Venom
torna al centro delle discussioni sul futuro di Spidey al cinema.
Soltanto tre giorni fa vi riportavamo il rumor secondo cui i
Marvel Studios avrebbero voluto
introdurre Deadpool nell’universo cinematografico
già a partire dal terzo film del franchise di
Spider-Man, ipotesi contemplata dal sito MCU
Cosmic relativamente alle opzioni valide per l’arrivo del
personaggio dopo la fusione tra Disney e Fox.
Ora però la notizia, ovviamente non
ancora ufficiale, cambia le carte in tavola grazie al commento di
Roger Wardell (lo stesso utente di Twitter che aveva svelato
dettagli attendibili su Avengers: Endgame) che
svela i “reali” piani dello studio.
A quanto pare non sarebbe il
mercenario chiacchierone l’indiziato numero uno, ma Venom,
il simbionte portato di recente al cinema dalla Sony con
protagonista Tom Hardy: il rumor suggerisce che la
Sony sarebbe intenzionata a far apparire Eddie Brock nel sequel di
Spider-Man: Far
From Home, mentre per Deadpool si ipotizza un futuro
nella serie di film sugli X-Men, anche nel MCU.
Che ne pensate?
There are no plans to add Deadpool in an MCU
Spider-Man 3, but Sony desperately wants Tom Hardy's Venom in this
movie. Deadpool had his own movies but never showed up in the main
X-Men films, it will be the same for the MCU.
Per quanto riguarda Venom, Il
sequel è ufficialmente in sviluppo e, secondo gli ultimi
aggiornamenti, la trama dovrebbe ruotare intorno al confronto tra
il simbionte di Eddie Brock e Carnage, il personaggio introdotto
nella scena finale del primo film e interpretato da Woody
Harrelson.
Improbabile il ritorno in regia di
Ruben Fleischer, attualmente impegnato con le
riprese di Zombieland:
Double Tap, dal momento che la Sony starebbe cercando
un nuovo nome da portare dietro la macchina da presa.
A parte un sequel diretto di Venom
– che è stato efficacemente impostato nella scena post-credits con
la rivelazione del personaggio
di Cletus Kasady aka Carnage interpretato
da Woody Harrelson – la Sony sta anche
programmando una serie di altri progetti che ruotano attorno a
personaggi di Spider-Man, come Morbius il
Vampiro Vivente di Jared
Leto e Silver Sable e Black
Cat.
Se questi film dovessero avere il
successo che a questo punto SONY si aspetta, forse un crossover con
lo Spider-Man di Tom Holland (che è nel
MCU) potrebbe concretizzarsi. Lo stesso Fleischer pensa che uno
scontro tra Venom e Spider-Man sia inevitabile.
Una è la superstar del fumetto
mondiale, l’altra una silenziosa e bravissima storyboad artist, e
oltre al fatto di essere entrambe italiane e di grande talento,
hanno un’altra cosa in comune: entrambe sono legate al film
d’animazione più importante degli ultimi anni, Spider-Man: Un
Nuovo Universo. Sono Sara Pichelli ed
Eva Bruschi, che hanno raccontato la loro
esperienza con Miles Morales durante un incontro
tenutosi in occasione di Arf 5, il Festival del fumetto a
Roma.
Se il lavoro di Sara con Miles
risale al 2011, a quando la Marvel ha pensato di uccidere Peter
Parker e far nascere questo nuovo Spider-Man pre-adolescente metà
afroamericano e metà latino, Eva è entrata in contatto con il nuovo
ma già amatissimo personaggio della Casa delle Idee soltanto
all’inizio della lavorazione del film animato SONY.
Ma come è stato “ammazzare”
Spider-Man e farlo rinascere?
“Era il 2011, stavo già
lavorando alla serie Ultimate Spider-Man in cui c’era Peter Parker
– esordisce la Pichelli – Una mattina mi arriva una email
in cui mi dicevano che avevano una proposta per me, un progetto
molto interessante, e mi spiegano cosa sarebbe successo a Peter
Parker in questo nuovo fumetto. Ho capito subito che la
responsabilità sarebbe stata enorme, anche perché Spider-Man gode
di una popolarità incredibile e ho pensato subito che sarei passata
alla storia come la sfigata che aveva fatto fallire l’Uomo Ragno.
Invece, poco a poco, conoscendo maggiori dettagli del progetto,
parlando anche con Brian Bendis, lo sceneggiatore, ho capito che
era una storia nuova, non la copia della copia di Peter Parker in
versione nera. Ho capito che c’era del potenziale.”
Per quanto riguarda il look
definitivo di Miles, anche quello è stato il risultato di tentativi
e scambi, come spiega la stessa Pichelli: “Il fatto che fosse
di due etnie diverse è sempre stato il punto fermo dell’idea di
Brian, lui voleva che Miles fosse afroamericano e latino, era
l’unica cosa già decisa. Miles invece ha cambiato identità, doveva
avere 16 anni, poi 15, solo alla fine è diventato un dodicenne,
all’inizio non si chiamava Miles ma Jonathan. Per i look, li ho
provati tutti, dai rasta ai capelli corti, come è successo anche
per gli ambienti e il quartiere, che solo alla fine è diventato il
Bronx. Sono stati cambiamenti in corso d’opera, ma la cosa davvero
divertente è che è stato un brain-storming a tre, perché eravamo
io, Brian e Joe Quesada che faceva da tramite. Brian si ispirava
alle immagini che gli mandavo, aggiustava la storia e la rimandava
a me e io facevo i cambiamenti necessari ad adattare il
personaggio, fino a che non abbiamo avuto il personaggio completo.
È stato molto divertente ed è difficile lavorare in una situazione
di tale libertà, perché in genere la casa produttrice mette molti
paletti.”
Per quanto riguarda invece
l’enormità della storia che stava contribuendo a raccontare e il
successo del bellissimo Spider-Man: Un nuovo
universo di cui il suo Miles sarebbe stato protagonista,
Sara Pichelli risponde molto onestamente: “Io
non ne avevo assolutamente idea, ero solo terrorizzata perché stavo
lavorando a Spider-Man, non ragionavo in prospettiva e che io
sappia nemmeno Brian. Il nostro è stato un esperimento che ci ha
portati a toccare un’icona, perché Spider-Man in USA è come Gesù.
Avevo però la sensazione che tutto stesse andando per il meglio ed
è una cosa che non succede spesso, tutte le congiunzioni si erano
allineate. C’era l’energia giusta, c’era lo scambio artistico e
c’erano i tempi, che spesso sono quelli che ammazzano l’arte.
Quindi la prospettiva di quello che sarebbe accaduto non c’era. La
reazione del pubblico a Miles, nel primo numero, è stata esplosiva
nel bene e nel male, si sono completamente spaccati in
due.”
Proprio le reazioni del pubblico
sono state il riscontro diretto del suo lavoro, reazioni che sono
state, come c’era da aspettarsi, molto violente, di fronte alla
morte di Peter Parker: “Alcuni l’hanno presa un po’ sul
personale, e ci hanno tenuto a farmi sapere che auguravano la morte
a me piuttosto che a Peter. In particolare un lettore mi ha scritto
una cosa che mi è rimasta impressa: sai, leggere
questa storia mi ha fatto molto male perché è come se venissi al
funerale del mio migliore amico ti avvicinassi a me e mi dicessi
‘tranquillo, io ho un amico nuovo per te, gli vorrai bene allo
stesso modo’. Al che volevo farmi stampare una maglietta
con su scritto ‘io non solo lo sceneggiatore’. E
poi c’era gente che mi augurava davvero la morte e quando l’ho
riferito alla Marvel (di lì a poco ci sarebbe stata la New York
Comicon, con la presentazione ufficiale di Miles Morales al
pubblico), loro mi hanno ringraziata di averglielo fatto sapere e
mi hanno risposto che avrebbero intensificato la security. Ecco, a
quel punto mi sono spaventata.”
Per fortuna non ci sono state solo
reazioni negative: “Ho ricevuto anche riscontri molto
positivi – prosegue Sara – soprattutto di persona, alla
Comicon di New York, durante la quale madri con i bambini piccoli
mi ringraziavano perché finalmente i figli avevano un modello in
cui identificarsi. E queste sono le cose che ti fanno diventare
davvero piccola e vorresti abbracciare tutti.”
Ma dopo che Miles
Morales ha invaso le pagine dei fumetti e ha trovato il
suo posto nel mondo e nel cuore dei lettori, è arrivato il suo
momento anche per trovare un posto nel cuore degli spettatori,
abituati ormai ad anni di film Marvel al cinema e reduci da diverse
versioni di Spider-Man cinematografici, più o meno graditi, in
carne e ossa. È arrivato il momento di Spider-Man: Un nuovo
universo.
A questo progetto, quello che poi
sarebbe diventato l’Oscar Winner Spider-Man: Un nuovo
universo, ha lavorato Eva Bruschi,
disegnatrice di grande talento e storyboard artist ingaggiata da
SONY per il film diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey,
Rodney Rothman. Timida e riservata, commentando il suo
coinvolgimento del film, Eva parla di fortuna, ma basta vedere i
suoi lavori sul suo canale Youtube
per capire che la fortuna c’entra poco: “Ero a New York e
lavoravo con un altro regista di SONY e durante lo screening c’era
anche uno dei co-registi di Spider-man: Un Nuovo Universo –
racconta Eva – In quell’occasione ha visto i miei lavori e mi
ha chiesto di partecipare al progetto, ma io ero titubante perché
non conosco i supereroi. Poi mi sono detta che comunque dovevo
lavorare, e ho accettato. Così mi hanno dato la prima sequenza…
sono stata lì per un po’ a conoscere il team e organizzare il
progetto, poi ho lavorato da casa. L’unica indicazione che mi hanno
dato per la prima sequenza è stata solo quella di divertirmi a
immaginare. Gli storyboard artist sono molto pochi all’inizio di un
lavoro, perché si cerca di dare omogeneità al progetto.”
E infatti i lavori che ha realizzato
per Spider-Man: Un nuovo universo sono molto
lineari, figure semplici, in cui si rintraccia non solo quello che
poi è diventato il film, ma anche quello che sarebbe potuto essere,
forme, personaggi e inquadrature che si sono trasformate in corso
d’opera.
“Da quello che ho visto io, lo
script è stato una continua evoluzione, fino agli ultimi
momenti – ha spiegato la Bruschi – C’era il primo atto
chiuso, il secondo atto ancora aperto e il terzo completamente
assente. Il progetto era molto aperto fino all’ultimo sia da un
punto di vista della libertà concessami, sia da un punto di vista
della storia vera e propria. Le novità stilistiche del film erano
già nelle intenzioni dei realizzatori, credo, ma non saprei dire
con precisione, perché ho lavorato principalmente da casa, quindi
non ho assistito ai tutto il processo creativo. Io ho fatto solo le
cose che non si vedono.”
E nonostante non si vedano nel film
finito, si possono vedere di seguito (ma se ne trovano molte altre
sul canale Youtube di Eva
Bruschi, ndr):
Entrambe le artiste hanno poi
espresso il loro parere sulla condizione dell’animazione in Italia,
in un momento in cui Lorenzo Mattotti ha
presentato a Cannes il suo bellissimo La famosa invasione
degli Orsi in Sicilia e negli anni passato abbiamo avuto
Gatta
Cenerentola trai vincitori dei David di
Donatello. Nonostante queste realtà, sembra che
l’animazione faccia ancora fatica nel nostro Paese ad essere presa
sul serio come forma di espressione.
Secondo Eva
Bruschi: “In Italia, probabilmente manca l’idea di
cartone animato per adulti, manca il budget e mi sembra che siano
già due cose importanti per far andare avanti il mercato. Forse
manca anche un atteggiamento più leggero. Io mi sono trovata bene a
lavorare con gli americani perché loro hanno mantenuto questo
piacere nel lavoro e la consapevolezza che stanno realizzando
qualcosa che deve intrattenere, quindi ci deve essere da parte
nostra passione e freschezza, e deve venire fuori dal lavoro che si
realizza. Questo aspetto, in Italia, l’ho trovato nei miei
collaboratori ma mai nei miei superiori.”
Sara Pichelli, che
prima di diventare una star del fumetto, si è formata e ha lavorato
tanto con l’animazione, ha commentato: “Non ho la diagnosi
anche perché sono molti anni che sono fuori dal giro. So per certo,
dai titoli di coda dei più grandi film d’animazione che si
producono nel mondo, che a livello tecnico e di talenti non siamo
secondi a nessuno. A volte ho la sensazione che manchi la fiducia
nelle idee, perché a vendere qualcosa che già vende, siamo bravi
tutti, ma creare qualcosa che ricorda altro che ha avuto successo,
non è un merito. Vorrei vedere un po’ di più persone che si fidano
di chi quel lavoro lo fa, lo segue e lo sente. E questo discorso
non vale solo per l’animazione.”
Sicuramente la fiducia nei talenti e
nelle idee, da parte degli investitori, potrebbe portare alla luce
meraviglie, anche perché basta guardare a queste due donne,
italiane che lavorano all’estero, per capire che l’Italia è davvero
un terreno fertile per l’arte, il fumetto e l’animazione.
Primo adattamento in live action
del classico d’animazione Disney, il nuovo Aladdin targato
Guy Ritchie ha scelto Will Smith
per interpretare il Genio, personaggio che nell’originale del 1992
venne doppiato da Robin Williams e che l’attore
sembra aver omaggiato nel modo più originale possibile: attraverso
la musica e il potere della nostalgia.
A raccontarlo è proprio Smith in
un’intervista con Variety, dove si è parlato dei cambiamenti
apportati al personaggio e al modo di cantare i brani della colonna
sonora:
“La musica è stato il mio
strumento per entrare nei panni del Genio. Il primo giorno di
produzione stavo scherzando e provando sulle note di ‘Friend Like
Me’ quando ho notato che rientrava nel ritmo dell’hip-hop vecchia
scuola. Così è iniziato per gioco e abbiamo pensato che quel modo
di cantare aveva un tempo e un gusto che io capivo davvero e che mi
apparteneva. Da qui ho immaginato una maniera per rendere omaggio a
Robin senza cambiare le canzoni, facendo sentire al pubblico il
valore nostalgico dell’operazione e qualcosa di totalmente nuovo e
personale“.
Come saprete, nella sua carriera
Smith non si è limitato alla recitazione ma ha avuto un discreto
successo anche in campo musicale, pubblicando ben sette album in
veste di rapper e DJ. Dunque non stupisce che la nuova versione del
Genio abbia “subito” una trasformazione plasmata a immagine e
somiglianza del suo interprete, carismatico e talentuoso.
Qui sotto potete ascoltare il brano dalla colonna sonora di
Aladdin.
Diretto da Guy
Ritchie (Sherlock
Holmes, Operazione U.N.C.L.E.) e
scritto da John August (Dark
Shadows, Big Fish – Le Storie di Una Vita
Incredibile), Aladdin
è interpretato da Will
Smith (Alì, Men in
Black) nei panni del Genio con il potere di esaudire
tre desideri per chiunque entri in possesso della sua lampada
magica.
Mena
Massoud (Jack Ryan) è il
protagonista, lo sfortunato ma adorabile ragazzo di strada
innamorato della bellissima figlia del Sultano, la Principessa
Jasmine, interpretata da Naomi
Scott (Power Rangers), che
vuole scegliere liberamente come vivere la
propria vita. Marwan
Kenzari (Assassinio sull’Orient
Express) è Jafar, un malvagio stregone che escogita
un piano diabolico per destituire il Sultano e regnare su
Agrabah; mentre Navid
Negahban (Homeland: Caccia alla
Spia) interpreta il Sultano, il sovrano di
Agrabah, impaziente di trovare un marito adatto alla
figlia Jasmine.
Aladdin è
prodotto da Dan Lin (The LEGO
Movie), mentre il vincitore del Golden Globe
Marc Platt (La La
Land), Jonathan Eirich
(Deathnote) e Kevin De La
Noy (Il Cavaliere Oscuro – Il
Ritorno) sono i produttori esecutivi. La colonna
sonora è composta dall’otto volte Premio Oscar Alan
Menken (La Bella e la
Bestia, La
Sirenetta) e comprende nuove versioni dei brani
originali scritti da Menken e dagli autori premiati con
l’Oscar Howard Ashman (La
Piccola Bottega degli Orrori) e Tim
Rice (Il Re Leone), oltre a
due brani inediti realizzati dallo stesso Menken e dai compositori,
vincitori dell’Oscar e del Tony Award, Benj Pasek e Justin
Paul (La La Land, Dear Evan
Hansen).
Continua il viaggio alla scoperta
degli effetti speciali di Avengers: Endgame e del
lungo processo che ha portato alla realizzazione di alcune delle
sequenze più spettacolari della storia del cinecomic, e stavolta in
primo piano troviamo i momenti chiave della battaglia finale
dall’attacco al quartier generale dei Vendicatori fino a
Captain America che impugna finalmente il
Mjolnir e si scaglia contro Thanos.
Le immagini diffuse dai Marvel Studios mostrano anche
l’arrivo di Giant-Man, la distruzione dell’Avengers Compaund e
l’apertura di tutti i portali che ha riportato indietro gli eroi
vittime dello schiocco di Infinity War.
Inutile dire che degli ottimi
effetti visivi immergono lo spettatore nell’avventura dei
personaggi, lo trasportano in altre dimensioni e annullano il senso
di incredulità, tanto sono ormai vicini al realismo. E ovviamente,
quando parliamo di cinefumetto, non basta saper raccontare una
buona storia e avere figure di spessore, ma è necessario che questi
siano inseriti in un contesto che – per quanto immaginario – possa
avvicinarsi alla realtà, a qualcosa che si riesce a toccare con
mano.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Quella formata da Steve Rogers e
Bucky Barnes è senza dubbio una delle coppie di supereroi più amate
dell’universo cinematografico Marvel, e la chimica fuori e dentro
il set tra i loro interpreti, Chris Evans e
Sebastian
Stan, avrà sicuramente contribuito nella riuscita di
una dinamica molto toccante in questi primi undici anni di MCU.
A parlarne è stato lo stesso Stan
durante una convention londinese che si è tenuta questo fine
settimana, svelando ai fan qual è il suo ricordo preferito con il
collega di tutta l’esperienza sul set: non qualcosa di specifico,
ma che scatena ogni volta nell’attore un senso di nostalgia
relativamente al tempo trascorso da Captain America: Il
Primo Vendicatore a Avengers:
Endgame.
“Durante le
riprese del film abbiamo riso molto, e oggi sono a Londra, città a
cui lego molti bei ricordi. Solo ilfatto di essere tornato qui, dove abbiamo girato il primo
Captain America, mi rende felice e sembra che il tempo non sia mai
passato. Ricordo tutti i posti in
cui andavo a mangiare, e quanto ci divertivamo sul set…Inoltre
ricordo che quella fu la nostra prima esperienza di connessione
perché stavamo esplorando l’amiciziatra i personaggi“.
Senza quel legame speciale costruito
nel cinecomic del 2011 non ci sarebbero stati la crisi di
The Winter Soldier, lo scontro con Iron Man e il
riscatto di Bucky in Civil
War (e successivamente in Infinity
War), concludendo un percorso fatto di lacrime e
sacrifici in Endgame, dove abbiamo visto il
personaggio “cedere” lo spazio a Falcon con il
quale intraprenderà nuove avventure grazie alla serie tv di Disney
+.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Un dettaglio nel nuovo poster di
Spider-Man: Far
From Home non è sfuggito ai fan dell”universo Marvel e sta facendo discutere per
il suo presunto riferimento a dei personaggi in arrivo nel
film.
Tutto nasce dal post di Ali Plumb,
reporter della BBC, su Twitter a proposito del misterioso triangolo
comparso sulla locandina del cinecomic che vede protagonisti
Tom Holland, Jake Gyllenhaal e
Samuel L. Jackson. E tra le tante teorie degli
utenti, quella sul simbolo della società segreta degli Illuminati è
sicuramente la più intrigante, oltre a essere un termine noto ai
conoscitori dei fumetti.
Sappiamo che in Far From
Home Quentin Beck, aka Mysterio, giocherà
un ruolo chiave e che l’illusionista proviene da un’altra realtà
(confermando le ipotesi sul Multiverso), dunque si potrebbe
ipotizzare che in realtà stia tramando e complottando insieme al
suo gruppo di potere per conquistare il pianeta Terra e instaurare
un nuovo ordine mondiale.
Di fatto le motivazioni di Mysterio
non sono state fornite dai trailer e la ragione per cui ha scelto
di combattere al fianco di Peter Parker sono ancora sconosciute.
Magari quel triangolo è solo un vezzo creativo sul materiale
promozionale, oppure una chiara anticipazione di ciò che vedremo
nel film…
Vi ricordiamo inoltre che gli
Illuminati sono un team di supereroi comparsi per
la prima volta sulle pagine della Marvel Comics nel 2005 in New Avengers n.7 e
che comprende Iron Man, Namor il Sub Mariner, Doctor Strange,
Freccia Nera, Professor Xavier e Mister Fantastic.
Diretto ancora una volta da
Jon Watts,
Spider-Man: Far From Homeè
arrivato nelle nostre sale il 10 luglio. Confermati nel cast del
film il protagonista Tom
Holland nei panni di Peter Parker, Marisa
Tomeiin quelli di zia May e Zendayain
quelli di Michelle,Samuel
L. Jacksonin quelli di Nick Fury
e Cobie
Smuldersin quelli di Maria Hill.
Jake
Gyllenhaal interpreterà invece Quentin
Beck, aka Mysterio, uno degli antagonisti
più noti dei fumetti su Spidey.
Di seguito la sinossi ufficiale:
In seguito agli eventi di
Avengers: Endgame, Spider-Man deve rafforzarsi per affrontare
nuove minacce in un mondo che non è più quello di prima. ‘Il nostro
amichevole Spider-Man di quartiere’ decide di partire per una
vacanza in Europa con i suoi migliori amici Ned, MJ e con il resto
del gruppo. I propositi di Peter di non indossare i panni del
supereroe per alcune settimane vengono meno quando decide, a
malincuore, di aiutare Nick Fury a svelare il mistero degli
attacchi di creature elementali che stanno creando scompiglio in
tutto il continente.
Per quanto riguarda le novità del
sequel, la tuta di metallo di Peter dovrebbe essere una
versione rimodellata di quella di Iron
Spider. vista in Avengers: Infinity
War. Questa nuova tuta, prevede anche una nuova maschera,
con degli occhiali al posto delle orbite bianche, come da
tradizione, questo perché è ovvio che il personaggio abbia bisogno
di una nuova maschera dopo che la sua precedente è andata distrutta
su Titano, durante il confronto con Thanos e prima della sua
disintegrazione.
American History X
è uno di quei film che andrebbero visti almeno una volta nella
vita, capace di far raccontare una parte della storia americana
molto incisiva e di far riflettere lo spettatore in maniera
profonda.
Uscito nel 1998, questo
lungometraggio si basa su personaggi ed eventi storici realmente
accaduti, analizzando i principi assurdi che muovono gli animi
degli skinhead.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su American History X.
American History X film
1. Il protagonista si basa
su una persona vera. Il personaggio protagonista di
American History X, Derek Vinyard, si basa sulla vita
reale di uno skinhead. La persona in questione sarebbe
Frank Meeink, uno dei maggiori esponenti del
movimento skinhead.
2. Gli attori modificavano
la sceneggiatura. Costanti modifiche alla sceneggiatura da
parte di Edward Furlong e Edward Norton hanno portato il regista,
Tony Kaye, ad essere deluso del progetto e
desiderando di lasciarlo. Kaye ha affermato che il loro armeggiare
continuo con lo script ha cambiato radicalmente il copione dalla
visione originale. Inoltre, il regista è rimasto insoddisfatto
della performance di Norton, ritenendo il film ancora oggi
incompiuto.
3. Il finale originale era
diverso. Inizialmente, American History X era
stato concepito con un finale diverso da quello che è stato poi
realizzato. Il film, infatti, si sarebbe dovuto chiudere con Derek
in piedi di fronte a uno specchio intento a rasarsi la testa dopo
che Danny è stato colpito. Questo era per dare un senso al ciclo
infinito di violenza e legare insieme la trama: tuttavia, questo
finale è stato rimosso dopo le obiezioni di
Edward Norton.
American History X streaming
4. Il film è disponibile in
streaming digitale. Chi volesse vedere o rivedere questo
film lo può fare grazie alla sua presenza sulle diverse piattaforme
di streaming digitale legale come Rakuten Tv, Chili, Tim Vision,
Google Play e Netflix.
American History X frasi
5. Un film ricco di frasi
memorabili. Se c’è un film che ha dato vita a frasi
iconiche e rimaste nell’immaginario collettivo, quel film è proprio
American History X. Ecco qualche esempio.
La vita è troppo breve per
passarla sempre arrabbiati.
Vieni ad avvelenare la cena della
mia famiglia con tutte le tue bugie da giudeo, coccolanegri, hippy
balordo. (Derek)
Negro… Hai fatto infuriare il toro
sbagliato! (Derek)
Lincoln ha liberato gli schiavi
quando!?… 130 anni fa… E quanto tempo gli ci vuole per integrarsi…
(Derek)
Vuole farti sentire in colpa per
aver scritto su Adolf Hitler. Se un negro, se un ispanico parla di
Martin Luter King o di quel fottuto comunista di Chavez si becca i
complimenti… Non vedi quanta ipocrisia c’è in questo?
(Cameron)
American History X cast
6. Poteva esserci anche
Joaquin Phoenix. Prima di delineare il cast, i ruoli
principali erano stati offerti a diversi attori. Basti pensare che
a Joaquin Phoenix era stato offerto il ruolo di
Derek Vinyard: tuttavia, l’attore ha trovato sgradevole l’argomento
del film, decidendo di rifiutare l’offerta.
7. Era stato preso in
considerazione Marlon Brando. Inizialmente, si era pensato
di scritturare Marlon Brando per il ruolo di Cameron
Alexander, basato su Tom Metzger, leader della
Whiter Aryan Resistance. Alla fine, però, l’ingaggio non è andato
in porto.
8. Anche un altro attore
era stato considerato per il film. Durante la scelta degli
attori atti ad interpretare i vari personaggi del film, era stato
considerato anche Paul Mazursky per il ruolo di
Murray. Tuttavia, anche non sono chiari i motivi, questo rapporto
lavorativo non ha mai preso il volo e il ruolo è poi andato a
Elliott Gould.
American History X: Edward
Norton
9. Per avere il ruolo ha
rinunciato a un film. Per poter interpretare il suo
personaggio, Derek Vinyard, Edward Norton ha rinunciato ad apparire
in Salvate il soldato Ryan. I due film, infatti, sono
stati realizzati nello stesso anno e l’attore si è trovato a dover
compiere una scelta.
10. Si è trasformato per il
film. Edward Norton non è molto conosciuto per aver
compiuto trasformazioni fisiche in preparazione ai ruoli da lui
interpretati. Per dare una versione più realistica del suo
personaggio, però, l’attore si è rasato la testa poco prima delle
riprese e ha messo su circa 13 chili di muscoli.
Aladdin conquista il box office italiano,
seguito da Il Traditore e Dolor Y Gloria. Si è concluso un
altro ottimo fine settimana per il box office italiano considerando
il periodo, grazie soprattutto alle nuove uscite. Infatti Aladdin trionfa al botteghino con 6,3 milioni
di euro incassati da mercoledì a domenica in ben 908 sale,
registrando una straordinaria media per sala pari a settemila
euro.
Il Traditore di Marco Bellocchio apre
in seconda posizione con 1,4 milioni di euro e un’ottima media per
sala di 3700 euro. Fresco vincitore della Palma d’Oro come Miglior
Attore ad Antonio Banderas al Festival di Cannes, Dolor
Y Gloria conferma il terzo poso raccogliendo
altri 711.000 euro con cui supera quota 2,1 milioni. John Wick 3 scende in quarta
posizione con altri 647.000 euro per un globale di 2,5 milioni,
mentre Attenti a quelle due arriva a 1,4
milioni con altri 405.000 euro.
Segue Pokemon Detective Pikachu che sfiora
il tetto dei 5 milioni complessivi con altri 401.000 euro.
L’Angelo del Male – Brightburn esordisce
al settimo posto con 253.000 euro. Calo per Avengers: Endgame (186.000 euro) e
Ted Bundy – Fascino criminale (90.000
euro), giunti rispettivamente a 29,5 milioni totali e 1,3 milioni
complessivi. Chiude la top10 Asbury Park: lotta,
redenzione, rock and roll che debutta con appena
56.000 euro.
Introdotto nel 2011 nel MCU grazie all’adattamento
shakespeariano di Kenneth Branagh,
Thor è uno dei pochi personaggi dell’universo
Marvel ad aver subito un vero e proprio “riavvio”, ribaltando così
l’impressione del pubblico e donando nuova linfa ad un arco
narrativo che sembrava essersi piegato dopo The Dark
World. È stato infatti Ragnarok, e la mano di
Taika Waititi, a mettere tutto in discussione,
portando il Dio del Tuono verso il territorio della commedia poi
calcato anche dagli sceneggiatori di Infinity War
e Endgame.
Ma cosa potrebbe riservare il futuro del supereroe? Ecco 10
buone ipotesi:
1Un grande punto di domanda
Abbiamo analizzato ogni ipotesi, teoria e
suggestione basandoci su ciò che il MCU ci ha lasciato in questi
primi undici anni, ma la verità è che – almeno per quanto riguarda
Thor – il futuro del Dio del Tuono assume oggi la forma di un
grande punto interrogativo.
Hemsworth è in scadenza di contratto, in
Endgame il Thor alcolizzato e sovrappeso ha chiuso
il suo cerchio e non sappiamo dove sia diretto (fisicamente e
mentalmente). Cosa accadrà al personaggio? Lo rivedremo già nella
Fase 4?
Demolition Man è
uno di quei film da rivedere almeno una volta al mese, ricco di
tensione, avventura e anche un bel po’ di ironia, atta a
conquistare il pubblico di diverse generazioni. Uscito nel 1993, la
realizzazione del film, diretto da Marco Brambilla, è stata
piuttosto articolata e ha richiesto un certo impegno da parte di
tutti per un’ottima riuscita. Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Demolition Man.
Demolition Man film
1. Il titolo del film
deriva da una canzone.Demolition Man, il titolo
di questo
lungometraggio, è stato tratto dall’omonima canzone realizzata
dai The Police e scritta da Sting
nel 1981. Per il film si è deciso di realizzare una versione del
brano, di cui venne pubblicato anche un EP in corrispondenza
dell’uscita del film nel 1993.
2. Uno scrittore ha
constatato la somiglianza del film con un suo romanzo. Lo
scrittore di fantascienza ungherese Istvan Nemere
ha affermato che la maggior parte di Demolition Man è
basato sul suo romanzo, Holtak Harca (Fight of the Dead),
pubblicato nel 1986. Nel romanzo, un terrorista e un soldato
dell’antiterrorismo vengono congelati criogeneticamente, per poi
risvegliarsi nel ventiduesimo secolo e scoprire che la violenza è
stata eliminata dalla società. Lo scrittore ha dichiarato che un
comitato apposito ha dimostrato che il 75% del film è identico al
libro, ma ha scelto di non fare causa perché sarebbe stato troppo
costoso per lui.
Demolition Man streaming
3. Il film è disponibile in
streaming digitale. Chi volesse vedere o rivedere questo
film, è possibile farlo grazie alla sua presenza su diverse
piattaforme digitali come Rakuten Tv, Chili, Tim Vision, Infinity,
Google Play e iTunes.
Demolition Man cast
4. Sandra Bullock aveva un
vestito particolare. Durante la sequenza del Taco Bell,
Sandra Bullock indossa un vestito che era
fatto di pietre e gemme e dal peso complessivo di circa 18 chili.
Dopo la scena di lotta fuori dal ristorante dove il suo personaggio
salta allegramente e ripete l’azione, il suo vestito aveva iniziato
a strapparsi. Ecco perché lei tiene le braccia attaccate ai fianchi
dopo che Stallone si allontana.
5. Wesley Snipes odiava i
suoi capelli. Nel film è presente l’attore Wesley Snipes che, per
interpretare il suo personaggio, si era tinto i capelli di biondo.
Siccome era arrivato ad odiare i suoi capelli, l’attore ha optato
per una rasatura appena le riprese erano terminate. Tuttavia, c’è
chi ha apprezzato quel colore: il giocatore di basket Dennis
Rodman, infatti, ha iniziato a tingersi i capelli alla stessa
maniera dopo l’uscita del film.
6. Nel cast ci sarebbero
dovuti essere due attori d’eccezione. Le due scelte
originali per i ruoli erano Steven Seagal e
Jean-Claude Van Damme. A Van Damme è stato
offerto il ruolo del cattivo, ma non lo voleva. Avrebbe
acconsentito solo se entrambi i ruoli principali potessero essere
cambiati: così, i produttori hanno cercato di convincere Seagal a
interpretare il cattivo, ma lui ha rifiutato. Di fatto, Van Damme è
stato poi rimpiazzato da Stallone.
Demolition Man: Sylvester
Stallone
7. Una scena lo ha
terrificato. Si tratta della scena del congelamento
criogenico che lo stesso
Stallone ha descritto come “probabilmente le peggiori cinque
ore che abbia mai avuto sui set cinematografici… ero
terrorizzato”.
8. Voleva Jackie
Chan.Sylvester Stallone voleva che il personaggio
di Simon Phoenix fosse interpretato da Jackie Chan. Tuttavia, l’attore ha rifiutato,
dal momento che al pubblico asiatico non piace l’idea degli attori
che hanno sempre interpretato eroi ed improvvisamente vestono i
panni di personaggi antagonisti.
Demolition Man conchigliette
9. Nel film vengono citate
come strumento per eliminare i rifiuti corporali. In
Demolition Man è presente una scena piuttosto ironica che
riguarda il modo alternativo per pulirsi dai rifiuti del corpo.
Nella fattispecie, vengono citate le conchigliette e lo stesso
Stallone ha dichirato che l’idea di base è che due delle tre
conchiglie si dovrebbero usare come bacchette per tirare fuori i
rifiuti dal corpo, mentre la terza per raschiare quanto rimasto.
Non esiste, però, nessuna spiegazione riguardo a come dovevano
essere puliti o disinfettati.
10. Una trovata nata per
caso. La trovata dell’utilizzo delle tre conchiglie è nata
praticamente quasi per caso. Secondo lo sceneggiatore
Daniel Waters, quest’ispirazione è nata mentre
stava scrivendo una scena in cui Spartan deve utilizzare il bagno.
Stava cercando di inventare cose futuristiche che si sarebbero
potute trovare dentro e, non riuscendoci, ha chiamato un amico e
collega per farsi aiutare. Ironia della sorte, egli si trovava in
bagno in quel momento e sottolineò di avere un sacchetto di
conchiglie sul water come decorazione.
Gold – La grande
truffa è uno dei film più avventuruosi degli ultimi anni,
in grado di analizzare con accuratezza la ricerca del sogno
americano e di come la realtà riesca sempre a modificare le
aspettative.
Il film, che si ispira ad un fatto
realmente avvenuto nei primi anni ’90, è una caccia all’esotico, al
thriller e quella parte oscura che anima banchi di prova come
quelli di Wall Street.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Gold – La grande truffa.
Gold – La grande truffa film
1. Il film è diretto da un
regista che non si vedeva da un po’. Gold – La grande
truffa è un
film diretto da Stephen Gaghan, uno sceneggiatore e regista
americano che non lavorava da un po’ per il grande schermo. Il suo
ultimo film da regista, infatti, era Syriana, film del
2005 per il quale lo stesso Gaghan era stato nominato agli Oscar
per la miglior sceneggiatura.
2. Ha avuto una lunga
gestazione. Dare vita a questo film è stato abbastanza
complesso, soprattutto per il fatto di trovare un regista
disponibile a girarlo. In un primo momento Paul Haggis si era dimostrato interessato dopo
aver visto un estratto della sceneggiatura di Patrick
Massett e John Zinman, per poi declinare
in favore di altri progetti. In seguito, si era fatto avanti
Michael Mann, acquisendo la sceneggiatura con
l’intenzione di dirigere il film con lui e Haggis a produrlo. Dopo
aver lasciato per realizzare Blackhat (2015), si era puntato su Spike Lee per poi scegliere Stephen
Gaghan.
3. Matthew McConaughey si
ha toccato davvero una tigre. Per girare la scena del film
in cui il protagonista tocca la tigre, McConaughey ha avuto il
fegato di farlo davvero. Questa scena, infatti, era stata
programmata per essere l’ultima scena del film e durante le riprese
l’attore ha davvero toccato l’animale in questione. Come ha avuto
modo di dire lo stesso attore “Non sto recitando in questa scena.
Sono spaventato, sto sudando”.
Gold – La grande truffa
streaming
4. Il film è disponibile in
streaming digitale. Chi volesse vedere o rivedere questo
film, è possibile farlo grazie alla sua presenza sulle diverse
piattaforme di streaming digitale legale come Chili, Google Play e
iTunes.
Gold – La grande truffa trama
5. Alla rincorsa del sogno
americano.Kenny Wells è da anni alla
ricerca di quel sogno americano a cui aspira da molti anni.
Mettendo in pratica gli insegnamenti di suo padre (e vivendo nel
suo mito) arriva fino alla remota Indonesia, arrivando a vendere
tutti i suoi averi per rendere concreto quel sogno.
6. Non è tutto oro quello
che luccica. Insieme al geologo Michael
Acosta, Wells trova un giacimento aureo nascosto,
diventando ricchissimo e mirando a conquistare Wall Street . Ma non
tutto è come sembra e Wells lo scoprirà a sue spese.
Gold – La grande truffa storia
vera
7. l film si basa su una
storia vera.Gold – La grande truffa si basa
sullo scandalo minerario della Bre-X del 1993, una società canadese
che scoprì ‘esistenza di un giacimento d’oro in Indonesia e cercò
di dare vita ad un’enorme manovra finanziaria in quel di Wall
Street.
Gold – La grande truffa cast
8. Per questo film, Matthew
McConaughey si è trasformato. Affinché potessere regalare
una performance quanto più realistica possibile, Matthew McConaughey ha deciso di rasarsi la
testa, di guadagnare 20 kg di peso e di indossare dei denti finti.
Lo stesso attore ha dichiarato di aver preso peso mangiando
cheeseburger, bevendo birra e tantissimi milk shake.
9. Nel cast c’era Michelle
Williams. In questo film, una volta ultimati i casting,
era stata scritturata Michelle Williams per il ruolo principale.
Tuttavia, l’attrice ha deciso di ritirarsi poco prima dell’inizio
delle riprese e, in sua sostituzione, si è deciso di rimpiazzarla
con Bryce Dallas Howard.
10. Christian Bale era
stato considerato come protagonista. Per il ruolo di Kenny
Wells, prima di affiancare il nome di McConaughey, era stato
considerato Christian Bale. All’attore, infatti, era stato
offerto il ruolo principale ai tempi in cui ci sarebbe dovuto
essere Michael Mann alla regia.
Blue my mind – Il segreto
dei miei anni (Svizzera/Germania, 2017), film d’esordio
della regista svizzera Lisa Brühlmann, racconto di
formazione intimo e surreale che affronta in chiave fantasy la
crescita, l’emancipazione e la trasformazione di un’adolescente,
arriva nelle principali sale d’Italia da giovedì 13
giugno distribuito da Wanted Cinema dopo
essere stato presentato ad Alice nella Città alla
12/ma Festa del Cinema di Roma, dove ha ricevuto
il premio Camera D’oro Alice/Taodue.
Il film, che vede come protagonista
la giovane attrice Luna Wedler – selezionata
fra le migliori promesse del cinema dalla European Film
Promotion – racconta di Mia, una ragazza di quindici anni
appena trasferitasi con la sua famiglia alle porte di Zurigo.
Mentre la ragazza si lancia in una selvaggia adolescenza cercando
di fronteggiarla, il suo corpo comincia a cambiare in modo
radicale. Nella disperazione cerca di anestetizzarsi con sesso e
droghe, ma nonostante i tentativi di arrestare il processo è presto
costretta ad accettare il fatto che la natura è molto più potente
di lei. La trasformazione prosegue inesorabile, facendo diventare
Mia quell’essere che per anni si è assopito dentro di lei… e che
ora sta prendendo il sopravvento.
Ho voluto realizzare un film
sulla crescita, sulla ricerca della propria identità,
sull’emancipazione femminile – ha spiegato la regista
Brühlmann – Questo lavoro si focalizza sul
sentimento di sentirsi imprigionata. Imprigionata in un mondo pieno
di regole da rispettare, un mondo a cui adeguarti e adattarti
soprattutto quando si è giovani. Per me la sirena è il simbolo del
desiderio di libertà, di quel potere femminile primordiale e di un
mondo senza confini. Ho cercato di dare delle risposte a quelle
domande su come ci si sente quando il proprio corpo inizia a
seguire delle leggi diverse, inizia a cambiare e non c’è via di
ritorno, quando ci si sente impotenti mentre la situazione scivola
via a poco a poco. In questo modo sarà forse possibile alle persone
provare nuovamente che cosa vuol dire crescere.
Ospite di una convention a Londra,
Sebastian
Stan ha avuto modo di parlare del percorso di Bucky
Barnes nel MCU tra racconti di produzione e
aneddoti riguardanti le riprese dei vari cinecomic che lo vedono
protagonista, compreso il recente Avengers:
Endgame dove il Soldato d’Inverno si congeda in attesa
di tornare in azione nella serie tv di Disney +
insieme a Sam Wilson, aka Falcon.
Come sicuramente saprete il capitolo
finale della saga sulle gemme dell’infinito ha ridefinito alcune
timeline dell’universo condiviso in cui il destino dei personaggi è
stato modificato rispetto a quello originale; questo grazie ai
viaggi nel tempo e all’utilizzo del Regno Quantico, sfruttati da
Steve Rogers per ricongiungersi con Peggy Carter e rispedire ai
vecchi “proprietari” tutte le pietre.
Ma cosa avrebbe fatto Bucky con uno
strumento del genere? Quali cambiamenti avrebbe apportato al suo
viaggio personale da Il Primo Vendicatore a
Endgame? Questa la risposta di Stan:
“Cosa farebbe con la gemma del
tempo? Beh, credo che se ne avesse avuto la possibilità sarebbe
tornato a confrontarsi con il se stesso negli anni ’70, incontrando
quindi il suo doppio Soldato d’Inverno, l’uno contro l’altro. E poi
avrebbe sicuramente dovuto affrontare ciò che ha fatto, ovvero
tutti gli 864 omicidi compiuti sotto il lavaggio del cervello
dell’HYDRA“.
Che idea grandiosa sarebbe per uno
spin-off? Raccontare gli anni del villain prima degli eventi di
Captain America: The Winter Soldier, un’epoca mai
esplorata dai Marvel Studios (se non in brevi flashback),
ribaltando il punto di vista del classico eroe e immergendo lo
spettatore nell’esperienza di un soggetto complicato e
tormentato.
L’HYDRA, il KGB, l’addestramento
spietato, insomma tutti quegli elementi che hanno contribuito a
plasmare il Soldato d’Inverno. La speranza è che, parallelamente
alle vicende dei protagonisti, questa storyline venga sfruttata o
nello standalone su Vedova Nera (la cui
ambientazione resta ancora un mistero), oppure nella serie
televisiva con Falcon (ma l’ipotesi è alquanto improbabile),
regalando al pubblico tutte le sfumature di un personaggio davvero
affascinante e finora troppo marginale.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
In occasione del 40° anniversario
dell’uscita di Alien Variety ha incontrato
TomSkerritt (che nel film
interpretava Dallas, il capitano della Nostromo) ripercorrendo
insieme a Ridley Scott la genesi del progetto, gli
aneddoti della lavorazione e i segreti che lo rendono ancora oggi
un capolavoro indiscusso del cinema di genere. Tanti gli argomenti
toccati nell’articolo, compresa l’evoluzione del franchise e i
prequel finora portati sul grande schermo,
Prometheus e Alien:
Covenant, menzionando accidentalmente anche un terzo
capitolo degli eventi ambientati prima del cult del 1979 che Scott
dovrebbe dirigere e che è già in fase di scrittura.
L’ipotesi non giunge nuova ai fan
del franchise, visto che da tempo si parla di un possibile seguito
di Covenant le cui premesse erano state ostacolate
dal risultato non troppo entusiasmante del film al box
office. Qualche mese fa era stata poi Katherine
Waterson, una delle interpreti, a spiegare che non c’erano notizie
ufficiali e che non sapeva nulla del progetto, ma che già
durante le riprese l’idea di una continuazione della trama sembrava
interessante.
Dunque di quale misterioso terzo
prequel sta parlando Variety? Sappiamo che al momento, come
conseguenza della fusione tra Disney e Fox, Alien
figura tra le proprietà della casa di Topolino e potrebbe subire un
trattamento diverso da quello optato dal vecchio proprietario. Lo
stesso Scott ha recentemente confermato di aver preso parte a dei
colloqui iniziali con lo studio sul futuro della serie e che sa
benissimo in che direzione la porterebbe.
“Andare avanti, sempre,
lasciandosi tutto alle spalle vedendo in che modo potrà
evolvere“, aveva dichiarato il regista, “Stiamo cercando
di capire dove vogliamo che succeda“.
Come annunciato nelle scorse
settimane, i Marvel Studios sono già al lavoro
per portare sulla piattaforma streaming di Disney+
diverse serie dedicate a personaggi già introdotti nel MCU. Tra
queste ci sarà anche quella su Wanda Maximoff e
Visione, intitolata WandaVision,
dove rivedremo Elizabeth
Olsen e Paul Bettany nei rispettivi
ruoli interpretati da Avengers: Age of Ultron.
Ma cosa sappiamo realmente dello
show? Per quanto riguarda l’ambientazione il discorso è complicato,
dal momento che Endgame sembra aver
compromesso la continuità della trama dell’universo condiviso,
quindi è improbabile che i due supereroi tornino in azione subito
dopo gli eventi del film. Inoltre Visione – ucciso da Thanos in
Infinity War – non figura tra i personaggi
riportati in vita dai Vendicatori, mentre al contrario Wanda è
stata “resuscitata” dopo lo schiocco.
Ora però alcuni rumor non ufficiali
sostengono che WandaVision sarà ambientata nei sobborghi
ispirandosi alle pagine su Visione scritte da Tom King e che
Scarlet Witch subirà una trasformazione significativa in termini di
poteri. È infatti Charles Murphy a riportare le voci secondo cui
Wanda inizierà ad entrare in confidenza con una gamma di
superpoteri che integrano l’alterazione della realtà, concetto
finora inutilizzato nel MCU.
Un dettaglio del genere spiegherebbe
il ritorno dal mondo dei morti di Visione, con la sua amata che
perde il controllo di se stessa creando un nuovo mondo in cui
vivere. Difficile a dirsi, ma se questo scenario dovesse avverarsi
perché non sognare in grande e immaginare l’introduzione
nell’universo dei figli della coppia, Young Worcan e Wiccan?
Sono giorni di febbricitante attesa
per l’ufficializzazione dell’attore che interpreterà Bruce Wayne in
The Batman, nuovo adattamento, oltre che reboot,
delle indagini del crociato di Gotham affidato a Matt
Reeves (Cloverfield, Apes Revolution – Il pianeta delle
scimmie), e mentre Variety e Deadline riportano che sono due i
candidati in lizza, nelle ultime ore un post “misterioso” del
dirigente del reparto creativo della DC Jim Lee sembrerebbe
confermare il casting di Robert Pattinson.
Nella foto che vedete qui sotto,
pubblicata da Lee su Instagram, appare sospetto il nome di
Pattinson in maiuscolo scritto sul tablet e associato ad estratti
di interviste di Howard Stern con star come Pamela Anderson e,
appunto, l’attore inglese. E se quel dettaglio non fosse casuale,
trattandosi di un fortunato easter egg per i fan? Possiamo supporre
che il dirigente della DC abbia voluto stuzzicare la loro curiosità
anticipando le mosse dello studio?
A quanto pare diverse persone hanno
visto Pattinson aggirarsi nei pressi di Hollywood dopo la trasferta
al Festival di Cannes con The Lighthouse (il nuovo
film di Robert Eggers), ma sappiamo che sono iniziati i lavori del
nuovo progetto di Christopher Nolan,
Tenet, sempre produzione Warner, e che la
produzione di The Batman partirà in autunno…
Che ne pensate? Sarà davvero lui il prossimo Bruce Wayne?
In attesa che venga confermata o
smentita la notizia, vi ricordiamo che le prime indiscrezioni su
The Batman circolate online ipotizzano
un’ambientazione negli anni Novanta, epoca tornata di moda nel
corso dell’ultima stagione anche grazie al successo di un altro
cinecomic, Captain Marvel dei Marvel
Studios.
Per alcuni 1990 fa rima con gli
adattamenti di Batman di Tim
Burton che prepararono le basi per i futuri cinefumetti e
che sono stati fonte di ispirazione per Zack
Snyder per quanto riguarda una scena particolare di
Batman V
Superman: Dawn of Justice(dove il regista aveva
omaggiato lo scontro tra il cavaliere oscuro e Pinguino di
Batman Returns del 1992), per non parlare del
fatto che alcune delle più importanti trame a fumetti sul
personaggio provengono proprio da quel decennio.
Secondo i report, Reeves ha optato
per le storie di Batman: Anno Uno come possibile
punto di riferimento, proprio per conferire al suo film un tono da
genere noir enfatizzando le capacità investigative dell’eroe.
Nessuna notizia ufficiale invece sul casting, con la Warner Bros.
impegnata a trovare il perfetto sostituto di Affleck e altri
interpreti che possano riempire la ricca galleria di villain
prevista.
Per The Batman è stata già fissata l’uscita in
sala il 25 giugno 2021.
Avengers:
Endgame festeggia con successo il quarto weekend di
programmazione negli Stati Uniti, e per festeggiare la ricorrenza
Anthony e Joe Russo hanno condiviso su Instagram
delle nuove foto tratte dal dietro le quinte del film insieme al
cast.
Tra queste c’è anche l’immagine
scattata sul set del funerale di Tony Stark, uno dei momenti più
emozionanti dell’universo cinematografico Marvel, dove si sono riuniti
praticamente tutti i personaggi e i loro rispettivi interpreti.
Nelle altre potete dare uno sguardo
al giovanissimo attore entrato nei panni del “piccolo” Scott Lang
durante la sequenza di prova con il Regno Quantico, ai sei
Vendicatori originali radunati per far rivivere la battaglia di New
York del 2012 e a Josh Brolin con la sua tuta da
motion capture mentre si prende una pausa dalle riprese con
Zoe Saldana.
“Andate a vedere Endgame per la
quarta volta questo fine settimana!“, hanno scritto i registi,
“Per l’aria condizionata, e perché vorrete riprovare quelle
emozioni“.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Si è conclusa la settantaduesima
edizione del Festival di Cannes 2019. E’
attualmente in corso la cerimonia di consegna ma i primi vincitori
sono stati resi noti. Parasite del regista
sudcoreano Bong Joon-ho ha vinto la Palma d’oro
al Festival di Cannes .
Mati Diop ha vinto
il Grand Prix per il suo film d’esordio,
“Atlantics.” Premio speciale della Giuria
a Les
Misérables di Ladj Ly e Bacurau
di Kleber Mendonça Filho – mentre il cineasta liberale
Michael Moore ha detto alla folla: “Trump è la
bugia che permette di mentire “. Il premio per il miglior
regista è andato a Jean-Pierre e Luc Dardenne per
“Young
Ahmed” La migliore attrice di questa edizione è stata
incoronata Emily Beecham, la protagonista di
“Little
Joe“, che interpreta una scienziata che inizia a
sospettare che la pianta che ha modificato geneticamente possa
avere effetti collaterali sull’uomo. “It Must Be Heaven” di Elia
Suleiman ha guadagnato una menzione speciale dalla giuria.
Il premio per la sceneggiatura è
andato alla scrittrice-regista francese Céline
Sciamma per “Portrait
of a Lady on Fire“, un film d’epoca a tema lesbico che
esplora la nozione di sguardo femminile, sia ora che attraverso la
tradizione dell’arte occidentale.
“It Must Be
Heaven” di Elia Suleiman ha guadagnato una menzione
speciale dalla giuria. Un droll commentario – da un regista il
cui personaggio di Jacques Tati non parla quasi mai – per i
problemi del suo paese, come si evince dai suoi viaggi a Parigi e
New York, il film di Suleiman è stata la rara commedia della
competizione di quest’anno.
PREMI UFFICIALI
Palma d’oro: Parasite
Grand Prix: “Atlantics”, Mati Diop
Regista: Jean-Pierre e Luc Dardenne,
“Giovane Ahmed”
Attore: Antonio Banderas, “Pain and
Glory”
Attrice: Emily Beecham, “Little Joe”
Premio della giuria – TIE: “Les
Misérables”, Ladj Ly; “Bacurau”, Kleber Mendonça Filho
Sceneggiatura: Céline Sciamma, “Portrait
of a Lady on Fire”
ALTRI PREMI
Camera d’Or: “Le nostre madri”, Cesar
Diaz
Short Films Palma d’oro: “La distanza tra
il cielo e noi”, Vasilis Kekatos
Menzione speciale dei cortometraggi: “Dio
dei mostri”, Agustina San Martin
Golden Eye Documentary Prize: “Per
Sama”
Premio della giuria ecumenico: “Hidden
Life”, Terrence Malick
Queer Palm: “Ritratto di una signora in
fiamme”, Céline Sciamma
Il cerchio della
vita è una di quelle canzone che ha segnato milioni di
persone e tante generazioni grazie alla sua presenza del film
d’animazione Il re leone.
Con alta probilità, questo brano
così significativo sarà presente anche nell’omonimo live action di
prossima uscita e, a pensarci, non potrebbe essere
diversamente.
Ecco, allora, quello che
non sapevi sul brano Il cerchio della vita.
Il cerchio della vita testo
Una delle caratteristiche di un
film come Il re leone è quella di lasciare il segno con i testi
delle sue canzoni. Basti pensare a Il cerchio della vita che accompagna la fase iniziale
del film, quando il sole sorge e gli animali corrono per radunarsi
sotto la rupe dei re, in attesa che venga finalmente mostrato il
giovane Simba. E se le immagini colpiscono il cuore, essere fanno
solo un lavoro a metà perché senza questo canto tutto il pathos
esistente verrebbe meno.
Un bel giorno ti accorgi che
esisti
Che sei parte del mondo anche tu
Non per tua volontà e ti chiedi chissà
Siamo qui per volere di chi
Poi un raggio di sole ti
abbraccia
I tuoi occhi si tingon di blu
E ti basta così, ogni dubbio va via
E i perché non esistono più
E’ una giostra che va, questa vita
che
Gira insieme a noi e non si ferma mai
E ogni vita lo sa che rinascerà
In un fiore che fine non ha
E’ una giostra che va, questa vita
che
Gira insieme a noi e non si ferma mai
E ogni vita lo sa che rinascerà
In un fiore che fine non ha
Il cerchio della vita: Il re
leone
Il cerchio della vita
segna l’inizio del film,
ma non tutti sanno che fa parte della colonna sonora composta da
Elton John (per quanto riguarda le musiche) e
Tim Rice (che si è occupato dei testi). Riproposta
anche alla fine del film e nominata agli Oscar per la Miglior
Canzone, Il cerchio della vita non avrebbe dovuto avere
delle parti dialogate.
Quando il compositore Hans Zimmer, che si è occupato della parte
strumentale, ha preparato la sua interpretazione del brano, aveva
dato vita ad una versione estesa affinché fosse flessibile per
essere tagliata ed adeguata con il montaggio.
Gli animatori rimasero talmente
colpiti e affascinati dal suo lavoro da cambiare l’inizio della
sequenza in quella che si vede nel film, in modo da sfruttare
l’intera versione del compositore, che comprendeva anche la parte
iniziare cantata in lingua zulu.
Il cerchio della vita: Ivana
Spagna
Per la versione italiana de Il
cerchio della vita, si era alla ricerca di un/una cantante che
fosse in grado di avere un voce incisiva e significativa come
quella di Elton John che è interprete della versione originale.
È stato proprio il cantautore a
riconoscere in Ivana Spagna queste qualità,
scegliendola personalmente per interpretare questo brano così forte
ed importante. Conseguentemente, la Spagna ebbe un enorme successo,
diviso tra nuove e vecchie generazioni, tanto da realizzare circa
quindici anni dopo (nel 2009) un album intitolato proprio Il
cerchio della vita. Questo disco riunisce 14 canzoni cover
Disney.
Il cerchio della vita accordi
Chi desiderasse provare a suonare
la melodia de Il cerchio della vita è possibile farlo
seguendo gli accordi. Oltre a recarsi nei negozi specializzati, è
possibile recuperare gli accordi di questo brano anche online, sia
su siti specifici, sia tramite video caricati su You Tube.
Il cerchio della vita
significato
Il cerchio della vita non
solo una semplice canzone, un semplice brano di apertura de Il
re leone: bensì, ha un significato molto profondo.
Basta solo osservare il testo per
capire che il riferimento è rivolto al ciclo della vita di tutti
gli esseri viventi che connette ogni creatura del mondo e che fa
compiere a tutti quanti il cammino composto da nascita, dalla
crescita e dall’invecchiamento che perdura fino alla fine dei
giorni.
Un equilibrio, quello della vita,
che va tutelato affinché ognuno abbia di che vivere in maniera
dignitosa: “Simba, tutto ciò che vedi coesiste secondo un delicato
equilibrio. Come re devi capire questo equilibrio e rispettare
tutte le creature, dalla piccola formica alla saltellante antilope.
[Quando moriamo i nostri corpi diventano erba e le antilopi
mangiano l’erba. E, così, siamo tutti collegati nel grande cerchio
della vita”.
L’uomo che fissa le
capre, uscito nel 2009, è uno di quei film destinato a
diventare un cult assoluto della storia del cinema, soprattutto di
quello recente.
Il film, che vede protagonisti
George Clooney e Ewan McGregor,
ha conquistato il pubblico di tutto il mondo con il suo sarcasmo e
con la sua ironia, rendendolo una commedia grottesca e
surreale.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su L’uomo che fissa le capre.
L’uomo che fissa le capre
film
1. Viene citato un
poema. Quando il personaggio di George Clooney cita il poema sul marinaio e il
gabbiano, sta parlando del poema “The Rime of the Ancient Marier”
del poeta inglese Samuel Taylor Coleridge.
2. È stato presentato a
diversi festival. Prima di uscire al cinema nel novembre
del 2009, il film è stato presentato fuori concorso alla 66° Mostra
internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per poi passare
al Toronto Film Festival.
3. Uccidere le capre con la
telepatia non è reale. Il fatto di uccidere gli animali
con il solo uso della telepatia è una delle poche cose estreme
raccontate nel libro e poi fatte vedere nel film. In realtà, si
tratterebbe solo un aspetto simbolico che riferisce al grande
potere a disposizione dell’unità segreta dell’esercito
americano.
L’uomo che fissa le capre
streaming
4. Il film è disponibile in
streaming digitale. Chi volesse vedere o rivedere il film,
è possibile farlo grazie alla sua presenza sulle diverse
piattaforme di streaming digitale legale come Chili, Rakuten Tv,
Chili e Infinity.
L’uomo che fissa le capre
cast
5. Ci sono 3 premi Oscar
nel cast. In L’uomo che fissa le capre ci sono
ben tre premi Oscar nel cast. Basti pensare, infatti, a George
Clooney (Miglior Attore non Protagonista per Syriana,
Miglior Film per Argo), Jeff Bridges (Miglior Attore Protagonista per
Crazy Heart) e Kevin Spacey (Miglior Attore non Protagonista
per I soliti sospetti e Miglior Attore Protagonista per
American Beauty).
6. Il personaggio di Jeff
Bridges è esistito davvero. Il ruolo che l’attore Jeff
Bridges interpreta nel film si basa sul tenente colonnello
dell’esercito James Channon, colui che scrisse il manuale Primo
Battaglione Terrestre.
7. Ewan McGregor e i
riferimenti a Star
Wars. In L’uomo che fissa le capre, Ewan McGregor ricopre una parte importante.
Tuttavia, durante il prosieguo del film, ci sono molti riferimenti
alla saga di Star Wars. Questo film, infatti, parla ampiamente
dell’essere Jedi e dell’usare i poteri Jedi.
L’uomo che fissa le capre
libro
8. Il film è un
adattamento.L’uomo che fissa le capre non è
altro che un adattamento di un libro intitolato Capre di
guerra (The Men Who Stare at Goats) scritto dal
reporter Jon Ronson. In questo libro vengono
raccontati i paradossi dell’unità segreta dell’esercito americano,
chiamata First Earth Battalion (Primo Battaglione Terrestre).
9. Sono stati narrati fatti
veri. Il libro di Ronson e, conseguentemente il film,
raccontano fatti realmente accaduti. Fatti che non riguardano solo
le missioni, ma anche i progetti di ricerca stravaganti che, pare,
siano poi evoluti in esperimenti compiuti a Guantanamo Bay.
L’uomo che fissa le capre
frasi
10. Un film farcito di
frasi iconiche. L’uomo che fissa le capre non poteva non
essere un film generatore di frasi iconiche e destinate ad essere
citate in futuro. Ecco, allora, qualche esempio:
Siate tutto quello che potete
essere. (Bill)
Ecco fatto, fu l’unico pezzo della
mia storia ad essere divulgato dovunque, ridotto a barzelletta! E
se mai mi ci fosse voluta una prova di come il lato oscuro avesse
preso lo splendido sogno di quello che una nazione poteva essere e
l’avesse distorto, distrutto, beh eccola li. Ma io non mi fermo,
non mi arrendo. Perché quando vedo quello che succede nel mondo, so
che ora, più che mai, dobbiamo essere tutto quello che possiamo
essere. Ora, più che mai, abbiamo bisogno degli Jedi!
(Bob)
“Hey Phil, qual è la frase più
detta dai francesi?” “Mi arrendo” (Todd e
Phil)
Insidious è il
film che ha dato il via ad una delle saghe horror più viste degli
ultimi anni, capostipite di un sequel e due prequel. Nella
fattispecie, questo film è il terzo andando nell’ordine cronologico
degli eventi.
Tra eventi inquietanti,
manifestazioni di carattere soprannaturale e possibilità di
esplorare tanti e diversi universi, questo lungometraggio ha
spaventato, affascinato e coinvolto milioni di persone in tutto il
mondo.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Insidious, uno dei film horror per
ecellenza.
Insidious film
1. James Wan ha lavorato al
film con The Conjuring in mente. Mentre stava girando il
primo capitolo di Insidious,
James Wan aveva già il franchise di The Conjuring in mente. Non a caso, infatti, è
possibile notare alcuni spunti, tratti dai primi due film di
Insidious, che hanno dato vita ad una delle saghe horror
più seguite, e i primi film dell’altro franchise. Di fatto, con la
creazione di questi due franchise, Wan è diventato uno dei maggior
registi dei film horror e del cinema in generale.
2. S’intravede
Saw. Nella prima metà del film, dietro al personaggio di
Patrick Wilson, è possibile vedere un
personaggio molto conosciuto. Si tratta del protagonista del film
Saw – L’Enigmista, disegnato sulla lavagna con il numero
otto scritto al di sotto.
3. Non sangue, ma
rossetto. Quando le lenzuola vengono trovate con delle
impronte rosse di mani, questo è stato confuso per sangue, ma in
realtà era rossetto rosso. Il demone dalla faccia rossa (noto come
“il demone del rossetto”) lascia impronte delle mani ovunque,
mostrando di essere molto vicino a Dalton ad un certo punto del
film.
Insidious streaming
4. Il film è disponibile in
streaming digitale. Chi volesse vedere o rivedere questo
film, è possibile farlo grazie alla sua presenza su diverse
piattaforme di streaming digitale legale come Rakuten Tv, Chili,
Google Play e iTunes.
Insidious cast
5. Ethan Hawke sarebbe
potuto essere nel cast. Pare che la prima scelta per il
ruolo di Josh Lambert fosse Ethan Hawke. Tuttavia, l’attore ha deciso di
rifiutare il ruolo, anche se non sono chiari i motivi, che poi è
andato a Patrick Wilson.
6. Patrick Wilson in un
ruolo da perseguitato. In Insidious, Patrick
Wilson interpreta il ruolo di Josh Lambert, perennemente
perseguitato dai fantasmi che vogliono invadere il suo corpo. Tutto
ciò si può intendere quasi come l’opposto della serie tv A
Gifted Man (2011) in cui Micheal Holt, il personaggio di
Wilson) è in grado di vedere il fantasma di Anna Paul, sua moglie
defunta, al fine di migliorarlo come medico e come persona.
7. Un attore che è anche
compositore. In Insidious è presente un demone
che è interpretato da Joseph Bishara. Ma costui
non ha lavorato al film sono in quanto attore: infatti, egli è
stato anche il compositore del lungometraggio, realizzando la
colonna sonora.
Insidious trailer
8. Un trailer
fenomenale. Prima di mettersi alla prova con il film di
James Wan, è consigliabile dare un occhio al trailer. Ci si
accorgerà subito di come questa prima visione farà capire la
direzione e il senso del film, oltre che assaggiare il livello di
paura intrinseco.
Insidious sequel
9. È stato realizzato un
prequel. Dato l’enorme successo generato dal Insidious, si
è deciso di dare vita a un film sequel. Nel 2013, infatti, è stato
realizzato Oltre i confini del male: Insidious 2 che vede
nuovamente protagonisti Patrick Wilson e Rose Byrne.
10. Sono usciti due film
prequel. Con il successo dei due film di Insidious,
realizzare altri film legati a questo molto era scontato. Non a
caso, sono stati realizzati ben due prequel: nel 2015 è uscito
Insidious 3 – L’inizio e nel 2018 è arrivato al cinema
Insidious – L’ultima chiave, prequel del terzo
capitolo.
Dopo l’annuncio ufficiale al
Lucca Comics and Games 2018, arrivano le prime
notizie relative al film su Dampyr,
serie a fumetti di genere horror pubblicata dal 2000 in Italia
dalla Sergio Bonelli Editore, creata da Mauro
Boselli e Maurizio Colombo.
Alla produzione di Dampyr c’è,
ad affiancare la Bonelli Entertainment,
Eagle Pictures e Brandon Box, nelle figure di
Roberto Proia e Andrea
Sgaravatti. La Eagle fa parte da poco del gruppo
produttivo Spyglass, al fianco di Warner. Con questa associazione,
lo studio conta di trovare il percorso che porterà questi suoi
progetti negli Stati Uniti, primo di tutti proprio Dampyr. Proia
di Eagle ha inoltre confermato che il sequel del film è già in
cantiere.
La regia è stata affidata a
Riccardo Chemello, mentre per gli attori coinvolti
non ci sono ancora certezze, tuttavia sappiamo che il casting è
stato affidato a Gail Stevens, che ha lavorato a
livelli altissimi negli Stati Uniti, con registi del calibro di
Danny Boyle e Kathryn
Bigelow. A firmare la sceneggiatura Alberto
Ostini, Mauro Uzzeo e Giovanni Masi.
Alla presentazione di Lucca l’uscita
del film era stata stabilita per il 23 gennaio 2020, ma non
sappiamo ancora se la data sarà rispettata, visto che le riprese
cominceranno ad ottobre.
Tra i protagonisti del Festival di Cannes 2019
c’è anche Sylvester
Stallone, protagonista di una masterclass dove
racconta delle sue vittorie e sconfitte, ma anche della mai sopita
voglia di continuare a combattere. Accolto da una calorosa standing
ovation dei suoi fan, Stallone spende le prime parole per
ringraziare proprio il suo pubblico, dichiarando che “è grazie
a voi se ho avuto una carriera lunghissima.”
L’attore inizia poi a viaggiare con
la memoria, ricordando la difficoltà di affermarsi ad Hollywood e
il complicato set di Rocky, che gli
ha tuttavia permesso di raggiungere la fama mondiale.
“Quell’esperienza mi fece capire che per raggiungere il
successo bisogna trovare una buona idea. – afferma – “Il
fallimento ti rende più saggio, mentre spesso il successo ti rende
più stupido, perché non hai nessuno con cui confrontarti.”
Riguardando alla sua intera
filmografia, Stallone afferma di aver sempre ricercato ruoli
complessi, di personaggi al margine, considerati dei perdenti.
“Questo perché sono affascinato dal tema della lotta. La lotta
contro sé stessi e contro ci dice cosa fare. In generale mi
appassionano gli esseri umani che non accettano le cose imposte da
altri. Credo che tutti nella vita ci troviamo prima o poi ad
affrontare la solitudine e il fallimento, ma essere umani significa
prendere le proprie debolezze e trasformarle in forza.”
Stallone è arrivato a Cannes anche
per presentare un proiezione di Rambo in copia
restaurata 4K, e un primo inedito estratto di Rambo V: Last
Blood, il nuovo film della saga che arriverà
nelle sale italiane a novembre. “Nel precedente film Rambo
torna a casa, ma è come se non ci fosse realmente. All’inizio di
questo nuovo film lo troviamo ancora lì, nel suo ranch, sempre
pronto ad aiutare gli altri, soffrendo ancora per il non essere
riuscito a salvare i suoi compagni in guerra. È un uomo
attanagliato dai sensi di colpa, e stavolta dovrà fare i conti
anche con la presenza di una famiglia adottiva. Naturalmente ben
presto Rambo capirà di non poter sempre controllare ciò che lo
circonda, ma nel momento in cui sarà il mondo esterno a cercare di
controllare lui, allora lì accadranno cose veramente
spiacevoli.”
Stallone riflette infine sulla sua
carriera da attore, sostenendo che “non credo di essere un
attore versatile. Tutte le volte che ho provato a fare qualcosa di
diverso sono precipitato. Ho sbagliato molte volte, e altrettante
sono caduto. Ma credo di essere sempre riuscito ad imparare dai
miei errori e a rimettermi in piedi, riprendendo a fare ciò che
conosco meglio.”
“Credo che oggi nel mondo ci
siano tanti e tante Rocky, ora più che mai. – conclude
Stallone – Amo ognuno di loro, spero che il personaggio possa
essere stato una fonte d’ispirazione. In realtà chi lotta nel mondo
di oggi si trova dinanzi a sfide ben più complicate, ben più
grandi. Ma il segreto è non arrendersi mai, mai.”
Alien è uno di
quei film che andrebbero visti una volta nella vita o che
bisognerebbe portarsi sulla classica isoletta deserta.
A partire dall’idea di base,
passando per le realizzazioni e il concretismo sul set, arrivando
al prodotto finale, non c’è niente di Alien che non colpisca,
specie poi se si parla anche delle interpretazioni.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere sul film cult Alien.
Alien film
1. È stato usato un trucco
per far spaventare il gatto. Per far sì che il gatto Jones
si spaventasse all’arrivo di Alien, si decise di porre un pastore
tedesco di fronte, dividendo i due animali con dei vetri. Lo
schermo sarebbe poi stato rimosso improvvisamente per far fermare
il gatto e far sì che iniziasse a sibilare.
2. L’alieno sanguina
acido. Questa idea è venuta all’artista concettuale
Ron Cobb. Questo accadde quando Dan
O’Bannon non riusciva a trovare una ragione tale per cui
l’equipaggio della Nostromo non avrebbe sparato all’alieno con la
pistola.
Alien streaming
3. Il film è disponibile in
streamin digitale. Chi volesse vedere o rivedere il
film, è
possibile farlo grazie alla sua presenza sulle piattaforme digitali
legali di Rakuten Tv, Tim Vision, Chili, Google Play e iTunes.
Alien cast
4. Alien è interpretato da
un attore. Dopo aver incontrato Bolaji
Badejo, il regista decise che lui avrebbe potuto
interpretare l’alieno. L’attore era in realtà un artista grafico
scoperto in un pub e scelto per le sue braccia sottilissime e la
sua altezza di un metro e mezzo. Badejo frequentò lezioni di Tai
Chi e mimo per imparare a rallentare i movimenti.
5. Sigourney Weaver non è
stata la scelta immediata. Lo stesso regista ha dichiarato
di aver provinato molte attrici per il ruolo di Ripley e di essere
arrivato a dover scegliere tra Sigourney Weaver e Meryl Streep. Alla fine il lavoro è stato
offerto alla Weaver perché la Streep non sarebbe riuscita a
lavorare data la recente morte del suo compagno John
Cazale.
Alien regista
6. Ridley Scott ha voluto
che la Weaver fosse infastidita. Stando alle dichiarazioni
di Yaphet Kott, pare che Ridley Scott gli abbia detto di infastidire
Sigourney Weaver fuori dalle riprese, in modo che ci fosse poi più
tensione tra i loro personaggi. Lo stesso cotto si è detto
rammaricato di questo perché l’attrice gli piaceva molto.
7. Ridley Scott voleva
usare l’animatronica. In origine,
Ridley Scott voleva usare questo sistema per rappresentare
l’alieno, sperando di evitare la vista di un mostro che altrimenti
sarebbe stato interpretato da un uomo. Sfortunatamente, le tecniche
degli effetti speciali non erano abbastanza sofisticare ai
tempi.
8. Il primo montaggio era
molto più sanguinoso. Dopo il primo cut, Scott si rese
conto che il film avrebbe suscitato nelle reazioni negative tra il
pubblico. Per evitare questo, nel montaggio finale sono state tolte
le scene più cruente e sanguinolente.
Alien frasi
9. Frasi che rimangono cult. Un film come
Alien non poteva non essere generatore di frasi tali da
rimanere fisse nella memoria collettiva. Ecco alcuni esempi:
Rapporto finale del veicolo
spaziale Nostromo, da parte del terzo ufficiale. Gli altri
componenti dell’equipaggio Kane, Lambert, Parker, Brett, Ash e il
comandante Dallas sono morti. Carico e nave sono distrutti. Dovrei
giungere alla frontiera tra sei settimane. Se sono fortunata la
sorveglianza mi porterà in salvo. Parla Ripley unica superstite del
Nostromo. Passo e chiudo. (Ellen Ripley)
Maledetta compagnia! E le nostre
vite, figli di puttana? (Parker)
Nello spazio nessuno può sentirti
urlare.
La prima cosa che farò quando
torno sulla Terra sarà di mangiare un piatto delle mie parti.
(G. E. Kane)
Alien trama
10. Il ritorno è più
pericoloso della missione. La trama di Alien si
svolge in maniera abbastanza lineare. L’astronave Nostromo è di
ritorno verso il pianeta Terra con un carico di minerali, di fatto,
riuscendo a portare a termine la missione. Durante il viaggio,
però, il computer di bordo ricevere un SOS da un pianeta
sconosciuto. Gli astronauti, una volta scesi sul suolo inesplorato,
si troveranno a fare i conti con un essere mostruoso.
Home Sweet Hell è
uno di quei film poco conosciuti: tuttavia, alla lunga, ha tutte le
carte per diventare un piccolo grande cult da non perdere e, anzi,
da recuperare senza esitazione.
Questo film, che vede Katherine
Heigl e Patrick Wilson tra i protagonisti, racconta gli eventi che
accadono in una coppia di coniugi quando lei viene a sapere
dell’amante di lui e come faccia tutto il possibile per riportare
ordine nel caos che ormai vige in famiglia.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Home Sweet Hell.
Home Sweet Hell film
1. Il marito di Katherine
Heigl ha lavorato al film. In Home Sweet Hell non
c’è stato solo il coinvolgimento da parte di Katherine Heigl come attrice protagonista, ma
anche di suo marito Josh Kelley. Il cantante,
infatti, ha collaborato al film fornendo tutte le musiche e, di
fatto, componendo la colonna sonora.
2. Ha ricevuto un Razzie
Award. Uscito nel 2015, il film di Anthony
Burns non ha riscosso esattamente il successo sperato,
riuscendo ad ottenere addirittura una candidatura ai Razzie Awards
del 2016. Pare, infatti, che l’interpretazione della Heigl non sia
stata particolarmente apprezzata, tanto da meritare una nomination
come Peggior Attrice Protagonista.
3. È stato distribuito
prima online. Una particolarità di questo film è stata la
sua distribuzione. Questo lungometraggio, infatti, è stato
distribuito prima su alcune piattaforme digitali nel febbraio 2015,
per poi essere proiettato nelle sale americane nel marzo
successivo. In Italia, invece, il film è uscito direttamente in
versione Home Video nel maggio dello stesso anno.
Home Sweet Hell streaming
4. Il film è disponibile in
streaming digitale. Chi volesse vedere o rivedere il film,
è possibile farlo grazie alla sua presenza sulle piattaforme di
streaming digitale legale come Rakuten Tv, Chili, Tim Vision,
Google Play e iTunes.
Home Sweet Hell cast
5. Katherine Heigl e il
gioco della personalità. Ingiustamente o meno,
Katherine Heigl viene spesso e volentieri ritratta dai media
come un’attrice molto esigente, capricciosa e irragionevole. In
Home Sweet Hell sembra che lei abbia voluto, in qualche
modo, giocare con questi caratteri che farebbero parte della sua
personalità.
6. C’è anche Jim
Belushi. Non ce lo si aspetterebbe, ma in questo film è
possibile notare la presenza di Jim Belushi. Stando alle molte critiche
rivolte al film, pare che la sua interpretazione sia la migliore,
un deciso valore aggiunto alla messa in scena.
Home Sweet Hell trama
7. Una famiglia
apparentemente tradizionale.Don
Champagne (Patrick
Wilson) ha realizzato il sogno americano, riuscendo ad
sistemarsi una grande casa, svolgendo un’attività di successo e
avendo una famiglia perfetta. Tutto sempre essere tradizionale e
ottimale, fino a quando l’infedeltà dell’uomo non esce allo
scoperto.
8. Una donna disposta a
tutto. La moglie di Don, Mona (Katherine
Heigl), assume il controllo della situazione, a riportare ordine
nel caos scatenato dall’amante del marito, Dusty
(Jordana Brewster). Mona diventa una spietata
madre di famiglia pronta a tutto, proteggendo il nido creato per la
propria famiglia, marito fedifrago incluso.
Home Sweet Hell frasi
9. Frasi pronte a
stupire. Un film come Home Sweet Hell non poteva
non essere generatore di frasi memorabili. Ecco, allora, qualche
esempio:
Sento la tua puzza d’alcool
trasudare dai tuoi pori grassi anche adesso (Mona
Champagne)
La percezione è tutto, cara!
(Mona Champagne)
È un piacere per gli occhi!
Abbiamo bisogno di qualcosa da guardare durante il giorno, qualcosa
che distolga le nostre menti dalla sofferenza, dovresti saperlo
bene! (Les)
La paranoia è solo totale
consapevolezza (Mona Champagne)
Home Sweet Hell trailer
10. Un trailer tutto da vedere. Prima di
approcciarsi alla visione del film, è consigliabile vedersi anche
il
trailer per non perdersi proprio nulla di Home Sweet Hell.
Il cinema d’animazione e i fumetti
sono in continuo dialogo, un binomio che, forte delle proprio
differenze di linguaggio, di mezzi, di problemi produttivi e di
costi, continua a fondersi, mentre i due ambiti artistici si
scambiano talenti, ispirazioni e personaggi.
Davide Toffolo, Yoshiko
Watanabe e Bertrand Gatignol hanno
discusso di questo rapporto e del loro passaggio da un ambito
all’altro in occasione del panel L’eternità della vignetta
o la sequenza animata? moderato dallo sceneggiatore
Giovanni Masi, nell’ambito dell’Arf, festival
dedicato al fumetto a Roma (24-26 maggio 2019 – Mattatoio
Testaccio).
L’approccio al disegno e
all’animazione, per gli ospiti, è stato differente. Provenendo da
ambienti, preparazione, ma soprattutto Paesi diversi, i tre artisti
hanno raccontato il loro approccio all’arte, il passaggio da un
linguaggio all’altro, le difficoltà e i piaceri dell’uno e
dell’altro.
Yoshiko Watanabe è
giapponese italiana di adozione, se il suo nome potrebbe non dire
nulla, i suoi cartoni animati lo faranno per lei: Kimba il
Leone Bianco, La Principessa Zaffiro e
Doraemon basteranno a farvi un’idea della sua
caratura.
Bertrand Gatignol,
francese, è autore de Gli Orchi-Dei, uscito in
Italia con Bao, ma lavora da anni nel campo del fumetto e
dell’animazione, con competenze relative a ogni aspetto della
produzione di entrambi i linguaggi.
Davide Toffolo è un
fumettista, cantante e chitarrista italiano, frontman dei
Tre Allegri Ragazzi Morti. Le sue attività,
fumettista e musicista, non sono separate, ma integrate da
performance di disegno e musica, come le atmosfere musicali durante
le sue mostre di fumetti o i videoclip dei singoli musicali.
Tutti e tre hanno avuto un approccio
personale e originale al mondo del fumetto e dell’animazione. Per
Yoshiko è stato un caso, come ha raccontato: “Io volevo
disegnare, poi mi sono ritrovata a occuparmi di effetti speciali.
Sono entrata alla Mushi Production per caso, ero giovanissima ma
ero già grande ammiratrice di Tezuka. Una mia amica trovò un
annuncio su un giornale in cui la Mushi cercava personale e così mi
sono proposta e mi hanno presa.”
Per lei non si è mai trattato di
passare da un linguaggio all’altro, perché li ha sempre seguiti
entrambi, alternando lavori importanti di animazione con produzione
massiccia di tavole a fumetti: “In Giappone facevo
illustrazioni e fumetti, ma per la maggior parte del tempo lavoravo
sui cartoni animati, che pian piano mi hanno preso tutto il tempo!
Lavoravo 18-20 ore al giorno. Poi sono venuta in Italia perché la
Mushi fallì, Tezuka era un genio ma amministrativamente era un
disastro, e prima di rimanere senza lavoro volevo vedere l’Italia e
la Francia, e così sono partita, sono stata a Parigi per tre anni e
poi mi sono fermata qui, mi sono sposata. Alla fine degli anni ’70
c’è stato il boom dei cartoni animati giapponesi. Poi si sono
diffusi i pirata, giornalini con personaggi giapponesi con storie
originali che però non pagavano le licenze ufficiali. Poi ho
cominciato a lavorare per la Lanterna Magica, e per dei
lungometraggi. Ma anche queste realtà poi sono fallite.”
Nonostante e esperienze
nell’animazione, il desiderio però era sempre quello di disegnare:
“Il mio desiderio era quello di usare il disegno in ogni forma
e in ogni linguaggio. L’unica difficoltà che ho trovato è stata nel
cambio di mercato, qui in Italia mi chiedevano dei criteri
anatomici per il disegno diversi rispetto a quelli dell’animazione
e dell’illustrazione giapponese.”
Dal caso che ha portato Yoshiko a
lavorare in uno dei più grandi studi di animazione della storia del
Giappone, all’esperienza di Gatignol, che invece racconta:
“Quando ho capito che volevo fare animazione, ho provato ad
entrare in una scuola ma non ero abbastanza bravo. Così per
prepararmi per l’esame d’ammissione ho partecipato ad altri corsi
di grafica e direzione artistica e così ho deviato il mio cammino.
Non ho più fatto lo studente, li, ma ho tenuto qualche corso da
insegnante, poi. Uscito da quella scuola ero preparato a fare
comunicazione e pubblicità, ma io volevo fare animazione, e così mi
sono infiltrato al festival di Annecy di nascosto, dalle
transenne.”
Come nel migliore dei romanzi di
formazione, il giovane Bertrand: “Lì ho cercato di incontrare
persone a cui proporre un progetto. Era il periodo in cui si stava
cominciando a diffondere l’animazione in 3D e il mio stile ispirato
a quello giapponese, molto realistico, mi ha aiutato a entrare in
contatto con piccoli produttori che ora sono diventati molto
importanti. Così ho cominciato, tra televisione e progetti di
character designer, da qui sono passato al disegno e al fumetto e
ora mi sembra di essere più bravo a fare fumetti che a fare
animazione.”
Per Davide Toffolo
invece è stata un’idea, un progetto nato nella sua mente e
concretizzatosi con un incontro fortunato con un animatore che gli
ha consentito di dare concretezza a quella idea: legare un’immagine
animata a un gruppo musicale, i Tre Allegri Ragazzi
Morti, senza l’intercessione di un volto fisico.
“Non son un animatore, però ho
avuto un’intuizione forse rubata ai Beatles, che è stata quella di
mettere insieme musica e animazione – ha raccontato Toffolo
– All’inizio mi dicevano che era impossibile, ma avevo bisogno
di unire queste mie due anime. Questo incontro e il momento tecnico
storico che permetteva di lavorare da casa, sia per l’animazione
che per il fumetto, mi hanno permesso di realizzare il mio
immaginario di Tre allegri ragazzi morti. Era una strada mai
percorsa e davvero vincente, tanto che a un certo punto è arrivato
un gruppo, I Gorillaz, che hanno sdoganato nel mondo questo stile.
È stata la testimonianza che quello che volevo fare, ovvero legare
la rappresentazione visiva di un gruppo a un’immagine completamente
fumettistica e animata, era possibile.”
Tre realtà e tre storie differenti,
tre modi di vedere l’arte del fumetto e dell’animazione, non solo
come arte in sé ma come mezzi di espressione e comunicazione del
proprio modo di essere e di vedere il mondo.
Dopo aver passato in rassegna
l’epica battaglia
finale e l’invecchiamento di Steve
Rogers, è arrivato il momento di parlare di un’altra scena
iconica di Avengers:
Endgame, quella in cui Captain
America si confronta con il suo “gemello” durante i viaggi
nel tempo che hanno riportato gli eroi agli eventi del 2012 a New
York.
Qui Steve combatte contro se stesso
in un’appassionante sequenza d’azione costruita nel dettaglio, come
spiegato dal supervisore degli effetti speciali Trent
Claus (a capo dellaLola VFX) in un’intervista con
Comicbook.
“La ripresa variava a seconda
della scena. A volte Chris interpretava il Cap più in vista, mentre
il doppio veniva interpretato da una controfigura, altre invece
Chris interpretava entrambi i Cap. Quindi giravamo due volte la
stessa inquadratura, una con Chris in un ruolo e una volta
nell’altro, e quando si arrivava alle composizioni finali, quello
che vedevamo e che avete visto sullo schermo è sempre la faccia di
Chris“.
“In certi casi il volto
dell’attore si trova sul corpo di una controfigura, in altri si
tratta dell’unione tra due diverse performance di Chris. Quindi il
risultato varia da ripresa a ripresa, a seconda di quella che
abbiamo reputato migliore per quel momento.“
Claus ha aggiunto inoltre che per la
scena sono state utilizzate due versioni del classico costume di
Steve Rogers indossato nel film del 2012 con
l’aggiunta – in digitale – del cappuccio blu in fase di
post-produzione.
“Entrambi i Cap, che si tratti
di Chris Evans all’epoca o di una controfigura, indossano
l’uniforme di Captain America, ma all’epoca di The Avengers essuno
dei due presentava un casco o un cappuccio in quel momento. Dopo il
primo montaggio i registi hanno capito che per far capire chi fosse
il vecchio e chi il nuovo avremmo dovuto aggiungere un dettaglio.
Dunque nel film finale vedete la versione del 2012 che indossa il
cappuccio, completamente aggiunto in digitale“.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Vi siete mai chiesti quali fossero i
personaggi del MCU ad aver ottenuto più
tempo sul grande schermo? Riguardando la storia dell’universo
cinematografico e i ventidue film finora prodotti in questi primi
dieci anni, ciò che cattura subito l’attenzione è l’assoluta
dominanza degli original six, gli attori che interpretano i sei
Vendicatori originali.
E che dire degli altri? Scopriamo di seguito quali eroi hanno
più scene (e minuti):
1Iron Man
Tempo sullo
schermo: 6 ore, 41 minuti
È apparso in:Iron Man,
L’incredibileHulk, Iron Man 2, The Avengers, Iron Man 3, Avengers:
Age of Ultron, Captain America: Civil War, Spider-Man: Homecoming,
Avengers: Infinity War, Avengers: Endgame
Emilia
Clarke era nel cast originale di Iron Man
3? A quanto pare si, e la conferma arriva direttamente dal
co-sceneggiatore Drew Pearce con una foto
pubblicata su Instagram scattata durante le letture iniziali delle
prime bozze con gli attori. Questa la didascalia scritta
dall’autore:
“Primo table read di Iron Man 3.
Downey, Cheadle, Emilia Clarke (storia lunga, la sceneggiatura è
cambiata), tutto vagamente terrificante. Ovviamente questo
succedeva nel 2012 quando tutti erano più razzisti e pensavano che
tutti gli inglesi fossero uguali. Le mie scuse in ritardo a Paul
Bettany, spero di non averlo deluso.“
Dunque la Daenerys Targaryen di
Game of Thrones era effettivamente stata scelta da
Shane Black per interpretare un ruolo nel terzo capitolo del
franchise su Tony Stark. Ma quale?
L’ipotesi più plausibile è
Maya Hansen, il personaggio poi affidato a Rebecca
Hall, o forse i Marvel Studios avevano programmato
di inserire nel film una figura completamente diversa accantonata
di seguito per ragioni misteriose. Se però consideriamo la
popolarità raggiunta grazie alla serie HBO, è facile immaginare che
per la Clarke fosse previsto un ruolo di spicco, e non una semplice
comparsa.
Dopo averla rivista nella stagione
finale di Game of Thrones, l’attrice tornerà al cinema nella nuova
commedia natalizia firmata da Paul Feig al fianco
di Emma Thompson e Henry Golding.
I dettagli della trama sono scarsi al momento ma sappiamo che il
film sarà ambientato a Londra durante una vacanza romantica tra i
due protagonisti.
Ora che l’accordo tra
Disney e Fox è siglato e la casa
di topolino ha finalmente acquisito tutti i diritti sui supereroi
Marvel, è facile immaginare che in
un futuro nemmeno troppo lontano personaggi come gli X-Men e i
Fantastici Quattro verranno introdotti nell’universo
cinematografico di Kevin Feige. Ma in che
modo?
Secondo l’ultimo report di MCU
Cosmic, il team dei Marvel Studios starebbe già valutando diverse
opzioni per inserire Deadpool, il mercenario
chiacchierone interpretato da Ryan Reynolds nei
due capitoli prodotti da 20th Century Fox: la prima prevede di
andare avanti con il franchise e portare al cinema Deadpool 3; la seconda ipotizza l’arrivo
del personaggio in una serie di Disney + (con
qualche modifica sul rating e il linguaggio vietato ai minori);
infine la terza considera di rendere Deadpool parte integrante del
terzo film su Spider-Man, con la Sony impegnata
nella produzione.
Trattandosi di una voce non
ufficiale vi invitiamo a ragionare sulla precarietà
dell’argomentazione, tuttavia è interessante notare come tutte e
tre le possibilità siano altamente probabili, oltre che
affascinanti da un punto di vista narrativo. Se i Marvel Studios
decidessero di proseguire la linea editoriale del franchise,
Deadpool rimarrebbe un marchio contraddistinto
all’interno della proposta cinecomic Disney, mentre con una serie
disponibile su una piattaforma internazionale a cui ognuno può
avere accesso, saranno necessari degli interventi sul materiale.
Nel terzo caso, la prospettiva di vedere insieme sullo schermo Wade
Wilson e Peter Parker ha sicuramente del potenziale.
Le riprese del film sono durate
circa tre mesi, e nella maggior parte delle foto circolate in rete
abbiamo visto Peter Parker alle prese con Michelle. Naturalmente il
film vedrà tornare anche Flash Thompson (Tony
Revolori) e Ned Leeds (Jacob Batalon),
gli altri compagni di scuola di Peter. Ma cosa conosciamo realmente
della trama e quali teorie circolano intorno al nuovo titolo dei
Marvel Studios?
Per quanto riguarda le novità del
sequel, la tuta di metallo di Peter dovrebbe essere una
versione rimodellata di quella di Iron
Spider. vista in Avengers: Infinity
War. Questa nuova tuta, prevede anche una nuova maschera,
con degli occhiali al posto delle orbite bianche, come da
tradizione, questo perché è ovvio che il personaggio abbia bisogno
di una nuova maschera dopo che la sua precedente è andata distrutta
su Titano, durante il confronto con Thanos e prima della sua
disintegrazione.