Shazam! Furia degli
Dei (qui la recensione) è reduce da
uno dei weekend di apertura più bassi, in quanto a guadagni, che
l’Universo DC abbia mai visto. Il film, uscito nelle sale il 17
marzo, diretto da David F. Sandberg con Zachary Levi
nei panni del suo supereroe Shazam, è il seguito del film del 2019
Shazam!, il quale si era a sua volta affermato come una
delle uscite DCU con prestazioni inferiori rispetto agli altri
titoli, guadagnando solamente 365,9 milioni in tutto il mondo a
fronte di un budget di 100 milioni. Una cifra però per la Warner
Bros. per decidere di dar vita ad un sequel.
Stando ai primi risultati del box
office statunitense, nel suo weekend di apertura questo secondo
capitolo ha ora dato vita ad un incasso di soli 30,5
milioni di dollari, ottenuti attraverso 4.071 sale, con
una media per sala dunque di appena 7.492 dollari. A livello
globale, il sequel ha invece incassato altri 35 milioni, portando
il suo totale a 65,5 milioni, lontano però dal coprire il budge
di 125 milioni di dollari. Questo infelice
risultato rende Shazam! Furia degli Dei il terzo peggior
weekend di apertura dell’intero franchise, davanti solo alle
uscite, colpite però dalla pandemia, di Wonder Woman
1984 e The Suicide Squad, entrambe, inoltre,
rilasciate su HBO Max contemporaneamente alla loro uscita in
sala.
Le performance al di sotto delle
aspettative di Shazam! Furia degli Dei e Black
Adam rappresenta un grosso problema per il futuro di
questi franchise, che potrebbero non ottenere ulteriori film. Come
noto, sia Sandberg che Levi hanno affermato che il futuro di Shazam nel DC Universe
dipenderà dai risultati al box office di questo sequel.
Nell’attesa di scoprire a che cifre il film riuscirà ad arrivare,
si guarda ora a The
Flash, che potrebbe prosperare sul suo utilizzo
del suo multiverso, similmente a come accaduto a Spider-Man: No
Way Home. Il film, atteso in sala per il 23
giugno sarà un momento estremamente importante per il DC
Universe, ora alle soglie di un completo rinnovamento.
Il merchandising relativo al film
The
Flash si è già offerto agli sguardi dei fan, svelando una
linea di oggetti da collezione, abbigliamento e articoli assortiti
a marchio multiverso che si collegano al film che uscirà nei cinema
a giugno. Particolarmente apprezzata è però stata l’ondata di
personaggi Funko Pop, alcuni dei quali presentano
alcune anticipazioni rispetto al ruolo di essi nel film. Proprio un
nuovo Funko Pop ha ora “smascherato” l’anziano Bruce
Wayne interpretato da MichaelKeaton, chiamato a riprendere il ruolo di
Batman a circa trent’anni dall’ultima volta in cui
ha indossato tale costume.
“È stato stranamente e
ironicamente facile. Un po’ emozionante, un vero e
proprio flusso di ricordi” –ha affermato Keaton parlando dell’opportunità di
riprendere il ruolo che lo ha reso celebre –“Senza rivelare nulla, fondamentalmente la prima inquadratura –
non dell’intero film, ma dell’introduzione di Batman – è così bella
che quando abbiamo proseguito e abbiamo iniziato a parlare di un
paio di inquadrature e gli angoli, ho detto “whoa, questo è grande.
Questo è fantastico”. Non intendevo nemmeno per me personalmente,
ma le immagini, sono fantastiche”.
È difficile comprimere trent’anni
(più due) di carriera musicale in un racconto di sole due ore. È
chiaramente una sfida, che Marco Salom ha accettato ben volentieri
con Ligabue. 30 anni in un giorno,
docufilm che racconta il concerto di Campovolo
tenutosi il 4 giugno 2022. Uno spettacolo che ha raccolto più di
100.00 fan da tutta Italia alla Rcf Arena. Posto molto speciale per
Luciano da quell’oramai lontano 2005, quando la rockstar decise di
celebrare proprio lì il suo quindicesimo anno di attività.
Non immaginandosi che quel concerto
avrebbe segnato il record europeo di spettatori paganti per un
artista singolo. Un successo che lo ha lanciato verso alte vette,
continuate a cavalcare con tenacia e grande carisma. Perché non
basta sapere cantare, bisogna anche saperci fare. Ligabue.
30 anni in un giorno uscirà nelle sale cinematografiche in
un release speciale dal 20 al 22 marzo,
distribuito da Vision Distribution.
Ligabue. 30 anni in un giorno, la
sua storia attraverso la musica
Non è la prima volta che Salom
mette la sua regia al servizio della musica con il re del rock. Nel
2011 aveva già diretto, oltre a una serie di videoclip musicali, il
docufilm Ligabue Campovolo – Il film 3D, netta espressione
della stima verso il cantautore e il suo repertorio artistico.
Dodici anni dopo, per celebrare i trent’anni di carriera di
Ligabue, il regista ha tracciato una linea sullo schermo di quella
che è stata la sua vita fin qui battuta, dalla nascita dei testi
alle esibizioni in stadi e arene. E non poteva scegliere
scenografia migliore di Campovolo, palcoscenico in cui le canzoni
di Luciano si sono sempre ben coniugate, per esplodere davanti a un
parterre gremito di gente.
Liguabue. 30 anni in un
giorno parte dal concerto, dalle sensazioni di Ligabue
prima dell’evento, per ripercorrere a ritroso il cammino compiuto
fin ora. Sono le parole di Luciano, in apertura, a saldarsi sulle
immagini di città deserte, molto evocative, nelle quali non c’è
suono né rumore, solo un profondo e incolmabile silenzio. È da
quella vita messa in stand by che Ligabue ricomincia, schiacciando
sul tasto play – il suo spettacolo – in un misto fra paura e
desiderio di respirare di nuovo la musica a pieni polmoni. La sua
voce risuona subito nell’aria, quel timbro graffiante ben
riconoscibile, mentre davanti a sé una platea strepitante lo
acclama emozionata. Partendo dalla scaletta di Campovolo, colonna
sonora della sua vita e del docufilm stesso, Luciano
comincia a tratteggiare la sua storia, facendoci entrare
nella tenuta di campagna “Lusiana”, centro da cui i ricordi, gli
aneddoti e le confessioni a cuore aperto si ramificano.
Fil rouge del documentario rimane
lo spettacolo e la sua preparazione, attimi in cui il regista
riesce a fotografare con la cinepresa l’agitazione e la smania
prima, e il senso di liberazione poi, del cantante. A questi si
alterna l’unica intervista che Ligabue ha concesso a Marco Salom,
insieme agli interventi dei suoi collaboratori, amici e artisti,
dalle band che hanno suonato con lui fino a Loredana Berté, Elisa e
Francesco De Gregori. Ognuno di loro aggiunge un tassello al puzzle
della sua carriera artistica, quella di un autore le cui fibre del
corpo sono fatte di note e melodie, di passioni poi strimpellate
alla chitarra. È dunque chiaro l’intento di Ligabue mentre ci
facciamo traghettare in quell’universo sonoro. Il suo è un
voler tenere traccia, data l’occasione,
dell’eredità che sta lasciando al futuro che
verrà. E il cinema, da sempre bacino di storie e memorie, sembra
rivelarsi il medium perfetto sopra cui imprimere tutto il suo
percorso.
Non cambierei questa vita con
nessun’altra
In Ligabue. 30 anni in un
giorno sono due le inquadrature primarie: Ligabue e il
pubblico. Il docufilm non si pone soltanto l’obiettivo di
raccontarci una grande storia, ma vuol essere anche un
ringraziamento da parte del cantautore ai suoi fan. “Dio ha
creato la musica per unire le persone”, si sente dire in
Elvis. E nei tournage della platea sembra quasi che
queste parole trovino la loro trasposizione materiale. La
musica, lo dice Ligabue stesso, è uno dei
motori principali della vita. Come lo è l’amore ricevuto
da parte dei suoi fan, i quali non smettono di seguirlo ovunque lui
vada. Davanti a lui ci sono cuori che battono all’unisono, piedi
che ballano allo stesso ritmo della sua musica, sorrisi e lacrime
che confermano il bene provato e la gioia d’esserci. Insieme.
Un’esperienza personale che in
questo caso, proprio come al cinema, diventa collettiva. Che si
trasferisce dal pubblico al palco e viceversa e unisce gli
individui in un’esperienza sensoriale indimenticabile. Ecco perché,
proprio come la strofa del ritornello della canzone, Ligabue non
cambierebbe la sua vita con nessun’altra. A un certo punto il testo
dice “Abbiamo vinto noi”. Vinto lui assieme a loro. Tutti
loro contro il dolore, l’angoscia, la paura, la privazione della
musica. Un’incredibile celebrazione della vita, in cui si evince la
gratitudine di Ligabue verso ogni singolo fan, senza il quale
niente sarebbe mai stato possibile.
Ligabue. 30 anni in un
giorno diventa un cerchio che si chiude, ma un altro che
si apre. Un commemorare ciò che è stato e un festeggiare quel che
sarà. Una ripartenza a tutto tondo, perché non bisogna mai
dimenticare che… “niente paura, ci pensa la vita, mi han detto
così.” La vita ci ha pensato. E ci ha portato ad animarci di
nuovo davanti a focosi concerti e straordinarie narrazioni.
Il regista e sceneggiatore
Tony Gilroy ha negli anni dato vita ad alcuni dei
thriller più sofisticati e affascinanti in circolazione. Titoli
come Michael Clayton,Rapimento e riscatto o
la saga di Jason Bourne sono tutti
frutto della sua penna. Nel 2009, però, Gilroy ha deciso di
macchiare tale genere anche con punte di commedia, dando vita ad un
apprezzato film quale Duplicity. Per questo, che
lo vede impegnato anche come regista, ha chiamato alcuni tra i più
noti interpreti del cinema statunitense, tra cui una premio Oscar
come protagonista. Prende così vita un film che si muove tra i
generi, pronto a fornire agli spettatori una storia avvincente.
Girato tra New York, le Bahamas e
Roma, il film presenta inoltre la particolarità di non avere una
storia raccontata in ordine cronologico. Questa procede invece per
salti temporali avanti e indietro nel tempo, rendendo gli eventi
più intricati e allo stesso tempo svelando doppi giochi e le reali
intenzioni di alcuni dei personaggi. Come suggerisce il titolo,
infatti, il film si gioca tutto su di un doppio gioco che ha il
fine di confondere e stimolare l’attenzione. Non si tratta però di
un incomprensibile opera cervellotica, ma al contrario tale
struttura è utilizzata anche per sottolineare una certa comicità
negli eventi.
Apprezzato da critica e pubblico,
Duplicity è arrivato a guadagnare circa 18 milioni di
dollari in tutto il mondo, come anche diversi premi
cinematografici. Per gli amanti dei thriller imprevedibili e ricchi
di sorprese, questo è certamente un titolo ancora oggi imperdibile.
Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente
utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a
questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori. Infine, si elencheranno anche
le principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Duplicity: la trama del film
Protagonisti del film sono gli
agenti segreti Ray Koval e Claire
Stenwick. Entrambi appartenenti al mondo dello spionaggio,
ma facenti parte di multinazionali rivali, i due hanno un passato
in comune piuttosto imbarazzante, ma a distanza di anni si
ritrovano a dover entrare nuovamente in contatto per carpire l’uno
informazioni dall’altro. L’agenzia Burkett & Randle per cui lavora
Claire, infatti, sembra pronta a lanciare sul mercato un prodotto
rivoluzionario. Ray ha dunque il compito di scoprire quale sia
questo prodotto e portare alla sua agenzia, la Equikrom, la formula
segreta. Tuttavia, ciò che i loro rispettivi datori di lavoro non
sanno, è che i due stanno in realtà dando vita ad un doppio
gioco.
Ray e Claire, infatti, sono in
realtà amanti, pronti a scoprire insieme quale sia questo prodotto
segreto per rivenderlo nel proprio interesse personale. Ha così
inizio un intricato gioco di spionaggio, con i due costretti a
dover sempre mantenere l’ambiguità su ciò che fanno, nel tentativo
di ingannare tutti coloro che devono essere ingannati. L’attrazione
tra i due rischierà però di compromettere ogni cosa, rivelando al
mondo il doppio inganno di cui si stanno macchiando. Con il momento
della verità sempre più vicino, i due si troveranno a dover mettere
in discussione ogni cosa, anche il loro amore.
Duplicity: il cast del film
Protagonista del film, nei panni di
Claire Stenwick, è l’attrice premio Oscar JuliaRoberts. Attratta dalla sceneggiatura, dal suo
intreccio e dalla complessità del personaggio, questa si disse da
subito disponibile ad accettare il ruolo. Si è poi preparata a
questo studiando l’attività delle spie di questo tipo, cercando
però di esaltare anche i lati più involontariamente comici di
Claire. La premio Oscar è poi stata particolarmente apprezzata per
la sua interpretazione. Accanto a lei, nei panni di Ray Koval vi è
invece l’attore Clive Owen.
Questi aveva già lavorato con la Roberts per il film
Closer. Proprio grazie a quella esperienza precedente i
due attori hanno avuto modo di sfoggiare qui un’ottima chimica di
coppia, che ha fatto poi la fortuna del film.
Insieme al loro nel film si
ritrovano poi diversi altri noti nomi del cinema. Nei panni del
capo della Burkett & Randle, Howard Tully, vi è infatti l’attore
Tom Wilkinson, il quale aveva già lavorato con
Gilroy per Michael Clayton. Tra gli altri più famosi film
a cui ha partecipato si annoverano Shakespeare in Love,In
the Bedroom e BatmanBegins.
Ad interpretare Richard Garsik, direttore della Equikrom, vi è
invece Paul Giamatti.
Questi è noto per i suoi ruoli in Cindarella Man, La versione
di Barney e The Truman Show. Altri noti nomi presenti
nel film sono quelli di Denis O’Hare nei
panni di Duke Monahan, Thomas McCarthy in quelli
di Jeff Bauer e Ulrich Thomsen in quelli del
personaggio noto come Lo Svizzero.
Il trailer di Duplicity e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete.
Duplicity è infatti disponibile nei
cataloghi di Rakuten TV,Chili Cinema,
Google Play, Apple iTunes, Netflix, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 18
marzo alle ore 21:00 sul canale
Iris.
I contenuti audiovisivi sui serial
killer sono oggiggiorno molto popolari: un sondaggio ha rivelato
che quasi due terzi degli adulti americani (e quasi l’80% dei
millennial) ne sono fan. Lo Strangolatore di Boston di Hulu sarà
sicuramente l’ultimo della lista dei film del genere da vedere,
disponibile su
Disney+ per l’Italia dal 17 marzo 2023. Il famigerato assassino
ha in gran parte evitato di essere oggetto di contenuti mediatici
e, infatti, l’unico progetto sul caso degno di nota è stato il film
The Boston Strangler del 1968, con Tony
Curtis e Henry Fonda.
È interessante notare che l’uomo
dietro i “Silk Stocking Murders” resta in qualche modo
nell’ombra anche in questo progetto, che si concentra
principalmente sulle giornaliste Loretta
McLaughlin (Keira
Knightley) e Jean Cole
(Carrie Coon) e su come hanno lottato per
informare le donne di Boston attraverso una serie di articoli
sull’assassino. Ma chi si nascondeva effettivamente dietro questo
terrificante soprannome? Scopritelo con noi in questo articolo.
Quando sono iniziati gli omicidi
dello Strangolatore di Boston?
David Dastmalchian interpreta Lo strangolatore di Boston nel film
Hulu
Il 14 giugno 1962, Anna
Slesers, 55 anni, fu trovata morta dal figlio sul
pavimento della cucina del suo appartamento. La sarta e devota
frequentatrice della chiesa era stata strangolata a morte: la
giacca blu che indossava era stata strappata e la cintura avvolta
intorno al suo collo per formare un fiocco. Il suo appartamento era
stato messo a soqquadro, il che suggeriva che forse
Slesers si era imbattuta in un ladro. La verità,
tuttavia, era molto più agghiacciante: la donna era stata aggredita
sessualmente dal colpevole e non c’erano prove che suggerissero che
fosse entrato con la forza.
Un’altra vittima, Mary
Mullen, 85 anni, è stata ritrovata il 28 giugno, morta di
infarto prima che l’assassino potesse fare qualcosa. Le condizioni
in cui vennero trovate le due vittime non offrivano alcuna prova
che facesse pensare a un serial killer a piede libero, finò al
ritrovamento il 30 giugno 1962 di altre due vittime, che suggerì
assolutamente il contrario. Nina Nichols, 68 anni,
fu trovata uccisa nella sua casa; praticamente identico fu il caso
di Helen Blake, 65 anni, divorziata, il cui
cadavere venne ritrovato lo stesso giorno. Come nel caso Slesers,
entrambe le scene del delitto vennero orchestrate in modo da
sembrare un furto con scasso; vennero aggredite sessualmente e
rinvenute con l’inquietante “biglietto da visita” dell’assassino:
le calze di Nichols erano legate a mo’ di fiocco intorno al suo
collo e, allo stesso modo, il reggiseno di Blake.
La paura invade Boston nei primi
anni ’60
Keira Knightly è la giornalista nel film Hulu Lo strangolatore di
Boston
La polizia di Boston dovette
affrontare la terrificante realtà che un serial killer, che si
guadagnò il soprannome di “Strangolatore di
Boston“, era a piede libero, probabilmente uno
psicopatico mosso dall’astio nei confronti di donne anziane. Il
commissario di polizia Edmund McNamara annullò il
congedo delle forze di polizia, richiedendo l’intervento delle
stesse a causa della grave situazione.
I media inviarono avvertimenti,
suggerendo alle donne di chiudere a chiave le porte di casa e di
essere caute con gli sconosciuti. La popolazione dell’area di
Boston era paralizzata dalla paura e, nonostante l’aumento della
presenza della polizia e gli avvertimenti, altre 9 donne, di età
compresa tra i 19 e gli 85 anni, sarebbero state vittime
dell’assassino. L’ultima vittima fu trovata il 4 gennaio 1964,
dopodiché gli omicidi cessarono.
Lo Strangolatore di Boston fu mai
catturato?
L’arresto di Albert DeSalvo
Il 27 ottobre 1964, un uomo,
fingendosi un detective, entrò in una casa e aggredì una donna.
Tuttavia, non la uccide, anzi, lasciò la casa dopo averle detto “mi
dispiace”. La donna denunciò l’aggressione alla polizia, che
arrestò l’aggressore poco dopo. Il nome dell’uomo era Albert
DeSalvo e, dopo la diffusione delle sua foto, molte
altre donne si fecero avanti per confessare che anche loro erano
state violentate da DeSalvo. La polizia arrestò DeSalvo con
l’accusa di stupro multiplo, ma non lo collegò al caso dello
Strangolatore di Boston… finché
DeSalvo stesso non confessò di essere il killer in
persona. La sua confessione era certamente plausibile, soprattutto
dopo aver fornito alla polizia dettagli intricati sugli omicidi che
non erano stati resi pubblici. Purtroppo, la confessione non è
stata sufficiente per incriminare DeSalvo per gli
omicidi dello Strangolatore di Boston. Inoltre, ci furono altre due
complicazioni che impedirono a DeSalvo di essere
accusato: la prima, era l’assenza di prove fisiche che lo
collegassero ai crimini. La seconda questione sarebbe stata più
problematica e avrebbe portato a teorie secondo cui
DeSalvo non era affatto lo Strangolatore di
Boston, o che era uno dei due Strangolatori che avevano commesso
gli atti efferati.
La confessione di
DeSalvo è emersa durante la sua detenzione al
Bridgewater State Hospital, dove ha incontrato
George Nassar. DeSalvo ha confessato le sue
affermazioni a Nassar, che ha contattato il suo avvocato per
riferire la notizia. Tuttavia, è stata la loro interazione durante
questo periodo che ha impedito alla polizia di fare una chiara
associazione tra DeSalvo e gli omicidi. Alcuni ritengono che
DeSalvo abbia confessato tutto a Nassar, mentre altri sono convinti
che Nassar sia il vero Strangolatore di Boston,
che ha fornito a DeSalvo i dettagli dei crimini come parte di un
complotto per richiedere la ricompensa di 10.000 dollari offerta
dalla polizia da condividere con le loro famiglie. Non potendo
condannare DeSalvo come Strangolatore di Boston,
DeSalvo venne invece incarcerato a vita per rapina e reati
sessuali. In seguito avrebbe ritrattato la sua confessione e, se
c’era dell’altro, DeSalvo se lo portò nella tomba dopo essere stato
pugnalato a morte in prigione il 25 novembre 1973. Nel 2013, la
prova del DNA ha collegato in modo definitivo DeSalvo alla morte di
Mary Sullivan, ma sarebbe stato l’unico omicidio
dello Strangolatore a trovare una soluzione, poiché la prova del
DNA non era applicabile altri omicidi.
Il coinvolgimento di Loretta
McLaughlin nella vicenda
Un articolo di Loretta McLaughlin e Jean Cole sullo Strangolaltore
di Boston
La McLaughlin,
protagonista del
film in uscita, entrò nella storia del serial killer nel 1962.
I primi quattro omicidi attirarono l’attenzione della
McLaughlin, che notò che c’era un collegamento
oltre ai macabri fiocchi intorno al collo delle vittime: tutte e
quattro le donne portavano occhiali da vista, amavano la musica
classica e avevano legami con un ospedale locale. Dopo aver fatto
coppia con Cole, le due hanno iniziato a
diffondere i dettagli nella comunità, avvertendo le donne di Boston
e dei dintorni di stare all’erta.
McLaughlin e Cole, che insieme hanno
inventato il soprannome “Lo Strangolatore di
Boston“, finiranno per scrivere 29 articoli in totale
sullo Strangolatore di Boston, le sue vittime, lo schema
dell’assassino e gli aggiornamenti sulle indagini della polizia. Il
percorso è stato difficile, con un redattore del Boston Record
American che contestava l’utilità di pubblicare una serie
sulla morte di “nessuno” e il sessismo dilagante nel settore che
poneva continui ostacoli al loro operato.
Tutte le vittime dello
Strangolatore di Boston
Tutte le vittime dello Strangolatore di Boston
Spesso, i progetti audiovisivi di
true crime o che vogliono raccontare la storia dei più terribili
serial killer, tendono a “dimenticarsi” le vittime della vicenda,
per concentrare ogni sforzo produttivo sulla rappresentazione
attoriale e narrativa del villain. Nonostante il
film disponibile su Disney+ abbia come fulcro tematico la
storia dello Strangolatore di Boston, è giusto e
doveroso onorare le vittime innocenti della malvagità del killer.
Ricordiamo:
Anna Slesers, 55 anni, sarta,
ritrovata il 14 giugno 1962.
Mary Mullen, 85 anni, pensionata,
ritrovata il 28 giugno 1962.
Nina Nichols, 68 anni,
fisioterapista, ritrovata il 30 giugno 1962.
Helen Blake, 65 anni, infermiera,
ritrovata il 30 giugno 1962.
Ida Irga, 75 anni, pensionata,
ritrovata il 19 agosto 1962.
Jane Sullivan, 67 anni, infermiera,
ritrovata il 21 agosto 1962.
Sophie Clark, 20 anni, tecnico
ospedaliero, ritrovata il 5 dicembre 1962.
Patricia Bissette, 23 anni,
receptionist, trovata il 31 dicembre 1962.
Mary Brown, 69 anni, pensionata,
ritrovata il 6 marzo 1963.
Beverly Samans, 23 anni,
musicoterapeuta, ritrovata il 6 maggio 1963.
Evelyn Corbin, 58 anni, impiegata
presso l’impianto di illuminazione Sylvania, ritrovata l’8
settembre 1963.
Joann Graff, 23 anni, artista e
insegnante di scuola domenicale, trovata l’11 novembre 1963
Mary Sullivan, 19 anni, impiegata
presso i grandi magazzini Filene’s, trovata il 4 gennaio 1964.
Il film TheFlash sarà un evento piuttosto importante
per il DC
Universe, essendo chiamato a proporre le nuove
direzioni che lo studio intende proseguire da ora in avanti. In
attesa di poterlo vedere in sala a giugno, arriva la notizia che la
star di Hollywood Tom Cruise ha
avuto la fortuna di poter assistere ad un’anteprima del film. In
questo, come noto, Ezra Miller interpreta Barry
Allen alias Flash, che intraprende un’avventura multiversale che lo
porterà ad incontrare versioni alternative di eroi e cattivi
esistenti nel vecchio DCEU, nonché il debutto di nuovi
personaggi.
Cruise, secondo alcune fonti, si
sarebbe interessato a tutto ciò che The
Flash promette, chiedendo di poterlo vedere in anteprima.
Una richiesta che l’amministratore delegato della Warner Bros.
Discovery, DavidZaslav, avrebbe
dunque accolto. A seguito di una proiezione privata, sembra ora che
Cruise abbia particolarmente amato la pellicola DC, chiamando anche
il regista, Andy Muschietti, per congratularsi con
lui. Secondo quanto riferito, Cruise avrebbe inoltre affermato che
The
Flash è “tutto ciò che vuoi in un film” e che
“questo è il tipo di film di cui abbiamo bisogno ora“.
La DC Universe, come noto, ripone
grandi speranze in The
Flash e l’opinione di Cruise fa ora ulteriormente ben
sperare per il film. Alla luce di quest’ulteriore parere nei
confronti del film, non resta che attendere il suo arrivo in sala,
per scoprire se le parole di Cruise siano condivisibili. Ricordiamo
che The
Flash arriverà al cinema il 23 giugno
2023. Il film sarà diretto da Andy
Muschietti, regista di IT e IT – Capitolo Due.Ezra
Miller tornerà a vestire i panni del Velocista
Scarlatto dopo essere apparso in un cameo in Batman v Superman: Dawn of
Justice e in Justice League.
Aladdin è stato uno dei
maggiori successi cinematografici del 2019, incassando oltre un
miliardo di dollari al botteghino mondiale, affermandosi come uno
dei remake in live-action della Disney più apprezzati, pur non
vantando una particoolare originalità. Proprio per via di questo
successo, un sequel inizialmente intitolato
Aladdin 2 è stato confermato non molto tempo fa,
come anche la conferma del ritorno di Will
Smith, ma è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che
si è sentito parlare di questo progetto. Il protagonista,
Mena Massoud ha ora fornito un proprio parere su
tale sequel, sorprendendo però quanti si aspettavano aggiornamenti
positivi.
Nonostante sia sempre rimasto
fiducioso riguardo ad Aladdin 2, Massoud, rispondendo alla
domanda di un fan su Twitter, ha ora affermato che l’effettiva
realizzazione del film è “molto improbabile a questo
punto“. Alcuni hanno espresso la loro delusione nei commenti,
con un utente che ha persino considerato l’originale come il
miglior remake Disney live-action. L’attore non ha fornito maggiori
dettagli a riguardo, ma è noto che, nostante l’entusiasmo iniziale
della Disney per questo progetto, i lavori per il suo sviluppo sono
andati particolarmente a rilento, ufficialmente per via della
ricerca di una storia adeguata.
Le controversia riguardante WillSmith, interprete del Genio nel film, agli
Oscar del 2022 sullo schiaffo a Chris Rock è stata poi vista come
un ostacolo a tale sviluppo, anche se il regista Guy Ritchie ha
assicurato che Smith non sarebbe stato sostituito come Genio, ma
anzi affermato nel febbraio del 2023 che ci sono diverse idee pronte per
essere sviluppate. Di certo ad ora c’è però che dal momento
dell’annuncio di questo sequel, sono molti pochi i passi in avanti
fatti verso la sua realizzazione. Non resta che attendere per
scoprire se la situazione si sbloccherà o Aladdin 2 finirà
definitivamente nel cassetto dei progetti abbandonati.
Una particolare categoria di film
molto amata è quella che mescola il genere thriller con elementi
soprannaturali o sci-fi. Film come Looper, Predestination o Déja vù – Corsa contro il
tempo, nei quali alle indagini del protagonista si
uniscono o oppongono forze misteriose, che rendono l’intera vicenda
più complessa, ma naturalmente anche molto più avvincente. Un
titolo particolarmente riuscito a tal proposito è Don’t
LetGo, diretto nel 2019 da
Jacob Aaron Estes, fattosi notare grazie al film
Mean Creek e, in seguito, l’horror TheRing 3, da lui però solo sceneggiato.
Con Don’t Let Go, da lui
anche scritto, si offre dunque un nuovo racconto che unisce la
possibilità dei viaggi nel tempo alla comunicazione con i defunti,
il tutto con l’obiettivo di risolvere un complicato caso prima che
questo diventi irreversibile. A produrre un simile opera vi è la
Blumhouse Productions di Jason
Blum, la casa di produzione dietro ai successi di
Paranormal Activity, Scappa – Get Out,La notte del giudizio e
numerosi altri celebri film horror o thriller. Passato piuttosto in
sordina, il film sta però ora godendo di un forte successo grazie
alla sua presenza nel catalogo di Netflix.
Qui, infatti, si trova attualmente
al 3° posto nella Top 10 dei film più visti in
Italia. Il motivo è presto detto: si tratta di un film
capace di offrire ottimo intrattenimento e colpi di scena
avvincenti, il tutto impreziosito da interpretazioni di grandi
attori. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
utile approfondire alcune curiosità relative ad esso. Proseguendo
nella lettura sarà possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi
alla trama, al cast di attori ed
altro ancora, come le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Don’t Let Go
Protagonista del film è il detective
della omicidi Jack Radcliffe, uno zio molto
solidale con Ashley, sempre presente quando lei
chiama. Egli ha un ruolo molto importante nella vita della ragazza,
perché sua madre è molto impegnata e suo padre
Garret, fratello di Jack, ha invece uno stile di
vita da gangster. Una sera, Jack riceve una chiamata breve e
confusa da una spaventata Ashley. Precipitandosi presso la sua
abitazione, trova Garret, la madre di Ashley e Ashley, così come il
cane della famiglia, tutti uccisi. La polizia giudica
frettolosamente il caso un omicidio-suicidio ad opera del
capofamiglia.
Nonostante la consolazione del suo
partner Bobby, a cui è stato assegnato il caso,
Jack non può non darsi la colpa per quanto avvenuto. Due settimane
dopo, tuttavia, egli inizia a ricevere chiamate dal telefono di
Ashley, anche se la linea è stata disconnessa. Quando risponde, è
proprio Ashley a parlargli, come se non fosse successo nulla di
male. Jack si rende ben presto conto che, in qualche modo, sta
comunicando con una Ashley del passato. La stessa ragazza al
telefono, infatti, è ignara del suo destino e non sa di star
parlando con il Jack in futuro. Per il detective, questa può essere
l’unica occasione per salvare l’adorata nipote dal suo triste
destino.
Il cast di Don’t Let Go
Ad interpretare Jack Radcliffe vi è
l’attore David Oyelowo, noto per aver interpretato
Martin Luther King in Selma – La strada per la
libertà, ma anche per i film A United Kingdom –
L’amore che ha cambiato la storia e Nelle pieghe del tempo.
Come rivelato dall’attore, originariamente il ruolo del
protagonista era stato scritto per un attore bianco, ma ciò è stato
cambiato nel momento in cui si è ritenuto che Oyelowo sarebbe
potuto essere perfetto per tale ruolo. Accanto all’attore, nel
ruolo di sua nipote Ashley vi è invece l’attrice Storm Reid,
divenuta celebre grazie alla serie Euphoria e recentemente
vista anche nell’episodio Left Behind della serie
The Last of Us.
L’attrice, qui al suo primo film di
genere thriller sci-fi, ha descritto l’esperienza come
particolarmente importante all’interno della sua carriera. Per lei
è stato fonte di grande crescita, per via dell’essersi trovata a
gestire scene d’azione, complessità emotiva del personaggio e gli
spetti più cupi della storia. Fanno poi parte del cast gli attori
Mykelti Williamson nel ruolo di Bobby Owens,
collega di Jack, Shinelle Azoroh in quelli di
Susan Radcliff, madre di Ashley e il candidato all’Oscar
Bryan Tyree Henry in quelli di Garret Radcliff,
padre di Ashley. Alfred Molina,
infine, interpreta Howard Keleshian, capo di Jack.
Don’t Let Go e altri film simili
Se si è apprezzato Don’t Let
Go e la sua caratteristica di un protagonista abilitato a
comunicare con una persona cara su di una differente linea
temporale, ci sono anche altri film simili che si possono
recuperare per una visione. Don’t Let Go ha infatti
una premessa simile a quella di Frequency – Il futuro è in
ascolto (2000), interpretato da Jim Caviezel
e Dennis Quaid, che narra le vicende di un uomo
che, mentre cerca di individuare un serial killer, riesce a
mettersi in contatto, tramite una ricetrasmittente, col padre morto
trent’anni prima. Il film ha poi ricevuto anche un adattamento
televisivo con la serie Frequency (2016), dove una persona
del presente ha la capacità di salvare un parente nel passato
grazie all’uso del cellulare, diversamente dalla ricetrasmittente
utilizzata per il film.
Il trailer di Don’t Let Go
e dove vedere il film in Streaming
È possibile fruire di
Don’t Let Go grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Now, Tim Vision e
Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video.
Vi è mai capitato di provare la
sensazione che il tempo passi più veloce di quello che sembra?
Questo è quello che succede a Dante il personaggio principale nel
film Era Ora, presentato in anteprima alla Festa
del Cinema di Roma 2022 e ora disponibile in streaming su Netflix. Questa
commedia romantica è un remake dell’australiano Come se non
ci fosse un domani – Long Story Short, del 2021 e diretto
da Josh Lawson con per protagonista il britannico Rafe Spall.
Questo adattamento per la regia di Alessandro Aranadio non vuole
essere solo un semplice rifacimento dell’originale ma una versione
italiana, che punta sul talento dell’attore romano Edoardo Leo,
che torna a farsi dirigere dal regista dopo il successo dellla
commedia del 2018 Io c’è.
La trama di Era Ora
Dante e Alice (Barbara
Ronchi) si sono conosciuti, per caso a causa di un bacio e
uno scambio di persona, durante una Festa di Capodanno del
2008. Dopo due anni nel 2010 li
ritroviamo fidanzati che convivono in una casa dove hanno appena
traslocato da poco, piena ancora di scatoloni da disfare e con un
bagno senza porta. Questo però non è un giorno qualunque per
Dante, ma è il suo quarantesimo
compleanno ma come ogni mattina è di fretta e deve correre
in ufficio. Alice invece vive la giornata più
tranquillamente, anche grazie alla fortuna di lavorare come
illustratrice di libri, lei è decisamente la più sognatrice, una
disegnatrice del suo destino e la più giocosa della coppia, tanto
che per la sera organizza al compagno un festa a sorpresa con tutti
i suoi amici. Dante la mattina dopo i festeggiamenti dei suoi 40
anni, si risveglia, un anno dopo, nel 2011 e
scopre di essere bloccato in un loop
temporale.
Il protagonista di Era
Ora all’inizio non capisce, anzi pensa di vivere un
episodio di precoce alzheimer, malattia che invece ha colpito e
soffre il padre che vive in una casa di riposo. Dante si sente
sperduto e soprattutto incapace di fermare questo strano gioco del
destino che gli ha riservato. Intanto passano i giorni, anzi gli
anni per lui, e si ritrova padre di una bellissima bambina che si
chiama Galadriel, come l’elfa della Terra di Mezzo
de Il Signore degli Anelli. Nel frattempo cambia il rapporto con la
fidanzata Alice, i due dopo anche il tentativo di
una terapia di coppia si lasciano e Dante si ritrova in un vortice
senza una via di uscita. Ma per fortuna nulla è perduto, anche
grazie alla sempre presente figura del miglior amico
Valerio, il protagonista capisce gli sbagli e
finalmente inizia a godersi la sua vita. Alla fine di Era
Ora l’uomo riesce a ristabilire l’equilibrio temporale e
la sua vera realtà cioè quella dell’amore per Alice e per sua
figlia.
La casa di Dante e Alice
Dopo i mesi passati tra le mura di
casa, in quel primo lockdown nella Primavera del 2020, abbiamo
scoperto tutti l’importanza della nostra abitazione, anche come
luogo che rispecchia noi come persone e il nostro essere interiore.
Questo avviene anche in Era Ora, gli spettatori
capiscono e forse anche prima del protagonista, che è cambiato
qualcosa, che è passato del tempo proprio dall’arredamento
dell’appartamento di Dante e Alice. Nei primi anni della convivenza
la casa è piena di luce che entra dai finestroni
sul giardino, è colorata e molto femminile, con l’arrivo di
Galadriel appaiono anche i giochi e nel momento della separazione
il salotto e la cucina si trasformano e diventano più funzionali,
con mobili minimali e freddi che rispecchiano l’involuzione di
Dante che vive solo e pensa solo al lavoro.
Era Ora come una favola
contemporanea
Il quarto
lungometraggio diretto da Alessandro
Aranadio porta sullo schermo uno dei problemi della nostra
società, il tempo che passa e non si riesce mai a trovare il
momento per godersi lentamente e insieme qualcosa di bello, come ad
esempio una semplice colazione. Dante è un uomo che rispecchia
fedelmente le ossessioni contemporanee e come
l’incomunicabilità in una coppia porta prima o poi ad una
separazione anche se ci si ama veramente. Questo film possiede una
parte fantasy, dosata molto bene da risultare uno
dei punti di forza ma anche un vero omaggio alla commedia americana
cult degli anni Novanta come Ricomincio da capo,
dove il protagonista finiva, anche lui, in un circolo
temporale.
Dante però non vive lo stesso giorno
all’infinito, ma ogni giorno è un anno che va avanti, suo padre
intanto muore, la figlia cresce e quindi deve sprigarsi e capire
come risolvere l’incubo in cui è intrappolato. La recitazione di
Edoardo Leo e Barbara Ronchi sono
il punto fermo di un racconto ripetivo ma sempre mutevole, come i
numerosi personaggi che ruotano intorno alla coppia durante i 109
minuti del racconto. Era Ora è una favola
contemporanea, una commedia romantica che parla di sentimenti, dei
rimorsi e del tempo, quello che passa come gli anni senza che c’è
ne accorgiamo.
Mescal ricoprirà il ruolo
principale di Il
Gladiatore 2 che continua gli eventi del kolossal
vincitore dell’Oscar, e anche Ridley Scott tornerà
a dirigere e produrre. Il Gladiatore ha vinto
cinque Academy Awards ed è stato nominato in 12 categorie nel 2000.
il ruolo sarà senza dubbio il più importante nella carriera in
rapida ascesa di Paul Mescal da quando ha recitato in
Normal People nel 2020.
L’attore interpreterà Lucius, il
figlio Lucilla nell’originale, poiché il sequel sarà ambientato
anni dopo che Maximus Decimus Meridius ha incontrato la sua fine a
seguito di una battaglia nel Colosseo contro Commodo
(Joaquin Phoenix).
Non è ancora noto quale ruolo
occuperà Denzel Washington nella sua prima reunion
con Scott dai tempi di American Gangster, ma
sembra che le riprese del film cominceranno a giugno, quindi
sapremo presto più dettagli sul progetto ancora misterioso.
Barry Keoghan
interpreterà invece una versione fittizia del vero imperatore
romano Geta, secondo il sito di intrattenimento
Giant Freakin Robot. Conosciuto anche come Publio Settimio Geta,
l’imperatore governò Roma tra il 209 d.C. e il 211 d.C. ed era noto
per il suo temperamento furioso. Si ritiene quindi che Keoghan
interpreterà il cattivo del film.
Keoghan deve ancora confermare il
suo ruolo nel sequel de Il Gladiatore e, sebbene
ci siano pochi dettagli noti sul blockbuster, le riprese dovrebbero
iniziare all’inizio di giugno. Il sequel uscirà a un quarto di
secolo di distanza dall’originale che ha incassato 460 milioni di
dollari al botteghino.
Lance Reddick, il
prolifico attore che ha interpretato il personaggio di Charon in
tutti e quattro i film di John Wick ed è stato
regular in serie come The Wire,
Fringe e Bosch, tra dozzine di
altri ruoli che hanno attraversato un quarto di secolo,
si è spento all’età di 60 anni.
Il suo rappresentante di Portrait PR
ha confermato la notizia, dicendo che è l’attore morto per cause
naturali ma senza fornire altri dettagli. Lance
Reddick aveva rilasciato delle interviste per l’imminente
John Wick 4 con Keanu Reeves proprio questa
settimana. Sarebbe dovuto apparire anche nello spin-off del
franchise, Ballerina.
Il suo ruolo più famoso è forse
quello di Cedric Daniels in Ballerina,
drama della HBO ideato e scritto da David Simon. Sebbene all’epoca
non fosse un successo straordinario, la serie è diventata tra le
più acclamate e influenti del 21° secolo. Apparso in tutti i 60
episodi, il personaggio di Reddick è una forza in ascesa nel
dipartimento di polizia di Baltimora ed è promosso da tenente a
maggiore a commissario durante le sue cinque stagioni.
Reddick ha poi preso parte a
Ballerina
della Fox nei panni di Phillip Broyles, un agente speciale della
Homeland Security che gestiva la divisione Fringe che indagava su
fenomeni inspiegabili e terrorismo. È apparso nella maggior parte
dei 100 episodi della serie creata da J.J. Abrams, Roberto
Orci e Alex Kurtzman, andato in onda dal
2008 al 2013. Sono seguiti molti altri spot televisivi per Reddick
dopo la conclusione di Fringe, tra cui The Blacklist,
Wilfred e un arco narrativo su
Intelligence. Poi è arrivato il turno di John
Wick.
Lance Reddick ha
recitato nel primo film del franchise del 2014 nei panni di Charon,
il concierge del Continental Hotel di New York che lavora spesso
con il personaggio di Keanu Reeves. È apparso in
tutti i film di Wick, incluso il capitolo quattro, che arriverà a
breve al cinema. Avrebbe ripreso il suo ruolo di Charon per
Ballerina,
il film spin-off di John Wick con Ana de Armas.
Lance Reddick lascia sua moglie, Stephanie, e i
loro figli Yvonne e Christopher.
Si è appena conclusa nella
suggestiva cornice di Monopoli la ventitreesima edizione del
Sudestival, primo e unico festival di cinema italiano in Puglia
che si svolge in inverno, progetto dell’Associazione Culturale
Sguardi, fondato e diretto da Michele Suma. Il festival,
afferente all’Apulia Cinefestival Network e all’AFIC, viene
realizzato nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la
Scuola promosso da MIC e MIM, grazie anche al sostegno della Città
di Monopoli, del Comune di Polignano a Mare, della città di Fasano
e col patrocinio della Città Metropolitana di Bari, del Comune di
Bari, dell’Università degli Studi di Bari e del Conservatorio “Nino
Rota” di Monopoli.
Il primo e unico festival di cinema
italiano in Puglia a svolgersi in inverno, divenuto in ben ventitrè
edizioni il punto di riferimento per le opere prime e seconde della
produzione nazionale di qualità, ha contato quest’anno sei sezioni
e dodici premi, arricchendosi con il progetto Sudestival School,
vincitore del bando Piano Nazionale Cinema e Immagini per la
Scuola (MIC e MIM), e includendo una retrospettiva dedicata a
Mattia Torre, senza dimenticare il gemellaggio con il Golden
Apricot Yerevan International Film Festival, che si tiene dal 2004
ogni anno nella capitale armena.
Nella serata conclusiva di venerdì
17 marzo, presso il Teatro Radar di Monopoli, si sono svolte le
premiazioni delle diverse sezioni a cura delle Giurie presenti. La
Giuria Cinema Nazionale, presieduta da Pedro Armocida e
composta da Roberto Silvestri, critico cinematografico e
conduttore di Hollywood Party su Radio3, Viviana Del Bianco,
direttrice N.I.C.E., Paolo Di Paolo, scrittore, e
Esmeralda Calabria, montatrice, ha assegnato il prestigioso
FARO D’AUTORE della Città di Monopoli per il miglior lungometraggio
a Amanda di Carolina Cavalli.
A premiare il miglior documentario
con il PREMIO “ALBERGO DIFFUSO” la Giuria Nazionale Doc presieduta
da Antonella Gaeta, sceneggiatrice e giornalista, con
Michele Sancisi, scrittore, autore e giornalista SKY, e
Anna Maria Pasetti, critica cinematografica del Fatto
quotidiano, che ha decretato vincitore Umberto Eco – La
biblioteca del mondo di DavideFerrario.
La Giuria Giovani del Sudestival,
nata ventitré anni fa grazie all’impegno del Polo Liceale
“Galilei-Curie” di Monopoli, che quest’anno conta oltre 600
studenti tra gli Istituti superiori coinvolti di Monopoli e Fasano,
ha assegnato il PREMIO “FONDAZIONE PUGLIA” per il miglior
lungometraggio a Acqua e anice di Corrado Ceron. Il PREMIO
SUDESTIVAL SCHOOL – finanziato da AGE (Associazione Italiana
Genitori) – per il miglior corto è andato a When you wish
upon a star di Domenico Modafferi e
quello di miglior doc SUDESTIVAL SCHOOL – finanziato da AGE – a
Peso Morto di Francesco Del Grosso. Sono stati
assegnati entrambi dalla Giuria Giovani.Anna Frank e il diario
segreto di Ari Folman si è invece
aggiudicato il PREMIO GIURIA KIDS SUDESTIVAL SCHOOL per il
miglior film d’animazione.
Il PREMIO GIURIA DEL PUBBLICO
“ARCADIA” per il miglior lungometraggio è andato a I
pionieri di Luca Scivoletto, mentre il PREMIO CD
D’ARGENTO “GIANNI LENOCI” è stato assegnato a Bruno
Falanga per la colonna sonora di Per
niente al mondo di Ciro
D’Emilio, grazie alla Giuria composta dal regista
documentarista Francesco Conversano (presidente), dal
maestro Giampaolo Schiavo, direttore del Conservatorio “Nino
Rota” di Monopoli, e dai maestri Paolo Carlomè e Admir
Shkurtaj, docenti di composizione, e Paolo Vivaldi,
docente di Composizione per la Musica applicata alle immagini. Il
PREMIO APULIA FILM COMMISSION “CARLO DELLE PIANE” alla miglior
sceneggiatura è stato assegnato ad Andrea Magnani per
La lunga corsa.È stato ancora Peso
Morto di Francesco del Grosso ad aggiudicarsi il PREMIO
GIURIA SNCCI come miglior Doc, grazie alla giuria composta da
Ignazio Senatore, Irene Gianeselli e Marco Lombardi.
Il PREMIO “MASSERIA SANTA TERESA”
per la miglior attrice del Sudestival 2023 è stato assegnato ex
aequo a Stefania Sandrelli per Acqua e
anice di Corrado Ceron e a Benedetta
Porcaroli per Amanda di Carolina Cavalli. Infine, ma non
meno importante, il PREMIO SUDESTIVAL 2023 “ECCELLENZA DEL SUD” è
andato all’attrice Bianca Nappi, presente in sala e madrina
dell’intera manifestazione.
Keira Knightley torna protagonista e lo fa con
Lo strangolatore di Boston, un film targato
20th Century Studios scritto e diretto da Matt
Ruskin. Il film ha debuttato il 17 marzo 2023 su Star
all’interno di Disney+ in Italia e qualche settimana
fa abbiamo incontrato il cast protagonista del film per raccontare
l’esperienza di aver portato al cinema una storia così misteriosa e
intrigante, che si concentra sulla sequenza di omicidi efferati
avvenuti negli anni ’60 a Boston, solo a danno di donne.
Knightley è Loretta
McLaughlin e con lei, nel cast che ha partecipato
all’incontro c’erano anche Carrie Coon (nel ruolo
di Jean Cole), Alessandro Nivola
(nel ruolo del detective Conley), Chris
Cooper (nel ruolo di Jack MacLaine) e
ovviamente Matt Ruskin che ha dichiarato:
“Sono cresciuto a Boston e avevo sempre sentito parlare de Lo
Strangolatore di Boston, ma non sapevo davvero nulla del caso. Poi,
diversi anni fa, ho iniziato a leggere tutto quello che potevo e ho
scoperto questo caso di omicidi differenti, tutti però
apparentemente collegati, un caso incredibilmente stratificato che
era pieno di colpi di scena. E, per molti versi, si rivelava anche
un racconto su quella che era la città a quell’epoca. E così, sono
stato completamente preso dal caso. E quando ho scoperto
l’esistenza di queste giornaliste, Loretta McLaughlin e Jean Cole,
ho scoperto che erano state tra le prime a collegare i diversi
omicidi. Sono state loro a dare il nome al serial killer, lo
Strangolatore di Boston, nel loro primo reportage. Così ho pensato
che potevano essere il giusto punto di vista con cui raccontare il
caso.”
Lo Strangolatore di Boston,
Keira Knightley a caccia del mostro
A interpretare Loretta
McLaughlin è stata chiamata Keira Knightley che, come Ruskin, aveva
sentito parlare del serial killer che dà il titolo al film ma non
conosceva nessuno dei dettagli legati alla storia vera dello
Strangolatore di Boston: “Sono arrivata al film partendo dalla
meravigliosa sceneggiatura di Matt. E ho pensato che fosse un modo
davvero interessante di raccontare la storia di un serial killer,
ma attraverso il punto di vista di queste due giornaliste. E il
fatto che in realtà sono state due donne a dare visibilità a un
caso così importante mi ha spronata a volerlo
raccontare.”
Al suo fianco, Carrie
Coon, nel ruolo di Jean Cole, che segue
la collega: “Sì, quella è stata la parte più scioccante per me,
ovvero che queste donne siano state così parte integrante della
risoluzione del caso e del costringere i dipartimenti di polizia a
condividere informazioni. E i loro nomi non sono mai stati
menzionati, associati a questo caso. È stato davvero scioccante per
me. E poi, le loro storie di come sono diventate giornaliste, come
individui, erano storie molto avvincenti e molto commoventi.
Certamente in queste storie riecheggiava la vita delle donne del
mio mondo, del Midwest. Mia madre era un’infermiera. Una delle mie
nonne era un’insegnante e l’altra era una casalinga. E quelle erano
le opportunità disponibili per le donne, a parte la segretaria.
Quindi la lotta di Jean per diventare giornalista è stata molto
commovente per me. E poi, ovviamente, avevo visto Il
coraggio di lottare, che Matt aveva realizzato, e penso a
lui come a un regista davvero, profondamente morale. E sapevo che
il suo interesse era raccontare questa storia femminista.”
Queste due donne, purtroppo
un’anomalia per il loro tempo, erano circondate da un mondo di
uomini, di cui faceva parte Jack MacLaine,
interpretato da Chris Cooper. “Quello che mi è
piaciuto del mio personaggio è che all’inizio dice a Loretta che le
vittime degli omicidi di cui lei vuole raccontare non erano
nessuno, e alla risposta di Loretta, che gli dice che quelle
persone in realtà erano lettori del suo giornale, si mette in
allarme, come un campanello che gli suona in testa. È stata solo un
piccolo appunto veloce, ma penso che abbia sortito l’effetto
desiderato. E queste donne, sai, a volte vincono, a volte perdono.
Devono cavarsela da sé e sicuramente il mio personaggio a volte non
è la persona più gentile al mondo rispetto al loro lavoro, altre
volte è una figura di mentore. Si commettono degli errori, e a
volte reindirizzo Loretta là dove non è conoscenza di alcuni
problemi legati alla burocrazia, ad esempio contea diversa,
procuratore distrettuale diverso. Quindi Jack ha svolto anche le
funzioni di insegnante per lei.”
Dalla parte della polizia, invece,
c’è il detective Conley, interpretato da
Alessandro Nivola: “Penso che il personaggio
sia incazzato dal fatto che il dipartimento di polizia non si possa
avvalere di tecniche di psicologia forense più all’avanguardia che
possano permettergli di collegare questi omicidi. Sta affrontando
il conflitto di tradire il suo dipartimento da una parte, mentre
dall’altra la vergogna che sia la stampa a portare avanti le
indagini e non la polizia. E quindi accetta di incontrare questa
giornalista, e lo fa perché è totalmente ossessionato dal caso, e
l’unica altra persona che incontra totalmente ossessionata dal caso
è lei. E questo li fa sentire fatti della stessa pasta, forse è
anche attratto da lei e prova piacere a incontrarla.”
Arrow 8 è l’ottava
e ultima stagione della serie tv Arrow ideata
da Greg Berlanti, Marc Guggenheim e Andrew
Kreisberg per la DC Entertainment e
il network The
CW.
Arrow 8: uscita e dove vederla in
streaming
L’ottava stagione di
Arrow è andata
in onda dal 15 ottobre 2019 al 28 gennaio 2020 sul network
The CW. Arrow 8 un
streaming è disponibile su Prime
Video.
Arrow 8: trama e cast
Nell’ottava e ultima stagione, il
Monitor recluta Oliver per aiutarlo nella sua missione per
prevenire l’ imminente crisi . William, Connor Hawke e Mia
viaggiano misteriosamente nel tempo dal 2040 all’odierna Star City.
Durante la crisi, Oliver si sacrifica e diventa lo Spettro per
fermare l’ Anti-Monitor . Dopo la loro battaglia finale, nasce un
nuovo universo a costo della vita di Oliver. Si è poi riunito con
Felicity in una “dimensione paradisiaca”, nella scena finale
della serie.
Prima di realizzare apprezzati film
come Devil’s Knot – Fino a prova
contraria e The Captive –
Scomparsa, il regista Atom Egoyan ha
portato sul grande schermo nel 2009 il lungometraggio Chloe
– Tra seduzione e inganno, remake del francese
Nathalie…, scritto e diretto nel 2003 da Anne
Fontaine. Si tratta di un opera in bilico tra i due valori
proposti dal sottotitolo italiano, a cui si aggiungono la passione,
l’ossessione e una costante atmosfera erotica. Tutto ciò rende
questo film un thriller particolarmente ricco di colpi di scena,
reso memorabile dai suoi intrecci narrativi e dalle pulsioni
provate dai personaggi.
Per dar vita a tutto ciò, Egoyan ha
scelto di rendere questo un film ricco di specchi e pareti
riflettenti, strumenti attraverso cui sottolineare la differenza
che intercorre tra la realtà e la menzogna. L’inganno diventa
dunque un elemento ricorrente, che dona al tutto un’atmosfera
imprevedibile nei suoi risvolti. Pur se poco apprezzato dalla
critica, Chloe – Tra seduzione e inganno è stato un
autentico successo commerciale, affermandosi addirittura come il
maggior guadagno nella carriera del regista. A dirsi soddisfatta
del risultato finale è stata anche la stessa Fontaine, regista
dell’originale, che ha trovato qui sviluppate una serie di
dinamiche non presenti nel suo film.
Interpretato da celebri attori, tra
cui una premio Oscar, Chloe – Tra seduzione e inganno è il
titolo perfetto se si è alla ricerca di un film simile a pellicole
come Knock Knock e
Il ragazzo della porta
accanto. Thriller erotici che hanno fatto della loro
ambiguità un punto di forza. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Julianne Moore e Liam Neeson in Chloe – Tra seduzione e
inganno
La trama di Chloe – Tra
seduzione e inganno
Protagonista del film è
Catherine, una donna che lavora come ginecologa e
conduce una vita tranquilla e apparentemente perfetta, nonostante
qualche diverbio col figlio Michael in piena
adolescenza. A darle maggiori preoccupazioni, tuttavia, sono alcuni
strani comportamenti di suo marito David. Sempre
più sospettosa nei suoi confronti, Catherine scopre un giorno, sul
telefono del marito, un messaggio ricevuto da una delle sue
studentesse e una foto che li ritrae insieme. La cosa la preoccupa
ulteriormente, spingendola a credere che David la tradisca. Per
esserne sicura decide di ingaggiare Chloe,
un’escort incaricata di sedurre l’uomo e provarne la fedeltà.
Catherine non immagina neppure che presto si ritroverà intrappolata
in un vortice di desiderio sessuale, che metterà in pericolo tutta
la sua famiglia.
Il cast del film
L’attrice premio Oscar Julianne Moore
interpreta il ruolo della protagonista Catherine, scritto
appositamente per lei dalla sceneggiatrice Erin Cressida
Wilson. Nel ruolo della giovane e affascinante escort
Chloe, invece, vi è Amanda
Seyfried, interprete celebre per i film Mamma mia!, Lovelace e Mank. Inizialmente,
tuttavia, l’attrice non era intenzionata ad accettare la parte,
poiché si sentiva a disagio nel dover apparire nuda e dar vita ad
alcune scene di sesso. Dopo aver parlato con alcuni amici, però,
cambiò idea e si concentro su ciò che rende Chloe un personaggio
unico e ricco di sfumature. Ancora oggi è una delle sue
interpretazioni più apprezzate.
Nei panni di David, il marito di
Catherine, vi è invece l’attore Liam Neeson.
Durante le riprese, purtroppo, la moglie di Neeson ha avuto un
brutto incidente mentre sciava, morendo qualche giorno dopo.
L’assenza dell’attore da quel momento in avanti ha obbligato la
sceneggiatrice a modificare parzialmente la trama del film,
dovendosi dunque discostare dalla trama del film originale. In
ultimo, nel ruolo di Michael, figlio di Catherine e David, si
ritrova l’attore Max Thieriot, noto per serie
come Bates Motel e SEAL Team. Completano il
cast gli attori R.H. Thomson nei panni di Frank e
Nina Dobrev in quelli di Anna.
Il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
È possibile fruire di
Chloe – Tra seduzione e inganno grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Rakuten TV, Now, Amazon Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento tra queste, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video.
Shazam! Furia degli
Dei (qui la recensione), interpretato
da Zachary Levi, è
finalmente uscito nei cinema di tutto il mondo, svelando nuovi
villain e offrendo ai propri spettatori numerosi colpi di scena,
come anche una vera e propria necessità del protagonista di
maturare e prendere consapevolezza delle proprie capacità. Se del
finale del film abbiamo parlato
qui, ipotizzando anche in che modo questo può anticipare il
futuro del supereroe nel DC
Universe, ulteriormente significative a tal riguardo sono
naturalmente le due scene post-credits che il film contiene.
Se fino a prima dell’uscita
di Shazam! Furia degli Dei non era chiaro se e
quale ruolo Shazam avrebbe potuto avere nel nuovo DCU, le due scene
presenti alla fine dei titoli di coda tolgono ora qualche dubbio a
tal proposito. Certo, non è dato sapere se le scene sono state
concepite prima del subentro di James
Gunn e Peter Safran alla guida del DC
Universe o siano state realizzate successivamente, proprio in
funzione dei piani futuri per tale divisione. Ad ogni modo, ecco la
descrizione delle due scene. Inutile dire che quanto segue contiene
importanti spoiler.
Prima scena post-credits
Dopo aver salvato il mondo e essersi
affermato come un vero supereroe, sembra ora che per Shazam siano
in arrivo grandi novità. La prima scena dopo i titoli di coda
inizia con i personaggi di The Suicide Squad e
PeacemakerEmilia
Harcourt (Jennifer Holland) e
John Economos (Steve Agee) che
camminano nella foresta discutendo del fatto che Amanda Waller ha
organizzato un incontro tra loro e “qualcuno”. Questa persona
misteriosa sembra piuttosto importante e si rivela poi essere
proprio Shazam. Al supereroe, i due iniziano dicendo che vorrebbero
offrirgli “un posto nella Justice…”, venendo interrotti
prima di poter finire con un clamoroso “Sì!“.
Sfortunatamente per Shazam, il duo
sta parlando in realtà della Justice Society e non
della Justice League. Un deluso Shazam
rivela allora che preferirebbe far parte della squadra principale,
così da poter combattere fianco a fianco con Wonder
Woman. Il supereroe continua poi a rimproverarli per
averli fuorviati sottolineando che avrebbero potuto e dovuto usare
un nome migliore. Tra le proposte che fa loro sul momento vi è
anche The Avenger Society, un nome che, non sa perché, gli
sembra di aver già sentito altrove.
Seconda scena post-credits
Comprensibilmente, ci sono state
molte lamentele riguardo all’apparente assenza nel film del
Dr. Sivana (Mark Strong), villain
del primo lungometraggio dedicato a Shazam, e di Mister
Mind, comparso in una delle scene post-credits del
precedente film. I due, però, hanno a loro modo un ruolo in
Shazam! Furia degliDei, comparendo nella seconda
scena post-credits. Qui vediamo Sivana ancora dietro le sbarre.
Sono passati due anni da quando è finito lì e il suo aspetto è ora
molto più trasandato.
Proprio mentre sta scarabocchiando
sui muri, egli riceve ancora una volta la visita del bruco
Mister Mind. Entrando dalla finestra della cella,
il bruco alieno di due pollici di altezza ma dotato di grande
intelligenza e poteri telepatici dice a Sivana che il suo piano
malvagio ha bisogno di ancora più tempo per essere attuato, ma che
presto avranno ciò di cui hanno bisogno per prendere il controllo
di tutto. Detto ciò, Mister Mind si congeda da Sivana affermando di
aver ancora un’ultima cosa da fare prima che tutto sia pronto.
Cosa anticipano queste scene sul
futuro di Shazam e del DC Universe?
Fino a quando non saranno svelati
ufficialmente i piani per il futuro di Shazam, è
difficile fare previsioni sul ruolo che egli avrà nel DC Universe.
Un eventuale terzo film a lui dedicato dipenderà, come già
dicharato dallo stesso regista e da Zachary Levi,
dai risultati di questo secondo film al box office. Alla luce,
delle due scene post-credits si può in ogni caso provare a fare
alcune ipotesi. Per quanto riguarda la prima, nonostante il fatto
che Dwayne Johnson abbia
dichiarato di non aver alcun interesse a far incrociare il suo
Black
Adam con Shazam, il tentativo di Amanda
Waller di portare quest’ultimo nella Justice
Society sembra far immaginare che proprio con
questa si relazionerà in futuro Shazam, anche se attualmente è
difficile immaginare in che modo.
La seconda scena post-crediti, però,
suggerisce che Shazam sarà impegnato per un po’ con la minaccia
rappresentata da Sivana e Mister Mind. La collaborazione tra due
dei maggiori antagonisti di Shazam sembra porre le basi per la
squadra malvagia nota come Monster Society of
Evil. Si tratta di una delle prime squadre di
supercriminali dei fumetti ad avere come membri quei cattivi che un
supereroe aveva combattuto in precedenza. Prima di questo, le
squadre di supercriminali erano composte da cattivi creati
appositamente per specifiche storie. La Monster Society è composta
invece da tutti i principali nemici che Shazam ha affrontato nel
tempo. È dunque molto probabile che Mister Mind sia attualmente
impegnato a metter su tale gruppo, con l’obiettivo di sconfiggere
il supereroe e governare il mondo.
Secondo Variety, Showtime sta
attualmente sviluppando un adattamento in serie del thriller
fantascientifico Gattaca
della Sony Pictures del 1997. Il progetto proviene dai
creatori di Homeland,Alex Gansa
e Howard Gordon.
La serie Gattaca sarà
creata e prodotta esecutivamente da Gansa, Gordon e Craig
Borten, con Gansa che sarà anche showrunner. Il progetto è
prodotto anche da Sony Pictures Television per
Showtime. Ulteriori dettagli sulla trama e
sui personaggi sono ancora tenuti nascosti.
“Ethan
Hawke, Uma Thurman, Alan Arkin e
Jude Law sono i protagonisti di questo avvincente
thriller fantascientifico su un uomo fin troppo umano che osa
sfidare un sistema ossessionato dalla perfezione
genetica. Hawke interpreta Vincent, un ‘In-Valid’ che assume
l’identità di un membro dell’élite genetica per perseguire il suo
obiettivo di viaggiare nello spazio con la Gattaca Aerospace
Corporation”, si legge nella sinossi
dell’originale. “Tuttavia, una settimana prima della sua
missione, Vincent finisce trai sospettati per un’omicidio commesso.
Con un implacabile investigatore sulle sue tracce e il collega di
cui si è innamorato che inizia a sospettare il suo inganno, i sogni
di Vincent si disfano costantemente. Nessuno del DNA “preordinato”
che gli garantirà il successo. Nel disperato tentativo di
realizzare il suo sogno di esplorare lo spazio, Vincent assume
l’identità di un atleta geneticamente superiore (Jude
Law). Evitando di essere individuato utilizzando i
marcatori genetici dell’atleta, Vincent diventa una stella nascente
al Gattaca Aer”
Nonostante sia stato una delusione
al botteghino con un incasso interno di oltre $ 12 milioni contro
il suo budget dichiarato di $ 36 milioni,
Gattaca è stato ben accolto dalla critica
grazie alla sua stimolante storia di fantascienza. L’imminente
adattamento di Showtime non è il primo tentativo di Sony Pictures
Television di adattare il film in una serie. Nel 2009, lo
studio ha provato a sviluppare un dramma procedurale poliziesco
basato sul classico cult del 1997
L’imminente serie The
Penguin della HBO ha aggiunto nuovi volti al suo
cast, con
Variety che ha annunciato che Michael Zegen, James
Madio e Scott Cohen sono stati tutti scelti per ruoli
ricorrenti nello spin-off di The
Batman. I tre si uniscono a un cast già ricco di star,
che includerà artisti del calibro di Colin
Farrell, che riprenderà il ruolo di Oswald “The Penguin”
Cobblepot, Cristin Milioti, Rhenzy Feliz, Michael Kelly,
Shohreh Aghdashloo, Deirdre O’Connell e Clancy Brown.
Al momento HBO Max non ha rivelato
dettagli in merito ai ruoli che andranno ad interpretare Madio e
Cohen. Tuttavia, Variety riporta che Michael Zegen
interpreterà il ruolo di Alberto Falcone, figlio di
Carmine Falcone, interpretato da John Turturro in The
Batman. Nel mondo di DC Comics, Alberto è anche
accreditato come The Holiday Killer nell’iconica storia di
Batman The Long Halloween, anche se non è
noto se Zegen apparirà nel prossimo sequel di The
Batman.
Ambientata nel mondo di
The
Batman del 2022 , la serie HBO Max si concentrerà
su Oswald Cobblepot. The
Penguin sarà basato sui personaggi DC creati da
Bob Kane e Bill Finger. È stato scritto da Lauren LeFranc, che
è anche la showrunner. I primi due episodi saranno diretti da
Craig Zobel.
Il dramma limitato sarà basato sui
personaggi DC creati da Bob Kane e Bill Finger. È stato
scritto da Lauren LeFranc, che è anche la showrunner. I primi
due episodi saranno diretti da Craig Zobel. La prossima serie
The
Penguin sarà prodotta da Dylan Clark e Matt Reeves di
The
Batman, Farrell, LeFranc, Daniel Pipski, Adam
Kassanand e Rafi Crohn. È un progetto congiunto tra 6th e
Idaho, DC Entertainment, Dylan Clark Productions e Warner Bros.
Television.
Con un tweet l’azienda Funko ha diffuso i primi personaggi
legati al merchandising di The
Flashe con sorpresa oltre al
resto degli eroi confermati e visti nel trailer compare anche un
noto eroe della DCU, : Wonder Woman di Gal Gadot.
Un rapporto di dicembre
affermava che i cameo di Gal Gadot e Henry Cavill in The
Flash erano stati tagliati, il che ora renderebbe
sorprendente l’inclusione di Wonder Woman. ComicBookMovie ha
rivelato di aver sentito che Wonder Woman sarebbe
apparsa in una delle prime sequenze d’azione del film insieme al
Batman di Ben Affleck, il che potrebbe spiegare il suo
far parte del merchandising del film.
Accanto a Wonder Woman, gli altri Funko Pop
includono varie versioni di Flash, il generale Zod, Iris West e le
versioni di Batman di Ben Affleck e Michael Keaton. Ci sono anche alcuni set
deluxe che includono Batman nel Batwing, Flash in esecuzione e
altro ancora.Puoi dare un’occhiata ai vari oggetti da collezione
nel tweet qui sotto:
“I mondi si scontrano in “The
Flash” quando Barry usa i suoi superpoteri per viaggiare indietro
nel tempo per cambiare gli eventi del passato. Ma quando il
suo tentativo di salvare la sua famiglia altera inavvertitamente il
futuro, Barry rimane intrappolato in una realtà in cui il Generale
Zod è tornato, minacciando l’annientamento, e non ci sono supereroi
a cui rivolgersi. Cioè, a meno che Barry non riesca a
convincere un Batman molto diverso a uscire dalla pensione e
salvare un kryptoniano imprigionato… anche se non quello che sta
cercando. Alla fine, per salvare il mondo in cui si trova e
tornare al futuro che conosce, l’unica speranza di Barry è correre
per salvarsi la vita. Ma fare l’ultimo sacrificio sarà
sufficiente per resettare l’universo?”
Prima dell’uscita di The
Flash a giugno, Ben Affleck aveva espresso i suoi sentimenti
sulla possibilità di dirigere un film DC. Dopo aver interpretato
Batman in film come Batman
v Superman: Dawn of Justice e Justice
League, l’attore e regista era stato molto aperto sul
fatto che sarebbe potuto tornare r a lavorare con la DC per
dirigere qualche progetto. Ebbene a distanza di mesi sembra che
qualcosa sia accaduto e ora il due volte premio Oscar sembra aver
cambiato decisamente opinione. Parlando con THRBen Affleck ha chiarito che non dirigerà
qualcosa per la DC, indipendentemente da chi si trova al
comando.
“Non dirigerei qualcosa
per [James] Gunn DC. Assolutamente
no“, ha detto Affleck. “Non ho
niente contro
James Gunn. Bravo ragazzo, certo che farà un ottimo
lavoro. Non vorrei entrare e dirigere nel modo in cui lo
stanno facendo. Non mi interessa.
Ben Affleck apparirà in The
Flash nei panni di Bruce Wayne/Batman al fianco
di Michael Keaton, che interpreterà anche la sua
rispettiva versione del Caped Crusader. A loro si uniranno
Ezra Miller, Sasha Calle, Kiersey Clemons, Maribel Verdú,
Sasha Calle e Ron Livingston. Proprio di
recente, Gunn
ha rivelato che dirigerà Superman:
Legacy, oltre ad aver firmato la sceneggiatura. Il
film farà parte della prima fase del DCU, chiamata Chapter One: Gods
and Monsters. Questo primo capitolo conterrà una
moltitudine di diversi film e programmi televisivi, tra cui un film
incentrato su Batman e Robin chiamato The
Brave and the Bold, un film di Supergirl
intitolato Supergirl: Woman of
Tomorrow, un film di Swamp
Thing e diversi programmi TV
Il film
The Flash
“I mondi si scontrano in “The
Flash” quando Barry usa i suoi superpoteri per viaggiare
indietro nel tempo per cambiare gli eventi del passato. Ma
quando il suo tentativo di salvare la sua famiglia altera
inavvertitamente il futuro, Barry rimane intrappolato in una realtà
in cui il Generale Zod è tornato, minacciando l’annientamento, e
non ci sono supereroi a cui rivolgersi. Cioè, a meno che Barry
non riesca a convincere un Batman molto diverso a uscire dalla
pensione e salvare un kryptoniano imprigionato… anche se non quello
che sta cercando. Alla fine, per salvare il mondo in cui si
trova e tornare al futuro che conosce, l’unica speranza di Barry è
correre per salvarsi la vita. Ma fare l’ultimo sacrificio sarà
sufficiente per resettare l’universo?”
Arriva su Sky QUASI
ORFANO, divertente commedia di Umberto
Carteni, in prima tv lunedì 20 marzo alle
21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K (e alle 21.45 anche su Sky
Cinema Comedy), in streaming su NOW e disponibile on demand, anche
in qualità 4K.
Nel film – remake della pellicola
francese Ti ripresento i tuoi – un grande cast corale che
comprende
Riccardo Scamarcio,
Vittoria Puccini, Antonio Gerardi, Grazia Schiavo, Adriano
Pappalardo, con Nunzia Schiano e con la
partecipazione di Bebo Storti.
La trama del film
Valentino e Costanza sono marito e
moglie, vivono a Milano e hanno fondato un famosissimo brand nel
mondo del design. Valentino, di origine pugliese, ha
progressivamente tagliato i ponti con la sua famiglia, al punto di
dichiararsi orfano e cambiare cognome. La famiglia di Valentino,
colorita e numerosa, tenta di riallacciare i contatti presentandosi
all’improvviso a Milano.
QUASI ORFANO – Lunedì 20
marzo alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K (e alle 21.45
anche su Sky Cinema Comedy), in streaming su NOW e disponibile on
demand, anche in qualità 4K.
Lo sceneggiatore e produttore
Christopher Miller, il co-regista Joaquim
Dos Santos e la produttrice Amy Pascal
hanno offerto alcune informazioni in più su ciò che il pubblico può
aspettarsi dal principale antagonista del film
Spider-Man: Across the Spider-Verse,
sequel di quel Spider-Man: Un nuovo
universo premiato con l’Oscar al miglior film d’animazione
nel 2019. Villain di questo atteso nuovo capitolo sarà La Macchia, un
personaggio meno noto ma estremamente affascinante, mai apparso
sino ad ora in un lungometraggio dedicato all’amato Uomo Ragno.
Parlando di questo villain, Dos
Santos ha ora osservato che: “Nei fumetti, La Macchia era un
personaggio a basso costo, ma ha tutto il potenziale del
mondo“. Miller ha invece aggiunto che: “Inizia in modo
sciocco, con i suoi portali alla Looney Tunes, ma man mano che il
film avanza diventa più potente. Dovrà essere preso sul
serio“. Pascal, infine, ha aggiunto che si tratta di
“un personaggio in cui tutti hanno trovato grande commedia e
pathos“. Sembra dunque che, al di là del suo aspetto poco
minaccioso, La Macchia si rivelerà un villain molto più pericoloso
del previsto per il protagonista.
Spider-Man: Across the
Spider-Verse introdurrà però non solo La Macchia, doppiato da
Jason Schwartzman, ma anche oltre 200 varie
iterazioni dell’eroe titolare. Miller ha dichiarato nell’aprile
2022 che “in mezzo a questo multiverso ci sono 240 personaggi
unici … ma sono per lo più personaggi minori o secondari“. Tra
questi ci sarà Miguel O’Hara, alias
Spider-Man 2099, doppiato da Oscar
Isaac. Isaac sarà affiancato da un cast corale che include
Brian Tyree Henry nei panni di Jefferson
Davis, Luna Lauren Vélez nei panni di
Rio Morales e Issa Rae nei panni
di Jessica Drew, alias
Spider-Woman. Spider-Man: Across the
Spider-Verse, come noto, arriverà nei cinema il 2
giugno.
What’s
Love è il nuovo film del regista indiano Shekhar
Kapur, che ha raggiunto la fama internazionale dirigendo
il celebre Elizabeth del 1998, il suo seguito
Elizabeth: The Golden Age e
Le quattro piume del 2002, quest’ultimo con
protagonista lo splendido Heath Ledger.
Scritto dalla
giornalista e produttrice Jemima Khan, What’s
Love ha il titolo che in inglese aggiunge Got to
do with it, ed è proprio ispirato a parte della vita personale
della sceneggiatrice inglese che dal 1995 al 2004 è stata sposata
con l’ex giocatore di cricket e primo ministro pakistano Imran
Khan. Il respiro festoso e folkloristico è dunque appartenente
ad un’esperienza diretta, che vuole mostrare una facciata della
cultura varia e arricchente del Pakistan, per quanto si tratti
sempre del contesto di una commedia.
Il regista ha
abbracciato appieno il progetto e quello che ne è emerso è una
riflessione sull’amore combinato – “assistito”, come diranno i
protagonisti – in una Gran Bretagna che si ritrova a doversi
soffermare di fronte a idee e credenze estremamente distanti dal
proprio pensiero anglosassone.
What’s Love, la trama
La talentuosa Lily James è Zoe, amica d’infanzia di Kaz
(Shazad Latif). Lui è un medico professionalmente
stabile e affermato, lei invece è una documentarista poco
apprezzata finché, però, non riesce per il rotto della cuffia ad
attirare l’attenzione dei suoi produttori proprio con l’idea di
girare un documentario sul suo amico.
Vicini di casa,
cresciuti insieme giocando su una casetta su un albero, Zoe e Kaz
sono in realtà molto diversi perché mentre la famiglia di lei è
inglese, e la sua mamma è un’esilarante e magnifica
Emma Thompson, quella di lui è pakistana dalle
tradizioni molto vive alle quali tiene molto e che osserva con
passione e senza le minime diluizioni causate dal contesto. È
perciò che Zoe decide di seguirlo con la sua macchina da presa.
Infatti, dopo una chiacchierata fatta insieme proprio su quella
casetta sull’albero nel giardino di Kaz, lui le confessa di aver
deliberatamente aderito all’idea di un matrimonio combinato con una
giovane pakistana, con tanto di agente preposto alla selezione
della candidata. L’incredulità di Zoe sarà l’oggetto del
documentario che lei girerà, alla quale ci affiancheremo noi
spettatori durante tutta la durata del film.
What’s
Love è veramente una commedia godibile, che alterna le
varianti di colori in base al personaggio di cui segue la storia
affiancandole alla leggerezza con qualche punta d’indagine su
alcuni temi per nulla superficiale. La videocamera di Zoe segue Kaz
e il suo bizzarro percorso sentimentale, mentre noi seguiamo lei e
il suo ben più caotico mondo affettivo.
Una romcom affatto banale
Shekar
Kapur gira una romcom affatto banale, che abbraccia tante
delle note attribuite all’idea di amore del nostro secolo. Il senso
della vita di coppia viene scandagliato ascoltando tantissime voci,
dalle più tradizionaliste a quelle più scanzonate, passando per
(quasi) ogni fascia d’età e raccogliendo più d’una massima, che non
hanno niente a che vedere con i Baci Perugina.
PH Robert Viglasky
La piccola rincorsa del
cinema di Zoe nel cinema del regista indiano, fa specchiare l’uno
nell’altro, evocando evidentemente l’esperienza di Jemima
Khan, ma anche le decine di modi di stare al mondo dei
personaggi con i microcosmi che incarnano. La messa in scena, il
ritmo, i colori, le luci e gli spazi sono posizionati sempre in
maniera armoniosa e guidati con piacevolezza, senza sbavature o
incoerenze.
La riprova della
riuscita di What’s Love è la conferma di
quanto uno strumento come quello della commedia riesca a veicolare
e stimolare tematiche molto più serie e attuali di quanto vengano
vendute. Così i dubbi, le confusioni, le ritrosie di due trentenni,
diventano molto facilmente quelle di milioni di donne e uomini del
nostro tempo. Con tutta la giocosa semplicità dei codici di
stile.
Dopo oltre due decenni da quando
hanno lavorato insieme nella commedia Amore a prima
svista, il candidato al Golden Globe Jack Black si
riunira con il duo di cineasti Peter Farrelly
(premio Oscar per GreenBook) e Bobby Farrelly
in un nuovo progetto intitolato Dear
Santa. Secondo alcune fonti, Black ha infatti firmato
ufficialmente per il ruolo principale nella prossima commedia
natalizia dei fratelli Farrelly, che sarà però diretto dal solo
Bobby a partire da una sceneggiatura che i due stanno attualmente
scrivendo insieme a Ricky Blitt, basata su un’idea
originale di Dan Ewen.
Il film sarà incentrato su un
ragazzino, che ogni anno scrive lettere a Babbo
Natale. A sua insaputa, le sue lettere vengono invece
inviate per errore a Satana. Stando alla pagina
IMDb del film, Black interpreterà proprio quest’ultimo personaggio,
il quale sulla carta si sposa benissimo con le sue note doti
comiche. Nel cast ci saranno poi anche Robert Timothy
Smith, Keegan-Michael Key,
Brianne Howey, Hayes MacArthur,
PJ Byrne e l’esordiente Jaden Carson
Baker.
Black, in realtà, sembra aver
anticipato il suo coinvolgimento nel film con un post su Instagram
di sei giorni fa, una fotografia che lo ritrae in mezzo ad alcune
decorazioni natalizie. Con un post successivo, l’attore ha poi
confermato nuovamente il suo ruolo nel progetto, aggiungendo di
“aver riso a crepapelle quando ho letto la sceneggiatura. Credo
di essere nato per interpretare questo ruolo”. Non resta
dunque che attendere ulteriori notizie relative al film, come anche
un primo sguardo al personaggio che Black andrà ad
interpretare.
Tramite il proprio profilo
Instagram, Dwayne Johnson ha
condiviso la sua reunion, nel backstage degli Oscar, con Brendan Fraser,
vincitore del premio Oscar come miglior attore per The Whale. Fraser e
Johnson avevano infatti recitato insieme nel 2001 nel film
La mummia – Ilritorno, dove
l’ex wrestler compariva sul finale nel ruolo del Re Scorpione. Ora,
a distanza di oltre vent’anni, i due si sono rincontrati in quella
che è stata una serata particolarmente importante per Fraser,
tornato alla ribalta dopo anni di ruoli di scarso rilievo.
In allegato al video, Johnson ha
anche scritto la seguente didascalia: “Un momento di chiusura
del cerchio molto bello qui con il mio amico di lunga data Brendan
Fraser e i suoi figli. Il primissimo film della mia carriera
a Hollywood è stato La mummia – Il ritorno, di cui Brendan era il
protagonista. Molti critici e cinici scommettevano contro di me in
quel momento, ma Brendan mi ha accolto a braccia aperte ed è stato
di grande aiuto. Non dimentico mai le persone gentili. Adesso, anni
dopo, Brendan vince il suo Oscar come MIGLIORE ATTORE in “The
Whale” e io sono diventato famoso per aver indossato un marsupio.
Congratulazioni, fratello, goditi i tuoi fiori.”
Un bel momento, dunque, che dimostra
una volta di più l’affetto che i colleghi nutrono per Fraser. Già
in seguito alla standing ovation che Fraser aveva ricevuto alla
premiere del film al Festival di Venezia, nel settembre 2022,
Johnson aveva ringraziato
pubblicamente l’attore per averlo aiutato in La mummia – Il
ritorno. Johnson ha in quell’occasione dichiarato:
“[Brendan Fraser] mi ha supportato facendomi entrare nel suo
franchise con il mio primo ruolo in assoluto, che ha dato il via
alla mia carriera a Hollywood. Faccio il tifo per tutto il tuo
successo fratello e congratulazioni al mio amico Darren
Aronofsky“. Qui di seguito si può vedere il video pubblicato
da Johnson.
Nell’ultimo episodio del podcast
The Witch Trials of J.K. Rowling, l’autrice di
Harry Potter ha parlato delle
reazioni al suo tweet del 2019, in cui esprimeva sostegno a
Maya Forstater, ricercatrice britannica licenziata per commenti
interpretati come anti-trans, e per i quali si è attirata la
condanna di GLAAD.
A quel tempo, l’autrice di
Harry Potter si è rivolta a Twitter per parlare a
sostegno di Forstater, dicendo: “Vestiti come preferisci.
Chiamati come preferisci. Dormi con qualsiasi adulto consenziente
vorrà. Vivi la tua vita migliore in pace e sicurezza. Ma
costringere le donne a lasciare il lavoro per aver affermato che il
genere di nascita è reale? #IStandWithMaya
#ThisIsNotADrill”
“Sapevo che avrebbe causato una
tempesta enorme”, ha detto la Rowling nel podcast, dicendo che
ciò che le è venuto addosso è stata “furia assoluta“.
L’autrice ha riportato le risposte al suo tweet in cui alcuni
commentatori la chiamavano TERF – un acronimo che sta per
“femminista radicale transesclusiva” – un’altra che ha scritto:
“Sono abbastanza sicuro che tu e Maya condividete le stesse
convinzioni di Hitler e dei nazisti… loro gassavano le persone
trans” e ancora un altro che ha scritto, “che peccato che tu sia
diventato il male che ci hai insegnato a resistere. Sei dalla parte
sbagliata della storia con questa posizione.”
Ma, J.K. Rowling ha
continuato: “Un sacco di fan di Harry Potter erano ancora
dalla mia parte. E, infatti, un sacco di fan sono stati grati
per quello che ho detto.” La Rowling ha affermato di aver
ricevuto migliaia di e-mail di supporto al suo indirizzo e-mail
privato. Tuttavia, dice nel podcast che il contraccolpo l’ha
influenzata.
“Personalmente, non è stato
divertente e a volte ho avuto paura per la mia sicurezza e,
soprattutto, per quella della mia famiglia. Il tempo dirà se ho
sbagliato. Posso solo dire che ci ho pensato profondamente,
intensamente e a lungo e ho ascoltato l’altra parte.”
Ma la Rowling ha anche detto che non
ha rimpianti. “Sostengo ogni parola che ho scritto lì, ma la
domanda è: qual è la verità? E sto discutendo contro le persone che
stanno letteralmente dicendo che il sesso è un costrutto.”
I primi episodi di The Witch
Trials of J.K. Rowling hanno debuttato il 21 febbraio, e
in uno di quei pezzi, l’autrice di Harry Potter ha
detto che non si preoccupa dei pensieri sull’eredità o di come sarà
ricordata. “Non vado in giro per casa pensando alla mia
eredità”, ha affermato. “Sai, che modo pomposo di vivere
la tua vita andando in giro pensando: ‘Quale sarà la mia eredità?’
Comunque, sarò morta. Mi importa di adesso. Mi importa dei
vivi.”
Sono poi riportate le sequenti
frasi: “La vita è un cerchio, dalla nascita alla morte alla
rinascita. E così il viaggio dell’eroe è un cerchio a sua volta. Un
continuo viaggio di crescita e trasformazione”. Non sappiamo a
cosa queste frasi vogliano far riferimento, anche se lasciano
intendere ad una rinascita o al continuo di un percorso. Di certo
c’è che Snyder sta stuzzicando apertamente i fan su qualcosa
relativo all’Universo DC, qualcosa che verrà rivelato a fine
aprile. In molti sperano che il regista annunci ufficialmente la
sua volontà di portare avanti quello che è oggi chiamato
lo Snyderverse, ovvero la sua personale versione dei
film dedicati ai supereroi DC.
Non resta dunque che attendere quei
tre giorni di fine aprile, come anche eventuali altri annunci, per
sapere una volta per tutte cosa Zack Snyder ha in serbo per i suoi
fan. Nel mentre, il regista è anche impegnato sull’imminente film
di fantascienza Rebel Moon, che verrà
rilasciato su Netflix teoricamente entro la fine dell’anno. Questo
sarà ambientato in una pacifica colonia su un pianeta lontano, dove
una giovane donna (Sofia Boutella) dovrà salvare
la galassia da Balisaurus (Ed Skrein), uno
spietato reggente tirannico che minaccia tutto ciò che lo
circonda.
Ant-Man and the Wasp:
Quantumania è uscito nelle sale il mese scorso e
ha segnato la seconda apparizione di Jonathan Majors
nell’universo cinematografico Marvel. L’attore è apparso per la
prima volta nel finale di stagione di Loki come “Colui che
Rimane”, e ora è tornato come Kang il
Conquistatore. La scena post-credit del film ha poi
anticipato un grande futuro per il personaggio, ma per ora i fan
dovranno aspettare fino alla sua prossima apparizione. Nel
frattempo, alcune delle persone coinvolte nel film hanno condiviso
alcuni concept art a lui dedicati, che svelano look alternativi
rispetto a quello visto nel film.
Jerad S. Marantz,
che ha lavorato come concept artist in molti film Marvel, tra cui
Avengers: Endgame, Spider-Man: No
Way Home, Doctor Strange nel Multiverso della Follia
e altri, ha infatti ora condiviso con i fan le ulteriori idee
considerate per il costume di Kang. “Per un po’ si è discusso
del guardaroba di Kang – ha spiegato Marantz su Instagram –
Mi è stato assegnato il compito di esplorare le opzioni al di
fuori del suo look classico. Fondamentalmente, cosa indossa quando
non è nella sua armatura e pronto a combattere. Mi sono divertito
molto a trovare un sacco di opzioni. Ecco solo alcuni. Mi sono
davvero divertito a dipingerli”.
Marantz ha poi continuato:
“Adoro lavorare con forme semplici e colori piatti. È stata
anche un’occasione per rispolverare i miei ritratti. Il mio
processo cambia parecchio a seconda dell’incarico e della quantità
di tempo che ho. È molto importante per i concept artist avere un
set abbastanza ampio di strumenti. Devi davvero variare il tuo
approccio in base non solo a quanto tempo hai, ma anche per chi
lavori e cosa possono interpretare. Grazie mille ad Andy Park e al
team della Marvel sviluppo visivo. È sempre un onore lavorare con
così tanti artisti di talento“. In attesa che Kang il
Conquistatore ritorni nell’MCU, è possibile dare un’occhiata ai
concept art di Marantz al link qui di seguito:
Il cinema ha sempre amato le storie
di serial killer, forse perché si prestano a una narrazione
particolarmente coinvolgente, o forse perché inconsciamente, fanno
sentire lo spettatore-essere umano migliore, più giusto, rispetto
ai mostri che vede raccontati (almeno nella maggior parte dei casi,
si spera!). E questa storia d’amore tra killer seriali e settima
arte deve essere stata una delle motivazioni che ha spinto
Matt Ruskin a scrivere e dirigere un film che racconta
di un serial killer ancora senza nome e che è passato alla storia
con l’epiteto de “Lo Strangolatore di Boston“.
Lo Strangolatore di Boston, la
trama
A battezzare così il misterioso
killer che negli anni ’60 terrorizzò la città del MidWest fu
Loretta McLaughlin, giornalista del Boston
Record American che prese a cuore la terribile sorte toccata a
queste donne trovate morte e cominciò, da sola, col il sostegno
della collega Jean Cole, a collegare gli
omicidi, facendosi anche molti nemici. Non solo il killer, ma anche
i suoi colleghi al giornale, che preferivano che le donne fossero
relegate alle sezioni di moda e casalinghi, e la polizia, che non
poteva certo tollerare che delle giornaliste, donne per di più,
facessero il loro lavoro. L’indagine di McLaughlin e Cole riuscì a
ricostruire i legami trai vari omicidi, anche se tutt’oggi il vero
strangolatore di Boston resta senza un nome. Ancora oggi infatti si
dibatte in merito alla confessione di Albert DeSalvo, che confessò
gli omicidi ma che non venne mai condannato per mancanza di prove
(anche se scontò una pena per degli stupri).
Ruskin ha tra le mani una storia
molto accattivante, raccontata da un punto di vista inedito,
tuttavia non riesce a trovare una chiave che possa fungere da
gancio emotivo con lo spettatore. Tutti gli ingredienti vengono
mescolati male e anche le due protagoniste, Keira
Knigthley e Carrie Coon, non vengono
sfruttate al meglio.
Tutta l’ambientazione e la messa in
scena appare “di mestiere”, un compitino poco ispirato che mette in
cattiva luce le interpreti, specialmente Knigthley, tornata al
cinema drammatico dopo una lunga assenza e che aveva invece bisogno
di una direzione diversa per risultare convincente. Al contrario,
invece, sempre ottimo risulta il lavoro di David Dastmalchian che,
nei panni di DeSalvo, mette a segno un altro ruolo da caratterista
inquietante e superbamente portato a casa grazie a un misto di
fisicità studiata, espressività e naturale aspetto fisico che gli
conferisce sempre un’aria sospettosa.
Knigthley e Coon perdono
il confronto con Kazan e Mulligan
Il film non è il primo quest’anno
che vede una coppia di giornaliste donne alle prese con una
importante indagine. Arriva infatti immediato il collegamento tra
Anche io, film uscito in sordina quest’anno
che racconta delle indagini che portarono alla prima inchiesta
contro gli abusi di Harvey Weinstein, e Lo
Strangolatore di Boston e sebbene le due storie abbiano
una potenza molto diversa e un’attualità decisamente differente,
mostrano comunque una coppia di donne, con lavoro, famiglia, figli,
insomma, una vita piena, alle prese con un mostro da sconfiggere.
Chiaramente i casi in esame differiscono, ma se nel caso di
Zoe Kazan e Carey Mulligan, le due attrici sono sostenute
da una scrittura solida e da una mano ferma e accomodante nel
seguire le sue due eroine, Knigthley e Coon non godono dello stesso
privilegio, uscendo sconfitte dal confronto.
Non a caso, purtroppo, Lo
strangolatore di Bostonnon finisce in sala ma direttamente
in streaming. C’è ancora differenza trai prodotti destinati al
grande schermo, con una visione, un respiro e un’ambizione da
grande pubblico, e i film che invece sono decisamente modesti anche
se comunque dignitosi e per i quali non vale la pena pagare il
costo del biglietto. Giusto quello dell’abbonamento.
Lo strangolatore di
Boston targato 20th Century Studios dello scrittore e
regista Matt Ruskin ha debuttato il 17 marzo 2023
in esclusiva su Hulu negli Stati Uniti, su Star+ in America Latina
e su Star all’interno di Disney+ in Italia.
Dopo un lungo tour
internazionale, arriva nei cinema italiani – dal 16 marzo, grazie a
Wanted Cinema – un film capace di conquistare il Gran premio della
giuria al Torino Film Festival 2021 e di esser scelto come Miglior
film dalla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, dal
Calgary International Film Festival e dai Roberto Rossellini Awards
del China’s Pingyao International Film Festival. Apprezzato dalla
critica, Il capofamiglia(Feathers)
dell’esordiente Omar El Zohairy si prepara a sorprendere anche
il nostro pubblico, con un racconto surreale della realtà egiziana,
una tragicommedia che esplode a partire da un momento magico
all’interno della famiglia protagonista.
Un mix di dramma e
commedia
Una innocente festa di
compleanno, un mago ingaggiato per far divertire i piccoli di casa,
un gioco che avrebbe dovuto rivelare tutt’altra sorpresa: questo è
il contesto nel quale scopriamo – insieme alle vittime incredule,
sullo schermo – l’esito di un incantesimo andato storto. Nel quale
il padre autoritario di una famiglia modesta viene trasformato in
un pollo.
Con buona pace delle
tante promesse e del sogno di andare a vivere in una villa con
piscina, quando l’uomo non può più andare a lavorare nella fabbrica
vicina, tanto che i suoi fumi invadono quotidianamente la casa,
tutto cambia. E ad affrontare la catena di incredibili quanto
assurde conseguenze si trova, da sola, la madre, fino ad allora
interamente dedita a marito e figli.
Il capofamigliavero
Non è solo per
l’incredibile metamorfosi che il regista pone come premessa del
film che questa tragicommedia (soprattutto “tragi”) possa esser
definita a buon diritto “kafkiana”, ma per il tono che la pervade e
il contesto nel quale si svolge. Quello egiziano, ma di qualsiasi
altro ambito svantaggiato e in balia di forme di civiltà e scambi
commerciali meno sviluppati di quelli ai quali siamo abituati. Un
contesto nel quale si è più disposti ad accettare una situazione
surreale che a riconoscere i diritti fondamentali a un qualsiasi
essere umano.
In questo caso una madre in
ambasce, lei sì costretta a farsi carico dell’intera famiglia,
compreso il fu marito, che nella sua nuova forma necessita di cure
e attenzioni particolari e non è in grado di contribuire alla ben
povera economia casalinga. Costretta a slalom olimpici tra loschi
pretendenti alla sua virtù e rigidi kapo burocrati, è l’incredibile
interpretazione dell’esordiente Demyana Nassar a trasmettere
l’angoscia esistenziale dell’assurdo che affronta con un aplomb al
limite del non espressivo. Controllata, e quasi senza parlare,
riesce a mostrare la dignità, la forza, il coraggio di un soggetto
mai vittima degli eventi, sempre in grado di rispondere agli “urti
della vita” senza credere a illusorie “love story” (come
sottolineato dalla colonna sonora).
Una dark comedy nella
quale si fatica a ridere di tanta disperazione, ma che oppone al
dramma un tale livello di inverosimile e paradossale da vincere
ogni resistenza. Grazie anche all’equilibrio e la sensibilità
mostrata da El Zohairy nel rappresentare l’approccio quasi
rassegnato all’apparentemente inevitabile, e ingiustificabile, che
qui non esistono magia o cospirazioni, ma solo priorità. Quelle
della vita. Che costringe la donna e i suoi figli a un periodo di
scoperta di sé e a una emancipazione nella quale vale forse la pena
di leggere un suggerimento, o una allegoria, soprattutto visto il
riferimento all’Egitto maschilista e patriarcale che fa lo stesso
regista.