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Zero Zero Zero: recensione della serie di Stefano Sollima #Venezia76

La serialità televisiva sta facendo passi avanti giganteschi, surclassando per budget e grandiosità progetti pensati per il cinema. Proprio nelle giornate della 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica si sono visti tanti film, prodotti faticosamente, con risorse che non basterebbero a realizzare neanche un singolo episodio, cosa che tuttavia non significa che venga meno l’intensità o i contenuti di un’opera filmica, ma che il mercato del cinema e della televisione si sta spostando in nuovi territori. Le piattaforme come Netflix, Amazon Studios, o Sky, hanno fatto nascere un nuovo modo di produrre, di raccontare, di comunicare, di diffondere film, contenuti e serialità. E in questo nuovo panorama non manca certo un ritorno alla ricerca espressiva e alla sperimentazione, basta pensare a The New Pope di Paolo Sorrentino, presentato al lido pochi giorni fa, ma anche a serie che rompono completamente gli schemi, come Love Death & Robots, visibile su Netflix. Zero Zero Zero di Stefano Sollima è frutto di questo positivo sconvolgimento, che tanta enfasi, clamore e anche polemica sta suscitando.

Le prime due puntate, presentate in anteprima, fuori dalla competizione ufficiale, lasciano intendere l’imponenza dello sforzo produttivo e il respiro internazionale, che nasce nel nostro paese e sconfina in altri continenti, USA, Centro e Sud America, Africa. Ed è proprio questa la grande forza della serie, mantenere sempre uno guardo italiano nonostante un cast internazionale e tante location sparse nel mondo. Tutto questo per narrare un problema tanto attuale, quanto vasto: il narcotraffico.

La sceneggiatura di Zero Zero Zero si poggia solidamente sul romanzo-inchiesta di Roberto Saviano dall’omonimo titolo, pubblicato da Feltrinelli nel 2013. Ma è stata sviluppata inventando personaggi e un solido filo narrativo che permettesse di creare una storia avvincente e credibile, che permettesse di tenere un pubblico vastissimo incollato allo schermo. Episodio dopo episodio è raccontato il viaggio di un carico di cocaina, dal momento in cui un potente clan della ‘Ndrangheta decide di acquistarlo, fino a quando viene consegnato e pagato. In questo modo è mostrato, fin nei dettagli, di come l’economia illegale diviene parte di quella legale e su come entrambe siano collegate a una spietata logica di potere e controllo che influenza le vite e le relazioni delle persone. Attraverso i personaggi e le loro singole storie si evidenziano tutti i meccanismi sconosciuti che si celano dietro il business più redditizio del pianeta, dopo quello del petrolio.

Il modo di creare immagini e di raccontare di Stefano Sollima è di enorme professionalità e bravura, riesce a costruire concitate ed efficaci scene d’azione e di combattimento, con set smisurati, veicoli, esplosioni e centinaia di comparse. La messinscena è così convincente da far sentire lo spettatore sempre al centro della baraonda, almeno sul grande schermo cinematografico. Peccato che alla fine la fruizione sarà destinata alla TV, se non addirittura a computer o dispositivi portatili. Stona però che in un prodotto così ben realizzato si avverta un vizio tutto italiano, ovvero quello di inzuppare ogni secondo del film di musica e tappeti sonori, che tolgono purtroppo verità a situazioni che dovrebbero nutrirsi solamente di rumori o suoni diegetici. La musica di Mogway risulta invadente, stancante, monotona e spesso superflua. Molto indovinati invece sono i volti dei tanti personaggi e risultano assai credibili gli attori, in particolare Dane DeHaan, Gabriel Byrne e Andrea Riseborough.

Zero Zero Zero è una serie avvincente sul traffico di narcotici, che prende vita da un libro di denuncia di grande successo e che regala spettacolarità ed emozioni, garantendo puro intrattenimento.

C’era una volta a… Hollywood: secondo Brad Pitt il film verrà esteso sotto forma di mini-serie

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Con la sua uscita nelle sale italiane fissata al 19 settembre, C’era una volta a… Hollywood, il nuovo film di Quentin Tarantino con Leonardo DiCaprio, Brad Pitt e Margot Robbie è pronto per mostrarsi in tutto il suo splendore.

Stando a quanto riportato dallo stesso Pitt, il film potrebbe non vivere esclusivamente di una versione cinematografica, ma potrebbe trasformarsi anche in una mini serie.

L’attore avrebbe infatti confermato l’idea di Tarantino di espandere il film grazie al materiale non rientrato nel montaggio finale, ampliando così il minutaggio del film e dividendolo in episodi da distribuire in streaming.

“Credo che sotto forma di mini serie potrebbe avere maggior successo. – ha dichiarato Pitt – Certo, sono sempre curioso di vedere se i film funzionano ancora, ma noto sempre di più che le nuove generazioni vanno ad una velocità incredibile, e sono molto più inclini a guardare degli episodi brevi, interagendo con la riproduzione di questi.”

Un’operazione simile è già stata attuata per il precedente film di Tarantino, The Hateful Eight, distribuito sotto forma di mini serie, con del girato extra al suo interno, sulla piattaforma streaming Netflix.

“E’ come avere il meglio dei due mondi – sentenzia l’attore – Puoi avere l’esperienza al cinema, che rimane unica, oppure puoi vederlo con più contenuti in un formato da serie tv. Queste ultime permettono di spendere molto più tempo sui personaggi e sulla storia, sperimentando in modi che oggi nel cinema raramente sono concessi.”

Nell’attesa di una probabile distribuzione in formato da mini serie, C’era una volta a… Hollywood arriverà presto in sala, dove potrà essere ammirato attraverso la spettacolarità del mezzo tanto celebrato da Tarantino.

Fonte: Variety

The Batman: Robert Pattinson è il cavaliere oscuro in un trailer fan made

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Con l’ufficialità che Robert Pattinson interpreterà il cavaliere oscuro nel film The Batman, i fan si stanno sbizzarrendo ad immaginare l’attore nei panni del celebre supereroe, ancor prima che venga diffusa una prima immagine ufficiale.

In un nuovo trailer diffuso in rete, un fan ha ipotizzato il look del film diretto da Matt Reeves. Come è possibile osservare, il video è una combinazione di scene estrapolate da precedenti film con Robert Pattinson, uniti a spezzoni tratti da Batman v. Superman e Batman Forever.

Non mancano poi immagini estrapolate dalle serie TV Gotham e Titans, nonché da videogiochi come Arkham e Injustice 2.

Il tutto viene montato secondo una logica che mira a costruire un potenziale film, mostrandoci come potrebbe apparire il debutto di Pattinson nel ruolo del celebre supereroe.

Con l’inizio della produzione prevista per i primi mesi del 2020, questo tipo di tributi sono tutto ciò che per il momento si ha riguardo il nuovo film, previsto nelle sale per il giugno del 2021. Robert Pattinson ha tuttavia affermato di aver già provato il costume, il che fa immaginare che le riprese sono sempre più imminenti.

A parte ciò, tuttavia, non si hanno novità su ulteriori sviluppi del progetto. Non sono ancora stati annunciati neanche i villain del film, ma tra i principali candidati si ipotizzano Due Facce, Il Pinguino, Catwoman, l’Enigmista e Firefly.

Per avere più certezze tuttavia occorrerà attendere l’inizio della produzione, fissata per i primi mesi del 2020. Nel frattempo è possibile ritrovare Robert Pattinson nei suoi recenti film The King, disponibile su Netflix dal 1 novembre, e The Lighthouse, del regista Robert Eggers.

https://www.youtube.com/watch?v=-Z6rscfFg6k

Fonte: We Got This Covered

Bad Boys for Life: trailer del film con Will Smith

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Bad Boys for Life: trailer del film con Will Smith

Bad Boys for Life, Will Smith e Martin Lawrence di nuovo insieme nel trailer italiano del terzo capitolo della saga, diretto da Adil El Arbi & Bilall Fallah.

A più di vent’anni dall’uscita dell’iconico Bad Boys, Will Smith e Martin Lawrence di nuovo insieme nel trailer dell’atteso terzo capitolo della saga, Bad Boys for Life. I due attori tornano a interpretare i ruoli di Mike Lowrey e Marcus Burnett nel film diretto da Adil El Arbi & Bilall Fallah. Prodotto da Sony Pictures e distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia, il film sarà nelle sale italiane dal 23 gennaio 2020. Nel cast anche Vanessa Hudgens, Alexander Ludwig, Charles Melton, Paola Nunez, Kate Del Castillo, Nicky Jam, Joe Pantoliano.

Bad Boys for Life, la trama

Sinossi: I Bad Boys Mike Lowrey (Will Smith) e Marcus Burnett (Martin Lawrence) di nuovo insieme per un’ultima corsa nell’atteso Bad Boy for Life.

 

Black Widow: ecco quando sarà ambientato il film con Scarlett Johansson

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Dato il suo sacrificio in Avengers: Endgame, i fan si sono chiesti quando sarebbe stato ambientato il film dedicato a Black Widow, con protagonista sempre Scarlett Johansson nel ruolo della spietata assassina.

Grazie ad alcune fonti arriva ora l’ufficialità riguardo l’esatta collocazione del film all’interno della timeline del Marvel Cinematic Universe. Il film Black Widow sarà dunque ambientato tra gli eventi di Captain America: Civil War e quelli di Avengers: Infinity War.

In quel frangente, dopo gli eventi che hanno portato alla rottura interna nel gruppo degli Avengers, l’eroina sembra essersi ritirata per affrontare i suoi demoni del passato, confrontandosi con questi e uscendone più forte, pronta per la sfida più grande che l’avrebbe attesa negli ultimi due film dedicati agli Avengers.

È ipotizzabile tuttavia che il film esplori anche in modo più approfondito le origini del personaggio, consegnandoci così a fine film un nuovo tassello del suo arco temporale, che trova in Avengers: Endgame una tragica quanto eroica conclusione.

Intervistata da The Hollywood Reporter, l’attrice, che per il film ricoprirà anche il ruolo di produttrice esecutiva, si è dichiarata particolarmente entusiasta di questo nuovo progetto. “Mi sento come se avessi il controllo del destino del film, il che mi permette di essere particolarmente in pace con me stessa.”

“Conosco il personaggio meglio di chiunque altro. – ha spiegato l’attrice – Come è stata la sua infanzia? Quale il suo rapporto con l’autorità? Questo personaggio ha così tanto da offrire, e molto di lei non è ancora stato esplorato. In questo film scopriremo tutto ciò, e la porteremo ad un nuovo livello.”

Diretto da Cate Shortland, Black Widow vedrà nel cast principale Scarlett Johansson, David Harbour, Florence Pugh, O-T Fabenle e Rachel Wisz. La data di distribuzione nei cinema è fissata per il 1 maggio 2020.

Fonte: ComicBookResource

Harry Potter: la Warner Bros. vorrebbe produrre un nuovo film con il cast originale

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Come tutti ben sanno, la storia cinematografica di Harry, Ron ed Hermione si è conclusa con il film Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2. Dopo aver sconfitto Voldemort, vediamo i tre protagonisti ormai adulti trasmettere la loro eredità ai propri figli.

Ma è anche nota l’esistenza di Harry Potter e la maledizione dell’erede, opera teatrale in due parti di Jack Thorne su soggetto della stessa J. K. Rowling. Il dramma è ambientato una ventina di anni dopo l’ultimo romanzo della saga, e racconta la storia di Albus Severus Potter, figlio di Harry, e di Scorpius Malfoy, figlio di Draco, nel loro tentativo di salvare Cedric Diggory utilizzando una giratempo.

La produzione ha avuto un enorme successo nei teatri di Londra e New York, e stando ad alcune voci sembrerebbe che la Warner Bros. sia intenzionata a trarne un film, richiamando proprio Daniel Radcliffe, Rupert Grint ed Emma Watson nei loro celebri ruoli.

Il progetto avrà dunque la natura di vero e proprio sequel, e considerando l’ampia materia narrativa dell’opera è possibile che più di un film venga tratto da questa.

Allo stato attuale delle cose, tuttavia, non ci sono conferme di alcun genere, e l’unica sembrerebbe essere soltanto l’intenzione da parte della casa di produzione di trasporre l’opera in una sceneggiatura per il cinema.

Attualmente la Warner Bros. è impegnata anche nel proseguire la saga intitolata Animali fantastici e dove trovarli, prequel di Harry Potter, le cui vicende ruotano attorno al pericolo Grindelwald. La saga prevede un totale di cinque film, con due già realizzati e tre previsti per il prossimo futuro. Bisognerà dunque attendere per vedere se il progetto del sequel diretto diventerà concreto, e molto peso a riguardo lo avrà il possibile ritorno o meno del cast originale.

Fonte: We Got This Covered

IT Capitolo Due, recensione del film di Andy Muschietti

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IT Capitolo Due, recensione del film di Andy Muschietti

IT Capitolo Due arriva al cinema con il compito preciso di replicare il grande successo al box office del primo film, uscito esattamente due anni fa.

Dopo 27 anni i Perdenti tornano a Derry. L’unico di loro che è rimasto nella cittadina del Maine, Mike, li ha chiamati, uno per uno, dicendogli che il mostro è tornato, il terrore oscuro dal volto di clown ha abbandonato l’esilio in cui lo avevano costretto loro stessi e cerca di nuovo sangue e soprattutto vendetta. Bill, Ben, Bev, Eddie, Richie e Stan reagiscono ognuno a modo loro alla telefonata di Mike, tuttavia nonostante il terrore puro che sembra sgorgargli dai recessi della memoria, decidono di tornare ed affrontare una volta per tutte la creatura.

Andy Muschietti paga a caro prezzo, in questo secondo capitolo, la scelta di separare i piani temporali adottata nel primo film, che invece nel romanzo si intrecciano dall’inizio in maniera mirabile. Se infatti la parte Uno era autosufficiente ed esaustiva anche se molto lontana dalla restituzione dell’essenza dei personaggi, IT Capitolo Due soccombe proprio alla necessità del regista di integrare le scene dei protagonisti adulti con flashback dei Perdenti da bambini. A pagarne lo scotto sono proprio gli attori adulti, ai quali sono stati affidati personaggi privi di anima, pedine di un gioco già predestinato, svuotati di ogni caratteristica identificativa, di ogni sfaccettatura del personaggio.

Quando gli adulti arrivano in città sanno già cosa fare, guidati da Mike, seguendo una trama che si allontana in maniera importante dall’originale. Non c’è la Tartaruga, che avrebbe certamente aiutato lo sceneggiatura a risolversi meglio dall’imbarazzo della sequenza finale, il personaggio di Henry Bowers è accennato in maniera approssimativa, il marito di Bev e la moglie di Bill restano sullo sfondo, senza contribuire alla stratificazioni dei due personaggi principali. Il lavoro di adattamento si fonda quindi su una semplificazione che se da una parte può essere comprensibile, dall’altra toglie ogni profondità ai protagonisti. Per non parlare poi della città, vero e proprio cuore malvagio pulsante della storia, che però viene lasciata sullo sfondo.

La banalizzazione dei tratti psicologici dei protagonisti è però ben poca cosa di fronte allo schema con cui, di continuo, Muschietti costruisce le scene. Ogni sequenza, in IT Capitolo Due, è costruita partendo da una situazione comica o distesa, diventando poi tesa, fino al jumpscare che sfocia in una fioritura di effetti visivi, mostruosità ed elementi grotteschi sopra le righe. Due scene simbolo di questo schema sono quella in cui Bev fa visita alla sua vecchia casa a Derry, e quella della cena al ristorante cinese che si conclude con l’apertura dei biscotti della fortuna. Inoltre, soprattutto nel finale, Muschietti abbandona il registro horror puro e lo contamina con una dose massiccia di action, scelta che sicuramente intrattiene il pubblico, ma che ne appesantisce anche il ritmo.

A poco serve la benedizione di King, che compare anche in un cameo nel corso della prima parte del film, IT Capitolo Due di Andy Muschietti, non riesce a consegnare allo schermo la grandezza dell’originale, si fa notare per la sciatteria con cui sono scritti i personaggi protagonisti, per la mancanza di inventiva nel mettere in scena la paura (il regista utilizza solo il jumpscare), ma soprattutto per preferire la spettacolarizzazione fine a se stessa rispetto alla profondità della storia, senza correre rischi, giocando sicuro.

Ma alcune storie non andrebbero raccontate con cautela, per alcune storie c’è bisogno di togliere il freno, di lanciarsi in discesa e di correre per battere il Diavolo.

IT: Capitolo Due

IT Capitolo Due: intervista ad Andy Muschietti e James McAvoy

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IT Capitolo Due: intervista ad Andy Muschietti e James McAvoy

In occasione dell’uscita di IT Capitolo Due, il 5 settembre, abbiamo intervistato il regista Andy Muschietti e il protagonista James McAvoy, che interpreta Bill Denbrough da grande.

Ambientato ventisette anni dopo gli eventi del suo predecessore, il film vede il ritorno del clown Pennywise per le strade della città fittizia del New England intenzionato ad uccidere altri bambini. L’intervento dei Perdenti, come in passato, potrebbe rivelarsi decisivo.

Vi ricordiamo che l’uscita nelle sale di IT Capitolo Due è fissata al 6 settembre 2019. Nel cast figurano, oltre a McAvoy, Jessica Chastain nei panni di Bev, mentre Jay Ryan sarà Ben, Isaiah Mustafa Mike, Bill Hader Richie, James Ransone Eddie, Andy Bean Stan, e Bill Skarsgård tornerà a interpretare Pennywise il Clown Ballerino.

Venezia 76: assegnato a Terry Gilliam il Green Drop Award

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Venezia 76: assegnato a Terry Gilliam il Green Drop Award

Consegnato il Green Drop Award edizione speciale alla carriera al visionario regista Terry Gilliam “per il suo cinema e le sue opere distopiche che da sempre ci mettono in guardia sui rischi della cattiva scienza, dei corrotti e della banalità”.

Alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia 2019 consegnato da Green Cross Italia il Green Drop Award edizione speciale alla carriera al visionario regista Terry Gilliam “per il suo cinema e le sue opere distopiche che da sempre ci mettono in guardia sui rischi della cattiva scienza, dei corrotti e della banalità”.

Insieme alla scienza che sta studiando gli strumenti e le soluzioni per arginare gli effetti dei cambiamenti climatici, anche la settima arte attraverso il linguaggio cinematografico  offre un proprio piano d’attacco. Le metafore e le allegorie di cui è composto il cinema del regista Terry Gilliam, mostrano mondi distopici e catastrofici di fronte ad una attualità che sta quasi superando il suo immaginario.

Nel corso della cerimonia di premiazione, Terry Gilliam ha spiegato il suo “pessimismo” evidenziando come la natura oggi si sta ribellando verso un’umanità che vive ben al di sopra delle proprie possibilità.

Alla domanda “che fare?” per reagire al pessimismo Gilliam ha invitato i giovani a marciare il prossimo 20 settembre, in prossimità della Conferenza mondiale sul clima di New York, con i ragazzi di Fridays For The Future e in particolare con Greta Thunberg.

Venezia 76: David Cronenberg presenta Crash, per Venezia Classici

David Cronenberg è stato il protagonista di un tappeto rosso pomeridiano a Venezia 76, dove è arrivato per presentare la versione restaurata di Crash, uno dei suoi film più famosi. Ecco le foto dell’arrivo del regista:

Il film è uno studio dell’erotismo e della tecnologia: esplora la passione sessuale provocata da incidenti automobilistici traumatici. Il dirigente pubblicitario James Ballard e sua moglie Catherine conducono vite sessuali complesse e superficiali. Dopo un incidente quasi mortale con la dottoressa Helen Remington, Ballard è attratto dall’esplorazione delle connessioni tra pericolo, sesso e morte. Mano a mano che il loro coinvolgimento con lo scienziato-fotografo Vaughan e la vittima di un incidente, Gabrielle, si fa più profondo, Ballard e Catherine trovano modi nuovi e inquietanti di esprimere il loro amore.

COMMENTO DEL REGISTA

Crash è una storia d’amore futuristica ambientata nel presente. Tratta del tentativo di due individui, che si ritrovano a essere molto distaccati eppure in qualche modo innamorati, di riallacciare un legame tramite gli incidenti automobilistici, e di cercare altre persone che hanno avuto incidenti d’auto e provano lo stesso tipo di legame tra di loro. Gli incidenti automobilistici sono una metafora dello scontro tra la tecnologia del presente e la psiche umana. Si tratta di un film pericoloso sotto molti aspetti. Tutte le persone coinvolte nel film erano allo stesso tempo impaurite ed eccitate dalla sfida di esplorare l’attrazione che la società e noi stessi proviamo per la tecnologia e la sessualità. Nel film la sessualità, per quanto sia strano, è tutta consensuale. I personaggi tentano attivamente di creare una nuova forma di sensualità, sessualità ed erotismo.

Venezia 76: Roberto Saviano e Stefano Sollima presentano Zero Zero Zero

Alla conferenza stampa di Zero Zero Zero sono presenti Roberto Saviano e Stefano Sollima, i produttori Riccardo Tozzi e Nicola Maccanico e gli interpreti Andrea Riseborough, Dane DeHaan, Harold Torres, Adriano Chiaramida.

Roberto Saviano, autore del libro inchiesta dall’omonimo titolo e Stefano Sollima, il regista, raccontano la lunga filiera del narcotraffico. Il viaggio della cocaina, così come suggerito dai titoli iniziali, nasce in Colombia, si snoda per le arterie del mondo, solca l’oceano e approda in Aspromonte dove i boss vivono arroccati in bunker impenetrabili e nella diffidenza più assoluta verso tutti, compresi loro stessi. Il decalogo di vita viene recitato nell’incipit della prima puntata da Gabriel Byrne: “Se credi nella vita, la vita finisce, se credi nell’amore, il cuore cessa di battere.” L’etica mafiosa coincide con il guadagno e l’affermazione del potere.”

Il lavoro di adattamento è stato complesso. Nei mesi precedenti le riprese, gli autori hanno avuto modo di compiere un’accurata ricerca nei principali paesi coinvolti (Messico, Africa, Stati Uniti), per tracciare una mappa dei luoghi che riuscisse a collegare le rotte commerciali ai volti degli uomini coinvolti. Sollima dice di aver mantenuto sempre uno sguardo distaccato e di essersi introdotto nel profondo delle trame di questo intricato tessuto, indagando tutti gli aspetti della storia con meticolosità.

Andrea Riseborough e Dane DeHaan hanno apprezzato molto i precedenti lavori di Stefano Sollima, per loro il regista è stato un punto di riferimento. Quello che ha colpito maggiormente Harold Torres è stata la cura sulla documentazione e la raccolta di testimonianze che hanno permesso di toccare in profondità l’aspetto umano dei tanti personaggi e le sfumature narrative.

Di particolare intensità è stato l’intervento di Roberto Saviano, che ha raccontato con semplicità e chiarezza, il fenomeno del narcotraffico, citando con precisione numeri, quotazioni e guadagni. Ha paragonando il potere della cocaina a quello del petrolio, accostando la logica della droga a quella religiosa.

Venezia 76: intervista a Adriano Giannini e Micaela Ramazzotti per Vivere

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In occasione della presentazione Fuori Concorso a Venezia 76 di Vivere di Francesca Archibugi, ecco l’intervista ai protagonisti Adriano Giannini e Micaela Ramazzotti.

Il termine ‘famiglia’ proviene dal latino familia: gruppo di servi e schiavi patrimonio del capo della casa. Secoli dopo, il nostro Pater familias è Luca Attorre, giornalista freelance, confezionatore di articoli di colore che piazza a stento sui giornali. In una periferia decorosa fatta di villette a schiera, non riesce a mantenere Susi, ballerina ridotta a insegnare danza a signore sovrappeso e Lucilla, la loro bimba di sei anni, quieta e fantasiosa, ma affetta da asma bronchiale severa. Li soccorre economicamente Pierpaolo, il figlio diciassettenne di Luca, avuto da una precedente relazione. Il ragazzo vive in un villino liberty con la madre e il nonno, importante avvocato di celebri processi legati alla politica e che fattura svariati milioni di euro all’anno. Dentro una Roma magnifica e incomprensibile, materna e matrigna, casca nel mezzo Mary Ann, irlandese molto cattolica e studentessa di storia dell’arte, ragazza alla pari per la piccola Lucilla. Nel fondersi con gli Attorre, in un anno di permanenza denso di legami di amicizia e d’amore, leciti e illeciti, Mary Ann scopre che nell’Italia che aveva studiato e idealizzato il bene e il male hanno confini negoziabili.

COMMENTO DELLA REGISTA

La mia ambizione è annullare la macchina da presa: la storia deve sembrare raccontata da sé stessa. Incalzato da una televisione di qualità sempre maggiore, sembra che il cinema, per avere la legittimità di esistere, debba magnificare la grandezza dello schermo con immagini extra-ordinarie. Sempre più raramente si vedono film di grandiosa semplicità, che sprigionino la complessità dell’esistenza senza averne l’aria. Con un po’ di testardaggine difendo questa idea di cinema. Nessuno rapina, nessuno ammazza, nessuno vola, nessuno muore di overdose. Eppure vivere non fa meno male.

Venezia 76: Destino di Bonifacio Angius chiude la Settimana della critica

Sarà presentato in anteprima a Venezia 76, come evento speciale di chiusura della Settimana della critica, il cortometraggio Destino di Bonifacio Angius. È il suo ultimo lavoro, dopo il successo in sala del film Ovunque proteggimi, uscito quest’inverno e presentato al Festival di Torino, e ancor prima di Perfidia, unico film italiano in concorso al Festival di Locarno 2014. Bonifacio è attualmente al lavoro su un nuovo lungometraggio.

La selezione della settimana della critica, che propone sette cortometraggi in concorso di autori italiani non ancora approdati al lungometraggio e due eventi speciali fuori concorso, è curata dal Delegato Generale Giona A. Nazzaro con i membri della commissione di selezione Paola Casella, Simone Emiliani, Beatrice Fiorentino e Massimo Tria.

Bonifacio Angius, reduce dal recente successo del suo secondo lungometraggio Ovunque proteggimi, approda a Venezia con la sua ultima creazione -ognuno ha il suo Destino– di cui ha curato regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio e produzione, e in cui ricopre anche il ruolo di attore protagonista, come un vero artigiano, nel solco della migliore tradizione del cinema italiano. Al suo fianco Marta Pintus, Andrea Carboni, Teresa Soro e Orlando Angius.

“Dopo molti anni ho voluto riprovare l’esperienza di fare cinema con lo spirito di quando avevo vent’anni”, dichiara il regista sassarese, “In questo film è stato fondamentale l’apporto collaborativo dei miei studenti ed ex studenti del corso cinematografia che tengo ormai da tre anni presso l’Accademia di Belle Arti di Sassari Mario Sironi”.

La storia di Destino si sviluppa in una giornata ordinaria di un uomo senza qualità che nel succedersi degli eventi si misura con il senso di vuoto, la forza della superstizione, i sentimenti dell’angoscia e della paura in una dimensione dall’intensità quasi ancestrale, in cui troverà le conferme che stava cercando da tempo.

Il cortometraggio, realizzato con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission, è prodotto da IL MONELLO FILM, coprodotto da Sayonara Film e ha come distributore nazionale ed internazionale Elefant Film.

Bonifacio Angius, nato a Sassari il 12 giugno 1982, è regista, sceneggiatore, direttore della fotografia e produttore (dal 2013 è amministratore della società di produzione cinematografica Il Monello Film).

Filmografia essenziale: Ultimo giorno d’estate (2005, corto), In Sa ‘Ia (2006, corto), SaGràscia (2011), Perfidia (2014), Domenica (2016, corto), Ovunque proteggimi, 2018), Destino (2019, corto).

 

Venezia 76: intervista a Francesca Archibugi per Vivere

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Venezia 76: intervista a Francesca Archibugi per Vivere

In occasione della presentazione a Venezia 76 Fuori Concorso del suo ultimo film, Vivere, ecco la nostra intervista a Francesca Archibugi.

Il termine ‘famiglia’ proviene dal latino familia: gruppo di servi e schiavi patrimonio del capo della casa. Secoli dopo, il nostro Pater familias è Luca Attorre, giornalista freelance, confezionatore di articoli di colore che piazza a stento sui giornali. In una periferia decorosa fatta di villette a schiera, non riesce a mantenere Susi, ballerina ridotta a insegnare danza a signore sovrappeso e Lucilla, la loro bimba di sei anni, quieta e fantasiosa, ma affetta da asma bronchiale severa. Li soccorre economicamente Pierpaolo, il figlio diciassettenne di Luca, avuto da una precedente relazione. Il ragazzo vive in un villino liberty con la madre e il nonno, importante avvocato di celebri processi legati alla politica e che fattura svariati milioni di euro all’anno. Dentro una Roma magnifica e incomprensibile, materna e matrigna, casca nel mezzo Mary Ann, irlandese molto cattolica e studentessa di storia dell’arte, ragazza alla pari per la piccola Lucilla. Nel fondersi con gli Attorre, in un anno di permanenza denso di legami di amicizia e d’amore, leciti e illeciti, Mary Ann scopre che nell’Italia che aveva studiato e idealizzato il bene e il male hanno confini negoziabili.

COMMENTO DELLA REGISTA

La mia ambizione è annullare la macchina da presa: la storia deve sembrare raccontata da sé stessa. Incalzato da una televisione di qualità sempre maggiore, sembra che il cinema, per avere la legittimità di esistere, debba magnificare la grandezza dello schermo con immagini extra-ordinarie. Sempre più raramente si vedono film di grandiosa semplicità, che sprigionino la complessità dell’esistenza senza averne l’aria. Con un po’ di testardaggine difendo questa idea di cinema. Nessuno rapina, nessuno ammazza, nessuno vola, nessuno muore di overdose. Eppure vivere non fa meno male.

Chiara Ferragni – Unposted, recensione del documentario #Venezia76

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Per tutti quelli che di cinema si interessano poco o niente, il documentario Chiara Ferragni – Unposted era il titolo da seguire per questa Venezia 76. Un titolo che non ha mancato di sollevare qualche polemica dal suo primo annuncio nella selezione ufficiale di Barbera, a luglio scorso.

Il documentario, diretto da Elisa Amoruso, si presenta come un racconto di come Chiara Ferragni è arrivata a costruire il suo impero, dagli inizi con il suo blog, fino al successo travolgente, la fama, le Fashion Week in giro per il mondo e il marchio d’abbigliamento che arricchisce il suo impero.

Nella prima parte del film, la Amoruso fa un ottimo lavoro di raccolta di immagini, a partire dal materiale di repertorio, i filmati delle vacanze di Chiara con la famiglia girati dalla madre, ex modella e appassionata di fotografia. Questo racconto cronachistico però perde ogni possibilità che ha per porsi delle domande che si discostino dall’intento di dipingere un ritratto perfetto di ciò che vediamo già sui social, ogni giorno. Sorge così il dubbio su quello che è il titolo scelto per il documentario: unposted significa infatti “non postato/pubblicato” il che lascia intendere ad una vita segreta in cui Chiara magari si sveglia spettinata. Non è così.

L’intento cronachistico della prima parte scivola vertiginosamente verso l’agiografia che non si pone domande sui meccanismi, sulle cause e sul processo della nascita e dell’ascesa di questa giovane imprenditrice che è a tutti gli effetti un brand, un prodotto. E così anche il film diventa un costoso spot pubblicitario che calca la mano sul modello positivo che rappresenta Chiara: sempre gentile, bella, perfetta, Chiara Ferragni deve tutto il suo successo alla sua bravura e alla sua determinazione.

E anche per quello che riguarda la vita privata, nulla è stato aggiunto al già pubblico e ricco racconto del matrimonio, della gravidanza, del piccolo Leone e del rapporto con Fedez.

Chiara Ferragni – Unposted è niente più che un’agiografia, uno spot pubblicitario, un’emanazione del marchio Ferragni. Un progetto che potenzialmente poteva regalare soddisfazioni alla sezione Sconfini della Mostra di Venezia, dove è stato presentato, ma che si è rivelato essere soltanto terribilmente fuori posto.

Spider-Man: per Tom Holland, il suo Peter Parker è più interessante di quello di Tobey Maguire

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Ogni Spider-Man cinematografico è una diversa interpretazione del personaggio, il che rende ben diverse le tre varianti finora trasportate sul grande schermo. La versione di Tom Holland ricevette ad esempio critiche per il suo essere particolarmente giovane, dando di conseguenza un tocco “teen” ai film a lui dedicati. Tuttavia Holland è convinto che il suo Spidey sia più interessante dei precedenti, e in particolare di quello di Tobey Maguire, che ricopriva il ruolo nella trilogia di Sam Raimi.

Chiamato a rispondere alla domanda di un fan sul perché il suo Spider-Man apparisse più ingenuo di quello di Maguire, l’attore ha così risposto: “Perché questo mi rende più interessante. Credo che ci sia più possibilità di crescita se parti da zero. Ma se invece se già dall’inizio sei un pezzo grosso, non c’è molta strada in più da poter fare.”

Benché l’affermazione sembri discutibile, è necessario specificare che Holland non ritiene meno interessante la versione di Maguire, di cui è invece un fan, ma parla da un punto di vista riguardante l’arco narrativo del personaggio, e il suo Spider-Man sembra poter avere una maggiore possibilità di crescita.

Sarebbe infatti interessante poter assistere alla formazione del supereroe, che da giovane e inesperto diventa un uomo sicuro di sé e delle proprie capacità, magari passando infine il testimone ad un nuovo giovane supereroe. Proprio come il suo mentore Tony Stark ha fatto con lui. Con Tom Holland intenzionato a tenersi stretto il personaggio, questa possibilità è molto probabile che diventi concreta.

Fonte: We Got This Covered

Avengers: Endgame, per Scarlett Johansson Black Widow è morta con onore

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Uno dei momenti più scioccanti, e imprevisti, di Avengers: Endgame è stato senza dubbio il sacrifico di Black Widow. Con la sua morte infatti, gli Avengers sono stati in grado di ottenere la Gemma dell’Anima custodita su Vormir.

L’assassina russa interpretata da Scarlett Johansson si è sacrificata al posto del suo amico e collega Occhio di Falco, interpretato da Jeremy Renner, così che egli potesse contribuire a riportare in vita la metà di universo spazzata via da Thanos, e ritrovare anche la sua famiglia.

Molti sono rimasti scontenti dalla morte del personaggio, per il quale avrebbero preferito un finale più lieto. L’attrice Scarlett Johansson ha invece espresso un parere in parte diverso dalla maggioranza.

“Certamente la sua fine è triste, ma ero eccitata all’idea che morisse con onore. – ha dichiarato l’attrice – Era nella natura del personaggio sacrificarsi per l’umanità, certo, ma ancor di più per i suoi amici, per le persone che amava. È stato dolce e amaro allo stesso tempo”.

I fratelli Russo, registi del film, hanno inoltre difeso il controverso momento definendolo il più eroico dell’intero Marvel Cinematic Universe.

Fortunatamente sarà ancora possibile vedere Black Widow sul grande schermo nel film a lei dedicato, previsto in sala per il maggio 2020. Scarlett Johansson riprenderà il ruolo della letale assassina, in una storia che presumibilmente sarà ambientata prima degli eventi di Avengers: Infinity War. Attraverso il film sarà finalmente possibile scoprire nuovi dettagli del passato dell’agente Romanoff.

Fonte: We Got This Covered

The Batman: Robert Pattinson era furioso per i rumor sul suo casting

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Benché ora sia ufficiale che Robert Pattinson ricoprirà il ruolo di Batman nel film The Batman, diretto da Matt Reeves, le voci circa il suo casting sono iniziati a circolare già ben prima dell’annuncio.

Tali indiscrezioni hanno preoccupato l’attore, il quale temeva che lo studio di produzione potesse cambiare idea circa il suo coinvolgimento nel progetto.

Ancor prima di iniziare le riprese del nuovo film di Christopher Nolan, intitolato Tenet, la notizia del casting di Pattinson nel ruolo del cavaliere oscuro era stata infatti diffusa in rete, con la possibilità di ridurre le chance per l’attore di essere realmente selezionato per il ruolo.

“Quando quella notizia fu diffusa, ero maledettamente furioso. – ha dichiarato Pattinson in un intervista – Tutti sembravano agitati. Temevo davvero che questo mi mettesse automaticamente fuori dai giochi.”

Fortunatamente solo qualche settimana dopo l’attore ha ufficialmente ottenuto il ruolo, diventando così il nuovo volto del supereroe di Gotham City.

La distribuzione nelle sale cinematografiche è prevista per il giugno del 2021, e Robert Pattinson ha dichiarato di aver già provato il suo costume.

Attualmente non si hanno novità su ulteriori sviluppi della produzione. Non sono ancora stati annunciati neanche i villain del film, ma tra i principali candidati si ipotizzano Due Facce, Il Pinguino, Catwoman, l’Enigmista e Firefly.

Per avere più certezze tuttavia occorrerà attendere l’inizio della produzione, fissata per i primi mesi del 2020. Nel frattempo è possibile trovare nei suoi recenti film The King, disponibile su Netflix dal 1 novembre, e The Lighthouse, del regista Robert Eggers.

Fonte: ComicBookResource

Mulan: continuano le controversie intorno al film con il #BoycottMulan

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Da quando l’attrice cinese Liu Yifei, scelta per interpretare Mulan nel nuovo live-action Disney, ha espresso il proprio parere sugli attuali scontri nella città di Hong Kong, l’hashtag #BoycottMulan è entrato nei trend mondiali di Internet.

L’attrice ha infatti espresso il proprio supporto alla polizia della città afflitta dagli scontri, generando proteste da parte di tutto il mondo, e rischiando di compromettere il successo cinese del film.

Ora si aggiunge al dibattito anche l’attore Tzi Ma, che nel film interpreta Hua Zhou, il padre di Mulan. “Credo sia inevitabile una polemica del genere, date le gravi circostanze attualmente in atto ad Hong Kong e in tutta la Cina. – ha dichiarato l’attore – Ci sono voci di supporto e di opposizione. C’è una fazione che chiede di boicottare il film e un’altra di sostenere Liu Yifei.”

“Non c’è ragione o torto, – ha continuato l’attore – ma il nostro intento è di consegnare un gran film, e per quanto sia prerogativa di ognuno apprezzarlo o meno, spero ci verrà quantomeno data la possibilità di essere giudicati per i meriti e non per l’ideologia, che è al di là del nostro controllo.”

Con il film previsto nelle sale per i primi mesi del 2020, Tzi Ma spera che la situazione possa calmarsi in questo periodo, per il bene di tutti.

Mulan è diretto da Niki Caro e ha tra i suoi protagonisti Liu Yifei, Donnie Yen, Yoson An, Gong Li e Jet Li. Il film, previsto per il marzo 2020, sarà un nuovo capitolo nel progetto della Disney di riattualizzare i propri classici animati con dei fedeli live-action.  

Fonte: ComicBookResource

Scarlett Johansson difende Woody Allen: “lavorerei con lui sempre e ovunque”

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In un’intervista rilasciata da poco, l’attrice Scarlett Johansson ha pubblicamente difeso il regista premio Oscar Woody Allen dalle accuse di molestie che con il #metoo sono nuovamente tornate in superficie.

Nel 1992 il regista fu infatti accusato di aver molestato sessualmente la figlia adottiva, Dylan Farrow, che all’epoca aveva sette anni. Nonostante diversi tribunali abbiano dichiarato Allen innocente, il movimento nato in seguito al caso Weinstein, ha riportato alla luce le accuse contro il regista, causando numerosi problemi alla sua carriera.

Nonostante molte celebrità di Hollywood si siano schierate contro il regista, egli può vantare alcuni difensori d’onore. A questi si aggiunge ora anche Scarlett Johansson, che con il regista newyorkese ha girato i film Match Point, Scoop e Vicky Christina Barcelona.

L’attrice, intervistata da The Hollywood Reporter, ha riportato il suo parere riguardo le controversie che circondano Allen. “Cosa penso di Woody? – ha esclamato l’attrice – Io amo Woody. Credo in lui e lavorerei con lui sempre e ovunque. Lo incontro ogni volta che posso, e le nostre conversazioni sono sempre così stimolanti. Lui ha detto di essere innocente, ed io gli credo.”

L’attrice, che in questi giorni ha presentato il suo nuovo film da interprete Marriage Story di Noah Baumbach al Festival di Venezia, non è nuova a rilasciare dichiarazioni che potrebbero dar vita a nuove discussioni.

La più recente riguarda la frustrazione confessata riguardo il non poter interpretare tutti i ruoli che vorrebbe per via di un politically correct che è solo un danno alla libertà d’espressione. Questo avveniva in seguito al suo casting per il ruolo principale in Ghost in the Shell o per il ruolo di una transgender nel film Rub & Tug, attualmente sospeso proprio per via delle polemiche.

Le nuove dichiarazioni riguardo le recenti e sfortunate vicende del regista newyorkese seguono tuttavia numerosi nuovi processi in cui Allen è stato riconfermato innocente. Nonostante ciò il regista si è a lungo visto bloccare da Amazon il suo nuovo film, Un giorno di pioggia a New York, tutt’ora senza distribuzione statunitense.

Un giorno di pioggia a New York uscirà invece in Italia il 3 ottobre. Il film, scritto e diretto da Woody Allen ha nel proprio cast gli attori Timothée Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law, Diego Luna e Liev Schreiber.

Fonte: ScreenRant

Spider-Man: Tom Holland vorrebbe condividere un film con Miles Morales

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Con il futuro di Spider-Man ancora incerto per via della rottura del patto tra Marvel e Sony, l’attore Tom Holland ha espresso un desiderio per eventuali progetti futuri.

Durante un’intervista con GQ, un fan ha chiesto all’interprete di Spider-Man se ci sarà mai un film in cui sono presenti sia Peter Parker che Miles Morales, o se per introdurre Miles sia necessario che prima Peter muoia.

“Spero che Peter non debba necessariamente morire, perché condividere la scena con Miles sarebbe un sogno. Penso sarebbe davvero fico.”

Il personaggio di Miles Morales compare per la prima volta in Ultimate Comics Fallout #4 del 2011, dove prende il posto di Spider-Man in seguito alla sua morte. Tuttavia numerose sono anche le occasioni in cui i due hanno combattuto fianco a fianco, dalla serie animata Ultimate Spider-Man fino al film d’animazione premiato con l’Oscar Spider-Man: Un nuovo universo.

Ad oggi tuttavia il personaggio non è stato ancora neanche accennato dai Marvel Studios. Ma con il potere nelle mani della Sony, questa potrebbe invece avere questa intenzione, introducendo il personaggio accanto a quello di Spider-Man in un prossimo film dedicato al supereroe.

Vi ricordiamo che Spider-Man: Far From Home è uscito nei cinema italiani il 10 luglio 2019. Alla regia vi è nuovamente Jon Watts, e, accanto a Tom Holland nel ruolo di protagonista, vi sono Zendaya, Jake Gyllenhaal, Samuel L. Jackson, Cobie Smulders e Marisa Tomei.

Il film segue di pochi mesi gli eventi di Avengers: Endgame, dove durante una gita scolastica Peter Parker, alias Spider-Man, si ritroverà a dover fronteggiare gli Elementali, esseri composti dai quattro elementi fondamentali che minacciano di distruggere il pianeta. Al suo fianco ci sarà però Quentin Beck, rinominato Mysterio, eroe dall’enigmatico passato.

Fonte: ComicBookResource

Venezia 76: il red carpet di Chiara Ferragni

Venezia 76: il red carpet di Chiara Ferragni

Ecco le foto dal red carpet di Chiara Ferragni – Unposted, il film documentario sulla carriera e la vita della fashion blogger italiana più famosa nel mondo. Per la serata di gala, Chiara Ferragni ha scelto un abito romantico blu notte, firmato Dior.

C’è qualcosa che ancora non sappiamo su Chiara Ferragni? Questo film è un’immersione a 360° nella sua sfera pubblica e interiore: per osservare la posizione che ha conquistato nei mercati della moda e del lusso attraverso i social media, per decodificare ciò che rimane incomprensibile per il pubblico dei social e per indagare come le strategie di marketing e i metodi di intrattenimento siano cambiati nell’ultimo decennio. Ferragni è la più potente influencer della moda nel mondo secondo Forbes. È un’icona contemporanea di self made woman attenta ai diritti delle donne e ai diritti alla diversità. Rappresenta una storia di successo femminile, che continua a sedurre e conquistare milioni di fan ogni giorno, in tutto il mondo. Ma chi è la donna dietro l’immagine pubblica? Quali sono i segreti dietro alle sue imprese multimilionarie?

COMMENTO DELLA REGISTA

La rivoluzione digitale sta cambiando il modo in cui comunichiamo e i rapporti tra le persone. Le piattaforme social hanno stravolto il mondo del lavoro, del business e dell’economia: un fenomeno globale che ha ristabilito regole e abbattuto barriere.

Chiara Ferragni è stata una pioniera di questo mutamento: a trentadue anni è a capo di due aziende – una delle quali, The Blonde Salad, è diventata un case study della Business School di Harvard – e ha 17 milioni di follower.

Il film ricerca il segreto del suo successo rapido e dirompente, con uno sguardo che non vuole essere giudicante, quanto piuttosto indagatore. Chiara Ferragni è anche la persona che sta dietro al suo personaggio, con le sue fragilità e le sue radici. Proprio queste contribuiscono a spiegare il suo successo in un mondo, quello dei social, che non ha leggi, ma è universale e può offrire una chiave di lettura del nostro presente e del nostro futuro.

Venezia 76: al Lido, Tiago Guedes e Robert Guédiguian in concorso

Il concorso di Venezia 76 propone, nella giornata di giovedì 5 settembre, A Herdade, di Tiago Guedes, dal Portogallo, e Gloria Mundi, una saga familiare diretta da Robert Guédiguian.

A HERDADE (LA TENUTA)

Il film racconta la storia di una famiglia portoghese che possiede una delle più grandi proprietà fondiarie d’Europa sulla riva meridionale del fiume Tago. A herdade scava nei segreti della loro proprietà, rappresentando le vicende storiche, politiche, economiche e sociali del Portogallo a partire dagli anni Quaranta, passando per la Rivoluzione dei garofani fino ad arrivare ai nostri giorni.

COMMENTO DEL REGISTA

La ‘herdade’, che ha origine dal latino ‘hereditas’, è in questo film un regno dominato da un uomo carismatico e progressista, in un Paese sottoposto a una dittatura fascista. Il luogo funge da metafora di tutto ciò che accade al nostro straordinario protagonista. Sia la proprietà che l’uomo, entrambi inizialmente grandiosi, con il passare del tempo sono inevitabilmente destinati a scontrarsi con i venti del cambiamento, a rivelare le imperfezioni, le zone grigie, e a crollare. Lungo tutto il corso della vita, le scelte che facciamo ci definiscono, ma portiamo con noi qualcosa che non riusciamo a percepire né a controllare. Qualcosa che è nato con noi, che abbiamo ereditato. Questo film ci racconta delle inevitabili connessioni che ci definiscono e ci condizionano.

GLORIA MUNDI

A Marsiglia una famiglia si riunisce per la nascita della piccola Gloria. Nonostante la gioia, per i giovani genitori sono tempi duri. Mentre lottano per uscire dalla difficile situazione, si ricongiungono con il nonno di Gloria, un ex carcerato.

COMMENTO DEL REGISTA

Parafrasando Marx: ovunque regni, il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone, se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico. Ecco cosa vuole dimostrare questo crudele racconto sociale attraverso la storia di una famiglia ricostituita, fragile come un castello di carte. Ho sempre pensato che il cinema dovrebbe commuoverci, a volte donandoci un esempio del mondo come potrebbe essere, altre volte mostrandoci il mondo così com’è. In breve, abbiamo bisogno sia di commedie sia di tragedie per continuare a mettere in discussione il nostro stile di vita. E dobbiamo continuare a interrogarci più che mai in questi tempi difficili, per non soccombere all’illusione che ci sia qualcosa di naturale nelle società in cui viviamo.

Jojo Rabbit: Scarlett Johansson garantisce che il film non è stato modificato dalla Disney

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Con un 2019 particolarmente impegnato, l’attrice Scarlett Johansson recita anche nel film Jojo Rabbit di Taika Waititi, dove interpreta Rosie Betzler, che durante la seconda guerra mondiale nasconde nella propria casa una ragazza ebrea. Questo rende la vita di suo figlio Jojo particolarmente problematica, considerando che il ragazzo è un fanatico di Adolf Hitler e aspira a diventare un devoto nazista, a tal punto da avere come amico immaginario proprio lo stesso Hitler.

Il film originariamente di proprietà della Fox, è ora passato nelle mani della Disney in seguito all’acquisto da parte di quest’ultima della grande major cinematografica. Per via della sua irriverente satira contro il nazismo, molti fan sono preoccupati che il film subisca modifiche per paura che possa alienare quello che è il target classico per la Disney.

In un’intervista con The Hollywood Reporter, la Johansson ha garantito che, per quanto all’inizio anche lei fosse preoccupata, è rimasta piacevolmente sorpresa nell’apprendere che non ci sono stati problemi di questo tipo.

“Anche se Jojo Rabbit è ora un film Disney, non ha subito alcuna modifica, ed è fantastico, perché temevo anche io che cambiassero qualcosa.”

A quanto pare invece il film è molto apprezzato all’interno della major, a tal punto che verrà promosso per l’imminente stagione dei premi, puntando a diventare un contendente per i prossimi premi Oscar. Jojo Rabbit verrà presentato durante questo weekend al festival di Toronto, e a quel punto si potrà già avere un assaggio dell’accoglienza che riceverà, prima della sua distribuzione autunnale nelle sale.

Fonte: ScreenRant

Venezia 76: arriva oggi ZeroZeroZero, serie di Stefano Sollima

Venezia 76: arriva oggi ZeroZeroZero, serie di Stefano Sollima

Arriva oggi al Lido, per il Fuori Concorso di Venezia 76, ZeroZeroZero, la nuova serie di Stefano Sollima, che presenterà al pubblico i primi due episodi.

La serie segue il viaggio di un carico di cocaina, dal momento in cui un potente clan della ‘Ndrangheta decide di acquistarlo fino a quando viene consegnato e pagato. Attraverso le storie dei suoi personaggi, ZeroZeroZero getta luce sui meccanismi con cui l’economia illegale diventa parte di quella legale e su come entrambe siano collegate a una spietata logica di potere e controllo che influenza le vite e le relazioni delle persone: i cartelli messicani che gestiscono la produzione di droga, le organizzazioni criminali italiane che ne amministrano la distribuzione in tutto il mondo e le compagnie americane che, al di sopra di ogni sospetto, controllano la quantità apparentemente infinita di denaro coinvolta in questo giro di affari. Un’epica lotta per il potere si scatena coinvolgendo tutti i livelli di questa gigantesca piramide criminale, dallo spacciatore all’angolo della strada fino al più potente boss della malavita organizzata internazionale: i loro introiti e le loro stesse vite sono in pericolo.

COMMENTO DEL REGISTA

Il mercato, la produzione, i consumi, i modi di vivere e i modi di pensare, tutto è connesso in un mondo globale dove un flusso continuo di scambi commerciali porta ogni giorno milioni di merci a milioni di persone. ZeroZeroZero racconta i percorsi di una sola di queste merci, forse la più universalmente diffusa, la più trasversalmente consumata, sicuramente la più redditizia. Seguiremo una nave porta container e il suo carico dal suo punto di partenza in Messico fino alla sua destinazione in Italia, raccontando come il traffico di questa ‘merce’ piuttosto speciale influenzi il mercato, l’economia mondiale e anche la nostra vita. Questa merce è la cocaina, il suo viaggio il nostro viaggio.

Sophia Lillis nel primo trailer di Gretel & Hansel

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Sophia Lillis nel primo trailer di Gretel & Hansel

La Orion Pictures ha diffuso il prima trailer di Gretel & Hansel, horror che racconterà la famosa storia con protagonista la giovane attrice Sophia Lillis nei panni di Gretel. Il film è stato scritto da Rob Hayes e sarà diretto da Osgood Perkins, già regista dell’horror I Am the Pretty Thing that Lives in the House.

Ambientato in un lontano villaggio fatato, il film seguirà le vicende di una giovane ragazza, Gretel, che in compagnia del suo fratello minore Hansel, si addentrerà in oscuro bosco, in cerca di un lavoro e del cibo. Qui i due scopriranno invece che le fiabe e le leggende che venivano loro raccontate sono più reali, e minacciose, di quello che si potrebbe immaginare.

Oltre alla Lillis, il film include nel suo cast anche attori come Sammy Leakey (MotherFatherSon) nel ruolo di Hansel, Alice Krige (Silent Hill), Jessica De Gouw (Arrow) e Charles Babalola (The Legend of Tarzan).

Saturday Fiction, recensione del film con Gong Li #Venezia76

Saturday Fiction, recensione del film con Gong Li #Venezia76

Una spy story in bianco e nero dal sapore retrò e dalle tinte melò, che ricorda tante classiche pellicole di genere degli anni Cinquanta, vede protagonista Gong Li, attrice orientale famosa per aver magnificamente interpretato titoli memorabili, come Lanterne Rosse, La storia di Qiu Ju, Addio mia concubina. Il film è Saturday fiction (Lan xin da ju juan) diretto da Ye Lou, esponente di spicco della cosiddetta Sesta Generazione Ribelle e autore di tante opere tra cui di Blind Massage, Mistery e Purple Butterfly.

La storia si svolge a Shangai nel 1941, durante il secondo conflitto mondiale. La città è sotto l’occupazione del Giappone ed è fulcro cruciale di un intrigo spionistico, nel quale l’intelligence dei vari schieramenti coinvolti nel conflitto si muove con circospezione.

Persone insospettabili, che svolgono le attività più tranquille, sono in realtà infiltrati o spie che cercano di carpire segreti utili alle sorti della guerra. Tra questi c’è una attrice famosa Jean Yu, che si trova a Shangai per recitare il un’opera intitolata Saturday Fiction,  messa in scena dal suo ex marito. Non si sa bene quale sia il suo gioco e dove voglia arrivare la donna, se lavora nell’ombra per sottrarre informazioni belliche, o se stia cercando di fuggire con il suo amato. Per lei diviene sempre più difficile intuire di chi potersi fidare e i pericoli si stringono intorno a lei. Quando la situazione sembra precipitare, Jean Yu inizia a interrogarsi se rivelare ciò che ha scoperto sull’imminente attacco di Pearl Harbor.

Ye Lou voleva narrare una storia sul destino di diverse persone durante gli anni di una complessa crisi mondiale. Racconta che si è affidato ai ricordi di quando da bambino seguiva i sui genitori che lavoravano dietro le quinte del Teatro Lyceum di Shanghai: “Lì ho trascorso molti momenti interessanti; mi mescolavo agli attori in costume e li osservavo recitare nei ruoli più disparati, mettere in scena l’amore e l’odio, le separazioni, la vita e la morte. Poi li vedevo uscire di scena e chiacchierare nei camerini. Li seguivo anche in quei momenti, quando lasciavano il teatro per ritornare alla vita reale, monotona e scialba.”

Saturday fiction è un film che strizza l’occhio ai classici e che richiama le immagini di tante torbide vicende di spionaggio e passioni proibite passate sullo schermo, soprattutto qualche decennio fa, nell’epoca d’oro del genere. Promette e mostra scene d’azione e intrighi continui. Mail il racconto di Ye Lou manca purtroppo di ritmo e si arena in un bianco e nero stanco, privo di drammaticità, che diventa sfiancante e toglie mistero a una vicenda complessa che avrebbe potuto tenere incollati allo schermo. Non basta la meravigliosa interpretazione di Gong Li e degli altri attori del cast a rendere avvincente il film.

Martin Eden, recensione del film con Luca Marinelli #Venezia76

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Martin Eden, recensione del film con Luca Marinelli #Venezia76

Tratto dall’omonimo romanzo di Jack London, Martin Eden è il nuovo film di Pietro Marcello, presentato in Concorso a Venezia 76, in cui Luca Marinelli dà vita all’eroe protagonista di un pezzo di letteratura americana, la cui vicenda viene traslata in Italia, a Napoli, in un tempo non troppo bene specificato.

Nella Napoli dei primi anni del XX secolo, il giovane marinaio Martin Eden, proletario individualista in un’epoca squarciata dalla nascita di movimenti politici di massa, sogna di diventare uno scrittore e conquista l’amore di una giovane borghese grazie al suo bagaglio culturale da autodidatta, allontanandosi in questo modo dalle sue origini semplici.

Con un passato da documentarista puro, Marcello si approccia alla materia di fiction raccontata nel romanzo di London con un occhio decisamente personale. Il regista elimina quasi completamente i riferimenti temporali, contrae gli spazi e i tempi e dissemina nel film di finzione dei materiali d’archivio che a volte rappresentano il tempo che passa, altre volte i sogni di Martin, altre volte ancora i ricordi o le aspettative, o il futuro e il passato delle circostanze che vengono man mano proposte.

In un contesto così fluido da un punto di vista temporale, Marcello inserisce il suo punto fermo, il protagonista interpretato da Luca Marinelli, vulcanico e brillante, esuberante ed ambizioso, ma anche curioso, buono, dedito e innamorato. Il suo Martin Eden è uno studioso dall’animo di marinaio, un viaggiatore, un esploratore dell’umanità, un fervente individualista, un romantico, un uomo che conta su se stesso e che, una volta entrato in quel mondo benestante e ricco al quale agognava, ne capisce le ipocrisie e le brutture, sentendosi costantemente fuori posto.

E il regista riesce con grande eleganza e inventiva a raccontare tutte queste fasi con un ritmo estremamente incalzante, eliminando qualsiasi barriera cronologica e temporale e affidandosi a un attore del calibro di Marinelli che riesce con facilità a mettere in scena una gamma emozionale molto vasta. Peccato che nel finale, l’attore calchi un po’ troppo la mano, sfiorando la macchietta e intaccando la delicatezza e l’intensità di una performance impeccabile, fino a quel momento.

Martin Eden è un prodotto di grande interesse, specialmente per il linguaggio utilizzato, perché forza gli argini temporali del racconto cinematografico e li trasforma in sponde, sulle quali la storia rimbalza per riversarsi su se stessa, travolgendo il protagonista.

Ema, recensione del film di Pablo Larraín #Venezia76

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Ema, recensione del film di Pablo Larraín #Venezia76

Presentato in concorso a Venezia 76, Ema di Pablo Larraín proietta lo spettatore nel futuro e sembra rappresentare anche un passo in avanti per il regista cileno, verso un nuovo modo di racconto. Un futuro, quello del film, che è tutto raccontato attraverso la sua protagonista, una creatura che non appartiene a questo mondo, un folletto, un’aliena che porta scompiglio, che non segue le regole, che con passione e furore danza, corre, brucia, tutto con amore.

La storia racconta di Ema, appunto, che di fronte a una maternità negata, perché suo marito è sterile, cerca di plasmare la sua vita e i suoi affetti a suo piacimento. La donna manipola la realtà e le persone che la circondano, cercando di rimettere insieme i pezzi che lei stessa ha contribuito a rendere piccoli e sparsi per tutta Valparaiso, città del Cile che Larraín inquadra e racconta come fosse un posto sospeso nel tempo e nello spazio.

Il vortice di energia vitale che genera il personaggio di Ema, la magnetica Mariana Di Girolamo, si proietta anche nello stile del film, al ritmo di un reggaeton che non è più solo la musica odiata da molti e disprezzata dallo stesso personaggio di Gastón (Gael Garcia Bernal), ma è il ritmo del desiderio, della passione, della condivisione, della sensualità che la protagonista condivide prima di tutto con le sue amiche, la sua congrega di streghe, sorellanza che l’accompagna nella sua rivoluzione d’amore.

Ema è il centro di un ciclone

Pablo Larraín si conferma un regista dalla grande sensibilità e sensualità, non solo perché mostra, ma perché trasmette la passione e le pulsioni dei corpi, dei colori, mai così tanti e vivaci in un suo film, della musica al altissimo volume che trascina lo spettatore in quel vortice di cui Ema è il centro.

Il regista ci porta per mano per vicoli e tetti di una città che sembra non esistere nel nostro tempo, lo fa smarrendosi lui stesso nelle pieghe di una storia che non è perfettamente compiuta perché estranea ai canoni sociali universalmente riconosciuti, ma che trova, nel finale, un’ordine insolito, a misura della sua protagonista.

Ema è la donna che porta vita e amore, l’alieno arrivato sulla Terra a mostrarci una via alternativa per la condivisione, un elemento naturale magnifico e terribile, un terremoto di energia e bellezza. Ema è l’istinto allo stato puro, che agisce sempre secondo l’amore.

Joker stroncato dal TIMES: un film “irresponsabile”

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Joker stroncato dal TIMES: un film “irresponsabile”

Sembra che il TIMES non abbia affatto apprezzato Joker, il film di Todd Phillips presentato a Venezia 76 e con protagonista un Joaquin Phoenix “da Oscar”, come già si dice in giro. La famosa rivista si scaglia con violenza contro il film, definendolo addirittura pericoloso.

Il regista Todd Philipps […] porta buona parte della colpa, ed è lui il solo a dover rispondere per l’idiozia aggressiva e irresponsabile di Joker. Phillips vorrebbe farci credere di aver fatto un film sulla vacuità della nostra cultura, in realtà ci sta solo propinando un ottimo esempio di ciò“. Si legge.

Nemmeno la storia, intesa come narrazione, viene apprezzata: “Joker – che è scritto da Phillips e Scott Silver – non ha un plot, è più come un’accozzaglia di GIF messe insieme“. “Le crepe del film sono piene di filosofia fasulla. Joker è un film oscuro in maniera stupidamente adolescenziale, ma vuole che noi spettatori crediamo che ci stia impartendo una raffinata saggezza politica o culturale. Poco prima di una delle scene più violente, Arthur riflette: “tutti si urlano addosso. La civiltà non esiste più”. Ma chi non la pensa in questo modo nei nostri terribili tempi moderni? L’osservazione di Arthur è talmente scontata, un messaggio che può essere utilizzato da chiunque per qualunque scopo. Non significa nulla“.

Inoltre, il protagonista Arthur è identificato come un portatore di “caos e anarchia, ma in base al film sembra che stia davvero per cominciare una rivoluzione dove i ricchi vengono distrutti, i poveri ottengono ciò di cui hanno bisogno, chi è triste perchè non riesce ad avere un appuntamento diventa un eroe assassino. Da qualche parte c’è uno scherzo malsano. E, sfortunatamente, è per noi“.

LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE DI JOKER

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