Come si insegna all’altro a essere
felice? Ma soprattutto, come lo si può fare con uno sconosciuto? Il
segreto è l’amore, ma non quello a sfondo sentimentale, bensì
quello che si prova per il genere umano, e che cammina di pari
passo con l’empatia. Con il sapersi capire e il volersi dedicare al
prossimo. Quell’amore capace di innestare legami indissolubili, che
alcun tempo, spazio e luogo sono in grado distruggere. Come quello
di Pietro ed Eleonora in I limoni
d’inverno, secondo lungometraggio di Caterina
Carone, presentato nella sezione Grand
Public alla 18esima
edizione della Festa del Cinema di Roma.
Al centro della storia un’amicizia
nata sotto il sole splendente di una Roma nascosta, che si rafforza
attraverso occhi che dialogano più delle parole. Attraverso cuori
che battono all’unisono senza bisogno di dichiararlo a gran voce.
I limoni d’inverno ha come protagonisti
principali Christian De Sica e Teresa
Saponangelo; la sceneggiatura è scritta a cinque mani da
Anna Maria Pavignano, Mario Luridiana, Remo Tebaldi, Alessio
Galbiati e la stessa Caterina Carone. Il film sarà distribuito da
Europictures.
I limoni d’inverno, la trama
Pietro è un professore solitario
oramai in pensione, che passa gran parte delle giornate a fare
giardinaggio sulla sua soleggiata terrazza. La sua ossessione è la
pianta di limoni, della quale si prende cura come se fosse una
figlia, ma che ancora non gli dà il frutto sperato. Un giorno nella
casa di fronte la sua si trasferisce una nuova coppia. Mentre
annaffia le sue piante, dopo aver scrutato all’interno
dell’abitazione per capire chi siano i vicini, Pietro fa la
conoscenza di Eleonora, con la quale sin da subito percepisce una
sintonia. Da sconosciuti, perciò, i due diventano subito amici e si
fanno compagnia l’un l’altro. In fondo anche la donna è sola: il
marito, infatti, sembra non prestarle mai le attenzioni che
vorrebbe. Nel farsi compagnia Pietro ed Eleonora riusciranno ad
alleviarsi vicendevolmente il dolore che si portano dentro per
qualcosa di grave, che però cercano di nascondere. Ma lontani dalla
velocità della città, entrambi riusciranno a insegnarsi a vicenda a
seguire il proprio cuore, a credere ancora nella “possibilità di
essere felici”, prima che le loro strade si separino di nuovo.

“Per essere felici bisogna
credere nella possibilità di esserlo” (Tolstoj)
Riconoscersi nell’altro. Alleviare
le sue sofferenze. Dargli confronto e speranza per una vita
migliore. È questo il nucleo tematico di I limoni
d’inverno, un film estremamente puro e dolce nel suo
esprimersi e farsi, in cui l’amore svincolato da qualsiasi piacere
passionale e carnale è la legge che lo domina, e l’emozione si
riscontra nei più innocenti sguardi, dietro i quali si nasconde un
enorme universo. Il più profondo e tenero è quello di Pietro, che
si illumina all’improvviso nel momento esatto in cui, al balcone di
fronte, vede Eleonora. Prima di lei i suoi occhi erano spenti,
vittime di una solitudine abissale che sembrava farlo vivere dentro
una campana di vetro nella quale non sentiva più niente. Quelli di
Eleonora, invece, sono smarriti.
La sua è una solitudine che proviene
dal cuore, non proprio identica a quella di Pietro, perché in fondo
lei ha un marito, che però a stento si accorge dei suoi bisogni.
Sono, comunque, entrambe anime fragili, sconsolate, che chiuse le
finestre della terrazza devono fare i conti con il carico emotivo
pesante di un segreto – e una condizione – dalla quale tentano di
fuggire. Ma che nel momento in cui si incontrano, e si connettono,
brillano, riuscendo a trovare nell’altro la forza per guardare
avanti e affrontare ognuno il proprio dolore. Come una scintilla
che si accende e dalla quale poi divampa un bel fuoco caldo, che
rassicura e coccola.
Anime affini
Caterina Carone intesse una
storia di empatia e affinità elettive, come lo sono Pietro
ed Eleonora, nella quale si dà valore all’altro, inteso come fonte
di energia da cui attingere per poter rifiorire. L’altro può essere
salvezza, può essere stimolo per far rivivere parti di sé nel tempo
assopite, anche per propria costrizione. L’altro può essere
soprattutto colui che ti riporta sul giusto cammino per correre
verso quella tanto desiderata felicità, nella quale però si è
smesso di credere. Christian De Sica, con la sua recitazione
sommessa e delicata, ci regala una delle sue migliori
interpretazioni più recenti, restituendoci un uomo per il quale è
impossibile non provare affetto.
La chimica con Teresa Saponangelo è
poi una candida carezza che riempie e costella tutto il film, oltre
che la sua carta vincente. Con I limoni
d’inverno, la regista ci fa dono di una storia
semplice, piena di bontà e universale, in cui riflettersi è facile,
e nella quale le parole lasciano lo spazio ai silenzi, colmi
d’amore e rispetto. Focalizzandosi sugli occhi di due persone che,
prendendosi per mano, decidono di “credere di poter essere
felici” nonostante traumi, malattie e solitudini. Se dovessimo
definire il film diremmo che I limoni
d’inverno è proprio questo: la storia di qualcuno che
lascia in eredità all’altro la felicità. Come fa Pietro con
Eleonora. E viceversa.