Domenica 9 febbraio saranno
ufficialmente assegnati gli Oscar
2020, con Joker a farla
da padrone con ben 11 candidature, seguito da 1917,C’era una volta a
Hollywood e The
Irishman (10 nomination a testa). Al di là
dei film, dei registi e degli sceneggiatori, è innegabile quanto
l’attenzione sia essenzialmente puntata (anche da parte di chi al
cinema non è propriamente avvezzo) sulle star, ossia sugli attori e
sulle loro interpretazioni in questo o quell’altro film.
In attesa di scoprire quali saranno
i “migliori attori dell’anno”, abbiamo pensato di proporvi un ruolo
da recuperare per ognuno dei candidati in vista della notte delle
stelle: non si tratta necessariamente della “migliore
interpretazione”, ma soltanto di un consiglio spassionato per
approfondire il talento quel determinato interprete.
Dopo aver preso in esame le
categorie Migliore Attrice e Attore
Protagonista, passiamo ad approfondire quella relative a
Migliore Attrice e Attore Non Protagonista:
Kathy Bates, L’ultima eclissi

Per la sua misurata interpretazione
di una madre amorevole e fin troppo apprensiva in Richard
Jewell di Clint Eastwood, Kathy
Bates è riuscita a conquistare la sua terza
candidatura agli Oscar come migliore attrice non protagonista. Già
nel 1990, però, era riuscita a vincere l’ambita statuetta – quando
era ancora un’attrice semi-sconosciuta – grazie all’indimenticabile
infermiera psicopatica Annie Wilkes in Misery non deve
morire di Rob Reiner.
Quel ruolo è ancora oggi scolpito
nella memoria collettiva, ma forse non tutti ricordano che Kathy ha
portato sul grande schermo un altro memorabile personaggio
femminile partorito dalla mente di Stephen King:
nel 1995, infatti, ha interpretato il ruolo di Dolores Claiborne ne
L’ultima eclissi di Taylor Hackford,
dando vita ad uno dei personaggi più incredibili di tutta la sua
filmografia: una donna dalla personalità travolgente, una martire
che in vita ha sopportato angherie e soprusi, disposta a tutto pur
di vedere riconosciuta la propria innocenza e riconquistare una
libertà che per troppo tempo l’è stata negata.
Laura Dern, Cuore selvaggio

Musa del maestro David Lynch, negli
ultimi anni Laura
Dern ha vissuto una vera e propria rinascita tanto in
campo televisivo quanto in ambito cinematografico, grazie
soprattutto al successo della miniserie Big Litte
Lies. Il 2019 è stato indubbiamente un anno
importante nella carriera della figlia di Bruce Dern e Diane Ladd:
Greta Gerwig l’ha voluta nel suo bellissimo adattamento di
Piccole
Donne, mentre Noah Baumbach, con Storia di un
matrimonio, le ha regalato il ruolo che quasi
sicuramente la porterà a trionfare come migliore attrice non
protagonista la notte del 9 febbraio.
Dopo Velluto
blu del 1986, nel 1990 la Dern torna a lavorare con
Lynch nell’atipico road movie Cuore
selvaggio, divenuto negli anni un vero e proprio
cult. L’attrice e Nicolas Cage sono protagonisti di un thriller che
mescola una storia d’amore dalle venature shakespeariane a
eventi carichi di violenza e al limite del bizzarro. L’energica,
fatale e pericolosa Lula è probabilmente uno dei personaggi più
clamorosi della filmografia di Laura.
Scarlett Johansson, Lei

Ci ritroveremo per ben due volte a
parlare di Scarlett
Johansson in questo nostro speciale approfondimento
sugli Oscar 2020, dal momento che la Vedova Nera del MCU è riuscita a conquistare ben
due nomination quest’anno: come migliore attrice protagonista per
Storia di un
matrimonio e come migliore attrice non
protagonista per JoJo
Rabbit, entrando di diritto in quella ristretta
cerchia di attori che sono riusciti ad ottenere due candidature
nello stesso anno.
Attrice dotata non solo di una
bellezza mozzafiato ma anche di un talento così versatile da
permetterle di spaziare con estrema disinvoltura tra i generi più
lontani e disparati, dal dramma alla commedia, dalla fantascienza
all’action, fino ad arrivare al genere supereroistico. Nel 2013 la
sua voce sensuale viene scelta dal regista Spike Jonze per doppiare
il sistema operativo provvisto di intelligenza artificiale Samantha
nello struggente Lei. Scarlett non
appare mai in scena, ma la sua voce è in grado di rendere Samantha
un personaggio a tutti gli effetti, artificiale per natura ma
profondamente umano.

Tra le più grandi sorprese nella
cinquina della migliore attrice non protagonista, figura certamente
Florence
Pugh, che grazie alla sua convincente interpretazione
di Amy March nel nuovo adattamento del celebre romanzo Piccole
Donne di Louisa May Alcott è riuscita a
convincere l’Academy del suo talento, non ancora comprovato, ma
decisamente in crescita.
La filmografia dell’attrice
britannica si compone di un numero ancora troppo esiguo di titoli,
ma è impossibile dimenticare che lo scorso anno, prima di
Piccole Donne, la Pugh è stata protagonista della seconda
fatica dietro la macchina da presa dell’acclamato Ari Aster:
Midsommar –
Il villaggio dei dannati è un vero incubo ad
occhi aperti e la Dani Ardor interpretata da Florence è un
personaggio femminile incredibilmente vivido, che l’attrice ha
saputo tratteggiare con grande maturità, nonostante la giovane età
e la complessità della storia.
Margot Robbie, Maria regina di Scozia

Dopo i consensi ottenuti dalla
critica grazie al ruolo di Tonya Harding nell’irriverente biopic
Tonya, Margot
Robbie torna protagonista nella cinquina delle
migliori attrici, questa volta però in veste di non protagonista
grazie al suo ruolo in Bombshell – La voce dello
scandalo, che in Italia arriverà “soltanto” a partire
dal prossimo 26 marzo.
Tra il film che le ha regalato la
sua prima nomination all’Oscar e l’esperienza con Quentin Tarantino
sul set di C’era una
volta a Hollywood, la Robbie è stata coinvolta in
un nuovo adattamento della celebre storia di Maria Stuarda, in cui
ha vestiti i sontuosi abiti della regina Elisabetta I. In Maria regina
di Scozia Margot conferma un talento maturo e
sfaccettato, tratteggiando una Elisabetta tanto risoluta quanto
dispotica, vittima dei suoi traumi e delle sue paure.
Tom Hanks, The Post

Immancabile in ogni cinquina
dedicata agli attori che si rispetti è il “veterano”, ossia
quell’attore che la storia del cinema ha contribuito a scriverla
grazie alla sue straordinarie interpretazioni. Quest’anno tocca a
Tom
Hanks, che per il ruolo del pastore protestante e
personaggio televisivo americano Fred Rogers in Un
Amico Straordinario – in uscita nelle nostre sale a
marzo – è riuscito ad ottenere la sua sesta candidatura al
prestigioso riconoscimento.
Tra i pochi attori nella storia
dell’Academy ad aver vinto due Oscar consecutivamente (entrambi
come migliore attore protagonista), Hanks ci ha lasciato in eredità
un numero sconfinato di personaggi e ruoli indimenticabili,
scolpiti tanto nella memoria quanto nel cuore degli spettatori. Tra
i ruoli più recenti, uno dei più significativi è certamente quello
di Ben Bradlee in The
Post di Steven Spielberg: direttore del Washington
Post dal 1968 al 1991, l’eroe, il professionista, l’uomo che
Bradlee è stato riecheggiano nell’ennesima grande interpretazione
di un gigante della settima arte.
Anthony Hopkins, Gli intrighi del potere – Nixon

Mancava nella cinquina dei migliori
attori dal lontano 1998 e grazie alla sua interpretazione di Papa
Benedetto XVI ne I due papi di
Fernando Meirelles, Anthony Hopkins ritorna
a splendere agli occhi dell’Academy e conquista la sua seconda
candidatura come migliore attore non protagonista. Prima, altre due
candidature come migliore attore e una vittoria grazie all’iconico
serial killer Hannibal Lecter nel capolavoro Il
silenzio degli innocenti.
Una delle candidature come migliore
attore è arrivata grazie ad un ruolo che forse non tutti
ricorderanno: nel 1995, Oliver Stone ingaggia Hopkins per il ruolo
di uno dei presidenti più controversi della storia degli Stati
Uniti, Richard Nixon, ne Gli intrighi del potere –
Nixon. Un biopic forse accademico che ripercorre
tutte le principali fasi della vita politica e familiare di Nixon;
l’ennesima magistrale interpretazione di un attore che forse
Hollywood ha messo da parte troppo gratuitamente negli ultimi
anni.
Al Pacino, Cruising

Per Al Pacino,
vale il discorso fatto tanto per Tom Hanks quanto per Anthony
Hopkins: un autentico cavallo di razza che non veniva nominato per
una delle sue interpretazioni dal lontano 1993, quando riuscì
finalmente a conquistare l’ambita statuetta per Scent
of a Woman – Profumo di donna.
Quello di Jimmy Hoffa in The
Irishman di Martin Scorsese si aggiunge alla
lista di incredibili ruoli che hanno regalato all’attore
statunitense una nomination agli Oscar: Il Padrino, Serpico,
Quel pomeriggio di un giorno da cani, Dick Tracy… soltanto per
citarne alcuni. Un’interpretazione passata fin troppo inosservata
però, anche a causa delle pesanti critiche che furono riservate al
film, è quella dell’agente di polizia Steve Burns in
Cruising: William Friedkin alla regia,
anni ’80, un serial killer che abborda omosessuali
nei bar per mutilarli e un Pacino pronto ad interrogarsi sul
proprio orientamento sessuale. C’è davvero bisogno di aggiungere
altro?
Joe Pesci, Mio cugino Vincenzo

Joe Pesci è
innegabilmente uno degli attori più sottovalutati della storia del
cinema. Erano anni che volontariamente aveva scelto di non apparire
più sul grande schermo, ma si sa, quando Martin Scorsese chiama…
bisogna rispondere! E così, a più di vent’anni dall’ultima
apparizione cinematografica (se si esclude Love
Ranch del 2010, passato totalmente inosservato),
l’attore di origine italiana torna a recitare per il maestro in
The
Irishman e conquista la sua seconda
candidatura come migliore attore non protagonista.
Eppure, gran parte del talento di
Pesci è scolpito nella memoria collettiva grazie alla commedia:
tralasciando l’indimenticabile “bandito del rubinetto” Harry Lime
nei due film della saga Mamma, ho perso
l’aereo, come non ricordare l’esuberante Vincenzo La
Guardia Gambini, detto “Vinny”, in Mio cugino
Vincenzo del 1992? Il regista Jonathan Lynn si prende
gioco del genere legal thriller, spingendo Joe a regalarci
una sorta di rilettura in chiave ironica del più celebre Tommy
DeVito di Quei bravi ragazzi, ruolo
grazie al quale nel lontano 1991 riuscì a vincere proprio l’ambita
statuetta.
Brad Pitt, L’assassinio di Jesse James

Il 2020 sarà l’anno della
consacrazione di Brad
Pitt sul palco del Dolby Theatre. Come per Laura Dern
nella corrispettiva categoria femminile, siamo quasi certi che sarà
lui a portare a casa l’Oscar al migliore attore non protagonista
per la sua interpretazione (forse più cool che davvero
memorabile) in C’era una
volta a Hollywood di Quentin Tarantino.
Pitt aveva già vinto un Oscar come
produttore nel 2014 per 12 anni schiavo, e in passato
aveva ricevuto altre tre candidature per le sue prove attoriali.
Forse, uno dei più grandi smacchi che l’Academy gli ha riservato, è
stato il non aver riconosciuto con neanche una nomination la sua
superba performance – premiata con una meritatissima Colpa Volpi al
Festival di Venezia – del criminale dalla proverbiale mira Jesse
James ne L’assassinio di Jesse James per mano del
codardo Robert Ford, probabilmente la sua migliore
interpretazione ad oggi, spaventosa e carismatica allo stesso
tempo.