casa di carta) e
Najwa Nimri (La casa di carta)
riprendono i ruoli delle poliziotte Raquel Murillo
e Alicia Sierra. Samantha
Siqueiros (Señora Acero), Julien
Paschal (Un anno, una notte), Masi
Rodríguez e Rachel Lascar (Dalla mia finestra: Al di là del
mare) completano il cast di Berlino.
La trama della serie tv Netflix Berlino
La sinossi ufficiale della
serie recita: “Ci sono solo due cose in grado di trasformare
una brutta giornata in una giornata fantastica: l’amore e un giorno
di lavoro che frutta milioni. Questo è ciò che porta Berlino a
rivivere i suoi anni d’oro, un periodo in cui non sapeva ancora di
essere malato e non era rimasto intrappolato all’interno della
zecca spagnola. Qui è dove inizia a preparare una delle sue rapine
più straordinarie: far sparire gioielli per un valore di 44 milioni
grazie a una specie di trucco magico. Per farlo, chiederà aiuto a
una delle tre bande con cui ha rubato in passato“.
Nel corso di una carriera pluri
decennale e con un curriculum di ben 27 lungometraggi,
Martin Scorsese è senza dubbio uno di quei registi il
cui cinema è riconoscibile e le cui cifre stilistiche si notano al
primo sguardo. Il regista di
Killers of the Flower Moon, ora in sala, rientra in
quella cerchia ristretta di “autori” che hanno uno stile ben
definito, ed ecco di seguito i tratti caratteristici che ne
distinguono il linguaggio.
Ecco i 10 marchi più riconoscibili
nei film di Martin Scorsese
Carrellata
È evidente che Scorsese ama
riprendere avanti e indietro con una carrellata
piacevole e ben eseguita, ripresa su binari che usa in molti dei
suoi film. In termini semplici, il primo dei 10 marchi, è la
tecnica della carrellata che prevede lo spostamento della macchina
da presa in modo da seguire un soggetto o esplorare un determinato
spazio.
Sebbene l’uso più famoso di questa
tecnica sia l’iconica scena di Copacabana di
Quei bravi ragazzi, ha usato questa mossa con grande effetto
molte volte nella sua filmografia, a volte in modi che comunicano
con il suo lavoro precedente. In The
Irishman del 2019 , ad esempio, il brivido e l’eccesso
della carrellata di Copacabana si rispecchiano invece in un
tour lento e meditativo attraverso una casa di cura. Un esempio
meno discusso, ma eccezionale, è in Gangs
of New York , durante una ripresa singola che segue un
gruppo di giovani uomini mentre si preparano a partire verso quella
che sarà probabilmente una fine tragica e sanguinosa.
Miglior esempio: Quei bravi
ragazzi
Fermo immagine
Se fatto male, è uno degli
abbellimenti più sdolcinati che si possano aggiungere a un film, ma
se fatto con attenzione, può produrre momenti indimenticabili e
davvero di grande impatto. Fortunatamente, Scorsese ha trasformato
il fermo immagine in una scienza e lo ha
utilizzato nelle scene come si farebbe con la punteggiatura in una
frase.
Nell’apertura di
Re per una notte viene utilizzata la tecnica per frenare un
momento sovrastimolante, invece in
Toro scatenato permette al pubblico di vedere lampi di momenti
riconoscibili nella storia. È un effetto che a volte sembra che i
suoi film si stiano prendendo un momento per espirare o altre volte
sembra che stiano trattenendo il respiro.
Miglior esempio: Toro
scatenato
Robert De Niro
Il rapporto tra regista e attore è
essenziale per qualsiasi film, ma non tutti gli accoppiamenti sono
in grado di raggiungere la stessa chimica pura che è stata forgiata
tra Martin Scorsese e Robert
De Niro. Il loro legame cinquantennale va oltre lo
schermo. Sulla scia delle critiche negative rivolte al suo
dramma musicale del 1977, New York, New York,
Scorsese toccò momentaneamente il fondo nella sua iniziale carriera
e nella sua vita personale. De Niro, in parte, ha sfidato il
regista a tornare alle sue ambizioni e ad andare avanti realizzando
Toro Scatenato, diventato poi una pietra
miliare della cinematografica della coppia.
L’attore Robert De Niro ha regalato
a Scorsese alcune delle migliori interpretazioni della sua
carriera, che a loro volta hanno contribuito a definire alcuni dei
migliori film della carriera di Martin. Da
Taxi Driver negli anni Settanta, a
Toro Scatenato negli anni Ottanta fino al recentissimo
Killers of The Flower Moon, questo duo rimane
quanto più dinamico possibile. Con tutti i film di Scorsese in cui
si trova, tuttavia, fa strano non vedere De Niro apparire in
qualsiasi momento durante The
Departed o Gangs of New York,
infatti il leggendario attore ha rifiutato entrambe le potenziali
collaborazioni.
Miglior esempio: Robert De Niro
apparso in 10 lungometraggi e un cortometraggio
Violenza
Uno degli temi più evidenti nei film
del regista italoamericano è non fuggire dalla
violenza sullo schermo. Spesso riflettente del suo
passato personale, degli incidenti e i casi di violenza a cui ha
assistito crescendo nel quartiere di Little Italy.
Martin Scorsese in genere mette in mostra la brutalità non per
glorificarla, ma per illustrare le dure verità nelle storie che
racconta.
Anche nei suoi primi lavori, come
nel suo cortometraggio The Big Shave, le scene
scioccanti di sangue servivano a commentare il lato oscuro del
comportamento umano. In
The Departed – il bene e il male, ad esempio, usa la violenza
per ritrarre le conseguenze cicliche dei peccati dei suoi
personaggi, mentre in
Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno fa luce
sulla realtà della mafia di basso livello. È interessante notare
che la creazione di quest’ultimo citato è stata aiutato dal
leggendario
Francis Ford Coppola, che ha contribuito a finanziare il
film.
Miglior esempio: Mean
Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno
Temi religiosi
Il regista provenendo da un
ambiente cristiano cattolico dedica una gran parte
della sua rappresentazione del soggetto sotto forma d’immagini e
temi incentrati su Cristo. Il regista ha confermato quest’anno,
durante una conferenza stampa, che continuerà in questa
esplorazione, affermando ” ho risposto all’appello agli artisti del
Papa nell’unico modo che conosco: immaginando e scrivendo la
sceneggiatura di un film su Gesù”.
In Silence
del 2016, questi temi vengono portati alla luce attraverso la
storia di due missionari cristiani la cui fede scelta minaccia le
loro vite. Nel controverso L’ultima
tentazione di Cristo, il tema della religione è il veicolo
attraverso il quale Scorsese contempla l’idea stessa dell’umanità.
Sebbene il film sia stato accolto positivamente dalla critica, il
suo contenuto (che si prende molte libertà con il testo su cui è
basato) ha fatto frusciare le piume tra il pubblico cristiano per
non dire altro, facendolo condannare da molte figure influenti,
inclusa la stessa Madre Teresa.
Miglior esempio:
Silence
Protagonisti moralmente
corrotti
Anche se molti spettatori sembrano
dimenticarlo, il protagonista di una storia non deve assolutamente
essere rappresentato come un eroe o addirittura come una brava
persona, cosa che Martin Scorsese sa fin troppo bene. Osservando i
personaggi principali della sua filmografia, sarebbe difficile
trovare molti tipici eroi di Hollywood nella sua lista di
protagonisti.
Da uno stalker egocentrico e
assassino
Travis Bickle, allo spregiudicato broker
newyorkese Jordan Belfort, i protagonisti di
Scorsese non sono proprio persone con cui vorresti essere amico in
realtà. Per non parlare dei protagonisti dei suoi film sulla mafia,
che sono nobili proprio come ci si aspetterebbe. Ciò che
spesso distingue questi personaggi, tuttavia, è la loro
complessità. Che si tratti del loro ingegno, del loro fascino,
di uno stile di vita apparentemente invidiabile o semplicemente di
un fattore “interessante”, spesso c’è qualcosa in queste figure che
almeno le rende interessanti da guardare mentre fanno cose,
ovviamente, terribili.
Miglior esempio: The
Departed
Turpiloquio
Scorsese ha utilizzato efficacemente
un linguaggio volgare e
turpiloquio per intensificare alcuni dei momenti
più intensi dei suoi film, così come alcuni dei più divertenti. Il
migliore esempio della sua lunga filmografia è
The Wolf of Wall Street, ad un certo punto deteneva il record
mondiale per il maggior numero di “fanculo” in un singolo film, con
l’incredibile cifra di 569 nel corso dei suoi 180 minuti di durata.
Un articolo di Vulture divide addirittura ulteriormente la
volgarità diThe Wolf of Wolf
Street, dal numero totale di parolacce presenti nel film
che sono ben 687 al personaggio più profano cioè Jordan con 332
bestemmie.
Miglior esempio: The Wolf of
Wall Street
Storie vere
Sebbene abbia crediti di scrittura
su alcuni dei suoi lavori migliori, anche lo stesso Scorsese ha
parlato di come non si considera uno
scrittore. Piuttosto, discute apertamente di come tende ad
essere attratto dalle storie degli altri, come evidenziato dal
fatto che molti dei suoi film sono basati su fatti reali.
Molti dei suoi film
polizieschi sono ispirati da persone e luoghi in cui è
cresciuto, il che aiuta le sue storie a raggiungere un livello di
autenticità che non è facile da falsificare. Al di fuori delle sue
esperienze personali, attinge anche da storie vere trovate nei
libri, come ha fatto con Killers
of the Flower Moon,
L’età dell’innocenza,
Shutter Island e Silence.
Miglior esempio: Killers of
the Flower Moon
Narrazione e voce fuori campo
Un altro espediente cinematografico
che può funzionare per rendere un film più ricco dal punto di vista
narrativo o sorprendentemente banale è l’uso della
narrazione. Nelle mani di un regista come
Scorsese, però, è praticamente sempre la prima cosa. L’uso di
gran lunga più famoso della narrazione nei suoi film è
in Quei
bravi ragazzi , che si rivela una scelta efficace fin
dalla scena iniziale.
Come altri aspetti del film, lo
rispecchia anche in The
Irishman con la voce fuori campo di Frank
Sheeran. In Taxi
Driver, la tecnica aiuta a mettere gli spettatori
nella mente di un uomo che si è illuso fino alla follia.
In The
Wolf of Wall Street , la voce fuori campo è usata per mostrare
il narratore del tutto inaffidabile della storia, facendo sì che il
pubblico si chieda se loro stessi non si siano lasciati ingannare
dall’uomo d’affari.
Miglior esempio: Taxi
Driver
Umorismo nero
Il primo posto di questa classifica
dei 10 marchi nel cinema di Martin Scorsese è
quello per l’umorismo nero. Sebbene abbia
realizzato film su alcuni degli aspetti più oscuri e riprovevoli
delle persone e della società in cui vivono, in qualche modo Martin
riesce a incorporare alcuni momenti stranamente divertenti in molti
di essi. Questo è probabilmente il momento migliore per far luce su
Fuori orario, la divertente commedia dark di Scorsese della
metà degli anni Ottanta. Anche se quasi nulla di ciò che accade al
protagonista, di questa folle avventura in una notte, sarebbe
divertente se accadesse a qualcuno nella vita reale, è così
divertente guardarlo come finzione.
Questo è il caso di altri titoli di
Scorsese come l’assurdamente satirico The Wolf of Wall
Street e anche The Departed. Se mai ci
fosse qualche dubbio sul fatto che Martin a volte non tenga a mente
l’umorismo mentre realizza anche le scene più violente, la
rivisitazione di
Spike Lee di una risata che hanno condiviso, durante la
realizzazione di un momento particolarmente raccapricciante, è la
prova che sa esattamente cosa sta facendo.
Salutiamo con entusiasmo
il ritorno in sala di un maestro come John Woo,
regista che negli anni ha regalato al pubblico emozioni e
divertimento e che oggi torna con un film dei suoi. Al cinema dal
30 novembre – distribuito da Plaion Pictures – il
suo ultimoSilent Night – Il silenzio della
vendetta mette ben in chiaro, sin
dal titolo, cosa aspettarsi, anche se non del tutto. Ché con il
folle artigiano dell’action di A Better
Tomorrowe The Killer, Face/Off,
Broken Arrow e Mission: Impossible II c’è
poco da fidarsi. E infatti, anche in questo caso, il revenge
Movie dominato da un Joel Kinnaman ammutolito supera la tradizione
i canoni del genere per andare all’essenziale in una operazione
coraggiosa e interessante, anche se non del tutto riuscita, che i
fan apprezzeranno sicuramente.
La trama di Silent Night – Il
silenzio della vendetta
Al centro della vicenda,
come in molti film del genere, un padre di famiglia, che durante
una sparatoria tra bande vede ucciso davanti ai suoi occhi il
piccolo figlio. Un colpo insostenibile, che lo fa impazzire e che
lo spinge all’inseguimento dei responsabili. Pur ferito mortalmente
alla gola e costretto al silenzio, l’uomo si riprende e, deciso a
vendicarsi, inizia un duro addestramento per prepararsi per un
confronto finale che possa rendergli giustizia dopo un anno di
sofferenza… la sera della vigilia di Natale.
Natale di sangue
La prima reazione alla
visione di questo Silent Night potrebbe esser
simile al morettiano “Vago per la città cercando di ricordarmi
chi aveva parlato bene di questo film“, ma sono molte le
domande che il film di John Woo lascia nello
spettatore, anche il meglio disposto nei suoi confronti, anche il
più conquistato da un inizio davvero intrigante e spettacolare. Nel
quale è difficile non restare ipnotizzati dal primo piano della
renna (sonaglio incluso) sul maglione insanguinato indossato dal
protagonista e trattenere il respiro per la sua folle corsa, prima
ancora di scoprirne le ragioni.
Curiosità rapidamente
soddisfatte, almeno queste, prima di essere gettati in
un’esperienza senz’altro unica, per quanto prevedibile. Dopo tanti
revenge movie, facile intuire l’origine del male e la
destinazione che attende noi e l’innominato vendicatore (del quale
scopriremo solo il cognome, su una lapide), meno il percorso. Nel
quale racconto ed equilibrio sembrano esser stati sacrificati
sull’altare della partecipazione, emotiva o meno, sicuramente
obbligata.
Joel, giustiziere
silenzioso
Woo sceglie di non
infarcire l’azione di inutili chiacchiere, anzi, di eliminarle del
tutto, affidando all’ex Robocop un ruolo per
prepararsi al quale l’attore ha cercato – invano – di non parlare
per due mesi di riprese. Una scelta coraggiosa, quella di
abbandonare ogni dialogo (o quasi), fedele alla tendenza del
regista di ridurre all’essenziale le dinamiche messe in scena, che
si rivela la trovata più interessante del film, nel quale la
scansione del tempo e delle emozioni è affidata ai suoni, con il
battito del cuore e le reazioni del protagonista a costruire una
storia parallela a quella che vediamo svilupparsi sullo schermo, a
farci vivere il suo dramma dall’interno.
Peccato, semmai, che la
soluzione trovata – insistita oltre il prevedibile, con pro e
contro immaginabili – non porti con sé una altrettanto netta
semplificazione di esclamazioni al limite del ridicolo (forse
figlie del doppiaggio?), retorica e didascalismi (dal braccio
martoriato dalla droga della povera ragazza della gang agli stralci
degli articoli di cronaca che lo riguardano o lo smielato finale).
Elementi non inediti per Woo, che un certo gusto per certa
‘chiarezza’ a tutti i costi l’ha sempre avuto, ma che qui diventano
superflui e fiaccano uno svolgimento già in difficoltà per la
mancanza strutturale di narrativa nel quale a scene notevoli e
ammiccamenti tanto cari ai produttori (gli stessi di John Wick) si alternano twist insensati e
inutili ridondanze.
Un confuso Robert De Niro ha affermato che il suo
discorso ai Gotham Awards è stato censurato durante la
cerimonia dal vivo di ieri sera. L’attore ha affermato che i suoi
commenti anti-Trump sono stati rimossi senza preavviso.
“Voglio solo dire una
cosa”, ha detto, tornando indietro. “L’inizio del mio
discorso è stato modificato, tagliato e non lo sapevo. E voglio
leggerlo. La storia non è più storia. La verità non è la verità.
Anche i fatti vengono sostituiti da fatti alternativi e guidati da
teorie del complotto e bruttezza.In Florida, ai giovani
studenti viene insegnato che gli schiavi sviluppano competenze che
potrebbero essere applicate a loro vantaggio personale”, ha
continuato De Niro. “L’industria dell’intrattenimento non è
immune da questa malattia dilagante. Il duca John Wayne disse dei
nativi americani: “Non credo che abbiamo sbagliato a portare via
loro questo grande paese”. C’erano un gran numero di persone che
avevano bisogno di nuova terra e gli indiani cercavano
egoisticamente di tenersela per sé.’La menzogna è
diventata solo un altro strumento nell’arsenale del ciarlatano.
L’ex presidente ci ha mentito più di 30.000 volte durante i suoi
quattro anni in carica. E sta mantenendo il ritmo nella sua attuale
campagna di vendetta. Ma con tutte le sue bugie, non riesce a
nascondere la sua anima. Attacca i deboli, distrugge i doni della
natura e mostra mancanza di rispetto, ad esempio, usando
“Pocahontas” come insulto”.
De Niro era presente per presentare
il premio Gotham Historical Icon e Creator Tribute a nome di
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese. Guarda il discorso qui
sotto.
Mentre il suo Napoleon infuria in sala,
Ridley Scott è
pronto a tornare nell’arena. Le riprese de Il Gladiatore
2 riprenderanno infatti a Malta il 4 dicembre,
secondo Variety. Le riprese del film
epico storico sono state sospese a causa dello sciopero degli
attori, che è durato da luglio 2023 all’inizio di novembre. Ma
l’annuncio dell’8 novembre secondo cui SAG-AFTRA, il sindacato
degli attori, aveva raggiunto un accordo provvisorio su un nuovo
contratto triennale ha consentito agli studios di andare avanti su
diverse produzioni. Lo sciopero degli attori è durato 118 giorni ed
è stato risolto dopo che gli studi cinematografici hanno concesso
al sindacato la prima protezione in assoluto per l’uso
dell’intelligenza artificiale nei film e nelle serie televisive,
insieme a uno storico aumento di stipendio.
Il Gladiatore
2 vede protagonisti Paul Mescal,
nominato all’Oscar per Aftersun, al fianco di
Denzel Washington e Pedro Pascal. Connie
Nielsen e Derek Jacobi, apparsi
nell’originale del 2000, riprendono i loro ruoli. Russell
Crowe, che è stato il protagonista del primo Il
Gladiatore, non parteciperà al progetto neanche in veste
di visione dai Campi Elisi. Il film gli valse l’Oscar per la
migliore interpretazione da protagonista.
Durante un’intervista nel corso del
tour promozionale di Napoleon, Ridley Scott ha
detto di aver trascorso lo sciopero degli attori montando 90 minuti
di riprese per Il Gladiatore 2. Questo
pre-montaggio sembra includerà “… una scena in cui l’eroe
combatte un branco di babbuini”. Scott ha raccontato di aver
avuto l’idea per la sequenza dopo aver visto un video di babbuini
che attaccavano i turisti in Sud Africa.
Paramount Pictures distribuirà il
sequel di Il Gladiatore a livello globale. Il film
uscirà il 22 novembre 2024 negli USA.
La produzione della
terza stagione di The
Bear di FX/Hulu inizierà tra la fine di febbraio e
l’inizio di marzo 2024. Deadline ha incontrato Jeremy Allen White, protagonista
dello show nei panni del giovane chef Carmen “Carmy” Berzatto.
L’ultima volta che abbiamo visto
Carmy in
The Bear, era chiuso in una cella frigorifera durante la serata
“Amici e Famiglia” del ristorante, un interludio da cui Allen ci
dice che “spera” che il personaggio scappi nella terza stagione.
FX/Hulu ha recentemente annunciato una stagione 3 della serie
nominata a 13 Emmy.
Anche se Allen deve ancora vedere i
copioni, spera in una stagione 3 piena di guest star, sul modello
dell’episodi 6 della seconda stagione, lo splendido
Pesci, che ha visto un sacco di famose star della
TV e del cinema interpretare i membri della famiglia Berzatto, tra
loro Jon Bernthal (nel ruolo di Mikey, il fratello
morto di Carmy), Bob Odenkirk nel ruolo di zio
Lee, Sarah Paulson nel ruolo della cugina
Michelle, John Mulaney nel ruolo del partner della
cugina Michelle, Stevie, Gillian Jacobs nel ruolo
dell’allora moglie di Richie, Tiffany, e Jamie Lee
Curtis nel ruolo di Donna Berzatto, la madre alcolizzata
di Mikey, Carmy e Natalie ‘Sugar’ Berzatto (Abby
Elliott).
White vorrebbe vedere un episodio
della terza stagione in cui “possiamo convincere quante più
(guest star) a tornare per un giorno” come in
Pesci. Allen ci dice che gli piacerebbe vedere il
ritorno dello chef Terry di Olivia Coleman, che è
apparsa unicamente nella scena conclusiva di Forchette, l’episodio
che ha visto protagonista Richie (Ebon
Moss-Bacharach). Allen ha detto che gli sarebbe piaciuto
anche vedere il ritorno di Curtis nei panni di Momma Donna. Le
guest star da sogno di Allen includono il premio Oscar Sam
Rockwell e il vincitore dell’Emmy John
Turturro.
The Bear è stato
creato da Christopher Storer e vede nel cast anche
Ayo Edebiri, Lionel Boyce e
Liza Colón-Zayas,Matty
Matheson.
Thor:
Ragnarok, diretto da Taika Waititi è
uno dei film più controversi del Marvel Cinematic Universe. C’è chi
lo ama per la sua irriverenza e chi invece lo detesta per la sua
comicità. A distanza di tempo, è ancora un film che genera
dibattiti. Waititi, però, si tiene ben lontano dalle polemiche ad
esso legato, affermando addirittura che inizialmente non era
minimamente interessato a dirigere il film, ma di aver accettato
tale compito unicamente per motivi economici. Durante
un’apparizione al podcast SmartLess, il regista
ha infatti parlato con i conduttori Will Arnett,
Jason Bateman e
Sean Hayes del motivo per cui ha accettato il
lavoro di regia del terzo film di Thor.
“Non avevo alcun interesse a
fare uno di questi film“, ha detto Waititi. “Non era nei
miei piani per la mia carriera di autore. Ma ero povero e avevo
appena avuto un secondo figlio, e ho pensato: ‘Sai cosa, questa
sarebbe una grande opportunità per nutrire questi bambini’“.
Waititi ha poi detto che Thor “è stato probabilmente il
franchise meno popolare“, aggiungendo: “Non ho mai letto i
fumetti di Thor da bambino. Era il fumetto che prendevo in mano e
dicevo ‘Ugh’. Poi ho fatto delle ricerche e ho letto un fumetto di
Thor o 18 pagine, o comunque un fumetto lungo. Ero ancora
sconcertato da questo personaggio“.
Il regista ha detto che quando i
Marvel Studios lo hanno contattato per dirigere il film ha pensato:
“Beh, mi hanno chiamato, questo è davvero il fondo del
barile“. Taika Waititi ha dunque a quel
punto preso in mano il franchise con Thor: Ragnarok del
2017, infondendovi il suo personalissimo stile e arrivando poi a
sentirsi sempre più coinvolto da quel progetto inizialmente
accettato solo per soldi. Ragnarok si è poi
affermato come un successo al botteghino, con un totale di 853
milioni di dollari guadagnati in tutto il mondo. Waititi ha poi
diretto un secondo film nel 2022, intitolato Thor: Love and Thunder,
mentre ha ora confermato che non dirigerà un eventuale Thor
5.
Durante una recente intervista con
Variety, il candidato all’Oscar
Willem Dafoe ha parlato del suo coinvolgimento
nell’atteso film Beetlejuice
2 di Tim Burton. Ha confermato che interpreterà un
agente di polizia dell’aldilà che nella sua precedente vita umana
era una star del cinema d’azione di serie B.
“Non ho ancora visto nessun
filmato, ma è stato divertente farlo“, ha detto Dafoe.
“Interpreto un agente di polizia nell’aldilà, quindi sono una
persona morta. Nella vita ero una star dei film d’azione di serie
B, ma ho avuto un incidente che mi ha mandato nell’aldilà. Ma
grazie alle mie capacità, sono diventato un detective nell’aldilà.
Quindi questo è il mio lavoro. Ma è colorato dal fatto di chi ero
[quando ero vivo]: una star di film d’azione di serie B“.
La produzione di Beetlejuice 2 è
quasi terminata
Prima dello sciopero della
SAG-AFTRA, la produzione di Beetlejuice
2 era “al 99%”, secondo Tim Burton. Ora che gli scioperi di Hollywood
sono ufficialmente terminati, il sequel della commedia horror è uno
dei principali film di alto profilo che riprenderà immediatamente
le riprese. Il progetto è attualmente previsto per essere lanciato
in tutto il mondo il 6 settembre 2024.
Beetlejuice era interpretato da
Michael Keaton,
Winona Ryder, Catherine O’Hara, Jeffrey Jones,
Alec Baldwin e Geena Davis. Il film è incentrato su una
coppia di coniugi deceduti che ricorre ai servizi dell’antipatico e
dispettoso poltergeist dell’aldilà per spaventare i nuovi residenti
della loro vecchia casa. Fin dal suo debutto, il film ha ottenuto
un successo sia di critica che commerciale, con un incasso di oltre
73 milioni di dollari.
Jennifer Lee ha
fornito aggiornamenti su Frozen 3
e Frozen 4. Parlando con The Walt Disney Company,
Lee, che ha co-diretto
Frozen del 2013 e Frozen 2 del 2019
insieme a Chris Buck, ha fornito un aggiornamento
sui prossimi episodi del popolare franchise.
“Solo quello che abbiamo già
condiviso, cioè che il team è duramente al lavoro, siamo
profondamente eccitati per la storia che stiamo plasmando insieme,
ed è così epica che potrebbe non rientrare in un solo film“,
ha detto quando le è stato chiesto se poteva rivelare qualcosa su
Frozen
3.
Bob Iger ha
recentemente
annunciato che Frozen 4 si farà Il 16 novembre
2023, l’amministratore delegato della Disney ha annunciato a
Good Morning America che Frozen 4 sarebbe
arrivato dopo Frozen
3, nessuno dei quali ha al momento una data di
uscita ufficiale.
“Frozen
3 è in lavorazione e potrebbe esserci
anche un Frozen 4“, ha detto Iger all’epoca, come riporta
Variety. “Ma non ho molto da dire su questi film al momento.
[Jenn Lee, che ha creato l’originale Frozen e
Frozen 2, sta lavorando duramente con il suo team di animazione
Disney non su una, ma su due storie“.
Riguardo a ciò che rende
Frozen un franchise così popolare, Lee ha
suggerito: “Credo che sia sia la storia dell’amore familiare di
queste due sorelle, sia l’idea dell’amore che vince la paura. Di
recente ho visitato il Mondo di Frozen, ed è impressionante. Si
diventa cittadini di Arendelle dal momento in cui si entra nel
paese“.
Il primo film
Frozen della Disney è arrivato nelle sale nel novembre
2013. È diventato rapidamente un grande successo al botteghino, con
un incasso di 1,280 miliardi di dollari al box office mondiale a
fronte di un budget di 150 milioni di dollari. Il sequel, Frozen II, ha fatto seguito nel novembre 2019
e ha registrato un profitto ancora maggiore, pari a 1,453 miliardi
di dollari a fronte di un budget di 150 milioni. Frozen
e
Frozen II sono entrambi attualmente in streaming su
Disney+.
Aquaman e il
Regno Perduto uscirà il mese prossimo e, secondo le
prime proiezioni, non sarà un grande successo nelle sale.
Secondo le ultime proiezioni di Box
Office Pro, il prossimo film dei DC Studios
dovrebbe guadagnare tra i 32 e i 42 milioni di dollari nel weekend
di apertura. In totale, il sequel di Aquaman
dovrebbe avere un ritorno economico negli USA che raggiungerà una
cifra trai di 105-168 milioni di dollari.
Si tratterebbe di un calo enorme
rispetto al film originale, che nel 2018 aveva aperto con 67,9
milioni di dollari negli Stati Uniti e in Canada. Il film avrebbe
guadagnato poi 335,1 milioni di dollari al botteghino nazionale e
incassato più di 1,1 miliardi di dollari in tutto il mondo.
Non solo Aquaman e il
Regno Perduto sarebbe inferiore al suo predecessore,
ma anche a quello di The
Flash, che ha aperto con un weekend di 55 milioni di
dollari al botteghino nazionale all’inizio di quest’anno.
Jason Momoa è atteso di
nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il
Regno Perduto, sequel del film che ha rilanciato in
positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. In questo
seguito, diretto ancora una volta da James
Wan(Insidious, The Conjuring),
torneranno anche Patrick
Wilson nei panni di Ocean Master, Amber
Heard, nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta
Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya
Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta,
che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo
film.David Leslie Johnson-McGoldrick,
collaboratore ricorrente di Wan, scriverà la
sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter
Safran saranno co-produttori. Il film arriverà al cinema
il 20 dicembre.
Dopo le nomination svelate a fine
ottobre, ha ora avuto luogo nella serata del 27 novembre la
32esima edizione dei Gotham Independent Film
Awards, i premi cinematografici statunitensi destinati
al cinema indipendente, che hanno incoronato Past
Lives come miglior film. Si è trattata però di
un’edizione piuttosto speciale, in quanto sebbene i Gotham siano
storicamente noti per premiare i film indipendenti, quest’anno il
Gotham Film and Media Institute ha rimosso il requisito del budget
non superiore a 35 milioni di dollari per i potenziali
candidati.
Ciò ha dunque permesso a film a cui
prima era negata la partecipazione di prendere stavolta posto tra i
nominati. Nonostante la maggior parte dei concorrenti siano ancora
film indie o d’essai, alcune produzioni più grandi come Barbie sono riuscite ad “intrufolarsi”
nella competizione, strappando qualche nomination. I Gotham hanno
inoltre riproposto le modifiche alle categorie dei premi per la
recitazione, che dal 2021 non sono più definite in base al genere
degli interpreti.
Il film più candidato, come noto, è
All of Us Strangers,
che in Italia verrà distribuito come Estranei, ma spiccano
anche titoli come Anatomia di una caduta, The Zone of Interest, Passages e A Thousand and One. Di
seguito, ecco allora l’elenco di tutti i vincitori, ricordando che
i Gotham Awards aprono ufficialmente la stagione dei premi
cinematografici, dunque le vittorie qui riportate sono per i film
premiati un ottimo modo per affermarsi da qui alle settimane che
verranno in vista degli Oscar.
Arriva in esclusiva da Deadline la
notizia che Timothy
Olyphant si riunirà con Noah Hawley e
con Fx per una parte da protagonista nella prossima serie dedicata
al franchise di Alien.
Olyphant, che ha partecipato con un ruolo ricorrente alla quarta
stagione di Fargo di Hawley, reciterà ora al fianco di
Sydney Chandler nella serie prequel di Alien.
Non ci sono ancora dettagli sul
personaggio che interpreterà Timothy Olyphant. I primi rumors però
vorrebbero che l’attore interpreterà Kirsh, un androide che sarà un
mentore per Wendy (il personaggio di Chandler), la quale è lei
stessa un ibrido, con il cervello e la coscienza di una bambina e
il corpo di un’adulta.
Con Ridley Scott nei panni di produttore
esecutivo, la nuova serie Alien è ambientata in un
periodo precedente alla storia della Ripley di Sigourney
Weaver ed è la prima storia della serie ambientata sulla
Terra, circa 70 anni nel futuro.
La produzione dello show è iniziata
in Tailandia il 19 luglio, quattro giorni dopo l’inizio dello
sciopero degli attori, senza i membri della SAG-AFTRA, inclusa
Chandler. Le riprese sono continuate per più di un mese con il cast
affiliato al sindacato Equity British. La ripresa della produzione
è prevista all’inizio del 2024, probabilmente a gennaio.
Il cast è guidato da Sydney
Chandler insieme ad Alex Lawther nei
panni di un soldato di nome CJ, Samuel Blenkin nei
panni di Boy Kavalier, un amministratore delegato, così come
Essie Davis nei panni di Dame Silvia e
Adarsh Gourav nei panni di
Slightly. Kit Young interpreta un personaggio
chiamato Tootles.
Disney/20th Century Studios ha anche un nuovo
film su Alien:
Romulus del regista Fede Alvarez,
attualmente previsto per l’uscita nelle sale il 16 agosto 2024. Il
film vede protagonisti Cailee Spaeny, Isabela Merced,
Archie Renaux, David Jonsson, Aileen Wu e Spike
Fearn. Dovrebbe raccontare di un gruppo di giovani
provenienti da un mondo lontano devono affrontare la forma di vita
più terrificante dell’universo.
Il creatore di Loki,
Michael Waldron, è stato assunto dai Marvel Studios per scrivere la
sceneggiatura di
Avengers: The Kang Dynasty. Waldron,
che era già stato assunto per scrivere Avengers:
Secret Wars, sarà ora incaricato di firmare anche il
film che concluderà la Saga del Multiverso. I film
saranno presumibilmente collegati, come già accaduto per Infinity
War del 2018 e Endgame
del 2019.
L’uscita di
The Kang Dynasty è attualmente prevista nei cinema il
1 maggio 2026. Sarà seguita da Secret
Wars il 7 maggio 2027. Tuttavia, per nessuno di questi
due film la Marvel ha assunto un regista. Destin Daniel
Cretton ha recentemente lasciato la regia di Kang
Dynasty e lo studio deve ancora nominare un regista per
Secret Wars.
I due film sono oggetto di molte
speculazioni da parte di chi segue le avventure del MCU.
Jonathan Majors ha già interpretato più versioni
del supercriminale Kang – il Thanos di questa fase del MCU – sia
nella serie Disney+Loki
e in Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Ma il
futuro dell’attore con la Marvel è stato un punto interrogativo
perché attualmente è in attesa di processo per accuse di abusi
domestici.
Waldron è ormai da lungo tempo un
nome fisso nella tradizione Marvel, è stato già showrunner di
Loki
nella sua prima stagione e ha scritto Doctor Strange nel Multiverso della Follia,
film con
Benedict Cumberbatch che ha incassato 955 milioni di
dollari a livello globale.
Come parte di un video bonus
dell’uscita in home video di WandaVision, durante le interviste si
vedono brevemente spezzoni del dietro le quinte della serie in
arrivo.
Agatha: Diari di Darkhold (Agatha: Darkhold Diaries)
In esse, Kathryn Hahn gira delle scene davanti
alle telecamere mentre indossa un nuovo costume. È possibile vedere
la clip su YouTube qui sotto:
Agatha: Diari di Darkhold (Agatha: Darkhold Diaries)
vedrà Kathryn Hahn riprendere il ruolo di Agatha
Harkness di
WandaVision, tanto amato dai fan. Per la sua
interpretazione, apprezzata dai fan, ha ottenuto una nomination
agli Emmy come miglior attrice non protagonista. La serie vedrà
anche il ritorno di Emma Caulfield Ford e
Debra Jo Rupp, che riprenderanno il loro ruolo di
abitanti di Westview.
A loro si aggiungono le new entry
del MCUAubrey Plaza, Joe
Locke, Ali Ahn, Maria Dizzia, Sasheer Zamata e Patti
LuPone. Si dice che Locke sarà il protagonista maschile e
LuPone interpreterà la strega siciliana Lilia Calderu. La
LuPone ha anche confermato in precedenza che la serie conterrà
diversi numeri musicali degli autori di Agatha All Along
Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez.
Indicato come uno dei migliori film
del decennio appena trascorso, Mad Max: Fury
Road si è rivelato un successo indiscusso, capace
di conquistare critica, pubblico e ridare vita ad una delle più
affascinanti saghe post-apocalittiche di sempre. Diretto
dall’australiano George Miller, il film è infatti
il quarto capitolo della serie iniziata nel 1979, ma può
essere considerato come un capitolo a sé e una rivisitazione della
saga. Indicativo in tal senso è stato il passaggio dall’attore
Mel Gibson a Tom
Hardyper il ruolo del
protagonista, Max Rockatansky. Vi è inoltre l’introduzione di nuovi
iconici personaggi. Su tutti, la Furiosa dell’attrice Charlize
Theron.
Il film venne candidato nel 2016 a
ben 10 premi Oscar, aggiudicandosi quelli per il
miglior trucco, miglior
scenografia, migliori costumi,
miglior montaggio, miglior montaggio
sonoro e miglior sonoro. Si è così
affermato come il titolo più premiato di quell’edizione, nonché il
primo della serie ad ottenere candidature agli Oscar e vincerne. In
particolare, il dinamico montaggio del film è considerato uno dei
più complessi e affascinanti nell’intera storia del cinema. Anche
al box office il film si rivelò estremamente vincente. Con un
budget di circa 150 milioni di dollari, questo
arrivò a guadagnarne quasi 400 in tutto il mondo. Le vendite
dell’home-video, poi, fecero ulteriormente crescere i guadagni del
film.
Il grande merito di Mad Max:
Fury Road e di Miller, è però quello di aver dimostrato come,
in un panorama cinematografico sempre più invaso dai blockbuster,
questi non debbano per forza essere dei prodotti tutta tecnica e
niente cervello. In molti hanno infatti evidenziato come con il suo
film Miller sia riuscito a riportare il genere allo stato
dell’arte, realizzando un’opera visionaria, folle e distruttiva da
più punti di vista. In breve, il titolo è diventato un vero e
proprio cult, e sono in molti a sperare di poter vedere nuove
avventure del folle Max sullo schermo.
Mad Max: Fury Road, la
trama del film
La vicenda del film si svolge in una
desolata Australia post-apocalittica, in cui il declino della
civiltà umana è ormai avvenuto da tempo. In questo contesto di
morte e devastazione, Max Rockatansky si aggira
solitario attraverso il deserto. Catturato dai Figli della Guerra,
si ritrova portato al cospetto di Immortan Joe,
boss criminale che domina la comunità di sopravvissuti grazie ai
suoi possedimenti di acqua. Max riesce però a fuggire prima di
essere ridotto in schiavitù, e arriva ad imbattersi
nell’Imperatrice Furiosa, una Figlia della Guerra
che ha raggiunto un posto di comando nella gerarchia
dell’organizzazione. Con lei, Max lascia la Cittadella a bordo di
un’autocisterna blindata.
Ciò che il guerriero non sa, è che
Furiosa porta con sé le Cinque Mogli, un gruppo di donne sane e
fertili destinate al malvagio Immortan Joe. Il suo intento è
infatti quello di salvare le donne portandole via da quel covo di
morte. Il gruppo, però, viene ben presto scoperto, ed ha così
inizio un feroce inseguimento nel deserto. Alle loro calcagna si
pone lo stesso malvagio dittatore, desideroso di riavere quanto gli
spetta. L’unica salvezza, per loro, sarà allora raggiungere quello
che Furiosa ricorda come il “Luogo Verde”, un’oasi fertile e
pacifico dove viveva da bambina. Mentre l’inseguimento diventa
sempre più selvaggio e disperato, il gruppo capirà però che per
contrastare gli inseguitori occorrerà ben altro che la sola
velocità del loro mezzo.
Il cast e i personaggi di Mad
Max: Fury Road
Nel riportare sul grande schermo il
guerriero Max, era lecito aspettarsi che a
riprendere il ruolo fosse, per quanto invecchiato, l’attore
Mel
Gibson. Il regista, tuttavia, espresse il desiderio di
affidare la parte ad un nuovo attore, permettendo così una
reinterpretazione del personaggio. Fu a questo punto che venne
scelto l’attore Tom Hardy.
Prima di accettare la parte, però, Hardy volle incontrare Gibson,
ottenendo da lui la benedizione per interpretare Max. Il set però
non si rivelò affatto facile per Hardy, che lamentò più volte
problemi di comunicazione con Miller. Una volta visto il film
completo, però l’attore si scusò pubblicamente, affermando che ciò
che il regista aveva realizzato era meraviglioso, e che non era
possibile capire la sua visione senza aver visto il lavoro
ultimato.
Particolarmente celebre è diventato
il personaggio di Furiosa, interpretato da
Charlize
Theron. Per il ruolo, l’attrice decise di sottoporsi a
diverse settimane di allenamento fisico, così da poter interpretare
personalmente le complesse sequenze del film, senza ricorrere a
controfigure. Decise inoltre di rasarsi realmente i capelli, così
da potersi calare meglio nei panni del personaggio. La Theron ha
poi raccontato di aver a sua volta avuto difficoltà nel comprendere
ciò che Miller stava realizzando, ma di esserne infine rimasta
entusiasta. L’attrice ha infatti più volte rivelato la speranza di
poter riprendere il ruolo in altri film, considerandolo uno dei
migliori della sua carriera.
Nel film è poi presente l’attore
Nicholas
Hoult, nel ruolo di Nux. Questi è uno
dei Figli della Guerra che lancerà nell’inseguimento dei fuggitivi.
Il personaggio si è affermato come uno dei protagonisti, ricevendo
una particolare rilevanza nella storia. Nei ruoli delle
Mogli invece, si ritrovano le attrici
Zoë Kravitz, Abbey
Lee, Riley Keough e Rosie
Huntington-Whiteley. Il malvagio e terrificante
Immortan Joe è invece impersonato da Hugh
Keays-Byrne, già noto per essere stato anche il
villain del primo film della serie. Vi è poi la partecipazione
dell’attrice Megan Gale, nel ruolo di
Valchiria. Questa è una delle donne che Furiosa
incontra e riconosce come parte del suo vecchio clan.
Mad Max: Fury Road,
la Black & Chrome edition e il prequel
Nel gennaio 2016 il regista Miller
ha annunciato la presenza di una versione in bianco e nero del
film, che inizialmente voleva inserire nella versione per l’home
video. Ciò non è avvenuto a causa del no della Warner Bros., la
quale ha indicato una per mancanza di spazio nel disco. Il regista
stesso ha però confermato la realizzazione di un’altra edizione
home video col film in bianco e nero e altri extra non ancora
diffusi. Questa è poi stata diffusa con il nome di Black & Chrome
Edition, riscuotendo l’entusiasmo dei fan. Anche
nella sua versione in bianco e nero, infatti, il film si presenta
come un’esperienza di visione straordinaria, dove si esaltano
ulteriormente i chiari, gli scuri e le altre sfumature presenti in
ogni inquadratura.
Sin dal momento dell’uscita del
film, inoltre, Miller dichiarò di avere pronte altre due
sceneggiature per due sequel. Lo stesso Hardy affermò di aver
firmato un contratto per dar vita ad una trilogia dedicata a
Mad Max. Nel 2016, tuttavia, il regista affermò di non
avere intenzione di iniziare a lavorare da subito ai due film,
desiderando prima prendersi una pausa dato l’enorme impegno
lavorativo che era stato Fury Road. Nel maggio
del 2020, tuttavia, è stato annunciato il tanto richiesto film sul
personaggio di Furiosa. Questo, intitolato Furiosa, sarà però un prequel
spin-off e non vedrà la partecipazione della Theron, che si è
dichiarata molto delusa da tale decisione.
Il trailer di Mad Max: Fury
Road e dove vedere il film streaming
Nell’attesa di poter vedere nuovi
film della serie al cinema, è possibile fruire di Mad
Max: Fury Road grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il
film è infatti presente nel catalogo di Rakuten TV, Google
Play, Apple TV, Now e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale, avendo così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì
27 novembre alle ore 21:00 sul canale
20 Mediaset.
Dalla fortunata trilogia
cinematografica alla serie TV: con una nuova storia in 6 episodi a
cavallo fra passato e presente, torna la sgangherata banda di
Non ci resta che il crimine – La
serie, la saga di Massimiliano Bruno sui viaggi nel tempo,
dall’1 dicembre in esclusiva su Sky e in streaming solo su
NOW.
Non ci resta che il crimine
– La serie andrà con due nuovi episodi a settimana tutti i
venerdì in prima serata su Sky Serie, oltre a essere disponibile on
demand in 4K HDR (per i clienti Extra anche nella sezione on demand
Primissime).
Una produzione Sky Studios e
Italian International Film prodotta da Fulvio, Federica e Paola
Lucisano, la serie vedrà tornare i protagonisti della trilogia
Marco Giallini, Gian MarcoTognazzi, Giampaolo Morelli e
Massimiliano Bruno, quest’ultimo di nuovo dietro
la macchina da presa stavolta affiancato da Alessio Maria
Federici. A loro si aggiunge, fra gli altri,
Maurizio Lastrico con un ruolo del tutto nuovo,
quello di Duccio Casati, ricco borghese dalle idee progressiste che
ha preso a cuore la causa dei ragazzi del movimento
studentesco.
Dopo il viaggio cinematografico
indietro nel tempo fino agli anni ‘80, in cui a Roma prosperava la
Banda della Magliana, e poi quello nell’Italia fascista degli anni
‘40, la nuova serie Sky Original inizia subito dopo gli eventi
dell’ultimo film e trasporterà l’affiatatissima banda di
protagonisti negli anni ’70, fra gli ambienti della sinistra
giovanile e delle contestazioni studentesche e quelli della destra
eversiva del Golpe Borghese.
Accanto a Giallini, Morelli,
Tognazzi, Bruno e Lastrico, nel cast anche Liliana
Fiorelli (Bentornato Presidente!, L’avvocato
Malinconico, Siccità, I migliori giorni) nei panni di
Marisa, l’assistente di Gianfranco; Grace Ambrose
(Il primo Natale, Compromessi sposi, Il
paradiso delle signore) in quelli di Linda Valori, la madre di
Giuseppe nel passato; Kabir Tavani (Ricchi di
fantasia, Il nostro generale, Puck) che
interpreta Sergio Brana, giovane membro del collettivo comunista
che ospiterà i protagonisti nel 1970; Sara
Baccarini (La cena perfetta, Beata
Ignoranza, I migliori giorni), che nella serie sarà
Matilde, anche lei membro del collettivo comunista che si
avvicinerà molto al cinico Moreno, il personaggio interpretato da
Marco Giallini; e ancora, Daniela Virgilio
(Romanzo criminale – La serie, Tapirulàn,
Third person) nei panni di Daniela Colagi, influente
vedova di un personaggio di spicco della politica di quegli anni, e
Claudio Corinaldesi (Per Elisa,
Smetto quando voglio – Reloaded, Vostro Onore,
Bang Bang Baby) in quelli di Nunzio Petrucci, capo della
milizia squadrista e braccio destro di Junio Valerio Borghese.
Non ci resta che il
crimine – La serie è scritta da Massimiliano Bruno,
Andrea Bassi, Gianluca Bernardini, Herbert Simone Paragnani.
Tra i più apprezzati interpreti
italiani, Antonio Albanese si è distinto per i
suoi ruoli tragici, di umani fragili e sensibili. Dotato sia di
grandi doti comiche che drammatiche, nella sua carriera ha saputo
non ripetersi, riuscendo ad infondere in ogni ruolo sfumature che
gli hanno permesso di ottenere l’apprezzamento di critica e
pubblico.
2. È anche sceneggiatore e
regista. Negli anni l’attore si è distinto anche come
sceneggiatore e regista, realizzando i film Uomo d’acqua dolce,
La fame e la sete, Il nostro matrimonio è in crisi, Contromano e Cento domeniche, ma
anche la serie Itopi (2018-2020) Ha
però contribuito anche alla scrittura dei film Qualunquemente,Tutto tutto niente
niente e Cetto c’è,
senzadubbiamente.
3. È anche
doppiatore. Albanese si è reso celebre anche per le sue
doti di doppiatore, prestando la voce al Grande Topo del film
d’animazione La gabbianella e il gatto (1998) e al
personaggio Gedeone in La famosa invasione
degli orsi in Sicilia (2019).
Antonio Albanese e la moglie e il
figlio
4. È sposato.
L’attore è sposato con Maria Maddalena Gnudi,
dottoressa commerciale specializzata in revisione contabile. La
coppia è molto riservata riguardo la loro vita privata, a tal punto
da rivelare soltanto dopo alcuni anni di aver avuto un figlio nel
2010.
Antonio Albanese ha origini
siciliane
5. Ha origini del sud
Italia. L’attore è nato in Lombardia, in provincia di
Lecco, ma i suoi genitori erano originari di Petralia Soprana, in
Sicilia. L’attore ha in seguito dichiarato di essere profondamente
legato alla terra dei suoi genitori e di recarvisivi molto
spesso.
Antonio Albanese e i suoi
personaggi
6. È celebre per i suoi
personaggi comici. La carriera comica di Albanese inizia
grazie alla trasmissione comica Mai dire gol, dove
presenta una serie di personaggi divenuti poi celebri. Tra questi
si annoverano il gentile Epifanio, l’aggressivo Alex Drastico, il
telecronista-ballerino Frengo e Stop, e il giardiniere gay e
interista di Berlusconi. Uno dei personaggi più riusciti di
Albanese è tuttavia Cetto La Qualunque, imprenditore e politico
siculo-calabrese corrotto, perverso e depravato. Tale personaggio è
stato poi protagonista di tre film al cinema.
Antonio Albanese è Epifanio
Gilardi
7. È tra i suoi personaggi
più apprezzati. Apparso per la prima volta sul
palcoscenico televisivo di Su la testa, il personaggio di
Epifanio Gilardi è sempre stato tra i più apprezzati di Albanese.
Di carattere timido e gentile, ingenuo ma profondo, Gilardi è anche
il protagonista del film Uomo d’acqua dolce, diretto e
interpretato da Albanese.
Antonio Albanese in Grazie
ragazzi
8. Ha amato molto il
film. In Grazie Ragazzi
Antonio Albanese interpreta un attore che accetta malvolentieri di
curare la regia di uno spettacolo di un laboratorio teatrale di un
gruppo di carcerati, finendo però così per dare un nuovo senso alla
sua vita piena di delusioni e a quella problematica dei suoi
allievi. Come raccontato da Albanese, il film gli ha permesso di
confrontarsi nuovamente con il suo amore per il teatro, ritrovando
molto di sé nel personaggio interpretato e rimanendo
particolarmente sorpreso dalla recitazione offerta dai
detenuti.
Antonio Albanese e il suo nuovo film Cento
domeniche
9. Con il suo nuovo film ha
voluto raccontare gli ultimi. Albanese ha raccontato che
prima di intraprendere la carriera di attore, ha lavorato per sei
anni come operaio. A loro ha ora voluto dedicare il suo nuovo film,
intitolato Cento domeniche, nel
quale si racconta di un operaio che si vede derubato dei suoi soldi
dalla banca a cui li aveva affidati. Albanese si è inoltre ispirato
a diverse storie vere di questo tipo per poter raccontare in modo
più sincero e veritiero la situazione di chi vive questo tipo di
disagi.
Antonio Albanese età e
altezza
10. Antonio Albanese è nato
a Lecco, in Lombardia, il 10 ottobre 1964. L’altezza
complessiva dell’attore è di 173 centimetri.
Il nuovo thriller Netflix proveniente
dalla Colombia, Storia di un
crimine: Mauricio Leal – diretto da Jaques Toulemonde Vidal – è
subito divenuto uno dei titoli più visti sulla piattaforma. Merito
anche del suo essere basato sulla storia vera di uno dei più noti
casi di omicidio verificatisi in Colombia negli ultimi anni, ovvero
quello di Mauricio Leal. Nella fatidica notte del
21 novembre 2021, Leal fu assassinato nella sua
casa insieme alla madre, Marleny Hernandez, il cui cadavere fu
trovato accanto a lui. Il caso ottenne subito un’enorme attenzione
da parte dei media. Anche se inizialmente la scena sembrava un caso
di omicidio-suicidio, gli investigatori, però, scoprirono ben
presto qualcosa di più sinistro, portando alla luce una vicenda
quantomai torbida. Il film la ripercorre proponendo anche i
retroscena utili a capire ciò che realmente accadde.
Chi era Mauricio Leal?
Ma andiamo con ordine: chi era
Mauricio Leal? Si tratta di un hairstylist famoso
in tutta la Colombia. Dalle attrici a Miss Universo, Leal
acconciava personaggi famosi in tutto il Paese. Aveva un salone
personale a Bogotà, dove lavorava con il fratello
maggiore Jhonier, anch’egli stilista. Tuttavia,
Jhonier non ha avuto la stessa fortuna di Mauricio e si considerava
un perdente perché non riusciva ad avere lo stesso successo del
fratello minore. A lungo andare, ciò ha fatto nascere in Jhonier un
sentimento di gelosia. Come se non bastasse, la madre di Jhonier e
Mauricio, Marleny Hernandez, era una madre
premurosa e affettuosa che dava la stessa priorità ai suoi figli,
ma apparentemente era più affezionata al figlio minore, Mauricio,
facendo dunque sentire Jhonier escluso dalla sua famiglia.
Qual è la storia vera della morte
di Mauricio Leal?
È bene sapere che Mauricio Leal era
fortemente dipendente dalla droga, ma non aveva affatto tendenze
suicide. I suoi colleghi del salone, così come le persone che
lavoravano per lui nella sua casa, hanno confermato che non ha mai
mostrato alcun segno di voler farsi del male. Ma Jhonier, fin
dall’inizio, ha sostenuto che Mauricio era un tossicodipendente, il
che poteva averlo portato alla follia e ad uccidersi. Dopo il
ritrovamento dei due cadaveri in casa di Mauricio, il caso venne
dunque etichettato come un omicidio-suicidio. Sembrava infatti che
Mauricio avesse ucciso la madre pugnalandola a morte e poi si fosse
ucciso con il coltello.
Durante le indagini, la presenza di
una lettera d’addio contenente la calligrafia di Mauricio ha
confermato sempre di più questa ipotesi. Nella lettera d’addio si
diceva che l’amore per la madre era così forte che aveva deciso di
stare con lei in paradiso. Agli investigatori, tuttavia, qualcosa
non tornava, per loro c’era qualcosa di strano in questo caso. Due
mesi dopo, dunque, hanno stabilito che non si trattava di un
suicidio, bensì di un caso di doppio omicidio. Scavando più a fondo
nel passato di Jhonier Leal, hanno infatti trovato motivi
sufficienti per uccidere l’intera famiglia. Jhonier divenne
automaticamente il primo sospettato e quando si scoprì che la sua
mano aveva una ferita, i sospetti si intensificarono.
Jhonier ha a quel punto mandato
all’aria il suo alibi nel tentativo di spiegare la ferita. Alla
fine, la polizia lo ha arrestato, scoprendo anche che Jhonier era
alla ricerca della proprietà che avrebbe dovuto acquisire dopo la
morte della sua famiglia. Mauricio Leal non era infatti un santo,
bensì si scoprì che era affiliato a diverse bande di trafficanti di
droga. È stato rivelato che era anche associato al riciclaggio di
denaro, che gli ha permesso di ottenere enorme ricchezza in un
breve periodo di tempo. Durante le indagini, la polizia ha dunque
sequestrato tutti i beni di Mauricio Leal.
Che fine ha fatto Jhonier Leal? Dove si trova ora?
Jhonier Leal, arrestato il
14 gennaio 2022 per il duplice omicidio della
madre e del fratello, ha infine confessato il suo crimine. Egli ha
affermato di aver agito in preda a un raptus impulsivo, scaturito
dalla propria gelosia. Sapeva inoltre che presto o tardi avrebbe
dovuto affrontare gravi conseguenze per le sue azioni, per questo
motivo dopo l’arresto ha inizialmente confessato il suo crimine.
Tuttavia, l’uomo ha poi cambiato idea subito dopo l’arresto e ha
cercato di rivendicare la propria innocenza di fronte alla legge.
Attualmente, però, Jhonier rimane dietro le sbarre. È infatti stato
condannato a 60 anni di carcere e sta scontando la pena nella cella
di La Picota. A nulla è valsa la sua richiesta di
essere posto agli arresti domiciliari.
Storia di un crimine: Mauricio
Leal: la storia vera è differente dal film?
Il protagonista principale
dell’adattamento Netflix diStoria di un crimine:
Mauricio Leal è la detective Rebeca,
che non esiste nella realtà ma è un insieme di tutti i detective
che hanno lavorato a questo caso. I realizzatori si sono infatti
presi delle libertà creative e hanno aggiunto una certa profondità
e drammaticità alla narrazione introducendo tale detective nella
storia. La donna viene inoltre caratterizzata come una madre
e moglie di un marito geloso del suo successo, che cerca di
scaricare su di lei la sua frustrazione e la sua ira, mentre lei
vorrebbe solo che qualcuno la accettasse e la capisse. Questa
aggiunta ha reso il mistero dell’omicidio più avvincente,
stabilendo quasi un legame tra la detective e Jhonier. Nel film è
dunque lei a risolvere il caso, ma alla fine le viene chiesto di
abbandonare il caso in quanto deve prendersi cura di suo
figlio.
Nei momenti conclusivi del film, la
vediamo dunque accettare il suo destino, allontanandosi dal caso.
Ma la sua impossibilità a rimanere fino alla fine di esso crea in
qualche modo un’ossessione nella sua mente. Si affeziona sempre di
più al caso perché, pur avendo un percorso diverso, è
involontariamente empatica nei confronti di Jhonier, perché,
proprio come lui, si sente sempre esclusa dalla sua famiglia e la
sua salute mentale ne risente. Storia di un crimine: Mauricio
Leal non fornisce dunque al pubblico una semplice indagine su
un crimine realmente avvenuto, bensì costruisce il racconto a
partire da un personaggio che si rivela strettamente connesso ai
sentimenti da cui è scaturito il delitto. Raccontato dal suo punto
di vista, il racconto del film differisce parzialmente dalla storia
vera, senza però stravolgerla.
In Top 10 su Netflix spicca il titolo Ultima
chiamata per Istanbul, rom-com turca
diretta da Gönenç Uyanık che in
breve tempo si è guadagnata la seconda posizione fra i film più
guardati sulla piattaforma streaming. Un film che,
come dicevamo nella nostra recensione, non solo funziona
rimanendo coerente agli stilemi del genere di riferimento, ma
sorprende persino, poiché capace di trovare una soluzione
alternativa, senza alcun uso di retorica, per parlare di… amore! La
storia sembra abbastanza semplice: due sconosciuti si incontrano
all’aeroporto di New York quando lei, ad un certo punto, in attesa
della sua valigia al nastro, scopre che questa è stata scambiata
con quella di un viaggiatore cinese. Lui si offre di aiutarla, e la
accompagna a Chinatown dove dovrebbe esserci il proprietario del
bagaglio. Non sappiamo i loro nomi, ma sin dai primi sguardi si
capisce che fra i due è scoccata la scintilla, eppure c’è un
problema: sono entrambi sposati. Ultima chiamata per
Istanbul, come dicevamo poc’anzi, inizia perciò come
un tipica commedia romantica con i soliti cliché, ma nel suo
progredire le carte in tavola cambiano, con un più che calzante
plot twist centrale. Ma cosa vuole suggerirci il suo finale? Qual è
il significato nascosto presente all’interno del film?
Cosa succede fra i due sconosciuti a New York?
Riavvolgiamo il nastro e riprendiamo da dove
eravamo rimasti. Intanto, i due sconosciuti – che decidono nel
frattempo di chiamarsi Samantha e
Ryan sotto indicazione di lei – arrivano
nell’albergo dove dovrebbe esserci colui che ha preso per errore la
borsa della donna. Scoprono però che il bagaglio arriverà solo
l’indomani mattina, così Samantha decide di pernottare lì per
aspettarlo. Ryan, seppur titubante, sceglie di rimanere con lei per
potersi assicurare che il giorno dopo lo riceva. Alla sera, la
coppia si ritrova nel suggestivo rooftop dell’hotel, dove si sta
svolgendo una serata di musica. I due si siedono a un tavolo, e
iniziano a imbastire un discorso riguardante l’amore. Se uno è
convinto che non si può tradire il proprio partner se alla base c’è
un sentimento vero, l’altra sostiene invece che l’adulterio sia
qualcosa di troppo sopravvalutato; se lui dice di volere dei figli,
lei invece asserisce decisa di non essere pronta. Mentre Ryan
spiega a Samantha di essere ancora molto innamorato della moglie,
al contrario Samantha confessa di non essere più felice nel suo
matrimonio.
La discussione mette in rilievo i
diversi modi dei due di intendere i rapporti, e anche il
modo di affrontarli. Ognuno ha una visione diversa di una
relazione, e ogni loro tesi ha una spiegazione logica e
convincente. Una tattica che vuole farci capire quanto spesso ciò
che noi riteniamo giusto non è universale, ma muta e si trasforma
in base al proprio vissuto, esperienze, e modo di approcciarsi alla
vita, agli altri, ma anche a noi stessi. Ad un certo punto, la
donna si alza per andarsi a fumare una sigaretta e da quel momento
in poi la storia prende una piega differente: se infatti prima Ryan
affermava di non essere incline a tradire e di non scivolare in
situazioni ambigue, si ritrova di lì a poco a passare l’intera
notte con Samantha, fra locali a luci rosse, balli sensuali e
confessioni intime sotto il ponte di Brooklyn. La sintonia che va
creandosi fra loro in quelle ore, nonostane le iniziali divergenze,
fa sì che Ryan ceda alla tentazione e quando tornano in albergo i
due si abbandonano alla passione. L’alba del mattino seguente,
però, fa affiorare verità tenute nascoste sino a quel momento.
Conosciamo, intanto, i loro veri nomi: i due si chiamano
Serin e Mehmet, e la realtà è ben
diversa da quella che era apparsa poiché il matrimonio di cui
parlavano era, in sostanza, il loro. Purtroppo, però, sono una
coppia sull’orlo del divorzio.
Perché Mehmet e Serin stanno per firmare le carte del
divorzio?
Quando Serin torna nella sua stanza senza
rivolgere parola a Mehmet, il film fa un tuffo nel passato e con
l’aiuto della narrazione intradiegetica – sono entrambi a
raccontarsi – scopriamo come la coppia si è realmente conosciuta e
quali siano le falle nella relazione. Sappiamo che i due si sono
innamorati quando erano all’università; lui è un musicista, lei una
designer. Scopriamo che a un certo punto Serin viene accettata in
un college a New York per affinare i suoi studi, ma che lei per
amore rifiuta. Nel frattempo, Memhet ha un colloquio con il padre
di lei, il quale lo obbliga a cercarsi un lavoro che possa
permettergli di provvedere adeguatamente alla figlia, abbandonando
la musica. Entrambi, dunque, hanno rinunciato ai loro sogni per il
bene del rapporto. In seguito, capiamo che Serin e Memhet hanno
deciso di sposarsi in un altro Paese, e che i primi anni di
matrimonio sono felici e spensierati. Una gioia che dura poco,
infranta quando Serin viene licenziata a lavoro, cominciando così a
sentire il peso dell’aver rifiutato l’opportunità a New York anni
prima. La sensazione di inadeguatezza e frustrazione non fa che
aumentare e peggiorare, riversandosi sulla coppia e provocando
litigi con il marito. La situazione precipita quando Serin decide
di fare domanda a uno studio di moda della Grande Mela per
disegnare una collezione per loro.
Questi si dimostrano subito interessati ai suoi
disegni, e la assumono. Serin decide di non parlarne con Mehmet, il
quale alla fine troverà comunque la lettera di accettazione fra le
sue cose, andando su tutte le furie. Appurato che alla moglie
importi sempre meno della loro relazione, mentre secondo lei il
marito non presta sufficiente attenzione ai suoi sogni, le
discussioni crescono a dismisura, sino a quando una goccia non fa
traboccare il vaso: Serin trova nel telefono di Mehmet una chat in
cui l’uomo si scambia spesso dei messaggi con un’altra donna
sconosciuta. Da lì, pur assicurandole di non averla tradita, Serin
prova a cercare un ultimo aiuto in una consulente
matrimoniale, ma anche questo tentativo naufraga,
portandola così a chiedere il divorzio. Qualcosa cambia l’ultimo
giorno di seduta, quando la consulente suggerisce loro di darsi
un’ultima possibilità di capire se è davvero finita attraverso una
sorta di gioco: devono partire per New York, dove lei deve iniziare
a lavorare, e una volta lì devono incontrarsi facendo finta
di non conoscersi, dedicandosi vicendevolmente del tempo
come se fossero due estranei.
Come finisce Ultima chiamata per Istanbul?
Seguendo il consiglio della consulente
matrimoniale, Serin ha capito di essere ancora molto innamorata di
Mehmet, ma che l’amore provato non basta a sollevare il loro
matrimonio. Intanto perché lei non vuole rinunciare al lavoro
ottenuto. New York le piace, ma il marito vuole solo tornare a
Istanbul. E poi perché Mehmet è pronto a mettere su una famiglia,
un obiettivo che ancora Serin non sente di dover raggiungere.
Conclusasi la parentesi di finzione, dunque, Serin resta ferma
sulla sua decisione, rafforzata dal fatto che i due hanno ripreso a
discutere sugli stessi motivi. A quel punto non si può più tornare
indietro: nel finale Mehmet, pur affranto, sceglie di tornare a
Istanbul, mentre Serin inizia a godersi finalmente la vita nella
Grande Mela. Tornata nell’albergo dove avevano pernottato
all’inizio, però, riceve una lettera che il marito le ha scritto
prima di partire. In quelle parole, Mehmet si scusa per non essere
stato il compagno perfetto che lei meritava, e si pente di aver
parlato con Cansu, la donna sconosciuta della chat, comprendendo il
dolore che aveva provato in quel momento. Inoltre, si rende conto
che avrebbe dovuto sostenere i suoi sogni invece di farla sentire
non amata, ma che al contempo era convinto che avrebbero potuto
affrontare la loro situazione in un modo migliore. Conclude dicendo
che avrebbe voluto essere la persona dalla quale lei sarebbe sempre
tornata, e che avere il sostegno l’uno dell’altra per lui era
sufficiente per poterci riprovare. E che la ama ancora.
Insieme alla lettera Mehmet le lascia anche il
biglietto di ritorno per Istanbul. Nelle battute finali, mentre le
parole della lettera scorrono in voice over, Serin decide di
mollare il lavoro appena cominciato e correre all’aeroporto, poiché
capisce di non voler rinunciare neppure lei al loro amore. Per
dimostrarglielo, però, non può far altro che tornare insieme a lui
in Turchia, rinunciando ancora una volta al suo desiderio, in nome
di un sentimento che capisce andare al di là di qualsiasi
soddisfazione lavorativa. La designer potrà farla ovunque, in
qualsiasi posto, ma l’amore, ci dice il film, se è
quello vero, non sarà dappertutto e non bisogna perciò
sottovalutarne l’importanza. Arrivata all’aeroporto, Serin
ha delle difficoltà a raggiungere il gate: non vogliono farla
passare, le hostess dicono che è troppo tardi. Ed è proprio quando
crede di averlo perduto per sempre, che la donna vede Mehmet
tornare indietro, perché anche lui – proprio come lei – vuole
raggiungerla. Dunque anche lui, in conclusione, avrebbe
rinunciato a tutto per la moglie, scendendo da quell’areo.
Riunitisi, Mehmet riesce a convincere la sicurezza a far prendere
il volo a Serin, e così la coppia riparte insieme alla volta della
loro Istanbul, pronti a impegnarsi ogni giorno e per sempre.
Il significato di Ultima chiamata per
Istanbul
Pilastro portante di Ultima chiamata
per Istanbul è, come in ogni rom-com che si rispetti,
l’amore. Nel film, però, attraverso la particolare relazione fra
Serin e Mehmet, il sentimento non viene standardizzato, ma anzi la
loro storia vuole dimostrare quanto l’amore sia qualcosa di davvero
unico e personale per ognuno di noi. Serin e Mehmet sono due
individui che, pur amandosi, hanno due visioni differenti dei
rapporti e della vita, ma ciò non significa – come spesso viene
invece mostrato – che per impegnarsi con qualcuno bisogni sposare
lo stesso pensiero, o ancora avere tutto in comune. Non vuol dire
neanche che uno debba soccombere all’altro. Ciò che conta
veramente, e che la pellicola di Uyanik vuole dimostrare,
è scegliere tutti i giorni la persona che abbiamo deciso
debba starci accanto. Anche quando ad un certo punto
qualche ingranaggio non funziona. L’amore è un sentimento che
bisogna coltivare nel tempo, e necessita impegno. E non coincide
per forza con l’essere simili o addirittura uguali. Ognuno di noi
guarda al sentimento da una prospettiva o angolazione differente,
lo vive secondo la sua logica, ma soprattutto secondo il suo
vissuto, le sue esperienze, e questo non significa che se l’altra
persona la pensi diversamente, o sia lei stessa diversa, il
rapporto non può esistere. Se alla base c’è il rispetto, esistono i
compromessi, esiste l’aiutarsi a vicenda per superare le
difficoltà, ed esiste anche il fare un passo indietro affinché
l’altro ci possa raggiungere.
Nel finale di Ultima chiamata per
Istanbul abbiamo la dimostrazione di quanto detto
sin’ora: Serin, dopo che Mehmet cede chiedendole scusa,
comprendendo le sue posizioni nella lettera che le scrive, si sente
in pace, perché sa di essere stata capita. Nonostante le loro
divergenze e i loro obiettivi – che restano diversi – sa che con il
marito potrà costruire in totale libertà il loro futuro insieme, e
che troveranno un punto d’incontro, una soluzione adeguata che, con
dedizione e pazienza, li renderà felici. Andando all’aeroporto,
Serin sceglie di amarlo, di rimanere fedele a quella promessa fatta
sull’altare. Allo stesso modo fa Mehmet, scendendo dall’areo. A
prescindere da come si conclude il film, in cui entrambi tornano a
Istanbul, alla base resta il fatto che sia Serin che Mehmet hanno
deciso, consapevolmente, di scegliersi, rinunciando ognuno di loro
a qualcosa per fare spazio a un sogno in comune più grande:
riconciliarsi. E mettersi ancora in gioco. Perché è questo il vero
significato dell’amore: è come un fiore che va annaffiato
giornalmente, anche quando fuori c’è la pioggia a bagnarlo. Oppure
rischia di appassire.
Netflix è lieta di annunciare l’arrivo del
film In
fuga da Babbo Natale, la commedia di Natale che
vede come protagonisti Giampaolo Morelli e Ilaria
Spada, insieme al piccolo Enea
Indraccolo, per la regia di Volfango De
Biasi. Soggetto e sceneggiatura sono dello stesso De Biasi
insieme a Fabio Bonifacci.
In fuga da Babbo
Natale, una produzione Colorado Film, è in arrivo solo su
Netflix dal 15 dicembre e sono ora disponibili il trailer
ufficiale, il poster e le prime immagini dal film.
In fuga da Babbo Natale,
la trama
Antonio ha 7 anni ed è orfano di
padre. La sera della vigilia di Natale non vuole doni, vorrebbe
solo volare con la slitta di Babbo Natale fino alla stella dove
vive il suo papà. Per questo, quando vede Babbo Natale scendere dal
tetto di casa sua, decide di seguirlo come suo aiutante. Non sa che
sotto la barba e il cappello si nasconde un ladro, che ha deciso di
usare questo travestimento per rubare indisturbato. Chi fermerebbe
mai Babbo Natale? Casa dopo casa, furto dopo furto, passeranno una
notte speciale che non dimenticheranno mai più e che cambierà per
sempre le loro vite.
Basato su “Le Père Noël” diretto da
Alexandre Coffre e prodotto da QUAD, il film è prodotto da
Iginio Straffi e Alessandro Usai
per Colorado Film e vede nel cast anche Mario De La Rosa, Elisa Di
Eusanio, Michela Andreozzi, Renato Marchetti, Marco Conidi, Romano
Talevi, Federico Tocci e Ninni Bruschetta.
Sono state annunciate le giurie del
Noir in Festival 2023. A decretare il film
vincitore del Black Panther Award 2023, l’ambito riconoscimento al
miglior fim Noir dell’anno conferito dal festival, sarà la giuria
internazionale, composta da tre eccellenti protagonisti del mondo
dello spettacolo.
Jaume
Balagueró (Presidente), regista spagnolo, ha esordito
alla regia con Alicia, che ha ottenuto premio per il
miglior cortometraggio al Sitges Film Festival. Il suo primo
lungometraggio, Nameless – Entità
nascosta (1999), è stato presentato in numerosi festival,
tra cui il Brussels International Festival of Fantasy Film e il
Fantafestival di Gérardmer, dove ha ricevuto il Meliés d’oro
assegnato dalla European Fantastic Film Festivals Federation come
miglior film europeo. Nel 2006 ha partecipato fuori concorso a
Venezia con Affittasi, un film della serie horror
televisiva Film per non dormire, e l’anno successivo
è tornato al Lido con [Rec], cui è seguito nel
2009 [Rec] ², vincitore del Ben & Jerry’s Award a
Sitges. La serie prosegue poi nel 2014 con REC 4:
Apocalypse. Dopo La settima musa (2017),
presentato ancora a Sitges, ha realizzato Way Down –
Rapina alla banca di Spagna (2021).
Veronica Lucchesi,
fondatrice e cantante per il progetto La Rappresentante di Lista
(LRDL) insieme a Dario Mangiaracina. Ha concorso al Festival di
Sanremo nel 2021 con Amare e nel 2022
con Ciao Ciao, entrambi ai vertici delle classifiche
radiofoniche e certificati multiplatino. Il loro ultimo album in
studio, My Mamma, uscito nel 2021, è stato arricchito
nel 2022 da Ciao
Ciao, Diva e Be My
Baby e certificato Disco d’Oro, debuttando al primo posto
della classifica dei vinili più venduti e al quinto di quella degli
album più venduti. Veronica Lucchesi ha lavorato con Dario
Mangiaracina al loro primo romanzo, Maimamma, che con
il disco condivide genesi e tematiche: è la storia di una giovane
donna, Lavinia, che rimane incinta alle soglie della fine del
mondo. Il 5 aprile 2022 ha ideato ed è andata in scena a Bologna
con “Tocca a Noi – Musica per la pace”, il grande concerto a
sostegno di Save The Children, con 7.000 spettatori in Piazza
Maggiore a Bologna e, sul palco, 12 tra gli artisti italiani più
amati. Nel 2023 ha preso parte alle riprese
di Gloria, film in uscita nel 2024 per la regia di
Margherita Vicario.
Paul McEvoy,
fondatore e co-direttore del FrightFest di Londra, il più grande
evento cinematografico di genere del Regno Unito, che nel 2024
approderà alla 25a edizione e si svolge nel mese di agosto a
Londra, Leicester Square. Paul McEvoy è anche programmer per il
Cine-Excess Film Festival and conference e scrive regolarmente una
rubrica di notizie e recensioni per “The Dark Side Magazine”.
Attualmente sta lavorando a un podcast con il regista Jake West
intitolato “Stark Raving Cinema! The Film & Pop Culture
Podcast”.
Alla giuria del concorso
internazionale si affianca quella per il Premio Caligari 2023,
composta da 80 tra studenti IULM e appassionati di cinema e guidata
dal regista Brando De Sica, il cui film
d’esordio, Mimì – Il principe delle tenebre, è nelle
sale in questi giorni; dalla giornalista di “Cinecittà News” e “8
½” Nicole Bianchi, recentemente vincitrice
del Premio Domenico Meccoli – Scrivere di Cinema (2023) e membro
del SNGCI; da Maurizio Di Rienzo, critico
cinematografico e direttore artistico dello ShorTS International
Film Festival di Trieste.
Ma la lista degli ospiti di questa
33a edizione è ricca e corposa. Si parte ovviamente da
Daniel Pennac, vincitore del Raymond
Chandler Award 2023 e autore della celebre saga
editoriale di Malaussène, protagonista indiscusso della giornata
inaugurale, 1 dicembre. Lo scrittore francese farà quattro tappe
milanesi per incontrare il pubblico: alle ore 15.30 nell’Auditorium
di IULM 6; alle ore 17.30 all’Institut français Milano per
introdurre la proiezione di Au bonheur des
ogres di Nicolas Bary; alle ore 18.15 in Feltrinelli
Duomo per il firmacopie di Capolinea Malaussène
(Feltrinelli) e alle 19.00 in Casa del Manzoni per la consegna del
Raymond Chandler Award.
A presentare i film in concorso,
proiettati tutti in Cineteca Milano
Arlecchino ci saranno:
per Runner il regista Nicola
Barnaba e gli interpreti Matilde
Gioli e Francesco Montanari;
per Operation Napoleon il regista
islandese Oskar Thor Axelsson;
per The City il regista e l’attrice
israeliani Amit
Ulman e Moria Akons;
per Le procès Goldman l’attore
belga Arieh Worthalter. I film fuori concorso
e gli eventi speciali saranno invece introdotti da: il
rapper Jake La Furia, voce narrante della
serie animata Italica Noir, assieme al
regista Federico Cadenazzi e allo
sceneggiatore Girolamo Lucania; il regista
lussemburghese Loïc Tanson (The
Ashes of Time); il regista Alfonso
Bergamo e gli interpreti Paolo
Briguglia, Tony
Sperandeo, Roberta
Giarrusso e Randall
Paul (The Garbage Man).
Protagonisti di uno speciale
incontro previsto per lunedì 4 dicembre, ore 17.00, IULM 6 – Sala
dei 146, i registi dei sei film finalisti: Lyda
Patitucci (Come pecore in mezzo ai
lupi), Antonio Pisu (Nina dei
lupi), Andrea Di
Stefano (L’ultima notte di
Amore), Davide Gentile (Denti
da squalo), Ivano De
Matteo (Mia) e Sydney
Sibilia (Mixed by Erry).
Ricchissimo il parterre degli ospiti
letterari della 33a edizione che dall’1 al 6 dicembre incontreranno
il pubblico in Rizzoli
Galleria: Harald
Gilbers (Morte sotto le macerie. Il commissario
Oppenheimer e la banda dei fazzoletti
gialli, Emons Libri); Giancarlo De
Cataldo (Colpo di ritorno,
Einaudi); Marcello Simoni (La
taverna degli assassini, Newton Compton); Donato
Carrisi (L’educazione delle farfalle,
Longanesi); Gianni
Canova (Palpebre, Garzanti)
e Ambra Angiolini; Ashley
Audrain(Sussurri, Rizzoli); Cinzia
Bomoll (Non dire gatto. Un’indagine di Nives
Bonora, Ponte alle Grazie) assieme a Nina
Zilli; Giampaolo Simi (Il
cliente di riguardo, Sellerio); Fausto
Gimondi (Fortuna criminale, Longanesi)
e Camila Raznovich; Deepti
Kapoor (L’età del male, Einaudi) con
Alessandra Tedesco, Alberto Toso
Fei (Il piede destro di
Byron, Marsilio) con Luca Crovi.
La IULM, oltre a
Daniel Pennac, ospiterà nella Sala dei 146 del moderno edificio
IULM 6 anche due imperdibili incontri letterari
– Giovanni Robertini con il
suo Morte di un trapper (Harper Collins) con
John Vignola e il regista Fulvio
Risuleo insieme all’illustratore Antonio
Pronostico, autori della graphic
novel L’eletto (Coconino) – e tre fuoriclasse
del cinema: Gabriele Salvatores che il 6
dicembre converserà alle 11.30 con Paola Jacobbi e Gianni Canova
dei suoi film più di genere; Pivio & Aldo De
Scalzi che racconteranno la musica noir e i vinili
di Diabolik; Adrian Wootton che
terrà una masterclass su Cormac McCarthy e il cinema.
Ma non finisce qui! Il 2 settembre
Casa del Manzoni vedrà sfilare prima i relatori dell’atteso
convegno “Manzoni e il Noir”, sul giallo storico e la vicenda di
Marianna de Leyva, la celebre Monaca di Monza de I promessi
sposi – Mauro
Novelli, Daniela
Brogi, Ben
Pastor, Giancarlo De
Cataldo, Luca
Crovi, Marcello
Simoni e Marco
Bellocchio – e poi il vincitore del romanzo più
votato dal pubblico, Carlo Piano (Il
torto, E/O) e i cinque contendenti per il Premio Giorgio
Scerbanenco 2023 – Francesco
Abate (Il misfatto della tonnara,
Einaudi), Cristina
Brondoni (L’inferno degli eletti, Clown
Bianco), Cristina Cassar Scalia (La
banda dei carusi, Einaudi), Gabriella
Genisi (L’angelo di Castelforte,
Rizzoli), Bruno Morchio (La fine è
ignota, Rizzoli).
Si intitola I 400 Giorni –
Funamboli e Maestri il documentario presentato al
41° Festival di Torino e diretto da Emanuele
Napolitano e Emanuele Sana, in
collaborazione con Daniele Orazi, il talent
manager che con questo progetto ha voluto raccontare il dietro le
quinte della sua giovane “scuderia”. Nuovi volti, talenti
giovanissimi, aspiranti attori seguiti nel corso di 400 giorni
della loro vita, tra provini, speranze, delusioni, intimità. Un
ritratto insolito e differente del ruolo dell’attore.
In occasione della presentazione al
TFF 41°, abbiamo raggiunto telefonicamente i
registi e alla sceneggiatrice Vittoria
Spaccapietra. Ecco cosa ci hanno raccontato.
-Come entrate in
contatto con Daniele Orazi e come nasce questa
collaborazione?
Emanuele
Napolitano:Io nasco come artista visivo e pittore. Ho
realizzato in passato anche documentari su opere di videoarte, e
avevo già girato dei documentari dedicati ad artisti che
provenivano da zone percepite come difficili, tipo Israele o
Albania. Sono entrato in contatto con Daniele attraverso una serie
di amicizie comuni e gli abbiamo presentato questa serie di
documentari che gli era piaciuta molto. Dopo questo incontro, si è
creata l’opportunità di lavorare a questo progetto soprattutto
perché Daniele lavora come talent manager da tanti anni. L’idea di
partenza era quella di approcciare questo materiale con un tono
sperimentale, non patinato.
Emanuele Sana:Io e Daniele ci conosciamo da parecchi anni. Abbiamo sempre
condiviso un approccio carico di ironia alla vita e abbiamo nel
tempo parlato di cinema con grande libertà e onestà. C’è sempre
stata una grande stima reciproca e quando lui ha chiuso la grande
esperienza di Officina Artistiche e intrapreso la nuova sfida di DO
Agency, abbiamo deciso di scommettere lui sulle mie idee e il mio
stile registico, io sulla sua conoscenza profonda del mercato e
soprattutto sui consigli che è in grado di dare ai suoi artisti. E
quando è nato progetto sono stato molto felice di costruirlo
insieme a lui.
Vittoria
Spaccapietra:Dopo gli studi di sceneggiatura ho iniziato a
cercare lavoro a Roma. Ho incontrato Daniele a Milano per un
colloquio per lavorare come script reader nella sua agenzia. Ero
completamente disorientata, ma poche settimane dopo sono entrata
nella DO Cinema. Crescere lì mi ha permesso di conoscere
l’industria in ogni sua forma e entità dandomi degli strumenti che
ho capito essere fondamentali solo quando ho provato poi camminare
con le mie gambe. Questo inizio di percorso mi ha fatto capire che
non esiste una strada programmata, che tutto è in costante
evoluzione, che la determinazione è ugualmente importante al
lasciare che le cose accadono. L’appoggio di Daniele per me ha
fatto e sta facendo la differenza.
Emanuele Napolitano
-Il titolo cita i 400
giorni in cui avete accompagnato il gruppo di attori protagonisti,
ma rievoca anche un capolavoro del cinema che ha per protagonista
un giovanissimo pieno di belle speranze e deciso a conquistarsi il
suo posto nella vita. È un’assonanza a cui avevate pensato?
Emanuele
Napolitano:L’assonanza è in parte casuale e in parte
voluta. Abbiamo effettivamente passato 400 giorni in compagnia di
questi ragazzi, ma il film è idealmente un romanzo di formazione,
quindi concettualmente si associa alla storia di Antoine Doinel,
protagonista de I 400 colpi. Certo la storia non è la stessa, ma
idealmente c’è un’assonanza.
Emanuele Sana:Devo confessare che sono stati tantissimi i titoli ai quali
abbiamo pensato nei mesi delle lavorazioni tanto che a un certo
punto era diventato un gioco. Eppure quando Daniele ha proposto “I
400 giorni”, abbiamo capito che era arrivato il titolo perfetto.
Un’assonanza chiaramente ma se pensiamo al finale de “I 400 colpi”,
uno dei più importanti e forti sguardi in macchina del cinema, e al
tema del giovane che affronta il suo futuro, è facile creare il
parallelo con le interviste che compongono il nostro film e che
muovono proprio dalla stessa inquadratura.
-I documentario è
estremamente ricco di punti di interesse e di voci. C’è l’on the
road, c’è il talent show, c’è la componente personale legata
all’intimità dei protagonisti. Come si costruisce una storia con
così tante anime e con così tanti protagonisti?
Emanuele
Napolitano:E’ stata una storia che si è formata da sé
perché pur essendoci una sceneggiatura, era impossibile controllare
delle cose che si svolgevano nel divenire. Pur avendo una
pianificazione, alcuni momenti erano difficili da prevedere. Ad
esempio eravamo sui set in occasione dei provini per raccogliere le
impressioni a caldo. Ecco, la difficoltà è stata esserci sempre in
questi momenti per tutti questi giorni. Abbiamo cercato di
registrare un momento sospeso che mette in relazione questi ragazzi
con i grandi maestri del passato.
Emanuele Sana:Ricordo che qualche settimana fa, quando ho salvato il progetto
de “I 400 giorni” con il nome final cut mi sono commosso. A parte
gli scherzi: il materiale di partenza era composto da centinaia di
ore di girato alle quali si sommava il materiale dell’Archvio Luce
da scovare e visionare. La selezione è stata quindi l’operazione
fondamentale e la più complessa: volevo creare un flusso di
coscienza che legasse attori e artisti appartenenti a quattro
generazioni diverse e per fare questo ho isolato alcuni grandi temi
per poi scegliere di volta in volta le frasi più forti o quelle che
insieme formassero un dialogo piacevole da ascoltare e carico di
emozioni.
Vittoria
Spaccapietra:Trovando un filo conduttore narrativo che sia
universale e applicandolo poi alla specificità di ogni storia
personale. Che questa sarebbe stata la sfida più grande per lo
sviluppo della storia ci è stato chiaro fin da subito. Ma il motore
dell’impresa resta il talento e le sue declinazioni ed è lì che
siamo tornati per costruire tutto. Le storie si aggrappano a questo
perno centrale, che accomuna ogni voce non solo nel film, ma anche
nella vita di chiunque si approcci a questo percorso. A quel punto
si tratta di cucire tutte le voci intorno a questa struttura guida
tematica.
-Il film si
impreziosisce anche di interventi di attori famosi, già affermati,
come sono stati scelti e da regista, è più semplice avere materiale
umano inesperto e malleabile oppure avere a che fare con degli
attori consumati, quindi magari più capaci ma anche con le loro
regole e il loro metodo già strutturato?
Emanuele
Napolitano:L’attore consumato sa anche come ridiventare
ingenuo! Ma in realtà non ho preferenza, però è logico che ci sia
una maggiore curiosità verso ciò che è spontaneo. Quindi l’attore
che si deve formare ancora è più malleabile, più spontaneo,
appunto. Il film poi è stato girato con mezzi di fortuna quasi,
magari a volte con il cellulare perché ti trovi a testimoniare un
momento che vale la pena catturare.
Emanuele Sana
Emanuele Sana:Daniele è un grande scopritore di talenti e gli attori che ha
chiamato per questo documentario non solo hanno accettato di
partecipare ma si sono aperti con una tale sincerità e
professionalità che ho avuto molto spesso l’impressione di avere di
fronte insieme all’attore navigato anche quello di anni fa in cerca
del suo futuro. Come regista devo dire che amo dirigere sia attori
alle prime armi che attori consumati ma non è questione di
malleabilità o di struttura, credo fermamente sia sempre questione
di intelligenza artistica, cioè quella grande capacità di
comprendere il progetto e sapere che il film vince sempre
sull’individualità.
-Come si lavora a uno
script quando ci sono così tanti personaggi coinvolti e una buona
dose di “realtà” all’interno del film?
Vittoria
Spaccapietra:La bellezza e la difficoltà di lavorare a una
storia unscripted è sicuramente l’imprevedibilità e l’evoluzione
della scrittura. Devi bilanciarti tra il guidare il contenuto per
far si che il prodotto resti in linea con l’idea principale e
l’accogliere ciò che accade nella realtà, che è imprevedibile.
Circa a metà di questi quattrocento giorni abbiamo iniziato a
plasmare una struttura più precisa, alla quale però non devi
aggrapparti con totale devozione perché il reale è sempre lì pronto
a farti deviare, e allora si continua a scrivere affidandoci a ciò
che accade.
-Com’è stato il
lavoro con Daniele Orazi?
Emanuele
Napolitano:E’ stata un’esperienza molto bella,
principalmente perché Daniele ha delle intuizioni davvero
brillanti. Ha avuto molte idee che sono state sviluppate e girate.
Come una sceneggiatura estemporanea, ha offerto diverse soluzioni
che poi sono state realizzate. Pur non essendoci una sceneggiatura
strutturata, il suo lavoro è stato anche quello e abbiamo creato
delle situazioni proprio per vedere poi cosa succedeva.
Emanuele Sana:Daniele ha avuto una visione precisa, l’ha inseguita e ha fatto
quello che sa fare meglio: lavorare con le persone per il bene del
progetto. È stato un produttore preciso, molto attento nel
valorizzare il materiale umano che compone il documentario perché
lui ama profondamente gli attori e loro sono sempre stati la sua
prima preoccupazione. Abbiamo litigato? Non direi, discusso spesso
certo, ma anche perché siamo entrambi testardi. Ma è anche per
questo che “I 400 giorni” è il film che potete vedere.
Vittoria Spaccapietra:Lavorare creativamente con Daniele è molto simile al processo
di cui parlavamo di “ascolto” della realtà: ogni momento del suo
lavoro da produttore e da agente si trasforma per lui in stimolo
creativo che sottopone ai suoi collaboratori in scrittura. La parte
più stimolante è vedere trasformare i momenti dell’ordinaria
quotidianità lavorativa (che ordinaria veramente poi non è mai)
diventare straordinari punti di partenza per nuove idee da
sviluppare in scrittura. Del resto è così che è nato i 400
giorni.
-Qual è nelle
vostre intenzioni il fine ultimo di un film pensato e realizzato
così, che racconta queste storie in particolare?
Emanuele
Napolitano:L’intenzione può essere quella di far capire
cosa prova un attore. Ci sono tanti film sul cinema, ma meno sulla
figura dell’attore, in cui non lavora, non recita, è questo genera
delle paure. Questo aspetto non sempre è messo in luce e mi
interessava capire cosa prova l’attore sia all’inizio della
carriera, sia di livello avanza quando gli si pongono davanti dei
problemi, e raccontarlo al pubblico che è più abituato all’aspetto
patinato della vita dell’attore.
Emanuele Sana:“I 400 giorni” è un documentario ma ancora di più un documento.
Ritrarre il momento è un privilegio e penso che questo film
invecchierà bene come un buon vino: fra qualche anno rivedere le
interviste dei ragazzi sarà emozionante e restituirà il senso di
un’operazione di scoperta come quella che Daniele realizza con il
casting. Un ultimo pensiero: credo che aver avvicinato quattro
generazioni di attori sia servito a capire che possono passare gli
anni, possono avvicendarsi diverse ere cinematografiche ma i sogni,
i desideri, i dispiaceri e i sorrisi di chi vuole vivere di cinema
sono sempre identici.
Vittoria
Spaccapietra:Da sempre le filmografie sono ricche di
biografie di grandi artisti. Ha perfettamente senso considerato che
se c’è qualcuno al quale vogliamo ispirarci sono coloro che hanno
avuto successo. Nelle storie che mostriamo però c’è la verità del
primo salto, la voce di chi ancora prova le sensazioni che
racconta. È come chiedere a un bambino cosa si provi a essere un
bambino. Un adulto si ricorda, può farlo, ma è inevitabilmente
filtrato dalla sua esperienza e dal tempo. Lo stesso accade con le
voci che sentiamo ne I 400 giorni: i ragazzi stanno vivendo in
questo momento ciò che ci raccontano e questa è una risorsa
preziosa da mettere a disposizione per chi vuole affrontare questo
mestiere. Sarebbe bello se il film diventasse una piccola guida
tecnica ed emotiva per chi si approccia a questo mondo, una sorta
di mappa per farsi guidare attraverso le voci dei maestri per
trafugare i segreti della loro esperienza, ma rispecchiandosi
nell’autenticità dei sentimenti e delle paure che invece si provano
quando camminiamo ancora sospesi su un filo.
Presentato il 27 novembre al 41°
Torino Film Festival nella sezione fuori concorso Ritratti e
paesaggiI 400 Giorni – Funamboli e maestri,
il documentario prodotto dalla DO Cinema del talent manager Daniele
Orazi con il patrocinio di Roma Lazio Film Commission ed il
sostegno del Ministero della Cultura.
I 400 Giorni – Funamboli e
maestri è un racconto corale dedicato al mestiere
dell’attore, diretto da Emanuele Napolitano e
Emanuele Sana e scritto da Vittoria
Spaccapietra e Daniele Orazi.
Di seguito, ecco le illustrazioni
inedite realizzate da Druid (Emanuele Napolitano)
per i protagonisti del film: