Danny Boyle
non ha mai avuto paura di sfuggire alle convenzioni
cinematografiche. Il suo classico sull’apocalisse
zombie, 28 giorni
dopo, non solo ha rivoluzionato i morti
viventi come creature in rapido movimento in grado di creare
scompiglio nella società, ma ha anche segnato una delle prime
occasioni in cui le videocamere digitali Canon XL-1 sono state
utilizzate per le riprese sul posto. Continuando il franchise 23
anni dopo l’originale con Alex Garland,
l’attesissimo 28 anni dopo ha
terminato la produzione in estate e ha utilizzato metodi di
ripresa non convenzionali.
Dopo le riprese è emerso che la
troupe ha utilizzato l’iPhone 15 Pro Max al posto
delle cineprese tradizionali. Durante un’intervista rilasciata
con Collider per Conclave,
una delle star del sequel, Ralph Fiennes, ha confermato che il
futuro blockbuster utilizzerà la tecnologia Apple.
Quando gli è stato chiesto come il
film sia stato girato con gli smartphone, Fiennes ha risposto
ridendo: “Sì, l’iPhone attaccato sul retro di lenti
enormi!”. Alcuni scatti dal set all’inizio di
quest’anno avevano anticipato l’insolita configurazione, mostrando
la mancanza di un sistema modulare tradizionale o di un corpo
macchina collegato a lunghi obiettivi.
Invece, tutto ciò che era visibile
era una gabbia protettiva che teneva il telefono nel rig mentre
Boyle e la compagnia giravano. Vale la pena notare che l’iPhone era
solo uno strumento del loro arsenale, ed è stato pesantemente
modificato con gli accessori, ma è una scelta unica per un film che
vanta un budget di circa 75 milioni di dollari.
Quali altri film sono stati girati
con un cellulare?
Gli iPhone sono stati utilizzati in
precedenza per piccoli progetti d’autore, come Unsane di Steven
Soderbergh e Tangerine di
Sean Baker. 28 Giorni dopo, tuttavia,
sarà senza dubbio la più grande produzione a utilizzarli, un
momento quasi di svolta per la troupe dopo aver fatto funzionare le
videocamere XL-1 per l’originale.
Il sequel riunisce gran
parte del team che ha contribuito alla realizzazione di28 giorni dopo, con Boyle e Garland
affiancati dal direttore della fotografia Anthony Dod
Mantle. Vincitore dell’Oscar per la migliore fotografia in
The Millionaire di Boyle, Mantle è
stato determinante nell’implementazione degli iPhone in 28 anni
dopo, probabilmente per mostrare la distanza temporale tra il
nuovo film e il suo predecessore.
L’uso delle videocamere ha creato
una texture più ruvida che enfatizza il mondo tetro di 28
Giorni dopo, mentre il nuovo metodo offrirà il suo tocco unico
quando arriverà sugli schermi il prossimo anno. È almeno una
dimostrazione della volontà del team di sperimentare e rendere il
sequel qualcosa di collegato ma diverso dai due film
precedenti.
Chi altro è coinvolto in 28 anni
dopo?
28 anni dopo sarà il terzo
capitolo del franchise, dopo il seguito 28 settimane
dopo, con Jeremy Renner nel 2007. Il film darà anche il
via a una nuova trilogia scritta interamente da Garland che
vedrà Nia DaCosta, regista di
Candyman, occuparsi della regia
del film centrale. Fiennes sarà uno dei tre nuovi protagonisti del
primo film, insieme ad Aaron Taylor-Johnson e Jodie Comer. Per non essere escluso, anche il
Jim di Cillian Murphy tornerà per la prima
volta dopo il finale speranzoso del film del 2002, anche se è
cresciuto notevolmente rispetto al corriere che si risveglia dopo
un’epidemia di virus catastrofico. Sono confermati anche
Erin Kellyman e Jack
O’Connell. I dettagli sui personaggi e sulla trama
sono stati tenuti nascosti, ma è probabile che ne sapremo di più
con l’avvicinarsi dell’uscita del film.
FOTO DI COPERTINA: Ralph Fiennes
alla prima di Spectre – Foto di YAY_Images via Depositphoto.com
Quando Bob Chapek era al comando della Disney, i
Marvel Studios hanno preferito la
quantità alla qualità. Questo ha portato all’introduzione di molti
personaggi ma, con Bob Iger di nuovo al comando e il
MCU sulla strada giusta…
beh, molti di loro sono caduti nel dimenticatoio.
Diversi film e show televisivi che
ci aspettavamo di vedere prima di Avengers:
Secret Wars non sono stati realizzati e, in parole
povere, non c’è più spazio per loro
prima che la Saga del Multiverso si concluda. In questo
articolo daremo un’occhiata a 8 progetti per il grande o piccolo
schermo che vorremmo vedere prioritari nella prossima ondata
narrativa del MCU (probabilmente la
“Saga dei Mutanti“). Dai sequel ai team-up, c’è un mix
innegabilmente eccitante.
Young Avengers
Non c’è abbastanza tempo per
assemblare i Young Avengers prima di Avengers:Doomsday e Avengers:Secret
Wars. Tuttavia, questi film possono ancora affermarli
come una delle nuove squadre di supereroi del MCU verso la prossima Fase.
Naturalmente non saranno così
“giovani” per allora, anche se questo concetto ha sempre avuto una
durata limitata al di fuori dei fumetti. Un film come questo dà ai
Marvel Studios la possibilità di
fare qualcosa con Occhio di Falco, America Chavez, Cassie Lang,
Ms. Marvel, Wiccan, Ironheart,
Patriot e altri personaggi della Fase 4/5 che sono stati
ampiamente trascurati dopo le loro rispettive introduzioni.
Midnight Sons
Sono passati più di 5 anni da
quando Blade è
stato annunciato al San Diego Comic-Con nel 2019, anche se molte
persone sembrano dimenticare che in questo lasso di tempo abbiamo
avuto una pandemia e uno sciopero a Hollywood.
In ogni caso, i Marvel Studios stanno chiaramente
lottando per far decollare questo film, quindi dirigersi
direttamente verso Midnight Sons, una sorta di Avengers
soprannaturale, potrebbe essere la cosa migliore per Eric Brooks e
per molti altri personaggi del MCU.
Agatha Harkness, Black Knight,
Man-Thing, Werewolf by Night e Moon
Knight sono tra i personaggi che vorremmo vedere coinvolti
in questo team-up. Una volta terminato, forse il reboot di
Blade sarà finalmente seguito.
World War Hulk
Sappiamo che il prossimo anno
Captain America:Brave New World introdurrà
Red Hulk e, se le voci recenti sono corrette, il Leader è
responsabile della mostruosa trasformazione del Presidente
Ross.
Le voci su un progetto di World
War Hulk (o World War Hulks) persistono da anni.
Speriamo che il prossimo film di Capitan America sia
l’occasione per Samuel Sterns di creare una nuova ondata di Hulk,
trasformando l’incubo di Bruce Banner in realtà. Hulk che si allea
con She-Hulk, Skaar, Red Hulk e Amadeus Cho per
affrontare il contorto esercito del Leader ci sembra un evento
straordinario nel MCU post-SecretWars.
The Legendary Star-Lord
James
Gunn sta cercando di sistemare il DCU e quindi non tornerà ai Marvel Studios. Fortunatamente,
Guardiani della Galassia.Vol. 3 si è
concluso introducendo una nuova versione della squadra e
promettendo che avremmo rivisto il leggendario Star-Lord, quindi
andiamo avanti.
Era ora che il Peter Quill di Chris
Pratt fosse al centro della scena in un’avventura in solitaria,
anche se non diremmo di no a un cameo degli altri Guardiani. Questa
sembra una grande serie evento per Disney+ e un modo divertente
per continuare la storia di Star-Lord sulla Terra. Potrebbe anche
essere combinata con la tanto attesa serie Nova.
X-Men
È ovvio, ma i Marvel Studios devono dare il via
alla prossima saga narrativa con un reboot degli
X-Men. Da lì potrà seguire un’intera serie di spin-off
(Hugh
Jackman o no, è tempo di un altro film su Wolverine
).
Ogni fan di questi personaggi avrà
una visione diversa su quali mutanti debbano essere messi in
evidenza e se la loro storia debba iniziare con la “Prima Classe” o
con una squadra di eroi già affermata. Si svolgerà nell’X-Mansion o
a Krakoa? Queste sono le domande che tutti ci stiamo ponendo in
questo momento. Onestamente, però, qualcosa sulla falsariga di
X-Men
’97 non sarebbe male.
Shang-Chi 2
Se i piani per
Kang il Conquistatore non fossero andati in fumo (per una
moltitudine di motivi), forse avremmo già visto Shang-Chi e il
Relitto del Tempo. E sì, è probabile che i Dieci Anelli siano
stati pensati per essere collegati a una variante di Kang.
Con Destin Daniel Cretton impegnato a lavorare su
Spider-Man 4, è impossibile che vedremo un sequel di
Shang-Chi prima della fine della Saga del Multiverso. Una
volta terminata, questo personaggio deve tornare sotto i
riflettori. È ovvio che apparirà nei prossimi film dei
Vendicatori, ma il badass delle arti marziali merita un’uscita
in solitaria… magari insieme al nuovo Iron Fist?
Scarlet Witch
Se si crede agli scoop dei social
media, la Scarlet Witch
tornerà nei prossimi filmdei Vendicatori sotto
l’incantesimo del Dottor Destino. Una volta che tutto questo si
sarà svolto, è giunto il momento di riunire Wanda Maximoff,
Visione, Wiccan e Speed.
Questa potrebbe essere una serie
Disney+ ma, a questo punto, la
Vendicatrice merita un film tutto suo. Elizabeth Olsen è fenomenale nel ruolo di
questo personaggio e, indipendentemente da chi la circonda, la
storia deve essere sua. Qual è il punto di arrivo? Scarlet
Witch che sconfigge Mefisto e ottiene il suo lieto fine sarebbe
l’opzione che preferiamo.
Ryan Reynolds interpreta Deadpool dal 2016 (se
si vuole contare X-Men Origins: Wolverine è il 2009).
Tenendo presente questo, potremmo finire per dire addio a lui – e
alla Terra-10005 – in Avengers:Secret Wars.
Tuttavia, se il successo al
botteghino di Deadpool e Wolverine garantisce qualcosa, è che Wade
Wilson vivrà probabilmente per combattere un altro giorno.
Deadpool 4 dovrebbe essere assolutamente una priorità per
i Marvel Studios; la domanda è: come
dovrebbe essere questo film? Sarà difficile superare quello che
abbiamo visto all’inizio dell’estate, ma Deadpool Kills The
Marvel Universe suona
sicuramente bene…
Indipendentemente da ciò che si
pensa di Rotten Tomatoes, oggi è più
importante che mai quando (soprattutto negli USA) si tratta di
decidere se gli spettatori decidono di andare a vedere le ultime
uscite nelle sale, e non è raro che gli studios vantino i punteggi
con lo stesso orgoglio con cui si assegnano le stelle. Nel caso del
DC Extended
Universe, il franchise non ha mai avuto un momento
particolarmente facile con la critica. Questi film sono stati messi
in ombra dal Marvel Cinematic
Universe fin dall’inizio; i tentativi di essere
totalmente diversi sono falliti e le uscite successive, che hanno
preso in prestito pesantemente il tono del MCU, hanno avuto una risposta
contrastante.
Il DCEU (che non è mai stato un
titolo “ufficiale”, incredibilmente) è iniziato con L’uomo
d’acciaio del 2013 e, tecnicamente, si è concluso
questo mese con Joker:
Folie à Deux. Come Batman e Joker, anche questo film
non era ambientato nel DCEU, ma è uscito prima dei DC Studios e
sotto l’egida della Warner Bros. Ora diamo un’occhiata più da
vicino a come il sequel – e tutti i film dell’era DCEU – si
confrontano in base ai loro importantissimi punteggi del
Tomatometer.
Suicide Squad –
Punteggio: 26%
Suicide Squad vanta un cast di talento
e un po’ più di umorismo rispetto ai precedenti sforzi del DCEU, ma
non bastano a salvare il deludente risultato finale da una trama
confusa, da personaggi poco scritti e da una regia raffazzonata. Il
debutto di questo gruppo è stato un successo al botteghino, ma i
problemi dietro le quinte hanno fatto sì che il prodotto finale
fosse un po’ un pasticcio. C’erano molte cose che funzionavano, ed
è un peccato che la critica si sia concentrata soprattutto su
quelle che non funzionavano, soprattutto perché la dinamica tra
questi cattivi era uno spasso da seguire.
Batman v Superman: Dawn of
Justice – Punteggio: 29%
Batman v Superman: Dawn of Justice soffoca una storia
potenzialmente potente – e alcuni dei supereroi più iconici
d’America – in un cupo turbine di azione guidata dagli effetti.
Sarà anche molto diverso da quello che i Marvel Studios hanno prodotto in termini di
tono, ma Batman v Superman: Dawn of Justice non
meritava le recensioni negative che ha ricevuto, anche se ci sono
state alcune decisioni creative discutibili.
Aquaman e il Regno Perduto
– Punteggio: 36%
Jason Momoa rimane un protagonista capace e
impegnato, ma dopo una serie di proiezioni di prova disastrose che
hanno portato a diversi cicli di reshooting e modifiche, era forse
inevitabile che il sequel Aquaman e il Regno Perduto
finisse in un pasticcio. Nonostante alcuni effetti speciali di
buona fattura, una storia semplice ma divertente e diversi momenti
particolarmente epici, il film non è riuscito a conquistare il
pubblico e la critica.
Joker: Folie à Deux: 33%
Un sequel terribile, terribile.
Nonostante alcune performance stellari del cast, Joker: Folie á Deux ha deluso su quasi tutti i
livelli, tra cui sequenze musicali noiose e raccapriccianti e un
finale che… beh, è uno dei peggiori che abbiamo mai visto in un
film tratto da un fumetto. Non c’era alcun bisogno di un seguito di
Joker, ma una storia abbastanza forte avrebbe potuto giustificare
l’esistenza di questo film. Invece, si unisce a Fantastic Four e
Steel come uno dei peggiori e più deludenti adattamenti di fumetti
di sempre.
Black Adam – Punteggio:
38%
Black Adam potrebbe indicare la strada per un futuro
entusiasmante per i film DC, ma come esperienza a sé stante, è
stata una delusione. Dwayne Johnson aveva promesso che la gerarchia
del potere nel DCEU sarebbe cambiata con Black Adam e, sebbene il
personaggio sia certamente formidabile, questo non è stato il nuovo
inizio di cui il franchise aveva bisogno. È un film mediocre, con
un’interpretazione dimenticabile della Justice Society e un gran
numero di fastidiosi attori secondari.
Justice League –
Punteggio: 39%
Justice League supera un certo numero di film DC, ma
il suo unico limite non è sufficiente per eliminare l’estetica
torbida, i personaggi esili e l’azione caotica che continuano ad
affliggere il franchise. Justice League è stato un miscuglio di due
visioni in competizione (il film originale di Zack
Snyder e gli ampi rimaneggiamenti di Joss
Whedon), ma di certo non è stato il peggior film di
supereroi mai realizzato come da alcuni sostenuto. Tuttavia, è
stato un enorme fallimento per la Warner Bros. che ha portato ad
alcuni grandi cambiamenti per questo mondo condiviso.
Shazam! Furia degli Dei –
Punteggio: 49%
Più sfocato e meno soddisfacente
del suo predecessore, Shazam! La furia degli dei conserva ancora abbastanza
del fascino del materiale di partenza per salvare la situazione. Ci
sarà chi ritiene che la critica sia stata troppo severa nei
confronti del film, criticando molto di ciò che avevano amato del
suo predecessore. Il problema potrebbe essere il fatto che il film
si presenta come un sequel con poco da aggiungere al DCEU.
L’azione e lo spettacolo esaltanti
di L’uomo d’acciaio non
riescono a superare completamente le sue deviazioni nel territorio
generico dei blockbuster. Considerato da molti fan il miglior film
su Superman per il grande schermo, l’Uomo d’Acciaio non è però riuscito a dare
un’impronta più cupa al personaggio. Tuttavia, ci sono stati
moltissimi momenti iconici, tra cui il primo volo di Superman.
Wonder Woman: 1984 –
Punteggio: 58%
Wonder Woman 1984 è un sequel piuttosto confusionario,
ma offre comunque un’evasione abbastanza vivace da soddisfare i fan
del franchise e del suo classico personaggio centrale. Le prime
recensioni della stampa americana erano state molto soddisfacenti,
peccato che poi nelle settimane successive il film è uscito in sala
causando il malcontento dei fan.
The Flash – Punteggio:
63%
The Flash è divertente, dal ritmo incalzante e nel
complesso si colloca tra i migliori film DC degli ultimi anni. La
Warner Bros. ha passato mesi a pubblicizzare The
Flash come il “più grande film di supereroi mai
realizzato“, ma alla fine ha esagerato con le promesse e non
le ha mantenute. Pur essendo un’opera di buon livello, le
aspettative erano così alte che non c’era modo di fare altro che
deludere. Batman e Supergirl sono stati gli innegabili punti di
forza, ma i pessimi VFX, la storia confusa e i cambiamenti
apportati dai DC Studios che hanno lasciato delusi.
Aquaman – Punteggio:
65%
Aquaman offre uno spettacolo di supereroi in CGI con
un’enfasi sul buon vecchio divertimento. Aquaman è stato un passo nella giusta direzione per
il DCEU, ma nemmeno questo ha reso felici i critici. Ci sono però
un sacco di immagini incredibili, un sacco di tecnologia
innovativa, alcune battute legittimamente divertenti e l’azione era
forte, che rendono in ogni caso il film uno dei migliori del
franchise.
Il punteggio dovrebbe essere più
alto perché, nonostante la chiara mancanza di interesse
nell’aderire ai fumetti, Joker è
stato un personaggio potente e memorabile che ha fornito una nuova
e audace interpretazione di questo cattivo. Per quanto riguarda
Joaquin Phoenix, l’attore si è decisamente meritato
l’Oscar.
È vero che Joker ha preso
in prestito forse troppo da altri film migliori. Tuttavia, questo
approccio duro e concreto al Clown Principe del Crimine ha mostrato
un nuovo lato della DC che la Warner Bros. avrebbe dovuto
abbracciare molto prima.
Zack Snyder’s Justice League
– Punteggio: 72%
La versione di Justice League di Zack Snyder è all’altezza delle
aspettative, con un respiro più ampio che amplifica la visione del
regista e che dovrebbe soddisfare i fan che tanto hanno voluto
questa versione. Questa epopea di quattro ore è stata ben accolta
dai più, anche se non fa poi molto per far cambiare idea a coloro
che non amano il lavoro del regista.
Guidato dalla magnetica
interpretazione di Xolo Maridueña nel ruolo del
protagonista, Blue Beetle è un film di supereroi
fresco e familiare, ricco di umorismo e di cuore. Nonostante abbia
toccato molti punti familiari, questo film made-for-television ha
superato le aspettative dei fan e della critica ed è sostenuto da
molto cuore e da alcune interpretazioni forti. Il personaggio
Blue
Beetle ha presumibilmente un futuro nel DCU dei DC Studios e, anche se questo film non
sarà mai ricordato come un capolavoro, si è classificato tra i
titoli del DCEU meglio recensiti.
Birds of Prey –
Punteggio: 78%
Con una nuova prospettiva, alcuni
nuovi amici e un sacco di azione frenetica, Birds of Prey cattura lo spirito coloratamente
anarchico della Harley Quinn di Margot Robbie. Birds of Prey ha fatto
fiasco al botteghino, ma è stato esattamente il film che la critica
stava cercando. Pur se non è stato un successo l’interpretazione
unica di Cathy Yan del vivace mondo di Harley Quinn è stata accolta
positivamente, anche se i fan dei fumetti sono rimasti delusi dalla
rappresentazione del team.
The Batman – 85%
Come la Trilogia del Cavaliere
Oscuro di Christopher Nolan, The
Batman era ambientato in un mondo non troppo diverso dal
nostro. Tuttavia, nonostante sia saldamente ancorato alla realtà,
tutto ciò che riguarda questo approccio a Gotham City funziona.
Dal Crociato incappucciato di
Robert Pattinson al fatto che l’eroe fosse finalmente il più grande
detective del mondo, passando per il rating R, The
Batman ha raggiunto il 2022 e merita un posto più alto in
questa lista. Anche The
Penguin è stato fenomenale e The
Batman – Parte II non arriverà mai abbastanza presto.
Shazam! – Punteggio:
90%
Una miscela divertente e senza
sforzo di umorismo e cuore, Shazam!
è un film di supereroi che non dimentica mai il vero potere del
genere: la gioiosa realizzazione dei desideri. Il film del DCEU più
in stile Marvel fino ad oggi, Shazam! è una storia d’origine legittimamente
molto divertente per questo personaggio, ma anche una storia con
molto cuore. Considerata la fretta con cui è stata introdotta la
Famiglia Shazam, non si può negare che David F.
Sandberg abbia realizzato una fantastica interpretazione
di questo supereroe amato dai fan.
The Suicide Squad –
90%
Ravvivata dalla visione
singolarmente distorta dello scrittore e regista James Gunn, The Suicide
Squad è una ripresa divertente e veloce che
sfrutta i punti di forza violenti e anarchici del materiale di
partenza. Il film è sembrato un passo nella giusta direzione per il
DCEU, vista la risposta positiva, e la storia raccontata da Gunn è
stata divertente, commovente e ricca di azione in egual misura.
Wonder Woman – Punteggio:
93%
Emozionante, serio e sostenuto
dalla carismatica interpretazione di Gal Gadot, Wonder Woman ha un
successo spettacolare. Considerato da molti il miglior film del
DCEU, Patty Jenkins ha superato le aspettative con
questo film, ma come già detto non è riuscita a fare lo stesso con
Wonder Woman 1984. Il film del 2017,
che ha dimostrato che i blockbuster di supereroi guidati da donne
possono funzionare, è stato molto divertente, ha un cast
eccezionale e una scena indimenticabile – e ormai iconica – grazie
alla sequenza “No Man’s Land” ambientata durante la Prima
Guerra Mondiale. In definitiva, questo film merita il suo posto in
cima alla classifica.
Da diversi anni si vocifera che i
Marvel Studios stiano sviluppando un film
Midnight Sons incentrato sugli eroi
soprannaturali del MCU.
Werewolf by
Night ha aperto le porte all’esplorazione di questo
angolo di mondo condiviso quando ci ha presentato Jack Russell e
Man-Thing, mentre alcuni progetti diversi hanno confermato
l’esistenza dei vampiri. Abbiamo anche Agatha
All Along, una serie che si occupa di stregoneria
e che potenzialmente introdurrà personaggi come Mephisto e
Death.
Moon Knight è un altro personaggio che si
adatterebbe bene a Midnight Sons, anche
se Blade
è probabilmente il progetto che più probabilmente getterà le basi
per qualsiasi tipo di team-up soprannaturale.
Ieri abbiamo appreso che
Bladenon uscirà più il prossimo novembre. Non
avendo più una data di uscita, sembra una questione di tempo prima
che Mahershala Ali lasci il reboot a causa di
“differenze creative” o “problemi di programmazione”.
Nessuno vuole che ciò accada,
naturalmente, e Daniel
Richtman riferisce oggi che i Marvel Studios stanno accelerando
la produzione di Midnight Sons e stanno cercando
attivamente un regista. Anche se Blade potrebbe essere il
primo, potrebbe essere più sensato che il Daywalker metta insieme
una squadra prima di essere protagonista di un’uscita in
solitaria.
Questo approccio ha funzionato per
Black Panther, visto che il suo ruolo in
Captain America:Civil
War ha portato a un film di grande successo che
ha puntato i riflettori solo su T’Challa. Vedremo cosa succederà,
ma forse c’è ancora speranza per Eric Brooks nel MCU!
She-Hulk: Attorney at Law ha ottenuto una
reazione mista, anche se per lo più positiva, dai fan nel 2022.
Tuttavia, cercando di sovvertire le aspettative, la serie ha deluso
molti fan e alcuni di loro invocano una nuova versione del
personaggio molto più intelligente e meno servizievole.
Anche la rottura della quarta
parete nel finale ha diviso le opinioni, ma sarebbe sbagliato dire
che non c’è stato nulla di positivo nello show (anche se c’è chi
ancora si lamenta del twerking di She-Hulk accanto a Megan Thee Stallion).
Inevitabilmente, il fatto che
She-Hulk: Attorney at Law abbia una protagonista femminile
e temi pro-femministi ha provocato il contraccolpo di coloro che
sostenevano che la serie Disney+ fosse troppo “woke” o un’altra
presunta terribile aggiunta alla crescente “M-She-U”.
La protagonista Tatiana Maslany ha passato almeno gli ultimi
anni a essere presa di mira dai troll online e, poco dopo l’uscita
di Deadpool
& Wolverine, è diventata oggetto di bizzarre voci
false. Secondo alcuni YouTubers, l’attrice di Orphan Black
si sarebbe infuriata con i Marvel Studios dopo aver tagliato She-Hulk dal
trequel.
Non ne abbiamo parlato perché si
trattava di sciocchezze inventate, ma sembra che ora la Maslany
sia stata messa al corrente delle affermazioni.
Quando le è stato chiesto, durante
una recente apparizione in un podcast, se poteva condividere
qualche gossip sul MCU, l’attore ha risposto:
“Ero in ‘Deadpool & Wolverine’.Ho
recitato due scene.E poi Ryan Reynolds mi ha
licenziato dallo show perché ha detto: “Non mi piacciono queste
scene”.Ora sto facendo causa alla
Disney”.
“Parlo sempre di quanto
odio Wolverine e Deadpool.Ne parlo in
continuazione.Vorrei anche sedermi e smettere di
spingere la mia agenda femminista e rendermi conto che [‘Deadpool e
Wolverine’] hanno fatto un sacco di soldi e ‘She-Hulk’ ha fatto
solo tre dollari”, ha continuato Maslany. “È per
questo che si stavano liberando di me, perché avevo questa agenda
woke e volevo davvero portarla nel film”.
E sì, nel caso in cui non fosse già
ovvio, sta solo scherzando. È assurdo che alcune persone odino le
donne al punto da aver inventato una storia senza senso sul
licenziamento della Maslany da un film di cui non avrebbe mai fatto
parte, ma questo è l’internet del 2024.
Quando rivedremo She-Hulk?
Sfortunatamente, la Maslany non ha
fornito alcun aggiornamento su quando potremo rivedere Jennifer
Walters. I Marvel Studios non hanno annunciato
piani per la seconda stagione di She-Hulk e il personaggio
non ha ancora fatto alcun cameo altrove. Sappiamo che era presente
in una prima stesura di Captain America:Brave New
World, ma al momento il prossimo film
dei Vendicatori sembra la sua prossima
destinazione più probabile nel MCU.
“Tutto quello che posso
dirvi è che sta accadendo”, ha detto Holland oggi a
Good Morning America mentre parlava della sua nuova birra
analcolica, Bero. Rivelando che hanno trascorso un bel po’ di tempo
a lavorare sull’idea del film, ha detto che tutte le persone
coinvolte si sentono “abbastanza forti” per andare
avanti e ha ribadito che le riprese inizieranno la prossima
estate.
“L’idea è folle ”,
ha detto l’attore. “È un po’ diversa da qualsiasi cosa
abbiamo fatto prima, ma credo che i fan risponderanno molto
bene”.
Tom Holland ha
anche parlato della scelta dell’attore di Iron Man Robert
Downey Jr. per il ruolo del Dottor Destino, dicendosi
“ovviamente entusiasta” della notizia. I due
dovrebbero condividere molto tempo sullo schermo in Avengers:Doomsday.
Qual è l’idea “folle” a cui
Tom Holland si riferisce? Non possiamo immaginare
che si tratti di un’avventura di strada con Kingpin, anche se
sarebbe diversa dai film precedenti del Wall-Crawler.
Ancora una volta, una storia del Multiverso sembra la possibilità
più forte. Potete vedere l’intervista completa a Holland qui
sotto.
Cosa ha detto Tom Holland su Spider-Man 4?
“L’ho letto tre settimane
fa e mi ha davvero acceso il fuoco“, ha detto di recente
Holland a proposito dello stato di avanzamento di Spider-Man
4. ”Io e Zendaya ci siamo seduti a leggerlo insieme e
in alcuni momenti ci siamo come rimbalzati in
salotto”.
“Come se questo fosse un
vero film degno del rispetto dei fan, ma ci [sono] alcune cose che
dobbiamo capire prima di poterlo realizzare davvero.Ma è emozionante e sono davvero, davvero
entusiasta”.
L’attore ha aggiunto:
“Ovviamente, una delle cose da tenere a mente con la
Marvel è che c’è, il tuo film è un
piccolo ingranaggio in una grande macchina, e quella macchina deve
continuare a funzionare, e devi assicurarti di poterti inserire in
quella timeline al momento giusto per beneficiare del quadro
generale”.
“Sento di avere il dovere
nei confronti [dei fan] di dare e consegnare la migliore versione
di quello che sarà il prossimo capitolo di Spider-Man, e penso che
questo sia davvero importante, e penso che l’integrità creativa per
una cosa del genere sia davvero importante, e lo studio è a bordo e
di supporto e davvero collaborativo”.
Ad oggi di Spider-Man
4 sappiamo molto poco. Il film è diretto da Destin Daniel
Cretton e sarà prodotto dai Marvel Studios e distribuito da
Sony Pictures con Kevin Feige produttore al fianco di Louis
D’Esposito e Rachel O’Connor con Amy Pascal produttrice esecutiva..
Il film è il sequel di Spider-Man:
Homecoming, Spider-Man:
Far From Home e Spider-Man:
No Way Home.
Per quanto riguarda la trama al
momento non sono stati rivelati dettagli. Il film non ha nemmeno
una data uscita ufficiale ma si presume che la pellicola possa
uscire nel 2026, tra Avengers:Doomsday e
Avengers:Secret
Wars.
Venom: The Last Dance è al
cinema. Il film, che segna un nuovo capitolo all’interno
dell’universo di Spider-Man targato
Sony arriva infatti in tutte le sale italiane a
partire da oggi, 24 ottobre.
Questo terzo e conclusivo tassello
della trilogia dedicata al simbionte alieno più famoso dei fumetti,
che arriva sul grande schermo a seguito dei successi di pubblico
Venom del 2018
e Venom: La furia di
Carnage del 2021, rappresenta appunto anche il quinto
tassello del Sony’s Spider-Man Universe. Nonché
l’esordio in cabina di regia della sceneggiatrice e produttrice dei
film precedenti Kelly Marcel, scelta in questo
caso per reggere il timone della nuova avventura della saga.
Accanto a Tom
Hardy, che torna nei panni del tormentato giornalista
Eddie Brock nuovamente alle prese con il suo alter ego alieno,
troviamo un cast stellare che include volti noti come Peggy
Lu e new entry del calibro di Juno Temple
– già conosciuta per produzioni quali
Fargo e
Ted Lasso – e Chiwetel Ejiofor, quest’ultimo ben noto agli
appassionati del Marvel Cinematic Universe
per la sua partecipazione a Doctor Strange. Per un film che,
caratterizzato dalla consueta oscurità umoristica tipica del
franchise, arriva dunque al cinema per scrivere i titoli di coda di
un progetto lungo 6 anni. Progetto che – va sottolineato – è
indubbiamente riuscito a fidelizzare il proprio pubblico di
riferimento, raccogliendo però scarsi consensi critici.
La trama di Venom: The Last Dance
Eddie Brock e Venom, ormai un duo
indissolubile, si trovano a dover affrontare la minaccia più grande
che abbiano mai incontrato: Knull, il dio dei simbionti. Il
malvagio essere, prigioniero in un’altra dimensione, ha inviato un
esercito di creature oscure sulla Terra con l’obiettivo di
recuperare la chiave che lo libererà dalla sua prigione: il Codex.
Un antico artefatto che si cela proprio dentro al corpo di
Eddie.
Per proteggere l’umanità e se
stessi, i due protagonisti sono dunque costretti alla fuga. E nel
corso del loro peregrinare, che li porterà dritti dritti a Las
Vegas in compagnia di una bizzarra famiglia dalle ossessioni
aliene, dovranno fare i conti con le ingerenze di soldati e
scienziati. Nei pressi dell’area 51, ormai in fase di
smantellamento, si nasconde infatti una base militare e scientifica
sotterranea che da tempo studia i segreti dei simbionti. Ed è qui,
o meglio qualche metro più in superficie, che si consumerà la prima
grande battaglia per il destino di Venom e della razza umana.
Venom: The Last Dance vs cinecomic fatigue
Sta diventando sempre più complicato
ragionare su opere quali Venom: The Last Dance.
Non tanto per questioni legate allo spessore qualitativo del film –
senz’altro lontano dalle preferenze dei palati cinefili più fini,
ma a ben vedere altrettanto distante dal desiderio di soddisfare i
gusti di un certo tipo di pubblico. Quanto per il processo di
sconfortante e di fatto interminabile omologazione di cui
quest’ultimo capitolo, di fatto, rappresenta solo la nuova,
deprimente, declinazione.
L’ormai sempre più frequente rischio
di ripetitività che corre qualsiasi tentativo di rendere conto di
un testo-film di questo tipo, infatti, ha radici profonde. Che di
certo non affondano nel ben poco fertile terriccio predisposto
dalla novella regista Kelly Marcel. Ma che in
Venom: The Last Dance, in ogni caso, trovano
l’ennesima conferma di una maniera di modellare la materia
cinematografica che “in casa Marvel”, si tratti dell’uno o
dell’altro universo, ha intrapreso una parabola discendente che il
SSU sta perfino contribuendo ad aggravare.
Venom: The Last Dance non lascia spazio alla discussione
Sforzandoci dunque di tralasciare
qualsiasi disamina di natura tecnico-registica – dal momento che,
specie su questo fronte, il film di Marcel lascia
davvero poco alla discussione (tanto per scarsità di idee, quanto
per un senso di generale “mestieranza” i cui dettami sembrano
provenire dall’alto e lasciare dunque pochissimo margine a velleità
autoriali di qualsiasi tipo) – è forse più utile osservare
Venom: The Last Dance nei termini di manifesto
dello stato di generale confusione e bulimia produttiva di un certo
tipo di distribuzioni.
Perché se è forse innegabile che,
rispetto ai predecessori, questo terzo capitolo prova anche solo
vagamente a delineare i contorni di una più concreta struttura
narrativa e dare quindi un senso di continuità alle diverse
“situazioni” che si avvicendano lungo l’arco dei 97 minuti di
durata (mid-credit esclusa), è altrettanto vero che la creatura di
Marcel, a dirla tutta fedele alla natura
parassitaria dell’alieno di cui ci canta le gesta, tenta in ogni
modo (ma con scarsi risultati) di legarsi a toni e immaginari
cinematografici vari che possano conferirle una maggiore
solidità.
In bilico tra cinecomic standard,
road-movie, commedia esuberante e action-sci-fi, Venom: The
Last Dance prova insomma a cambiare pelle in più di
un’occasione. Cercando perfino, nelle battute finali, di dare una
brusca sterzata emotiva attraverso un montaggio in stile videoclip
che poco ha però a che fare con quanto mostrato a schermo fino a
quel momento. Quasi un tentativo, per certi versi disperato, di
congedare una versione del protagonista (o dei protagonisti) che
però difficilmente rimarrà negli annali.
Dopo gli sconvolgenti eventi della
scorsa puntata, The CW ha rilasciato un trailer per i restanti
episodi della quarta e ultima stagione di Superman and
Lois.
La morte del generale Sam Lane per mano di Doomsday ha permesso
all’Uomo d’Acciaio di vivere di nuovo, e il teaser mostra il
leggendario eroe che si confronta con quanto accaduto, mentre
insegna a suo figlio come usare le sue abilità appena acquisite e
si prepara ad affrontare il mostro che lo ha sconfitto nel loro
primo incontro.
Nonostante la resurrezione di
Superman, Lex Luthor sembra avere un piano di emergenza (e non c’è
da sorprendersi) e si prepara a quella che sarà senza dubbio una
memorabile resa dei conti finale con la sua nemesi. A proposito,
sembra che Clark indosserà un nuovo costume. Non è lontano un
milione di miglia dal design del costume precedente, ma ci sono
alcune sottili differenze (il logo sul petto è ora della stessa
tonalità di rosso del mantello, della cintura e degli stivali).
Guardate il trailer Superman and Lois!
Cosa c’è da sapere sulla quarta
stagione di SUPERMAN AND LOIS
La quarta stagione di Superman
and Lois riprende proprio da dove si era
interrotta la precedente: con Superman (Tyler
Hoechlin) e il mostro di Luthor impegnati in una
feroce battaglia che distrugge la luna, mentre Clark lotta per la
sua vita contro la creatura apparentemente inarrestabile. Tornato a
terra, il Generale Lane (guest star Dylan Walsh) lotta per rimanere
in vita dopo essere stato rapito dagli scagnozzi di Luthor, mentre
Lois (Elizabeth Tulloch), Jordan (Alex Garfin) e Jonathan (Michael
Bishop) fanno una corsa contro il tempo per salvarlo.
Ma ad ostacolarli c’è Lex Luthor
(Michael Cudlitz) in persona, che si è trasferito definitivamente a
Smallville come prossimo passo del suo piano malvagio per
distruggere Lois Lane. Nel frattempo, Lana Lang (la guest star
Emanuelle Chriqui) usa la sua posizione di sindaco per contrastare
i piani di Luthor, una mossa che la mette nel mirino dell’uomo più
pericoloso del mondo e minaccia tutto ciò che le è caro. Questo
include la sua relazione con John Henry Irons (guest star Wolé
Parks), che deve mettere da parte i suoi progetti alla Ironworks e
rientrare nel Dipartimento della Difesa, ora che il Generale Lane è
scomparso. Ma non sono l’unica coppia in difficoltà: Chrissy Beppo
(guest star Sofia Hasmik) e Kyle Cushing (guest star Eric Valdez)
devono affrontare una battaglia in salita, con innumerevoli
ostacoli che minacciano di rovinare il loro futuro insieme.
In mezzo al caos, anche Sarah
Cortez (guest star Inde Navarette) e Natalie Irons (guest star
Tayler Buck) si uniscono alla lotta contro Luthor, mentre entrambe
si trovano ad affrontare decisioni impossibili sul loro percorso di
vita. E mentre la battaglia di Clark contro il terrificante mostro
continua, Lois, i suoi ragazzi e il mondo intero devono affrontare
una possibilità impensabile: e se Superman non tornasse mai
più?
C’è una nuova MVP
nel Marvel Cinematic Universe e il suo
nome è Lilia Calderu. La strega divinatrice
interpretata da Patti LuPone si è unita alla
congrega di Agatha (Kathryn
Hahn) controvoglia, ma ha dimostrato di esserne
l’anima, almeno stando a quanto accade nel settimo episodio di Agatha All Along.
Mettendo costantemente in
discussione le decisioni di Agatha, mentre combatte gli stereotipi
imposti alle streghe dalle corporazioni e dai media, Lilia è la
bussola morale del gruppo in Agatha All Along. Ma, nella sua
natura di voler prendersi cura di tutti, potrebbe aver causato una
delle tragedie più recenti e strazianti dell’MCU. La prova di ciò è stata
mostrata nell’episodio 6 della serie, quello che ha finalmente
fornito risposte ma ha posto molte altre domande, la principale
delle quali è: Lilia è responsabile degli eventi che si
sono svolti in
Doctor Strange nel Multiverso della Follia?
Lilia Calderu si rivela essere la
strega dietro il sigillo di Billy
Agatha all Along episodio 6 – Screen
Tra le tante rivelazioni
nell’episodio 6, forse la più importante è la vera
identità dell’adolescente di Joe Locke. Essendo nato William Kaplan, il suo
corpo sarebbe stato in seguito occupato da Billy Maximoff
(Julian Hilliard). Una serie di eventi casuali
hanno posto William, morente dopo un incidente d’auto, nelle
immediate vicinanze dell’anima errante di Billy, dopo che Wanda
aveva fatto cadere l’incantesimo di Westview. Dopo che Billy entra
nel corpo di William, inizia una ricerca di tre anni del suo vero
sé, che lo porta nei luoghi più inaspettati.
L’affinità di William con le arti
mistiche viene stabilita all’inizio dell’episodio. Pochi istanti
prima del disastro, William sta celebrando il suo bar mitzvah, che
includeva tende per la lettura della mano per i suoi ospiti.
Entrando in una di queste, William viene accolto nientemeno che da
Lilia. Sebbene le letture siano incluse come un divertente
diversivo, la lettura del palmo di William da parte di Lilia è
cupa. Prevedendo l’imminente cambiamento nella sua vita a causa
della linea del palmo spezzata a metà, Lilia gli mette un sigillo.
Quindi, la sua identità è oscurata da ogni essere magico, inclusa
lei e la madre di Billy.
Dopo il finale di
WandaVision, la vita di Wanda cambia
completamente quando sblocca il suo potere come Scarlet Witch ed
entra in possesso del Darkhold. Mentre all’inizio sembra accettare
i destini di Vision (Paul Bettany) e dei gemelli,
a un certo punto viene corrotta dalla magia del Darkhold,
diventando così fissata nel riavere indietro i suoi figli. Questo
la mette su un percorso di distruzione, durante il quale incontra
il Doctor Strange di
Benedict Cumberbatch. Le misure a cui si spinge Wanda
la rendono una vera e propria cattiva, responsabile dell’uccisione
degli Illuminati, gli eroi più potenti di Terra-838.
In base a quanto sappiamo oggi,
Lilia era responsabile del fatto che Wanda non fosse in grado di
percepire che Billy era vivo e vegeto, anche se nel corpo di un
altro essere umano, a Eastview, la vicina città di Westview. Se il
sigillo non fosse stato attivo, non sarebbe stato difficile per
Wanda trovare Billy nel suo universo. Inoltre, dato che Billy in
qualche modo percepisce che anche Tommy (Jett
Klyne) è là fuori, sarebbero stati in grado di andare a
cercarlo .
Da “Avengers: Endgame” a “Agatha
All Along”, l’MCU è pieno di coincidenze
Potrebbe essere eccessivo
dire che Lilia sia responsabile delle azioni di Wanda in
Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Ma ciò che
rimane vero è che lei fa parte dell’effetto domino che porta a
Wanda che diventa una cattiva a tutti gli effetti di questo nel
sequel di Doctor Strange. Dopotutto, le cose accadono come
dovrebbero nella Sacra Linea Temporale. Non dimentichiamo che è
stato un topo a finire per liberare Scott Lang di Paul Rudd dal
Reame Quantico, causando così gli eventi di Avengers:
Endgame.
Quindi, mentre il sesto episodio di
Agatha All Along potrebbe dare la colpa a Lilia
per l’invisibilità di Billy alla magia di Wanda, era così che
doveva andare. Inoltre, si potrebbe anche dire che qualcun altro, o
qualcos’altro, era da biasimare per non essere in grado di
percepire Tommy. Wanda, in un modo o nell’altro, era sempre pronta
a prendere le sue decisioni e a sprofondare nella follia
multiversale.
Con Venom: The
Last Dance è già in programmazione in alcune sale
del mondo, gli spoiler hanno già iniziato a trapelare online. È
inevitabile quando il lancio internazionale di un film inizia con
un paio di giorni di anticipo, quindi vi consigliamo di fare
attenzione sui social media.
Tuttavia, se siete arrivati fin
qui, è probabile che siate ansiosi di dare una prima occhiata a
Knull, Dio dei Simbionti. Il cattivo ha solo un ruolo minore in
Venom:The Last Dance, con l’idea di preparare il
terreno per il suo ritorno in futuro.
Il volto di Knull è stato oscurato
nei trailer e negli spot televisivi del sequel, ma alcune immagini
trapelate rivelano finalmente il suo orribile volto. Non possiamo
pubblicarle nel nostro articolo, ma
possono essere viste su X.
I’ve seen
#VenomTheLastDance and it’s the most cinematic, monumental
#Venom movie to date. Eddie Brock and Venom’s dynamic is at its
strongest in this one and the stakes are so much higher. I had a
LOT of fun with this one…the final act is BONKERS! pic.twitter.com/7sEBGMZpEY
Tutto quello che c’è da sapere su
Venom: The Last Dance
In Venom: The
Last Dance, Tom Hardy torna a vestire i panni di Venom,
uno dei personaggi più grandi e complessi della Marvel, per l’ultimo
film della trilogia. Eddie e Venom sono in fuga. Braccati da
entrambi i loro mondi e con la rete che si stringe, il duo è
costretto a prendere una decisione devastante che farà calare il
sipario sull’ultimo ballo di Venom e Eddie.
Il film è interpretato da
Tom Hardy,
Chiwetel Ejiofor,
Juno Temple, Peggy Lu, Alanna Ubach, Stephen Graham e
Rhys Ifans. Kelly Marcel dirige una sceneggiatura da
lei scritta, basata su una storia di Hardy e Marcel. Il film è
prodotto da Avi Arad, Matt Tolmach, Amy Pascal, Kelly Marcel, Tom
Hardy e Hutch Parker. Venom:The Last
Dance uscirà nelle sale il 24 ottobre.
ATTENZIONE – L’articolo
contiene spoiler su Agatha All Along episodio 7
L’episodio 7 diAgatha
All Along offre un’esperienza veramente
cinematografica (e non solo per le streghe della cultura pop a cui
fa riferimento!) immergendoci profondamente nello spazio mentale di
Lilia (Patti LuPone), consentendoci di sperimentare la vita fuori
dall’ordine come ha fatto lei con i suoi poteri divinatori, a
partire da un’apertura che la mostra svegliarsi vestita come la
strega buona Glinda.
Wanda è davvero morta
nell’episodio 7 di “Agatha All Along”?
Il castello nell’episodio 7 di Agatha All Along – Cortesia di
Disney
Billy (Joe
Locke) e Agatha (Kathryn
Hahn) hanno un confronto imbarazzante lungo la Strada
delle Streghe. Agatha pensa che Billy stia cercando di leggerle nel
pensiero e dice che può semplicemente farle domande nel modo
normale, beh, tutte le domande tranne quella su dove si trovi Rio
(Aubrey Plaza). Quella è off-limits. Dopotutto,
Agatha è l’ex migliore amica di Wanda. Non è per questo che Billy
ha partecipato alla Strada? No, insiste Billy, non è così. È qui
per ottenere ciò che vuole alla fine della Strada e ha già una
madre che non è Wanda. Dopo un po’ di insistenza, Agatha ammette di
non essere sicura che Wanda sia davvero morta. Ha visto il suo
corpo, ma non è sicura che qualcun altro l’abbia visto. Vuole
risposte dirette? Dovrebbe chiedere a una donna onesta. Mentre si
avvicinano a un castello, Billy continua a criticare Agatha. Lui è
irritato perché la sua esperienza non sembra portarli da nessuna
parte e dubita che lei sia mai stata sulla Strada.
Il castello offre un cambio di
costume, come al solito, scegliendo per Agatha un travestimento da
la Strega Cattiva dell’Ovest (un personaggio che Agatha stessa
apparentemente ha ispirato!) e per Billy Malefica. Vedono un tavolo
dei tarocchi e istantaneamente parte un timer, una classidra,
mostrando che il test è iniziato. Billy è sicuro di poter leggere
le carte di Agatha, ma diventa subito evidente che è un dilettante
nella migliore delle ipotesi. Quando mette una carta al centro,
cade una spada, la prima di molte, potenzialmente, poiché l’intero
soffitto ne è disseminato. Agatha dice che i tarocchi sono una
truffa come tutte le altre e decide di provarci, lanciando carte a
caso, ma le spade continuano a cadere. Sono completamente senza
speranza, e la situazione peggiora quando il soffitto inizia a
scendere sempre più in basso. Billy vorrebbe che Lilia fosse lì con
loro.
Ma Lilia non c’è. È in una grotta
con Jen (Sasheer Zamata) dopo aver seguito un
tunnel disgustoso perché Lilia ha detto che dovevano cercare degli
scaffali, cosa che Lilia ora non ricorda di aver detto. Lilia non
ricorda nemmeno che Teen è il figlio di Scarlet Witch, nonostante
abbia apparentemente informato Jen. Jen dice a Lilia che si sta
comportando in modo più strano e bizzarro del solito e rivela che,
cinque minuti prima, hanno avuto un bellissimo momento di intimità
e amicizia. Torniamo indietro ai precedenti sfoghi di Lilia e
mettiamo insieme i pezzi: la strega della divinazione stava
cercando di avvertire Alice di non salvare Agatha. Poi andiamo
molto più indietro, vedendo la giovane Lilia in Sicilia, che impara
dalla Maestra prima che si trasformi nella Lilia di oggi. È passato
molto tempo. Sta per avere di nuovo la sua prima lezione: foglie di
tè, in cui Lilia ha sempre pensato che fosse pessima.
Tornata nella caverna, Lilia dice a
Jen che non è confusa, è frustrata dal fatto che Jen la veda solo
come una pazza. Jen risponde chiedendo sinceramente cos’altro
dovrebbe vedere. Lilia le dice che il tempo è
un’illusione: da bambina, ha vissuto la sua vita fuori
sequenza, con lampi e vuoti. Sta succedendo di nuovo e sta
peggiorando. Jen le dice compassionevolmente che sembra
terrificante. Lilia pensa che forse sta succedendo perché è vicina
alla fine della sua strada e non è così sicura di voler riavere
indietro il suo potere.
Lilia completa una prova dei
tarocchi
Lilia nell’episodio 7 di Agatha All Along – Cortesia di
Disney
Lilia e Jen si ritrovano nel
castello e Lilia è pronta ad affrontare Billy, con grande
confusione di tutti. Billy pensava che fossero a posto! Tuttavia,
si scusa, dicendo a Lilia che il suo potere è stata una sorpresa
anche per lui. Non stava cercando di mentire e se ne fosse stato
consapevole l’avrebbe usato per salvare Alice. Lilia capisce che le
sta leggendo nella mente e
ricorda il bar mitzvah. Jen fa la paciera, ricordando a Lilia
che il tempo è un’illusione e di fidarsi di lei quando dice che non
è più arrabbiata con il ragazzo. Lilia non è sicura di cosa sia
andato storto, poiché tutto ciò che ha detto sembrava abbastanza
pertinente. Billy la incalza sul fatto che abbia lanciato il
sigillo su di lui e lei lo ammette. Ha visto chi sarebbe diventato
e sapeva che aveva bisogno di tempo.
Continuiamo a tornare indietro agli
scatti di Lilia negli episodi precedenti e tutto ciò che dice Lilia
inizia a prendere forma. Continuiamo anche a vedere scorci di lei e
della sua Maestra, dove Lilia ammette di non essere parte di una
congrega. Questo delude la Maestra, ma Lilia pensa che sia meglio
essere una frode e un’eremita che passare attraverso il dolore
della perdita. Lilia confessa di non riuscire a controllare il suo
potere, ma la Maestra dice a Lilia che il suo compito non è
controllare ma vedere.
Nella caverna, Lilia trova il libro
degli incantesimi di Billy e ammette a Jen di aver messo via il suo
dono perché tutto ciò che vedeva era la morte. La loro
conversazione viene interrotta quando sentono Billy e Agatha e
cadono nella stanza dei tarocchi proprio da una libreria. Lilia
prende il controllo della stesura dei tarocchi e dice a Billy che
deve fare una domanda che è essenziale per il suo viaggio.
Nonostante Agatha gli dica di chiedere se ce la faranno, lui
vuole sapere se è William o Billy. Le spade si
fermano e Lilia gli dice che è una buona domanda.
Lilia fa una stesura di passaggio
sicuro, che include chi è lui, il suo percorso passato e quello
futuro, i suoi ostacoli e una potenziale manna. Deve superarli
tutti per raggiungere la sua destinazione. Agatha e Jen ora non
fanno pèiù commenti sarcastici: stanno zitte e guardano Lilia
lavorare, ammirate. Lilia dice a Billy che è il Mago, con un
potenziale enorme. Ciò che manca è la gioia e la riunione. Eppure,
le spade continuano a cadere. Cosa le manca?
Chi muore e chi è la morte
nell’episodio 7 di “Agatha All Along”?
Il finale dell’episodio 7 di Agatha All Along – Cortesia di
Disney
Lilia dice alla Maestra che il
motivo per cui è venuta sulla Strada non era per riavere indietro
il suo potere, ma perché è una donna dimenticata. Cosa vale la pena
ricordare, Lilia vuole sapere: che ha visto arrivare la morte della
Maestra? Che ha visto l’intera congrega spazzata via da una febbre,
ma niente poteva fermarla? La Maestra dice a Lilia che la morte
arriva per tutti loro, ed è ciò che hanno tutti in comune. Quando
arriverà per Lilia? Lilia mette insieme i pezzi: sta per cadere. La
Maestra chiede cosa farà con il tempo che le rimane.
Nella caverna, vediamo Lilia
svegliarsi e raccontare a Jen tutto su Billy, il processo e lo
scaffale perché sa che non ricorderà nulla tra qualche minuto. Jen
vede un sentiero che esce dalla Strada delle Streghe, ma i Sette di
Salem arrivano prima che lei possa scappare via. Una volta che se
ne vanno, Lilia annuncia che sceglierà il percorso della prova e
spera che Jen si unisca a lei perché è sua sorella, ora, fanno
parte di una congrega. Jen guarda con desiderio verso l’uscita ma
alla fine va con lei.
Tornata alla prova, Lilia sa cosa
ha sbagliato ora: stava leggendo alla persona sbagliata. Deve
leggere se stessa. È la viaggiatrice, la Regina di Coppe, che è
empatica e ha una voce interiore di cui ci si può fidare. Nel
flashback, la Maestra la incoraggia e, nel presente, le spade
smettono di cadere. Il soffitto, tuttavia, continua a scendere.
Lilia continua a leggere. Cosa manca? Tre di Denari: la comunità.
Il percorso dietro è il Cavaliere di Bastoni, che è un coraggioso
combattente. Il percorso davanti è la Gran Sacerdotessa, che ha
potere spirituale ma non è disposta o incapace di usarlo (ehi,
Jen!). Ostacoli: Tre di Spade, crepacuore, dolore e lutto. Manna:
Torre invertita, trasformazione miracolosa. Destinazione: Morte.
Vediamo Rio avvicinarsi a Lilia nella caverna. Non la
riconosce? Rio è Morte.
Il soffitto di spade si ferma e si
solleva di nuovo. Hanno superato la prova. Lilia li ha salvati.
Lilia dice a tutti che Rio è Morte, la
Strega Verde originale. Agatha ammette che è vero. Cosa
può dire? Le piacciono quelle cattive. L’uscita si apre e, mentre
esce, Lilia dice ad Agatha che quando Rio la chiama codarda, deve
andare a terra. Restituisce a Billy il suo libro di incantesimi e
dice a Jen che deve andare avanti: è lei la strada da percorrere.
Lilia dice a Jen che ha amato essere una strega e si sacrifica per
sconfiggere i Sette di Salem. Lilia gira la carta della Torre in
verticale e tutti iniziano a fluttuare e poi cadono sulle spade,
con Lilia che cade per ultima. Concludiamo con un flashback della
giovane Lilia che si unisce alla Maestra per la sua prima
lezione.
Come si giudica l’episodio 7 di
“Agatha All Along”?
Agatha nell’episodio 7 di Agatha All Along – Cortesia di
Disney
C’erano grandi aspettative per
questo episodio, considerando che la creatrice Jac
Schaeffer lo ha diretto in prima persona. L’episodio offre
una conclusione meravigliosa e appropriata per il viaggio di Lilia,
una svolta decisamente commovente. Tutto è stato pensato alla
perfezione, dal design dei costumi alla fotografia al montaggio. E
ovviamente il cuore dell’episodio è la straordinaria LuPone. Il
dolore della perdita, la frustrazione e il terrore di vivere una
vita fuori dall’ordine comune e, infine, la pace che ha trovato
alla fine di tutto è stata semplicemente meravigliosa.
Mentre LuPone è stata senza dubbio
l’MVP di questo episodio, è piacevole che anche tutti gli altri
abbiano avuto momenti in cui brillare. Vedere Lilia legare con Jen
nella caverna è stato adorabile e il fatto che Jen si riveli essere
la strada da seguire fa sperare che continuerà a far parte del
MCU dopo Agatha All
Along. Anche i litigi tra Billy e Agatha hanno proposto un
momento di umorismo appropriato: il loro fallimento caotico e
disastroso nella lettura dei tarocchi prima che Lilia salvasse la
situazione è stato godibilissimo.
Sebbene tutti sospettassero ormai che Rio fosse la Morte, il modo
in cui lo show l’ha confermato è stato ancora una volta magistrale.
Non c’è dubbio che cambierà le carte in tavola!
Blade è stato afflitto da
problemi di produzione sin da quando è stato annunciato per la
prima volta più di quattro anni fa, attraversando numerosi registi
e scrittori. Quando l’ultimo regista scelto per dirigere il
progetto, Yann Demange, si è allontanato, si è ampiamente
ipotizzato che il film alla fine sarebbe stato accantonato, ma ci è
stato assicurato che stava ancora andando avanti con Mahershala Ali ingaggiato e pronto a recitare nel ruolo
di Daywalker.
Nonostante quest’ultima battuta
d’arresto, Alex Perez di The Cosmic Circus crede che Blade non sia
stato demolito, ed è stato rischedulato di nuovo perché la Marvel sta dando priorità alle
storie multiversali nella preparazione di Avengers:
Doomsday e Secret
Wars.
The real reason why
#Blade isn’t getting done is because the story is disconnected
from the rest of the Multiverse Saga. Same goes for Armor Wars,
Nova, etc. It’s not that they’re not getting made, they’re getting
pushed to make room for Multiversal stories.
He has a whole arc set up with Midnight Sons
and the Supernatural side of the MCU. DS2, WBN, Moon
Knight, Agatha and Ironheart only have scratched the surface of
what’s coming. That is the only thing that’s kept him attached.
https://t.co/XT7L1sBStY
Perez è anche convinto che Knull
apparirà in Spider-Man
4, nonostante le voci più recenti lo
contraddicano.
I’m not deferring from my statements and am
sticking to my guns on it. If it doesn’t happen, so be it and I’ll
admit I’m wrong. But I trust my sources, and I’m sticking with my
reporting. https://t.co/NjAzvolcDP
Quindi, potrebbe non trattarsi di
un caso in cui lo studio fatica ad “azzeccare”
Blade, ma semplicemente di un pessimo tempismo per
il debutto del Daywalker di Ali nel MCU. Abbiamo saputo che l’ultima
bozza di sceneggiatura di Eric Pearson – che è il sesto
sceneggiatore assegnato al progetto dopo Michael Green,
Stacy Osei-Kuffour, Michael Starrbury, Beau DeMayo e Nic
Pizzolatto – ha “finalmente soddisfatto tutte le
persone coinvolte”.
L’ultima volta che Mahershala Ali ha parlato del
film
Mahershala Ali arriva all’AFI Fest 2021 – Foto di imagepressagency
via Depositphoto.com
L’ultimo aggiornamento di Mahershala Ali durante un’intervista con EW è stato positivo.
“Ci stiamo
lavorando.Questo è il meglio che posso
dirvi.Sono davvero incoraggiato dalla direzione
del progetto.Penso che torneremo a lavorarci
relativamente presto”.
“Sono sinceramente
incoraggiato per quanto riguarda il punto in cui si trovano le cose
e chi è a bordo e chi sta guidando la strada per quanto riguarda la
scrittura della sceneggiatura, la regia e tutto il resto
”, ha aggiunto. “Quindi questo è il massimo che posso
dirvi”.
Demange (che ha sostituito Bassam
Tariq) ha precedentemente confermato che il film sarà
effettivamente vietato ai minori.
“Sono entusiasta di
mostrare una sorta di spietatezza, una ruvidezza che gli permette
di camminare sulla terra in un modo particolare.Lo amo per questo ”, ha detto il regista.
“Ha una dignità e un’integrità, ma c’è una ferocia che di
solito tiene sotto la superficie.Voglio liberarla
e portarla sullo schermo”.
La prima ondata di recensioni di
Venom:
The Last Danceha generato il
primo punteggio di Rotten Tomatoes per il film con
Tom Hardy. Il film è, al momento, al 40% sulla base di
57 recensioni. Non è il migliore degli inizi, ma è più o meno
quello che ci aspettavamo dopo il 30% di Venom e
il 47% di Venom: La Furia di Carnage. Questi
punteggi sono importanti per molti spettatori, ma il franchise di
Venom ha dimostrato di essere ampiamente a prova di critica da
quando è stato lanciato sei anni fa. Infatti, indipendentemente dal
punteggio finale per Venom: The Last
Dance, probabilmente non avrà un impatto eccessivo
sulle prestazioni al botteghino del film.
Il terzo capitolo è uscito oggi e ha
iniziato la sua corsa internazionale con un solido incasso di 9,3
milioni di dollari; si tratta del giorno di apertura più grande per
un film di supereroi nel Regno di Mezzo da Spider-Man: Far From Home
e un inizio che suggerisce che guadagnerà più di 30 milioni di
dollari in cinque giorni. Il settore ha anche aggiornato le sue
stime del weekend di apertura al botteghino mondiale per
Venom: The Last Dance; ora è
salito a 165 milioni di dollari dopo le previsioni iniziali di 150
milioni di dollari.
Tutto quello che c’è da sapere su
Venom: The Last Dance
In Venom: The
Last Dance, Tom Hardy torna a vestire i panni di Venom,
uno dei personaggi più grandi e complessi della Marvel, per l’ultimo
film della trilogia. Eddie e Venom sono in fuga. Braccati da
entrambi i loro mondi e con la rete che si stringe, il duo è
costretto a prendere una decisione devastante che farà calare il
sipario sull’ultimo ballo di Venom e Eddie.
Il film è interpretato da
Tom Hardy,
Chiwetel Ejiofor,
Juno Temple, Peggy Lu, Alanna Ubach, Stephen Graham e
Rhys Ifans. Kelly Marcel dirige una sceneggiatura da
lei scritta, basata su una storia di Hardy e Marcel. Il film è
prodotto da Avi Arad, Matt Tolmach, Amy Pascal, Kelly Marcel, Tom
Hardy e Hutch Parker. Venom:The Last
Dance uscirà nelle sale il 24 ottobre.
Il primo film di Sara
Petraglia, L’albero, in concorso
alla Festa del Cinema di Roma nella sezione
Progressive Cinema, è un viaggio di formazione assieme duro e
poetico, tragico e leggero, un coming of age romano, che prende
corpo nelle strade del Pigneto. La regista e sceneggiatrice, figlia
di uno dei più noti sceneggiatori italiani, Sandro
Petraglia, sceglie una storia di amicizia, amore e
dipendenza per il suo esordio sul grande schermo.
La trama de
L’albero
Bianca, Tecla
Insolia, è una ventenne che si trasferisce a Roma per
frequentare l’università. Trova un appartamento al Pigneto assieme
alla sua amica Angelica, Carlotta Gamba. Dalla
finestra di casa si vede un maestoso albero al di là della
ferrovia. Lontane dalle loro famiglie e con quella voglia
spregiudicata e adolescenziale di sperimentare tutto senza pensare
alle conseguenze, le due ragazze sprofondano nella dipendenza da
cocaina. Una gita a Napoli non cambia le cose. Insieme sperimentano
amore e morte, finché per ciascuna arriva il momento di scegliere
cosa fare della propria vita.
Tecla Insolia in L’albero – Foto di Sara Petraglia
Un modo diverso di
raccontare la dipendenza
Raccontare la dipendenza in modo non
convenzionale era uno degli obiettivi dichiarati di Sara Petraglia.
La regista lo fa innanzitutto senza giudizio, ma solo descrivendo.
Non ci sono enfasi ed estremizzazione eccessiva, ma neppure la
volontà di edulcorare. Petraglia affida il suo racconto a due
“insospettabili”, due ragazze dalla faccia pulita, apparentemente
lontane anni luce dal mondo delle sostanze, da chi lo popola, da
chi vi gravita attorno. Mai come in questo caso, l’apparenza
inganna. Si mettono così in discussione pregiudizi e visioni
precostituite. In modo realistico e non immaginifico o fantasioso,
il film mostra anche come si possa superare la dipendenza, senza
sconti o scorciatoie.
Troppo tristi per avere
vent’anni
Tuttavia,
L’albero non è, o non è solo, un film
sulla dipendenza. Le famiglie delle protagoniste non compaiono mai.
Forse questa è una pecca del film, non si indagano le origini del
loro disagio. Ma non è ciò che si vuole raccontare. C’è invece il
gruppo dei pari, amiche e amici. Ventenni come tanti ma, come nota
Bianca in una scena emblematica del film, tutti molto tristi. La
protagonista per prima si rifugia nell’uso di sostanze, non solo
cocaina, per dare spallate a questa tristezza, al dolore che da
sempre la accompagna. Quello leopardiano – non per nulla
un’immagine del poeta di Recanati campeggia nel salotto di casa –
che scaturisce dalla consapevolezza della caducità della vita,
della natura effimera della felicità, sempre fugace. Bianca non
sopporta tutto ciò e la vita, così com’è le sembra troppo difficile
da affrontare. Preferisce rifugiarsi nei libri e nei diari che lei
stessa scrive, nell’immaginazione, anziché vivere la realtà. Sembra
quasi che, con l’incoscienza della loro età, le due amiche siano
disposte perfino a rinunciare alla vita stessa. La regista le
mostra in questo momento di spericolata leggerezza e nel percorso
che porterà in particolare Bianca, su cui si sofferma maggiormente
lo sguardo di Petraglia, a fare i conti con questa sofferenza,
questa sorta di feroce malinconia, che è parte di sé.
Carlotta Gamba in L’albero – Foto di Sara Petraglia
L’albero, opera prima
semplice ed efficace
L’albero
ha una costruzione semplice, con pochi elementi, messi ben a fuoco.
La sceneggiatura è lineare e questo consente alla regista, che l’ha
curata, di tenere la materia del film efficacemente sotto
controllo. La durata del film è agile. Petraglia riesce a tenere
insieme nella sua visione disincanto e poesia, affrontando con
levità temi intimi e profondi. Una leggerezza che certo non è
sinonimo di superficialità. La regista rende anche con vivida
immediatezza la vita del quartiere che descrive, sembra conoscerlo
bene. Anche nell’inserto napoletano, che sposta l’azione in altro
luogo, lo spettatore vede una Napoli insolita per il nostro cinema,
né da cartolina, né da cronaca nera. Le sue strade di notte, come
l’umanità che le abita, somigliano a quelle del Pigneto, ma
potrebbero trovarsi in qualsiasi altra parte del mondo.
Le interpretazioni di Tecla
Insolia e Carlotta Gamba
Tecla Insolia –
L’arte della gioia – e Carlotta
Gamba –
Gloria!,
Vermiglio,
Dostoevskij – offrono interpretazioni sentite e
coinvolgenti, mai sopra le righe. Così vuole la regista, che le
dipinge come due ragazze normalissime, invitando anche lo
spettatore a riflettere su quanto il tipo di malessere presente nel
film possa essere diffuso. L’albero è un
esordio convincente, che mescola un dolore esistenziale profondo
all’incoscienza e all’ingenuità dei vent’anni. Un film sulla
difficoltà di raggiungere un equilibrio nella vita, per viverla
senza farsene rovinosamente travolgere. Questo equilibrio sembra
essere come l’albero del titolo: bello, maestoso, ma apparentemente
irraggiungibile. Spesso però, basta cambiare strada per arrivarci,
magari optando per un percorso meno lineare, meno immediato, forse
più lungo, più tortuoso, ma che porta proprio lì.
Nel 2018 l’editore La nave di
Teseo pubblica L’isola degli idealisti,
scritto da Giorgio Scerbanenco
in gioventù e conservato per cinquant’anni dalla moglie
Teresa Bandini, entrato in possesso del figlio, Alan
Scerbanenko, il libro arrivò nelle mani della sorella
Cecilia e quindi dell’editore. Adesso quel romanzo noir diventa un
film, presentato in anteprima alla Festa di Roma del
2024 e diretto da Elisabetta Sgarbi.
La storia de L’isola degli idealisti
Tommaso Ragno e Renato Carpentieri ne L’Isola degli Idealisti –
Foto di Sara Chioccia
In una fredda notte di gennaio, due
giovani ladri in fuga, Beatrice Navi e Guido Cenere, approdano su
un’isola, vengono sorpresi dal guardiano, Giovanni Marengadi, e dal
cane dobermann Pangloss, e condotti al cospetto dei proprietari
della sontuosa villa al centro dell’Isola, detta “delle Ginestre”.
I due, rapinatori che assaltano le ville dei ricchi nel
veneto/lombardo, vedono questa come una opportunità: altri
alto-borghesi da prosciugare. Nella Villa vive la strana
famiglia Reffi. Antonio, il capofamiglia, è un ex Direttore
d’Orchestra che guarda con ironia la vita, soprattutto quella dei
suoi due inquieti figli: Carla, una scrittrice di successo, in
attesa della risposta del suo editore per il suo nuovo romanzo
(risposta che tarda ad arrivare); e Celestino, ex medico, con la
passione della filosofia e della matematica, con un passato che lo
insegue, e ossessionato da una violinista di cui gli rimangono solo
lontane immagini in super otto. Nella Villa ci sono anche una
indecifrabile governante, Jole, e suo marito Vittorio, segretario
di Carla.
Celestino Reffi vede nell’arrivo di
questi due giovani amanti una possibilità per sé di impiegare il
proprio tempo in uno scopo nobile, o forse semplicemente di tenersi
occupato, e propone loro un patto: lui non li denuncerà e li
nasconderà al Commissario Càrrua che è sulle loro tracce, ma loro
in cambio seguiranno una sorta di “corso di educazione”, perché
l’uomo è convinto di potergli cambiare vita e instillare in loro un
senso di morale che non hanno. In realtà sarà l’arrivo dei due
ragazzi a cambiare, per sempre, la vita di tutti, in quella Villa
sospesa tra acqua e nebbie.
L’operazione di Elisabetta
Sgarbi si rivela da subito superficiale nell’affrontare i
ritratti dei personaggi e delle situazioni. Più simile a uno
sceneggiato tv nei tempi e nei modi che a un film per il cinema del
2024, L’isola degli idealisti colpisce subito per
la sua rigidità libresca (e non letteraria). Nulla di ciò che è
messo in scena è giustificato o approfondito e tutto si ferma in
superficie, soprattutto i comportamenti e le motivazioni dei
protagonisti che non sembrano mai avere un vero e proprio peso o
significato ma si limitano a venire svolti per far procedere una
storia che tuttavia rimane incomprensibile.
Michela Cescon ne L’Isola degli Idealisti – Foto di Sara
Chioccia
Manca sia la tensione che l’ironia
L’operazione retrò potrebbe anche
essere lo stesso divertissement modernista che hanno messo in scena
i fratelli Manetti con la loro trilogia di
Diabolik, in cui hanno provato a ri-raccontare
l’Italia degli anni ’60 e ’70, ma ne L’Isola degli
Idealisti manca tanto la tensione quanto l’ironia, con un
risultato piatto e una fortissima sensazione di spreco di tempo e
talento, che comunque Sgarbi ha dimostrato di avere in più di una
occasione. Si allontana dal romanzo di partenza, ma ne mantiene le
svolte e le strutture, come a dove camminare sempre poggiandosi a
un sostegno, e questa incertezza si rivela tutta nella mancanza di
atmosfera.
Probabilmente sgarbi era proprio
alla ricerca di quelle sensazioni, mistero e irrisolto, ma si muove
ai margini degli stessi, non affonda nella nebbia per paura di
perdersi e questo è il suo più grande “peccato”. Avesse lasciato il
suo sostegno per camminare, si sarebbe accorta che perdersi nella
nebbia è un ottimo modo per raccontare una storia con ambizioni da
noir.
Impagabile, in coda e senza battute, il cameo di Antonio
Rezza.
Renato De Simone ne L’Isola degli Idealisti – Foto di Sara
Chioccia
Chi ha paura degli aerei, non teme
il volare… ma il cadere! Una paura assolutamente comprensibile, che
il cinema ha raccontato in molteplici occasioni, spesso ispirandosi
proprio ad alcune reali vicende e agli eroi che hanno saputo
evitare che si trasformassero in tragedie. Film come Sully,
Flight o i più “fantasiosi”
7500, The
Plane e Air Force One sono solo alcuni esempi che si possono
fare per questa tipologia di opere. Accanto ad essi ritroviamo
anche Sulle ali della speranza, film del 2023
diretto da Sean McNamara.
Si tratta di un film che si ispira
proprio ad una reale vicenda, risolta non solo grazie ad una pronta
azione ma anche alla fede. In questo articolo, approfondiamo
dunque alcune delle principali curiosità relative a Sulle
ali della speranza. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alla
storia vera. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Sulle ali della
speranza
Protagonista del film è Doug
White, un uomo di 56 anni, assieme alla moglie e alle due
figlie, stanno tornando con un volo in Louisiana, dopo aver
partecipato al funerale del fratello di Doug. Poco dopo il decollo,
però, il pilota muore di attacco cardiaco e Doug, con l’aiuto della
torre di controllo, deve riuscire a pilotare l’aereo e salvare se
stesso e la famiglia. Nel mentre la moglie e le figlie,
appartenenti alla Chiesa di Cristo, pregano per un miracolo.
Ad interpretare Doug White vi è
l’attore Dennis Quaid, mentre sua moglie è interpretata
dall’attrice Heather Graham. Le figlie Maggie e Bailey sono
invece interpretate da Jessi Case e
Abigail Rhyne. Completano il cast Jesse
Metcalfe nel ruolo di Kari Sorenson, Brett
Rice nel ruolo di Jeff White – fratello di Doug -,
Selena Anduze in quello di Lisa Grimm,
controllore del traffico aereo, e Wilbur
Fitzgerald nel ruolo di Joe Cabukuk, il pilota
dell’aereo su cui si trova la famiglia White.
La storia vera dietro il film
Come nel film, la storia vera
conferma che Doug White, sua moglie
Terri e le loro due figlie,
Bailey (16 anni) e Maggie (18
anni), si erano recati a Marco Island, nel sud della Florida, per
partecipare al funerale del fratello di Doug,
Jeff, morto per un attacco di cuore. Hanno
noleggiato un aereo privato per tornare a Monroe, in Louisiana.
L’aereo bimotore su cui salirono per il viaggio di ritorno era un
King Air 200. Il pilota era il 67enne Joe Cabukuk.
Durante il volo, quest’ultimo muore improvvisamente meno di 10
minuti dopo il decollo a seguito di un attacco cardiaco.
White comunicò subito l’emergenzia
via radio. In quel momento il velivo si trovava a circa diecimila
piedi di altezza, continuando a salire pericolosamente. A
quel punto, il controllore del traffico aereo Lisa
Grimm disse a White di disattivare il pilota automatico
dell’aereo e che avrebbe dovuto pilotare l’aereo a mano. Quando è
riuscito a fare ciò e a fermare l’ascesa dell’aereo, questo aveva
raggiunto un’altitudine leggermente inferiore ai 18.000 piedi. Nel
mentre, come nel film, decine di controllori del traffico aereo si
affrettarono a dirottare i voli in modo che l’aeroporto
internazionale di Fort Myers potesse accettare il King Air.
Per sua fortuna, Doug aveva iniziato
a prendere lezioni di volo nel 1989 e aveva ottenuto la licenza di
pilota nel 1990. Dopo aver raggiunto il suo obiettivo, non aveva
però i soldi per volare 2-3 volte a settimana per mantenersi in
forma, così ha rinunciato a farlo. A quel punto, aveva accumulato
83 o 84 ore di volo. Passarono 18 anni prima che decidesse di
riprendere a volare nel gennaio 2009, dopo aver accumulato di
recente circa 40-45 ore nel più lento e meno complicato Cessna 172
monomotore. In totale, non aveva più di 129 ore di volo su Cessna
172 prima della Pasqua 2009.
Ciò è significativamente diverso dal
film, che descrive White come pilota di un solo “volo di
scoperta” in cui ha rischiato di schiantarsi e ha dovuto
cedere i comandi al suo istruttore. Ad ogni modo, questo suo volo
d’emergenza è durato 50 minuti e l’unica turbolenza significativa
che White ha incontrato è stata quando sono decollati. Nella
realtà, infatti Doug ha potuto contare su un cielo azzurro e
soleggiato. In una delle più grandi libertà del film rispetto alla
verità, la famiglia vola in una tempesta con tuoni e fulmini, cosa
che non è mai accaduta nella vita reale. Inoltre, non hanno mai
perso le comunicazioni con il controllo del traffico aereo.
White ha ammesso di aver avuto dei
momenti di nervosismo, anche se non lo dava a vedere. “Era una
paura concentrata”, ha detto. “Ero in una specie di zona
che non so spiegare” (NBC News). Quanto alla sua
famiglia, non era altrettanto tranquilla. Dopo aver appreso che il
pilota era probabilmente deceduto, la moglie Terri ha tremato, la
figlia Bailey di 16 anni ha pianto e la figlia Maggie di 18 anni ha
vomitato. La famiglia White, che frequentava la Forsythe Church of
Christ di Monroe, in Louisiana, ha dunque pregato molto durante la
loro pericolosa situazione sull’aereo.
Non è un caso che il titolo
originale del film sia “On a Wing and a Prayer” (Su
un’ala e una preghiera) . I White hanno rifiutato precedenti
offerte di trasformare la loro storia in un film e alla fine hanno
deciso di affidarsi a registi disposti a creare un film basato
sulla fede. “La fede nella vita di un cristiano aumenta e si
rafforza solo quando si affrontano le prove e si esce dall’altra
parte”, ha detto il vero Doug White. “Quando si affrontano
le sfide e si cerca l’aiuto di Dio e poi si assiste alla sua
liberazione, la fede aumenta. Senza prove e test, non ci sarebbe
bisogno della fede”.
Per quanto riguarda l’atterraggio, a
differenza di quanto si vede nel film, non c’era vento e White ha
fatto atterrare l’aereo al primo tentativo. Di certo, White non
sapeva come fermare i motori e spegnere il King Air 200 dopo
l’atterraggio. Fortunatamente, ricevette consigli su come farlo via
radio. Infine, il film allunga un po’ la durata del volo, in parte
facendo abortire il primo tentativo di atterraggio a causa di un
vento laterale che spostava l’aereo, cosa che non accadde nella
vita reale. L’aereo atterrò senza problemi al primo tentativo. In
seguito, la famiglia White ha saputo che era stato dato loro meno
del dieci per cento di possibilità di sopravvivere.
Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV
È possibile fruire di Sulle
ali della speranza grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunes e
Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì
23 ottobre alle ore 21:30 sul canale
Rai 1.
Il finale di Gemini
Man (qui
la recensione) spreca l’accattivante premessa del
film per il fatto di essere così radicato negli anni Novanta.
L’ultimo film di Ang Lee, un action-thriller prodotto da
Jerry Bruckheimer – storico collaboratore di
Michael Bay – vede
Will Smith combattere contro…
Will Smith. L’attore interpreta Henry
Brogen, un esperto tiratore scelto i cui piani di
pensionamento vengono rovinati quando viene a conoscenza di
informazioni riservate diventando un obiettivo da eliminare. Per
farlo, viene assoldato un suo clone di 25 anni più giovane.
Gran parte del clamore per
Gemini Man si è concentrato sull’aspetto
tecnologico. Il più immediato è il
Will Smith dell’era Fresh Prince, ottenuto non con il
consueto de-invecchiamento della Marvel, ma con una creazione
totalmente digitale realizzata tramite motion capture. Spingendosi
oltre, Lee ha cercato di alterare l’esperienza di visione
cinematografica, girando il film per essere visto in 3D ad alta
frequenza di fotogrammi. Il successo di tutti questi effetti è
misto, ma è innegabile che sia il fulcro dell’interesse attorno al
film.
Tuttavia, nonostante l’aspetto
tecnologico, Gemini Man è ancora un film
narrativo. In effetti, molti probabilmente lo vedranno nel formato
standard 2D, sia al cinema che a casa. Ed è proprio qui che tutto
inciampa. L’idea di un assassino braccato dal sé stesso più giovane
è stata proposta per la prima volta da Darren Lemke nel 1997, con
praticamente tutti i protagonisti degli ultimi 20 anni – da
Mel Gibson a Harrison
Ford, da
Tom Cruise a Brad
Pitt – collegati in un modo o nell’altro. La versione
definitiva è stata adattata da David Benioff e
Billy Ray, ma rimane comunque molto fedele al suo
nucleo. E questo è il problema.
La trama di Gemini
Man ha qualcosa di molto elementare fin dall’inizio. Il
tropo del pensionamento è ben collaudato e i ripetuti stacchi sulle
tute governative che tramano la morte di Brogen mantengono il
pubblico un passo avanti rispetto al personaggio principale. La
rivelazione del giovane Henry – che è già il punto cruciale del
marketing – è meno un colpo di scena e più un’inevitabilità, con un
accenno durante una scena di combattimento a Cartagena, in
Colombia, che viene sminuito da Danny (Mary
Elizabeth Winstead) che lo dice apertamente prima
della grande rivelazione, il tutto prima che Junior (il nome del
clone) venga stabilito correttamente.
Nell’atto finale di Gemini
Man, Junior scopre che il suo cattivo “padre”
Clay (Clive
Owen) è, beh, un cattivo e si unisce così a Henry e
Danny in un ambiguo tentativo di fuga. Vengono bloccati in una
città deserta dalle truppe speculative, ma riescono a combatterle
prima di affrontare un terzo clone di Will Smith (in questa versione senza emozioni
e iperfocalizzata). Clay spiega loro il suo piano di avere un
esercito di giovani Henry Brogen a cui è stato
fatto il lavaggio del cervello e che combattono in prima linea in
tutto il mondo, e Junior è il suo progetto perverso. Henry
impedisce però a Junior di uccidere il padre, compiendo lui stesso
l’azione, e tutti tornano alla realtà: Henry va in pensione, Junior
va al college, Danny resta nei paraggi. E… tutto qui.
Il film spreca il suo finale
La storia di Gemini
Man è aggressivamente pedestre. Porta gli eroi dalla
Georgia alla Colombia, all’Ungheria e di nuovo alla Georgia, tutti
luoghi piacevoli ma difficilmente i più dinamici o diversificati
per un progetto di tale portata visiva. Come già detto, la gestione
del colpo di scena di Junior lo priva del giusto impatto, e il
conflitto tra lui e Henry si risolve rapidamente per un team-up nel
terzo atto. Si può sostenere che una storia semplicistica sia una
scelta intelligente per servire meglio un film basato sulla
tecnologia, come il racconto ecologico di Avatar che si
rifaceva a storie come quella di Pocahontas per concentrarsi meglio
sull’uso della CGI e del 3D da parte di
James Cameron. Ma con quel successo da 2 miliardi di dollari,
c’è stato comunque uno sforzo concertato per creare personaggi e
mondi forti.
Ciò che risalta in Gemini
Man, soprattutto nel finale, è quanto potenziale sia stato
sprecato. Il fatto che Clay abbia clonato in segreto diversi Henry
Brogen e li abbia messi a disposizione come esercito privato
avrebbe potuto essere un colpo di scena sconvolgente, ma nel film
stesso è giocato troppo alla rinfusa: una rapida rimozione della
maschera lascia spazio a un monologo del cattivo che esclude
rapidamente che il gruppo esista davvero. Non essere interessati
alla premessa di fantascienza è già abbastanza, ma renderle omaggio
a parole prima di tradirla è come perdere un’opportunità.
C’è un particolare colpo di scena
che viene organizzato più volte, ma che non si realizza mai. Danny
è un enigma, che reagisce in modo scomposto quando le viene chiesto
come reagirebbe all’incontro con il suo vecchio sé e afferma con
decisione“quando dirigerò la DIA…”. Ci sono abbastanza
basi per far sì che lei sia il clone originale di Gemini del capo
della DIA, ma non se ne fa nulla. Forse è solo un prodotto della
visione del film con occhi moderni, dove ogni blockbuster ha un
colpo di scena importante. Ma anche se fosse, questo serve solo a
sottolineare il vero problema di Gemini Man.
Gemini Man è in ritardo di due decenni
Gemini Man ha
dunque un problema nel creare una storia, dei personaggi o un mondo
coinvolgenti, e ciò si riconduce alla sceneggiatura. O, più
direttamente, a quando la sceneggiatura è stata scritta. Negli
ultimi dieci, ciò che ci si aspetta dalla fantascienza
contemporanea è cambiato astronomicamente. Si può dire che sia
iniziato con Matrix, che ha fatto esplodere le convention nel 1999,
ma il vero cambiamento è stato Inception di
Christopher Nolan, nominato agli Oscar nel 2010.
Si trattava di un film che offre una
premessa elaborata, la spiega attentamente al pubblico per tutto il
film, poi nel terzo atto saccheggia tutte le possibilità offerte da
eccezioni alle regole chiaramente definite, alimentando al contempo
una storia più grande. Era una fantascienza ben sviluppata e coesa
per un pubblico mainstream. Negli anni successivi, abbiamo visto
molti altri blockbuster utilizzare queste idee (Interstellar,
Arrival)
e i film indipendenti spingere ulteriormente i limiti (Predestination,
Annihilation).
La premessa di Gemini
Man è antecedente a questi punti di riferimento e, a
quanto pare, non è stata aggiornata in modo massiccio nelle
riscritture per adattarla al clima moderno (probabilmente a causa
di quanto siano ardue la premessa e la trama). Il film si regge sul
brivido obsoleto di un veicolo per star del cinema con un’idea
vagamente fantastica che consente una serie di sequenze d’azione.
Non si tiene conto della portata della storia o dei concetti, il
che lo fa sembrare pittoresco e privo di uno scopo più
importante.
Ma non è certo un buon
esempio di divertimento idiota degli anni ’90, nemmeno per gli
standard di Jerry Bruckheimer. Con l’idea di Gemini
Man si può fare un film divertente e non è necessario che
sia intelligente come le opere di
Christopher Nolan, Denis Villeneuve o
Alex Garland. Ma quando si tratta di considerare
questo esperimento tecnologico come un pezzo di narrazione, è la
mancanza di impegno che risalta davvero.
La serie Disney+
Avetrana – Qui non è Hollywoodè finita in
tribunale. Antonio Attanasio, giudice della
sezione civile del Tribunale di Taranto, ha accolto il ricorso
d’urgenza presentato dal sindaco di Avetrana, Antonio
Iazzi.
Nel ricorso il sindaco della
cittadina chiedeva la sospensione immediata dell’uscita
della serie tv, trovando un parere positivo nel giudice
che ha proceduto con la sospensione cautelare per la serie.
I legali parlano della necessità di
prendere visione del progetto tv in anteprima “al fine di
appurare se l’associazione del nome della cittadina all’adattamento
cinematografico susciti una portata diffamatoria rappresentandola
quale comunità ignorante, retrograda, omertosa, eventualmente
dedita alla commissione di crimini efferati di tale portata,
contrariamente alla realtà”.
La notizia arriva dopo la
presentazione in anteprima della serie alla Festa di
Roma 2024. Diretta da Pippo
Mezzapesa, la narrazione è divisa in quattro episodi,
ciascuno dal punto di vista di un personaggio: Sarah, Sabrina,
Cosima e Michele. Lo stesso regista cura la sceneggiatura con
Antonella Gaeta e Davide Serino,
come già per Ti mangio il cuore. Questa organizzazione della
materia narrativa permette di entrare ancora più a fondo nella
psicologia dei personaggi, che è poi l’elemento realmente
inquietante del lavoro. Anche i dialoghi sono molto ben costruiti,
realistici e l’uso del dialetto appropriato.
Uno dei temi più dibattuti negli
Stati Uniti (ma anche nel resto del mondo) è quello riguardante la
pena capitale, la sua validità e la sua fallibilità. Un argomento
etico particolarmente complesso e sempre attuale, trasformatosi nel
corso degli anni e raccontato in più occasioni anche al cinema con
pellicole come Dead Man Walking e Il miglio verde. Tra i
film che più apertamente si sono schiarati contro di questa, non
senza suscitare controversie, vi è The Life of David
Gale, diretto nel 2003 da Alan
Parker, scritto da Charles Randolph e
prodotto tra gli altri dall’attore Nicolas
Cage.
Parker, regista di celebri film come
Fuga di mezzanotte, Saranno famosi e Mississippi
Burning – Le radici dell’odio, propone con questo che è il suo
ultimo film una riflessione tanto sulla pena di morte quanto anche
sul ruolo dell’attivismo, sul confine tra passione ideologica e
fanatismo. Con un finale quantomai controverso che non ha mancato
di suscitare analisi e dibattiti, The Life of David Gale è
un potente dramma ancora oggi oggetto di sempre nuove
considerazioni. Impreziosito da un cast di grandi attori, sul quale
si fonda anche molta della fama del titolo, il film è sempre un
interessante visione a partire dalla quale formare una propria
opinione in merito.
Al momento della sua uscita,
infatti, il film passò quasi inosservato, guadagnando popolarità
nel tempo fino a divenire un vero e proprio cult del suo genere e
sull’argomento. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi al
cast di attori e al controverso
finale. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo. Prima, però, si approfondirà la
storia, vera o meno, del
film.
Protagonista del film è
David Gale, un professore di filosofia presso
l’Università di Austin, in Texas. Egli, inoltre, è anche un membro
attivo del Death Watch, un’associazione che lotta contro la pena di
morte. La vita del rispettabile docente cambia però drasticamente
dopo una notte di sesso violento con Berlin, una
studentessa conosciuta a un party, che prima lo seduce e poi lo
accusa di stupro. Arrestato per questo motivo ma poi scagionato,
David vede la sua reputazione professionale ormai distrutta. È a
questo punto che intraprende una relazione con Constance
Harraway, anch’essa membro del Death Watch.
Quando però la donna viene ritrovata
stuprata e uccisa, i sospetti ricadono nuovamente su Gale, che
viene nuovamente arrestato e, stavolta, condannato proprio a quella
pena di morte da lui tanto combattuta. Prima che l’esecuzione
avvenga, la giornalista Bitsey Bloom si avvicina a
David nel tentativo di ottenere la sua versione dei fatti. Parlando
con l’uomo, la donna entrerà nel pieno delle battaglie etiche
contro la pena capitale, scoprendo molto più di quello che pensava.
Quando tutto le sarà chiaro, Bitsey dovrà scegliere da che parte
stare, schierandosi per la verità o il silenzio.
Il film è tratto da una storia vera?
Quella del film è stata costruita
come una storia apparentemente vera, ma in realtà non è così. Si
tratta di un racconto totalmente inventato, come dichiarato dallo
stesso sceneggiatore. L’intenzione di questi, infatti, era quella
di dare al pubblico qualcosa che sembrasse basato su eventi reali,
poiché ciò avrebbe favorito un maggior coinvolgimento e una più
facile identificazione tra gli spettatori e i personaggi del film.
Non per tutti però questo risultato è stato raggiunto e noto è il
parere del celebre critico Roger Ebert, il quale ha affermato che
il film sembra in realtà screditare gli oppositori della pena di
morte piuttosto che sostenere le loro battaglie.
Come anticipato, il film vede la
partecipazione di noti attori, tra cui alcuni premi Oscar. Il primo
di questi è Kevin Spacey,
nel ruolo del protagonista, un personaggio per cui erano però
originariamente stati pensati Nicolas Cage e
George Clooney.
Kate Winslet è
la giornalista Bitsey Bloom, un ruolo inizialmente offerto a
Nicole Kidman. L’attrice Laura Linney
interpreta invece Constance Harraway, mentre Rhona
Mitra è la studentessa Berlin. Completano poi il cast gli
attori Lee Ritchey nei panni di Joe Mullarkey,
Gabriel Mann in quelli di Zack Stemmons
e Matt Craven come Dusty Wright. Compare
invece nei panni di Nico, una ragazza goth, l’attrice Melissa
McCarthy, oggi nota per i suoi ruoli comici.
La spiegazione del finale
Per gran parte del film,
Gale sembra l’ovvio colpevole dell’omicidio di
Harraway, dal momento che esistono numerose prove,
compresa quella del DNA, che lo collegano al crimine. Tuttavia, man
mano che le indagini di Bloom proseguono, viene messo a fuoco ciò
che è realmente accaduto ad Harraway. Tra una visita e l’altra a
Gale, Bloom viene seguita da un misterioso uomo
con un cappello da cowboy di nome Dusty Wright
(Matt Craven). Bloom inizia a sospettare che Wright, ex amante di
Harraway e membro del gruppo di difesa DeathWatch, sia in realtà
l’assassino.
Quando qualcuno lascia a Bloom una
videocassetta nella sua stanza di motel, la giornalista assiste
allo scioccante filmato dell’asfissia e della morte di Harraway.
Mentre si sforza di mettere insieme i pezzi, un altro nastro
conferma che Harraway, che soffriva di leucemia terminale, si è
realmente tolta la vita e ha incastrao Gale, con Wright come suo
complice. Bloom si affretta a rivelare questa prova a discolpa, ma
purtroppo non riesce a fermare l’esecuzione di Gale. I colpi di
scena, però, non finiscono qui. Proprio quando Bloom, sconvolta,
pensa di potersi lasciare alle spalle il caso Gale, riceve per
posta un’altra cassetta con l’etichetta “Off the Record”.
Il filmato rivela che Gale ha
consapevolmente messo le sue impronte digitali sul corpo di
Harraway. Poi fissa la videocamera prima di spegnerla. La
rivelazione finale conferma che Gale è stato in combutta con i suoi
colleghi della DeathWatch per tutto il tempo. Sia Harraway che Gale
si sono martirizzati per le loro convinzioni. Dopo l’esecuzione di
Gale, Bloom rilascia il nastro che conferma che Harraway e Wright
hanno inscenato l’“omicidio” di Harraway. Ciò provoca un grande
clamore, poiché le prove confermano che lo Stato ha giustiziato un
uomo innocente. È chiaro che Harraway e Gale speravano che,
sacrificando le proprie vite in questo modo, avrebbero contribuito
a influenzare l’opinione pubblica contro la pena capitale.
Sebbene l’autosacrificio di Gale
sembri essere una scelta azzardata, all’inizio del film assistiamo
a quello che avrebbe potuto essere il momento di incitamento
dell’intero piano. In un dibattito televisivo con il governatore
del Texas, Gale espone in modo convincente le ragioni contro la
pena di morte. Mentre il governatore dipinge con condiscendenza le
argomentazioni di Gale come “pensiero liberale confuso”, Gale
sottolinea le ipocrisie del politico e afferma che “un sistema
difettoso ucciderà uomini innocenti”. Tuttavia, quando gli viene
chiesto di nominare un uomo innocente che sia stato giustiziato in
Texas, Gale non riesce a fare un solo nome.
In questo momento, possiamo vedere
l’idea che inizia a germogliare nella testa di Gale. Nell’essere
giustiziato dallo Stato, Gale – un uomo innocente – colmerà il
vuoto che mancava nella sua stessa argomentazione. Durante il
dibattito, possiamo anche vedere una Harraway visibilmente
investita in disparte. Sapendo di essere già in fin di vita a causa
del cancro, Harraway sembra non avere problemi a usare la sua morte
per contribuire all’abolizione della pena di morte.
Dopo aver spiegato le motivazioni di
Gale e Harraway, il finale del film lascia in sospeso un’altra
domanda: Perché Gale ha cercato proprio Bloom per indagare sulla
sua storia? Bloom si caratterizza soprattutto per la sua
discrezione giornalistica e per la sua integrità. Grazie alla
reputazione di lei, Gale era chiaramente sicuro che non avrebbe
condiviso il video con il pubblico, proteggendo così l’immagine
della sua innocenza martirizzata. Meno chiaro è il motivo per cui
si sia sentito in dovere di informarla. Forse per una totale
trasparenza e per la volontà di dare un po’ di pace alla
giornalista.
È anche possibile che Gale abbia
provato una certa dose di arroganza, e che il nastro abbia
funzionato come il suo ultimo sussulto di “Guarda come l’ho fatta
franca!”. In ogni caso, Bloom sembra funzionare come un analogo per
lo spettatore. Che sia per ispirazione o per disgusto morale, il
colpo di scena dell’ultimo minuto lascia la giornalista e gli
spettatori a bocca aperta. Tuttavia, questo risvolto rende comunque
Gale colpevole dell’omissione di soccorso nei confronti della
Harraway al fine di perseguire i propri scopi, per cui la vicenda
rimane moralmente controversa.
Il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
È possibile fruire di The
Life of David Gale grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunes
e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 23 ottobre alle ore
21:00 sul canale Iris.
Chris Hemsworth, volto di
Thor, è in trattative per interpretare l’iconico
interesse amoroso da fiaba nel prossimo film Disney Il
principe azzurro. I dettagli della trama del film
sono ancora segreti e non è ancora chiaro se il film sarà
live-action o animato. Il regista di “Wonka“
Paul King firmerà la regia. King,
Simon Farnaby e Jon Croker stanno
scrivendo la sceneggiatura insieme.
Il film si inserisce nella lunga
scia dei progetti della Disney di ri-raccontare i suoi classici.
Sono in programmazione anche un live-action di Lilo &
Stitch e Oceania.
Anche se ha interpretato Carmine
Falcone in The
Batman, John Turturro non ha ripreso il ruolo nella
serie spin-off The
Penguin.Mark
Strong ha interpretato il personaggio nella serie
attualmente in programmazione su Now e
Sky.
In merito al suo rifiuto di tornare
nel ruolo di Carmine Falcone, John Turturro ha dichiarato: “Ho fatto quello che volevo con il ruolo”, dice.
“Nella serie, c’era molta violenza verso le donne, e non fa per
me”.
Falcone irradiava brutalità in The
Batman, ma nel film del 2022, la sua crudeltà è
implicita piuttosto che illustrata. “Succede fuori dallo
schermo”, dice Turturro. “È più spaventoso in questo
modo”.
Rifiutare un ritorno a Gotham è
stato anche in parte dovuto al fatto che ci sono più opportunità
che tempo. “Non puoi fare tutto ciò che vuoi”, ammette. E
il desiderio di lavorare a altri progetti ha attratto Turturro in
The
Room Next Door.
La produzione della seconda stagione
di Beef sta ufficialmente andando avanti su
Netflix, e ora sappiamo che
Oscar Isaac,
Carey Mulligan, Charles Melton, Cailee Spaeny e il
premio Oscar Youn Yuh-jung sono pronti a entrare
nel cast.
Si vociferava da tempo che una
seconda stagione della serie sarebbe andata avanti, ma nulla era
stato confermato ufficialmente fino ad ora. La sinossi ufficiale
della nuova stagione afferma: “Una giovane coppia assiste a
un’allarmante lite tra il loro capo e sua moglie, innescando mosse
di scacchi di favori e coercizione nel mondo elitario di un country
club e del suo proprietario miliardario coreano”.
La stagione sarà composta da otto
episodi da 30 minuti. Lee Sung Jin torna come
creatore, showrunner e produttore esecutivo.
Steven Yeun,
Ali Wong e Jake Schreier sono anche
produttori esecutivi. A24 è lo studio.
La prima stagione di
Beef vedeva Wong e Yeun nei panni di due
persone coinvolte in un incidente stradale che rapidamente degenera
e sconvolge le loro vite. La serie ha debuttato con successo di
critica nel 2023.
Ha vinto otto Emmy Awards, tra cui miglior serie limitata o
antologica.
Viene presentato nella sezione
Grand Public della Festa del cinema di Roma We live in time –
Tutto il tempo che abbiamo di John Crowley, con
Florence Pugh e Andrew Garfield.
John Crowley,
noto per la sua visione calorosa e delicata dell’amore e
dell’immigrazione in Brooklyn (candidato agli Oscar
2016), torna a dirigere un film romantico e intenso sulla capacità
dell’amore di plasmare il tempo e la vita delle persone.
La trama di We live in time –
Tutto il tempo che abbiamo
Un incontro fortuito cambia le vite
di Almut (Florence
Pugh), una chef in ascesa, e Tobias (Andrew
Garfield), appena uscito da un divorzio. Attraverso
istantanee della loro vita insieme – innamorarsi perdutamente,
costruire una casa, diventare una famiglia – emerge una verità che
mette a dura prova la loro storia d’amore. Mentre intraprendono un
percorso scandito dalla dittatura del tempo, imparano ad apprezzare
ogni attimo del loro amore.
We live in time – Tutto il
tempo che abbiamo arriverà nei cinema italiani dal 28
novembre distribuito da Lucky Red.
Adorazione, la serie young adult in 6 episodi
liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Alice Urciuolo, sarà disponibile, solo su
Netflix,
dal 20 novembre 2024, debutta oggi con i primi due episodi ad Alice
nella città, la sezione autonoma e parallela della Festa del cinema
di Roma, dedicata ai giovani, agli esordi e alla scoperta del
talento. La serie è stata presentata dal regista Stefano Mordini,
dall’autrice Donatella Diamanti e dai membri del cast: Noemi
Magagnini, Alice Lupparelli, Beatrice Puccilli, Penelope Raggi,
Luigi Bruno, Giulio Brizzi, Tommaso Donadoni, Federico Russo,
Barbara Chichiarelli, Claudia Potenza, con Noemi.
Dopo il teaser trailer
sulle note di Adorazione, omonimo inedito di Fabri Fibra, anche
supervisore musicale per la colonna sonora della serie, è
disponibile da oggi il trailer ufficiale. Le nuove immagini video
sono accompagnate da Ghost Town,brano inedito di Madame.
L’estate è appena iniziata
sulla costa dell’Agro Pontino quando la scomparsa della sedicenne
Elena getta un’ombra sulla piccola comunità. Data la sua natura
ribelle, sia la polizia che i suoi amici pensano che si tratti
dell’ennesimo tentativo di fuggire da una provincia soffocante… Ma
si sbagliano.
Adorazione è un coming of age con una
forte componente mistery che intreccia sentimenti e generazioni, in
un susseguirsi di scoperte, rivelazioni sorprendenti e segreti
gelosamente custoditi, finendo per distruggere le poche certezze di
una vita di provincia sempre sul filo tra aspirazioni e sogni
infranti. I giovani protagonisti si confrontano con le loro paure
più profonde e le dinamiche del gruppo, rivelando tensioni nascoste
e relazioni complicate, in una sfida costante con se stessi, col
diventare adulti e con i loro genitori, per niente pronti ad
accettare le molteplici verità sulle vite dei figli.
Nel cast Alice Lupparelli
(Elena), Noemi Magagnini (Vanessa), Claudia Potenza (Manuela, madre
di Vanessa),Beatrice Puccilli (Vera, cugina di Vanessa), Giulio
Brizzi (Giorgio, cugino di Vanessa e fratello di Vera), Penelope
Raggi(Diana), Luigi Bruno (Gianmarco), Tommaso Donadoni (Enrico),
Federico Russo (Christian), Alessia Cosmo (Teresa), Federica
Bonocore (Melissa), Barbara Chichiarelli (Chiara, zia di Melissa).
Con Ilenia Pastorelli (Enza, madre di Vera e Giorgio) e Noemi
(Diletta, madre di Diana). La serie, prodotta da Picomedia, è
diretta da Stefano Mordini e scritta da Donatella Diamanti, Tommaso
Matano, Giovanni Galassi, Gianluca Gloria e Francesca Tozzi.
La trama di
Adorazione
Adorazione è una serie
young adult che racconta la storia di un gruppo di ragazze e
ragazzi adolescenti durante l’estate che cambierà per sempre le
loro vite. La scuola è appena finita e i turisti iniziano ad
accorrere sulle splendide spiagge di Sabaudia, quando Elena, 16
anni e una voglia matta di fuggire dalla provincia dell’Agro
Pontino, scompare. Ognuno degli amici di Elena sa qualcosa che non
dice, ha un legame segreto con la ragazza e forse ha a che fare con
la sua misteriosa sparizione. Sarà l’inizio di un viaggio che, tra
sospetti e rivelazioni, porterà ognuno dei ragazzi a fare i conti
con la verità delle proprie relazioni e della propria educazione
sentimentale
Roman Polanski non
sarà più processato a Los Angeles il prossimo anno per il presunto
stupro di una minorenne nel 1973. L’avvocato del regista, Alexander
Rufus-Isaacs, ha dichiarato martedì all’agenzia
di stampa francese AFP che il caso è stato “risolto in
estate con reciproca soddisfazione delle parti e ora è stato
formalmente archiviato”. Polanski avrebbe dovuto affrontare
il processo nell’agosto 2025.
Gloria Allred, l’avvocato
dell’anonimo querelante, ha confermato a Variety che
“le parti hanno concordato un accordo sulle richieste di
risarcimento con reciproca soddisfazione”. Variety ha contattato Rufus-Isaacs per ulteriori
commenti.
Di cosa era accusato Roman
Polanski?
La causa, depositata nel giugno
2023, sostiene che Polanski avrebbe violentato la sconosciuta nel
1973, quando era minorenne, nella sua casa di Benedict Canyon.
Secondo la causa, la querelante aveva conosciuto Polanski a una
festa mesi prima e lui l’aveva invitata a cena, le aveva dato degli
shot di tequila e l’aveva portata a casa sua, dove era svenuta sul
suo letto.
“La querelante ricorda di
essersi svegliata nel letto dell’imputato con lui sdraiato nel
letto accanto a lei”, si legge nella causa. “Lui le disse
che voleva fare sesso con lei. La querelante, sebbene intontita,
disse all’imputato ‘No’. Gli ha detto: ‘Per favore, non
farlo’”. La donna si è fatta avanti in una conferenza stampa del 2017
con la Allred, dove è stata identificata come Robin M., e ha detto
che aveva 16 anni quando è avvenuto il presunto incidente.
Polanski ha negato l’accusa attraverso il suo avvocato, affermando
in una dichiarazione dell’epoca che: “Il signor Polanski nega
strenuamente le accuse contenute nella causa e ritiene che il luogo
adatto per giudicare questo caso sia il tribunale”.
Polanski è fuggito dagli Stati
Uniti dal 1978, quindi non avrebbe potuto partecipare al processo
di persona e avrebbe dovuto apparire in diretta video. Polanski è
fuggito dal Paese alla vigilia della sentenza per lo stupro di una
ragazzina di 13 anni e da allora non è più potuto tornare nel Paese
senza temere di essere arrestato. Nei decenni successivi, gli
sforzi per risolvere il caso penale ed estradarlo sono stati
infruttuosi.
Roman Polanski
aveva anche recentemente affrontato un processo per diffamazione a
Parigi da parte dell’attrice Charlotte Lewis, che
sosteneva che lui l’avesse aggredita sessualmente quando lei aveva
16 anni. In un’intervista del 2019 alla rivista francese Paris
Match, Roman Polanski ha definito le affermazioni
della Lewis una “atroce menzogna”, inducendo la Lewis a citarlo in
giudizio per diffamazione. A maggio Polanski è stato assolto da
queste accuse.
FOTO DI COPERTINA: Roman Polanski
presente a Based On A True Story durante la 70esima edizione del
Festival del Cinema, Cannes, Francia, 27 maggio 2017.
– Foto di DenisMakarenko via Depositphoto.com
Arriva il nuovo trailer della
commedia romantica di Netflix
“Hot Frosty”, la regina dei film natalizi
Lacey Chabert interpreta una vedova di nome Kathy,
che porta magicamente in vita un sexy pupazzo di neve
(Dustin Milligan, attore di “Schitt’s Creek”).
Grazie alla sua ingenuità, il pupazzo di neve aiuta Kathy a ridere,
sentire e amare di nuovo, e i due si innamorano l’uno dell’altra
giusto in tempo per le vacanze… e prima che lui si sciolga.
Alla fine del trailer, si vede il
personaggio di Chabert guardare il film di Lindsay
Lohan per le vacanze di Netflix del 2023, “Falling
for Christmas”. In un’allusione all’amato film del
2004 “Mean Girls”, Chabert commenta: “È così divertente. Sembra
proprio una ragazza con cui andavo al liceo”.
Joe Lo Truglio e Craig Robinson
portano un po’ di sollievo comico nei panni di una coppia di
poliziotti, mentre Katy Mixon Greer, Lauren Holly, Chrishell
Stause, Sherry Miller, Dan Lett, Matthew Stefiuk, Heleene Lohan
Cameron, Allan Royal, Sarah Desouza-Coelho e Bobby Daniels sono gli
altri protagonisti.
Jerry Ciccoritti ha diretto il film
da una sceneggiatura scritta da Russell Hainline. Joel S. Rice e
Michael Barbuto producono, mentre Aren Prupas e Jonas Prupas sono
produttori esecutivi.
Quando uscirà Hot
Frosty?
Hot Frosty arriva
su Netflix il 13 novembre. Lo streamer pubblica una nuova commedia
romantica natalizia ogni mercoledì di novembre. Altri titoli sono
“Meet Me Next Christmas” di Christina Milian il 6 novembre, “The
Merry Gentlemen” con Chad Michael Murray e Britt Robertson il 20
novembre e “Our Little Secret” di Lindsay Lohan il 27 novembre.
Oltre alle commedie romantiche, le offerte natalizie di Netflix
includono le due partite della NFL del giorno di Natale, il
thriller ambientato nel Natale “Carry On” con Taron Egerton, il
film d’animazione “That Christmas”, la serie di gialli natalizi
guidata da Keira Knightley “Black Doves” e lo speciale di Sabrina
Carpenter “A Nonsense Christmas”.
Lo Spider-Man di Tom Holland tornerà nei panni di Peter Parker
in men in men che non si dica in Spider-Man 4,
nuovo capitolo del franchise sull’uomo ragno targato Marvel Studios e Sony Pictures.
Durante un’apparizione al “The
Tonight Show Starring Jimmy Fallon” martedì sera, Holland ha
confermato che il suo quarto film su Spider-Man si
farà – e ha anche una data di inizio della produzione.
L’ultimo film di Holland su
Spider-Man, “No
Way Home” del 2021, ha visto il suo supereroe fare
squadra con i precedenti Spideys Tobey Maguire e Andrew
Garfield – un segreto importante che Holland ha dovuto
tenere nascosto a Fallon l’ultima volta che ha partecipato allo
show. “Hai totalmente, senza dubbio, mentito professionalmente
a tutti noi”, ha detto Fallon. “Ma devo dire che ne è valsa la
pena”.
Tom Holland su Tobey Maguire e Andrew
Garfield
Tom Holland ha
definito le riprese con Maguire e Garfield “il momento più
importante della mia carriera” e ha discusso di come siano
riusciti a tenere nascosta la notizia ai fan per così tanto tempo.
“Eravamo in una bolla di sapone”, ha detto Holland. “Tobey e
Andrew arrivavano sul set con un mantello, sembrava di essere
usciti da ‘Guerre stellari’. Era esilarante”.
Di recente Holland ha fatto il giro
della stampa per promuovere la sua nuova birra analcolica, Bero. La
scorsa settimana, durante il podcast “Rich Roll”, ha rivelato di
aver letto una bozza della sceneggiatura di Spider-Man 4 con
la sua fidanzata e co-protagonista Zendaya e che “ha bisogno di
lavoro, ma gli sceneggiatori stanno facendo un ottimo lavoro”. A
settembre è stato riferito che il regista di “Shang-Chi” Destin
Daniel Cretton era in trattative iniziali per dirigere il sequel,
subentrando a Jon Watts che aveva diretto i tre film precedenti del
franchise.
“L’ho letto tre settimane fa e mi
ha davvero acceso il fuoco”, ha detto Tom Holland. “Io e
Zendaya ci siamo sedute a leggerlo insieme e a volte ci siamo
messe a saltellare per il salotto, come se questo fosse un vero
film degno del rispetto dei fan”. Guardate l’intera
apparizione di Holland al “Tonight Show” qui sotto.
Ecco il teaser trailer di
Mani nude di Mauro
Mancini presentato oggi 23 ottobre nella sezione
Grand Public della 19.a edizione della
Festa del Cinema di Roma. Il film, prodotto da
Eagle Original Content, Pepito Produzioni e Movimento Film
con Rai Cinema, uscirà prossimamente al cinema distribuito
da Eagle Pictures. Musiche originali di
Dardust.
Mani nude
vede protagonisti
Alessandro Gassmann,
Francesco Gheghi, Fotinì Peluso, Paolo Madonna, Giordana
Marengo, con la partecipazione di Renato Carpentieri ed è
tratto dall’opera letteraria “Mani Nude” di Paola Barbato, edita da
R.C.S.
1 di 3
FRANCESCO GHEGHI e
ALESSANDRO GASSMANN in Mani nude
Francesco Gheghi in Mani
Nude
Francesco Gheghi,
Alessandro Gassmann e Fotini Peluso in Mani Nude
Mani
nude è la storia di Davide e Minuto; una storia che
affonda le sue radici nelle paure e nei sentimenti più perturbanti
di un uomo e di un ragazzo, entrambi vittime di un destino più
grande di loro, spingendo a un’inevitabile riflessione su quanto
sia sfaccettata e a tratti incomprensibile la natura umana.
La trama
di Mani Nude
Davide, un
ragazzo di buona famiglia, occhi da bambino e corpo da adulto, una
notte viene rapito e rinchiuso dentro un cassone buio di un camion.
Finisce prigioniero di una misteriosa organizzazione che lo
costringe a lottare, a mani nude, in combattimenti clandestini
estremi, che si possono concludere in un solo modo: con la morte di
uno dei due sfidanti. In quell’universo alieno e
spietato, Davide è costretto a spogliarsi della
sua umanità per sopravvivere, seguendo le istruzioni
di Minuto, un carceriere e allenatore di altri uomini
senza speranza né futuro. Pian piano emerge, però, un legame
segreto tra il ragazzo e l’uomo, che si rivela la
sua unica possibilità di salvezza. E se da quella prigione si
può forse trovare il modo di fuggire, altrettanto non può accadere
con il destino né con le conseguenze delle proprie azioni.
Sono trascorsi esattamente dieci
anni dal 23 ottobre 2014, data in cui uscì nelle
sale italiane Boyhood (qui
la nostra recensione), il capolavoro di Richard
Linklater. Dieci anni in cui il tempo ha per noi
continuato a scorrere inesorabile, mentre per Mason (Ellar
Coltrane) – protagonista del film – si è fermato per la
prima volta dopo dodici anni di riprese. Un tempo in la vita ha
ovviamente continuato a scorrere, portandoci in fasi molto diverse
da quelle abitate al momento della visione del film di Linklater.
Una volta usciti dalla sala, si è come sempre tornati alla “vita
vera”.
Ci si è svegliati per andare a
scuola o al lavoro, sono stati compiuti viaggi, si è provato amore
e tristezza, forse qualcuno è uscito dalla nostra quotidianità
mentre qualcun altro vi è entrato. Insomma, si è continuato a
vivere, con tutte le tappe e le imprevedibili variabili che questo
comporta. Sarà poi sicuramente capitato, nel riguardarsi indietro,
di accorgersi di alcuni piccoli segnali – ai quali nel momento in
cui accadevano non si è però data importanza – di quel che tempo
che trascorreva, di quei cambiamenti che si attuavano senza
chiedere il permesso.
È normale non accorgersene e lo sa
bene anche Linklater, che con Boyhood ha non solo
cercato di cogliere il processo di crescita di un bambino dai 6 ai
18 anni, ma anche di cogliere proprio quegli impercettibili momenti
che la caratterizzano e che, in un modo o nell’altro, influenzano
il percorso in modi e tempi difficilmente prevedibili. Che
l’operazione condotta dal regista texano sia pressocché un unicum
nella storia del cinema è ormai assodato, ma ciò che sorprende
ancora oggi è la precisione con cui egli sia riuscito a farsi acuto
esploratore di questi attimi che, proprio per la loro fugacità,
finiscono con l’essere dimenticati, perduti negli spazi senza
confini del tempo.
Cercare di catturare il tempo, di
fermarlo, o quantomeno di analizzarne il funzionamento è sempre
stato il grande obiettivo di Linklater e del suo cinema. Nel
cercare di portare avanti quest’obiettivo, i suoi film sfuggono
pertanto alle logiche e alle regole del racconto per fare piuttosto
del tempo il loro principale protagonista. Ciò avviene in
esperimenti estremi come Slackers, Waking Life o
il recente Apollo 10½ – A Space Age Childhood, ma anche in titoli
apparentemente più coesi come La vita è un sogno o
Prima dell’alba (primo capitolo di una trilogia
interamente dedicata al catturare il passaggio del tempo).
Con Boyhood, però,
Linklater porta all’estremo questa sua volontà, facendo confluire
un periodo di dodici anni all’interno di un unico film.
Un’operazione complicatissima sotto più punti di vista, a partire
dalla necessità di garantire al tutto una certa coesione e coerenza
stilistica. Proprio in virtù di ciò non sono presenti all’interno
del film delle chiare indicazioni del tempo che trascorre. Non si
ritrovano mai didascalie del tipo “un anno dopo”, poiché non è così
che funziona nella vita. Il tempo trascorre e basta, in un flusso
continuo e inarrestabile senza indicazioni che permettano di
orientarsi.
Il risultato è straordinario:
vediamo gli attori invecchiare davanti ai nostri occhi, crescere
anno dopo anno. Boyhood è la massima espressione
di quello che il cinema ha sempre cercato di fare: immortalare la
vita sullo schermo, renderla eterna, condensarla tutta quanta
all’interno di un’opera che rimane immutata nel tempo. Ma se già
solo l’aver raccolto questo periodo temporale in un film lo rende
di grande valore, a farne un autentico capolavoro è ciò che
Linklater ha scelto di raccontare (o non raccontare) e come.
Boyhood è un atto d’amore alle “parti
noiose” della vita
Come spesso avviene nei suoi film,
Linklater fa delle “parti noiose” che solitamente vengono omesse i
momenti a partire dai quali costruire il racconto. È così che in
Boyhood non ritroviamo alcun colpo di scena,
nessuna azione “da film”, niente di tutto ciò che potrebbe
allontanare il racconto da ciò che lo svolgersi della vita è: un
susseguirsi di momenti ed episodi che potrebbero non avere nulla di
speciale. Eppure, ciò non priva il racconto di un ampio ventaglio
di emozioni, che anzi si ritrovano proprio lì dove non ce lo si
aspetterebbe.
Ci sono due momenti in particolare,
verso l’inizio del film, estremamente brevi, privi di dialogo ma
perfettamente eloquenti nella loro forza. Il primo lo si ha quando
Mason, sua madre e sua sorella sono prossimi al trasloco. Bisogna
lasciare la casa in perfette condizioni e ciò significa anche
coprire un po’ di vernice la porzione del muro dove con un trattino
era stata segnata la variazione di altezza di Mason e sua sorella.
Un gesto che il protagonista compie non senza essersi prima
soffermato ad osservare quel dettaglio, ciò che rappresenta, quasi
con la consapevolezza che una volta coperto con la vernice avrebbe
iniziato a dimenticarlo anche lui.
Il secondo momento, capace di far
salire il cuore in gola, si ha poco dopo, quando ormai in auto e
partiti verso la loro nuova vita, Mason nota dal finestrino il suo
compagno di giochi corrergli dietro in bici per dargli un ultimo
saluto. I due non riescono a parlarsi, forse neanche a vedersi
distintamente, ma il messaggio è chiaro: una parte dell’infanzia di
Mason è finita per sempre. Non vedrà mai più quell’amico, che
crescerà e avrà una vita tutta sua. Come non pensare, davanti ad un
fugace momento come questo, ai tanti amici che nel corso della vita
hanno preso percorsi diversi dai nostri, a quando si è usciti a
giocare insieme senza sapere che sarebbe stata l’ultima volta?
Non siamo noi a cogliere l’attimo, è l’attimo che coglie
noi
Ecco, Boyhood è
costellato di momenti di questo tipo, che si ritrovano anche nel
rapporto con la rigida e stressata mandre (Patricia
Arquette) e con lo spensierato e premuroso padre (Ethan
Hawke), ma anche nel primo impatto con la mortalità,
nell’esperienza scolastica, nei primi amori e nel cuore spezzato
che possono lasciare. La naturalezza con cui Linklater racconta
tutto ciò, senza aver mai saputo sin dall’inizio come sarebbe
evoluto il racconto, ha del miracoloso e ribadisce quella che è la
massima del film: “non siamo noi a cogliere l’attimo, ma è
l’attimo a cogliere noi”.
Sembra infatti di assistere ad un
vero e proprio documentario, quasi un The Truman Show sul naturale processo di crescità di
questo bambino. E documentario Boyhood lo è
davvero, per certi aspetti, perché appunto coglie minuziosamente la
vita nel suo accadere, restituendocela senza filtri. Era l’unico
modo per rendere le particolari vicende di Mason un qualcosa di
universale, che con i giusti arrangiamenti può parlare al cuore di
tutti. E ciò che ci propone è questa antitesi rispetto al carpe
diem di Whitman e di L’attimo fuggente, che sposta l’attenzione su come sia
la vita a scorrere in noi, lasciando come traccia del suo passaggio
le trasformazioni del Tempo.
Apple
TV+ ha presentato il teaser trailer della seconda
stagione di Scissione, la serie thriller ambientata sul posto
di lavoro acclamata dalla critica e vincitrice di un Emmy e di un
Peabody Award. Diretta e prodotta esecutivamente da Ben Stiller e creata, scritta e prodotta
esecutivamente da Dan Erickson, la seconda stagione, composta
da 10 episodi, farà il suo debutto su Apple TV+ il 17 gennaio 2025
con il primo episodio seguito da nuove puntate ogni venerdì
fino al 21 marzo.
https://youtu.be/oMzDUPWkrrA
Cosa aspettarsi dalla seconda
stagione di Scissione
In Scissione Mark
Scout (Adam Scott) guida un team di lavoro della
Lumon Industries i cui dipendenti sono stati sottoposti a una
procedura di scissione, che divide chirurgicamente i loro ricordi
professionali da quelli personali. Questo audace esperimento di
“equilibrio tra lavoro e vita privata” viene messo in discussione
quando Mark si ritrova al centro di un mistero da svelare che lo
costringerà a confrontarsi con la vera natura del suo lavoro… e di
se stesso. Nella seconda stagione, Mark e i suoi amici scoprono le
terribili conseguenze derivanti dall’aver giocato con la barriera
della separazione, che li trascinerà ulteriormente lungo un
percorso di guai e dolore.
La seconda stagione riunisce il
cast di star, tra cui il candidato all’Emmy Adam Scott,
Britt Lower, Tramell Tillman, Zach Cherry, Jen Tullock, Michael
Chernus, Dichen Lachman, il vincitore dell’Emmy John Turturro, il premio Oscar
Christopher Walken e la vincitrice dell’Oscar e
dell’Emmy Patricia Arquette e dà il benvenuto alla
nuova series regular Sarah Bock.
Scissione è
prodotta esecutivamente da Ben Stiller, che dirige anche cinque
episodi della nuova stagione, alternandosi alla regia con Uta
Bresiewitz, Sam Donovan e Jessica Lee Gagné. La serie è scritta,
creata e prodotta esecutivamente da Dan Erickson. La seconda
stagione è prodotta anche da John Lesher, Jackie Cohn, Mark
Friedman, Beau Willimon, Jordan Tappis, Sam Donovan, Caroline
Baron, Richard Schwartz, Nicholas Weinstock. Oltre a
essere protagonisti, Adam Scott e Patricia Arquette sono anche
produttori esecutivi. Fifth Season è lo studio.
La prima stagione completa di Scissione,
disponibile in streaming su Apple TV+, è stata acclamata dal
pubblico e dalla critica internazionale e, oltre a vincere gli AFI
Awards, ha ottenuto 14 nomination agli Emmy, tra cui Outstanding
Drama Series, Outstanding Directing for a Drama Series (Ben
Stiller), Outstanding Lead Actor in a Drama Series (Adam Scott) e
Outstanding Writing for a Drama Series, aggiudicandosi i premi
nelle categorie Outstanding Music Composition for a Series e
Outstanding Main Title Design. La serie ha ottenuto anche due
Writers Guild of America Awards come Miglior nuova serie e Miglior
serie drammatica, oltre a due nomination agli Screen Actors Guild
Awards e una nomination ai Producers Guild e ai Directors Guild
Awards.