Gus Van Sant ha fatto divertire tutto il pubblico di Venezia 82 con la presentazione fuori concorso del suo Dead Man’s Wire, ispirato all’assurda storia vera di Anthony Kiritsis, uomo di Indianapolis che, nel 1977, prese in ostaggio il broker e direttore di banca Richard Hall con un fucile a canne mozze calibro 12 collegato tramite un cavo teso dal grilletto al collo dell’uomo. Il regista di Elephant e Da morire racconta con un’energia e un senso del ritmo travolgente il disperativo tentativo di uomo che ha cercato di riprendere il controllo di una situazione in cui si sentiva soltanto sfruttato.
Sorrido alle carte che mi vengono date
Febbraio 1977. Tony Kiritsis (Bill Skarsgård), aspirante imprenditore di Indianapolis, ha perso l’immobile che sognava di trasformare in un centro commerciale a causa delle rate del mutuo non pagate. Furioso, si presenta agli uffici della Meridian Mortgage Company per incontrare il presidente Richard Hall (Dacre Montgomery). Ma al posto di Hall senior (Pacino), fondatore della società, trova solo il figlio: l’anziano dirigente, infatti, si sta godendo una vacanza di lusso in Florida. Una scoperta che non fa che alimentare la rabbia di Tony. Con questo metodo decisamente peculiare, prende in ostaggio Hall junior, e seguiremo le successive 63 ore di sequestro: Tony afferma la famiglia di magnati si è presa gioco di lui per 4 anni. Inizia lo spostamento di questa catena umana dalla banca all’appartamento, con la stampa che si accalca fuori dall’abitazione. Tra questi c’è una giovane giornalista di colore (Myha’la) che spera di poter seguire delle “notizie vere” per la prima volta. Nelle negoziazioni viene involontariamente trascinanto anche lo speaker radiofonico Fred Temple (Colman Domingo), figura che Tony ha sempre idolatrato e che dovrà agire come intermediario tra le parti. L’uomo vuole che il suo debito venga cancellato, non sottostare a nessun processo o accusa e, cosa più importante, le scuse personali da parte del pater familias.
Non c’è altra scelta
Con Dead Man’s Wire, Gus Van Sant confeziona un’ora e quaranta di pura follia in cui la superiorità narcisistica del protagonista si rivela direttamente proporzionale al favore del pubblico, che rivede nella sfida estrema di quest’uomo il grido emancipatorio dei “perdenti”, da intendersi nel senso della gente che ha perso, a cui è stato tolto tutto.
Convinto che la società lo abbia ingannato, che chi abbia giocato a fare il dio ormai debba perdere, Tony orchestra un rapimento mediatico (agli antipodi di Bugonia, dove l’operazione condotta da Jesse Plemons e compare è decisamente più clustrofobica), che risuona della stessa disperazione di un altro protagonista del concorso di Venezia (Man-soo di No Other Choice).
A parlare sarà l’uomo col fucile
La chiave è fare sentire a Tony che ha un pubblico e infatti l’uomo chiederà una conferenza stampa in diretta nazionale. Bill Skarsgård ruba la scena nei panni di Tony, un mattatore fin troppo consapevole di quello che gli è accaduto, ma non altrettanto delle possibili ripercussioni. L’attore di origine svedese, non a caso, è avvezzo a ruoli peculiari e con accenno di follia (lo ricordiamo come Pennywise in ITe, più recentemente, nei panni del conte Orlok in Nosferatudi Robert Eggers).
Il piano di Tony vive nella contraddizione tra il volersi affermare come eroe nazionale e ordinare che i poliziotti e la famiglia Hall non lo dimentichino, e il definirsi un “piccolo uomo” nel momento in cui lo additano come mostro. Dietro l’atto disperato che inscena, si nasconde in realtà una fragilità umana totalmente condivisibile, che viene trattata al meglio dal regista degli “ultimi”, degli individui contro il sistema in cui risuona la storia di ogni società.
Al Lido capita una cosa curiosa: dopo qualche giorno di proiezioni si perde completamente il senso del tempo. Non si sa più se sia mattina o sera, se siamo al terzo o al decimo giorno di festival, se un titolo sia passato ieri o la settimana scorsa. Ed è proprio in questo limbo sospeso che arriva Kathryn Bigelow, con l’energia di chi rompe l’inerzia e rimette in moto tutto. Otto anni dopo Detroit, la regista premio Oscar torna al cinema conA House of Dynamite, presentato in Concorso all’82ª Mostra del Cinema di Venezia.
Il suo ritorno non è solo un evento, ma una vera e propria scossa: un film che sembra arrivare a dirci che non siamo poi così al sicuro come ci illudiamo, che la Storia bussa sempre con pugni pesanti e che il cinema può ancora fotografarla con precisione chirurgica.
A House of Dynamite: un thriller politico ad alta tensione
La trama, in superficie, sembra appartenere al territorio del cinema catastrofico: un missile nucleare viene intercettato mentre è diretto verso il territorio degli Stati Uniti. Non si sa da dove sia partito, né chi lo abbia lanciato. Inizia così una corsa contro il tempo per individuare il responsabile, disinnescare la minaccia, e soprattutto capire se l’umanità abbia davvero un margine di manovra davanti all’impensabile.
Eppure, a Bigelow non interessa il puro intrattenimento. Non c’è spettacolarizzazione gratuita, non ci sono eroi larger than life. Al contrario, la regista costruisce un’opera chirurgica, che lavora sulla tensione dei silenzi, sugli sguardi contratti, sulla claustrofobia delle stanze del potere. Ogni scelta registica riflette la volontà di mostrare un mondo sull’orlo del collasso, dove le decisioni sono rapide ma mai semplici, e dove il confine tra difesa e autodistruzione si fa sottilissimo. Il risultato è un thriller politico che tiene incollati alla sedia, ma che al tempo stesso lascia un retrogusto amaro e inquietante: quello della plausibilità.
Kathryn Bigelow non è mai stata una regista accomodante, e lo conferma ancora una volta. A House of Dynamite è un film che rifiuta le lusinghe estetiche, le trovate a effetto, le scorciatoie narrative. Il suo sguardo rimane asciutto, diretto, spietato, sempre lucidissimo. E dietro la macchina da presa si percepisce la mano di una cineasta che conosce il peso delle immagini e la responsabilità delle storie che sceglie di raccontare.
La sceneggiatura, solida e precisa, regge perfettamente la tensione per tutta la durata, senza mai concedere pause superflue. Gli attori, un cast corale formato da Idris Elba, Rebecca Ferguson, Gabriel Basso, Jared Harris, Tracy Letts, Anthony Ramos, Moses Ingram, Jonah Hauer-King, Greta Lee, Jason Clarke, offrono interpretazioni di ferro: nessuno sopra le righe, tutti immersi in quel clima di urgenza e terrore trattenuto che rende il film magnetico. Bigelow, del resto, lo ha dichiarato chiaramente: il suo obiettivo era esplorare il paradosso di un mondo che vive nell’ombra costante dell’annientamento nucleare, ma che raramente affronta davvero questo tema. L’eco delle sue parole è palpabile in ogni scena.
Il film che scuote Venezia e lascia il segno
Alla Mostra del Cinema capita ogni anno di vedere opere che raccontano la contemporaneità con sguardi diversi, ma raramente ci si imbatte in un film che riesca a unire con tanta forza contenuto e forma. A House of Dynamite non è solo un film che parla di missili e geopolitica: è una riflessione più ampia sulla vulnerabilità delle società occidentali, sulla fragilità di sistemi che si credono invincibili, sull’illusione di poter controllare l’incontrollabile. E la sua forza sta proprio qui: nell’essere insieme un’opera di intrattenimento e un atto politico, un’esperienza cinematografica avvincente e un monito durissimo. Non stupirebbe affatto se diventasse uno dei titoli più forti del concorso veneziano, capace di mettere d’accordo critica e giuria.
Credits Netflix 2025
Uscendo dalla sala, la sensazione è quella di aver assistito a qualcosa che ci riguarda da vicino, che non possiamo scrollarci di dosso con facilità. A House of Dynamite non consola, non rassicura, ma scuote. È cinema che non si accontenta, cinema che ha ancora il coraggio di essere “necessario”. In un panorama dove spesso la politica è ridotta a cornice estetica o a semplice sfondo, Bigelow dimostra che si può ancora fare cinema di genere senza rinunciare alla lucidità e alla precisione. E che anzi, proprio un thriller può diventare il terreno ideale per raccontare le paure più profonde del nostro tempo.
Kathryn Bigelow firma un ritorno straordinario. Se l’82ª Mostra del Cinema di Venezia cercava il suo titolo simbolo, quello che saprà restare anche dopo che le luci del festival si saranno spente, è difficile non pensare che lo abbia già trovato.
Dopo la conclusione di Spider-Man: No Way Home nel 2021, Peter Parker si prepara a tornare sul grande schermo nel 2026. Il cast di Spider-Man: Brand New Day è attualmente impegnato nelle riprese del grande capitolo della Fase 6, che sarà l’ultimo film prima di Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars, con i due capitoli che concluderanno la Saga del Multiverso. Anche se resta da vedere se l’Uomo Ragno sarà presente in questi film (ad oggi non è confermato), molti si aspettano il suo ritorno.
LADbible ha ora recentemente intervistato Holland, chiedendogli del suo futuro con il franchise MCU e per quanto tempo pensa di interpretare l’icona Marvel, dopo aver assunto il ruolo nel 2016 in Captain America: Civil War. Poiché il 2026 segnerà un decennio da quando è stato scelto per la prima volta per interpretare l’amato supereroe, l’attore ventinovenne ha dichiarato: “Ho cercato attivamente su Internet di capire al meglio cosa vogliono i fan da un film di Spider-Man, e questa è stata la mia forza motrice in questi incontri di presentazione”.
“Penso che i produttori, a volte, fossero davvero stufi di me, ma credo che sia davvero importante, perché facciamo questi film per i fan. Per quanto riguarda il mio futuro nel personaggio oltre questo film, non so rispondere”, ha affermato Tom Holland. LADbible ha anche chiesto se il suo nuovo costume si ispira a qualche fumetto specifico, ma il sito ha osservato che “Holland è stato molto riservato, dicendo che potrebbe essere uno spoiler rivelare cosa ha ispirato il nuovo costume”.
Tuttavia, la star britannica ha dato la seguente risposta riguardo al suo coinvolgimento nel processo questa volta: “La cosa davvero divertente di questo ultimo film è stata disegnare il costume, partecipare al processo e capire cosa volevamo provare a realizzare”. Per quanto riguarda il contesto e l’ispirazione alla base del costume, è comprensibile che non voglia rivelare troppo, soprattutto se questo gioca un ruolo fondamentale nella storia di Spider-Man: Brand New Day.
Data l’enorme eccitazione che circonda il suo ultimo costume, meno si sa prima dell’uscita del film, meglio è. Per quanto riguarda il suo futuro con l’Uomo Ragno, dato che il franchise sta per essere resettato con la fine della Saga del Multiverso, è comprensibile che Marvel Studios e Sony Pictures non abbiano ancora pianificato il futuro di Tom Holland. Anche se lo avessero fatto, tali piani non verrebbero probabilmente rivelati fino a quando non saranno pronti a svelare ulteriori dettagli sulla Fase 7.
Ad oggi, una sinossi generica di Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday, Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal – recentemente annunciato come parte del film – in una situazione già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry Osborn.
Il film è stato recentemente posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026. Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers. Tom Holland guida un cast che include anche Zendaya, Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas e Jon Bernthal. Michael Mando è stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento di Charlie Cox.
Spider-Man: Brand New Day uscirà nelle sale il 31 luglio 2026.
La ragazza della palude (qui la recensione) è tratto dall’omonimo romanzo di Delia Owens, pubblicato nel 2018 e divenuto un caso editoriale internazionale. Il libro, che ha conquistato milioni di lettori in tutto il mondo, mescola elementi di romanzo di formazione, dramma e thriller giudiziario, offrendo un ritratto intenso della protagonista Kya e della sua vita in solitudine nelle paludi del North Carolina. L’adattamento cinematografico cerca di mantenere intatto lo spirito del testo originale, ponendo al centro l’ambiente naturale e la sua influenza sulle dinamiche interiori ed esistenziali della protagonista.
Dal punto di vista del genere, il film si colloca dunque a cavallo tra il melodramma e il thriller investigativo, con una forte componente romantica. È una storia che alterna la descrizione intima della crescita e dell’isolamento di Kya con le atmosfere da legal drama, legate al processo che la vede imputata di omicidio. Questa contaminazione di generi lo rende un’opera capace di attrarre sia chi cerca una vicenda emozionale e introspettiva, sia chi è interessato alla tensione narrativa tipica del mistero e del crimine.
I temi trattati spaziano così dall’emarginazione sociale alla forza della natura come rifugio e alleato della protagonista, fino al peso del pregiudizio e delle dinamiche di esclusione. Centrale è anche la riflessione sul femminile, sulla resilienza e sulla capacità di autodeterminazione, che emergono nella lotta di Kya per difendersi dalle accuse e affermare la propria identità. Nel resto dell’articolo si cercherà di rispondere a una domanda molto diffusa tra spettatori e lettori: La ragazza della palude è tratto o no da una storia vera?
Protagonista del film è Kya (Daisy Edgar-Jones), una bambina abbandonata che è cresciuta fino all’età adulta nelle pericolose paludi della Carolina del Nord. Per anni, le voci sulla “ragazza della palude” hanno perseguitato Barkley Cove, isolando la forte e selvaggia Kya dalla sua comunità. Per lei tutto sembra cambiare quando conosce Chase (Harris Dickinson), quaterback locale con cui intraprende una relazione. Quando però il giovane viene ritrovato morto, Kya è immediatamente indicata come la principale sospettata.
La ragazza della palude è tratto da una storia vera?
In breve: no, La ragazza della palude non è basato su una storia vera, ma su un intreccio narrativo originale nato dalla fantasia di Delia Owens. L’autrice ha costruito il romanzo come un racconto di formazione e di sopravvivenza, intrecciato a un mistero giudiziario che mette in discussione la colpevolezza o l’innocenza della protagonista Kya. Tuttavia, la forza realistica dei personaggi e l’ambientazione estremamente dettagliata hanno ovviamente spinto molti lettori e spettatori a chiedersi se la vicenda potesse avere radici in fatti realmente accaduti.
Un elemento che ha alimentato questo sospetto riguarda proprio la biografia di Delia Owens. Negli anni ’90, Owens e il marito Mark si trasferirono in Africa per dedicarsi alla salvaguardia della fauna selvatica, in particolare in Zambia. Nel 1995, durante il loro soggiorno, un presunto bracconiere venne ucciso in circostanze mai chiarite del tutto. Da allora, le autorità zambiane hanno dichiarato che Delia, il marito e il figliastro Christopher sono persone informate sui fatti e che avrebbero dovuto essere interrogati, sebbene nessuna accusa formale sia mai stata mossa contro di loro.
Owens e la sua famiglia hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento diretto nell’omicidio, ma la coincidenza di aver poi scritto una storia che ruota attorno a un misterioso delitto e a un processo per omicidio ha inevitabilmente riacceso i riflettori su quel caso rimasto sospeso. Alcuni osservatori hanno persino ipotizzato che la scrittrice possa aver inconsciamente trasposto nel romanzo paure e tensioni legate a quell’esperienza, dando vita a un’opera che risuona come più “vera” di quanto in realtà sia.
In definitiva, il film non racconta un fatto realmente accaduto, ma porta con sé il peso di un curioso paradosso: una finzione letteraria diventata cinema che si intreccia, nell’immaginario collettivo, con un episodio oscuro e mai chiarito della vita dell’autrice. Questo legame indiretto contribuisce ad accrescere il fascino e l’ambiguità della storia, lasciando allo spettatore la sensazione di trovarsi davanti a un racconto sospeso tra invenzione e realtà.
Il film del 2000 Space Cowboys si inserisce nella filmografia di Clint Eastwoodcome un’opera che miscela il tono avventuroso con riflessioni sulla vecchiaia e la resilienza, tematiche care al regista-attore americano. Dopo decenni trascorsi a interpretare uomini duri e silenziosi come nel capolavoro Gli spietati, Eastwood qui dirige un cast di veterani dell’era spaziale, mettendo in scena personaggi che, nonostante l’età, cercano di dimostrare il loro valore e affrontare sfide apparentemente impossibili. Il film rappresenta quindi un ponte tra il cinema action e quello drammatico, confermando Eastwood come regista capace di unire spettacolo e introspezione.
L’idea del film nasce dalla voglia di esplorare la nostalgia e l’emozione legata alla corsa allo spazio, raccontando una storia che unisse avventura, tecnologia e dinamiche umane. La sceneggiatura, sviluppata da William Broyles Jr., si ispira a storie di astronauti reali e a racconti di ex militari e ingegneri aerospaziali, dando vita a una narrazione credibile e coinvolgente. L’equilibrio tra la tensione pericolosa delle missioni spaziali e i momenti di comicità legati alle personalità dei protagonisti rende Space Cowboys un film avvincente e al contempo riflessivo.
Il genere del film è un avventuroso action-drama con elementi di fantascienza realistica, che mescola scene di suspense a momenti più intimisti e ironici. Tra i temi trattati spiccano l’amicizia, la lealtà, la determinazione nonostante l’età e la capacità di confrontarsi con i propri limiti fisici ed emotivi. La pellicola invita lo spettatore a riflettere sul valore dell’esperienza e sulla possibilità di superare ostacoli, anche quando il tempo sembra aver ridotto le proprie energie. Nel resto dell’articolo si analizzerà il finale e si approfondiranno le sue implicazioni narrative.
La trama di Space Cowboys
La storia del film si apre nel 1958, nel pieno delle prime sperimentazioni per mandare l’uomo nello spazio. I membri del Team Dedalus, quattro piloti dell’U.S. Air Force, si addestrano infatti per essere i primi americani ad esplorare l’ignoto sopra di noi. Il loro sogno si infrange però nel momento in cui il progetto viene trasferito alla NASA, che affida ad altri il compito. Quarantadue anni dopo, i quattro piloti conducono ora una tranquilla vita da pensionati. L’ingegnere aerospaziale Frank Corvin si gode infatti la sua pensione con la moglie Barbara. Gli altri membri, William Hawkins, Tank Sullivan e Jerry O’Neill, allo stesso modo hanno ormai riposto nel cassetto il sogno di andare nello spazio.
Una seconda possibilità viene però improvvisamente loro offerta dall’ingegnere della NASA Sara Holland. Questa raggiunge i quattro ex piloti per comunicare loro che un vecchio satellite russo è uscito dalla sua orbita e minaccia di schiantarsi sulla Terra. L’unico a saperlo riparare è proprio Frank. Egli si dichiara però disposto ad accettare solo se potrà avere con lui i suoi vecchi compagni di lavoro. Prima di poter andare nello spazio, però, i quattro piloti dovranno riprendere l’addestramento da lì dove lo avevano interrotto. Per completare questo non avranno molto tempo a disposizione, poiché il satellite si avvicina e la salvezza del pianeta richiede tempestività.
La spiegazione del finale
Nel terzo atto di Space Cowboys l’equipaggio della navetta Daedalus deve dunque affrontare la minaccia dei missili nucleari contenuti nel satellite IKON. Dopo il tentativo sconsiderato di Ethan Glance di stabilizzare l’orbita del satellite, che provoca collisioni e gravi danni al veicolo spaziale, Frank e Hawk si dirigono verso il satellite in una passeggiata spaziale rischiosa per attivare i razzi di propulsione e rallentarne la decadenza orbitale. Hawk, gravemente malato, si offre volontario per salire sul satellite e guidare l’operazione finale, sapendo che potrebbe non sopravvivere, ma determinato a realizzare il suo sogno di andare sulla Luna.
La risoluzione del racconto avviene con il sacrificio eroico di Hawk, che riesce a spingere il satellite lontano dalla Terra, neutralizzando la minaccia nucleare. Intanto Frank, Tank e Jerry affrontano il rientro della navetta, rischiando la loro sicurezza ma applicando le tecniche sperimentali di Hawk per rallentare la discesa e garantire un atterraggio sicuro. Il film chiude con un’immagine suggestiva della Luna, mentre Hawk giace tra le rocce dopo aver completato il suo ultimo volo, accompagnato dalla canzone Fly Me to the Moon, che suggella il tono epico e nostalgico dell’opera.
Il finale del film sottolinea l’importanza del coraggio, della dedizione e della capacità di affrontare sfide estreme, anche in età avanzata o in condizioni sfavorevoli. Il sacrificio di Hawk diventa simbolo di eroismo personale, ma anche della fiducia tra compagni di squadra e della capacità di superare limiti fisici e psicologici. La scena sulla Luna serve a ricordarci che il raggiungimento di un sogno può richiedere scelte difficili, ma lascia una traccia indelebile nella memoria e nella storia.
Dal punto di vista narrativo, il finale funziona come chiusura epica della storia: tutte le tensioni accumulate durante il terzo atto vengono risolte, il conflitto principale—la possibile catastrofe nucleare—viene scongiurato e l’arco emotivo dei personaggi trova soddisfazione, soprattutto per Frank che vede realizzarsi l’impresa di Hawk. La combinazione di suspense, azione e riflessione emotiva lascia allo spettatore un senso di compimento, ma anche una dolce malinconia per il sacrificio dell’eroe.
Cosa ci lascia Space Cowboys
Il messaggio del film è chiaro e universale: l’età non definisce il coraggio, l’esperienza ha un valore inestimabile e il lavoro di squadra, unito alla determinazione personale, può affrontare qualsiasi ostacolo. Space Cowboys celebra la resilienza umana e la capacità di realizzare sogni che sembrano impossibili, ricordandoci che il vero eroismo non si misura solo dai risultati, ma anche dal coraggio di affrontare rischi per il bene comune.
Sitcom fondamentale degli anni 2000, Scrubs ha riscosso grande successo durante la sua messa in onda, conclusasi nel marzo 2010 dopo nove stagioni. Il cast era composto da attori già affermati come John C. McGinley e giovani star come Zach Braff e la serie ha ricevuto il plauso della critica durante le prime stagioni per l’umorismo irriverente, il peso drammatico e le interpretazioni dei protagonisti. Da quando è stato annunciato il revival di Scrubs, ci sono state trattative con il cast originale, con diversi membri principali che hanno accettato di tornare, e ora è stata confermata un’altra aggiunta.
Secondo Deadline, Judy Reyes, che ha interpretato l’infermiera Carla Espinosa per otto stagioni della sitcom di successo, tornerà nel reboot, riunendosi ai colleghi Zach Braff, Donald Faison e Sarah Chalke, che torneranno rispettivamente nei panni di John “JD” Dorian, Chris Turk ed Elliot Reid. Si potrebbe obiettare che Scrubs non è una serie che merita un reboot, e che la serie originale era molto legata al suo tempo.
Tuttavia, se deve essere ripresa, avere il maggior numero possibile di membri del cast originale a bordo giocherà probabilmente un ruolo importante nel renderla il più buona possibile. Il ritorno di Reyes significa dunque che un altro membro del cast principale ha accettato di tornare, il che suggerisce che le sceneggiature potrebbero essere piuttosto valide. Riunire JD, Elliot, Carla e Turk regalerà agli spettatori una dose di nostalgia e metterà in risalto l’intesa tra i protagonisti, che è sempre stata un punto di forza della serie.
Le riprese della prima stagione della serie Harry Potter di HBO, che adatterà La Pietra Filosofale, sono ormai iniziate da qualche settimana e le foto dal set hanno rivelato l’aspetto di vari personaggi come Rubeus Hagrid e Ginny Weasley. I social media sono dunque stati inondati di numerose reazioni, con i fan che analizzano se i realizzatori del film stanno rimanendo fedeli ai libri come promesso.
Ora, sono emerse nuove foto dal set hanno rivelato un’emozionante anteprima di uno dei personaggi principali della storia. Wizarding World Direct su X ha infatti condiviso un paio di foto (le si può vedere qui) di Katherine Parkinson nei panni di Molly Weasley. In questa scena, Molly indossa abiti con motivi non abbinati, che danno un forte tocco “alla Weasley”, e ha una borsa appesa alla spalla.
Anche se i suoi capelli sono leggermente diversi da quelli di Julie Walters nei film, il colore rosso dimostra che si integrerà perfettamente con il resto della famiglia. Le foto dal set hanno però suscitato reazioni contrastanti tra i fan che hanno risposto al post su X: alcuni hanno apprezzato il fatto che Molly avrà un’età più vicina a quella del personaggio del libro, mentre altri hanno criticato il suo abbigliamento.
Cosa sappiamo della serie HBO su Harry Potter
La prima stagione sarà tratta dal romanzo La pietra filosofale e abbiamo già visto alcuni altri momenti chiave del romanzo d’esordio di J.K. Rowling essere trasposti sullo schermo. La prima stagione di Harry Potter dovrebbe essere girata fino alla primavera del 2026, mentre la seconda stagione entrerà in produzione pochi mesi dopo. Ogni libro dovrebbe costituire una singola stagione, il che significa che avremo sette stagioni nell’arco di quasi un decennio.
HBO descrive la serie come un “adattamento fedele” della serie di libri della Rowling. “Esplorando ogni angolo del mondo magico, ogni stagione porterà ‘Harry Potter’ e le sue incredibili avventure a un pubblico nuovo ed esistente”, secondo la descrizione ufficiale. Le riprese dovrebbero avere inizio nel corso dell’estate 2025, per una messa in onda prevista per il 2026.
La serie è scritta e prodotta da Francesca Gardiner, che ricopre anche il ruolo di showrunner. Mark Mylod sarà il produttore esecutivo e dirigerà diversi episodi della serie per HBO in collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television. La serie è prodotta da Rowling, Neil Blair e Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e David Heyman di Heyday Films.
Come già annunciato, Dominic McLaughlin interpreterà Harry, Arabella Stanton sarà Hermione e Alastair Stout sarà Ron. Il cast principale include John Lithgow nel ruolo di Albus Silente, Janet McTeer nel ruolo di Minerva McGranitt, Paapa Essiedu nel ruolo di Severus Piton, Nick Frost nel ruolo di Rubeus Hagrid, Katherine Parkinson nel ruolo di Molly Weasley, Lox Pratt nel ruolo di Draco Malfoy, Johnny Flynn nel ruolo di Lucius Malfoy, Leo Earley nel ruolo di Seamus Finnigan, Alessia Leoni nel ruolo di Parvati Patil, Sienna Moosah nel ruolo di Lavender Brown, Bertie Carvel nel ruolo di Cornelius Fudge, Bel Powley nel ruolo di Petunia Dursley e Daniel Rigby nel ruolo di Vernon Dursley.
Si avranno poi Rory Wilmot nel ruolo di Neville Paciock, Amos Kitson nel ruolo di Dudley Dursley, Louise Brealey nel ruolo di Madama Rolanda Hooch e Anton Lesser nel ruolo di Garrick Ollivander. Ci sono poi i fratelli di Ron: Tristan Harland interpreterà Fred Weasley, Gabriel Harland George Weasley, Ruari Spooner Percy Weasley e Gracie Cochrane Ginny Weasley. Warwick Davis, già membro dei film per il cinema, riprenderà il ruolo del professor Filius Vitious.
La serie debutterà nel 2027 su HBO e HBO Max (ove disponibile) ed è guidata dalla showrunner e sceneggiatrice Francesca Gardiner (“Queste oscure materie”, “Killing Eve”) e dal regista Mark Mylod (“Succession”). Gardiner e Mylod sono produttori esecutivi insieme all’autrice della serie J.K. Rowling, Neil Blair e Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e David Heyman di Heyday Films. La serie di Harry Potter è prodotta da HBO in collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television.
Il film del 2022 Finale a sorpresa – Official Competition (qui la recensione) è una satira brillante del mondo del cinema contemporaneo, diretta da Mariano Cohn e Gastón Duprat, con protagonisti Penélope Cruz e Antonio Banderas. Il film racconta le vicende di due attori ossessionati dalla perfezione e dalla competizione sul set, alle prese con le dinamiche assurde e teatrali della produzione di un film d’autore. Tra battute taglienti e situazioni paradossali, la pellicola mette in luce il lato più grottesco e surreale dell’industria cinematografica. Nel resto dell’articolo si analizzerà il finale e si approfondiranno i temi principali del film.
La trama di Finale a sorpresa – Official Competition
Il film inizia con Humberto Suárez (José Luis Gómez), un ricco uomo d’affari ormai anziano che decide di produrre un film e lasciare un’eredità duratura. Per questo incarica Lola Cuevas (Penélope Cruz), una celebre regista, di adattare un romanzo vincitore del premio Nobel intitolato Rivalità. La storia ruota attorno a un uomo che non riesce a perdonare il fratello per aver ucciso i loro genitori in un incidente causato dalla guida in stato di ebbrezza. Per interpretare i due fratelli, Lola decide di ingaggiare Iván Torres (Oscar Martínez), un attore teatrale snob e poco brillante, e Félix Rivero (Antonio Banderas), un attore hollywoodiano di grande successo, che forse non è così abile nell’arte della recitazione.
Entrambi apportano il proprio punto di vista nell’affrontare i rispettivi ruoli. Iván prepara un’intera storia per il suo personaggio per giustificare il suo stato mentale. Félix crede che, come attore, si debbano recitare i dialoghi in modo abbastanza convincente da far credere al pubblico alla finzione e inventare le proprie storie. Le loro due personalità contrastanti si scontrano, mentre Lola continua con il suo approccio registico micro-gestionale. Dà a entrambi gli attori un feedback approfondito sulle loro performance, li fa ripetere le battute fino a quando non la soddisfano e arriva persino a usare un esperimento pratico, tenendo un masso sopra di loro con una gru per far loro sentire la tensione della scena.
Antonio Banderas, Penelope Cruz e Oscar Martínez in Finale a sorpresa – Official Competition
Più tardi, distrugge tutti i premi che hanno ricevuto con un trituratore industriale. I tre artisti cercano di coesistere, nonostante i loro diversi metodi, per portare sullo schermo una visione unitaria. Poiché Iván continua a sminuirlo, Félix decide di vendicarsi. Rivela la sua diagnosi di cancro al pancreas e afferma di voler fare di Rivalità il suo ultimo capolavoro prima di morire. La notizia sconvolge Lola, che si preoccupa di come concludere le riprese se Félix morirà entro un anno. Iván, però, la consola offrendosi di interpretare entrambi i ruoli.
Poco dopo, Félix rivela però di aver mentito sulla sua diagnosi per farsi rispettare le sue capacità recitative. Félix è orgoglioso di quanto sia facile ingannarli con la sua recitazione. Iván lo applaude per essere riuscito a convincerli di questa bugia e dice di invidiare la capacità di Félix di raggiungere un pubblico così vasto. Ma in seguito, Iván confessa di aver mentito anche lui e definisce il lavoro di Félix un intrattenimento superficiale e banale, fatto per la maggioranza che si nutre di trucchi così scontati. La loro continua battaglia tra ego fa dunque infuriare Lola, che decide di prendersi una pausa per dimostrare la sua importanza come regista.
Alla fine, arrivano alla scena finale del loro film, dove il personaggio di Félix uccide quello di Iván per vendetta e finge di essere lui. Subito dopo questa rappresentazione, Humberto organizza una festa per commemorare l’inizio della produzione del film. In quest’occasione, uno scontro tra i due attori porta ad un drammatico risvolto: Félix spinge Iván giù dal tetto dell’abitazione, apparentemente uccidendolo. A questo punto Félix si nasconde per salvarsi da ogni accusa. Più tardi, esce per consolare la moglie di Iván. Lola, però, se ne accorge e capisce che Félix sta solo recitando.
Mentre Iván rimane in coma in ospedale, Félix interpreta il ruolo dei fratelli (come proposto da Iván in precedenza). Il film viene presentato a un festival cinematografico, dove Félix viene elogiato per la sua interpretazione durante la sessione di domande e risposte che segue la proiezione. Mostra preoccupazione per il suo ex co-protagonista Iván e dice che avrebbe voluto che fosse stato nel film. Tuttavia, Lola risponde alle domande della stampa con poche parole e non si lascia andare a rivelazioni sul “significato più profondo o sul legame” dietro al film.
Antonio Banderas e Oscar Martínez in Finale a sorpresa – Official Competition
La spiegazione del finale del film
Dopo aver dedicato del tempo a delineare lentamente le personalità dei singoli personaggi, il finale tralascia a questo punto diversi dettagli. Mentre Iván è in coma, Félix approfitta della sua assenza per costruire la propria opera e ottenere la rispettabilità artistica che ha sempre adorato. L’idea di assegnargli entrambi i ruoli sembra essere venuta a Lola, dato che Iván le aveva presentato questa idea in passato. Inoltre, lei non sembra il tipo di persona che vorrebbe sprecare qualsiasi opportunità le si presenti. Quindi, raggiunge il suo obiettivo finale: realizzare il film in un modo o nell’altro.
Il gioco di ruoli che si ritrova nei personaggi di Iván e Félix rispecchia le loro vite reali, dove Iván assume la vita di Félix dopo la sua uscita di scena. Poiché l’aspetto meta è piuttosto evidente, Lola si rifiuta di commentarlo. Forse perché attirerebbe inutili polemiche o perché vuole smettere di discutere di ciò che è successo (e considerarlo l’ispirazione dietro il suo lavoro). Nel montaggio finale, il film affronta essenzialmente un unico tema: la vita continua.
Huberto continua a curare la sua immagine pubblica di multimilionario e inaugura un ponte che ha finanziato. Félix continua a ottenere grandi ruoli nonostante le sue limitate capacità recitative e non presta attenzione al suo passato. Poiché nessuno lo scopre nella sua menzogna (a parte Lola), ciò rafforza il punto di vista di Iván: le persone credono ai trucchi economici della sua recitazione. Nonostante la sua eccellenza artistica, Iván continua a desiderare il riconoscimento e la vendetta per ciò che Félix gli ha fatto.
Mentre rivela i loro progressi, Lola rompe la quarta parete per chiederci quando il film finisce veramente per noi. Anche quando i titoli di coda scorrono, invitandoci a lasciare la sala, i nostri pensieri e le nostre idee continuano a ronzarci nella testa. Quindi la pioggia immediata di premi, riconoscimenti o amore non determina necessariamente la vita di un film. Dipende anche dalla sua longevità. In sostanza, ci fa riflettere su come giudichiamo l’arte e su cosa basiamo i nostri giudizi. È solo la valutazione critica? È un premio a un festival cinematografico o un successo al botteghino? La natura aperta del suo monologo ci porta a riflettere su questo aspetto.
Antonio Banderas, Penelope Cruz e Oscar Martínez in Finale a sorpresa – Official Competition
La spiegazione dei temi di Finale a sorpresa – Official Competition: l’ego degli artisti
L’elemento del temperamento artistico viene dunque ripetutamente indagato e discusso per tutta la durata del film. Sia Félix, affermato nel mainstream, sia Iván, purista, si preoccupano eccessivamente di come vengono percepiti e se gli altri li rispettano. Quando Félix si procura una piccola contusione, crea un dramma inutile come se fosse un incidente mortale. Quando Iván decide di arrivare in ritardo sul set perché Félix ha potuto farlo, anche lui agisce in base al suo ego.
Entrambe le loro azioni rappresentano i capricci che gli attori/artisti mettono in atto, spesso per aumentare il loro valore agli occhi degli altri. Oltre a loro, anche il temperamento artistico di Lola diventa evidente. Il suo stile di regia appare intensamente invasivo. Questo perché controlla minuziosamente ogni piccolo dettaglio affinché il lavoro prenda vita esattamente secondo la sua visione. Ciò fa infuriare gli attori, poiché il suo metodo influisce sul loro stile recitativo. Il film crea gran parte del suo “dramma” attraverso lo scontro tra gli ego di tutti questi individui nel mondo dell’arte.
La vita imita l’arte e viceversa
Il casting di Félix e Iván sembra intenzionale, poiché rispecchiano le lotte emotive dei loro personaggi. Gli attori sembrano fratelli estraniati che litigano per il loro amore per la recitazione, proprio come i loro personaggi litigano per il loro amore verso i genitori. Come spiegato in precedenza, l’aspetto di prendere il posto del fratello nell’ultima scena delle prove (e del film) appare nella vita reale di questi attori, rafforzando ulteriormente l’aspetto meta di questa commedia nera.
HBO ha confermato la data di uscita di IT: Welcome to Derry. La serie in arrivo è un prequel del filmIT del 2017 e del suo sequel, IT – Capitolo due del 2019 e sarà incentrata su un altro gruppo di ragazzi che affrontano Pennywise il Clown circa 27 anni prima che il Club dei Perdenti combattesse per la prima volta il mostruoso cattivo. Fino ad oggi sapevamo che la serie sarebbe arrivata nel corso di “ottobre 2025”. Ora, l’account X di HBO Max ha finalmente annunciato che IT: Welcome to Derry sarà trasmesso per la prima volta il 26 ottobre 2025. Successivamente, i restanti nove episodi della serie saranno trasmessi settimanalmente.
La serie, prodotta dalla Warner Bros. Television e sviluppata per la televisione dai registi Andy Muschietti e Barbara Muschietti(IT, The Flash) e Jason Fuchs (Wonder Woman), debutterà su HBO e sarà disponibile in streaming in Italia grazie a Sky. Muschietti dirigerà quattro episodi della serie di nove episodi. Bill Skarsgård ha descritto IT: Welcome to Derry come “piuttosto hardcore” e ha ammesso di aver avuto qualche esitazione nel riprendere quello che è diventato forse il suo ruolo più iconico.
“In un certo senso, mi sentivo come se avessi chiuso con quel personaggio. Era anche perché stavo girando [Nosferatu], stavo interpretando Orlock e, per me, era come se fosse ‘l’ultimo chiodo nella bara dei miei ruoli da mostro’“, ha spiegato. ”Quindi mi sentivo come se avessi chiuso con quella parte e volessi fare cose diverse. Naturalmente, anche la cosa di Pennywise mi ha definito in modo piuttosto netto. Pensavo: ‘Quello è il me stesso ventiseienne’. Non sono più un ragazzo giovane“.
“Poi le cose sono cambiate. Barbara e Andy, i Muschietti, lo stanno realizzando. Li adoro. Sono amici molto cari. Anzi, sono come una famiglia. Sono il padrino di suo figlio. Quindi li adoro, e ho pensato: ‘Va bene, riportiamolo in vita’”. Skarsgård ha aggiunto: “È stato divertente. Mi è piaciuto più di quanto pensassi, in realtà. Ci sono parti in cui abbiamo potuto esplorare lati di Pennywise che non avevamo mai visto, ed è divertente. Mi sono ricordato quanto mi è piaciuto lavorare con Andy, e ci divertiamo molto insieme. Penso che ci siano alcune cose interessanti che non abbiamo ancora visto e che spero il pubblico apprezzerà e si divertirà a guardare“.
Ambientata nell’universo di IT di Stephen King, la serie è basato sul romanzo e amplia la visione creata dal regista Andy Muschietti nei film IT – Parte 1 e IT – Parte 2. Il cast è guidato da Taylour Paige, Jovan Adepo, Chris Chalk, James Remar, Stephen Rider, Madeleine Stowe, Rudy Mancuso e Bill Skarsgård. È stato anche confermato che IT: Welcome to Derry sarà trasmesso per la prima volta questo ottobre, il che significa che dovremmo tornare a Derry in tempo per Halloween.
È stato pubblicato il primo sanguinoso trailer della prossima serie animata Disney+Marvel Zombies. La serie di quattro episodi uscirà il 24 settembre e sarà la prima serie animata vietata ai minori della Marvel. Lo show è inizialmente nato come episodio della Stagione 1 di What If… ? che ha reimmaginato l’universo Marvel come un incubo zombificato. Personaggi dell’MCU come Ms. Marvel, Kate Bishop, Jimmy Woo, Yelena Belova, Okoye, Capitan America, Wanda Maximoff, Namor, Abominio e molti altri ricompaiono ora in Marvel Zombies.
Nell’episodio di What If… ?, intitolato “E se… Zombie?”, gli Avengers e quasi tutto il mondo vengono infettati da un virus zombie che Janet van Dyne porta dal Regno Quantico. Le prime vittime sono suo marito Hank Pym, seguito da sua figlia Hope van Dyne, alias Wasp, e Scott Lang, alias Ant-Man. Molti degli altri Vendicatori si trasformano poi in cadaveri mangia-cervelli, come Iron Man, Doctor Strange, Wong, Occhio di Falco, Falcon e Wanda Maximoff.
Sempre in quell’episodio, una squadra di umani, tra cui Wasp, Spider-Man, Winter Soldier, Hulk, Sharon Carter, Okoye e la testa parlante di Ant-Man in un barattolo, deve quindi sfuggire all’assalto degli zombie. Alla fine, molti dei sopravvissuti muoiono e Hulk si sacrifica per fermare una zombie Wanda superpotente che ha poteri magici grazie alla Gemma della Mente. Gli umani fuggono a Wakanda, ma un cliffhanger anticipa che uno zombie Thanos ha quasi completato il Guanto dell’Infinito.
In Marvel Zombies, dunque, dopo che gli Avengers sono stati sopraffatti da un’epidemia zombie, un gruppo di sopravvissuti disperati scopre la chiave per porre fine ai non morti dotati di superpoteri, correndo attraverso un paesaggio distopico e rischiando la vita per salvare il loro mondo.
Il trailer è innegabilmente folle e presenta Namor e Scarlet Witch come i grandi cattivi dello show. Viene anche mostrato Blade mentre fa buon uso dei poteri di Moon Knight quando affetta e fa a pezzi Ghost, mentre Spider-Man usa la sua ragnatela per strappare le teste di un intero gruppo di non morti mangia-cervelli.
Il creatore di “The Walking Dead” Robert Kirkman ha originariamente ideato Marvel Zombies come serie a fumetti nel 2005, ambientata in un universo alternativo popolato da zombie. La serie animata è invece stata realizzata da Bryan Andrews e Zeb Wells. I produttori esecutivi sono Kevin Feige, Louis D’Esposito, Brad Winderbaum, Dana Vasquez-Eberhardt, Bryan Andrews e Zeb Wells, mentre i produttori sono Danielle Costa e Carrie Wassenaar.
Mentre la Fase 6 è appena iniziata quest’estate con I Fantastici Quattro: Gli Inizi, solo una manciata di film e serie TV rimangono nella Saga del Multiverso, che si concluderà nel 2027. La Marvel Studios sta attualmente lavorando al grande team-up che vedrà il franchise affrontare il Dottor Destino interpretato da Robert Downey Jr., dato che Victor von Doom sta finalmente facendo il suo debutto nell’MCU. Con diversi personaggi di ritorno confermati per l’installazione, i dettagli sulla trama generale sono ancora tenuti segreti. In un nuovo articolo di Variety, Channing Tatum ha rilasciato un’intervista mentre era infortunato, rivelando di essersi fatto male durante le riprese di Avengers: Doomsday a Londra.
Mentre veniva utilizzato per i primi piani e doveva stare in panchina mentre la sua controfigura eseguiva le acrobazie più impegnative, Tatum ha condiviso quanto segue sul suo ritorno nel 2026: “Avevamo tantissime altre riprese tra cui un “grande combattimento” con il Dottor Destino interpretato da Robert Downey Jr.. Inoltre non avrò un accento cajun esagerato. I registi Anthony e Joe Russo vogliono che le cose siano divertenti, ma non vogliono fare come in Deadpool. Vogliono mantenere il dramma e renderlo intenso. Quando Gambit diventa serio, quando si toglie la maschera di Mardi Gras, le cose contano davvero“.
Tatum, lo ricordiamo, ha debuttato nel ruolo di Remy LeBeau nel film Deadpool & Wolverine del 2024, dove Wade Wilson e Logan lo scoprono come uno degli eroi caduti nel Vuoto alla fine del tempo. Channing Tatum è stato poi uno dei numerosi attori annunciati per il film del 2026 durante una diretta streaming a sorpresa della Marvel Studios tenutasi nel marzo 2025. Nonostante il tragico infortunio di Tatum, dai suoi commenti risulta chiaro che il suo ruolo nel cast di Avengers: Doomsday non verrà necessariamente eliminato né ridotto dal punto di vista narrativo.
L’impatto maggiore sarà sicuramente sul lavoro più impegnativo, come le scene acrobatiche, dove naturalmente dovrà sostituirlo una controfigura. È però logico che stiano adottando un approccio diverso al personaggio per questo film, che avrà inoltre un accento meno marcato. Mentre il suo debutto nel 2024 è stato caratterizzato da momenti seri, la prossima apparizione dell’attore farà parte di una storia significativamente più cupa e ricca di colpi di scena. Inoltre, è di particolare interesse la conferma che ci sarà una grande battaglia tra Avengers e Dottor Destino, che idealmente richiamerà per proporzioni quella contro Thanos vista in Avengers: Endgame.
Ridley Scott anticipa il suo prossimo film post-apocalittico, rivelando che potrebbe essere il migliore della sua lunga carriera cinematografica. Ora ottantasettenne, Scott rimane attivo come sempre come regista, avendo realizzato Il Gladiatore II lo scorso anno e film come Napoleon(2023) e House of Gucci (2021) prima ancora.
Scott, tuttavia, rimane ancora famoso soprattutto per i suoi primi lavori come il primo Alien(1979) e Blade Runner(1982), con Thelma & Louise (1991) che ha ottenuto anche il plauso della critica. Durante la fase centrale della sua carriera, Scott ha poi realizzato film di successo come Il gladiatore (2000) e Black Hawk Down (2001).
Negli ultimi due decenni, ha invece continuato a realizzare film con regolarità, ottenendo riscontri alterni. Prometheus(2012) e Alien: Covenant(2017), ad esempio, hanno segnato il suo tanto atteso ritorno alla saga di Alien, ma la risposta del pubblico è stata contrastante. The Martian (2016), invece, è stato un successo indiscutibile.
I tre film più recenti di Ridley Scott, citati in apertura, hanno però avuto difficoltà con il pubblico e la critica, con la risposta a Il Gladiatore II più tiepida rispetto all’originale. Al momento, il suo prossimo lavoro è The Dog Stars, basato sull’omonimo romanzo di Peter Heller del 2012, per cui si punta a un’uscita nel marzo 2026.
Il film è ambientato all’indomani di una devastante pandemia e segue un uomo di nome Hig (Jacob Elordi) mentre attraversa un paesaggio post-apocalittico con il suo cane e un misterioso pistolero alla ricerca dell’origine di una trasmissione radio. Durante una recente intervista con Dazed, Scott approfondisce The Dog Stars e ciò che contraddistingue il progetto, affermando: “Quello che ho appena completato, The Dog Stars, ha avuto riprese durate 34 giorni”.
“È veloce come una serie TV, ma forse è il mio miglior film. Ogni film è una scoperta di chi sei e delle scelte che fai sugli attori. Prima di parlare con qualcuno, guardo tutto quello che ha fatto. Ho scelto Jacob Elordi, Margaret Qualley, Guy Pearce e Josh Brolin. Spesso, la cosa in cui sono più bravo è il casting. Se sono disponibili, di solito li prendo“.
Cosa aspettarsi da The Dog Stars di Ridley Scott
L’accoglienza riservata al romanzo The Dog Stars è stata generalmente positiva, il che significa che l’adattamento cinematografico poggia su basi relativamente solide. Tuttavia, le ultime dichiarazioni di Scott suggeriscono anche che il regista spera che il film possa porre fine alla sua serie di insuccessi in termini di accoglienza da parte della critica.
Il Gladiatore II e Napoleon erano molto attesi, ma nessuno dei due ha riscosso un grande successo. Su Rotten Tomatoes, il primo ha ottenuto un tiepido 70%, mentre il secondo solo il 58%. Il suo film precedente, House of Gucci, ha ottenuto il 61%. Nessuno di questi punteggi è terribile, ma indicano che questi film recenti non sono riusciti a suscitare grande interesse.
Essendo un film d’azione e fantascientifico, un genere che tradizionalmente non ha mai riscosso grande successo agli Oscar, non è chiaro se The Dog Stars riuscirà a lasciare il segno. Il film, tuttavia, potrebbe comunque avere successo presso il pubblico e la critica, consolidando ulteriormente Scott come uno dei grandi registi di Hollywood, specialmente considerando la sua predisposizione per questi generi. Per adesso, sappiamo che nel cast, oltre a Elordi, ritroveremo Josh Brolin, Margaret Qualley, Guy Pearce e Benedict Wong.
Albert Camus, chiamato a sintetizzare il senso del suo romanzo più celebre, scriveva: «Qualsiasi uomo che non piange al funerale di sua madre rischia di essere condannato a morte». Con questa frase si entra subito nel cuore de L’Étranger, opera cardine della letteratura del Novecento, che François Ozon ha scelto di adattare e presentare in concorso a Venezia 82. Una sfida enorme, considerato che ogni lettore si è già costruito un suo Meursault interiore, e che dal 1967 – anno del film di Luchino Visconti con Marcello Mastroianni – nessun altro regista aveva più tentato un confronto diretto con il testo.
Meursault, l’uomo assente
Algeri, 1938. Meursault è un impiegato qualunque, con un reddito appena sufficiente a vivere. Sua madre muore in un ospizio, e lui assiste al funerale senza versare una lacrima. La sua schiena drittissima, lo sguardo fisso e inafferrabile lo rendono un corpo estraneo persino al dolore condiviso. Gli altri piangono, ma lui resta impenetrabile, incapace di compiere un gesto di vicinanza persino verso chi, affaticato, rimane indietro nel corteo. È il primo segno di un’incolmabile distanza: la vita scorre, ma Meursault sembra non appartenere a nulla.
Il giorno dopo si lascia trascinare in una relazione casuale con Marie, e nella vita quotidiana che sembra scivolare via senza scosse. Ma l’incontro con il vicino Raymond lo porterà a invischiarsi in dinamiche violente, fino a un omicidio assurdo, compiuto su una spiaggia abbagliante. «Ho ucciso un arabo» dirà, in quella che Camus trasformava in una condanna esistenziale più che giudiziaria.
Ozon tra fedeltà e tradimento
Ozon affronta il romanzo di Camus consapevole che ogni adattamento è, inevitabilmente, un tradimento. Sceglie di essere fedele alla lettera nella prima parte, che mette in scena quasi senza parole, con un ritmo lento e sensoriale: funerali, giornate ripetitive, caldo insopportabile. Il silenzio diventa linguaggio, la fisicità sostituisce l’introspezione. La seconda parte, quella del processo e del carcere, era per il regista la più temuta, perché è lì che il romanzo diventa filosofia pura, flusso di coscienza. Il film opta allora per una resa corporea, fisica, cercando di restituire le vibrazioni interiori più che i discorsi razionali.
Il regista inserisce anche un elemento nuovo: l’uso di immagini d’archivio per contestualizzare l’Algeri coloniale degli anni ’30. Non potendo girare in Algeria per ragioni politiche, sceglie di restituirne comunque la presenza, la bellezza e la tensione. Così, l’estraneità di Meursault diventa anche quella di un francese in mezzo a un popolo dominato: un borghese che guarda, che non partecipa, che alla fine commette un atto irreversibile e inspiegabile.
Un protagonista enigmatico
Il Meursault di Benjamin Voisin è il cuore del film: corpo rigido, volto impenetrabile, assenza che si fa presenza scenica. Come spiegava lo stesso attore, interpretare un personaggio che “fa quasi nulla” è paradossalmente uno sforzo fisico estenuante. L’interpretazione, vicina al modello bressoniano di “attore come figura”, evita ogni psicologismo e restituisce un uomo che osserva, consuma piccoli gesti quotidiani, e non mente mai, nemmeno quando dovrebbe. È proprio questa sincerità radicale a renderlo incomprensibile agli occhi della società.
Accanto a lui, il film lavora sui personaggi femminili – in primis Marie – che diventano un controcanto alla tossicità maschile di figure come Raymond Sintès o Salamano. Una scelta che amplia il romanzo, introducendo una sensibilità contemporanea senza snaturarne la sostanza.
Un film che interroga ancora oggi
Guardando L’Étranger di Ozon, si percepisce come l’assurdo descritto da Camus non sia invecchiato. Meursault resta un enigma, ma anche un individuo che rifiuta di giocare la partita sociale, pagandone il prezzo più alto. Il film non ha l’ambizione di risolvere il mistero del personaggio: preferisce abitarlo, restituendo lo straniamento e la sensazione di un mondo che non offre più appigli.
Con qualche lentezza e con un secondo atto forse leggermente meno incisivo del primo, L’Étranger non raggiunge sempre la stessa potenza visiva ed emotiva, ma conferma il coraggio di Ozon nel confrontarsi con un classico incandescente, scegliendo la strada della sottrazione e dell’opacità.
Era nell’aria ed ora c’è la certezza: Paramountha firmato un accordo cinematografico con Activision, editore di videogiochi di proprietà di Microsoft, per portare sul grande schermo la sua serie Call of Duty. Nell’ambito della partnership, Paramount svilupperà, produrrà e distribuirà un film live-action basato sull’universo di questa saga videoludica, che comprende più di 30 giochi principali pubblicati dal debutto dell’originale “CoD” nel 2003.
Fonti riferiscono a Variety che, sebbene l’accordo sia specificamente incentrato sulla realizzazione di un film di successo su Call of Duty, esso comprende la possibilità per la Paramount di espandere l’universo di “CoD” al cinema e alla televisione. Non ci sono ancora dettagli su quale sarà il tema centrale del film, anche se la serie di videogiochi è incentrata su contesti militari sparatutto in prima persona.
L’accordo su Call of Duty arriva un mese dopo che la Paramount ha concluso la fusione da 8 miliardi di dollari con la Skydance di David Ellison ed è l’ultima di una serie di mosse clamorose. Da quando la fusione è stata approvata, la società ha attirato i creatori di “Stranger Things”, i fratelli Duffer, da Netflix e ha sborsato 7,7 miliardi di dollari per diventare la sede degli eventi dell’Ultimate Fighting Championship per sette anni.
Ora parte di Microsoft Gaming, Activision era stata essa stessa protagonista di una mega fusione solo due anni fa, quando Microsoft ha completato l’acquisto da 68,7 miliardi di dollari di Activision Blizzard, che ha dato alla società tecnologica il controllo di Call of Duty e di molti altri popolari titoli di videogiochi.
Per anni Hollywood ha faticato a decifrare il codice degli adattamenti dei videogiochi, ma più recentemente ha trovato il successo, producendo adattamenti cinematografici di successo di Mortal Kombat, la serie Fallout e, quest’anno, Minecraft. La Paramount ha già ottenuto un grande successo con il suo adattamento di Sonic – Il film, che ha dato vita a sequel e spin-off in streaming.
Call of Duty finalmente al cinema
Con Call of Duty, ottiene l’accesso non solo alla serie di videogiochi di maggior successo di tutti i tempi, che ha venduto 500 milioni di copie in tutto il mondo e ha incassato 30 miliardi di dollari fino al 2022, ma anche a una serie di videogiochi che non era mai stata adattata per il cinema o la televisione.
“Da fan di lunga data di ‘Call of Duty’, questo è davvero un sogno che si avvera”, ha dichiarato Ellison, presidente e amministratore delegato della Paramount, in un comunicato. “Dalle prime campagne alleate nell’originale ‘Call of Duty’, passando per ‘Modern Warfare’ e ‘Black Ops’, ho trascorso innumerevoli ore giocando a questa serie che adoro. Essere incaricati da Activision e dai giocatori di tutto il mondo di portare questo straordinario universo narrativo sul grande schermo è sia un onore che una responsabilità che non prendiamo alla leggera“.
“Nel corso della sua storia, ‘Call of Duty’ ha catturato la nostra immaginazione con azioni incredibili e storie intense che hanno riunito milioni di persone da tutto il mondo, e l’impegno a realizzare incredibili giochi ‘Call of Duty’ rimane immutato”, ha dichiarato in un comunicato il presidente di Activision Rob Kostich. “Con Paramount abbiamo trovato un partner fantastico con cui collaboreremo per portare sul grande schermo quell’azione viscerale e mozzafiato in un momento cinematografico decisivo. Il film onorerà e amplierà ciò che ha reso grande questo franchise, e non vediamo l’ora di iniziare”.
Avengers: Doomsday vedrà Robert Downey Jr. assumere i panni del Dottor Destino. Ad oggi, l’attore è apparso per la prima volta nei panni di Victor von Doom nella scena a metà dei titoli di coda di I Fantastici Quattro: Gli Inizi. Tuttavia, il suo volto non era visibile, con la scena che lascia intravedere solo il costume e la maschera di Doom.
Downey, quindi, comparirà a tutti gli effetti nel ruolo in Avengers: Doomsday e sembra ne sarà il protagonista nello stesso modo in cui Thanos è stato il protagonista effettivo di Avengers: Infinity War del 2018, nonostante l’alto numero di eroi coinvolti. Al momento, si sa poco di cosa aspettarsi dalla trama di Avengers: Doomsday, ma parlando con The River, l’attore di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci AnelliSimu Liu ha anticipato ciò che Robert Downey Jr. porterà in scena.
“È stato parte integrante del successo della Marvel e ha recitato in tantissimi film nel corso degli anni, eppure trova ancora il tempo per incontrare e interagire con tantissime persone. Dato che ha interpretato ruoli così diversi, penso che tutti rimarranno sbalorditi dal modo in cui affronta questo nuovo personaggio nel film”, ha affermato Liu.
Cosa significano i nuovi commenti di Simu Liu su Robert Downey Jr. in Avengers: Doomsday
Sebbene i nuovi commenti di Simu Liu su Avengers: Doomsday non rivelino nuove informazioni sulla storia di Dottor Destino nel film Marvel, l’anticipazione che i fan rimarranno sbalorditi dal modo in cui Downey interpreterà il cattivo dell’MCU è entusiasmante. Dopo che Jonathan Majors è stato licenziato dal franchise, la Marvel ha come ormai noto deciso di abbandonare i suoi piani per Kang il Conquistatore.
Con diversi progetti nella Saga del Multiverso incentrati sulla creazione di Kang e delle sue varianti, è stata una mossa piuttosto azzardata. Se c’era un cattivo che poteva sostituirlo, quello era sicuramente Dottor Destino. La scelta di Robert Downey Jr. per il ruolo ha poi diviso l’opinione pubblica. Da un lato, il suo talento è innegabile. D’altra parte, il suo passato come Iron Man rende la situazione confusa.
I commenti di Liu su come il Dottor Destino di Downey Jr. si stia rivelando una svolta impressionante per l’attore potrebbero aiutare ad alleviare le preoccupazioni di coloro che erano incerti su come sarebbe andato il passaggio da Iron Man a questo villain. Nel sottolineare la “vasta gamma di ruoli” interpretati da Downey Jr., Liu sembra inoltre anticipare una nuova versione dell’attore nei panni del personaggio.
28 anni dopo: The Bone Temple arriverà sul grande schermo il 16 gennaio 2026 e in attesa di un trailer che dovrebbe essere diffuso nelle prossime ore, delle prime immagini hanno rivelato alcuni dettagli di cosa ci aspetta nel prossimo capitolo. Diretto da Nia DaCosta e scritto da Alex Garland, il sequel del film di successo del 2025, 28 anni dopo (qui la nostra recensione), sarà il quarto capitolo della serie cinematografica (considerando anche 28 settimane dopo).
Girato subito dopo il suo predecessore, 28 anni dopo: The Bone Temple riprenderà gli eventi del film precedente, che ha incassato 150,4 milioni di dollari in tutto il mondo e ha visto protagonisti nomi come Alfie Williams, Aaron Taylor-Johnson, Jodie Comer e Ralph Fiennes. Tuttavia, è stato anche annunciato in precedenza che Bone Temple vedrà il ritorno – nel finale – di Cillian Murphy, che riprende il ruolo di Jim da 28 giorni dopo.
Ora, tornando al film, tramite Rolling Stone, la Columbia Pictures ha rivelato diverse immagini in anteprima di 28 anni dopo: The Bone Temple, offrendo un primo assaggio ufficiale del film. Le immagini (le si può vedere qui) mostrano il dottor Kelson, interpretato da Fiennes, che cammina verso la telecamera, Sir Jimmy Crystal, interpretato da Jack O’Connell, in piedi tra i suoi seguaci, e Chi Lewis-Parry nei panni di Samson, portatore Alpha del virus, in un fiume.
Nia DaCosta rivela cosa aspettarsi da 28 anni dopo: The Bone Temple
Parlando con Rolling Stone, la regista DaCosta ha rivelato come voleva separare 28 anni dopo: The Bone Temple dai suoi predecessori, affermando: “La mia grande proposta quando ho parlato con i produttori, tra cui Danny e Alex, prima di entrare nel progetto, è stata: ‘Lo renderò mio. Non cercherò di fare un film di Danny Boyle’. Perché è impossibile farlo”.
Descrivendo come 28 anni dopo: The Bone Temple sia il seguito del film horror di successo del 2025, DaCosta rivela che il giovane Spike è il filo conduttore tra i due film, costretto a unirsi alla setta di Jimmy, pronta a scontrarsi con il dottor Kelson. Inoltre, secondo DaCosta, la storia del dottor Kelson e la dinamica generale con Samson saranno ulteriormente approfondite, poiché costituiscono “una parte importante del film”.
Anche O’Connell, nel corso dell’intervista con Rolling Stones, ha aggiunto il suo contributo sul film, definendolo “il cugino strano e squilibrato di 28 anni dopo”. Egli anticipa anche che “non credo che gli infetti siano puramente antagonisti nel nostro film. Sicuramente vi farà riflettere su questo”, prima di aggiungere che il suo personaggio intraprende “un viaggio di contorta allegria”. O’Connell anticipa inoltre che “il trailer riesce davvero bene a trasmettere un’atmosfera e uno stato d’animo senza alludere troppo alla trama”, aggiungendo poi che il film nel suo complesso “va lontano, amico”.
28 anni dopo: The Bone Temple sembra dunque voler espandere il franchise in modo significativo, non solo in termini di dimensioni, ma anche di tono e filosofia. Con Nia DaCosta che ha preso il posto di Danny Boyle alla regia e Alex Garland che continua a guidare la storia, la serie si sta evolvendo in qualcosa di più ambizioso e ricco dal punto di vista tematico, approfondendo le strutture formatesi all’indomani del virus.
L’attenzione a personaggi come il dottor Kelson e Sir Jimmy Crystal introduce due visioni molto diverse della sopravvivenza: una clinica e ossessionata dal controllo, l’altra caotica e settaria. Nel frattempo, Spike funge da ponte emotivo e narrativo tra i film, radicando la storia man mano che diventa più strana, più oscura e più imprevedibile. Tuttavia, è interessante notare che non si fa ancora menzione di Cillian Murphy.
La regista Kathryn Bigelow vuole che il suo nuovo film, A House of Dynamite, suoni l’allarme sui pericoli delle armi nucleari. Il teso thriller politico, presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia e interpretato da Idris Elba e Rebecca Ferguson, segue i funzionari della Casa Bianca che si affannano per affrontare un imminente attacco missilistico contro gli Stati Uniti.
“Spero che il film sia un invito a decidere cosa fare di tutte queste armi”, ha dichiarato Bigelow durante la conferenza stampa ufficiale. “La mia risposta sarebbe quella di avviare una riduzione degli arsenali nucleari. In che modo annientare il mondo può essere una buona misura di difesa?” Bigelow ha continuato: “Questo è un problema globale, la situazione attuale con le armi nucleari. Certo, la speranza contro ogni speranza è che un giorno riusciremo a ridurre le scorte nucleari. Ma nel frattempo, viviamo davvero in una casa di dinamite”.
A House of Dynamite è il primo film di Kathryn Bigelow a otto anni dal dramma storico poliziesco Detroit del 2017 con John Boyega. L’ultima volta che ha partecipato a Venezia è stato con il thriller sulla guerra in Iraq The Hurt Locker del 2008, accolto con una standing ovation di 10 minuti. Con quel film, oltre a vincere l’Oscar per il miglior film, Bigelow è diventata la prima donna a vincere l’Oscar per la migliore regia.
Sofia Coppola ama i ritratti intimi, quelli che scrostano la superficie e rivelano fragilità inattese. Con Marc by Sofia, presentato Fuori Concorso alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia, la regista si cimenta per la prima volta con il documentario e sceglie come protagonista l’amico di lunga data Marc Jacobs.
Il risultato è un’opera elegante e personale, che non si accontenta di celebrare lo stilista ma lo mostra nel suo continuo oscillare tra sicurezza creativa e insicurezza personale. Un ritratto che parla di moda, certo, ma soprattutto di amicizia e di arte come forma di sopravvivenza.
Marc by Sofia: moda, cinema e confessione
La struttura del film ruota attorno alla preparazione della collezione primavera 2024. Jacobs, oggi sessantaduenne, appare calmo, lontano dalle crisi isteriche che altri documentari di moda hanno immortalato. La sua ossessione non è per il dramma ma per i dettagli: la piega di una manica, il tono “dead Barbie” di uno smalto, il gesto rigido di una modella che ricorda le bambole di carta.
Coppola accompagna questo lavoro maniacale con flashback agli anni ’90, quando Jacobs scandalizzò il fashion system con il grunge da passerella. Qui entra in gioco il cinema: Fassbinder, Fosse, Streisand, The Graduate, Cabaret. Non sono semplici citazioni, ma tasselli che compongono l’immaginario del designer. Coppola intreccia queste immagini con grazia, rendendo il documentario una vera conversazione visiva tra moda e settima arte.
Un film che parla di reinvenzione
Coppola lascia emergere le ombre: un’infanzia segnata dalla perdita del padre e da una madre instabile, gli anni difficili con i nonni, il bisogno di rifugiarsi nell’arte. Ne esce il ritratto di un uomo che ha costruito se stesso reinventandosi a ogni stagione, come ogni grande stilista deve fare per sopravvivere.
E se il film ha un’eleganza esclusiva che sembra riservata agli addetti ai lavori, basta lasciarsi andare al fascino delle immagini: la passerella sotto un gigantesco tavolo e sedie, i riferimenti pop trasformati in abiti, l’idea che la moda possa essere al tempo stesso gioco e resistenza.
Marc by Sofia non è il solito documentario di moda: è un film affettuoso ma rivelatore, capace di trasformare Jacobs da icona patinata a artista vulnerabile. Coppola dimostra ancora una volta la sua sensibilità unica nel raccontare le vite come fossero sussurri, restituendo il ritratto di un uomo che continua a reinventarsi, e di un’amicizia che diventa lente cinematografica. Il risultato è brillante, intimo e sorprendentemente universale: un film che non racconta solo un designer, ma il potere della creazione come forma di libertà.
Marco Bellocchio torna a interrogare la memoria pubblica italiana con Portobello, serie HBO Original presentata fuori concorso a Venezia 82 e attesa su HBO Max nel 2026. Il caso Tortora, uno dei più clamorosi errori giudiziari del nostro Paese, diventa per il regista un laboratorio etico e formale: la caduta di un volto popolarissimo non è solo cronaca, ma il sintomo di un’epoca in cui televisione, magistratura, informazione e politica si sono guardate allo specchio senza più riconoscersi. Bellocchio mette al centro l’uomo Enzo Tortora e, attorno, il sistema che lo ha celebrato il venerdì sera e linciato il lunedì mattina. Ne scaturisce una riflessione lucida sulla responsabilità dell’immagine e sul prezzo che si paga quando la verità abdica al racconto più comodo.
Dal rito pop alla macchina del processo
La struttura alterna l’euforia luminosa dello studio televisivo alla claustrofobia di questure, carceri e aule giudiziarie. La fotografia di Francesco Di Giacomo, calda e satura nei momenti di spettacolo, fredda e livida nelle stanze del potere, disegna un doppio paesaggio morale. La scenografia di Andrea Castorina restituisce con precisione l’Italia a cavallo tra fine Settanta e primi Ottanta: un Paese che rompe il monopolio Rai, scopre la pubblicità invasiva, trasforma il salotto in tribunale. Il montaggio di Francesca Calvelli governa con rigore la dialettica tra mito pop e incubo kafkiano: le manette mostrate alle telecamere, il pappagallo silenzioso, i titoli urlati dei giornali diventano icone di un processo all’immagine prima ancora che alla persona.
Il metodo Bellocchio: cronaca che diventa drammaturgia
Scritto da Bellocchio con Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore, Portobelloevita il santino e rifiuta il pamphlet. L’idea di fondo è più sottile: usare gli strumenti del cinema per restituire la complessità di un’odissea giudiziaria maturata per accumulo di certezze presunte, testimonianze inaffidabili, vanità professionali e convenienze mediatiche. La serie insiste sul ruolo della parola come atto performativo (interrogatori, arringhe, titoli), ma anche sull’atto di guardare: la telecamera che chiede spettacolo, l’occhio del pubblico che pretende una narrazione lineare, lo sguardo del giudice che dovrebbe resistere alla semplificazione. In questo scarto si consuma la tragedia di Tortora.
Tortora, la televisione e il Paese
Il protagonista è raccontato come un professionista laico, orgogliosamente «non ricattabile», che ha creduto nella funzione civile del piccolo schermo, dando voce a «umili e bizzarri» nel grande mercato del desiderio chiamato Portobello. La serie mostra quanto rapidamente quello stesso dispositivo di prossimità – entrare nelle case, essere “uno di famiglia” – possa rovesciarsi in esposizione punitiva. La notte del 17 giugno 1983 diventa lo spartiacque: l’arresto, l’esposizione mediatica, l’onda di sospetto che travolge la presunzione d’innocenza. A colpire è la pazienza con cui Bellocchio costruisce il sentimento di smarrimento: il tempo si dilata nelle attese, si contrae nella frenesia del circo mediatico, e l’eroe popolare si ritrova semplice cittadino dentro un ingranaggio che pretende una vittima esemplare.
Il fattore umano: un cast che incide
Fabrizio Gifuni evita l’imitazione calligrafica e compone un Tortora riconoscibile nella postura, nella voce, nella cortesia assorta che si incrina. È un’interpretazione di cesello che restituisce tanto il carisma pubblico quanto la fragilità privata. Lino Musella scolpisce un Giovanni Pandico inquieto e contraddittorio, capace di spostare l’asse del racconto ogni volta che compare; Barbora Bobulova, Romana Maggiora Vergano, Massimiliano Rossi, Alessandro Preziosi e Pier Giorgio Bellocchio abitano con misura le orbite del sistema che stringe il protagonista. Le musiche di Teho Teardo, mai invadenti, pulsano sottopelle e sostengono l’andamento elegiaco di un racconto che parla di ferite non rimarginate.
Tra politica delle immagini e pedagogia del racconto
Portobelloè particolarmente forte quando mette in relazione l’evoluzione del sistema televisivo con la mutazione del discorso pubblico: dal rito collettivo del varietà al rito disciplinare della gogna, dalla curiosità alla diffidenza. Bellocchio mostra come la giustizia possa farsi «missionaria» e cieca, come la stampa possa confondere informazione e fiction, come la politica abdichi al calcolo. In alcuni passaggi, però, la serie indulge a spiegare ciò che l’immagine aveva già chiarito: l’insistenza sul rito mediatico, qualche dialogo programmatico, una didascalia di troppo che toglie aria all’ambiguità. È un limite relativo – frutto anche dell’orizzonte seriale, che allarga e ribadisce – ma percepibile.
La forma seriale: respiro e ripetizione
Il formato in sei episodi offre a Bellocchio respiro e profondità: il privato di Tortora, la costruzione degli antagonisti, la cartografia dei poteri che convergono e si contraddicono. Il rovescio è una certa ridondanza, specie nel ribadire la dinamica tra piazza mediatica e aula giudiziaria. Laddove Esterno notte faceva dell’ellisse e del punto di vista un’arma di sorprendente spiazzamento, Portobello preferisce una linearità più accessibile, talvolta pedagogica. Non è un difetto assoluto: rende il racconto più inclusivo, ma attenua la vertigine che l’autore sa evocare nei suoi capitoli più incendiari.
Netflixha rivelato la data di uscita nelle sale e i dettagli della trama dell’attesissimo Wake Up Dead Man – Knives Out con Daniel Craig. Il film arriverà sulla piattaforma streaming il 12 dicembre, passando però prima per alcuni cinema selezionati a partire dal 26 novembre, dopo una prima mondiale al Toronto International Film Festival a settembre e la proiezione al London Film Festival a ottobre.
Questo continua la tradizione del franchise di uscire nelle sale durante il weekend del Ringraziamento, dato che i primi due film hanno debuttato nel medesimo periodo. Considerato il “capitolo più oscuro” della serie diretta da Rian Johnson, il nuovo film vedrà Blanc unire le forze con il capo della polizia locale per risolvere un “omicidio improvviso e apparentemente impossibile”.
La sinossi completa riporta infatti: “Benoit Blanc (Daniel Craig) torna per il suo caso più pericoloso nel terzo e più oscuro capitolo dell’opera gialla di Rian Johnson. Quando il giovane prete Jud Duplenticy (Josh O’Connor) viene mandato ad assistere il carismatico e provocatorio monsignor Jefferson Wicks (Josh Brolin), è chiaro che non tutto va bene nella chiesa.
Il modesto ma devoto gregge di Wicks comprende la devota Martha Delacroix (Glenn Close), il circospetto giardiniere Samson Holt (Thomas Haden Church), l’avvocatessa Vera Draven (Kerry Washington), l’aspirante politico Cy Draven (Daryl McCormack), il medico di paese Nat Sharp (Jeremy Renner), l’autore di best seller Lee Ross (Andrew Scott) e la violoncellista Simone Vivane (Cailee Spaeny).
Dopo che un omicidio improvviso e apparentemente impossibile sconvolge la città, la mancanza di un sospettato evidente spinge il capo della polizia locale Geraldine Scott (Mila Kunis) a unire le forze con il famoso detective Benoit Blanc per svelare un mistero che sfida ogni logica”.
Netflix ha anche condiviso un poster teaser del giallo, con Blanc e il resto del cast che circondano una tomba (lo si può vedere qui). Il primo trailer di Wake Up Dead Man – Knives Out ha dato al pubblico un assaggio del nuovo caso emozionante e oscuro di Blanc, suggerendo un’atmosfera gotica. La chiesa e il cimitero saranno i luoghi chiave del film, che presenta personaggi affascinanti.
Dal medico di paese interpretato da Renner al giovane prete interpretato da O’Connor e all’autrice di best seller interpretata da Scott, il terzo capitolo sembra essere il perfetto incontro tra il giallo e il dramma di una piccola città.
L’uscita limitata nelle sale e la prima al festival cinematografico significano anche che Wake Up Dead Man – Knives Out potrà essere candidato alla 98ª edizione degli Academy Awards, dove i precedenti due sono entrambi stati nominati per la Miglior sceneggiatura originale. D’altra parte, i fan che hanno atteso con impazienza il film potranno vederlo a novembre, quasi un mese prima della sua prima ufficiale su Netflix.
Sono appena state pubblicate nuove foto dal set di Clayface, che questa volta rivelano le conseguenze dell’attacco che ha lasciato il protagonista Matt Hagen orribilmente sfigurato. In queste ultime immagini (le si può vedere qui), scattate a Liverpool, in Inghilterra, che attualmente fa da controfigura a Gotham City, vediamo Hagen lasciare l’ospedale indossando una maschera protettiva, mentre viene sommerso dai giornalisti. Il personaggio, interpretato dall’attore gallese Tom Rhys Harries, appare comprensibilmente infelice.
In precedenti foto abbiamo visto il protagonista sanguinante trasportato d’urgenza in ospedale e ora che si è “ripreso”, l’attore cercherà probabilmente la formula Clayface che può aiutarlo a ritrovare il suo bell’aspetto. Tuttavia, c’è da scommettere che tutto andrà terribilmente storto. La sinossi ufficiale riporta infatti che “Hagen è un attore affascinante e promettente. Originario di Gotham, si trasferisce a Hollywood per sfuggire al suo passato travagliato e iniziare la carriera di attore. Qui viene però orribilmente sfigurato e la sua carriera e la sua attività di attore sono rovinate e alla fine si trasforma in un mostro mutaforma”.
Al momento sono stati rivelati pochi dettagli sulla trama, ma abbiamo appreso che Matt Hagen sarà al centro dell’attenzione. Nei fumetti, era il secondo Clayface, un avventuriero che si è trasformato in un mostro dopo aver incontrato una pozza radioattiva di protoplasma. Questo è cambiato in Batman: The Animated Series, dove è stato ritratto come un attore che usava una crema anti-età per sembrare più giovane. Dopo essersi scontrato con il suo creatore, Roland Daggett, Hagen viene immerso in una vasca di quella sostanza e diventa il “classico” Clayface che tutti conoscete dai fumetti.
Stando ad alcuni rumor emersi online, la storia di Clayface sarà incentrata su un attore in ascesa il cui volto è sfigurato da un gangster. Come ultima risorsa, il divo si rivolge a uno scienziato eccentrico per poter ottenere nuovamente il suo fascino. All’inizio l’esperimento ha successo, ma le cose prenderanno presto una piega inaspettata.
Poiché Clayface sarà ambientato nell’universo DC, i fan dovrebbero aspettarsi molti collegamenti con l’universo più ampio, e saremmo molto sorpresi se Batman apparisse o fosse anche solo menzionato. Il produttore Peter Safran ha condiviso alcuni nuovi dettagli sulla sceneggiatura di Flanagan, sottolineando che il film sarà effettivamente un film horror in piena regola, sulla scia di La mosca di David Cronenberg, ma si dice trarrà anche ispirazione dal successo horror di Coralie Fargeat, The Substance.
“Clayface, vedete, è una storia horror hollywoodiana, secondo le nostre fonti, che utilizza l’incarnazione più popolare del cattivo: un attore di film di serie B che si inietta una sostanza per rimanere rilevante, solo per scoprire che può rimodellare il proprio viso e la propria forma, diventando un pezzo di argilla ambulante”, ha dichiarato Safran.
Tom Rhys Harries interpreterà il personaggio principale di Clayface, il film dei DC Studios. Il film vedrà anche la partecipazione di Max Minghella nel ruolo di John, un detective di Gotham City che inizia a nutrire sospetti sulla relazione tra la sua fidanzata Caitlin e Matt Hagen. Naomi Ackie interpreta invece proprio Caitlin Bates, amministratrice delegata di un’azienda biotecnologica che cura Matt dopo che questi è stato sfigurato.
Il film è basato su una storia di Mike Flanagan, attore di La caduta della casa degli Usher (l’ultima bozza è stata firmata da Hossein Amini, sceneggiatore di Drive), con James Watkins, regista di Speak No Evil, alla regia.
Clayface è attualmente previsto per l’arrivo nelle sale l’11 settembre 2026.
Guarda il trailer di Chad Powers, la nuova serie comedy originale con protagonista Glen Powell, che debutterà martedì 30 settembre con due episodi, in esclusiva su Disney+ a livello internazionale e su Hulu negli Stati Uniti. I nuovi episodi saranno disponibili ogni martedì.
La trama della serie Chad Powers
Dopo otto anni dall’errore imperdonabile che ha stroncato la sua promettente carriera nel college football, il quarterback di successo Russ Holliday cerca di rivivere i suoi sogni travestendosi da Chad Powers, uno stravagante giocatore di talento che entra a far parte di una squadra in difficoltà, i South Georgia Catfish.
Chad Powers è prodotta dai co-creatori ed executive producer Glen Powell e Michael Waldron. Eli Manning ricopre il ruolo di executive producer insieme a Peyton Manning, Jamie Horowitz e Ben Brown di Omaha Productions e a Burke Magnus, Brian Lockhart e Kati Fernandez di ESPN. Waldron e Adam Fasullo sono gli executive producer per Anomaly Pictures. Luvh Rakhe è executive producer e Tony Yacenda regista ed executive producer. La serie vede come protagonista Powell, che è anche co-creatore, co-sceneggiatore ed executive producer con la sua società di produzione Barnstorm Productions.
La serie è interpretata da Glen Powell nel ruolo di “Russ Holliday/Chad Powers”, Perry Mattfeld in quello di “Ricky”, Quentin Plair nei panni di “Coach Byrd”, Wynn Everett in quelli di “Tricia Yeager”, Frankie A. Rodriguez nel ruolo di “Danny” e Steve Zahn in quello di “Coach Jake Hudson”.
L’immaginazione di Stephen King ha popolato il cinema con alcuni dei mostri più memorabili, dal clown Pennywise che vive nelle fogne in Italle sale infestate dai fantasmi dell’Overlook Hotel in Shining. Per decenni, i suoi romanzi sono stati una fonte inesauribile per Hollywood, creando una vasta libreria di adattamenti che hanno definito il genere horror per generazioni di spettatori. Questo lungo e intimo rapporto con l’industria cinematografica ha dato a King una voce potente, che raramente esita a usare.
Con l’adattamento cinematografico di The Long Walk, uno dei suoi primi e più inquietanti romanzi, che presto arriverà nelle sale, King mette a confronto la natura risoluta della sua storia con la violenza edulcorata che è diventata la norma nel cinema dei supereroi. “Se guardi questi film sui supereroi, vedrai… qualche supercattivo che distrugge interi quartieri, ma non vedrai mai sangue. E cavolo, questo è sbagliato. È quasi pornografico“, ha detto King in un’intervista al Times di Londra.
Sulla base di ciò, l’attore ha rivelato di aver chiesto esplicitamente che la morte degli adolescenti in The Long Walk avvenisse sullo schermo e non fuori scena. ”Ho detto: se non lo mostrate, non fatelo. E così hanno realizzato un film piuttosto brutale“. L’insistenza di Stephen King sulla brutalità è fondamentale per la terrificante premessa di The Long Walk. Scritta quando era adolescente e pubblicata nel 1979 con lo pseudonimo di Richard Bachman, la storia è ambientata in un’America distopica dove 100 adolescenti competono nell’evento annuale che dà il titolo al libro.
Le regole sono semplici: mantenere una velocità di marcia di almeno tre miglia all’ora. Se un concorrente scende al di sotto di tale velocità per troppo tempo, riceve tre avvertimenti prima di essere ucciso a colpi di pistola. L’ultimo ragazzo rimasto in piedi vince tutto ciò che desidera per il resto della sua vita. Quella che all’inizio sembra dunque una sfida sostenibile, si rivelerà ben presto un incubo a tutti gli effetti. Date le affermazioni di King, c’è da aspettarsi che il pubblico sarà costretto a confrontarsi con ognuna delle brutali uccisioni.
Il cast di The Long Walk
Adattamenti di The Long Walk sono stati tentati e bocciati per anni, ma la prima versione completata uscirà finalmente nelle sale quest’anno ed è diretta da Francis Lawrence. Il cast include Cooper Hoffman, David Jonsson, Ben Wang, Charlie Plummer, Judy Greer, Garrett Wareing e Roman Griffin Davis. Mark Hamill interpreta il severo sergente che controlla i giovani partecipanti e gestisce le regole della macia. Il film arriverà nelle sale statunitensi dal 12 settembre, mentre al momento non è noto quando sarà possibile vedere il film in Italia.
Apre ufficialmente oggi alle ore 11.00 la vendita dei biglietti dell’edizione 2025 di Lucca Comics & Games, FRENCH KISS: da ora è possibile acquistare biglietti giornalieri e abbonamenti fino al raggiungimento di un massimo di 80 mila ingressi al giorno.
HA INIZIO L’AVVENTURA DI LUCCA COMICS & GAMES! Tutte le informazioni sui biglietti dell’edizione 2025 della kermesse di Lucca e le indicazioni su prezzi, abbonamenti, tipologie e le diverse modalità di acquisto, sono disponibili nella sezione dedicata del sito https://luccacomicsandgames.ticketone.it/
Le tipologie di biglietti in vendita sono:
biglietti print@home – stampa@casa: il biglietto giornaliero o abbonamento è scaricabile dall’area personale del sito TicketOne o dal link che si riceve via email e potrà essere esibito anche solo in formato digitale, senza bisogno di stamparlo (per l’ingresso al festival è poi necessario ritirare il braccialetto presso i punti welcome desk);
biglietti e-ticket: il biglietto digitale da mostrare solo via smartphone (anche in questo caso è comunque necessario ritirare il braccialetto presso i punti welcome desk);
biglietti e abbonamenti con opzione “salta il welcome desk” per ricevere biglietto e braccialetto direttamente a casa, valido per gli acquisti online fino alle ore 9.00 del 16 ottobre. Chi acquista il biglietto giornaliero con l’opzione “salta il welcome desk” riceverà a casa il Fanticket;
biglietti Level Up Fan, che quest’anno raddoppia l’appuntamento e apre uno slot per l’acquisto in contemporanea con l’apertura della biglietteria ordinaria;
tutti gli abbonamenti e le combinazioni di giorni (per quelli da 3, 4 e 5 giorni è automaticamente inclusa la spedizione a casa di biglietti e relativi braccialetti, per ordini effettuati entro il 16 ottobre);
Da mercoledì 1 ottobre 2025 i biglietti e gli abbonamenti sono acquistabili anche presso i punti vendita fisici TicketOne presenti in tutta Italia, in alcuni dei quali, i punti vendita GOLD, sarà possibile non solo acquistare biglietti e abbonamenti, ma anche ritirare i relativi braccialetti.
La tipologia di consegna cambia sulla base del tipo di biglietto:
tramite corriere espresso (insieme al braccialetto): automatica per abbonamenti da 3, 4 e 5 giorni, e opzionale per biglietti giornalieri e per abbonamenti da 2 giorni (“salta il welcome desk”). L’opzione – in entrambi i casi – è valida soltanto per gli acquisti effettuati online fino alle ore 9 del 16 ottobre;
tramite smartphone: i biglietti e-ticket sono biglietti in formato solo digitale e i braccialetti dovranno essere ritirati direttamente presso i punti welcome desk del festival;
print@home – stampa@casa: il biglietto giornaliero/abbonamento dovrà essere stampato direttamente dall’acquirente, sarà scaricabile dall’area personale del sito TicketOne o dal link che si riceve via email. I braccialetti dovranno essere ritirati direttamente presso i punti welcome desk del festival.
LEVEL UP FAN: I BIGLIETTI DAI SUPER POTERI
Quest’anno Lucca Comics & Games raddoppia l’appuntamento per l’acquisto dei Level Up Fan, i biglietti dai super poteri dedicati ai fan più affezionati della manifestazione. Accesso a servizi extra, gadget esclusivi e momenti indimenticabili di convivialità con gli ospiti della manifestazione: con questa esclusiva tipologia di biglietto le opportunità sono imperdibili! Per questa edizione il festival ha deciso di riservarne 100 per la vendita in contemporanea con l’apertura della biglietteria ordinaria, alle ore 11.00 di oggi. Sarà possibile acquistare fino a un massimo di 4 biglietti Level Up con lo stesso account e in un’unica soluzione.
WELCOME DESK E BRACCIALETTI: LA TUA LUCCA EXPERIENCE STA PER INIZIARE
I biglietti Lucca Comics & Games 2025 sono validi soltanto se esibiti insieme ai relativi braccialetti: chi acquista un biglietto o un abbonamento, per entrare negli spazi a pagamento della manifestazione, deve passare a ritirare il braccialetto a uno dei punti welcome desk presenti nella città di Lucca. Chi ha acquistato biglietti singoli per più giornate o un abbonamento da 2 giorni (o un abbonamento da 3, 4 e 5 giorni dopo il 16 ottobre) può ritirare tutti i braccialetti direttamente al primo passaggio ai welcome desk, senza necessità di tornare i giorni successivi.
I welcome desk sono cinque, visibili sulla mappa, e saranno aperti da mercoledì 29 ottobre a domenica 2 novembre, dalle ore 6.30 alle ore 18.30, con una eccezione: quest’anno baluardo San Regolo, uno dei welcome desk situati sulle Mura di Lucca, sarà aperto già da martedì 28 ottobre dalle 16.00 alle 19.00. Non avrà bisogno di passare per i welcome desk chi ha già ricevuto il braccialetto a casa.
Shailene Woodley è una delle migliori attrici della sua generazione. La sua è stata una gavetta intensa, già iniziata quando era ancora una bambina, ma ciò le ha consentito di essere una grande attrice. La Woodley ha dimostrato di avere un talento innato per la recitazione e si essere molto versatile, sia per i ruoli da lei interpretati, sia riguardo al fatto se il suo lavoro sia destinato al piccolo o al grande schermo.
Ecco, allora, dieci cose da sapere su Shailene Woodley.
Shailene Woodley: i suoi film e le serie TV
1. Shailene Woodley: i film e la carriera. Dopo alcune apparizioni televisive da bambina, Shailene Woodley debutta al cinema con Paradiso amaro (2011), accanto a George Clooney, ottenendo subito ampi consensi di critica. In seguito si afferma con ruoli da protagonista in The Spectacular Now (2013), Divergent (2014), Colpa delle stelle (2014) e nei due sequel della saga, Insurgent(2015) e Allegiant (2016). Negli anni successivi amplia la sua carriera con film come Snowden (2016), Resta con me (2018), Ricomincio da te – Endings, Beginnings (2020), The Mauritanian (2021) e L’ultima lettera d’amore (2021). Tra i suoi lavori più recenti figurano Misanthrope (2023), intenso thriller poliziesco diretto da Damián Szifron, e Robots (2023), commedia sci-fi in cui recita al fianco di Jack Whitehall. Nel 2024 ha preso parte a The Fence e al distopico Panopticon. Nel 2025 torna sul grande schermo con Motocitydi Potsy Ponciroli, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 82, dove recita accanto ad Alan Ritchson e Ben Foster.
2. Shailene Woodley continua a lavorare nelle serie tv ed è comparsa in un videoclip. Shailene Woodley ha iniziato a recitare per la televisione sin da giovanissima, comparendo in Senza papà (1999), The District (2001-2003), Crossing Jordan (2001-2004), Senza traccia (2003) e The O.C. (2003-2004). Seguono altre esperienze in serie come Tutti amano Raymond (2004), My Name Is Earl (2006) e Cold Case – Delitti irrisolti (2007). La popolarità televisiva arriva con La vita segreta di una teenager americana (2008-2013), che la consacra al grande pubblico.
Nel 2017 torna in TV con Big Little Lies – Piccole grandi bugie, condividendo il set con Reese Whiterspoon, Nicole Kidman, Laura Dern e Alexander Skarsgard. Più recentemente, nel 2024, ha recitato nella miniserie drammatica Three Women, tratta dal bestseller di Lisa Taddeo, confermando la sua versatilità anche sul piccolo schermo. Inoltre, è apparsa in un videoclip musicale, a dimostrazione del suo interesse a spaziare in diversi linguaggi artistici.
3. È anche produttrice. Negli ultimi anni l’attrice ha affiancato alla recitazione anche la produzione, per avere un ruolo più attivo nelle scelte creative dei progetti a cui partecipa. Ha debuttato come produttrice con Resta con me (2018), struggente storia d’amore ambientata in mare aperto, ed è tornata a ricoprire questo ruolo per L’ultima lettera d’amore (2021). Nel 2023 ha prodotto e interpretato Misanthrope, crime thriller diretto da Damián Szifron con Ben Mendelsohn, e continua a sviluppare progetti che la vedono protagonista anche dietro la macchina produttiva.
Shailene Woodley: chi è il suo fidanzato
4. Shailene Woodley da Aaron Rodgers a Lucas Bravo. Dopo la rottura con l’ex quarterback Aaron Rodgers, Shailene ha ritrovato l’amore nel collega francese Lucas Bravo, noto per Emily in Paris. I due sono stati fotografati insieme a marzo 2025 mentre passeggiavano affiatati per le strade di Parigi. Nel corso della primavera Bravo ha confermato la relazione definendosi “davvero felice” Glamour , mentre il loro status ufficiale è stato sancito con una romantica dichiarazione via Instagram ad aprile. Ad agosto, una romantica fuga in van ha mostrato una Shailene rilassata, senza trucco, in un momento d’intimità condiviso con Bravo sotto le stelle.
5. Shailene Woodley ha sempre protetto la sua privacy. Nonostante oggi la sua relazione con l’attore francese Lucas Bravo sia pubblica, Shailene Woodley in passato ha mantenuto il massimo riserbo sulla propria vita privata. Nel corso degli anni le sono stati attribuiti alcuni presunti flirt con colleghi come Theo James (Divergent) e *Ansel Egort, oltre al cantante Nahko Bear, leader della band Nahko and Medicine for the People. L’attrice, però, non ha mai confermato ufficialmente nessuna di queste relazioni.
Shailene Woodley: età e altezza
6. Shailene Woodley è piuttosto alta. Shailene Woodley è nata il 15 novembre 1991 a San Bernardino, in California, e ha quindi 33 anni. L’attrice è alta 173 cm, una caratteristica che la fa spesso svettare accanto ai colleghi sul set. Nonostante la sua statura, ha interpretato ruoli molto diversi tra loro, dimostrando grande versatilità e adattabilità.
7. Shailene Woodley non ha figli. Ad oggi Shailene Woodley non ha figli. L’attrice ha più volte dichiarato in interviste di essere molto legata al tema della maternità e della famiglia, ma di voler affrontare un eventuale percorso con i tempi giusti e senza pressioni esterne. Per ora, la sua attenzione è rivolta alla carriera e ai suoi impegni personali, inclusi l’attivismo ambientale e i progetti di produzione.
Shailene Woodley: malattia e salute
8.Shailene Woodley ha affrontato problemi di salute. In diverse interviste l’attrice ha raccontato di aver sofferto di una malattia autoimmune che, per anni, ha inciso sulla sua carriera e sulla possibilità di accettare nuovi ruoli. Ha spiegato che la condizione l’ha costretta a rifiutare progetti importanti e a prendersi del tempo per recuperare. Con il tempo, e grazie a cure specifiche e a uno stile di vita sano, la Woodley ha ritrovato un equilibrio, tornando gradualmente a lavorare con continuità. Oggi continua a mantenere molta riservatezza sulla propria salute, ma sottolinea l’importanza della consapevolezza e della cura di sé.
Shailene Woodley è su Instagram
9. Shailene Woodley ha un profilo Instagram ufficiale. Anche Shailene Woodley ha ceduto al fascino di Instagram, tanto da avere un account ufficiale seguito da qualcosa come 4,6 milioni di persone. Molto attiva sul social, l’attrice ha una bacheca molto diversificata: i suoi post si dividono tra momenti lavorativi ed eventi mondani, ma anche tra la quotidianità e la semplicità, mettendo in mostra la sua bellezza acqua e sapone e la sua spensieratezza.
Shailene Woodley e l’attivismo ambientale
10. Shailene Woodley e l’attivismo ambientale. Oltre alla carriera di attrice, Shailene Woodley è conosciuta anche per il suo impegno civile e ambientale. È membro di associazioni che promuovono la tutela dell’ambiente e si è distinta in battaglie come quella contro l’oleodotto Dakota Access Pipeline, per la quale è stata anche arrestata durante una manifestazione pacifica nel 2016. L’attrice sostiene pratiche di vita ecosostenibili e ha più volte dichiarato di voler utilizzare la propria popolarità per sensibilizzare il pubblico su temi legati alla crisi climatica e ai diritti dei nativi americani.
Crunchyroll ha annunciato oggi che Chainsaw Man – The Compilation sarà disponibile in esclusiva streaming sulla piattaforma a partire da questo settembre, regalando ai fan due film riassuntivi che ripercorrono la prima e indimenticabile stagione dell’anime cult. L’uscita dei film anticipa l’arrivo al cinema di Chainsaw Man – The Movie: Reze Arc, in arrivo nelle sale italiane il 30 ottobre con Sony Pictures.
I due film, Chainsaw Man – The Compilation: Parte I e Chainsaw Man – The Compilation: Parte II, debutteranno su Crunchyroll questo settembre in tutto il mondo, ad eccezione dell’Asia.
Tratta dal celebre manga di Tatsuki Fujimoto, la serie Chainsaw Man ha venduto oltre 30 milioni di copie a livello globale ed è stata adattata in una serie anime acclamata dalla critica, prodotta dallo studio MAPPA (Jujutsu Kaisen, Attack on Titan – Final Season).
Oltre agli episodi rieditati dell’anime, i film includeranno anche contenuti inediti: Chainsaw Days, un adattamento esclusivo degli episodi extra del manga originale.
La trama dei film Chainsaw Man – The Compilation
Chainsaw Man – The Compilation
Denji è un ragazzo che lavora come cacciatore di diavoli insieme al Diavolo Motosega, Pochita. Un giorno, mentre conduce la sua miserabile vita nel tentativo di ripagare i debiti ereditati dai genitori, viene tradito e ucciso. Proprio mentre sta perdendo conoscenza, stringe un patto con Pochita, e rinasce come il “Chainsaw Man”: l’uomo che possiede il cuore di un demone.
Chainsaw Man – The Compilation: Parte I
Denji è un adoloscente che vive facendo il cacciatore di diavoli. Nel tentativo di ripagare il debito ereditato da suo padre, inizia a dare la caccia ai diavoli per conto della yakuza, insieme al suo compagno Pochita, il Diavolo Motosega, mentre conduce una vita estremamente povera.
Proprio quando le cose sembrano non poter peggiorare, Denji viene convocato dalla yakuza.
Chainsaw Man – The Compilation: Parte II
Diventato il “Chainsaw Man” e combattendo con uno stile folle e fuori controllo, Denji riesce finalmente a sconfiggere l’”Eternity Devil”. Dopo la battaglia, i membri della Divisione Speciale 4 per lo Sterminio dei Diavoli della Pubblica Sicurezza tornano alla loro vita quotidiana e organizzano una “festa di benvenuto” per i nuovi membri.
Durante la festa, Denji tira fuori l’argomento del bacio che Himeno gli aveva promesso prima dello scontro.
Scopri tutte le novità nella nostra pagina dedicata a Crunchyroll.
I presenti all’evento della Disney, D23, dello scorso fine settimana hanno potuto vedere in anteprima un paio di nuovi personaggi che fanno il loro debutto in Toy Story 5 , tra cui Smarty Pants, un giocattolo per l’addestramento al vasino, e il tablet intelligente LilyPad, che è stato rivelato essere l’antagonista principale del film (li si può vedere in questo post).
Il D23 ha anche svelato la scena iniziale del film, in cui Buzz si ritrova inspiegabilmente bloccato su un’isola deserta con diversi altri Buzz Lightyear bloccati in modalità gioco (il che significa che non si rendono conto di essere giocattoli) che escogitano un piano folle per lasciare l’isola e tornare allo Star Command.
Di Lilypad era già stato condiviso in precedenza il seguente concept art:
Un’immagine di Lilypad, antagonista di Toy Story 5
Di cosa parla Toy Story 5?
All’evento D23 dello scorso anno, il regista Andrew Stanton aveva anticipato alcuni dettagli sul film, dicendo al pubblico: “Attraverso le esperienze di questi giocattoli, abbiamo tutti imparato cosa sono la lealtà, l’appartenenza e l’amicizia. Questi personaggi ci hanno offerto una prospettiva unica sulla crescita e sul percorso della vita”. “In tutti i film di Toy Story, il compito dei giocattoli è quello di stare accanto ai bambini, ma in Toy Story 5 questo compito diventa esponenzialmente più difficile quando il nostro gruppo di giocattoli si trova a competere con ciò che oggi ossessiona i bambini: l’elettronica!”.
Il prossimo film parlerà dunque di giocattoli contro tecnologia, con Bonnie che riceve un Lilypad che funge da antagonista del film. Il Lilypad vuole separare Bonnie dai suoi giocattoli, rendendola meno socievole. Jesse, che ora si occupa dei giocattoli di Bonnie, decide che hanno bisogno di aiuto, e questo la porta a chiedere a Woody di tornare.
Il ritorno di Woody in Toy Story 5 è un evento importante, poiché significa che Jesse pensa che solo lui possa risolvere i problemi che l’oggetto tecnologico sta creando. La conoscenza che Woody ha di Bonnie o semplicemente la sua storia da leader dei giocattoli potrebbero contribuire a questo pensiero. L’anteprima ha anche rivelato che è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che Woody ha visto il resto dei giocattoli. Al suo ritorno, sembra che Woody si scontrerà di nuovo con Buzz Lightyear.
Mentre continuano le riprese sul set di Clayface della DC Studios a Liverpool, nuove foto e video (le si può vedere qui e qui) potrebbero aver rivelato un primo sguardo al cattivo principale del film, anche se non è chiaro chi sia né quale attore lo interpreti. Le precedenti foto dal set mostravano la copertina della Gotham Gazette, con il titolo che ci informava che Jimmy “Red” McCoy era sotto indagine. Questo cattivo di basso livello di Batman non è mai sembrato il principale antagonista, ma il tizio calvo e ben vestito che si vede scendere i gradini dell’aula di tribunale con una signora al braccio potrebbe esserlo.
Secondo l’autore di Nexus Point News Apocalyptic Horseman, questo ruolo è stato offerto ad alcuni “grandi nomi”, ma nemmeno lui riconosce questo attore, portando a pensare che il personaggio sia alla fine stato offerto ad un attore meno conosciuto. Per quanto riguarda il personaggio, si ipotizza che potrebbe trattarsi di Roland Daggett, introdotto in Batman: The Animated Series come un uomo d’affari molto potente e molto corrotto. La Daggett Industries era responsabile della creazione di Clayface nel cartone animato, quindi c’è la possibilità che questo personaggio sia stato leggermente modificato come un mafioso più attivo e responsabile di aver trasformato il protagonista in Clayface.
Al momento sono stati rivelati pochi dettagli sulla trama, ma abbiamo appreso che Matt Hagen sarà al centro dell’attenzione. Nei fumetti, era il secondo Clayface, un avventuriero che si è trasformato in un mostro dopo aver incontrato una pozza radioattiva di protoplasma. Questo è cambiato in Batman: The Animated Series, dove è stato ritratto come un attore che usava una crema anti-età per sembrare più giovane. Dopo essersi scontrato con il suo creatore, Roland Daggett, Hagen viene immerso in una vasca di quella sostanza e diventa il “classico” Clayface che tutti conoscete dai fumetti.
Stando ad alcuni rumor emersi online, la storia di Clayface sarà incentrata su un attore in ascesa il cui volto è sfigurato da un gangster. Come ultima risorsa, il divo si rivolge a uno scienziato eccentrico in stile per chiedere aiuto. All’inizio l’esperimento ha successo, ma le cose prenderanno presto una piega inaspettata.
Poiché Clayface sarà ambientato nell’universo DC, i fan dovrebbero aspettarsi molti collegamenti con l’universo più ampio, e saremmo molto sorpresi se Batman apparisse o fosse anche solo menzionato. Il produttore Peter Safran ha condiviso alcuni nuovi dettagli sulla sceneggiatura di Flanagan, sottolineando che il film sarà effettivamente un film horror in piena regola, sulla scia di La mosca di David Cronenberg, ma si dice trarrà anche ispirazione dal successo horror di Coralie Fargeat, The Substance.
“Clayface, vedete, è una storia horror hollywoodiana, secondo le nostre fonti, che utilizza l’incarnazione più popolare del cattivo: un attore di film di serie B che si inietta una sostanza per rimanere rilevante, solo per scoprire che può rimodellare il proprio viso e la propria forma, diventando un pezzo di argilla ambulante”, ha dichiarato Safran.
Tom Rhys Harries interpreterà il personaggio principale di Clayface, il film dei DC Studios. Il film vedrà anche la partecipazione di Max Minghella nel ruolo di John, un detective di Gotham City che inizia a nutrire sospetti sulla relazione tra la sua fidanzata Caitlin e Matt Hagen. Naomi Ackie interpreta invece proprio Caitlin Bates, amministratrice delegata di un’azienda biotecnologica che cura Matt dopo che questi è stato sfigurato.
Il film è basato su una storia di Mike Flanagan, attore di La caduta della casa degli Usher (l’ultima bozza è stata firmata da Hossein Amini, sceneggiatore di Drive), con James Watkins, regista di Speak No Evil, alla regia.
Clayface è attualmente previsto per l’arrivo nelle sale l’11 settembre 2026.
L’autrice di Bridgertonha appena rivelato chi potrebbe essere il personaggio principale della quinta stagione. La serie televisiva di successo di Netflixè, come noto, basata sui libri di Julia Quinn, la cui storia segue le vicende degli otto figli dei Bridgerton, una famiglia potente e influente dell’alta società inglese durante l’epoca della Reggenza. Ogni stagione della serie si concentra principalmente su uno dei fratelli Bridgerton, mentre questi ultimi si muovono nell’alta società alla ricerca dell’amore.
In un post su Instagram, Quinn ha ora condiviso un collage di foto di lei e Claudia Jessie, che interpreta Eloise Bridgerton, mentre parlano dietro le quinte sul set nel 2019. Nelle foto Quinn chiede a Jessie se ha letto il libro su Eloise e se sa cosa succederà, e Jessie risponde: “So tutto”. Insieme all’immagine, la didascalia recita: “Guardando indietro… e guardando avanti” seguito da #Bridgerton #philoise #tosirphillipwithlove.
Gli hashtag con il nome del libro di Eloise e il nome della coppia Eloise e Phillip alludono potenzialmente alla storia d’amore di Eloise come fulcro della quinta stagione. Con tre stagioni già uscite e la quarta stagione di Bridgerton in arrivo, i libri indicano già cosa accadrà nelle stagioni 5 e 6, già rinnovate. Shonda Rhimes ha recentemente rivelato che intende realizzare otto stagioni, ciascuna delle quali seguirà uno dei figli dei Bridgerton.
Considerando l’anticipazione di Quinn e il quinto libro della serie Bridgerton incentrato su Eloise, è logico che anche la quinta stagione ruoterà attorno a Eloise. Detto questo, nulla è confermato e la quinta stagione potrebbero benissimo cambiare portando i futuri episodi a ruotare attorno a un altro personaggio. L’ordine non ha sempre seguito i libri, dato che la terza stagione ruotava attorno a Colin Bridgerton e Penelope Featherington, mentre nei libri seguiva Benedict Bridgerton e Sophie Beckett, quindi nulla è ancora definitivo.
Il creatore di Alien: Pianeta Terra (qui la nostra recensione), Noah Hawley, ha spiegato il cameo più inaspettato della serie. La serie, come noto, è un prequel che si svolge due anni prima del film originale del 1979, Alien. Incentrato sulla creazione di esseri sintetici infusi con le menti di persone morenti, questa mostra uno di questi “ibridi” alle prese con Xenomorfi e altri alieni dopo che una nave è precipitata.
Da quando la serie è stata trasmessa per la prima volta ad agosto, Alien: Pianeta Terra è stata elogiata per le immagini mozzafiato e la trama interessante. I fan dei personaggi si sono affezionati all’ibrido principale della serie, Wendy, e al suo fratello completamente umano, Joe Hermit. Ora, dunque, sono state rivelate ulteriori informazioni sul cameo nascosto dietro la rappresentazione del padre di Wendy e Joe.
In un’intervista con Grant Hermanns di ScreenRant per la metà della stagione, Hawley ha infatti parlato della sua apparizione nella serie. In qualità di ideatore della serie, ha deciso di fare un cameo interpretando il padre di Wendy e Joe. Durante l’intervista a Hawley è stato chiesto se ci fosse una spiegazione personale per il suo cameo. “La realtà è che ho scelto mio figlio per interpretare il giovane Hermit, e in parte è perché ho questo motto: “Massima creatività, massima efficienza”.
“E ho pensato: “Ok, bene, voglio fare questa sequenza di flashback. Non è un dialogo, non è scritto. È uno spaccato di vita, il che significa che è una sorta di improvvisazione”. “Mio figlio non ha mai recitato prima, quindi come faccio a ottenere una performance da lui senza sprecare il tempo di tutti cercando di dare un lavoro a mio figlio, giusto?”, spiega Hawley. “E ho pensato: “se scritturo i suoi genitori, saranno attori giornalieri e potrebbero essere bravi o meno”, ma dovrà esserci un processo di casting”.
“E ho pensato: “Beh, il modo migliore, il modo più veloce è semplicemente sedersi sul pavimento e farlo con lui. Ed è stato fantastico. Non solo è stata una giornata magica per catturare quel momento della sua vita, perché ovviamente ora ha due anni in più, ma è stato stranamente commovente anche per me essere il padre dei miei personaggi principali”, ha affermato Hawley.
“Spero che una parte di ciò che piace alle persone in questo show, e in tutto il mio lavoro, sia il fatto che è tutto fatto a mano. Niente di tutto ciò è un esercizio cinico, è tutto fatto a mano. È per questo che registro la musica per la serie. Sto cercando di trasmettere una sensazione. E in questo caso, mi è sembrato che il modo migliore per ottenere quella sensazione fosse farlo da solo. Sembra reale. C’è un’emozione”, conclude Hawley.
La trama di Alien: Pianeta Terra
Ambientata nell’anno 2120, appena due anni prima degli eventi dell’Alien originale di Ridley Scott, la serie TV Alien: Pianeta Terra porta l’orrore sulla Terra per la prima volta nella storia del franchise. La storia si svolge in un futuro noto come “Corporate Era”, in cui cinque mega-corporazioni, Prodigy, Weyland-Yutani, Lynch, Dynamic e Threshold, esercitano la loro influenza su scala globale, funzionando più come nazioni sovrane che come aziende.
In questo mondo dominato dalla tecnologia avanzata, sintetici e cyborg sono parte integrante della vita quotidiana. Ma ora è arrivato un nuovo balzo evolutivo: gli ibridi, esseri che fondono la coscienza umana con la forma robotica. Wendy, la prima della sua specie, è al centro di questa trasformazione.
La tensione esplode in Alien: Pianeta Terra quando una misteriosa nave da ricerca spaziale, la USCSS Maginot, ritenuta legata alla Weyland-Yutani Corporation, atterra inaspettatamente sulla Terra.
Wendy, una sintetica rivoluzionaria interpretata da Sydney Chandler, viene schierata insieme a una squadra tattica eterogenea per indagare. Quella che inizia come una normale operazione di recupero si trasforma rapidamente in un incubo, quando l’equipaggio scopre il mortale carico della nave: terrificanti forme di vita aliene, tra cui i famigerati Xenomorfi. Improvvisamente, la missione si trasforma in una disperata lotta per la sopravvivenza, mentre una nuova ondata di orrore emerge, questa volta sulla Terra stessa.