Aquaman e il
Regno Perduto uscirà il mese prossimo e, secondo le
prime proiezioni, non sarà un grande successo nelle sale.
Secondo le ultime proiezioni di Box
Office Pro, il prossimo film dei DC Studios
dovrebbe guadagnare tra i 32 e i 42 milioni di dollari nel weekend
di apertura. In totale, il sequel di Aquaman
dovrebbe avere un ritorno economico negli USA che raggiungerà una
cifra trai di 105-168 milioni di dollari.
Si tratterebbe di un calo enorme
rispetto al film originale, che nel 2018 aveva aperto con 67,9
milioni di dollari negli Stati Uniti e in Canada. Il film avrebbe
guadagnato poi 335,1 milioni di dollari al botteghino nazionale e
incassato più di 1,1 miliardi di dollari in tutto il mondo.
Non solo Aquaman e il
Regno Perduto sarebbe inferiore al suo predecessore,
ma anche a quello di The
Flash, che ha aperto con un weekend di 55 milioni di
dollari al botteghino nazionale all’inizio di quest’anno.
Jason Momoa è atteso di
nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il
Regno Perduto, sequel del film che ha rilanciato in
positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. In questo
seguito, diretto ancora una volta da James
Wan(Insidious, The Conjuring),
torneranno anche Patrick
Wilson nei panni di Ocean Master, Amber
Heard, nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta
Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya
Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta,
che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo
film.David Leslie Johnson-McGoldrick,
collaboratore ricorrente di Wan, scriverà la
sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter
Safran saranno co-produttori. Il film arriverà al cinema
il 20 dicembre.
Dopo le nomination svelate a fine
ottobre, ha ora avuto luogo nella serata del 27 novembre la
32esima edizione dei Gotham Independent Film
Awards, i premi cinematografici statunitensi destinati
al cinema indipendente, che hanno incoronato Past
Lives come miglior film. Si è trattata però di
un’edizione piuttosto speciale, in quanto sebbene i Gotham siano
storicamente noti per premiare i film indipendenti, quest’anno il
Gotham Film and Media Institute ha rimosso il requisito del budget
non superiore a 35 milioni di dollari per i potenziali
candidati.
Ciò ha dunque permesso a film a cui
prima era negata la partecipazione di prendere stavolta posto tra i
nominati. Nonostante la maggior parte dei concorrenti siano ancora
film indie o d’essai, alcune produzioni più grandi come Barbie sono riuscite ad “intrufolarsi”
nella competizione, strappando qualche nomination. I Gotham hanno
inoltre riproposto le modifiche alle categorie dei premi per la
recitazione, che dal 2021 non sono più definite in base al genere
degli interpreti.
Il film più candidato, come noto, è
All of Us Strangers,
che in Italia verrà distribuito come Estranei, ma spiccano
anche titoli come Anatomia di una caduta, The Zone of Interest, Passages e A Thousand and One. Di
seguito, ecco allora l’elenco di tutti i vincitori, ricordando che
i Gotham Awards aprono ufficialmente la stagione dei premi
cinematografici, dunque le vittorie qui riportate sono per i film
premiati un ottimo modo per affermarsi da qui alle settimane che
verranno in vista degli Oscar.
Arriva in esclusiva da Deadline la
notizia che Timothy
Olyphant si riunirà con Noah Hawley e
con Fx per una parte da protagonista nella prossima serie dedicata
al franchise di Alien.
Olyphant, che ha partecipato con un ruolo ricorrente alla quarta
stagione di Fargo di Hawley, reciterà ora al fianco di
Sydney Chandler nella serie prequel di Alien.
Non ci sono ancora dettagli sul
personaggio che interpreterà Timothy Olyphant. I primi rumors però
vorrebbero che l’attore interpreterà Kirsh, un androide che sarà un
mentore per Wendy (il personaggio di Chandler), la quale è lei
stessa un ibrido, con il cervello e la coscienza di una bambina e
il corpo di un’adulta.
Con Ridley Scott nei panni di produttore
esecutivo, la nuova serie Alien è ambientata in un
periodo precedente alla storia della Ripley di Sigourney
Weaver ed è la prima storia della serie ambientata sulla
Terra, circa 70 anni nel futuro.
La produzione dello show è iniziata
in Tailandia il 19 luglio, quattro giorni dopo l’inizio dello
sciopero degli attori, senza i membri della SAG-AFTRA, inclusa
Chandler. Le riprese sono continuate per più di un mese con il cast
affiliato al sindacato Equity British. La ripresa della produzione
è prevista all’inizio del 2024, probabilmente a gennaio.
Il cast è guidato da Sydney
Chandler insieme ad Alex Lawther nei
panni di un soldato di nome CJ, Samuel Blenkin nei
panni di Boy Kavalier, un amministratore delegato, così come
Essie Davis nei panni di Dame Silvia e
Adarsh Gourav nei panni di
Slightly. Kit Young interpreta un personaggio
chiamato Tootles.
Disney/20th Century Studios ha anche un nuovo
film su Alien:
Romulus del regista Fede Alvarez,
attualmente previsto per l’uscita nelle sale il 16 agosto 2024. Il
film vede protagonisti Cailee Spaeny, Isabela Merced,
Archie Renaux, David Jonsson, Aileen Wu e Spike
Fearn. Dovrebbe raccontare di un gruppo di giovani
provenienti da un mondo lontano devono affrontare la forma di vita
più terrificante dell’universo.
Il creatore di Loki,
Michael Waldron, è stato assunto dai Marvel Studios per scrivere la sceneggiatura
di
Avengers: The Kang Dynasty. Waldron,
che era già stato assunto per scrivere Avengers:
Secret Wars, sarà ora incaricato di firmare anche il
film che concluderà la Saga del Multiverso. I film
saranno presumibilmente collegati, come già accaduto per Infinity
War del 2018 e Endgame
del 2019.
L’uscita di
The Kang Dynasty è attualmente prevista nei cinema il
1 maggio 2026. Sarà seguita da Secret
Wars il 7 maggio 2027. Tuttavia, per nessuno di questi
due film la Marvel ha assunto un regista.
Destin Daniel Cretton ha recentemente lasciato la
regia di Kang Dynasty e lo studio deve ancora
nominare un regista per Secret Wars.
I due film sono oggetto di molte
speculazioni da parte di chi segue le avventure del MCU. Jonathan
Majors ha già interpretato più versioni del supercriminale
Kang – il Thanos di questa fase del MCU – sia nella serie
Disney+Loki
e in Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Ma il
futuro dell’attore con la Marvel è stato un punto
interrogativo perché attualmente è in attesa di processo per accuse
di abusi domestici.
Come parte di un video bonus
dell’uscita in home video di WandaVision, durante le interviste si vedono
brevemente spezzoni del dietro le quinte della serie in arrivo.
Agatha: Diari di Darkhold (Agatha: Darkhold Diaries)
In esse, Kathryn Hahn gira delle scene davanti
alle telecamere mentre indossa un nuovo costume. È possibile vedere
la clip su YouTube qui sotto:
Agatha: Diari di Darkhold (Agatha: Darkhold Diaries)
vedrà Kathryn Hahn riprendere il ruolo di Agatha
Harkness di
WandaVision, tanto amato dai fan. Per la sua
interpretazione, apprezzata dai fan, ha ottenuto una nomination
agli Emmy come miglior attrice non protagonista. La serie vedrà
anche il ritorno di Emma Caulfield Ford e
Debra Jo Rupp, che riprenderanno il loro ruolo di
abitanti di Westview.
A loro si aggiungono le new entry
del MCUAubrey Plaza, Joe
Locke, Ali Ahn, Maria Dizzia, Sasheer Zamata e Patti
LuPone. Si dice che Locke sarà il protagonista maschile e
LuPone interpreterà la strega siciliana Lilia Calderu. La
LuPone ha anche confermato in precedenza che la serie conterrà
diversi numeri musicali degli autori di Agatha All Along Kristen Anderson-Lopez e
Robert Lopez.
Agatha: Diari di Darkhold (Agatha: Darkhold Diaries)
proviene dallo scrittore capo Jac Schaeffer, che è anche produttore
esecutivo insieme a Kevin Feige.La
squadra di regia sarà composta da Schaeffer, Gandja
Monteiro e Rachel Goldberg.
Indicato come uno dei migliori film
del decennio appena trascorso, Mad Max: Fury
Road si è rivelato un successo indiscusso, capace
di conquistare critica, pubblico e ridare vita ad una delle più
affascinanti saghe post-apocalittiche di sempre. Diretto
dall’australiano George Miller, il film è infatti
il quarto capitolo della serie iniziata nel 1979, ma può
essere considerato come un capitolo a sé e una rivisitazione della
saga. Indicativo in tal senso è stato il passaggio dall’attore
Mel Gibson a Tom
Hardyper il ruolo del
protagonista, Max Rockatansky. Vi è inoltre l’introduzione di nuovi
iconici personaggi. Su tutti, la Furiosa dell’attrice Charlize
Theron.
Il film venne candidato nel 2016 a
ben 10 premi Oscar, aggiudicandosi quelli per il
miglior trucco, miglior
scenografia, migliori costumi,
miglior montaggio, miglior montaggio
sonoro e miglior sonoro. Si è così
affermato come il titolo più premiato di quell’edizione, nonché il
primo della serie ad ottenere candidature agli Oscar e vincerne. In
particolare, il dinamico montaggio del film è considerato uno dei
più complessi e affascinanti nell’intera storia del cinema. Anche
al box office il film si rivelò estremamente vincente. Con un
budget di circa 150 milioni di dollari, questo
arrivò a guadagnarne quasi 400 in tutto il mondo. Le vendite
dell’home-video, poi, fecero ulteriormente crescere i guadagni del
film.
Il grande merito di Mad Max:
Fury Road e di Miller, è però quello di aver dimostrato come,
in un panorama cinematografico sempre più invaso dai blockbuster,
questi non debbano per forza essere dei prodotti tutta tecnica e
niente cervello. In molti hanno infatti evidenziato come con il suo
film Miller sia riuscito a riportare il genere allo stato
dell’arte, realizzando un’opera visionaria, folle e distruttiva da
più punti di vista. In breve, il titolo è diventato un vero e
proprio cult, e sono in molti a sperare di poter vedere nuove
avventure del folle Max sullo schermo.
Mad Max: Fury Road, la
trama del film
La vicenda del film si svolge in una
desolata Australia post-apocalittica, in cui il declino della
civiltà umana è ormai avvenuto da tempo. In questo contesto di
morte e devastazione, Max Rockatansky si aggira
solitario attraverso il deserto. Catturato dai Figli della Guerra,
si ritrova portato al cospetto di Immortan Joe,
boss criminale che domina la comunità di sopravvissuti grazie ai
suoi possedimenti di acqua. Max riesce però a fuggire prima di
essere ridotto in schiavitù, e arriva ad imbattersi
nell’Imperatrice Furiosa, una Figlia della Guerra
che ha raggiunto un posto di comando nella gerarchia
dell’organizzazione. Con lei, Max lascia la Cittadella a bordo di
un’autocisterna blindata.
Ciò che il guerriero non sa, è che
Furiosa porta con sé le Cinque Mogli, un gruppo di donne sane e
fertili destinate al malvagio Immortan Joe. Il suo intento è
infatti quello di salvare le donne portandole via da quel covo di
morte. Il gruppo, però, viene ben presto scoperto, ed ha così
inizio un feroce inseguimento nel deserto. Alle loro calcagna si
pone lo stesso malvagio dittatore, desideroso di riavere quanto gli
spetta. L’unica salvezza, per loro, sarà allora raggiungere quello
che Furiosa ricorda come il “Luogo Verde”, un’oasi fertile e
pacifico dove viveva da bambina. Mentre l’inseguimento diventa
sempre più selvaggio e disperato, il gruppo capirà però che per
contrastare gli inseguitori occorrerà ben altro che la sola
velocità del loro mezzo.
Il cast e i personaggi di Mad
Max: Fury Road
Nel riportare sul grande schermo il
guerriero Max, era lecito aspettarsi che a
riprendere il ruolo fosse, per quanto invecchiato, l’attore
Mel
Gibson. Il regista, tuttavia, espresse il desiderio di
affidare la parte ad un nuovo attore, permettendo così una
reinterpretazione del personaggio. Fu a questo punto che venne
scelto l’attore Tom Hardy.
Prima di accettare la parte, però, Hardy volle incontrare Gibson,
ottenendo da lui la benedizione per interpretare Max. Il set però
non si rivelò affatto facile per Hardy, che lamentò più volte
problemi di comunicazione con Miller. Una volta visto il film
completo, però l’attore si scusò pubblicamente, affermando che ciò
che il regista aveva realizzato era meraviglioso, e che non era
possibile capire la sua visione senza aver visto il lavoro
ultimato.
Particolarmente celebre è diventato
il personaggio di Furiosa, interpretato da
Charlize
Theron. Per il ruolo, l’attrice decise di sottoporsi a
diverse settimane di allenamento fisico, così da poter interpretare
personalmente le complesse sequenze del film, senza ricorrere a
controfigure. Decise inoltre di rasarsi realmente i capelli, così
da potersi calare meglio nei panni del personaggio. La Theron ha
poi raccontato di aver a sua volta avuto difficoltà nel comprendere
ciò che Miller stava realizzando, ma di esserne infine rimasta
entusiasta. L’attrice ha infatti più volte rivelato la speranza di
poter riprendere il ruolo in altri film, considerandolo uno dei
migliori della sua carriera.
Nel film è poi presente l’attore
Nicholas
Hoult, nel ruolo di Nux. Questi è uno
dei Figli della Guerra che lancerà nell’inseguimento dei fuggitivi.
Il personaggio si è affermato come uno dei protagonisti, ricevendo
una particolare rilevanza nella storia. Nei ruoli delle
Mogli invece, si ritrovano le attrici
Zoë Kravitz, Abbey
Lee, Riley Keough e Rosie
Huntington-Whiteley. Il malvagio e terrificante
Immortan Joe è invece impersonato da Hugh
Keays-Byrne, già noto per essere stato anche il
villain del primo film della serie. Vi è poi la partecipazione
dell’attrice Megan Gale, nel ruolo di
Valchiria. Questa è una delle donne che Furiosa
incontra e riconosce come parte del suo vecchio clan.
Mad Max: Fury Road,
la Black & Chrome edition e il prequel
Nel gennaio 2016 il regista Miller
ha annunciato la presenza di una versione in bianco e nero del
film, che inizialmente voleva inserire nella versione per l’home
video. Ciò non è avvenuto a causa del no della Warner Bros., la
quale ha indicato una per mancanza di spazio nel disco. Il regista
stesso ha però confermato la realizzazione di un’altra edizione
home video col film in bianco e nero e altri extra non ancora
diffusi. Questa è poi stata diffusa con il nome di Black & Chrome
Edition, riscuotendo l’entusiasmo dei fan. Anche
nella sua versione in bianco e nero, infatti, il film si presenta
come un’esperienza di visione straordinaria, dove si esaltano
ulteriormente i chiari, gli scuri e le altre sfumature presenti in
ogni inquadratura.
Sin dal momento dell’uscita del
film, inoltre, Miller dichiarò di avere pronte altre due
sceneggiature per due sequel. Lo stesso Hardy affermò di aver
firmato un contratto per dar vita ad una trilogia dedicata a
Mad Max. Nel 2016, tuttavia, il regista affermò di non
avere intenzione di iniziare a lavorare da subito ai due film,
desiderando prima prendersi una pausa dato l’enorme impegno
lavorativo che era stato Fury Road. Nel maggio
del 2020, tuttavia, è stato annunciato il tanto richiesto film sul
personaggio di Furiosa. Questo, intitolato Furiosa, sarà però un prequel
spin-off e non vedrà la partecipazione della Theron, che si è
dichiarata molto delusa da tale decisione.
Il trailer di Mad Max: Fury
Road e dove vedere il film streaming
Nell’attesa di poter vedere nuovi
film della serie al cinema, è possibile fruire di Mad
Max: Fury Road grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il
film è infatti presente nel catalogo di Rakuten TV, Google
Play, Apple TV, Now e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale, avendo così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì
27 novembre alle ore 21:00 sul canale
20 Mediaset.
Dalla fortunata trilogia
cinematografica alla serie TV: con una nuova storia in 6 episodi a
cavallo fra passato e presente, torna la sgangherata banda di
Non ci resta che il crimine – La
serie, la saga di Massimiliano Bruno sui viaggi nel tempo,
dall’1 dicembre in esclusiva su Sky e in streaming solo su
NOW.
Non ci resta che il crimine
– La serie andrà con due nuovi episodi a settimana tutti i
venerdì in prima serata su Sky Serie, oltre a essere disponibile on
demand in 4K HDR (per i clienti Extra anche nella sezione on demand
Primissime).
Una produzione Sky Studios e
Italian International Film prodotta da Fulvio, Federica e Paola
Lucisano, la serie vedrà tornare i protagonisti della trilogia
Marco Giallini, Gian MarcoTognazzi, Giampaolo Morelli e
Massimiliano Bruno, quest’ultimo di nuovo dietro
la macchina da presa stavolta affiancato da Alessio Maria
Federici. A loro si aggiunge, fra gli altri,
Maurizio Lastrico con un ruolo del tutto nuovo,
quello di Duccio Casati, ricco borghese dalle idee progressiste che
ha preso a cuore la causa dei ragazzi del movimento
studentesco.
Dopo il viaggio cinematografico
indietro nel tempo fino agli anni ‘80, in cui a Roma prosperava la
Banda della Magliana, e poi quello nell’Italia fascista degli anni
‘40, la nuova serie Sky Original inizia subito dopo gli eventi
dell’ultimo film e trasporterà l’affiatatissima banda di
protagonisti negli anni ’70, fra gli ambienti della sinistra
giovanile e delle contestazioni studentesche e quelli della destra
eversiva del Golpe Borghese.
Accanto a Giallini, Morelli,
Tognazzi, Bruno e Lastrico, nel cast anche Liliana
Fiorelli (Bentornato Presidente!, L’avvocato
Malinconico, Siccità, I migliori giorni) nei panni di
Marisa, l’assistente di Gianfranco; Grace Ambrose
(Il primo Natale, Compromessi sposi, Il
paradiso delle signore) in quelli di Linda Valori, la madre di
Giuseppe nel passato; Kabir Tavani (Ricchi di
fantasia, Il nostro generale, Puck) che
interpreta Sergio Brana, giovane membro del collettivo comunista
che ospiterà i protagonisti nel 1970; Sara
Baccarini (La cena perfetta, Beata
Ignoranza, I migliori giorni), che nella serie sarà
Matilde, anche lei membro del collettivo comunista che si
avvicinerà molto al cinico Moreno, il personaggio interpretato da
Marco Giallini; e ancora, Daniela Virgilio
(Romanzo criminale – La serie, Tapirulàn,
Third person) nei panni di Daniela Colagi, influente
vedova di un personaggio di spicco della politica di quegli anni, e
Claudio Corinaldesi (Per Elisa,
Smetto quando voglio – Reloaded, Vostro Onore,
Bang Bang Baby) in quelli di Nunzio Petrucci, capo della
milizia squadrista e braccio destro di Junio Valerio Borghese.
Non ci resta che il
crimine – La serie è scritta da Massimiliano Bruno,
Andrea Bassi, Gianluca Bernardini, Herbert Simone Paragnani.
Tra i più apprezzati interpreti
italiani, Antonio Albanese si è distinto per i
suoi ruoli tragici, di umani fragili e sensibili. Dotato sia di
grandi doti comiche che drammatiche, nella sua carriera ha saputo
non ripetersi, riuscendo ad infondere in ogni ruolo sfumature che
gli hanno permesso di ottenere l’apprezzamento di critica e
pubblico.
2. È anche sceneggiatore e
regista. Negli anni l’attore si è distinto anche come
sceneggiatore e regista, realizzando i film Uomo d’acqua dolce,
La fame e la sete, Il nostro matrimonio è in crisi, Contromano e Cento domeniche, ma
anche la serie Itopi (2018-2020) Ha
però contribuito anche alla scrittura dei film Qualunquemente,Tutto tutto niente
niente e Cetto c’è,
senzadubbiamente.
3. È anche
doppiatore. Albanese si è reso celebre anche per le sue
doti di doppiatore, prestando la voce al Grande Topo del film
d’animazione La gabbianella e il gatto (1998) e al
personaggio Gedeone in La famosa invasione
degli orsi in Sicilia (2019).
Antonio Albanese e la moglie e il
figlio
4. È sposato.
L’attore è sposato con Maria Maddalena Gnudi,
dottoressa commerciale specializzata in revisione contabile. La
coppia è molto riservata riguardo la loro vita privata, a tal punto
da rivelare soltanto dopo alcuni anni di aver avuto un figlio nel
2010.
Antonio Albanese ha origini
siciliane
5. Ha origini del sud
Italia. L’attore è nato in Lombardia, in provincia di
Lecco, ma i suoi genitori erano originari di Petralia Soprana, in
Sicilia. L’attore ha in seguito dichiarato di essere profondamente
legato alla terra dei suoi genitori e di recarvisivi molto
spesso.
Antonio Albanese e i suoi
personaggi
6. È celebre per i suoi
personaggi comici. La carriera comica di Albanese inizia
grazie alla trasmissione comica Mai dire gol, dove
presenta una serie di personaggi divenuti poi celebri. Tra questi
si annoverano il gentile Epifanio, l’aggressivo Alex Drastico, il
telecronista-ballerino Frengo e Stop, e il giardiniere gay e
interista di Berlusconi. Uno dei personaggi più riusciti di
Albanese è tuttavia Cetto La Qualunque, imprenditore e politico
siculo-calabrese corrotto, perverso e depravato. Tale personaggio è
stato poi protagonista di tre film al cinema.
Antonio Albanese è Epifanio
Gilardi
7. È tra i suoi personaggi
più apprezzati. Apparso per la prima volta sul
palcoscenico televisivo di Su la testa, il personaggio di
Epifanio Gilardi è sempre stato tra i più apprezzati di Albanese.
Di carattere timido e gentile, ingenuo ma profondo, Gilardi è anche
il protagonista del film Uomo d’acqua dolce, diretto e
interpretato da Albanese.
Antonio Albanese in Grazie
ragazzi
8. Ha amato molto il
film. In Grazie Ragazzi
Antonio Albanese interpreta un attore che accetta malvolentieri di
curare la regia di uno spettacolo di un laboratorio teatrale di un
gruppo di carcerati, finendo però così per dare un nuovo senso alla
sua vita piena di delusioni e a quella problematica dei suoi
allievi. Come raccontato da Albanese, il film gli ha permesso di
confrontarsi nuovamente con il suo amore per il teatro, ritrovando
molto di sé nel personaggio interpretato e rimanendo
particolarmente sorpreso dalla recitazione offerta dai
detenuti.
Antonio Albanese e il suo nuovo film Cento
domeniche
9. Con il suo nuovo film ha
voluto raccontare gli ultimi. Albanese ha raccontato che
prima di intraprendere la carriera di attore, ha lavorato per sei
anni come operaio. A loro ha ora voluto dedicare il suo nuovo film,
intitolato Cento domeniche, nel
quale si racconta di un operaio che si vede derubato dei suoi soldi
dalla banca a cui li aveva affidati. Albanese si è inoltre ispirato
a diverse storie vere di questo tipo per poter raccontare in modo
più sincero e veritiero la situazione di chi vive questo tipo di
disagi.
Antonio Albanese età e
altezza
10. Antonio Albanese è nato
a Lecco, in Lombardia, il 10 ottobre 1964. L’altezza
complessiva dell’attore è di 173 centimetri.
Il nuovo thriller Netflix proveniente
dalla Colombia, Storia di un
crimine: Mauricio Leal – diretto da Jaques Toulemonde Vidal – è
subito divenuto uno dei titoli più visti sulla piattaforma. Merito
anche del suo essere basato sulla storia vera di uno dei più noti
casi di omicidio verificatisi in Colombia negli ultimi anni, ovvero
quello di Mauricio Leal. Nella fatidica notte del
21 novembre 2021, Leal fu assassinato nella sua
casa insieme alla madre, Marleny Hernandez, il cui cadavere fu
trovato accanto a lui. Il caso ottenne subito un’enorme attenzione
da parte dei media. Anche se inizialmente la scena sembrava un caso
di omicidio-suicidio, gli investigatori, però, scoprirono ben
presto qualcosa di più sinistro, portando alla luce una vicenda
quantomai torbida. Il film la ripercorre proponendo anche i
retroscena utili a capire ciò che realmente accadde.
Chi era Mauricio Leal?
Ma andiamo con ordine: chi era
Mauricio Leal? Si tratta di un hairstylist famoso
in tutta la Colombia. Dalle attrici a Miss Universo, Leal
acconciava personaggi famosi in tutto il Paese. Aveva un salone
personale a Bogotà, dove lavorava con il fratello
maggiore Jhonier, anch’egli stilista. Tuttavia,
Jhonier non ha avuto la stessa fortuna di Mauricio e si considerava
un perdente perché non riusciva ad avere lo stesso successo del
fratello minore. A lungo andare, ciò ha fatto nascere in Jhonier un
sentimento di gelosia. Come se non bastasse, la madre di Jhonier e
Mauricio, Marleny Hernandez, era una madre
premurosa e affettuosa che dava la stessa priorità ai suoi figli,
ma apparentemente era più affezionata al figlio minore, Mauricio,
facendo dunque sentire Jhonier escluso dalla sua famiglia.
Qual è la storia vera della morte
di Mauricio Leal?
È bene sapere che Mauricio Leal era
fortemente dipendente dalla droga, ma non aveva affatto tendenze
suicide. I suoi colleghi del salone, così come le persone che
lavoravano per lui nella sua casa, hanno confermato che non ha mai
mostrato alcun segno di voler farsi del male. Ma Jhonier, fin
dall’inizio, ha sostenuto che Mauricio era un tossicodipendente, il
che poteva averlo portato alla follia e ad uccidersi. Dopo il
ritrovamento dei due cadaveri in casa di Mauricio, il caso venne
dunque etichettato come un omicidio-suicidio. Sembrava infatti che
Mauricio avesse ucciso la madre pugnalandola a morte e poi si fosse
ucciso con il coltello.
Durante le indagini, la presenza di
una lettera d’addio contenente la calligrafia di Mauricio ha
confermato sempre di più questa ipotesi. Nella lettera d’addio si
diceva che l’amore per la madre era così forte che aveva deciso di
stare con lei in paradiso. Agli investigatori, tuttavia, qualcosa
non tornava, per loro c’era qualcosa di strano in questo caso. Due
mesi dopo, dunque, hanno stabilito che non si trattava di un
suicidio, bensì di un caso di doppio omicidio. Scavando più a fondo
nel passato di Jhonier Leal, hanno infatti trovato motivi
sufficienti per uccidere l’intera famiglia. Jhonier divenne
automaticamente il primo sospettato e quando si scoprì che la sua
mano aveva una ferita, i sospetti si intensificarono.
Jhonier ha a quel punto mandato
all’aria il suo alibi nel tentativo di spiegare la ferita. Alla
fine, la polizia lo ha arrestato, scoprendo anche che Jhonier era
alla ricerca della proprietà che avrebbe dovuto acquisire dopo la
morte della sua famiglia. Mauricio Leal non era infatti un santo,
bensì si scoprì che era affiliato a diverse bande di trafficanti di
droga. È stato rivelato che era anche associato al riciclaggio di
denaro, che gli ha permesso di ottenere enorme ricchezza in un
breve periodo di tempo. Durante le indagini, la polizia ha dunque
sequestrato tutti i beni di Mauricio Leal.
Che fine ha fatto Jhonier Leal? Dove si trova ora?
Jhonier Leal, arrestato il
14 gennaio 2022 per il duplice omicidio della
madre e del fratello, ha infine confessato il suo crimine. Egli ha
affermato di aver agito in preda a un raptus impulsivo, scaturito
dalla propria gelosia. Sapeva inoltre che presto o tardi avrebbe
dovuto affrontare gravi conseguenze per le sue azioni, per questo
motivo dopo l’arresto ha inizialmente confessato il suo crimine.
Tuttavia, l’uomo ha poi cambiato idea subito dopo l’arresto e ha
cercato di rivendicare la propria innocenza di fronte alla legge.
Attualmente, però, Jhonier rimane dietro le sbarre. È infatti stato
condannato a 60 anni di carcere e sta scontando la pena nella cella
di La Picota. A nulla è valsa la sua richiesta di
essere posto agli arresti domiciliari.
Storia di un crimine: Mauricio
Leal: la storia vera è differente dal film?
Il protagonista principale
dell’adattamento Netflix diStoria di un crimine:
Mauricio Leal è la detective Rebeca,
che non esiste nella realtà ma è un insieme di tutti i detective
che hanno lavorato a questo caso. I realizzatori si sono infatti
presi delle libertà creative e hanno aggiunto una certa profondità
e drammaticità alla narrazione introducendo tale detective nella
storia. La donna viene inoltre caratterizzata come una madre
e moglie di un marito geloso del suo successo, che cerca di
scaricare su di lei la sua frustrazione e la sua ira, mentre lei
vorrebbe solo che qualcuno la accettasse e la capisse. Questa
aggiunta ha reso il mistero dell’omicidio più avvincente,
stabilendo quasi un legame tra la detective e Jhonier. Nel film è
dunque lei a risolvere il caso, ma alla fine le viene chiesto di
abbandonare il caso in quanto deve prendersi cura di suo
figlio.
Nei momenti conclusivi del film, la
vediamo dunque accettare il suo destino, allontanandosi dal caso.
Ma la sua impossibilità a rimanere fino alla fine di esso crea in
qualche modo un’ossessione nella sua mente. Si affeziona sempre di
più al caso perché, pur avendo un percorso diverso, è
involontariamente empatica nei confronti di Jhonier, perché,
proprio come lui, si sente sempre esclusa dalla sua famiglia e la
sua salute mentale ne risente. Storia di un crimine: Mauricio
Leal non fornisce dunque al pubblico una semplice indagine su
un crimine realmente avvenuto, bensì costruisce il racconto a
partire da un personaggio che si rivela strettamente connesso ai
sentimenti da cui è scaturito il delitto. Raccontato dal suo punto
di vista, il racconto del film differisce parzialmente dalla storia
vera, senza però stravolgerla.
In Top 10 su Netflix spicca il titolo Ultima
chiamata per Istanbul, rom-com turca
diretta da Gönenç Uyanık che in
breve tempo si è guadagnata la seconda posizione fra i film più
guardati sulla piattaforma streaming. Un film che,
come dicevamo nella nostra recensione, non solo funziona
rimanendo coerente agli stilemi del genere di riferimento, ma
sorprende persino, poiché capace di trovare una soluzione
alternativa, senza alcun uso di retorica, per parlare di… amore! La
storia sembra abbastanza semplice: due sconosciuti si incontrano
all’aeroporto di New York quando lei, ad un certo punto, in attesa
della sua valigia al nastro, scopre che questa è stata scambiata
con quella di un viaggiatore cinese. Lui si offre di aiutarla, e la
accompagna a Chinatown dove dovrebbe esserci il proprietario del
bagaglio. Non sappiamo i loro nomi, ma sin dai primi sguardi si
capisce che fra i due è scoccata la scintilla, eppure c’è un
problema: sono entrambi sposati. Ultima chiamata per
Istanbul, come dicevamo poc’anzi, inizia perciò come
un tipica commedia romantica con i soliti cliché, ma nel suo
progredire le carte in tavola cambiano, con un più che calzante
plot twist centrale. Ma cosa vuole suggerirci il suo finale? Qual è
il significato nascosto presente all’interno del film?
Cosa succede fra i due sconosciuti a New York?
Riavvolgiamo il nastro e riprendiamo da dove
eravamo rimasti. Intanto, i due sconosciuti – che decidono nel
frattempo di chiamarsi Samantha e
Ryan sotto indicazione di lei – arrivano
nell’albergo dove dovrebbe esserci colui che ha preso per errore la
borsa della donna. Scoprono però che il bagaglio arriverà solo
l’indomani mattina, così Samantha decide di pernottare lì per
aspettarlo. Ryan, seppur titubante, sceglie di rimanere con lei per
potersi assicurare che il giorno dopo lo riceva. Alla sera, la
coppia si ritrova nel suggestivo rooftop dell’hotel, dove si sta
svolgendo una serata di musica. I due si siedono a un tavolo, e
iniziano a imbastire un discorso riguardante l’amore. Se uno è
convinto che non si può tradire il proprio partner se alla base c’è
un sentimento vero, l’altra sostiene invece che l’adulterio sia
qualcosa di troppo sopravvalutato; se lui dice di volere dei figli,
lei invece asserisce decisa di non essere pronta. Mentre Ryan
spiega a Samantha di essere ancora molto innamorato della moglie,
al contrario Samantha confessa di non essere più felice nel suo
matrimonio.
La discussione mette in rilievo i
diversi modi dei due di intendere i rapporti, e anche il
modo di affrontarli. Ognuno ha una visione diversa di una
relazione, e ogni loro tesi ha una spiegazione logica e
convincente. Una tattica che vuole farci capire quanto spesso ciò
che noi riteniamo giusto non è universale, ma muta e si trasforma
in base al proprio vissuto, esperienze, e modo di approcciarsi alla
vita, agli altri, ma anche a noi stessi. Ad un certo punto, la
donna si alza per andarsi a fumare una sigaretta e da quel momento
in poi la storia prende una piega differente: se infatti prima Ryan
affermava di non essere incline a tradire e di non scivolare in
situazioni ambigue, si ritrova di lì a poco a passare l’intera
notte con Samantha, fra locali a luci rosse, balli sensuali e
confessioni intime sotto il ponte di Brooklyn. La sintonia che va
creandosi fra loro in quelle ore, nonostane le iniziali divergenze,
fa sì che Ryan ceda alla tentazione e quando tornano in albergo i
due si abbandonano alla passione. L’alba del mattino seguente,
però, fa affiorare verità tenute nascoste sino a quel momento.
Conosciamo, intanto, i loro veri nomi: i due si chiamano
Serin e Mehmet, e la realtà è ben
diversa da quella che era apparsa poiché il matrimonio di cui
parlavano era, in sostanza, il loro. Purtroppo, però, sono una
coppia sull’orlo del divorzio.
Perché Mehmet e Serin stanno per firmare le carte del
divorzio?
Quando Serin torna nella sua stanza senza
rivolgere parola a Mehmet, il film fa un tuffo nel passato e con
l’aiuto della narrazione intradiegetica – sono entrambi a
raccontarsi – scopriamo come la coppia si è realmente conosciuta e
quali siano le falle nella relazione. Sappiamo che i due si sono
innamorati quando erano all’università; lui è un musicista, lei una
designer. Scopriamo che a un certo punto Serin viene accettata in
un college a New York per affinare i suoi studi, ma che lei per
amore rifiuta. Nel frattempo, Memhet ha un colloquio con il padre
di lei, il quale lo obbliga a cercarsi un lavoro che possa
permettergli di provvedere adeguatamente alla figlia, abbandonando
la musica. Entrambi, dunque, hanno rinunciato ai loro sogni per il
bene del rapporto. In seguito, capiamo che Serin e Memhet hanno
deciso di sposarsi in un altro Paese, e che i primi anni di
matrimonio sono felici e spensierati. Una gioia che dura poco,
infranta quando Serin viene licenziata a lavoro, cominciando così a
sentire il peso dell’aver rifiutato l’opportunità a New York anni
prima. La sensazione di inadeguatezza e frustrazione non fa che
aumentare e peggiorare, riversandosi sulla coppia e provocando
litigi con il marito. La situazione precipita quando Serin decide
di fare domanda a uno studio di moda della Grande Mela per
disegnare una collezione per loro.
Questi si dimostrano subito interessati ai suoi
disegni, e la assumono. Serin decide di non parlarne con Mehmet, il
quale alla fine troverà comunque la lettera di accettazione fra le
sue cose, andando su tutte le furie. Appurato che alla moglie
importi sempre meno della loro relazione, mentre secondo lei il
marito non presta sufficiente attenzione ai suoi sogni, le
discussioni crescono a dismisura, sino a quando una goccia non fa
traboccare il vaso: Serin trova nel telefono di Mehmet una chat in
cui l’uomo si scambia spesso dei messaggi con un’altra donna
sconosciuta. Da lì, pur assicurandole di non averla tradita, Serin
prova a cercare un ultimo aiuto in una consulente
matrimoniale, ma anche questo tentativo naufraga,
portandola così a chiedere il divorzio. Qualcosa cambia l’ultimo
giorno di seduta, quando la consulente suggerisce loro di darsi
un’ultima possibilità di capire se è davvero finita attraverso una
sorta di gioco: devono partire per New York, dove lei deve iniziare
a lavorare, e una volta lì devono incontrarsi facendo finta
di non conoscersi, dedicandosi vicendevolmente del tempo
come se fossero due estranei.
Come finisce Ultima chiamata per Istanbul?
Seguendo il consiglio della consulente
matrimoniale, Serin ha capito di essere ancora molto innamorata di
Mehmet, ma che l’amore provato non basta a sollevare il loro
matrimonio. Intanto perché lei non vuole rinunciare al lavoro
ottenuto. New York le piace, ma il marito vuole solo tornare a
Istanbul. E poi perché Mehmet è pronto a mettere su una famiglia,
un obiettivo che ancora Serin non sente di dover raggiungere.
Conclusasi la parentesi di finzione, dunque, Serin resta ferma
sulla sua decisione, rafforzata dal fatto che i due hanno ripreso a
discutere sugli stessi motivi. A quel punto non si può più tornare
indietro: nel finale Mehmet, pur affranto, sceglie di tornare a
Istanbul, mentre Serin inizia a godersi finalmente la vita nella
Grande Mela. Tornata nell’albergo dove avevano pernottato
all’inizio, però, riceve una lettera che il marito le ha scritto
prima di partire. In quelle parole, Mehmet si scusa per non essere
stato il compagno perfetto che lei meritava, e si pente di aver
parlato con Cansu, la donna sconosciuta della chat, comprendendo il
dolore che aveva provato in quel momento. Inoltre, si rende conto
che avrebbe dovuto sostenere i suoi sogni invece di farla sentire
non amata, ma che al contempo era convinto che avrebbero potuto
affrontare la loro situazione in un modo migliore. Conclude dicendo
che avrebbe voluto essere la persona dalla quale lei sarebbe sempre
tornata, e che avere il sostegno l’uno dell’altra per lui era
sufficiente per poterci riprovare. E che la ama ancora.
Insieme alla lettera Mehmet le lascia anche il
biglietto di ritorno per Istanbul. Nelle battute finali, mentre le
parole della lettera scorrono in voice over, Serin decide di
mollare il lavoro appena cominciato e correre all’aeroporto, poiché
capisce di non voler rinunciare neppure lei al loro amore. Per
dimostrarglielo, però, non può far altro che tornare insieme a lui
in Turchia, rinunciando ancora una volta al suo desiderio, in nome
di un sentimento che capisce andare al di là di qualsiasi
soddisfazione lavorativa. La designer potrà farla ovunque, in
qualsiasi posto, ma l’amore, ci dice il film, se è
quello vero, non sarà dappertutto e non bisogna perciò
sottovalutarne l’importanza. Arrivata all’aeroporto, Serin
ha delle difficoltà a raggiungere il gate: non vogliono farla
passare, le hostess dicono che è troppo tardi. Ed è proprio quando
crede di averlo perduto per sempre, che la donna vede Mehmet
tornare indietro, perché anche lui – proprio come lei – vuole
raggiungerla. Dunque anche lui, in conclusione, avrebbe
rinunciato a tutto per la moglie, scendendo da quell’areo.
Riunitisi, Mehmet riesce a convincere la sicurezza a far prendere
il volo a Serin, e così la coppia riparte insieme alla volta della
loro Istanbul, pronti a impegnarsi ogni giorno e per sempre.
Il significato di Ultima chiamata per
Istanbul
Pilastro portante di Ultima chiamata
per Istanbul è, come in ogni rom-com che si rispetti,
l’amore. Nel film, però, attraverso la particolare relazione fra
Serin e Mehmet, il sentimento non viene standardizzato, ma anzi la
loro storia vuole dimostrare quanto l’amore sia qualcosa di davvero
unico e personale per ognuno di noi. Serin e Mehmet sono due
individui che, pur amandosi, hanno due visioni differenti dei
rapporti e della vita, ma ciò non significa – come spesso viene
invece mostrato – che per impegnarsi con qualcuno bisogni sposare
lo stesso pensiero, o ancora avere tutto in comune. Non vuol dire
neanche che uno debba soccombere all’altro. Ciò che conta
veramente, e che la pellicola di Uyanik vuole dimostrare,
è scegliere tutti i giorni la persona che abbiamo deciso
debba starci accanto. Anche quando ad un certo punto
qualche ingranaggio non funziona. L’amore è un sentimento che
bisogna coltivare nel tempo, e necessita impegno. E non coincide
per forza con l’essere simili o addirittura uguali. Ognuno di noi
guarda al sentimento da una prospettiva o angolazione differente,
lo vive secondo la sua logica, ma soprattutto secondo il suo
vissuto, le sue esperienze, e questo non significa che se l’altra
persona la pensi diversamente, o sia lei stessa diversa, il
rapporto non può esistere. Se alla base c’è il rispetto, esistono i
compromessi, esiste l’aiutarsi a vicenda per superare le
difficoltà, ed esiste anche il fare un passo indietro affinché
l’altro ci possa raggiungere.
Nel finale di Ultima chiamata per
Istanbul abbiamo la dimostrazione di quanto detto
sin’ora: Serin, dopo che Mehmet cede chiedendole scusa,
comprendendo le sue posizioni nella lettera che le scrive, si sente
in pace, perché sa di essere stata capita. Nonostante le loro
divergenze e i loro obiettivi – che restano diversi – sa che con il
marito potrà costruire in totale libertà il loro futuro insieme, e
che troveranno un punto d’incontro, una soluzione adeguata che, con
dedizione e pazienza, li renderà felici. Andando all’aeroporto,
Serin sceglie di amarlo, di rimanere fedele a quella promessa fatta
sull’altare. Allo stesso modo fa Mehmet, scendendo dall’areo. A
prescindere da come si conclude il film, in cui entrambi tornano a
Istanbul, alla base resta il fatto che sia Serin che Mehmet hanno
deciso, consapevolmente, di scegliersi, rinunciando ognuno di loro
a qualcosa per fare spazio a un sogno in comune più grande:
riconciliarsi. E mettersi ancora in gioco. Perché è questo il vero
significato dell’amore: è come un fiore che va annaffiato
giornalmente, anche quando fuori c’è la pioggia a bagnarlo. Oppure
rischia di appassire.
Netflix è lieta di annunciare l’arrivo del
film In
fuga da Babbo Natale, la commedia di Natale che
vede come protagonisti Giampaolo Morelli e Ilaria
Spada, insieme al piccolo Enea
Indraccolo, per la regia di Volfango De
Biasi. Soggetto e sceneggiatura sono dello stesso De Biasi
insieme a Fabio Bonifacci.
In fuga da Babbo
Natale, una produzione Colorado Film, è in arrivo solo su
Netflix dal 15 dicembre e sono ora disponibili il trailer
ufficiale, il poster e le prime immagini dal film.
In fuga da Babbo Natale,
la trama
Antonio ha 7 anni ed è orfano di
padre. La sera della vigilia di Natale non vuole doni, vorrebbe
solo volare con la slitta di Babbo Natale fino alla stella dove
vive il suo papà. Per questo, quando vede Babbo Natale scendere dal
tetto di casa sua, decide di seguirlo come suo aiutante. Non sa che
sotto la barba e il cappello si nasconde un ladro, che ha deciso di
usare questo travestimento per rubare indisturbato. Chi fermerebbe
mai Babbo Natale? Casa dopo casa, furto dopo furto, passeranno una
notte speciale che non dimenticheranno mai più e che cambierà per
sempre le loro vite.
Basato su “Le Père Noël” diretto da
Alexandre Coffre e prodotto da QUAD, il film è prodotto da
Iginio Straffi e Alessandro Usai
per Colorado Film e vede nel cast anche Mario De La Rosa, Elisa Di
Eusanio, Michela Andreozzi, Renato Marchetti, Marco Conidi, Romano
Talevi, Federico Tocci e Ninni Bruschetta.
Sono state annunciate le giurie del
Noir in Festival 2023. A decretare il film
vincitore del Black Panther Award 2023, l’ambito riconoscimento al
miglior fim Noir dell’anno conferito dal festival, sarà la giuria
internazionale, composta da tre eccellenti protagonisti del mondo
dello spettacolo.
Jaume
Balagueró (Presidente), regista spagnolo, ha esordito
alla regia con Alicia, che ha ottenuto premio per il
miglior cortometraggio al Sitges Film Festival. Il suo primo
lungometraggio, Nameless – Entità
nascosta (1999), è stato presentato in numerosi festival,
tra cui il Brussels International Festival of Fantasy Film e il
Fantafestival di Gérardmer, dove ha ricevuto il Meliés d’oro
assegnato dalla European Fantastic Film Festivals Federation come
miglior film europeo. Nel 2006 ha partecipato fuori concorso a
Venezia con Affittasi, un film della serie horror
televisiva Film per non dormire, e l’anno successivo
è tornato al Lido con [Rec], cui è seguito nel
2009 [Rec] ², vincitore del Ben & Jerry’s Award a
Sitges. La serie prosegue poi nel 2014 con REC 4:
Apocalypse. Dopo La settima musa (2017),
presentato ancora a Sitges, ha realizzato Way Down –
Rapina alla banca di Spagna (2021).
Veronica Lucchesi,
fondatrice e cantante per il progetto La Rappresentante di Lista
(LRDL) insieme a Dario Mangiaracina. Ha concorso al Festival di
Sanremo nel 2021 con Amare e nel 2022
con Ciao Ciao, entrambi ai vertici delle classifiche
radiofoniche e certificati multiplatino. Il loro ultimo album in
studio, My Mamma, uscito nel 2021, è stato arricchito
nel 2022 da Ciao
Ciao, Diva e Be My
Baby e certificato Disco d’Oro, debuttando al primo posto
della classifica dei vinili più venduti e al quinto di quella degli
album più venduti. Veronica Lucchesi ha lavorato con Dario
Mangiaracina al loro primo romanzo, Maimamma, che con
il disco condivide genesi e tematiche: è la storia di una giovane
donna, Lavinia, che rimane incinta alle soglie della fine del
mondo. Il 5 aprile 2022 ha ideato ed è andata in scena a Bologna
con “Tocca a Noi – Musica per la pace”, il grande concerto a
sostegno di Save The Children, con 7.000 spettatori in Piazza
Maggiore a Bologna e, sul palco, 12 tra gli artisti italiani più
amati. Nel 2023 ha preso parte alle riprese
di Gloria, film in uscita nel 2024 per la regia di
Margherita Vicario.
Paul McEvoy,
fondatore e co-direttore del FrightFest di Londra, il più grande
evento cinematografico di genere del Regno Unito, che nel 2024
approderà alla 25a edizione e si svolge nel mese di agosto a
Londra, Leicester Square. Paul McEvoy è anche programmer per il
Cine-Excess Film Festival and conference e scrive regolarmente una
rubrica di notizie e recensioni per “The Dark Side Magazine”.
Attualmente sta lavorando a un podcast con il regista Jake West
intitolato “Stark Raving Cinema! The Film & Pop Culture
Podcast”.
Alla giuria del concorso
internazionale si affianca quella per il Premio Caligari 2023,
composta da 80 tra studenti IULM e appassionati di cinema e guidata
dal regista Brando De Sica, il cui film
d’esordio, Mimì – Il principe delle tenebre, è nelle
sale in questi giorni; dalla giornalista di “Cinecittà News” e “8
½” Nicole Bianchi, recentemente vincitrice
del Premio Domenico Meccoli – Scrivere di Cinema (2023) e membro
del SNGCI; da Maurizio Di Rienzo, critico
cinematografico e direttore artistico dello ShorTS International
Film Festival di Trieste.
Ma la lista degli ospiti di questa
33a edizione è ricca e corposa. Si parte ovviamente da
Daniel Pennac, vincitore del Raymond
Chandler Award 2023 e autore della celebre saga
editoriale di Malaussène, protagonista indiscusso della giornata
inaugurale, 1 dicembre. Lo scrittore francese farà quattro tappe
milanesi per incontrare il pubblico: alle ore 15.30 nell’Auditorium
di IULM 6; alle ore 17.30 all’Institut français Milano per
introdurre la proiezione di Au bonheur des
ogres di Nicolas Bary; alle ore 18.15 in Feltrinelli
Duomo per il firmacopie di Capolinea Malaussène
(Feltrinelli) e alle 19.00 in Casa del Manzoni per la consegna del
Raymond Chandler Award.
A presentare i film in concorso,
proiettati tutti in Cineteca Milano
Arlecchino ci saranno:
per Runner il regista Nicola
Barnaba e gli interpreti Matilde
Gioli e Francesco Montanari;
per Operation Napoleon il regista
islandese Oskar Thor Axelsson;
per The City il regista e l’attrice
israeliani Amit
Ulman e Moria Akons;
per Le procès Goldman l’attore
belga Arieh Worthalter. I film fuori concorso
e gli eventi speciali saranno invece introdotti da: il
rapper Jake La Furia, voce narrante della
serie animata Italica Noir, assieme al
regista Federico Cadenazzi e allo
sceneggiatore Girolamo Lucania; il regista
lussemburghese Loïc Tanson (The
Ashes of Time); il regista Alfonso
Bergamo e gli interpreti Paolo
Briguglia, Tony
Sperandeo, Roberta
Giarrusso e Randall
Paul (The Garbage Man).
Protagonisti di uno speciale
incontro previsto per lunedì 4 dicembre, ore 17.00, IULM 6 – Sala
dei 146, i registi dei sei film finalisti: Lyda
Patitucci (Come pecore in mezzo ai
lupi), Antonio Pisu (Nina dei
lupi), Andrea Di
Stefano (L’ultima notte di
Amore), Davide Gentile (Denti
da squalo), Ivano De
Matteo (Mia) e Sydney
Sibilia (Mixed by Erry).
Ricchissimo il parterre degli ospiti
letterari della 33a edizione che dall’1 al 6 dicembre incontreranno
il pubblico in Rizzoli
Galleria: Harald
Gilbers (Morte sotto le macerie. Il commissario
Oppenheimer e la banda dei fazzoletti
gialli, Emons Libri); Giancarlo De
Cataldo (Colpo di ritorno,
Einaudi); Marcello Simoni (La
taverna degli assassini, Newton Compton); Donato
Carrisi (L’educazione delle farfalle,
Longanesi); Gianni
Canova (Palpebre, Garzanti)
e Ambra Angiolini; Ashley
Audrain(Sussurri, Rizzoli); Cinzia
Bomoll (Non dire gatto. Un’indagine di Nives
Bonora, Ponte alle Grazie) assieme a Nina
Zilli; Giampaolo Simi (Il
cliente di riguardo, Sellerio); Fausto
Gimondi (Fortuna criminale, Longanesi)
e Camila Raznovich; Deepti
Kapoor (L’età del male, Einaudi) con
Alessandra Tedesco, Alberto Toso
Fei (Il piede destro di
Byron, Marsilio) con Luca Crovi.
La IULM, oltre a
Daniel Pennac, ospiterà nella Sala dei 146 del moderno edificio
IULM 6 anche due imperdibili incontri letterari
– Giovanni Robertini con il
suo Morte di un trapper (Harper Collins) con
John Vignola e il regista Fulvio
Risuleo insieme all’illustratore Antonio
Pronostico, autori della graphic
novel L’eletto (Coconino) – e tre fuoriclasse
del cinema: Gabriele Salvatores che il 6
dicembre converserà alle 11.30 con Paola Jacobbi e Gianni Canova
dei suoi film più di genere; Pivio & Aldo De
Scalzi che racconteranno la musica noir e i vinili
di Diabolik; Adrian Wootton che
terrà una masterclass su Cormac McCarthy e il cinema.
Ma non finisce qui! Il 2 settembre
Casa del Manzoni vedrà sfilare prima i relatori dell’atteso
convegno “Manzoni e il Noir”, sul giallo storico e la vicenda di
Marianna de Leyva, la celebre Monaca di Monza de I promessi
sposi – Mauro
Novelli, Daniela
Brogi, Ben
Pastor, Giancarlo De
Cataldo, Luca
Crovi, Marcello
Simoni e Marco
Bellocchio – e poi il vincitore del romanzo più
votato dal pubblico, Carlo Piano (Il
torto, E/O) e i cinque contendenti per il Premio Giorgio
Scerbanenco 2023 – Francesco
Abate (Il misfatto della tonnara,
Einaudi), Cristina
Brondoni (L’inferno degli eletti, Clown
Bianco), Cristina Cassar Scalia (La
banda dei carusi, Einaudi), Gabriella
Genisi (L’angelo di Castelforte,
Rizzoli), Bruno Morchio (La fine è
ignota, Rizzoli).
Si intitola I 400 Giorni –
Funamboli e Maestri il documentario presentato al
41° Festival di Torino e diretto da Emanuele
Napolitano e Emanuele Sana, in
collaborazione con Daniele Orazi, il talent
manager che con questo progetto ha voluto raccontare il dietro le
quinte della sua giovane “scuderia”. Nuovi volti, talenti
giovanissimi, aspiranti attori seguiti nel corso di 400 giorni
della loro vita, tra provini, speranze, delusioni, intimità. Un
ritratto insolito e differente del ruolo dell’attore.
In occasione della presentazione al
TFF 41°, abbiamo raggiunto telefonicamente i
registi e alla sceneggiatrice Vittoria
Spaccapietra. Ecco cosa ci hanno raccontato.
-Come entrate in
contatto con Daniele Orazi e come nasce questa
collaborazione?
Emanuele
Napolitano:Io nasco come artista visivo e pittore. Ho
realizzato in passato anche documentari su opere di videoarte, e
avevo già girato dei documentari dedicati ad artisti che
provenivano da zone percepite come difficili, tipo Israele o
Albania. Sono entrato in contatto con Daniele attraverso una serie
di amicizie comuni e gli abbiamo presentato questa serie di
documentari che gli era piaciuta molto. Dopo questo incontro, si è
creata l’opportunità di lavorare a questo progetto soprattutto
perché Daniele lavora come talent manager da tanti anni. L’idea di
partenza era quella di approcciare questo materiale con un tono
sperimentale, non patinato.
Emanuele Sana:Io e Daniele ci conosciamo da parecchi anni. Abbiamo sempre
condiviso un approccio carico di ironia alla vita e abbiamo nel
tempo parlato di cinema con grande libertà e onestà. C’è sempre
stata una grande stima reciproca e quando lui ha chiuso la grande
esperienza di Officina Artistiche e intrapreso la nuova sfida di DO
Agency, abbiamo deciso di scommettere lui sulle mie idee e il mio
stile registico, io sulla sua conoscenza profonda del mercato e
soprattutto sui consigli che è in grado di dare ai suoi artisti. E
quando è nato progetto sono stato molto felice di costruirlo
insieme a lui.
Vittoria
Spaccapietra:Dopo gli studi di sceneggiatura ho iniziato a
cercare lavoro a Roma. Ho incontrato Daniele a Milano per un
colloquio per lavorare come script reader nella sua agenzia. Ero
completamente disorientata, ma poche settimane dopo sono entrata
nella DO Cinema. Crescere lì mi ha permesso di conoscere
l’industria in ogni sua forma e entità dandomi degli strumenti che
ho capito essere fondamentali solo quando ho provato poi camminare
con le mie gambe. Questo inizio di percorso mi ha fatto capire che
non esiste una strada programmata, che tutto è in costante
evoluzione, che la determinazione è ugualmente importante al
lasciare che le cose accadono. L’appoggio di Daniele per me ha
fatto e sta facendo la differenza.
Emanuele Napolitano
-Il titolo cita i 400
giorni in cui avete accompagnato il gruppo di attori protagonisti,
ma rievoca anche un capolavoro del cinema che ha per protagonista
un giovanissimo pieno di belle speranze e deciso a conquistarsi il
suo posto nella vita. È un’assonanza a cui avevate pensato?
Emanuele
Napolitano:L’assonanza è in parte casuale e in parte
voluta. Abbiamo effettivamente passato 400 giorni in compagnia di
questi ragazzi, ma il film è idealmente un romanzo di formazione,
quindi concettualmente si associa alla storia di Antoine Doinel,
protagonista de I 400 colpi. Certo la storia non è la stessa, ma
idealmente c’è un’assonanza.
Emanuele Sana:Devo confessare che sono stati tantissimi i titoli ai quali
abbiamo pensato nei mesi delle lavorazioni tanto che a un certo
punto era diventato un gioco. Eppure quando Daniele ha proposto “I
400 giorni”, abbiamo capito che era arrivato il titolo perfetto.
Un’assonanza chiaramente ma se pensiamo al finale de “I 400 colpi”,
uno dei più importanti e forti sguardi in macchina del cinema, e al
tema del giovane che affronta il suo futuro, è facile creare il
parallelo con le interviste che compongono il nostro film e che
muovono proprio dalla stessa inquadratura.
-I documentario è
estremamente ricco di punti di interesse e di voci. C’è l’on the
road, c’è il talent show, c’è la componente personale legata
all’intimità dei protagonisti. Come si costruisce una storia con
così tante anime e con così tanti protagonisti?
Emanuele
Napolitano:E’ stata una storia che si è formata da sé
perché pur essendoci una sceneggiatura, era impossibile controllare
delle cose che si svolgevano nel divenire. Pur avendo una
pianificazione, alcuni momenti erano difficili da prevedere. Ad
esempio eravamo sui set in occasione dei provini per raccogliere le
impressioni a caldo. Ecco, la difficoltà è stata esserci sempre in
questi momenti per tutti questi giorni. Abbiamo cercato di
registrare un momento sospeso che mette in relazione questi ragazzi
con i grandi maestri del passato.
Emanuele Sana:Ricordo che qualche settimana fa, quando ho salvato il progetto
de “I 400 giorni” con il nome final cut mi sono commosso. A parte
gli scherzi: il materiale di partenza era composto da centinaia di
ore di girato alle quali si sommava il materiale dell’Archvio Luce
da scovare e visionare. La selezione è stata quindi l’operazione
fondamentale e la più complessa: volevo creare un flusso di
coscienza che legasse attori e artisti appartenenti a quattro
generazioni diverse e per fare questo ho isolato alcuni grandi temi
per poi scegliere di volta in volta le frasi più forti o quelle che
insieme formassero un dialogo piacevole da ascoltare e carico di
emozioni.
Vittoria
Spaccapietra:Trovando un filo conduttore narrativo che sia
universale e applicandolo poi alla specificità di ogni storia
personale. Che questa sarebbe stata la sfida più grande per lo
sviluppo della storia ci è stato chiaro fin da subito. Ma il motore
dell’impresa resta il talento e le sue declinazioni ed è lì che
siamo tornati per costruire tutto. Le storie si aggrappano a questo
perno centrale, che accomuna ogni voce non solo nel film, ma anche
nella vita di chiunque si approcci a questo percorso. A quel punto
si tratta di cucire tutte le voci intorno a questa struttura guida
tematica.
-Il film si
impreziosisce anche di interventi di attori famosi, già affermati,
come sono stati scelti e da regista, è più semplice avere materiale
umano inesperto e malleabile oppure avere a che fare con degli
attori consumati, quindi magari più capaci ma anche con le loro
regole e il loro metodo già strutturato?
Emanuele
Napolitano:L’attore consumato sa anche come ridiventare
ingenuo! Ma in realtà non ho preferenza, però è logico che ci sia
una maggiore curiosità verso ciò che è spontaneo. Quindi l’attore
che si deve formare ancora è più malleabile, più spontaneo,
appunto. Il film poi è stato girato con mezzi di fortuna quasi,
magari a volte con il cellulare perché ti trovi a testimoniare un
momento che vale la pena catturare.
Emanuele Sana
Emanuele Sana:Daniele è un grande scopritore di talenti e gli attori che ha
chiamato per questo documentario non solo hanno accettato di
partecipare ma si sono aperti con una tale sincerità e
professionalità che ho avuto molto spesso l’impressione di avere di
fronte insieme all’attore navigato anche quello di anni fa in cerca
del suo futuro. Come regista devo dire che amo dirigere sia attori
alle prime armi che attori consumati ma non è questione di
malleabilità o di struttura, credo fermamente sia sempre questione
di intelligenza artistica, cioè quella grande capacità di
comprendere il progetto e sapere che il film vince sempre
sull’individualità.
-Come si lavora a uno
script quando ci sono così tanti personaggi coinvolti e una buona
dose di “realtà” all’interno del film?
Vittoria
Spaccapietra:La bellezza e la difficoltà di lavorare a una
storia unscripted è sicuramente l’imprevedibilità e l’evoluzione
della scrittura. Devi bilanciarti tra il guidare il contenuto per
far si che il prodotto resti in linea con l’idea principale e
l’accogliere ciò che accade nella realtà, che è imprevedibile.
Circa a metà di questi quattrocento giorni abbiamo iniziato a
plasmare una struttura più precisa, alla quale però non devi
aggrapparti con totale devozione perché il reale è sempre lì pronto
a farti deviare, e allora si continua a scrivere affidandoci a ciò
che accade.
-Com’è stato il
lavoro con Daniele Orazi?
Emanuele
Napolitano:E’ stata un’esperienza molto bella,
principalmente perché Daniele ha delle intuizioni davvero
brillanti. Ha avuto molte idee che sono state sviluppate e girate.
Come una sceneggiatura estemporanea, ha offerto diverse soluzioni
che poi sono state realizzate. Pur non essendoci una sceneggiatura
strutturata, il suo lavoro è stato anche quello e abbiamo creato
delle situazioni proprio per vedere poi cosa succedeva.
Emanuele Sana:Daniele ha avuto una visione precisa, l’ha inseguita e ha fatto
quello che sa fare meglio: lavorare con le persone per il bene del
progetto. È stato un produttore preciso, molto attento nel
valorizzare il materiale umano che compone il documentario perché
lui ama profondamente gli attori e loro sono sempre stati la sua
prima preoccupazione. Abbiamo litigato? Non direi, discusso spesso
certo, ma anche perché siamo entrambi testardi. Ma è anche per
questo che “I 400 giorni” è il film che potete vedere.
Vittoria Spaccapietra:Lavorare creativamente con Daniele è molto simile al processo
di cui parlavamo di “ascolto” della realtà: ogni momento del suo
lavoro da produttore e da agente si trasforma per lui in stimolo
creativo che sottopone ai suoi collaboratori in scrittura. La parte
più stimolante è vedere trasformare i momenti dell’ordinaria
quotidianità lavorativa (che ordinaria veramente poi non è mai)
diventare straordinari punti di partenza per nuove idee da
sviluppare in scrittura. Del resto è così che è nato i 400
giorni.
-Qual è nelle
vostre intenzioni il fine ultimo di un film pensato e realizzato
così, che racconta queste storie in particolare?
Emanuele
Napolitano:L’intenzione può essere quella di far capire
cosa prova un attore. Ci sono tanti film sul cinema, ma meno sulla
figura dell’attore, in cui non lavora, non recita, è questo genera
delle paure. Questo aspetto non sempre è messo in luce e mi
interessava capire cosa prova l’attore sia all’inizio della
carriera, sia di livello avanza quando gli si pongono davanti dei
problemi, e raccontarlo al pubblico che è più abituato all’aspetto
patinato della vita dell’attore.
Emanuele Sana:“I 400 giorni” è un documentario ma ancora di più un documento.
Ritrarre il momento è un privilegio e penso che questo film
invecchierà bene come un buon vino: fra qualche anno rivedere le
interviste dei ragazzi sarà emozionante e restituirà il senso di
un’operazione di scoperta come quella che Daniele realizza con il
casting. Un ultimo pensiero: credo che aver avvicinato quattro
generazioni di attori sia servito a capire che possono passare gli
anni, possono avvicendarsi diverse ere cinematografiche ma i sogni,
i desideri, i dispiaceri e i sorrisi di chi vuole vivere di cinema
sono sempre identici.
Vittoria
Spaccapietra:Da sempre le filmografie sono ricche di
biografie di grandi artisti. Ha perfettamente senso considerato che
se c’è qualcuno al quale vogliamo ispirarci sono coloro che hanno
avuto successo. Nelle storie che mostriamo però c’è la verità del
primo salto, la voce di chi ancora prova le sensazioni che
racconta. È come chiedere a un bambino cosa si provi a essere un
bambino. Un adulto si ricorda, può farlo, ma è inevitabilmente
filtrato dalla sua esperienza e dal tempo. Lo stesso accade con le
voci che sentiamo ne I 400 giorni: i ragazzi stanno vivendo in
questo momento ciò che ci raccontano e questa è una risorsa
preziosa da mettere a disposizione per chi vuole affrontare questo
mestiere. Sarebbe bello se il film diventasse una piccola guida
tecnica ed emotiva per chi si approccia a questo mondo, una sorta
di mappa per farsi guidare attraverso le voci dei maestri per
trafugare i segreti della loro esperienza, ma rispecchiandosi
nell’autenticità dei sentimenti e delle paure che invece si provano
quando camminiamo ancora sospesi su un filo.
Presentato il 27 novembre al 41°
Torino Film Festival nella sezione fuori concorso Ritratti e
paesaggiI 400 Giorni – Funamboli e maestri,
il documentario prodotto dalla DO Cinema del talent manager Daniele
Orazi con il patrocinio di Roma Lazio Film Commission ed il
sostegno del Ministero della Cultura.
I 400 Giorni – Funamboli e
maestri è un racconto corale dedicato al mestiere
dell’attore, diretto da Emanuele Napolitano e
Emanuele Sana e scritto da Vittoria
Spaccapietra e Daniele Orazi.
Di seguito, ecco le illustrazioni
inedite realizzate da Druid (Emanuele Napolitano)
per i protagonisti del film:
L’universo cinematografico Marvel ha visto la sua dose di star
avvicendarsi, e anche quelli che destavamo lo scetticismo del
pubblico, alla fine si sono rivelati ottime scelte per i personaggi
iconici che erano chiamati a interpretare. Una delle star che però
non è ancora entrata in contatto con il MCU è Jon Hamm, che in questi giorni è su NOW con la
nuova stagione di Fargo (leggi
qui la recensione di Fargo 5). L’attore non solo
vorrebbe far parte del franchise, ma ha anche un ruolo
preferito!
Parlando con ScreenRant, a Jon Hamm è stato chiesto della sua potenziale
apparizione in un film Marvel, dal momento che tempo fa
era stato collegato al ruolo di Mister Sinister. L’attore è già
stato protagonista dei fumetti degli X-Men, che lo hanno fatto
apparire in un cameo sulle loro pagine. Hamm ha confessato di non
poter offrire ai fan una risposta concreta, ma è stato espansivo
nel lodare sia i Marvel Studios che i fumetti su cui sono
basati, aggiungendo che è stato un fan accanito fin da quando era
un bambino e che sapeva che c’erano molte storie non raccontate
nelle pagine degli innumerevoli fumetti della Marvel.
“Non lo so”, ha ammesso
Hamm. “Queste decisioni vengono prese ad un livello così alto a
questo punto, decisamente al di sopra del mio livello salariale. Mi
piacerebbe molto. Sono stato un fan dei fumetti Marvel e dei fumetti in generale da
quando probabilmente avevo meno di dieci anni. Penso che ci siano
tonnellate di storie che almeno mi sono familiari e che non sono
state ancora raccontate.”
Hamm ha continuato esprimendo la
speranza che Kevin Feige e i vertici della
Marvel notino il suo interesse e si
mettano in contatto con lui. La cosa più interessante è che Hamm ha
indicato X-Men e Fantastici
Quattro proprio come proprietà da cui era particolarmente
affascinato, lasciandosi persino sfuggire il nome del Dottor
Destino, uno dei cattivi più leggendari della Marvel, come personaggio che attira
il suo interesse specifico.
“Spero che, qualunque siano i
loro piani, mi includano. Ma in caso contrario, so che hanno un
gruppo piuttosto ampio di persone pronte a far parte di quelle
storie. Ci sono sicuramente molte storie nel mondo degli X-Men da
raccontare. Anche i Fantastici Quattro, [con] Doctor Doom. Ci sono
così tante storie fantastiche nei fumetti. Sì, spero di avere una
possibilità. Chi lo sa?”
Dal momento che
X-Men e Fantastici
Quattro sono il prossimo grande passo per il MCU e per Kevin
Feige, i giochi potrebbero essere aperti e Jon Hamm
potrebbe trovare il suo spazio.
Nonostante in molti lo abbiano
apprezzato, Nicolas Cage
sembra essere proprio scontento del suo cameo nel film DC TheFlash, dove appare brevemente nei panni di
Superman – personaggio che come noto avrebbe
dovuto interpretare ad inizio anni Novanta in un film diretto
da Tim Burton. Nei
momenti finali di The Flash, dunque, Cage
ha finalmente avuto l’opportunità di vestire i panni di Superman in
una particolare sequenza in computer grafica che lo ha visto
combattere con il tanto discusso ragno gigante che sarebbe dovuto
essere presente nel film poi cancellato.
Tuttavia, Cage ha poi criticato tale
suo cameo, affermando che avrebbe desiderato durasse un po’ di più.
Ora, però, l’attore ha ribadito la sua posizione offrendo una
motivazione ben più valida per la sua contrarietà. Sembra infatti
che gli sia stato proposto qualcosa di molto diverso da ciò che è
poi stato realizzato nel prodotto finale. “Abbiamo fatto un
accordo“, ha detto l’attore a Wired. “È questo il fulcro
del film. C’è un accordo, una comprensione reciproca e un contratto
che si è stipulato conoscendo entrambe le parti e sapendo bene a
cosa si va incontro“.
“Non sto dicendo che abbiano
usato l’IA per realizzare quel Superman. Forse l’hanno fatto. Non
lo so. Forse era solo CGI, ma qualunque cosa fosse, non è quello
che ho fatto sul set”, ha aggiunto Cage. “Per quanto ami
il regista Andy [Muschietti] e la sorella e produttrice
cinematografica Barbara Muschietti – e penso che siano fantastici –
non è comunque quello che mi è stato detto di fare sul set”,
spiega in conclusione l’attore. Nicolas Cage non ha fornito
dettagli su ciò che ha eseguito sul set, ma si comprende ora di più
la sua delusione verso tale cameo, che a distanza di mesi continua
a far discutere tanto i fan quanto il diretto interessato.
È passato molto tempo dall’ultima
volta che abbiamo avuto aggiornamenti su questo progetto, ma adesso
sembra finalmente che l’adattamento in
live action di Naruto stia finalmente trovando
il suo spazio. Anche se sono passati 10 anni dall’ultima notizia in
merito, Lionsgate ha continuato a lavorare al progetto, e adesso il
film ha una sceneggiatrice.
Secondo Variety, la sceneggiatrice
Tasha Huo è stata incaricata di scrivere l’ultima
bozza della sceneggiatura di Naruto live action.
Gli altri crediti recenti della sceneggiatrice includono
l’imminente riavvio di Red Sonja e una serie
animata basata sui videogiochi Tomb Raider. Non
sono stati forniti altri dettagli, ma i siti americani riportano
che il casting è in corso.
Il manga originale Naruto è stato
creato da Masashi Kishimoto ed è stato
inizialmente serializzato sulla rivista di manga shōnen Weekly
Shōnen Jump di Shueisha da settembre 1999 a novembre 2014. La serie
animata è divisa in due stagioni, Naruto e
Naruto: Shippuden, della durata di 220 e 500 episodi.
La storia segue il personaggio del
titolo, Naruto Uzumaki, un giovane ninja che cerca
il riconoscimento dei suoi coetanei e sogna di diventare l’Hokage,
il leader del suo villaggio.
“Il giorno della nascita di
Naruto Uzamaki, il villaggio di Konoha fu attaccato dal demone
della volpe a 9 code. Per proteggere il villaggio, il quarto hokage
sacrificò la sua vita e sigillò il demone in un bambino appena
nato, Naruto. 13 anni dopo Naruto si diploma all’accademia ninja e
diventa uno shinobi con l’obiettivo di diventare l’Hokage del
villaggio. Insieme a lui ci sono il rivale Sasuke Uchiha che tenta
di ottenere il potere per vendicare il suo clan dopo che questo è
stato raso al suolo dal fratello maggiore Itachi. E Sakura Haruno,
la ragazza per cui Naruto ha una cotta e che ovviamente ama il suo
rivale Sasuke. Ma quando Itachi ritorna al villaggio dopo gli esami
da Chunnin e Sasuke dimostra di essere impotente contro di lui,
Sasuke cadrà nelle mani del malvagio Orochimaru per ottenere le sue
doti. Naruto deve fare tutto ciò che è in suo potere per fermare il
suo amico dal perdersi nell’oscurità, anche se questo significa
perdere se stesso.”
Le serie Marvel sono spesso e volentieri un
bel grattacapo per i Marvel Studios, poiché la maggior parte di
quelle ad oggi realizzate sembra aver portato più costi che
benefici. Dai problemi con gli effetti
speciali di She-Hulk: Attorney at
Law sino a quelli produttivi di serie
ancora da distribuire come Daredevil: Born
Again ed Echo, passando per quelli economici di Secret Invasion. Ad
oggi sembra che per evitare di incorrere ancora in questi problemi,
i Marvel Studios siano intenzionati
ad avere tutto sotto controllo prima di dare il via alle riprese,
così da evitare di dover poi ricorrere a costosi reshoot.
Sembra però anche che i Marvel Studios abbiano in programma
di realizzare sia storie standalone per il piccolo schermo ma anche
di dar vita a nuove stagioni di alcuni prodotti già distribuiti.
Finora, infatti, solo Loki ha potuto godere di
una seconda stagione mentre per tutte le altre serie non sono stati
fatti annunci a riguardo, cosa che per il momento lascia in sospeso
il futuro dei personaggi protagonisti di queste serie. Secondo lo
scooper Daniel Richtman, delle potenziali seconde stagioni per
Ms.
Marvel, Moon
Knight e She-Hulk: Attorney at
Law sarebbero invece ora in fase di
elaborazione.
La serie Ms. Marvel rimane uno dei prodotti
televisivi più apprezzati del MCU, mentre Moon Knight si è
concluso con un grosso
cliffhanger quando Marc Spector e Steven Grant si sono
apparentemente liberati di Khonshu, solo poi rivelare che una terza
personalità – Jake Lockley – è ancora al servizio del Dio della
Luna. Per quanto riguarda She-Hulk: Attorney at
Law, in passato si era parlato di un’apparizione di
Jennifer Walters in Captain America: Brave New
World, ma sembra che i piani siano cambiati, dunque una
seconda stagione potrebbe riportarla in scena. Non resta dunque che
attendere per scoprire se davvero ci saranno piani futuri per
queste serie e i loro protagonisti.
Con la fine degli scioperi
SAG-AFTRA e WGA, i Marvel Studios sono tornati al lavoro sui
casting dei ruoli principali per il prossimo reboot dei Fantastici Quattro del
MCU e, anche se per il momento si
tratta solo di un’altra indiscrezione, un nuovo nome viene ora
accostato all’atteso progetto che introdurrà nel MCU la prima famiglia di supereroi.
Secondo l’insider MTTSH, infatti, Cillian Murphy
(reduce dal successo di Oppenheimer) sarebbe la
prima scelta dello studio per interpretare il Dottor
Destino nel film (il quale dovrebbe però apparire per un
semplice cameo). Già da tempo i fan indicano l’attore come
l’interprete ideale per tale iconico villain e sembra che anche i
Marvel Studios siano di questa
idea.
Naturalmente, anche se venisse
concretamente fatta un’offerta, non è detto che Cillian Murphy sia
interessato e in ogni caso i contendenti al ruolo non mancano.
Precedenti rumor riportavano che sia Ryan Gosling
che Josh Hartnett
sarebbero in lizza per interpretare Destino, e si dice che entrambi
gli attori abbiano ancora qualche possibilità di ottenere la parte.
Più di recente, si è sentito parlare anche di Ralph Fiennes e
Jason Clarke,
mentre a Mads Mikkelsen
sarebbe stato concretamente offerto il ruolo, ma si dice che abbia
rifiutato. Non resta dunque che attendere maggiori certezze a
riguardo, considerando che Dottor Destino molto probabilmente sarà
ben più che un semplice villain “usa e getta”.
Fantastici Quattro: quello che sappiamo sul cast del
film
Per il ruolo di Reed
Richards (Mister Fantastic), il candidato numero uno
attualmente è l’attore Pedro Pascal
(The Last of Us), mentre
per Sue Storm (Donna Invisibile), Johnny
Storm (Torcia Umana) e Ben Grimms (La
Cosa) si continuano a riportare i nomi di Vanessa Kirby
(Napoleon),
Joseph Quinn (Stranger Things) e
Ebon Moss-Bachrach (The Bear). Anche per
questi, però, si attende un’ufficialità da parte dei Marvel Studios. Si è
poi parlato di Javier Bardem
per il ruolo di Galactus, ma anche Antonio
Banderas sarebbe ancora in lizza per il ruolo. Infine,
sembra che sia in corso la ricerca di un’attrice per l’araldo di
Galactus, che potrebbe però non essere Silver Surfer.
Ad oggi sappiamo solo che
Matt Shakman (produttore e regista di WandaVision) dirigeràFantastici Quattro da
una sceneggiatura di Jeff Kaplan, Ian
Springer, Josh Friedman, co-sceneggiatore
di
Avatar: La via dell’acqua, e Cameron
Squires. I dettagli della trama sono ancora un mistero, ma
Kevin Feige ha
confermato che non si tratterà di un’altra origin story per il
super-team. Il film, infine, è atteso in sala per il 2
maggio 2025.
In un recente episodio del podcast
“The New Yorker Radio Hour”, Bradley Cooper ha parlato con il conduttore
David Remnick dei suoi sforzi da regista, tra cui
“A Star
Is Born” e “Maestro“,
e del passaggio a ruoli più drammatici. Remnick ha poi chiesto a
Bradley Cooper: “Hai finito di divertirti?
In altre parole, se arrivasse un altro ruolo comico e divertente,
se fossero tre mesi della tua vita, non sarebbe ‘Una notte da leoni
5’ ma qualcosa di simile“.
“Beh, farei ‘Una notte da leoni
5′”, ha risposto Bradley Cooper . “Prima ci sarebbe
‘Una notte da leoni 4’, ma sì“, ha detto ridendo l’attore.
“Probabilmente farei Una notte da leoni 4′ all’istante. Solo
perché amo
Todd [Phillips], amo Zach [Galifianakis], amo Ed [Helms] così
tanto, probabilmente lo farei“.
Bradley Cooper ha sottolineato che, sebbene
ultimamente non abbia interpretato ruoli tradizionalmente
divertenti, si sta “divertendo” nei suoi ultimi progetti e
non trova questi film più pesanti “estenuanti” come
potrebbero esserlo altri.
Dampyr,
il primo film del
Bonelli Cinematic Universe, sta rubando il cuore degli
spettatori statunitensi, che nel fine settimana del
Ringraziamento scelgono proprio l’esordio
alla regia di Riccardo Chemello dalla vastissima
library di Netflix USA.
Uscito il 22 novembre
sulla versione nordamericana della piattaforma, il film ha esordito
al nono posto della Top 10, scalando rapidamente
la classifica e arrivando, nella giornata di domenica 26 novembre,
a raggiungere la sestaterza posizione tra i dieci
film più visti di Netflix, superando titoli in classifica da
mesi, e persino il capolavoro dell’animazione SONY, Spider-Man: Accross the Spider-Verse, aggiunto
di recente.
Dopo essere stato
distribuito in digitale in Italia, su Sky e NOW, in occasione di
Halloween 2023, e dopo la messa in commercio dell’edizione Home
Video, Dampyr
comincia anche a farsi spazio nel mercato internazionale,
riscontrando un innegabile interesse da parte di un pubblico che
storicamente è avvezzo ai blockbuster fantasy e che dimostra di
gradire questa insolita storia di supereroi made in Italy,
confermandone l’aspirazione internazionale.
Diretto da
Riccardo Chemello, su una sceneggiatura firmata da
Alberto Ostini, Giovanni Masi, Mauro
Uzzeo e lo stesso Mauro Boselli che
insieme a Maurizio Colombo ha creato il
personaggio, e interpretato da Wade Briggs,
Stuart Martin,
Frida Gustavsson, Sebastian Croft,
David Morrissey e Luke Roberts,
Dampyr
è prodotto da Bonelli Entertainment con
Eagle Pictures e Brandon Box e
distribuito in Nordamerica da Sony Pictures.
Nel 2017, sotto la
regia di Matt Reeves, arriva The War – Il pianeta
delle scimmie, nono film del media franchise Il
pianeta delle scimmie, e terzo film del reboot iniziato nel 2011
con L’alba del pianeta delle scimmie. L’originale del
1968, Il pianeta delle scimmie, è una delle pellicole più
importanti del genere fantascientifico: al centro della storia c’è
l’astronauta George Taylor, il quale precipita su un misterioso
pianeta in cui le scimmie sono altamente evolute e gli esseri umani
sono ridotti in schiavitù. Il film ottenne un grande successo sia
di critica che di pubblico, a cui seguirono dei sequel, che
conclusero l’origin saga nel 1973 con Anno 2670 – Ultimo atto. Nel 2011 arrivò,
come dicevamo, il reboot, il quale si è concluso proprio con
The War – Il pianeta
delle scimmie, pellicola che presenta alcuni
easter eggs interessanti, molti dei quali fanno riferimento alla
serie originale. Scopriamo quali sono i principali.
Cornelius
In The War – Il pianeta
delle scimmie ritroviamo lo scimpanzè Cesare, il
quale aveva guidato le scimmie evolute durante la guerra con gli
umani sopravvissuti in Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie. Sappiamo
che ha un figlio, il quale si chiama Cornelius. Il nome datogli non
è però sconosciuto: infatti Cornelius è il gentile
scimpanzé – nonché archeologo – presente nel film originale del
1968 Il pianeta delle
scimmie, il quale insieme a Zira, una veterinaria nonché
sua compagna, è l’unico a simpatizzare con la razza umana. Lo
scimpanzé fa amicizia proprio con l’astronauta George Taylor, il
protagonista, interpretato da Charlton Heston.
Nova
In The War – Il pianeta
delle scimmie, ad un certo punto Cesare, insieme
ai suoi compagni, si imbattono in un villaggio quasi abbandonato,
dove incontrano per puro caso un uomo, che alla fine viene ucciso
dallo scimpanzé. In quello stesso momento, in una casa disabitata,
trovano una bambina, la quale non solo è malata ma è anche muta. La
bambina si chiamerà Nova, altro nome che ci
rimanda ancora una volta all’originale film del ’68. Nova – una
donna muta, esattamente come lei – è la primitiva che incontra
l’astronauta Taylor quando entrambi sono prigionieri delle scimmie
e di cui, alla fine, si innamora.
Il virus
The War – Il pianeta
delle scimmie fa una rivelazione molto importante
riguardante l’influenza Simian, un virus creato inizialmente per
curare l’Alzheimer, e che era stato testato sulle scimmie fino a
potenziarne l’intelligenza. Nel film viene svelato che tale virus –
causa della decimazione dell’umanità – si è evoluto, e adesso è in
grado di rendere gli esseri umani muti, veri e propri primitivi
senza parola, perché innesca una regressione cerebrale. Una cosa
accaduta già in precedenza a Nova, e che alla fine attacca anche il
Colonnello McCullogh, lo stesso che aveva confessato a Cesare la
trasmutazione del virus.
La bomba
In The War – Il pianeta
delle scimmie, il gruppo paramilitare si chiama
Alpha-Omega, stesso nome che nel sequel del 1970, L’altra
faccia del pianeta delle scimmie, indica il nome con cui viene
chiamata una bomba atomica, la quale si palesa nel film quando a
New York Brent (astronauta mandato alla ricerca della nave di
Taylor, l’Icarus) scopre una società di uomini mutanti con poteri
telepatici che venerano l’ordigno come divinità. Lo stesso che poi
si capisce vogliono usare per sconfiggere le scimmie. In
quell’occasione Brent – dopo essere stato catturato – incontra
Taylor.
La lacrima di Cesare
La scena finale di The War – Il pianeta
delle scimmie segna la morte di Cesare, che
avviene fra le braccia della sua amata Maurice. Lo scimpanzè è
stato ferito gravemente e, dopo aver condotto il suo popolo in
salvo, spira, non prima di aver detto alla compagna che rimanendo
unite le scimmie saranno sempre forti. Una lacrima gli scende lungo
la guancia, e questo è un chiaro riferimento alla statua di una
scimmia che fa la stessa cosa nell’inquadratura finale di Anno
2670 – Ultimo atto, quinto e ultimo episodio della saga
originale de Il pianeta delle
scimmie.
Donkey Kong
In
The War – Il pianeta delle
scimmie, le scimmie che si schierano con gli
esseri umani sono soprannominate “Donkey”, mentre la fazione
apposta, quella capitanata da Cesare, si chiama invece “Kong”.
Anche questo diventa un palese riferimento al classico – nonché
famoso – videogioco arcade Donkey Kong,
sviluppato e prodotto da Nintendo e poi uscito nelle sale giochi
nel 1981. Grazie a Donkey Kong – che nel videogame è un gorilla –
c’è stato anche il debutto del celebre Mario.
Apocalypse Now
In The War – Il pianeta
delle scimmie ci sono, infine, un paio di
riferimenti ad Apocalypse Now, film del 1979 diretto
da Francis Ford Coppola e liberamente ispirato al
famoso romanzo di Joseph Conrad, Cuore di
tenebra. Il primo è relativo alla guerra, la quale comporta in
entrambi i casi un’odissea per rintracciare un colonnello
impazzito. La seconda, invece, è un gioco di parole presente
all’interno della pellicola, “Ape-ocalypse Now”, che viene
visto scarabocchiato su un muro.
Leo è tra le recentissime proposte di
Netflix nell’ambito dell’animazione. Il film, scritto da
Adam Sandler, Robert Smigel e
Paul Sad e diretto dallo stesso Smigle assieme a
Robert Marianetti e David
Wachtenheim, è stato lodato dalla critica internazionale
per la sua gestione della comicità che lascia spazio anche a
momenti di riflessione profonda, tanto per un pubblico di
bambini-ragazzi quanto per gli adulti. Questa pellicola racconta la
storia di Leo (Adam
Sandler) e Squirtle (Bill
Burr), tatuara che hanno vissuto tutta la loro vita in una
classe di quinta elementare. Quando Leo viene a sapere che potrebbe
avere solo un anno di vita, decide di scappare per vedere il mondo;
tuttavia, il suo piano prende una piega inaspettata quando i
bambini scoprono che sa parlare, e il tatuara inizia a dispensare
consigli e lezioni di vita agli alunni.
Tutti i bambini iniziano a ottenere
risultati eccellenti a scuola, il che rende fiera la loro
supplente, la signora Malkin (Cecily
Strong), finché questa non si rende conto che il merito
non è suo, ma del piccolo tatuara. Così, decide di abbandonare Leo
nelle Everglades, almeno finché l’intera classe non le fa
cambiare idea e la esorta a salvarlo. Alla fine di Leo, la signora Malkin vince il titolo di
insegnante dell’anno e porta Leo e Squirtle con sé nella sua nuova
classe, ma la loro nuova sistemazione è davvero migliore
rispetto alla classe di quinta elementare in cui hanno trascorso la
loro vita finora? Scopriamolo in questa spiegazione del finale di
Leo.
Perché Leo non è fuggito come
previsto?
Inizialmente,
Leo e Squirtle ci vengono
presentati come felici di vivere nel loro piccolo terraio di una
classe di quinta elementare, finché una sera, durante una riunione
con i genitori, Leo sente uno dei papà dire che i tuatara vivono
fino a circa 75 anni. Il nostro piccolo protagonista sa di essere
nato nel 1949, ma non conosce l’addizione e la sottrazione perché
ha vissuto tutta la vita nell’aula di quinta elementare, quindi
solo quando incontra Cinnabon (Nick
Swardson), il coniglietto dell’aula di seconda elementare,
scopre di avere 74 anni, il che significa che, teoricamente, gli
resta solo un anno da vivere. Questa stima cozza con il piano di
Leo, che vuole vedere il mondo e fare nuove esperienze, dunque
escogita un piano per fuggire.
La prima occasione per la fuga tanto
desiderata da Leo si manifesta quando viene
portato a casa da una studentessa di quinta,
Summer (Sunny Sandler), non fosse
che il tatuara si lascia scappare che sa parlare: invece di fuggire
come aveva programmato, Leo dà a Summer dei consigli di vita su
come interagire meglio con le altre persone e su come fare domande
coinvolgenti durante le conversazioni con gli altri bambini. La
bambina segue il suo consiglio il giorno dopo e ne trae
immediatamente beneficio. Quando gli altri bambini iniziano a
cercare l’aiuto di Leo, il tatuara è felice di tutta questa
attenzione e apprezzamento che i bambini gli dimostrano, così
smette di cercare di scappare.
Perché Squirtle ha smascherato
Leo
Squirtle
non aveva idea che Leo elargisse consigli a tutti
i bambini, finché questi non iniziano a lasciare i loro telefoni
nel terrario, per poter parlare con Leo di notte e nei fine
settimana e Squirtle comincia a essere geloso. Inizialmente, è più
arrabbiato per aver perso le attenzioni di Leo, ma quando va a casa
con Anthony (Ethan Smigel) e
cerca di interagire con lui come fa Leo, Anthony
dice alla classe che “Squirtle fa schifo” e tutti
concordano che Leo è “il migliore“.
Una sera, mentre
Leo sta cercando di destreggiarsi tra le varie
telefonate con i ragazzi, Squirtle trasmette una
telefonata in diretta streaming a tutti gli altri bambini. Fino a
quel momento, il tatuara aveva detto a tutti i bambini che erano
gli unici con cui stava parlando, perché tecnicamente non avrebbe
dovuto far sapere a nessuno di loro che gli animali potevano
parlare. Ora, non solo sanno che può parlare, ma sanno anche che ha
mentito a ciascuno di loro dicendo che avevano un rapporto
esclusivo.
Perché la signora Malkin ha abbandonato Leo nelle
Everglades
Squirtle
non era l’unico ad essere geloso di Leo. La
signora Malkin era inizialmente soddisfatta dei
progressi che gli studenti stavano facendo ed era molto orgogliosa
degli elogi che stava ricevendo come insegnante, finché non ha
sentito gli studenti attribuire a Leo il merito di
ogni loro successo. La supplente decide dunque di portare il
tatuara a casa sua, in modo che gli studenti non possano più
consultarlo ma, come era sua abitudine con tutti gli studenti, Leo
inizia a parlare con la signora Malkin dei suoi problemi,
ricordandole il motivo per cui aveva iniziato a insegnare.
Purtroppo, però, quando i genitori alla Fiera della Storia la
elogiano e lei vince il premio di insegnante dell’anno, ha un altro
ripensamento.
La signora Malkin
sa che Leo era la vera ragione del successo dei
ragazzi ma, ora che tutti pensano che sia stata lei a portare la
classe a questo livello, riceve le lodi che ha sempre desiderato e
non vuole che le cose cambino, così porta Leo alle
Everglades e gli dice che i ragazzi hanno perso la Fiera
della Storia e che la colpa è sua. Inoltre, gli dice che può vivere
il suo sogno nelle Everglades “senza la possibilità di
incontrare i bambini. O i loro genitori. O il preside. O i
media“. Il motivo per cui lo porta lì è che nessuno parlerà
mai con lui e scoprirà che tutti gli elogi che ha ricevuto sono in
realtà merito del tatuara.
Naturalmente, dopo che
Squirtle e il Drone rintracciano i bambini
sull’autobus e Squirtle spiega che la supplente vuole accaparrarsi
tutti i meriti, questa cambia di nuovo idea e confessa di aver
portato Leo alle Everglades perché pensava che ottenere il
riconoscimento dei genitori l’avrebbe resa felice. Nonostante il
suo terzo ripensamento, l’allenatore Kimura
(Jo Koy) non vuole cambiare rotta per andare alle
Everglades, così la signora Malkin e i ragazzi cospirano
per rubare l’autobus e andarci da soli per salvare Leo.
La nuova classe di Leo e Squirtle è
peggio della quinta elementare?
Da un lato, tutti ottengono
ciò che vogliono alla fine del film Leo. La signora Malkin
ottiene un posto di insegnante a tempo pieno in una nuova classe e
i due tatuara si trasferiscono in una nuova aula; tuttavia, forse
sarebbe stato meglio se fossero rimasti nella classe di quinta
elementare. La loro nuova classe è composta da ragazzi più piccoli
e scalmanati, che in ogni scena si comportano in modo rude con gli
animali e con gli insegnanti. Leo e Squirtle erano
preoccupati di farsi male quando i bambini di quinta li hanno
portati a casa, e questo rischio è maggiore con i bambini più
piccoli. Così, anche se sono entusiasti di poter finalmente
imparare l’ABC, la loro vita potrebbe essere letteralmente a
rischio.
Nella classe di quinta elementare, i
due amici tatuara sono stati trattati bene dagli alunni, perché
erano in grado di parlare e ragionare con loro ed erano decisamente
più maturi. Nella loro nuova classe, la situazione sarà
completamente diversa e potrebbe mettere a rischio Leo e
Squirtle. L’aspetto più positivo alla fine di Leo è che la signora Malkin sa che possono
parlare e si spera che si prenda cura di loro ma, considerando
quante volte ha cambiato opinione nel corso del film, non c’è
alcuna garanzia che si prenderà cura di loro. Lo scenario migliore
per Leo e Squirtle sarebbe quello di essere
trasferiti in una classe più grande il prima possibile!
Durante una recente intervista con
AP, la candidata all’Oscar Margot Robbie ha parlato della possibilità di
tornare per un eventuale film su Barbie 2, dopo il successo critico e
commerciale dell’ultimo film di Greta
Gerwig.
“Penso che abbiamo messo tutto
in questo film“, ha detto Margot Robbie. “Non ci piaceva costruirlo
come una trilogia o qualcosa del genere. Greta ha messo tutto in
questo film, quindi non riesco a immaginare quale sarà il
prossimo“.
Inoltre, l’attrice che interpreta
anche Harley Quinn ha anche spiegato il significato del
successo al botteghino del film di Barbie.
“Direi che la cosa più
importante per me è che i film originali possono ancora avere un
grande successo al botteghino”, ha detto. “Non deve essere
per forza un sequel, un prequel o un remake. Può essere totalmente
originale. Si può ancora disporre di un grande budget per
farlo“.
Margot Robbie ha continuato: “E solo
perché c’è una protagonista femminile non significa che non colpirà
tutti e quattro i quadranti, che è, sapete, penso che un’idea
sbagliata che molte persone hanno ancora. Quindi è davvero
importante che Barbie sia andato bene. Per quanto sia bello, è
anche molto importante che vada bene, in modo che anche in futuro
le persone possano avere grandi idee originali e ricevere il budget
necessario per realizzarle correttamente“.
Chi c’era nel film di Barbie?
Barbie è stato
diretto da Greta
Gerwig da una sceneggiatura scritta insieme a
Noah Baumbach. È stato prodotto da Margot Robbie e Tom Ackerly per LuckyChap e da
Robbie Brenner di Mattel Films insieme a Josey McNamara e Ynon
Kreiz. Durante la sua programmazione nelle sale, il film ha
ottenuto un incasso mondiale di oltre 1,4 miliardi di
dollari, diventando così il film di maggior incasso del
2023.
Il film è interpretato da Margot Robbie,
Ryan Gosling, America Ferrera, Simu Liu, Kingsley Ben-Adir,
Scott Evans, Kate McKinnon, Ariana Greenblatt, Alexandra Shipp,
Emma Mackey, Issa Rae, Michael Cera, Hari Nef, Will Ferrell,
Helen Mirren, Dua Lipa e altri ancora. La colonna
sonora originale è attualmente candidata a 11 Grammy, tra cui
Record of the Year, Song of the Year e Best Song Written for Visual
Media, con Ryan Gosling che ha ricevuto la sua prima
nomination ai Grammy per “I’m Just Ken”.
Da quanto apprendiamo oggi
Now You See Me 3, terzo capitolo del franchise Now
You See Me che ancora in sviluppo e da quello che sembra pare sia
anche in uno stato avanzato. Infatti uno degli attori del film,
Jesse Eisenberg ha oggi rivelato i piani di
produzione e l’inizio delle riprese.
Parlando con ComingSoon, a Eisenberg è stato chiesto se fosse interessato
a Now You See Me 3, e l’attore ha risposto che la
produzione dovrebbe iniziare il prossimo anno. Per quanto riguarda
il suo ruolo di J. Daniels Atlas, Jesse Eisenberg ha descritto il personaggio
come un necessario cambiamento di ritmo rispetto ad alcuni dei suoi
ruoli più recenti.
“Sì, sì, sì. Dovremmo farlo
all’inizio del prossimo anno“, ha detto Eisenberg, prima di
parlare delle differenze del suo personaggio in quel franchise
rispetto a quello del suo prossimo film,
Manodrome. “Non vedo l’ora. A differenza di un
film come questo, in cui il mio personaggio prova una rabbia,
un’ansia e una depressione così profonde, in quello il mio
personaggio è così sicuro di sé, è un performer e un uomo di
spettacolo ed è una boccata d’aria fresca, come attore, poter
vivere anche in quel tipo di mondo“.
Cosa sappiamo di Now You See Me
3?
Jesse Eisenberg,
Woody Harrelson e
Morgan Freeman riprenderanno tutti i loro ruoli dai
primi due film, mentre Ruben Fleischer di Venom
è stato chiamato a dirigere. Michael Lesslie di
Assassin’s
Creed sta lavorando all’attuale bozza della
sceneggiatura, mentre Alex Kurtzman e Bobby Cohen
sono i produttori.
Diretto da Louis
Leterrier, il film originale Now You See Me è uscito nelle sale
statunitensi nel maggio 2013. Il film segue un gruppo di maghi –
interpretati da Eisenberg, Harrelson,
Isla Fisher e Dave Franco – che durante i loro
spettacoli compiono rapine in banca e poi consegnano il denaro
rubato al pubblico. Il film è interpretato anche da
Mark Ruffalo, che veste i panni di un agente
dell’FBI che
cerca di consegnare i maghi alla giustizia, mentre Freeman
interpreta un debunker della magia.
Now You See Me ha
guadagnato 351,7 milioni di dollari al botteghino mondiale con un
budget di 75 milioni di dollari. Ha ricevuto recensioni
contrastanti da parte della critica.
Un sequel, Now You See Me 2, è stato realizzato nel
giugno 2016. Diretto da Jon M. Chu, il film ha riproposto nel cast
Ruffalo, Harrelson, Franco, Freeman e Eisnenberg,
mentre
Lizzy Caplan e
Daniel Radcliffe si sono uniti al cast. Il film ha
ricevuto recensioni contrastanti da parte della critica, ma ha
guadagnato 334 milioni di dollari al botteghino mondiale a fronte
di un budget stimato di 90-120 milioni di dollari.
Da vera fangirl della Marvel, la star di The
MarvelsIman Vellani ha condiviso la sua teoria sul
ruolo di Kang il Conquistatore nell’attesissimo
Avengers: Secret Wars. Parlando con New Rockstars,
Iman Vellani ha proposto l’idea che il sesto
film dei sui Vendicatori potrebbe presentare una variante
“ultra-potente” di Kang, che potrebbe possedere sia i
poteri dell’Uomo Molecola che del Beyonder.
“Penso che avrebbe senso che
Kang fosse una versione dell’Uomo Molecola, che esiste in ogni
singolo universo, e che ci sono diverse varianti di lui“, ha
detto Vellani. “L’abbiamo già visto. Quindi ha senso. Ma sento
anche che potrebbe essere l’Uomo Molecola e Beyonder allo stesso
tempo“.
Originariamente previsto per il
2025, Avengers:
Secret Wars è stato posticipato al 2027 a causa dei
ritardi di produzione causati dagli scioperi di Hollywood. Dopo
Avengers:
The Kang Dynasty che debutterà nelle sale il 1° maggio 2026,
Secret
Wars arriverà nelle sale il 7 maggio 2027. Entrambi i
film non hanno ancora un regista, dato che il regista di
Shang-ChiDestin Daniel Cretton ha
recentemente annunciato la sua uscita da Avengers 5.
Avengers:
Secret Wars è il sesto capitolo della serie di film di
successo Avengers. Dovrebbe concludere la Fase 6 del Marvel Cinematic Universe
e la
Saga del Multiverso. I fan attendono da tempo la notizia di un
potenziale adattamento live-action dell’iconica serie di fumetti,
che vede vari eroi e cattivi Marvel essere catturati da
un’entità cosmica nota come Beyonder, dove poi si
scontrano su un pianeta chiamato Battleworld.
Al creatore di Star Wars:
AhsokaDave Filoni,
recentemente promosso a Chief Creative Officer di
Lucasfilm, è stato chiesto se la storia di
Baylan Skoll continuerà dopo l’improvvisa
scomparsa di Ray Stevenson lo scorso 21
maggio.
Parlando con Vanity Fair,
Dave Filoni ha ricordato com’è stato lavorare
con Stevenson, rivelando che all’attore scomparso
sarebbe piaciuto sapere quanto cose positive i fan hanno detto sul
suo personaggio.
“Ovviamente c’è una
storia“, ha suggerito Dave Filoni. “A
questo punto siamo in una fase di attesa. Ma sono contento che si
parli di Ray e di quanto fosse grande. Avevo dei piccoli dibattiti
con lui e gli dicevo: ‘Ray, sei tu il cattivo qui’. E lui
rispondeva: “Non credo proprio”. Io gli dicevo: “So che non lo
pensi, ma lo sei. Mi piace che tu faccia finta di niente”. Che è
esattamente il modo in cui Baylan pensa. Penso che sarebbe stato al
settimo cielo [per l’accoglienza dei fan]. Il grande rimpianto è
che non abbia potuto sperimentarlo“.
Cosa sappiamo su Ahsoka?
Star Wars:
Ahsoka è stata scritta e prodotta esecutivamente da
Dave Filoni, conosciuto soprattutto per il suo lavoro sugli show
animati di Star
Wars The Clone Wars e Rebels, molto
amati dai fan. Ambientata nella stessa linea temporale di The
Mandalorian, la
prima stagione è incentrata sulla ricerca della Jedi
protagonista attraverso la galassia, mentre indaga su una minaccia
emergente dopo la caduta dell’Impero.
Star Wars:
Ahsoka è interpretata da Rosario Dawson nel ruolo dell’ex Cavaliere
Jedi, Natasha Liu Bordizzo nel ruolo di Sabine
Wren, Mary Elizabeth Winstead nel ruolo di Hera
Syndulla, Eman Esfandi nel ruolo di Ezra Bridger,
Lars Mikkelsen nel ruolo del Grand’Ammiraglio
Thrawn, Ivanna Sakhno nel ruolo di Shin Hati,
Ray Stevenson nel ruolo di Baylan Skoll,
Wes Chatham nel ruolo del Capitano Enoch,
Diana Lee Inosanto nel ruolo di Morgan Elsbeth,
David Tennant nel ruolo della voce di Huyang e
altri ancora.
Parlando con GamesRadar+, la star
di LOKISophia Di Martino ha espresso il desiderio di
continuare a interpretare Sylvie nei futuri progetti del
Marvel Cinematic Universe.
Spera che il viaggio del suo personaggio includa delle apparizioni
nei film del MCU.
“Voglio solo fare più Sylvie
possibile“, ha detto la Di Martino. “Portare avanti la sua
storia, vedere dove andrà a finire e vederla trovare la sua strada
in alcuni film sarebbe super cool. Sì, sicuramente“.
Inoltre, l’attrice ha anche
condiviso con quale personaggio del MCU vorrebbe che Sylvie
interagisse, rivelando che le piacerebbe “avere una sfida tra
streghe” contro l’Agatha
Harkness di Kathryn Hahn. Quest’ultima sarà protagonista
della sua serie Disney+Agatha:
Darkhold Diaries, che debutterà nel 2024.
Di cosa parla la seconda stagione
di Loki?
“La
seconda stagione riprende dopo lo scioccante finale di
stagione, quando Loki si ritrova a combattere per l’anima della
Time Variance Authority”, si legge nella sinossi. “Insieme a
Mobius, al cacciatore B-15 e a una squadra di personaggi nuovi e di
ritorno, Loki naviga in un Multiverso in continua espansione e
sempre più pericoloso alla ricerca di Sylvie, del Giudice
Renslayer, di Miss Minutes e della verità su cosa significhi
possedere il libero arbitrio e uno scopo glorioso“.
La
seconda stagione di LOKI
è stata ideata dallo sceneggiatore e produttore esecutivo
Eric Martin, mentre la regia è stata affidata a
Justin Benson e Aaron Moorhead. La serie è interpretata anche da
Owen Wilson, Gugu Mbatha-Raw, Wunmi Mosaku,
Jonathan Majors, Ke Huy Quan, Rafael Casal, Kate Dickie e altri
ancora.
Dopo oltre nove anni da quando
Edgar Wright è uscito dal primo film di
Ant-Man dei Marvel Studios, il regista britannico ha
rivelato alcuni nuovi dettagli interessanti sulla sua
visione originale per il film con protagonista
Paul Rudd. Su Instagram, Wright ha risposto alla domanda di un fan
sulla differenza tra la sua versione di Ant-Man e
il film di Peyton Reed del 2015.
Il regista di L’Alba dei
morti dementi ha descritto la sua sceneggiatura originale
come un “film su una rapina criminale”, che avrebbe
caratterizzato Scott Lang come un “vero criminale”. Wright
in precedenza intendeva mostrare la trasformazione di Scott dal
criminale di partenza all’eroe del finale.
“Avendo firmato una NDA quando
me ne sono andato, non c’è molto che posso dire”, ha scritto
Wright. “Immagino che la differenza più grande nella nostra
sceneggiatura fosse che era autonoma e non aveva cameo di altri
personaggi del MCU (a parte un’anticipazione
finale) ed era molto più un film su una rapina, con rapine
intrecciate e rapine ovunque, un po’ come The Hot Rock di Donald
Westlake. Penso che anche la differenza cruciale sia che (come nei
fumetti originali) Scott Lang era un vero criminale all’inizio del
film e non un bravo ragazzo al 100% già all’inizio della storia.
Abbiamo pensato che sarebbe stato un arco di redenzione più
soddisfacente se fosse passato da criminale a eroe. C’è molto altro
da dire, ma non posso per motivi legali!”
Con il suo terso capitolo, Ant-Man and the Wasp: Quantumania, la trilogia
dedicata al personaggio non si è conclusa nel migliore dei modi. Il
film ha incassato in tutto il mondo oltre 470 milioni di dollari a
fronte di un budget dichiarato di 200 milioni di dollari. Le sue
scarse prestazioni al botteghino hanno reso il film uno dei minori
incassi dei Marvel Studios fino ad oggi.
Diretto da Peyton Reed su una sceneggiatura
scritta da Jeff Loveness , il film vede
co-protagonisti anche
Evangeline Lilly nel ruolo di Hope van Dyne/Wasp,
Michael Douglas nel ruolo di Hank Pym,
Michelle Pfeiffer nel ruolo di Janet Van Dyne,
Jonathan Majors nel ruolo di Kang il
Conquistatore, Kathryn Newton nel ruolo di Cassie
Lang, Corey Stoll nel ruolo di Darren Cross /
M.O.D.O.K., Bill Murray nel ruolo di Lord Krylar,
Katy O’Brian nel ruolo di Jentorra e
William Jackson Harper nel ruolo di
Quaz.
L’imminente ventitreesima stagione
del dramma poliziesco Law & Order si arricchirà di
un nuovo detective della polizia di New York. L’attore Reid
Scott (The
Marvelous Mrs. Maisel) si è unito al cast dello show della
NBC come nuovo volto regular.
I dettagli sul personaggio del
detective della polizia di New York, compreso il nome, non sono
stati resi noti. L’attore si unirà allo show dopo che il detective
Frank Cosgrove, interpretato da Jeffrey
Donovan, ha lasciato la serie a causa di “divergenze
creative“. Donovan è apparso nelle stagioni
21 e 22 di Law & Order.
Non è la prima volta che lo show
subisce un cambiamento importante nel cast, soprattutto nel ruolo
del detective. Prima che Donovan entrasse nella
serie nel ruolo del detective Frank, Anthony
Anderson aveva ripreso il ruolo del detective Kevin
Bernard e se ne era andato dopo la 21a stagione. A lui è
succeduto Mehcad Brooks nella stagione 22 nel
ruolo di Jalen Shaw.Prodotta da Wolf Entertainment e Universal
Television, la prossima 23ª stagione di Law &
Order debutterà il 18 gennaio 2024.
Law & Order va ad
aggiungersi all’impressionante portfolio televisivo di Reid
Scott. Dopo aver recentemente recitato in The
Marvelous Mrs. Maisel, l’attore è noto soprattutto per il
ruolo di Dan Egan nella commedia politica Veep
della HBO. Ha anche interpretato Bobby O’Neil nella sitcom della
ABC It’s All Relative e Brando Dorff nella sitcom
della TBS My Boys. Tra gli altri suoi lavori
televisivi ricordiamo La vita segreta dell’adolescente
americano, The Big C, Perché le donne
uccidono e, più recentemente, American Horror Story: Delicate.
Il regista di Suicide
SquadDavid Ayer ha difeso il
co-CEO dei DC StudiosJames Gunn dai fan della DC
su X, che stanno speculando sulla posizione di
James Gunn sulla discussa director’s cut
del film di supereroi del 2016. David Ayer ha
espresso la sua eccitazione per Superman:
Legacy di James Gunn, lodandolo anche per aver guidato
uno dei franchise di supereroi più difficili.
“Non vedo assolutamente l’ora di vedere il Superman di Gunn.
Devo dire questo“, ha scritto Ayer. “Gunn è l’uomo più
coraggioso di Hollywood in questi giorni. Sta prendendo il comando
della nave più difficile da capitanare in questa
industria“.
I absolutely can’t wait to see Gunn’s
Superman. I have to say this. Gunn is the bravest man in Hollywood
these days. He’s taking charge of the hardest ship to Captain in
this industry.
We make movies. We are entertainers. Not elected officials
leading a nation. Everyone please… https://t.co/Kd9Q5XUMIO
Chi ha partecipato alla realizzazione di Suicide Squad?
Basato sull’omonima squadra di
antieroi della DC Comics, Suicide
Squad è stato scritto e diretto da David
Ayer. Il film è stato interpretato da Will Smith nel ruolo di Deadshot, Viola Davis nel ruolo di Amanda Waller,
Joel Kinnaman nel ruolo di Rick Flag, Jai Courtney nel ruolo di Capitan Boomerang,
Jay Hernandez nel ruolo di El Diablo,
Adewale Akinnuoye-Agbaje nel ruolo di Killer Croc,
Cara Delevingne nel ruolo di Enchantress,
Karen Fukuhara nel ruolo di Katana e Margot Robbie nel ruolo di Harley Quinn, che è
diventata subito una delle più amate dai fan ed è ora uno dei
personaggi DC più popolari. Nonostante abbia ricevuto recensioni
per lo più negative, il film ha comunque incassato oltre 726
milioni di dollari al botteghino mondiale.
Dopo il successo della campagna dei
fan per l’uscita della
Zack Snyder’s Justice League, alcuni fan della DC
hanno iniziato a discutere della possibile uscita della versione
di David Ayer del film del 2016. Secondo
Ayer, la sua versione era più cupa ed emotiva rispetto alla
versione che abbiamo visto al cinema di Suicide Squad. La sua versione avrebbe visto
anche un maggior coinvolgimento del Joker di
Jared Leto.