Mario Monicelli
nasce da una famiglia di origine mantovana il 16 maggio del 1915,
cresce a Viareggio, secondo figlio del critico teatrale e
giornalista Tomaso, fratello minore di Giorgio, vive nella
Viareggio degli anni trenta, assorbendo appieno l’atmosfera magica
ed il fermento culturale della città dell’epoca. Frequenta a Milano
il liceo classico Giosuè Carducci e si laurea in storia e
filosofia, accostandosi al cinema grazie all’amicizia con Giacomo
Forzano, figlio del commediografo Giovacchino Forzano, fondatore a
Tirrenia di moderni studios cinematografici sotto il nome di
Pisorno, curiosa fusione dei nomi delle due città, eterne rivali,
Pisa e Livorno, che Mussolini progettava di compiere.
In questi anni, in Mario
Monicelli si va delineando quel particolare spirito
toscano che sarà determinante per la poetica cinematografica delle
commedia del regista (molti scherzi della trilogia di Amici miei
sono episodi che fanno realmente parte della sua giovinezza). Il
critico cinematografico Stefano Della Casa, nel suo volume dedicato
al restauro di uno dei capolavori del regista toscano (L’armata
Brancaleone – Quando la commedia riscrive la storia, edito da
Lindau nel 2006), mette in dubbio le origini viareggine del
regista, arrivando a sostenere che in realtà Mario Monicelli sia
nato a Roma, nel quartiere Prati. Ovviamente supposizione falsa,
anche se Roma è diventata sua città d’adozione e luogo in cui ha
fatto vivere la maggior parte della sua umanità turbolenta. Assieme
a Alberto Mondadori, amico (oltre che cugino, figlio della zia
Andreina Monicelli e dell’editore Arnoldo) e collaboratore, dirige
nel 1934 il cortometraggio Cuore rivelatore, a cui fa seguito,
sempre nello stesso anno, un mediometraggio muto, I ragazzi della
via Paal, presentato e premiato alla Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia. Sotto uno pseudonimo, Michele Badiek,
dirige nel 1937 il suo primo lungometraggio, insieme ad alcuni
amici, Pioggia d’estate, con Ermete Zacconi ripreso nella sua villa
di Viareggio.
Ritratto d’artista: Mario
Monicelli
Critico
cinematografico dal 1932, negli anni tra il 1939 ed il 1949 fu
attivissimo come aiuto-regista e come sceneggiatore, collaborando a
circa una quarantina di titoli. L’esordio registico ufficiale
avviene in coppia con Steno, con una serie di film che i due
registi realizzano su misura per Totò, tra i quali spicca il
celebre Guardie e ladri (1951). Ma c’è da ricordare che con Totò
cerca casa, Monicelli sigla il fruttuoso e magico incontro tra Totò
e il neorealismo. Dopo i numerosi film girati in coppia con Steno,
dal 1953 inizia a lavorare da solo, continuando la feconda attività
di sceneggiatore, che lo porta a contatto con molti altri famosi
cineasti dell’epoca. Monicelli ha firmato alcuni capolavori del
dopoguerra italiano, contribuendo ad uno dei periodi più floridi
del cinema del nostro paese, entrando di diritto nella storia.
Nella sua lunga carriera ha
collaborato con tutti i più importanti attori italiani:
Alberto Sordi, Totò, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica,
Sophia Loren, Amedeo Nazzari, Marcello Mastroianni, Vittorio
Gassman, Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Walter Chiari, Elsa Martinelli,
Anna Magnani, Nino Manfredi, Paolo Villaggio, Monica Vitti, Enrico
Montesano,
Gigi Proietti, Gastone Moschin, Giancarlo Giannini, Philippe
Noiret, Giuliano Gemma,
Stefania Sandrelli, Ornella Muti, Ivo Garrani e Gian Maria
Volonté. I soliti ignoti del 1958 vanta un cast
eccezionale, composto da Vittorio Gassman, Marcello
Mastroianni, Totò e Claudia Cardinale, ed è considerato
quasi unanimemente il primo vero film del florido filone della
commedia all’italiana, nel quale non a caso si verifica una morte,
per la prima volta in una commedia italiana. I soliti ignoti
inaugura anche la carriera del grande Vittorio
Gassman come attore comico. L’anno successivo, Monicelli
gira quello che molti considerano il suo capolavoro, il film che lo
rende famoso oltre i confini italiani, La grande
guerra, Leone d’Oro alla Mostra del cinema
di Venezia del 1959 e sua prima nomination all’Oscar.
Il film, lontano dagli stereotipi classici della commedia, ha un
tono tragicomico, in pieno stile ‘italiano’, che tocca in maniera
delicata un argomento molto difficile come la tragedia della Prima
guerra mondiale è molto arricchito dalle interpretazioni di
Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
La seconda nomination all’Oscar arriva nel 1963 con I compagni.
Nel dittico burlesco
L’armata Brancaleone (1966) e Brancaleone
alle crociate (1970), Mario Monicelli
inventa un “nuovo” e personalissimo Medioevo, comico e condito da
una assolutamente inverosimile lingua maccheronica che ha fatto
epoca, insieme all’ennesima interpretazione di uno straordinario
Vittorio Gassman. Tra gli altri film di rilievo vanno menzionati La
ragazza con la pistola, che vede la grande Monica Vitti in
un’interpretazione davvero notevole oltre che la terza nomination
all’Oscar (1968), Romanzo popolare (1974)
e i primi due capitoli della trilogia di Amici
miei (1975, 1982) che hanno fatto epoca, vitatissimi
da giovani e vecchi, punto di congiuntura tra diverse generazioni,
e che testimonia l’universalità del suo linguaggio cinematografico.
Il terzo capitolo conclusivo verrà diretto da Nanni Loy nel 1985.
Assolutamente da ricordare anche Un borghese piccolo
piccolo (1977) e Il marchese del
Grillo (1981) entrambi con grandi interpretazioni di
Alberto Sordi, che nel primo caso offre un saggio di recitazione
drammatica che somiglia alla trasformazione che precedentemente
Monicelli aveva realizzato per Gassman, ovviamente di senso
inverso. Per il suo cinema degli ultimi anni spiccano
Speriamo che sia femmina (1986) e
Parenti serpenti (1992) e I Picari del
1988, che vede riuniti due dei grandi mattatori del nostro cinema
passato: Gassman e Manfredi accanto alla bravissima
Giuliana De Sio, a Giancarlo Giannini e ad Enrico
Montesano. Occasionalmente si è prestato a qualche cammeo
attoriale (L’allegro marciapiede dei
delitti, 1979; Sotto il sole della
Toscana, 2003; SoloMetro,
2007), dando anche la voce al nonno di Leonardo
Pieraccioni nel Ciclone (1996):
negli ultimi anni ha inoltre cercato nuove strade espressive,
passando al documentario (Un amico magico: il maestro Nino
Rota, 1999) e alla fiction televisiva (Come quando fuori
piove, 2000).
È da considerarsi senza dubbio il
regista che meglio di tutti ha interpretato lo stile e i contenuti
del genere della Commedia all’italiana. Il suo attore di
riferimento è stato Alberto Sordi, da lui trasformato in attore
drammatico in La grande guerra e Un borghese piccolo
piccolo, ma ha anche avuto il merito di scoprire le
grandi capacità comiche di due attori nati artisticamente come
drammatici: Vittorio Gassman nei Soliti
ignoti e Monica Vitti nella
Ragazza con la pistola. Il sorriso amaro
che accompagna sempre le vicende narrate, l’ironia con cui ama
tratteggiare le storie di simpatici perdenti, ne caratterizzano da
sempre la sua opera. Forse non è un caso che molti critici
considerino I soliti ignoti il primo vero film della commedia
all’italiana, e Un borghese piccolo piccolo l’opera che, con la sua
drammaticità, chiude idealmente questo genere cinematografico. Con
l’avanzare dell’età la sua attività è gradualmente diminuita ma non
si è mai fermata, grazie ad una forma fisica e mentale sempre
buona. A dimostrazione di questo, a 91 anni è tornato al cinema con
un nuovo film, Le rose del deserto
(2006). In occasione della sua uscita ha confidato, in
un’intervista a Gigi Marzullo, di non aver alcuna
paura della morte, ma di temere moltissimo il momento in cui
smetterà di lavorare, perché si annoierebbe moltissimo. In
un’intervista del 2008 ha dichiarato di aver abbandonato
definitivamente l’attività registica con il cortometraggio
documentaristico Vicino al Colosseo… c’è
Monti: nonostante ciò nel 2010 realizza un altro
cortometraggio, La nuova armata
Brancaleone, scritto con Mimmo
Calopresti.
Tra gli avvenimenti che hanno
segnato di più la sua vita c’è senz’altro il suicidio del padre,
Tomaso Monicelli noto giornalista e scrittore antifascista,
avvenuto nel 1946. A tal riguardo ha detto: «Ho capito il suo
gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche
a guerra finita, e sentiva di non avere più niente da fare qua. La
vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera
e dignitosa non ne vale la pena. Il cadavere di mio padre l’ho
trovato io. Verso le sei del mattino ho sentito un colpo di
rivoltella, mi sono alzato e ho forzato la porta del bagno. Tra
l’altro un bagno molto modesto. »
La sua ultima compagna è stata
Chiara Rapaccini. Quando si sono conosciuti lui aveva 59 anni e lei
19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei ne aveva 34 e lui 74.
Nel 2007, infatti, ha dichiarato di vivere da solo, di non sentire
la lontananza di figli e nipoti (pur avendoli), di essere un
elettore di Rifondazione Comunista e di avere pianto l’ultima volta
alla morte del padre; mentre in un’intervista svela in particolare
il motivo per cui a 92 anni vive da solo:
« Per rimanere vivo il più a
lungo possibile. L’amore delle donne, parenti, figlie, mogli,
amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell’animo, e, se
ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo
desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così
piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona,
non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il
vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto,
uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti
dieci anni di più. »
Il 25 marzo 2010 partecipa
all’evento Raiperunanotte, dove si esprime in modo molto critico
nei confronti della società odierna. Il 29 novembre dello stesso
anno Monicelli si suicida gettandosi da una finestra del reparto di
urologia dell’Ospedale San Giovanni in Roma, dove era ricoverato.
Un atto di estrema e lucida coerenza, che lascia nel mondo della
cultura e dello spettacolo, oltre che nei cuori di chi l’aveva
conosciuto grande e profonda tristezza. Chi invece ha visto e amato
i suoi film piange la scomparsa dell’ultimo grande regista
dell’epoca d’oro italiana, quando si aveva il coraggio di
raccontare al cinema la società.
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