Disney+ ha svelato il trailer
di Thank You, Goodnight: The Bon Jovi
Story. La docuserie in quattro episodi racconta
l’epico passato e il futuro incerto di una delle band più
riconoscibili al mondo e del suo front-man Jon Bon Jovi. Un’odissea
di 40 anni di storia del rock and roll sull’orlo del precipizio,
con un infortunio alle corde vocali che minaccia di far precipitare
tutto. Thank You, Goodnight: The Bon Jovi
Storydebutta il 26 aprile solo su
Disney+ in Italia.
La serie segue la band dal febbraio
del 2022 e il suo viaggio in tempo reale, con le sue fasi alterne,
mentre i suoi componenti cercano di programmare il loro
futuro. Per quanto sia emozionante la storia di un talento unico
nella storia della musica, è ancora più raro che una leggenda come
Jon Bon Jovi lasci entrare il mondo esterno nei suoi momenti più
vulnerabili, mentre li sta ancora vivendo.
40 anni di video personali, demo inedite, testi originali e foto
mai viste prima che raccontano il viaggio dai club di Jersey Shore
ai più grandi palchi del mondo. La serie rivive i trionfi e le
battute d’arresto, i più grandi successi, le più grandi delusioni e
i momenti di tensione più conosciuti.
Gotham Chopra (Kobe Bryant’s Muse, Man in the
Arena, Tom vs. Time), pluripremiato agli Emmy
Award, è regista e produttore esecutivo di Thank you,
Goodnight: The Bon Jovi Story. Anche Giselle Parets e Ameeth
Sankaran per ROS sono produttori esecutivi. La serie è prodotta e
montata da Alex Trudeau Viriato, che ha avuto un ruolo critico
e creativo nella realizzazione.
Dopo le anticipazioni vi svegliamo
le clip dal finale di Doc – Nelle tue mani 3,
la terza stagione della serie tvDOC
– Nelle tue mani che andranno in onda questa sera
giovedì 07 Marzo, in prima serata su Rai 1. Il
quindicesimo e sedicesimo e gran finale di stagione, che si
intitolano rispettivamente “Quello che si deve fare” e
“Liberi”.
DOC
– Nelle tue mani è una produzione Lux Vide,
società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai
Fiction. Tra partenze e nuovi arrivi in DOC
– Nelle tue mani, nuove sfide attendono la squadra del
Policlinico Ambrosiano di Milano, guidata dall’amatissimo dottor
Andrea Fanti (Luca
Argentero), che torna finalmente a rivestire il ruolo di
primario mentre prova a recuperare quei ricordi che ormai tutti (o
quasi) ritenevano perduti per sempre.
DOC – Nelle tue mani, la
serie
DOC
– Nelle tue mani è la serie tv prodotta da RAI
FICTION scritta da Francesco Arlanch e Viola Rispoli. Una
produzione Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in
collaborazione con Rai Fiction
Nel cast di DOC
– Nelle tue mani
Luca Argentero,
Matilde Gioli, Pierpaolo Spollon, Sara Lazzaro, Marco Rossetti,
Laura Cravedi, Giacomo Giorgio, Elisa Wong, Elisa Di Eusanio,
Giovanni Scifoni, Aurora Peres e Diego Ribon. La
regia è affidata a Jan Maria Michelini (ep. 1-4),
Nicola Abbatangelo (ep. 5-10) e Matteo
Oleotto (ep. 11-16).
Le riprese della serie si sono
svolte tra Roma, Milano e Formello; per la location
ospedaliera il
Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e l’Università Campus Bio-Medico di
Roma hanno messo a disposizione spazi e tecnologie.
La scena trova tre degli eroi ritornati del film precedente – Gary
Grooberson (Paul
Rudd), la figlia del defunto Egon Callie Spengler
(Carrie Coon), insieme a sua figlia Phoebe
(McKenna Grace) – che corrono per le strade di New
York nel rinnovato ECTO- 1 mentre tentano di catturare un nuovo
fantasma conosciuto come il Drago delle Fogne.
Contro le rigide istruzioni di sua
madre, Phoebe informa i suoi compagni di squadra che ha “un
fantasma da catturare” e usa la sedia laterale del veicolo per
mirare meglio al drago con il suo zaino protonico, mentre Podcast
(Logan Kim) tiene d’occhio sull’azione tramite drone.
Ghostbusters:
Minaccia glaciale è scritto da Jason Reitman e Gil
Kenan ed è basato sul film del 1984 di Ivan Reitman Ghostbusters,
scritto da Dan Aykroyd e Harold Ramis. Nel cast oltre Paul Rudd (Ant-Man and the Wasp: Quantumania),
Carrie Coon (Boston Strangler), Finn Wolfhard (Stranger Things), Mckenna Grace
(Ghostbusters: Legacy) ci sono anche Kumail Nanjiani (Eternals), Patton Oswalt (Eternals), Celeste
O’Connor (Ghostbusters: Legacy), Logan Kim (The Walking Dead: Dead
City), Dan Aykroyd (Ghostbusters), Ernie Hudson (Ghostbusters) e
Annie Potts (Ghostbusters).
Ghostbusters:
Minaccia glaciale sarà solo al cinema dall’11 aprile
prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.
La trama di
Ghostbusters: Minaccia Glaciale
In Ghostbusters: Minaccia Glaciale, la
famiglia Spengler torna dove tutto è iniziato, l’iconica caserma
dei pompieri di New York, e si unisce agli Acchiappafantasmi
originali che hanno sviluppato un laboratorio di ricerca top-secret
per portare la lotta ai fantasmi a un livello superiore. Quando la
scoperta di un antico artefatto scatenerà una forza malvagia, i
vecchi e nuovi Ghostbusters dovranno unire le forze per proteggere
la loro casa e salvare il mondo da una seconda era glaciale.
Lo studio indipendente Media
Res ha ingaggiato il regista premio Oscar Thomas Vinterberg (Un altro giro) per guidare
un adattamento televisivo dell’amato romanzo fantasy per bambini di
Astrid Lindgren, I fratelli
Cuordileone.
Il regista danese dirigerà la serie
per famiglie, che scriverà insieme al drammaturgo del Tony e
dell’Olivier Award Simon Stephens (Il
curioso incidente del cane nella notte). Entrambi
fungeranno da produttori esecutivi, insieme a Michael
Ellenberg, Lars Blomgren e
Lindsey Springer di Media Res, oltre a The Astrid
Lindgren Company. Lo sviluppo del progetto inizia questo mese.
I fratelli
Cuordileone, del famoso autore svedese di classici per
bambini come Pippi Calzelunghe, Emil di Lönneberga e
Karlsson-on-the-Roof, è un racconto di formazione, immerso in
un’epica storia di avventure fantasy. Il romanzo racconta la storia
di due fratelli – Karl e Jonathan Lion – mentre lasciano il mondo
naturale e si imbarcano nell’avventura di una vita nella mitica
terra di Nangiyala. La saga di Lindgren esplora i temi classici
dell’amore e della perdita, della paura e del coraggio, della
tirannia e della ribellione, mentre i fratelli devono maturare
rapidamente per eludere, scoprire e sconfiggere le forze oscure e
mistiche che minacciano di terrorizzare la brava gente della
Wild Rose Valley.
Questo progetto segna il ritorno di
Thomas Vinterberg alla regia, dopo il grande
successo di Un Altro giro che lo ha portato fino agli Oscar.
In vista della premiere
mondiale che si terrà domani, venerdì 8 marzo al SXSW Festival di
Austin, Netflix ha
rilasciato il trailer finale de
Il problema dei 3 corpi, la nuova serie di David
Benioff, D.B. Weiss (Game of Thrones) e Alexander Woo (True Blood),
tratta dall’omonima trilogia di fantascienza dell’acclamato autore
cinese Liu Cixin.
La serie
Il problema dei 3 corpi, di cui da oggi sono
disponibili anche il poster e le nuove foto, debutterà solo su
Netflix
a partire dal 21 marzo 2024.
La trama di Il
problema dei 3 corpi
La fatidica decisione di
una giovane donna nella Cina degli anni ’60 riecheggia nello spazio
e nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri. Quando le leggi
della natura si sgretolano inspiegabilmente davanti ai loro occhi,
alcuni geniali scienziati, parte di un gruppo molto affiatato,
uniscono le forze con una detective imperterrita per affrontare la
più grande minaccia nella storia dell’umanità.
La serie
Il problema dei 3 corpiè
interpretata da (in ordine alfabetico): Jovan Adepo, John
Bradley, Rosalind Chao, Liam Cunningham,
Eiza González, Jess Hong, Marlo Kelly, Alex Sharp, Sea
Shimooka, Zine Tseng, Saamer Usmani, Benedict Wong e Jonathan
Pryce.
David Benioff, D.B. Weiss
(Game of Thrones) e Alexander Woo (The Terror: Infamy, True Blood)
sono co-creators, executive producer e autori della serie.
Bernadette Caulfield (Game of Thrones, The X-Files) è Executive
Producer. Rian Johnson (Knives Out, Star
Wars: Episode VIII – The Last Jedi), Ram Bergman e Nena
Rodrigue sono Executive Producers per T-Street. Lin Qi, il defunto
ex presidente di Yoozoo Group, e Zhao Jilong, amministratore
delegato del detentore dei diritti, The Three-Body Universe, sono
produttori esecutivi, insieme a Xiaosong Gao e Lauren Ma.
La Plan B Entertainment
di
Brad Pitt, Jeremy Kleiner e Dede Gardner sono
Executive Producers. Rosamund Pike e Robie Uniacke sono Executive
Producers per Primitive Streak. Derek Tsang e Andrew Stanton
si occuperanno della regia e della produzione esecutiva. Tra gli
altri registi figurano Jeremy Podeswa e Minkie Spiro.
Sono ora disponibili il nuovo
trailer, il poster e le immagini del film Disney e Pixar
Inside
Out 2, nelle sale italiane dal 19 giugno, che dà
il benvenuto a nuove Emozioni nella mente di Riley, ora
adolescente. A Gioia (voce originale di Amy
Poehler), Rabbia (voce originale di Lewis
Black), Tristezza (voce originale di Phyllis
Smith), Paura (voce originale di Tony
Hale) e Disgusto (voce originale di Liza
Lapira), si aggiunge un gruppo di Emozioni perfettamente
adatto all’età dell’adolescenza.
Maya Hawke presta la propria voce, nella
versione originale del film, ad Ansia, la già annunciata nuova
arrivata destinata a stravolgere tutto nel quartier generale e non
solo. Una carica di energia frenetica, Ansia si assicura con
entusiasmo che Riley sia preparata per ogni possibile
insuccesso.
Invidia, voce originale di
Ayo Edebiri, sarà anche piccola ma sa bene cosa
vuole. È perennemente gelosa di tutto ciò che hanno gli altri e non
ha paura di disperarsi per questo.
A Ennui, voce originale di
Adèle Exarchopoulos, non importa nulla. Annoiata e
apatica, solita alzare gli occhi al cielo, Ennui aggiunge la
perfetta dose di indifferenza adolescenziale alla personalità di
Riley, quando ne ha voglia.
A Imbarazzo, voce originale di
Paul Walter Hauser, piace stare in disparte, il
che non è facile per questo tipo robusto dalla carnagione rosa
acceso.
Le nuove immagini di Inside Out 2
1 di 4
Nella versione originale del film,
inoltre, Kensington Tallman presta la propria voce a Riley
Andersen, che sta per iniziare il liceo. Lilimar è la voce di
Valentina “Val” Ortiz, una giocatrice di hockey del liceo che
tutti, inclusa Riley e i suoi amici, ammirano. Diane Lane e Kyle
MacLachlan tornano a dare la voce alla mamma e al papà di Riley.
Sumayyah Nuriddin-Green e Grace Lu prestano le proprie voci alle
migliori amiche di Riley, mentre Yvette Nicole Brown è la voce
della Coach Roberts, che dirige un campo estivo di hockey. Il cast
di voci originali include anche Sarayu Blue, Flea, Ron Funches,
Dave Goelz, James Austin Johnson, Bobby Moynihan, Frank Oz, Paula
Pell, Paula Poundstone, John Ratzenberger, Kendall Coyne Schofield,
June Squibb, Kirk Thatcher e Yong Yea.
Inside Out 2, la trama
Il film Disney e Pixar Inside
Out 2 torna nella mente dell’adolescente Riley proprio quando
il quartier generale viene improvvisamente demolito per far posto a
qualcosa di completamente inaspettato: nuove Emozioni! Gioia,
Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto, che a detta di tutti
gestiscono da tempo un’attività di successo, non sanno come
comportarsi quando arriva Ansia. E sembra che non sia sola.
Inside Out 2 è diretto da Kelsey Mann e prodotto da
Mark Nielsen, con una colonna sonora di Andrea Datzman.
Laura Dern, Billy Crudup e
Riley Keough si uniranno a George Clooney
e Adam Sandler in
un nuovo film senza titolo di Netflix diretto da Noah
Baumbach. Baumbach ha anche scritto la sceneggiatura
insieme a Emily Mortimer e produrrà con Amy Pascal
e David Heyman.
Successivamente, sempre per Netflix, Baumbach ha realizzato White
Noise, adattato dal romanzo di Don DeLillo e
interpretato da Drive e Greta Gerwig. Ad oggi,
questo è dunque l’ultimo lungometraggio realizzato come regista da
Baumbach, che sempre però dunque pronto a tornare alla regia di un
nuovo lungometraggio di cui però, ad oggi, oltre ai due attori
protagonisti, non sono state fornite altre informazioni. Netflix non ha
infatti rilasciato commenti a riguardo per ora, ma Scott
Stuber, capo della società, aveva precedentemente
descritto il prossimo film di Baumbach come una “divertente ed
emozionante storia di adulti che arrivano all’età adulta“.
Ming-Na Wen si è unita al cast del nuovo film
della Sony Karate Kid. I membri del cast
precedentemente annunciati includono l’attore di American
Born ChineseBen Wang nel ruolo
principale, oltre a Jackie Chan e Ralph
Macchio, che riprenderanno i loro personaggi dei
precedenti capitoli della serie. Nel cast ci saranno anche
Joshua Jackson e Sadie
Stanley.
Al momento la trama di The Karate
Kid è ancora nascosta. Voci precedenti indicavano che la storia si
concentrerà su un adolescente cinese-americano che cresce
attraverso l’arte del karate, con l’aiuto di un maestro.
Analogamente al riavvio di The Karate Kid del 2010, il film Karate
Kid del 2024 non sarà un remake esatto del film originale del 1984,
ma piuttosto prenderà in prestito la struttura generale della trama
e i temi.
Macchio riprenderà il ruolo di
Daniel LaRusso, che ha interpretato nella trilogia
cinematografica originale di Karate Kid iniziata
nel 1984 e ripreso nella serie Cobra Kai di
Netflix,
che ha da poco annunciato la sua sesta e ultima stagione. Chan
tornerà nel ruolo di Mr. Han, un maestro di kung fu ispirato al
personaggio del Maestro Miyagi, che ha allenato Dre Parker di
Jaden Smith nel film remake del 2010.
Ming-Na Wen interpreta Fennec Shand nella
serie Disney+The Book of Boba
Fett, uno spin-off di The Mandalorian, ed
è stata recentemente vista nella seconda stagione di
Hacks della HBO. È stata premiata come Leggenda
Disney nel 2019 per il suo lavoro in numerosi progetti Disney, tra
cui Mulan,Marvel’s Agents of Shield
e The Joy Luck Club. Ming-Na Wen ha ricevuto una stella sulla
Hollywood Walk of Fame nel maggio 2023.
Quali effetti può davvero provocare
un lutto nella mente umana? È nel tentativo di rispondere a questa
domanda che il regista Neil Jordan ha realizzato
il film del 2018 Greta, scrivendolo anche
insieme a Ray Wright. Regista di film come La
moglie del soldato (per cui ha vinto l’Oscar per la miglior
sceneggiatura originale) e Intervista col vampiro, Jordan
ha applicato tale tema e tale ricerca ad un thriller psicologico
ispirato ad alcuni titoli simili degli anni Ottanta, mirando dunque
a ricostruire quella loro atmosfera di pericolo e continua
degenerazione.
La sceneggiatura del film
inizialmente si intitolava The Widow, ovvero La
vedova, sottolineando i temi del film della perdita, della
solitudine e dell’isolamento. Queste sono emozioni facilmente
riconoscibili che tutti hanno vissuto tutti in una certa misura, ma
nelle mani di Jordan sono diventate un grottesco ritratto di ciò
che può accadere quando la gentilezza soddisfa il puro bisogno
narcisistico. Greta è dunque un thriller che si svela
lentamente, che offre indizi ma senza preparare mai abbastanza lo
spettatore a ciò che seguirà, risultando imprevedibile e ricco di
colpi di scena fino alla fine.
Oltre a ciò, Greta è un
film arricchito dalle interpretazioni di note attrici, tra cui
Isabelle Huppert, stella del cinema francese ma di
fama internazionale. Per gli amanti del genere, dunque, si tratta
di un titolo assolutamente da recuperare. Prima di intraprendere
una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire
alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui
nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alla spiegazione del finale.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Greta
Il film narra la storia della
giovane Frances, che, provata dalla morte della
madre e con un lavoro poco stimolante, si rende conto che la vita a
New York non è quella che sognava. Caduta in una profonda
solitudine e in difficoltà economiche, un giorno la ragazza trova
una borsa su un sedile della metropolitana e, invece di rubarla,
decide di rintracciare la proprietaria. La borsetta appartiene a
Greta, una ricca vedova solitaria che trascorre le
sue giornate suonando il piano nella sua stravagante casa di
Brooklyn. Tra le due donne si instaura sin da subito un forte
legame e in breve tempo la loro conoscenza si trasforma in
un’amicizia morbosa, che avrà per Frances dei risvolti alquanto
pericolosi e inquietanti.
Ad interpretare il ruolo di Greta
Hideg vi è l’attrice francese candidata all’Oscar Isabelle
Huppert. L’interprete, tra le più premiate della
storia del cinema, è nota in particolare per film come, giusto per
citarne alcuni, La pianista, Il buio nella mente,
Segreti di famiglia e Elle.
Accanto a lei, nel ruolo della giovane Frances vi è invece Chloë Grace
Moretz, divenuta celebre per aver interpretato
Hit-Girl nei film Kick-Ass e Kick-Ass 2. Recitano
poi nel film anche MaikaMonroe, nota per il film It Follows, nel ruolo
di Erica Penn, ColmFeore (oggi
noto come Reginald Hargreeves nella serie The
Umbrella Academy) in quelli di Chris McCullen e
Stephen Reah nei panni di Brian Cody.
Greta è una storia vera?
Ecco la spiegazione del finale del film
[SEGUONO SPOILER]
Contrariamente ad alcune teorie
emerse su Internet, Greta non è basato su alcuna storia
vera, benché prenda spunto da alcuni casi di rapimenti. Questo
poiché, da un certo punto in poi, il film acquista sempre più i
connotati del thriller psicologico a partire dal momento in cui
Greta rapisce Frances. Ciò viene spiegato con la follia della
donna, disturbata dal suicidio della figlia avvenuto anni prima e
in cerca ora di una sua sostituta a cui poter fare da madre.
Frances, che ha perso la genitrice da poco, risulta essere la preda
perfetta per lei. Dopo averla rapita la conduce dunque in una villa
isolata, dove inizia ad impartirle lezioni di pianoforte ed in
generale vari insegnamenti materni.
La scomparsa della giovane non passa
però inosservata e ben presto sia il padre che la coinquilina ed
amica Erica inizieranno a cercarla. Sarà proprio quest’ultima a
trovarla, facendo credere a Greta di aver abboccato al sua solita
trappola della borsetta lassciata in metro. Giunta a casa della
psicopatica, Erica riesce così a liberare l’amica, avendo
temporaneamente a drogato Greta. Prima di lasciare l’abitazione, le
due ragazze rinchiudono la donna in un baule usando una piccola
riproduzione in metallo della Torre Eiffel per serrare il baule. Le
ragazze lasciano poi la casa della pericolosa squilibrata per
recarsi dalla polizia.
L’ultima immagine del film,
tuttavia, ci mostra il chiavistello del baule che inizia a muoversi
per via dei colpi che la donna sferra, lasciando ipotizzare che
Greta riuscirà a liberarsi per tornare all’attacco nei confronti di
Frances. A riguardo il regista ha affermato che si tratta del
finale perfetto per raccontare l’inarrestabile follia che può
caratterizzare persone apparentemente normali. Un finale dunque
ambiguo, a cui non necessariamente deve far seguito un sequel che
porti avanti il racconto, lasciando piuttosto all’immaginazione
dello spettatore cosa può avvenire ma facendo ben presente quanto
la determinazione possa essere difficile da arrestare.
Il trailer di Greta e dove
vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente,
Greta non è attualmente disponibile su
nessuna delle piattaforme streaming ad oggi attive in Italia.
Poiché il film è però presente nel palinsesto televisivo di
giovedì 7 marzo alle ore 21:20
sul canale Rai 2, sarà possibile vederlo per un
periodo limitato di tempo anche sulla piattaforma gratuita
Rai Play. Basterà accedere ad essa, cercare il
titolo e farne ripartire la riproduzione.
L’attrice Margaret Qualley, ora al cinema con
il film Drive-Away
Dolls(qui
la recensione) è stata scritturata per interpretare
Amanda Knox in una miniserie da otto episodi da un
ora, ancora senza titolo, che è stata ordinata a Hulu, come ha
appreso
Variety. Nella descrizione ufficiale si legge che la serie è
“basata sulla vera storia di come la Knox è stata ingiustamente
condannata per l’omicidio della sua compagna di stanza Meredith
Kercher e sulla sua odissea di 16 anni per ottenere la
libertà“.
KJ Steinberg
(“This Is Us“, “Mistresses“, “Gossip
Girl“) è sceneggiatore e produttore esecutivo della serie.
Qualley sarà anche produttrice esecutiva oltre che protagonista.
Warren Littlefield, Lisa
Harrison, Ann Johnson e Graham
Littlefield della Littlefield Company saranno anche
produttori esecutivi insieme a Monica Lewinsky e a
Knox e Chris Robinson della Knox Robinson
Productions. Lo studio è la 20th Television.
Margaret Qualley torna in TV per
interpretare Amanda Knox
Questa sarà la seconda serie
limitata basata su una persona reale di cui Qualley sarà
protagonista. In precedenza ha recitato nella serie Netflix “Maid“,
basata sull’omonimo libro di memorie di Stephanie
Land. Il suo lavoro in quella serie è valso a Qualley una
nomination ai Golden Globe e agli Emmy. In precedenza aveva
ottenuto una nomination agli Emmy come miglior attrice non
protagonista in una serie limitata per aver interpretato Ann
Reinking in “Fosse/Verdon” di FX. Qualley è nota anche per
i suoi ruoli in show come “The Leftovers” e per film come
“C’era
una volta a… Hollywood” e “The Nice
Guys“.
La storia della Knox è già stata
oggetto di numerosi progetti cinematografici. Oltre a diversi
servizi speciali e documentari, Lifetime ha trasmesso il film
originale “Amanda Knox: Murder on Trial in Italy” nel
2011. Nel 2021 è uscito il film “La
ragazza di Stillwater” con Matt Damon, Abigail Breslin e Camille
Cottin, che si ritiene sia stato ispirato dalla storia
della Knox. Questa miniserie con Margaret Qualley, pronta dunque a
tornare sul piccolo schermo, sarà però il primo progetto di fiction
esplicitamente dedicato alla Knox ad averla dunque compre
principale protagonista.
Grant Gustin ha interpretato a lungo l’uomo
più veloce dell’Arrowverse nella serie The
Flash, che ha raggiunto la sua naturale conclusione con
una nona stagione uscita l’anno scorso. Da allora l’attore si è
dedicato ad altri progetti e recentemente ha debuttato a Broadway
in Water For Elephants. Durante un recente ingaggio, a
Gustin è stato chiesto se avrebbe interpretato nuovamente Barry
Allen se gli studi DC avessero chiamato, e lui ha risposto:
“Sì, se James
Gunn mi chiedesse di interpretare The
Flash, lo farei di nuovo. Mi fido di James Gunn“.
I piani per il personaggio nel nuovo
DCU al momento non sono però chiari. Nonostante
le controversie su Ezra Miller, la Warner Bros. Discovery e
James Gunn hanno dato il loro pieno appoggio
all’attore e al film The Flash uscito nel giugno dello scorso anno. Il
regista, ora al lavoro su Superman,
si è persino spinto a dichiararlo “uno dei più grandi film di
supereroi mai realizzati“. Proprio a seguito delle parole di
Gustin, a Gunn è però ora stato chiesto da un fan su Threads di
scritturare l’attore come Flash ufficiale del DCU, altrimenti – a
detta dell’utente – il suo talento andrebbe sprecato.
Gunn ha però risposto che:
“Grant è un ragazzo di incredibile talento, che si esibisce ora
a Broadway, credo, e non va assolutamente sprecato solo perché non
è attualmente in un progetto DC“. “Ma ovviamente mi
piacerebbe lavorare con lui prima o poi“, ha concluso. Nessuna
certezza dunque, ma le parole del regista lasciano aperta la porta
alla possibilità che in futuro Gustin possa entrare a far parte del
DC Universe, che sia per riprendere il ruolo di Flash o per
interpretare un nuovo personaggio.
James Gunn dirige Superman
“Superman racconta la storia del
viaggio di Superman per conciliare la sua eredità kryptoniana con
la sua educazione umana come Clark Kent di Smallville,
Kansas“, si legge nella sinossi ufficiale del
film. “È l’incarnazione della verità, della giustizia e
dello stile americano, guidato dalla gentilezza umana in un mondo
che vede la gentilezza come antiquata.”
Superman avrà
come protagonisti anche Rachel
Brosnahan nel ruolo di Lois Lane e
Nicholas Hoult in quello di Lex Luthor, oltre a
Isabela Merced nel
ruolo di Hawkgirl, Edi Gathegi in quello di Mister
Terrific, Nathan Fillion in
quello della Lanterna Verde Guy Gardner e Anthony Carrigan in
quello di Metamorpho.
Più recentemente, Sara Sampaio ha firmato per interpretare
l’assistente/amante di Lex, Eve Teschmacher, e Skyler
Gisondo è stato scritturato per il ruolo di Jimmy
Olsen. Sono attesi anche i membri della squadra di antieroi
The Authority e María Gabriela de
Faría (Animal Control) è stata scritturata per il ruolo di
Angela Spica/The Engineer. Si dice anche che la
Supergirl di Milly Alcock farà il suo debutto prima del suo
film su
Supergirl: Woman of Tomorrow, ma non è ancora
stato confermato. Il film uscirà in sala l’11 luglio
2025.
Memory è il titolo
del lungometraggio che Michel Franco presenta in
Concorso a Venezia 80. Il regista messicano sviluppa la
storia dei personaggi il modo semplice e agli occhi dello
spettatore colpisce la chimica tra Jessica Chastain e Peter Saarsgard che regalano performance degne
di nota.
In Memory il filo
conduttore è il titolo stesso, la memoria, che il regista descrive
in modi differenti. La scelta di parlare di un argomento così
delicato in tutte le sue sfaccettature deriva da una paura
recondita, la perdita della memoria, che è proprio quello che
succede a uno dei due personaggi. L’altro fil rouge è invece
l’opposto, la memoria persistente della nostra mente che non ci fa
dimenticare nulla.
Memory, la trama
Sylvia (Jessica
Chastain) è un’assistente sociale che conduce una vita semplice e
strutturata: sua figlia, il suo lavoro, le sue riunioni degli
Alcolisti Anonimi. Tutto questo viene messo a nudo quando
Saul (Peter Sarsgaard) la segue a casa dopo la
loro riunione di liceo. Il loro incontro a sorpresa avrà un impatto
profondo su entrambi, aprendo la porta del passato. Basta veramente
poco a Michel Franco per instaurare diversi dubbi
allo spettatore lungo la visione, come se anche chi guarda si deve
soffermare sul problema della memoria. Sylvia convive con un trauma
passato, un abuso domestico, di cui solo alla fine si scopre il
colpevole. La sua vita, fin da bambina, è stata piena di bugie. Non
le sue, quelle che la madre ha cercato di propinarle e così
crescendo il loro rapporto si è spento del tutto.
Nessun confronto, nessun litigio:
una madre e una figlia che non si parlano più. Michel Franco
racconta questa storia al femminile dove i legami tra genitori e
figli sono in prima linea. Parallelamente, infatti, alla storia di
assenza c’è quella della forte presenza di Sylvie nella vita della
figlia per la quale il personaggio di Jessica Chastain ha smesso di bere,
festeggiando nella premessa di Memory il
tredicesimo anniversario della sua sobrietà. La routine quotidiana
che si è prefissata, il suo controllo maniacale per la pulizia e
per le porte – sempre chiuse – lasciano metaforicamente in questo
caso, la porta aperta verso il suo personaggio ancora con qualcosa
di irrisolto.
La memoria
In
Memory però Michel Franco usa diverse
espedienti narrativi per mandarci fuori strada. Vengono menzionati
personaggi e fatti che ci lasciano intendere il contrario di quello
oche sta accadendo. Una narrazione quasi distorta degli avvenimenti
che mette la vittima Sylvie in posizione di essere considerata la
“carnefice”. Il suo passato da alcolista è causato da un ex
fidanzato del liceo al quale Sylvie collega il
personaggio di Saul, scambiandolo per uno degli amici che la
stuprava da ragazza.
In realtà, Sylvie
salta alle conclusioni troppo presto complice un mancato controllo
della situazione. Saul soffre di demenza, ricorda
tutto quello che è successo in passato, ma inizia a faticare con i
fatti più recenti. Ed è proprio la sua demenza che darà il via al
loro rapporto. Saul segue Sylvie
dopo una festa e lei inizialmente terrorizzata ha collegato la sua
presenza a un inseguimento.
La memoria, una cosa stranissima,
perdura nel tempo incessante quasi come a voler batterne il ritmo
soprattutto quando bisogna affrontare un dolore atroce, poi però sa
anche sparire in un attimo. Superato il fraintendimento, Saul entra
pian piano nella vita di Sylvie e ha inizio anche
la loro storia d’amore, nonostante alcune opposizioni.
Sylvie cerca di aprirsi, anche se alcuni
atteggiamenti rimangono ambigui, è il confronto sul finale con la
madre che toglie allo spettatore tutti i dubbi.
A causa dei commenti della madre
pensiamo che sia una bugiarda patologica, è colpa sua se è stata
abusata sessualmente da tutta la vita. “Sei una fallita”, le dice
la madre. Una madre che ha tenuto tutto nascosto che sapeva quando
e in che modo avvenivano gli abusi sotto il suo tetto e non ha mai
cercato di difendere la figlia e la sorella minore. Saul, nel
contesto di Memory, è l’Aiutante perché grazie a
lui Sylvie scopre cosa c’è dietro quella porta che si lascia sempre
alle spalle. Allo stesso modo, Saul grazie
all’amore scopre di riuscire sempre a trovare la strada, anche se
aiutato allo stesso tempo anche lui dalla mano invisibile di
qualcuno.
Prime Video oggi ha aperto le porte del
Vault con il trailer ufficiale della nuova serie post-apocalittica
Fallout,
basata sul popolarissimo franchise di videogiochi
retro-futuristici.
Il trailer, che rispecchia
fedelmente la complessità dell’universo espansivo del videogioco e
il suo tipico umorismo dark, vede Lucy (Ella Purnell), abitante del
Vault, lottare per adattarsi al mondo distorto e pericoloso della
terra devastata dalle radiazioni e offre allo spettatore un primo
sguardo ai personaggi di Moldaver (Sarita Choudhury) e Ma June
(Dale Dickey). Tutti gli otto episodi saranno disponibili in
esclusiva su Prime Video dall’11 aprile, un giorno prima rispetto a
quanto precedentemente annunciato.
Jonathan Nolan ha
diretto i primi tre episodi della serie di Kilter Films. Geneva
Robertson-Dworet e Graham Wagner figurano come executive producers,
autori e co-showrunners. La serie è prodotta dalla Kilter Films e
vede Jonathan Nolan e Lisa Joy come executive producers. Tra gli
executive producers, anche Athena Wickham di Kilter Films, insieme
a Todd Howard per Bethesda Game Studios e James Altman per Bethesda
Softworks. Tra i protagonisti della serie troviamo Ella Purnell
(Yellowjackets), Aaron Moten (Emancipation – Oltre la
libertà) e Walton Goggins (The Hateful Eight).
Amazon MGM Studios e Kilter Films producono in associazione con
Bethesda Game Studios e Bethesda Softworks.
Il cast della serie include,
inoltre, Moisés Arias (Il re di Staten Island), Kyle
MacLachlan (Twin Peaks), Sarita Choudhury
(Homeland), Michael Emerson (Person of Interest),
Leslie Uggams (Deadpool), Frances Turner (The
Boys), Dave Register (Heightened), Zach Cherry
(Scissione), Johnny Pemberton (Ant-Man), Rodrigo
Luzzi (Dead Ringers – Inseparabili), Annabel O’Hagan
(Law & Order: Unità Vittime Speciali) e Xelia Mendes-Jones
(La ruota del tempo). La serie sarà disponibile in
streaming in esclusiva su Prime Video in oltre 240 Paesi e
territori in tutto il mondo.
Fallout, la serie tv
Basata su uno dei più grandi
franchise di videogiochi di tutti i tempi, Fallout
è la storia di chi ha e chi non ha in un mondo in cui non è rimasto
quasi più nulla. 200 anni dopo l’apocalisse, i tranquilli abitanti
dei lussuosi rifugi antiatomici sono costretti a tornare
nell’infernale paesaggio contaminato dalle radiazioni che i loro
antenati si sono lasciati alle spalle e con stupore scoprono che ad
attenderli c’è un universo incredibilmente complesso, allegramente
bizzarro e estremamente violento.
Ella Purnell è Lucy, un’ottimista
abitante del Vault con uno spirito tutto americano. La sua natura
pacifica e idealista viene messa a dura prova quando è costretta a
uscire in superficie per salvare suo padre. Troviamo poi Aaron
Moten nel ruolo di Maximus, un giovane soldato che ottiene il grado
di scudiero nel gruppo armato chiamato Confraternita d’Acciaio.
Farà di tutto per portare avanti l’obiettivo della Confraternita di
ripristinare legge e ordine nella terra desolata. Walton Goggins
interpreta Ghoul, un cacciatore di taglie di dubbia moralità che
custodisce dentro di sé 200 anni di storia del mondo
post-nucleare.
Jonathan Nolan e Lisa
Joy sono executive producer per Kilter Films. Nolan ha
diretto i primi tre episodi. Geneva Robertson-Dworet e Graham
Wagner sono executive producer, autori e co-showrunner. Il cast
della serie include Ella Purnell (Yellowjackets), Walton
Goggins (The Hateful Eight), Aaron Moten (Emancipation
– Oltre la libertà). Athena Wickham di Kilter Films è anche
executive producer insieme a Todd Howard per Bethesda Game Studios
e James Altman per Bethesda Softworks.
Amazon e Kilter Films producono in
associazione con Bethesda Game Studios e Bethesda Softworks. Il
cast include anche Moisés Arias (Il re di Staten Island),
Kyle MacLachlan (Twin Peaks), Sarita
Choudhury (Homeland), Michael Emerson (Person of
Interest), Leslie Uggams (Deadpool), Frances Turner
(The Boys), Dave Register (Heightened), Zach
Cherry (Scissione), Johnny
Pemberton (Ant-Man), Rodrigo Luzzi (Dead Ringers –
Inseparabili), Annabel O’Hagan (Law & Order: Unità Vittime
Speciali) e Xelia Mendes-Jones (La Ruota del Tempo).
La serie sarà disponibile in streaming in esclusiva su Prime Video
in oltre 240 Paesi e territori in tutto il mondo.
Léa
Seydoux è una delle attrici di punta del suo paese
d’origine, la Francia, ma nel tempo è passata con successo anche a
Hollywood in franchise come James
Bond (“Spectre”
e “No
Time To Die“) e “Dune” (dove ricopre il ruolo di Lady Margot
Fenring). Ma la Seydoux ha recentemente dichiarato ad
Harper’s Bazaar U.K. che trova molto più facile essere
un’attrice in Europa che non in America.”L’industria americana,
la trovo dura nei confronti delle donne“, ha detto la Seydoux.
“Per le donne è difficile invecchiare. Non voglio avere paura
di non essere desiderabile o di perdere il mio contratto. In
America è una questione economica, e quando diventa una questione
di soldi si perde la libertà”.
“Non mi sento a mio agio con il
fatto che si debbano spuntare tutte le caselle. Essere una donna
sullo schermo è più facile in Europa“. “Ho più libertà
perché sono un’attrice europea, il che mi si addice“, ha
continuato la Seydoux. “Non cerco di essere popolare, cerco
solo di divertirmi. In America devi conformarti. Ma non voglio
adattarmi al sistema, voglio che il sistema si adatti a me!“.
Léa Seydoux ha anche aggiunto che “è difficile per una persona
che non è totalmente americana essere protagonista di un film di
Hollywood” e che lei “prende quello che trova” in
termini di ruoli nei grandi film dello studio.
L’attrice non rigetta però del tutto
il suo lavoro negli Stati Uniti e aveva comunque dichiarato a
IndieWire nel 2022 che uno dei
motivi per cui le è piaciuto venire a Hollywood a fare film è
perché “sento che in America le persone hanno più
immaginazione“. “Mi sono stati offerti film molto, molto
lontani da quello che ho fatto e ho pensato: “Oh. Interessante”. Mi
piace sentire che posso adattarmi. Per me, questo è molto
esotico“, ha aggiunto all’epoca. “Faccio i film che vorrei
vedere. È l’unico modo che scelgo“. Attualmente, Léa Seydoux è
al cinema con Dune – Parte
Due (qui
la nostra recensione).
In una recente intervista con NME, durante la
promozione di Dune – Parte
Due (qui
la nostra recensione),
Timothée Chalamet ha dichiarato di volere che l’Elvis Presley
di Austin Butler (visto in Elvis)
appaia nel prossimo film di James Mangold su
Bob Dylan, A
Complete Unknown, dove Chalamet sarà chiamato ad
interpretare proprio il celebre cantautore premio Nobel. “Non
vedo l’ora che arrivi quel film“, ha detto Butler a proposito
del progetto su Dylan. “Vorrei essere sul set tutti i giorni
per vedere la magia che accade“.
“Vorrei che ci fossi anche
tu!“. Ha risposto Chalamet. “C’è un personaggio di Elvis
nel biopic su Johnny Cash [Quando l’amore brucia
l’anima, con Joaquin Phoenix]. È davvero breve, molto
breve, ma desideravo che potessimo creare un Musical Cinematic
Universe“. “Ho scrutato il cervello di Austin senza sosta,
ma mi sento – lasciamo che il mio film esca prima di essere così
fortunato da essere incluso con Austin, ha fatto un lavoro così
fenomenale“, ha poi detto Chalamet, quando gli è stato chiesto
se lui e Butler hanno avuto conversazioni l’uno con l’altro
sull’interpretazione di leggende della musica.
“Ma mi sento orgoglioso anche di
questo, perché sono due artisti che – non posso parlare dal punto
di vista di Elvis, ma nel profondo della tradizione Bob Dylan aveva
un enorme rispetto per Elvis e la Sun Records“. Chissà se un
progetto di questo tipo potrebbe effettivamente prendere vita in
futuro, considerando anche il successo riscontrato dai film
Bohemian
Rhapsody (Queen), Rocketman
(Elton John) e Bob Marley
– One Love (Bob Marley). Per ora, Chalamet e Butler
possono essere visti mentre condividono la scena in Dune – Parte
Due, attualmente in sala.
Timothée Chalamet sarà Bob Dylan in
A Complete Unknown
Il biopic su Bob
Dylan, intitolato
A Complete Unknown, sarà diretto da James
Mangold. Avrà come protagonista Timothée Chalamet nel ruolo della stella del
folk e vedrà anche la partecipazione di Elle Fanning nel ruolo dell’artista e
interesse amoroso di Dylan, Sylvie Russo. Edward Norton interpreterà invece il ruolo del
musicista Pete Seeger.
A Complete Unknown si concentrerà sui giorni di
maggiore trasformazione della carriera di Dylan. Seguendo il
giovane cantante folk e la sua chitarra per le strade e i
palcoscenici di New York nel 1965, quando Dylan sostituì la sua
acustica con un’elettrica e portò un nuovo sound nel settore.
Anche la storia d’amore tra Dylan e
Russo sarà collegata al film, dato che i due erano apparentemente
inseparabili durante questo periodo della loro vita e si servivano
l’un l’altro come muse. Possiamo aspettarci che una buona parte del
film si concentri sulla creazione e sull’uscita del quinto album di
Dylan, Bringing It All Back Home, perché è stato allora è
salito davvero alla ribalta con il brano classico “Like a
Rolling Stone“.
Leggende della storia del cinema,
autori alla loro opera prima, interpreti ambiziosi, film ad alto
budget, campioni di incassi, bizzarre esternazioni di cinema
europeo, l’orrore della Storia e del quotidiano, l’umanità perduta
che si stringe e si aiuta. I dieci titoli nominati agli
Oscar 2024 nella categoria più ambita,
quella di Miglior Film, rappresentano
raramente così bene lo stato dell’industria e della
contemporaneità.
Anche se la stagione dei premi di
quest’anno, che si concluderà la notte tra il 10 e l’11
marzo 2024, sembra indicare una rotta di navigazione che
punta dritta al cuore dell’esplosione atomica di Oppenheimer,
la Road to Oscar 2024 al Miglior Film è
estremamente interessante ricca da raccontare, e quindi ecco di
seguito i dieci titoli di categoria.
Arrivato in Italia
direttamente su Prime Video lo
scorso 27 febbraio,
American Fiction è uno di quei film di cui Oltreoceano
si parla già dallo scorso autunno. Adattamento di
Cancellazione, di Percival
Everett (che torna in Italia dal 15 marzo dopo essere
andato fuori catalogo da anni), il film è un’opera prima dello
sceneggiatore Cord Jefferson e si avvale di uno
degli attori più sottostimati di Hollywood che, grazie alla sua
interpretazione del protagonista Monk, ha finalmente entrato nel
cono di luce della ribalta e ha ottenuto la sua prima nomination
agli Oscar: Jeffrey Wright.
Il film è forse l’outsider di
categoria, dal momento che pur avendo ricevuto 5 nomination (attore
protagonista, non protagonista, film, colonna sonora e
sceneggiatura adattata), è una sorta di meta storia sul valore del
racconto e della rappresentazione nella società statunitense
contemporanea. Partendo da un presupposto geniale e splendidamente
portato sullo schermo,
American Fiction annacqua la sua propulsione iniziale
e si adegua su toni della commedia degli equivoci, banalizzando poi
il brillante incipit. Nonostante questo, il film è comunque
arricchito dalle performance nominate e da una scrittura, anch’essa
nominata, briosa e intelligente. Le speranze di portare a casa un
premio sono quasi nulle, ma per questo titolo sembra già importante
essere in compagnia dei contendenti di categoria.
A ragione il colpo di
fulmine di Hollywood per il cinema europeo di quest’anno, Anatomia di una caduta ha cominciato la
sua marcia trionfale al Festival di Cannes 2023, dove ha
conquistato la
Palma d’Oro e ha stregato tutti, tranne i francesi, a quanto
pare, che come film scelto per concorrere nella cinquina del
miglior film internazionale hanno scelto The Taste of
Things di Trần Anh Hùng. Non sono quindi
finiti nella cinquina dove fa capolino l’Italia con Io
Capitanodi Matteo
Garrone, ma il film di Justine Triet ha
fatto comunque una gran bella figura con le sue cinque nomination.
Oltre che per il Miglior Film, concorre infatti per la migliore
sceneggiatura (premio che ha virtualmente già in tasca a questi
Oscar 2024 e che replicherebbe il successo dei
Golden Globes), per il montaggio, per la regia (Triet è l’unica
donna in cinquina) e per la
Migliore Attrice protagonista, la splendida Sandra
Huller.
Saggio antropologico, thriller
procedurale, indagine sulle relazioni di coppia, sulla verità e la
menzogna, che oscilla tra il dramma e l’ironia, Anatomia di una caduta è sicuramente uno dei
migliori film dell’anno, che dovrà “accontentarsi” del premio alla
sceneggiatura e forse potrà insidiare il riconoscimento al
montaggio di Oppenheimer
per come Triet ha costruito il ritmo della sua storia in maniera
sapiente e raffinata. Sicuramente la presenza del film francese in
categoria è un segnale e una conferma importante: il cinema che
arriva all’Academy non è più soltanto fatto di grandi opere ad alto
budget, ma il cinema indipendente e europeo arriva sempre con
maggiore frequenza a questi livelli di Hollywood. E questo
permette agli Oscar di fotografare meglio il nostro
tempo.
A proposito di fotografie
del nostro tempo, la commedia che ha sbaragliato la concorrenza al
box office della scorsa stagione arriva al Dolby
Theatre con ben otto candidature ma con poche
speranze di vittoria se non nella categoria dedicata alla
migliore canzone originale, in cui concorre con
due titoli, I’m just Ken e What I was Made For?.
Il film è stato suo malgrado la pietra dello scandalo all’indomani
dell’annuncio delle
nomination, dal momento che né Margot Robbie né Greta
Gerwig hanno ricevuto le nomination agli Oscar
2024 sperate (per la
Migliore Attrice protagonista e per la
regia), nonostante il fatto che entrambe siano nominate per il
Miglior Film (Robbie è anche produttrice) e per la
Migliore Sceneggiatura adattata che Gerwig ha firmato insieme a
Noah Baumbach.
Ebbene, la satira politica contro il
patriarcato in un mondo di perfezione di plastica che ha fatto
battere il cuore a milioni di spettatori e ha animato dibattiti e
infervorato le conversazioni della critica e del pubblico si è
sgonfiata, arrivando ad assumere le giuste dimensioni di fenomeno
di costume, enorme successo al box office e commedia brillante che
soprattutto nella prima parte spara i suoi colpi migliori. Molto
difficile che riesca a battere la concorrenza del suo “nemico”
naturale, Oppenheimer,
che invece sembra avviato come un proiettile verso il gradino più
alto di Hollywood.
Se c’è una cosa che
Alexander Payne sa fare è raccontare la
delicatezza dell’animo umano anche nelle situazioni più ruvide. E
così il suo
The Holdovers è un film destinato a rimanere sul fondo
del cuore, a riscaldare e fare compagnia, a far sperare che esiste
a questo mondo un posto per tutti. Il film arriva al Dolby Theatre
con cinque nomination e molto probabilmente porterà a casa il
premio a Da’Vine Joy Randolph per la
migliore attrice non protagonista agli Oscar
2024. L’interpretazione di Randolph è effettivamente
il collante tra le varie esistenze che vengono messe alla prova
nella storia e, come una madre e sorella, riesce a dare calore a
questa insolita famiglia di fortuna che rappresenta il cuore
pulsante della storia.
Il percorso di
The Holdovers è cominciato al Telluride Film
Festival 2023, dove ha da subito sciolto il cuore degli
spettatori e ha continuato a raccogliere consensi sia in sala, dove
ha performato bene, anche da noi, quando è arrivato a metà gennaio
2024, sia nel corso della stagione dei premi, che ha affrontato da
grande protagonista, grazie soprattutto alla citata Randolph e a
Paul Giamatti, vero e proprio sfidante di
Cillian Murphy per il premio al
migliore attore protagonista. È davvero difficile prevedere se
il film di Payne riuscirà a spuntarla in qualche altra categoria,
ma è certo che è il feel good movie che contribuisce a
rendere vario e completo il panorama cinematografico di questo
stellare anno di cinema.
Siede comodamente nell’Olimpo del
cinema e della sua Storia, tuttavia questo non lo rende pigro.
Martin Scorsese è tornato alla regia dopo il
denso e significativo The Irishman e si è avventurato lì dove non
era ancora mai stato: il western. Ma in quanto maestro del
gangster movie, Scorsese decide di girare un film ibrido
che per ambientazione abbraccia le storie della fondazione americana e per sviluppo e trama è
invece un vero e proprio mob-movie con
tanto di
Robert De Niro che riesce a guadagnare l’ennesima
nomination agli Oscar.
Se dovessimo parlare esclusivamente
in termini di grandezza di visione e di bellezza cinematografica,
Killers of the Flower Moon è il film che avrebbe
portato a casa qualsiasi statuetta. Questo non accadrà. Le sue
dieci nomination sono comunque un’attestazione di stima e merito da
parte dell’Academy, che in fin dei conti però potrebbe assegnare al
film di Scorsese soltanto un premio, quello a
Lily Gladstone per la sua interpretazione di Mollie
Kyle, se
Emma Stone glielo concedesse. Con o senza premi, il
film dimostra ancora una volta che Scorsese è uno dei più grandi
registi viventi, capace di guizzi di creatività che menti più
fresche e giovani si sognano, con uno stile sontuoso e solido,
sempre alla ricerca di territori nuovi da scoprire e raccontare,
senza mai giocare in difesa, senza mai
risparmiarsi.
Quando arrivò in rete il primo
trailer di A Star is Born, nel giugno del 2018, uno dei
primi cartelli del breve video recitava “dal regista
Bradley Cooper”. Non senza un pizzico di presunzione,
Cooper dava per assodato di poter essere già riconosciuto come un
regista, o forse è quello che hanno pensato bene di fare coloro che
erano addetti alla promozione del film. Fatto sta che il film
uscito ha reso onore all’attore/regista, dal momento che il film
con Lady Gaga è più che dignitoso. Ma il sentiero
era stato tracciato e ora
Bradley Cooper è a tutti gli effetti un autore.
Che si sforza tanto di fare bella figura con i grandi di Hollywood.
E questo sforzo si vede.
Maestro,
il biopic dedicato al grande Leonard Bernstein, è
il frutto di uno sforzo enorme di
Bradley Cooper che scrive, dirige, produce e recita e
cerca in tutti i modi di farsi prendere sul serio dai suoi colleghi
del mondo del cinema. Purtroppo questa sua infantile
ambizione a farsi bello agli occhi dei grandi offusca
quello che poteva essere davvero un’esperimento interessante, dal
momento che la vita di Bernstein, artistica e personale, è stata
davvero intrigante. Cooper non riesce ad approfondire nessuna delle
due, sacrificando al suo ego pure la straordinaria
Carey Mulligan, che nel film interpreta sua moglie e
che brilla, nonostante tutto. Il film ha raccolto molte nomination
in questa stagione dei premi, comprese sette candidature
agli Oscar 2024. Potrebbe riuscire a conquistare la
statuetta per il miglior trucco, per… un naso.
È il film dell’anno.
L’incursione di
Christopher Nolan nel biopic è sicuramente il titolo
che ha destato maggiore interesse e meraviglia in questa stagione
dei premi, e le sue 13 nomination agli Oscar
confermano che è stato il preferito anche dall’Academy. Il film che
racconta la vita di J. Robert Oppenheimer, l’uomo che ha inventato la
bomba atomica, è esso stesso un ordigno, o meglio è così che Nolan
lo ha costruito. Da sempre appassionato di meccanismi mentali,
temporali e spaziali, il regista di Memento ha de-costruito ancora
una volta la linearità del tempo, raccontando i piani sovrapposti
dell’esistenza del suo protagonista, dall’euforia della scoperta
alla atterrita consapevolezza di aver creato un meccanismo di
morte.
Nella sua visione globale e
totalizzante, Nolan potrebbe davvero aver realizzato un film che
parla alla contemporaneità, raccontando l’uomo che deve fare i
conti con le proprie ambizioni e con le conseguenze delle proprie
azioni. Oppenheimer
è effettivamente il film che potrebbe portare a casa il massimo
riconoscimento agli Oscar 2024, quello con
maggiori possibilità di vincere, così come il suo regista e
probabilmente i suoi attori. In caso le cose dovessero andare così,
sarebbe un trionfo annunciato ma non certo immeritato.
Come
American Fiction, anche Past
Lives è un’opera prima che ha stregato il
pubblico statunitense e che ha fatto lo stesso nell’istante in cui
è arrivato in Italia. Presentato in pompa magna al
Sundance dello scorso anno, è arrivato nelle sale
del nostro Paese il 14 febbraio, un perfetto film di San Valentino,
volendo banalizzare, ma anche una riflessione delicata e toccante
sulle distanze, il cercarsi e il rincorrersi. Celine
Song si destreggia con eleganza e intuizione tra una
sceneggiatura toccante e solida e una regia piena di idee e molto
raffinata.
Dei dieci titoli di categoria, è
forse il film che è arrivato a questa nomination con maggiore
sorpresa, sebbene le sue speranze di portare a casa un premio siano
riposte maggiormente nella categoria per la
migliore sceneggiatura originale. È infatti probabile che il
segreto di questo film, tanto amato persino da Guillermo
Del Toro che lo ha citato tra i suoi preferiti di
quest’anno, risieda proprio nella sapienza riversata nella
scrittura: ogni scelta e azione è equilibrata, ogni significato
reso denso dai silenzi e dagli sguardi. Past
Lives è un inizio promettente che mette Song sotto i
riflettori e ci fa aspettare con ansia la sua prossima storia per
il grande schermo.
Dopo le 10 candidature
agli Oscar per La Favorita, Yorgos Lanthimos
conferma la sua storia d’amore con l’Academy e sale a 11 nomination
per Povere
Creature! Il film ha conquistato il mondo al suo
esordio, quando a settembre del 2023 ha conquistato il Leone d’Oro alla Mostra del cinema di
Venezia. Sulla scena pubblica si è comportando
altrettanto bene, riscontrando anche un grande successo di
pubblico. Si dice che il film racconti la stessa storia
di Barbie,
ma con il sesso. Nel film Bella Baxter è proprio come una delle
bambole Mattel che però fa anche esperienza della carne e
annichilisce i suoi creatori, tutti uomini, uccide il patriarcato e
trova la sua via di donna libera. Non una lettura sbagliata, ma
incompleta per il percorso che compie il personaggio di
Emma Stone nella mente di Lanthimos (e di
Alasdair Gray, autore dell’omonimo romanzo da cui
il film è tratto).
Ridurre il percorso di Bella a una
mera esplorazione del suo corpo e della sua sessualità sarebbe come
banalizzare il percorso esplorativo che compie la donna. Il
principio che guida le sue azioni è la curiosità: la sua
mente acuta da esploratrice la spinge a portare avanti una ricerca
completa e totale dell’esperienza e del sapere umano, a partire dal
primo territorio di scoperta di cui ognuno di noi dispone, ovvero
il proprio corpo. E così prosegue, intercettando nel suo percorso
la filosofia, le relazioni, il viaggio, il piacere altrui e, alla
fine, persino il male incarnato dal marito della sua vita
precedente. Lanthimos arricchisce questo percorso dritto e chiaro
con una messa in scena caratteristica, di costumi distintivi e
della costruzione di un mondo senza tempo che accoglie Bella,
ovvero
Emma Stone, il cuore pulsante del film, e, insieme a
Lily Gladstone, è senza dubbio la favorita alla
statuetta per la
migliore interpretazione femminile.
Si tratta forse del film
più importante arrivato al Dolby Theatre quest’anno. Con cinque
nomination, tra cui quella di
Migliore film internazionale,
Migliore regia,
Migliore sceneggiatura e Miglior sonoro, La
Zona di Interesse potrebbe essere uno dei maggiori
vincitori della notte del 10 marzo. Se nella categoria principale
ha davvero poche speranze, il film di Glazer ha buone probabilità
di portare a casa il premio al
Migliore film internazionale e ha discrete chance anche per la
sceneggiatura e per il sonoro, vero cuore del film, un’opera
d’arte a se stante di composizione di piani e umori in un film in
cui il non visto è evocato perfettamente dai rumori che
arrivano da fuori campo, da oltre il muro.
Il film racconta la quotidianità del
male, la sua banalità, il modo in cui una famiglia di una SS vive
la sua prossimità a un campo di sterminio come se fosse un luogo
come un altro. Il problema di sterminare gli ebrei diventa una
necessità per fare carriera, i fumi dei forni uno scomodo
inconveniente, i residui di cenere nell’adiacente fiume un fastidio
da evitare, la ricerca di metodi più efficaci di sterminio un modo
diretto verso una promozione sicura, l’angolino di paradiso
addossato al muro di cemento che nasconde l’orrore un privilegio da
custodire. Con un punto di vista particolare e sperimentale,
Jonathan Glazer conferma il suo occhio indagatore
sul mondo e purtroppo anche su una contemporaneità che ha perso la
memoria del passato e sembra sempre più propensa a continuare a
discriminare e innalzare muri.
Chi vincerà l’Oscar 2024 al Miglior Film?
La corsa all’Oscar 2024
per il Miglior Film non sarà una gara particolarmente avvincente,
semplicemente perché Oppenheimer
di
Christopher Nolan è il film che non sembra avere
rivali. Dai Golden Globes ai PGA, passando per i BAFTA, il biopic sul padre della bomba atomica
ha fatto un percorso pulito e l’appuntamento al Dolby Theatre lo
vedrà probabilmente trionfare. Trai film che potrebbero avere delle
possibilità di ostacolare la sua scalata a Hollywood ci potrebbe
essere forse La
Zona di Interesse, oppure un colpo di coda di Povere
Creature!.
Non dovremo aspettare ancora molto
per avere l’esito delle votazioni dell’Academy. L’appuntamento è
con Jimmy Kimmel, al Dolby Theatre la notte tra il
10 e l’11 marzo 2024, in Italia in diretta su RaiUno.
Sean Gunn, che nell’MCU ha fornito i movimenti per
Rocket e ha interpretato Kraglin, è ora pronto a seguire suo
fratello James
Gunn e debuttare nel DC
Universe. Qui egli ha in realtà già ben tre ruoli, in quanto è
la voce di Weasel e GI Robot in
Creature
Commandos, ma il ruolo più importante sarà quello di
Maxwell Lord, anche se l’attore sembra non poter
ancora effettivamente confermare che si tratti di questo
personaggio. “L’altro che hai menzionato – che non sono sicuro
di poter ancora tecnicamente menzionare pubblicamente, anche se
ovviamente la voce è uscita – tutto ciò che posso dire è che quel
personaggio è un po’ più radicato nell’essere“, ha detto Gunn
in una chiacchierata con ScreenRant.
“Molto più radicato, ovviamente,
come essere umano. Quindi è un personaggio che affronterò in modo
più tradizionale“. Gunn ha parlato anche degli altri due ruoli
che sta interpretando nel DCU, affermando di essere “ben
attrezzato” per destreggiarsi tra più personaggi in qualsiasi
momento. “E persino io, che sono un attore molto caratterista,
ho fatto tanti tipi di cose diverse e strane. Quindi, oltre ai tre
personaggi che hai citato, ho tre diversi film indipendenti che sto
facendo, a partire dalla prossima settimana e nel corso dei
prossimi mesi. Quindi ci sono un sacco di personaggi che sto
cercando di gestire, tutti“, ha aggiunto Gunn.
Ha poi fatto un paragone tra Weasel
e GI Robot, dicendo che il primo è quasi tutto recitato
fisicamente, mentre il secondo dipende molto dalla sua voce.
“Ma per la DC in particolare, una delle cose che rende tutto
più facile è che i personaggi di Creature Commandos sono animati, ma anche
se fossero in live action, come abbiamo visto con Weasel, c’è
ancora la CGI, sarebbero personaggi in CGI“, ha continuato.
“Anche GI Robot è ovviamente un robot. Weasel, sì, grugnisce e
cose del genere, ma si tratta soprattutto di movimenti. GI è quasi
completamente incentrato sulla voce. Quindi sono un po’ diversi
l’uno dall’altro. E si trovano in una zona molto lontana dello
spettro dei personaggi dell’universo“.
La serie animata Creature
Commandos, composta da 7 episodi, sarà trasmessa in
streaming su Max e avrà come protagonisti David Harbour nel ruolo di Eric
Frankenstein/Mostro di Frankenstein, Indira Varma
nel ruolo della Sposa, Zoe Chao nel ruolo della
Dott.ssa Nina Mazursky, Alan Tudyk nel ruolo del Dottor Phosphorus,
Sean Gunn nel ruolo di Weasel e Frank Grillo nel ruolo di Rick Flag Senior.
Steve Agee riprenderà il suo ruolo in
Peacemaker, John Economos. È prevista anche la
partecipazione di Viola Davis nel ruolo di Amanda Waller.
Recentemente James Gunn ha rivelato di considerare La sposa
di Indira Varma come il personaggio principale
della serie. Ha anche aggiunto che non sta dirigendo alcun
episodio, ma ha diretto le sessioni di registrazione di ciascun
attore.
Ancora non sappiamo quando verrà
distribuito in sala Spider-Man: Beyond the Spider-Verse,
inizialmente previsto per questo aprile ma poi rinviato a data da
destinarsi per permettere ulteriori lavori sul film. Tuttavia, gli
account dei social media di Spider-Man: Across the Spider-Verse
(qui
la recensione) hanno iniziato a stuzzicare i fan riguardo la
trama di questo atteso terzo film. L’account del film ha infatti
twittato “Miles Morales contro Miles G. Morales” con
entrambi i loro loghi uno accanto all’altro. Come i fan
ricorderanno, la variante “malvagia” di Morale ha fatto la sua
comparsa
nel finale del film, anticipando dunque un suo ruolo più esteso
nel prossimo capitolo.
Con questo post, dunque, i fan sono
portati a pensare che Spider-Man: Beyond the Spider-Verse esplorerà il
conflitto tra queste due varianti molto diverse di Miles Morales.
Alla fine dell’ultimo film era abbastanza chiaro che non si poteva
ragionare con il giovane Prowler. Quindi, l’unico modo per tornare
a casa e salvare tutto da La Macchia è una grande battaglia. Dal
punto di vista tematico, questo è perfetto per i film dello
Spider-Verse. Ognuno di essi affronta infatti il tema dell’identità
a modo suo. Il Multiverso attira molta attenzione, ma in realtà
questi film sono storie di Miles Morales che si ritaglia la propria
identità in mezzo a un mare di persone simili a lui.
In effetti, Spider-Man: Across the Spider-Verse insiste ancora di
più su questi temi, evidenziando il tema dell'”evento
canonico“. Non c’è spazio per le variazioni tra gli
Spider-Man, perché gli elementi costitutivi di come nascono devono
essere preservati così come sono. Miles Morales si oppone a tutto
questo, tendando di trovare un alternativa al verificarsi di certi
eventi. Ora, con il destino del multiverso in gioco, Miles
dovrà sconfiggere una versione di sé stesso che ha trovato un modo
diverso di portare avanti il mantello. Ciò che rende il nostro eroe
l'”Ultimate Spider-Man” potrebbe essere proprio la sua capacità di
colorare fuori dalle righe. Ne sapremo di più quando Spider-Man: Beyond the Spider-Verse arriverà nelle
sale.
— Spider-Man: Across The Spider-Verse (@SpiderVerse)
March 6, 2024
Cosa sappiamo di Spider-Man: Beyond the Spider-Verse?
Il film che precede Spider-Man: Beyond the Spider-Verse, Spider-Man: Across the Spider-Verse, è uscito
all’inizio di quest’anno. È stato diretto da Joaquim Dos
Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson. Il film presenta
le voci di Shameik Moore nel ruolo di Miles
Morales, Hailee Steinfeld nel ruolo di Gwen Stacy,
Jake Johnson nel ruolo di Peter B. Parker,
Issa Rae nel ruolo di Spider-Woman, Daniel Kaluuya nel ruolo di Spider-Punk,
Karan Soni nel ruolo di Spider-Man India, Oscar Isaac nel ruolo di Spider-Man 2099,
Jason Schwartzman nel ruolo di The Spot,
Brian Tyree Henry nel ruolo di Jefferson Davis,
Luna Lauren Velez nel ruolo di Rio Morales,
Greta Lee nel ruolo di Lyla, Andy
Samberg nel ruolo di Scarlet Spider e altri ancora.
Spider-Man: Across the Spider-Verse è stato
prodotto da Phil Lord, Chris Miller, Amy Pascal, Avi Arad e
Christina Steinberg con Alonzo Ruvalcaba. Aditya Sood, e il regista
del primo film, Peter Ramsey, alla produzione esecutiva. Il film
non ha ancora una data di uscita. L’uscita era inizialmente
prevista per il 29 marzo 2024, ma è stata tolta dal calendario.
Tótem – Il mio
sole, dal 7 marzo nelle sale italiane con Officine
Ubu, è la nuova pellicola della regista messicana
Lila Avilés, una storia
febbrile e sorprendente in cui l’universo
dell’infanzia, della famiglia, del femminile
e del soprannaturale convivono in modo magistrale. Pur possedendo
sempre uno sguardo e una personalità molto specifici, riecheggia
una tradizione a cui appartengono voci così diverse e ambivalenti
come quelle della peruviana Claudia Llosa e delle
argentine Lucrecia Martel e Lucía
Puenzo, costruendosi a partire da e attraverso questi
quattro vortici concomitanti che si avvicinano e si respingono
costantemente.
Tótem – Il mio sole, la
trama: vita e morte attraverso gli occhi di Sol
Tótem – Il mio
sole racconta una giornata nella vita di
Sol (Naíma Sentíes) e della sua
famiglia allargata di cugini, zie, zii e amici nella cornice della
casa (e dello studio) del nonno, dove si festeggia il compleanno
del padre, che vive lì. Il giovanissimo Tona
(Mateo García Elizondo) è in pessime condizioni
fisiche, vittima di quello che sembra essere un cancro fulminante,
ed è chiaro che non gli resta molto da vivere, che quello che si
sta preparando è più un addio che altro. Fa fatica ad alzarsi dal
letto, non vuole farsi vedere così (nemmeno dalla figlia), ma la
sua presenza/assenza assorbe e mette in ombra tutto ciò che c’è al
di fuori della stanza buia dove viene accudito da
Cruz (Teresita Sánchez), una
donna gentile che lo assiste.
Tuttavia l’azione si svolge, per la
maggior parte, fuori dalla stanza, mentre i parenti di
Tona preparano la festa in questione – cucinando,
bruciando cose, affrontando problemi personali, ricevendo aiuti
inaspettati e insoliti e continuando a lavorare. In uno stile di
caos e cacofonia da famiglia allargata, ciò che accade in quella
casa assume un tono di comicità assurda e a volte persino nonsense,
con situazioni nervose ed esilaranti, ma sempre oscurate dalla
tacita evidenza della morte.
Il sole in una stanza
Sol, nel frattempo,
andrà per la sua strada, rimanendo un’ansiosa osservatrice della
situazione. Non le è permesso vedere il padre, la madre è al
lavoro, gli zii sono persi nel loro universo e lei vaga da sola per
la casa rovistando negli stivali, ponendosi domande esistenziali al
cellulare, toccando (e rompendo) cose, facendosi compagnia con gli
insetti, i molluschi e le altre piccole creature che circolano per
la casa. Quando la festa inizierà, sarà l’unica a non voler
partecipare; oppure lo farà, ma a modo
suo.
Tótem – Il mio
sole è un complicato arazzo di personaggi ed emozioni
contrastanti, un ritratto duro ma a tratti umoristico di una
famiglia che affronta a modo suo una situazione difficile e
angosciante. Utilizzando una cornice chiusa per dare la sensazione
di oppressione e confinamento di questa situazione,
Avilés riesce a far interagire una dozzina di
personaggi senza abusare di tagli di montaggio o spiegazioni
arzigogolate: sono tutti situati a distanze diverse sullo stesso
piano, tutti parte della stessa esperienza.
Seguendo le vicissitudini della
bambina protagonista (Naíma Sentiés),
Avilés pone la macchina da presa all’altezza della
piccola, come se contemplasse il mondo spettrale che la circonda
con un certo distacco e smarrimento, come hanno fatto recentemente
Céline Sciamma e Laura Wandel. Rituali, purificazioni, feste,
travestimenti grotteschi, terapie quantistiche, talismani e semi di
tamarindo si susseguono attorno al singolare ritratto di una
famiglia in cui anche animali e insetti hanno un’importanza
simbolica fondamentale.
La verità di una figlia
Lo sguardo di Sol –
o “Solecito“, come lo chiamano le zie – esprime tutto. In
mezzo al caos familiare, alla paura, al nervosismo, all’impotenza e
persino a una festa imminente, gli occhi della bambina rivelano la
gigantesca tristezza che circonda e ingloba tutto. A sette anni
sembra sapere di più, negare di meno e supporre in maniera più
convinta che a suo padre, Tona, resta poco tempo
da vivere e che non c’è motivo di festeggiare, per quanto dietro ai
festeggiamenti del suo compleanno ci siano delle buonissime
intenzioni. Vuole solo vedere suo padre, stare con lui,
abbracciarlo, parlare degli animaletti che ama e dei quadri che lui
realizza; approfittare di quelli che intuisce essere pochi momenti
condivisi tra loro, quei minuti rubati al tempo che rimarranno
impressi nella sua memoria per il resto della vita.
Sebbene lo sguardo di
Sol in Tótem – Il mio
sole sia anche quello della regista,
Avilés non giudica gli atteggiamenti degli altri
personaggi: ognuno affronta o meno la situazione con le risorse che
ha o che gli mancano. E se Sol può provare
distanza e persino una certa incomprensione nei confronti di ciò
che vede intorno a sé, la cinepresa sa che alla fine sono tutti lì
con lo stesso obiettivo e scopo: abbracciare Tona,
festeggiarlo, sostenerlo, stare con lui e ringraziarlo per le
esperienze che hanno condiviso. È questa nobiltà e generosità di
spirito che nutre questo sorprendende film. Si affronta la morte
come si può, non sempre come si vuole: Avilés lo capisce e lo
trasmette perfettamente.
La regista di Barbie, Greta
Gerwig, è tornata a parlare della possibilità di un
sequel. Come riportato da Variety, urante la presentazione
di Women of the Year di Time, la regista ha infatti dichiarato che:
“Se trovo la risacca, allora lo facciamo. Se non trovo una
risacca, non c’è più niente da fare“. Una risposta che lascia
dunque poco all’interpretazione, ma la Warner Bros. Discovery sarà
sicuramente molto motivata a trovare una storia che spinga a un
secondo film. “È qualcosa che ho amato moltissimo fare“,
ha aggiunto. “E ho amato così tanto il mondo che abbiamo
costruito e tutti gli attori e l’idea di poter stare di nuovo con
quel gruppo di persone è molto eccitante“.
“La mia stella polare è ‘Cosa
amo profondamente? Cosa mi interessa davvero? Qual è la storia che
c’è sotto questa storia?“. Gerwig si è chiesta ad alta voce.
“E penso che con ‘Barbie’, la storia che c’era sotto era che io
amavo Barbie. Ricordo che andavo da Toys R Us e guardavo le Barbie
e mi piacevano i loro capelli. Mi piaceva tutto di loro e mia madre
non era convinta. E trovo che sia questa la storia, questa la
storia generazionale… Cerco sempre di trovare questi
risvolti“. Per il momento, tuttavia, non sembrano esserci
piani per un sequel e con Gerwig impegnata sui film di
Le Cronache di Narnia, potrebbe eventualmente volerci un
po’ prima di pensare ad un ritorno a Barbieland.
Chi c’era nel film di Barbie?
Barbie è stato diretto da Greta
Gerwig da una sceneggiatura scritta insieme a
Noah Baumbach. È stato prodotto da Margot Robbie e Tom Ackerly per LuckyChap e da
Robbie Brenner di Mattel Films insieme a Josey McNamara e Ynon
Kreiz. Durante la sua programmazione nelle sale, il film ha
ottenuto un incasso mondiale di oltre 1,4 miliardi di
dollari, diventando così il film di maggior incasso del
2023. Il film è interpretato da Margot Robbie,
Ryan Gosling,
America Ferrera, Simu Liu, Kingsley Ben-Adir, Scott Evans, Kate
McKinnon, Ariana Greenblatt, Alexandra Shipp,
Emma Mackey, Issa Rae, Michael Cera, Hari Nef, Will Ferrell,
Helen Mirren, Dua Lipa e altri ancora.
In attesa di poter vedere Furiosa: A
Mad Max Saga, film prequel
di Mad Max:
Fury Roadche esplora le origini del
personaggio Furiosa (interpretato nel titolo del 2015 da Charlize Theron), Chris Hemsworth ha condiviso un’altra immagine
del suo personaggio villain, dove lo si può ritrovare seduto su una
moto chopper custom dall’aspetto folle, nel bel mezzo del deserto,
con un lungo e fluente mantello bianco drappeggiato sulle spalle da
vero e proprio signore della guerra. “Puoi correre ma non puoi
nasconderti”, scrive Hemsworth nel post, che si può vedere qui di
seguito.
In FuriosaAnya Taylor-Joy
assume il ruolo che è stato di Charlize Theron
in Mad Max: Fury Road. La
sinossi ufficiale recita: mentre
il mondo va in rovina, la giovane Furiosa viene strappata dal Luogo
Verde delle Molte Madri, e cade nelle mani di una grande Orda di
Motociclisti guidata dal Signore della Guerra Dementus.
Attraversando le Terre Desolate, si imbattono nella Cittadella
presieduta da Immortan Joe. Mentre i due tiranni si battono per il
predominio, Furiosa deve sopravvivere a molte prove e mettere
insieme i mezzi per trovare la strada di casa.
Taylor-Joy ha rivelato che il film
è molto diverso da Fury
Road. Mentre quest’ultimo era un “road movie” che si
svolge in pochi giorni, questo nuovo film è invece descritto come
un racconto più “epico, che si svolgesu un
piùlungo periodo di tempo, e in un certo senso impari a
conoscere Furiosa meglio in questo modo“. Atteso da molti anni
e a lungo bloccato da una disputa legale tra Miller e la Warner
Bros. il film è ora in fase di post-produzione. Furiosa è
scritto, diretto e prodotto da George
Miller insieme al suo partner di produzione di lunga
data Doug Mitchell. Oltre a Taylor-Joy, nel film
ci sarà anche Chris Hemsworth nel
ruolo del villain. Furiosa
debutterà nelle sale il 24 maggio 2024.
L’adattamento live-action di
Bambi della Disney avrebbe perso la sua
regista. The Wrap riporta infatti che la premio
Oscar Sarah Polley non dirigerà più la nuova
versione del film, anche se i motivi non sono stati chiariti. La
notizia arriva sulla scia delle dimissioni del presidente dei Walt
Disney Motion Picture Studios Sean Bailey,
annunciate alla fine del mese scorso. Secondo il rapporto, Bailey è
stato il principale responsabile degli sforzi della Disney per
realizzare adattamenti in live-action di vari classici. Tuttavia,
la partenza di Bailey mette in discussione lo stato di alcuni
progetti live-action che erano in cantiere, tra cui
Bambi.
Lo scorso giugno era stato riferito
che la Polley, vincitrice della sceneggiatura di Women
Talking,
era in trattative per dirigere Bambi, mentre il film
stesso era stato annunciato come in fase di sviluppo all’inizio del
2020. Come noto, questo remake in live action dovrebbe aggiornare
la storia per renderla
più facilmente comprensibile dai bambini, riportando così la
storia del giovane cervo colpito da una tragedia che conta tra i
suoi amici del bosco il coniglio Thumper e una puzzola di nome
Flower. Il film animato della Disney, uscito nel 1942, è stato
tratto dal romanzo di Felix Salten del 1923.
Il
remake della Disney Bambi è ancora in fase di
sviluppo
Annunciata a gennaio 2020, la nuova
versione di Bambi attualmente non ha una data di uscita. Ora che la
Polley sembra dunque fuori dal progetto, non è noto se e di quanto
il film potrà subire ritardi. Lindsey Anderson
Beer era stata incaricata di scrivere il remake, ma ha
dovuto poi lasciare il ruolo per via di altri impegni. Dovrebbe
però rimanere accreditata come sceneggiatrice, insieme ai nuovi
arrivati Geneva Robertson-Dworet, Micah
Fitzerman-Blue e Noah
Harpster. Questo remake, inoltre, dovrebbe esser
concepito come un musical con canzoni di Kacey
Musgraves. Chris Weitz, Paul
Weitz e Andrew Miano sono i
produttori.
In viaggio con Eugene
Levy, la
seconda stagione della serie di viaggi condotta e prodotta dal
vincitore dell’Emmy Eugene Levy, torna domani, 8 marzo, su
Apple
TV+.
Dopo aver affrontato alcune delle sue paure più grandi nel corso
della prima stagione, Eugene Levy esce ancora una volta dalla sua
zona di comfort. Questa volta si imbarca in un viaggio
“imperdibile” per ogni giramondo che si rispetti: un grande tour
dell’Europa. La seconda stagione in sette parti segue Levy nel suo
viaggio dal nord al sud del continente. Lungo il percorso, si
imbatte in splendide gemme locali nascoste, scopre il suo albero
genealogico e cerca di ampliare il suo palato sperimentando le
specialità del posto.
Unitevi a lui nel viaggio di una vita che non sapeva di dover
fare.
Gli episodi di In viaggio
con Eugene Levy 2
Episodio 1 – Svezia:
Midsommar – Festa di mezza estate (uscita 8
marzo)
Eugene dà il via alla sua epica avventura con una celebrazione
festosa, si esercita a chiamare le alci e scende in kayak uno dei
fiumi più lunghi del Paese.
Episodio 2 – Scozia: Il Paese di mia madre
(uscita 8 marzo)
Il passato incontra il presente: Eugene esplora la sua emozionante
storia familiare a Glasgow e vive come un reale nello splendido
castello di Candacraig.
Episodio 3 – Francia: I segreti di Saint-Tropez
(uscita15 marzo)
Eugene ha un assaggio di glamour con Joan Collins, amplia il suo
palato con le ostriche e si cimenta nell’arte dell’apicoltura in
Provenza.
Episodio 4 – Germania: Health Resort (uscita 22
marzo)
Fuori dai sentieri battuti, a Sylt, Eugene esplora un mondo di
benessere, con tanto di bagni di fieno e digiuno al rifugio
olistico Lanserhof.
Episodio 5 – Italia: La Dolce Vita (uscita 29
marzo)
Eugene approfondisce la conoscenza del suo paese europeo preferito
da visitare. In programma: la caccia al tartufo, la raccolta del
vino e le giostre.
Episodio 6 – Grecia: Island-Hopping nell’Egeo (uscita: 5
aprile)
Sulla piccola isola di Milos, Eugene riflette sul valore della
famiglia quando fa amicizia con una coppia padre-figlio che vive il
proprio sogno.
Episodio 7 – Spagna: Avventure in Andalusia (uscita: 12
aprile)
Il viaggio di Eugene si conclude in Spagna, dove incontra l’icona
del calcio Héctor Bellerín e si gode l’epica sfida tra Real Betis e
Sevilla FC.
La carriera del regista Jeff
Wadlow ha fortemente risentito dell’insuccesso di Kick-Ass 2, ma prima di quel momento era un nome molto
quotato all’interno di Hollywood, coinvolto in molti progetti di
alto profilo, tra cui X-Force e Masters of the Universe, ma nessuno di essi è stato
realizzato. Oltre questi, a quanto pare, c’era anche la volontà da
parte del regista di realizzare un film su Captain America per i Marvel Studios. Durante una recente intervista con Alex Zane, condividendo
la sua speranza di fare prima o poi un altro film di supereroi, il
regista ha rivelato quanto sarebbe stata diversa la sua
interpretazione di Steve Rogers.
“Assolutamente. Ucciderei –
ucciderei – per fare un grande film di supereroi“, ha
dichiatato Wadlow. “Ci sono andato molto vicino in alcuni casi.
Dopo l’uscita di Iron Man nel 2008, ho chiamato il mio manager e
gli ho detto: “Devi farmi entrare alla Marvel. Non so cosa faranno
in seguito, ma quel film ha cambiato le carte in tavola, voglio
entrare e propormi‘”. “All’epoca pensavo che non avrebbero
mai fatto un film su Capitan America nemmeno tra un milione di
anni. Così ho proposto un film su Capitan America… Inutile dire che
credo che la mia proposta fosse troppo lontana dalle loro
intenzioni“.
“Parte della mia tesi era che
Capitan America non doveva essere un bianco biondo. È un’idea
ariana“, ha aggiunto. “Capitan America dovrebbe
assomigliare a Will Smith o a un wrestler di nome The Rock“.
Alla fine avevano progetti diversi, ma al 100% avrei ucciso per
fare un grande film di supereroi“. Come noto, i Marvel Studios
avevano già altri piani per Captain America, poi arrivato al cinema
nel 2011 con il biondo Chris Evans come protagonista. Il resto, come
si suol dire, è storia.
In occasione della Giornata
internazionale della donna arriva in prima TV
su Sky Primadonna, il film vincitore del concorso
Panorama Italia ad Alice nella Città 2022, opera prima
della giovane regista Marta Savina.
La pellicola racconta una storia di
coraggio ed emancipazione e, nonostante sia ambientata negli anni
Sessanta del secolo scorso, tocca temi ancora del tutto attuali,
come la privazione della libertà femminile e il diritto
all’autodeterminazione. In una Sicilia arcaica e legata alle
tradizioni, che la regista ha vissuto in prima persona, prendono
vita personaggi profondamente legati al territorio selvaggio e
impervio dei Monti Nebrodi, dove i paesi conservano ancora un
sapore fuori dal tempo, e proprio questa dimensione di
“atemporalità” infonde al film la forza di parlare al pubblico
contemporaneo.
Nel cast, oltre a Claudia
Gusmano nei panni di Lia, la protagonista, troviamo
Fabrizio Ferracane, Francesco
Colella, Manuela Ventura e
Thony. Il film, prodotto da Virginia
Valsecchi, Medset Film, Moreno Zani e
Malcom Pagani, è una coproduzione Capri
Entertainment e Medset Film in
associazione con Tenderstories e in collaborazione
con Rai Cinema, Vision
Distribution e Sky.
La trama di
Primadonna
Sicilia, anni Sessanta. Lia ha 21
anni, va a lavorare la terra con il padre, anche se lei è “femmina”
e dovrebbe stare a casa a prendersi cura delle faccende domestiche
con la madre. Lia è bella, caparbia e riservata, ma sa il fatto
suo. Il suo sguardo fiero e sfuggente attira le attenzioni del
giovane Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese. Quando lo
rifiuta, l’ira di Lorenzo non tarda a scatenarsi e il ragazzo si
prende con la forza quello che reputa di sua proprietà. Ma Lia fa
ciò che nessuno si aspetterebbe mai: rifiuta il matrimonio
riparatore e trascina Lorenzo, e i suoi complici, in tribunale.
Alla fine dello scorso gennaio, i DC
Studios hanno presentato il loro programma del nuovo
DCU, intitolato “Chapter
1: Gods and Monsters“. Da allora James Gunn ha tenuto aggiornati i fan sulle
sue piattaforme di social media, ma gli scioperi della WGA dello
scorso anno hanno sicuramente rallentato lo slancio del DCU. I fan
sono ansiosi di ricevere nuovi aggiornamenti e il San Diego
Comic-Con di quest’anno si configura di certo come l’occasione
giusta per condividere novità sui progetti in arrivo, sui casting,
su progetti futuri ancora da sviluppare e magari qualche dettagli
su Superman,
le cui riprese sono finalmente iniziate.
Tutto ciò è possibile che si
verifichi al SDCC, anche se Gunn ha ora fatto sapere che non
prenderà parte all’evento, motivando la cosa semplicemente con un
“starò girando“, lasciando dunque intendere che anche per
il periodo del SDCC sono previste delle riprese a cui in quanto
regista non può sottrarsi. Tuttavia, Gunn ha anche risposto a chi
gli chiedeva quali sono le sue fonti di ispirazione per il film su
Superman
– oltre ai film diretti tra gli anni Settanta e Ottanta da
Richard Donner – condividendo il seguente post sui suoi social
network:
Gunn non ha offerto ulteriori
spiegazioni per queste immagini ma, al di là dei fumetti da cui
sono tratte, sembrano anticipare un Superman malinconico, molto
riflessivo su quello che è il suo ruolo, ma anche un Superman
attento agli altri e legato ai propri cari. Sembra dunque che Gunn
stia traendo maggiormente ispirazione dalle prime versioni del
personaggio, non considerando dunque quanto fatto negli ultimi anni
(e negli ultimi film) con esso.
“Superman racconta la storia del
viaggio di Superman per conciliare la sua eredità kryptoniana con
la sua educazione umana come Clark Kent di Smallville,
Kansas“, si legge nella sinossi ufficiale del
film. “È l’incarnazione della verità, della giustizia e
dello stile americano, guidato dalla gentilezza umana in un mondo
che vede la gentilezza come antiquata.”
Superman avrà
come protagonisti anche Rachel
Brosnahan nel ruolo di Lois Lane e
Nicholas Hoult in quello di Lex Luthor, oltre a
Isabela Merced nel
ruolo di Hawkgirl, Edi Gathegi in quello di Mister
Terrific, Nathan Fillion in
quello della Lanterna Verde Guy Gardner e Anthony Carrigan in
quello di Metamorpho.
Più recentemente, Sara Sampaio ha firmato per interpretare
l’assistente/amante di Lex, Eve Teschmacher, e Skyler
Gisondo è stato scritturato per il ruolo di Jimmy
Olsen.Sono attesi anche i membri della squadra di antieroi
The Authority e María Gabriela de
Faría (Animal Control) è stata scritturata per il ruolo di
Angela Spica/The Engineer. Si dice anche che la
Supergirl di Milly Alcock farà il suo debutto prima del suo
film su
Supergirl: Woman of Tomorrow, ma non è ancora
stato confermato.
In ognuno di noi c’è una creatura
selvaggia, proprio come il regista Spike Jonze ha
dimostrato con il suo bellissimo film del 2009 Nel paese delle creature
selvagge. In quell’occasione, il piccolo protagonista Max
si trovava a confrontarsi con delle mostruose incarnazioni delle
sue emozioni, le quali gli apparivano tanto più indomabili e
incomprensibili quanto più in lui si verificava quel delicato
passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Nel nuovo film della
Pixar, intitolato Red e
diretto dalla regista Domee Shi (già celebre per il
cortometraggio Bao, premiato con
l’Oscar), si affronta proprio questa stesso argomento. La
differenza è che la creatura selvaggia della ragazzina
protagonista, Mei, non è esterna a lei, bensì ne è
un tutt’uno.
Il titolo originale del film,
Turning Red (letteralmente “diventare
rossi”), descrive meglio il processo di trasformazione con cui
la giovane Mei deve confrontarsi. Appena tredicenne, la
protagonista vede infatti la propria quotidianità completamente
stravolta quando un’antica benedizione (ora considerata
maledizione) di famiglia la colpisce. Questa prevede infatti che
per ogni emozione forte provata, la ragazza si trasformi in un
gigantesco e adorabile panda rosso. Una creatura che presenta però
anche numerosi lati spiacevoli, che rendono la vita di Mei un
inferno. Sbarazzarsi di questo problema diventa dunque per lei un
imperativo, specialmente considerando l’imminente concerto della
sua boy band preferita, a cui insieme alle sue amiche non vuole
assolutamente mancare.
Rosso come la pubertà, rosso come l’emozione
Come per il succitato film di
Jonze, anche nel caso di Red la “creatura
selvaggia” è naturalmente una metafora. La regista ha affermato di
aver scelto il panda rosso poiché è questo un colore che si sposa
perfettamente con il periodo della pubertà, caratterizzata da
emozioni come l’imbarazzo, la rabbia e l’amore. Il rosso è dunque
il colore di cui improvvisamente si tinge la vita di Mei,
spaventata dal cambiare del suo corpo e dalle emozioni sempre più
forti che non sa riconoscere o gestire. Il racconto è dunque
interamente basato sui tentativi della protagonista di relazionarsi
con la sua nuova situazione e con quanti le sono intorno e cercano
di aiutarla.
Come avveniva già nel precedente
film Pixar Luca,
nel quale a sua volta si ritrova tanto una trasformazione quanto la
fotografia di un momento di passaggio da un’età ad un’altra, anche
in Red ci si imbatte dunque nelle situazioni tipiche
dell’ingresso nell’adolescenza. Dalle prime cotte per i ragazzi
agli scontri con i compagni di classe, dal fortissimo legame con le
amiche del cuore alle incomprensioni con i propri genitori. In
particolar modo la madre, Ming Lee (che ha in
originale la voce di Sandra Oh) è
quantomai centrale nel film. La regista considera infatti
Red anche un racconto sul rapporto madre-figlia. La Shi si
concentra sull’offrire il punto di vista di entrambe, portando lo
spettatore ora a mettersi nei panni di una ora in quelli
dell’altra.
Così facendo, al di là della
metafora resa progressivamente forse fin troppo didascalica,
Red si concentra sulla forza delle relazioni tra i suoi
personaggi, dando a queste il potere di essere davvero salvifiche.
La Pixar, come noto, è sempre stata lodata per la grande capacità
di far sciogliere il cuore gli spettatori con titoli come
Wall-E, Up o i più recenti Coco e Onward – Oltre la
magia. Proprio quest’ultimo titolo nasce dall’esigenza del
regista di rapportarsi con la scomparsa del padre quando egli era
solo un bambino. Similmente, Red è per ammissione della
Shi basato su sue vere esperienze personali. Purtroppo, ciò non
impedisce al film di risultare piuttosto freddo proprio a livello
emotivo.
Mei e sua madre Ming Lee in un’immagine del film Red
Red: la recensione del film
Risulta complesso stabilire se la
freddezza lasciata da Red sia causata dalla
difficoltà per una certa tipologia di spettatore a immedesimarsi
nella protagonista o da mancanze narrative del film. È anche vero
che, maschi o femmine che sia, tutti hanno attraversato le stesse
trasformazioni che Mei sperimenta e dunque tutti dovrebbero provare
un certo trasporto verso un racconto di queste. Ciò purtroppo
avviene raramente, con la conseguenza di rendere incostante
l’attenzione nei confronti di quanto si sta guardando. La fortuna
di Red è però quella di essere un film della Pixar e
dunque estremamente curato sotto ogni aspetto visivo. I colori, i
personaggi, le scenografie, ogni cosa è come sempre fonte di grande
stupore per la grandissima quantità di dettagli, più o meno
visibili ad un primo sguardo.
Particolarità in più che
Red vanta è delle tecniche di animazione
sensibilmente differenti rispetto a quelle tipiche della
Pixar. Il film presenta infatti un gusto
orientaleggiante, che in più occasioni ricorda l’ultimo film
realizzato dal giapponese Studio Ghibli, ovvero Earwig e la Strega. Da questo
punto di vista, la presenza della regista e delle sue inclinazioni
stilistiche sono certamente un elemento che permette al film di
distinguersi. Come un po’ era avvenuto per Encanto, il 60°
classico della Disney, ci si trova dunque di fronte ad un film che
sa come stupire l’occhio, ma un po’ meno il cuore. L’elemento che
senza dubbio più di ogni altro riesce a scaldare quest’ultimo è
però proprio il panda rosso, così ben realizzato da poter far
avvertire allo spettatore tutta la sua coccolosità, rendendolo
davvero irresistibile.
Quando si ha a che fare con un duo
di registi dallo stile fortemente distintivo, si può essere portati
a chiedersi se certe loro caratteristiche siano proprie di entrambi
o se siano da attribuire all’uno o all’altro. Per quanto riguarda i
fratelli Joel e Ethan Coen,
sappiamo che entrambi condividono il gusto per il grottesco, per
l’umorismo nero, per i personaggi sopra le righe ma anche per la
profonda drammaticità di certe situazioni. Quando hanno annunciato
una pausa nella loro collaborazione, è però inevitabilmente sorta
la curiosità di scoprire in che modo la rispettive personalità si
sarebbero manifestate negli annunciati progetti in solitaria. Con
Drive-Away
Dolls, diretto da Ethan, abbiamo ora una prima
risposta.
Primo lavoro da regista per il Coen
più giovane, che lo ha anche scritto a quattro mani insieme alla
moglie Tricia Cooke, questo si presenta come un
compendio delle cifre stilistiche per cui i due fratelli sono
conosciuti, con una però forte prevalenza di umorismo grottesco se
non talvolta anche demenziale. Con Drive-Away
Dolls siamo infatti dalle parti di Burn After Reading o di
Ave, Cesare!, con un tono dunque leggero e scanzonato che
accompagna un buddy movie che è anche road movie
e che, tra elementi di assurdità e nonsense per cui si chiede allo
spettatore di stare al gioco, arriva a svelarsi come un’opera più
che godibile.
Geraldine Viswanatha e Margaret Qualley in una scena di Drive-Away
Dolls.
La trama di Drive-Away Dolls
Protagoniste di questa folle
pellicola sono Jamie (Margaret
Qualley), una ragazza del Texas, lesbica e dallo spirito
estremamente libero, da poco tornata single a seguito dell’ennesimo
tradimento; e la sua timida e rigida amica Marian
(Geraldine Viswanathan), che ha invece un
disperato bisogno di ritrovare la felicità e, secondo Jamie, anche
finire a letto con una donna. In cerca di un nuovo inizio, le due
si avventurano in un improvvisato viaggio con un auto a noleggio
verso Tallahassee, ma le cose precipitano rapidamente quando
scoprono che nel portabagagli c’è una valigetta dal contenuto
estremamente importante e che un gruppo di ambigui personaggi sono
alle loro calcagna per cercare di recuperarla.
Ethan Coen è un regista divertito che diverte
Come si accennava, gli elementi
propri del cinema dei Coen ci sono tutti: personaggi sopra le righe
– su cui spicca la personalità larger than life di Jamie
-, una catena di imprevisti ed equivoci e anche quella comicità
spesso illogica che però proprio per questo diverte. Ethan Coen
ambienta inoltre il film nel 1999 e vi fa così confluire volentieri
anche tutta un’altra serie di caratteristiche proprie di un certo
cinema di quel decennio, tra elementi queer, pulp e da film indie.
Impossibile non riconoscere certi omaggi al cinema di Quentin Tarantino, da precise inquadrature
alla scrittura di certi personaggi, come anche alla celebre
valigetta di Pulp Fiction. Coen dunque si sbizzarrisce e si
diverte, adottando anche soluzioni estetiche ardite con cui omaggia
l’estetica dei B-Movies e riuscendo a trasmettere il proprio
entusiasmo.
Drive-Away
Dolls si svela quindi come compendio di un’epoca e del suo
cinema, collocando tutto ciò in un racconto volutamente esile,
privo di particolari sovrastrutture ma che prendendo a piene mani
da certi stereotipi si concentra sul lavorare all’interno di essi
per ricavarne qualcosa di nuovo. Jamie e Marian non sono infatti
altro che una strana coppia, l’estroversa casinara e l’introversa
amante della lettura, ma per entrambe nel corso del racconto si
sviluppano situazioni che permettono una loro non banale
evoluzione. La bravura e la generosità di Qualley e Viswanathan
permette inoltre di far sì che gli angoli dei rispettivi stereotipi
vengano smussati, restituendo due personaggi a cui ci si affeziona
subito.
Geraldine Viswanatha, Margaret Qualley e Beanie Feldstein in una
scena di Drive-Away Dolls.
Le irresistibili protagoniste di Drive-Away Dolls
Se Drive-Away
Dolls è il film divertente e riuscito che è, il merito va
dunque anche alle due protagoniste. Margaret
Qualley, che già negli ultimi anni si è fatta notare tra
C’era una volta a… Hollywood e la miniserie Maid, si confronta stavolta con un personaggio
difficile, continuamente sopra le righe ma da lei caratterizzato
nella misura in cui non risulta né fastidioso né irrealistico.
Geraldine Viswanathan, vista invece in Giù le mani dalle nostre figlie e nella serie
Miracle Workers, è al contrario chiamata a lavorare in
sottrazione, in opposizione alla strabordante fisicità della sua
co-protagonista, riuscendo ad evitare il rischio di venirne
oscurata infondendo tanta umanità e fragilità nella rigidità di
Marian.
E mentre attorno a loro si alternano
cameo di Pedro Pascal e Matt Damon, la nevrotica ex di Jamie
(interpretata da una sempre magnifica Beanie Feldstein), l’esilarante
pedinamento di due loschi ceffi, sequenze psichedeliche in cui fa
capolino Miley Cyrus e sesso saffico a gogo, si
arricchisce sempre di più il rapporto che le lega e che conferisce
una nota di dolcezza e sensualità a tutte le assurdità e il
nonsense che Drive-Away
Dolls offre. Probabilmente un racconto di questo tipo
potrebbe non essere da tutti ben accetto, ma come già visto
succedere nella filmografia dei Coen, si chiede qui di sospendere
la propria reticenza o incredulità, abbandonandosi ad un viaggio
coinvolgente proprio per svincolato da ogni regola.
Un risultato che sembra aver avuto
un impatto negativo sull’attrice protagonista, Sofia Boutella, la quale durante un’intervista
con Vulture ha dichiarato che:
“Ho sempre pensato di essere perfettamente in grado di
incassare questi colpi, ma poi ho letto le critiche che si sono
abbattute su Rebel Moon e mi hanno davvero ferito“. Ha poi
aggiunto: “E sarò onesta al riguardo. Mi sento come se lo
stessi sostenendo per tutti coloro che tenevano così tanto a questo
progetto, ed è questo che mi ha colpito. Non il mio aspetto. Semmai
sono stata abbastanza fortunata e la gente ha apprezzato il mio
lavoro, ma il film è stato criticato”.
“Mi ha colpito molto per tutti
coloro che hanno messo tanto cuore, lacrime e sudore in questo
progetto. È difficile vedere qualcosa che viene demolito a tal
punto. Sono orgogliosa di averne fatto parte e se non ci sarà più
Rebel Moon, sarà una parte molto importante della mia vita che
difenderò per sempre“. La seconda parte, Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice,
arriverà su Netflix il 19 aprile e il futuro della saga potrebbe
essere deciso dall’accoglienza di questo seguito. In estate
arriveranno però anche le Director’s cut
vietate ai minori, che potrebbero ottenere maggiori consensi.
Ad ora, dunque, il futuro di Rebel Moon è abbastanza
protetto.
La trama di Rebel Moon – Parte 1: Figlia del Fuoco con
Sofia Boutella
La sinossi del film recita: dopo essersi schiantata su una luna ai
confini dell’universo, Kora (Sofia
Boutella), una misteriosa straniera dal passato
enigmatico, inizia una nuova vita in un insediamento pacifico di
agricoltori. Presto però diventerà la loro unica speranza di
salvezza quando il tirannico Reggente Balisarius (Fra
Fee) e il suo crudele emissario l’Ammiraglio Noble
(Ed
Skrein) scoprono che i contadini senza volerlo hanno
venduto il loro raccolto ai Bloodaxe (Cleopatra
Coleman e Ray Fisher), leader di un
agguerrito gruppo di ribelli.
Assieme A Gunnar, un coltivatore dal cuore tenero e ignaro di cosa
sia una guerra, Kora riceve l’incarico di scovare i combattenti
pronti a rischiare la propria vita per la gente di Vedt.
Così i due raggiungono diversi mondi in cerca dei Bloodaxe e
riuniscono una piccola banda di guerrieri accomunati da tanta
voglia di redimersi: il pilota e killer mercenario Kai (Charlie
Hunnam), il leggendario Generale Titus (Djimon
Hounsou), l’esperta spadaccina Nemesis (Doona
Bae), il prigioniero dalle nobili origini Tarak
(Staz Nair) e Milius (E. Duffy),
una combattente della resistenza. Intanto a Veldt l’androide
protettore Jimmy (con la voce nell’originale di Anthony
Hopkins) si risveglia di nascosto con un nuovo
obiettivo. I rivoluzionari di questa nuova formazione devono però
imparare a fidarsi gli uni degli altri e unire le forze prime che
le truppe nemiche arrivino ad annientarli.
Da quando la prima stagione di
Ahsoka si è conclusa, lo scorso ottobre, è calato il
silenzio sul fronte di Star Wars, che ormai dal 2019 non bazzica il grande
schermo. Tuttavia, come noto, la Lucasfilm ha all’orizzonte diversi
progetti cinematografici e televisivi che espanderanno
ulteriormente il franchise, e ora abbiamo alcuni aggiornamenti
intriganti da parte dell’affidabile insider Daniel Richtman
proprio sul più misterioso e atteso tra questi: il decimo capitolo
ad oggi noto come
Star Wars: New Jedi Order.
Questo, come noto, questo vedrà
Daisy Ridley riprendere il suo ruolo di Rey
Skywalker, con un racconto che, stando a quanto fino ad oggi
riportato, dovrebbe svolgersi 15 anni dopo gli eventi di L’ascesa di Skywalker e narrare dei tentativi di Rey
di addestrare una nuova generazione di Jedi. Ora, secondo Richtman,
la Disney e la regista Sharmeen Obaid-Chinoy
starebbero attualmente effettuando il casting per tre ruoli
principali: due apprendisti Jedi di Rey e un villain senza
nome.
Secondo quanto riferito, il film
sarà girato nel Regno Unito alla fine di quest’anno e non dovrebbe
essere il primo film di una nuova trilogia, come si era detto in
precedenza, ma una storia a sé stante. I dettagli specifici della
trama non sono ancora stati resi noti, ma l’intenzione è quello di
portare il film in sala nel 2026 è decisivo che la produzione si
svolga a cavallo tra il 2024 e il 2025. Per cui, in vista di quel
momento verranno certamente rilasciate maggiori informazioni che
permetteranno di fare ulteriore chiarezza su questo progetto.
Cosa sappiamo su Star Wars: New Jedi Order?
L’anno scorso, Daisy Ridley ha condiviso un aggiornamento
rivelando che Lucasfilm le ha parlato solo di un nuovo film
dedicato a Rey, con la porta aperta eventualmente per altre storie
ambientate in questo periodo della storia di Star
Wars.
“Conosco la trama di un film. Questo non vuol
dire che sia solo quella, ma è quello che mi è stato detto. E
immagino che sarà il prossimo film, credo. Voglio dire, ancora una
volta, non so, dopo gli scioperi e tutto il resto, quanto
velocemente tutto ricomincerà. Ma sì, per ora conosco la storia di
un film e credo che la gente sarà molto eccitata”.
Gli unici dettagli confermati su
questo progetto di Star
Wars, ancora senza titolo, sono che sarà diretto da
SharmeenObaid-Chinoy e sarà
ambientato 15 anni dopo gli ultimi eventi della
Saga degli Skywalker. Ci riuniremo a Rey e seguiremo la storia
della ricostruzione del Nuovo Ordine Jedi e dei
poteri che si ergono per abbatterlo. Il ritorno di Rey ci porterà
il più lontano possibile dalla Saga degli Skywalker nel
“canone” e si spera che possa rispondere a molte delle domande
persistenti che avevamo dopo aver visto la trilogia sequel.
Tuttavia, visto quanto è stata divisiva, è molto probabile che
si discosti da quanto visto in quel film per affermare Rey come
donna a sé stante (quindi, potremmo finire per dire addio a Rey
“Skywalker”).