Il nuovo thriller Netflix proveniente dalla Colombia, Storia di un crimine: Mauricio Leal – diretto da Jaques Toulemonde Vidal – è subito divenuto uno dei titoli più visti sulla piattaforma. Merito anche del suo essere basato sulla storia vera di uno dei più noti casi di omicidio verificatisi in Colombia negli ultimi anni, ovvero quello di Mauricio Leal. Nella fatidica notte del 21 novembre 2021, Leal fu assassinato nella sua casa insieme alla madre, Marleny Hernandez, il cui cadavere fu trovato accanto a lui. Il caso ottenne subito un’enorme attenzione da parte dei media. Anche se inizialmente la scena sembrava un caso di omicidio-suicidio, gli investigatori, però, scoprirono ben presto qualcosa di più sinistro, portando alla luce una vicenda quantomai torbida. Il film la ripercorre proponendo anche i retroscena utili a capire ciò che realmente accadde.
Chi era Mauricio Leal?
Ma andiamo con ordine: chi era Mauricio Leal? Si tratta di un hairstylist famoso in tutta la Colombia. Dalle attrici a Miss Universo, Leal acconciava personaggi famosi in tutto il Paese. Aveva un salone personale a Bogotà, dove lavorava con il fratello maggiore Jhonier, anch’egli stilista. Tuttavia, Jhonier non ha avuto la stessa fortuna di Mauricio e si considerava un perdente perché non riusciva ad avere lo stesso successo del fratello minore. A lungo andare, ciò ha fatto nascere in Jhonier un sentimento di gelosia. Come se non bastasse, la madre di Jhonier e Mauricio, Marleny Hernandez, era una madre premurosa e affettuosa che dava la stessa priorità ai suoi figli, ma apparentemente era più affezionata al figlio minore, Mauricio, facendo dunque sentire Jhonier escluso dalla sua famiglia.
Qual è la storia vera della morte di Mauricio Leal?
È bene sapere che Mauricio Leal era fortemente dipendente dalla droga, ma non aveva affatto tendenze suicide. I suoi colleghi del salone, così come le persone che lavoravano per lui nella sua casa, hanno confermato che non ha mai mostrato alcun segno di voler farsi del male. Ma Jhonier, fin dall’inizio, ha sostenuto che Mauricio era un tossicodipendente, il che poteva averlo portato alla follia e ad uccidersi. Dopo il ritrovamento dei due cadaveri in casa di Mauricio, il caso venne dunque etichettato come un omicidio-suicidio. Sembrava infatti che Mauricio avesse ucciso la madre pugnalandola a morte e poi si fosse ucciso con il coltello.
Durante le indagini, la presenza di una lettera d’addio contenente la calligrafia di Mauricio ha confermato sempre di più questa ipotesi. Nella lettera d’addio si diceva che l’amore per la madre era così forte che aveva deciso di stare con lei in paradiso. Agli investigatori, tuttavia, qualcosa non tornava, per loro c’era qualcosa di strano in questo caso. Due mesi dopo, dunque, hanno stabilito che non si trattava di un suicidio, bensì di un caso di doppio omicidio. Scavando più a fondo nel passato di Jhonier Leal, hanno infatti trovato motivi sufficienti per uccidere l’intera famiglia. Jhonier divenne automaticamente il primo sospettato e quando si scoprì che la sua mano aveva una ferita, i sospetti si intensificarono.
Jhonier ha a quel punto mandato all’aria il suo alibi nel tentativo di spiegare la ferita. Alla fine, la polizia lo ha arrestato, scoprendo anche che Jhonier era alla ricerca della proprietà che avrebbe dovuto acquisire dopo la morte della sua famiglia. Mauricio Leal non era infatti un santo, bensì si scoprì che era affiliato a diverse bande di trafficanti di droga. È stato rivelato che era anche associato al riciclaggio di denaro, che gli ha permesso di ottenere enorme ricchezza in un breve periodo di tempo. Durante le indagini, la polizia ha dunque sequestrato tutti i beni di Mauricio Leal.
Che fine ha fatto Jhonier Leal? Dove si trova ora?
Jhonier Leal, arrestato il 14 gennaio 2022 per il duplice omicidio della madre e del fratello, ha infine confessato il suo crimine. Egli ha affermato di aver agito in preda a un raptus impulsivo, scaturito dalla propria gelosia. Sapeva inoltre che presto o tardi avrebbe dovuto affrontare gravi conseguenze per le sue azioni, per questo motivo dopo l’arresto ha inizialmente confessato il suo crimine. Tuttavia, l’uomo ha poi cambiato idea subito dopo l’arresto e ha cercato di rivendicare la propria innocenza di fronte alla legge. Attualmente, però, Jhonier rimane dietro le sbarre. È infatti stato condannato a 60 anni di carcere e sta scontando la pena nella cella di La Picota. A nulla è valsa la sua richiesta di essere posto agli arresti domiciliari.
Storia di un crimine: Mauricio Leal: la storia vera è differente dal film?
Il protagonista principale dell’adattamento Netflix diStoria di un crimine: Mauricio Leal è la detective Rebeca, che non esiste nella realtà ma è un insieme di tutti i detective che hanno lavorato a questo caso. I realizzatori si sono infatti presi delle libertà creative e hanno aggiunto una certa profondità e drammaticità alla narrazione introducendo tale detective nella storia. La donna viene inoltre caratterizzata come una madre e moglie di un marito geloso del suo successo, che cerca di scaricare su di lei la sua frustrazione e la sua ira, mentre lei vorrebbe solo che qualcuno la accettasse e la capisse. Questa aggiunta ha reso il mistero dell’omicidio più avvincente, stabilendo quasi un legame tra la detective e Jhonier. Nel film è dunque lei a risolvere il caso, ma alla fine le viene chiesto di abbandonare il caso in quanto deve prendersi cura di suo figlio.
Nei momenti conclusivi del film, la vediamo dunque accettare il suo destino, allontanandosi dal caso. Ma la sua impossibilità a rimanere fino alla fine di esso crea in qualche modo un’ossessione nella sua mente. Si affeziona sempre di più al caso perché, pur avendo un percorso diverso, è involontariamente empatica nei confronti di Jhonier, perché, proprio come lui, si sente sempre esclusa dalla sua famiglia e la sua salute mentale ne risente. Storia di un crimine: Mauricio Leal non fornisce dunque al pubblico una semplice indagine su un crimine realmente avvenuto, bensì costruisce il racconto a partire da un personaggio che si rivela strettamente connesso ai sentimenti da cui è scaturito il delitto. Raccontato dal suo punto di vista, il racconto del film differisce parzialmente dalla storia vera, senza però stravolgerla.
In Top 10 su Netflix spicca il titolo Ultima chiamata per Istanbul, rom-com turca diretta da Gönenç Uyanık che in breve tempo si è guadagnata la seconda posizione fra i film più guardati sulla piattaforma streaming. Un film che, come dicevamo nella nostra recensione, non solo funziona rimanendo coerente agli stilemi del genere di riferimento, ma sorprende persino, poiché capace di trovare una soluzione alternativa, senza alcun uso di retorica, per parlare di… amore! La storia sembra abbastanza semplice: due sconosciuti si incontrano all’aeroporto di New York quando lei, ad un certo punto, in attesa della sua valigia al nastro, scopre che questa è stata scambiata con quella di un viaggiatore cinese. Lui si offre di aiutarla, e la accompagna a Chinatown dove dovrebbe esserci il proprietario del bagaglio. Non sappiamo i loro nomi, ma sin dai primi sguardi si capisce che fra i due è scoccata la scintilla, eppure c’è un problema: sono entrambi sposati. Ultima chiamata per Istanbul, come dicevamo poc’anzi, inizia perciò come un tipica commedia romantica con i soliti cliché, ma nel suo progredire le carte in tavola cambiano, con un più che calzante plot twist centrale. Ma cosa vuole suggerirci il suo finale? Qual è il significato nascosto presente all’interno del film?
Cosa succede fra i due sconosciuti a New York?
Riavvolgiamo il nastro e riprendiamo da dove eravamo rimasti. Intanto, i due sconosciuti – che decidono nel frattempo di chiamarsi Samantha e Ryan sotto indicazione di lei – arrivano nell’albergo dove dovrebbe esserci colui che ha preso per errore la borsa della donna. Scoprono però che il bagaglio arriverà solo l’indomani mattina, così Samantha decide di pernottare lì per aspettarlo. Ryan, seppur titubante, sceglie di rimanere con lei per potersi assicurare che il giorno dopo lo riceva. Alla sera, la coppia si ritrova nel suggestivo rooftop dell’hotel, dove si sta svolgendo una serata di musica. I due si siedono a un tavolo, e iniziano a imbastire un discorso riguardante l’amore. Se uno è convinto che non si può tradire il proprio partner se alla base c’è un sentimento vero, l’altra sostiene invece che l’adulterio sia qualcosa di troppo sopravvalutato; se lui dice di volere dei figli, lei invece asserisce decisa di non essere pronta. Mentre Ryan spiega a Samantha di essere ancora molto innamorato della moglie, al contrario Samantha confessa di non essere più felice nel suo matrimonio.
La discussione mette in rilievo i diversi modi dei due di intendere i rapporti, e anche il modo di affrontarli. Ognuno ha una visione diversa di una relazione, e ogni loro tesi ha una spiegazione logica e convincente. Una tattica che vuole farci capire quanto spesso ciò che noi riteniamo giusto non è universale, ma muta e si trasforma in base al proprio vissuto, esperienze, e modo di approcciarsi alla vita, agli altri, ma anche a noi stessi. Ad un certo punto, la donna si alza per andarsi a fumare una sigaretta e da quel momento in poi la storia prende una piega differente: se infatti prima Ryan affermava di non essere incline a tradire e di non scivolare in situazioni ambigue, si ritrova di lì a poco a passare l’intera notte con Samantha, fra locali a luci rosse, balli sensuali e confessioni intime sotto il ponte di Brooklyn. La sintonia che va creandosi fra loro in quelle ore, nonostane le iniziali divergenze, fa sì che Ryan ceda alla tentazione e quando tornano in albergo i due si abbandonano alla passione. L’alba del mattino seguente, però, fa affiorare verità tenute nascoste sino a quel momento. Conosciamo, intanto, i loro veri nomi: i due si chiamano Serin e Mehmet, e la realtà è ben diversa da quella che era apparsa poiché il matrimonio di cui parlavano era, in sostanza, il loro. Purtroppo, però, sono una coppia sull’orlo del divorzio.
Perché Mehmet e Serin stanno per firmare le carte del divorzio?
Quando Serin torna nella sua stanza senza rivolgere parola a Mehmet, il film fa un tuffo nel passato e con l’aiuto della narrazione intradiegetica – sono entrambi a raccontarsi – scopriamo come la coppia si è realmente conosciuta e quali siano le falle nella relazione. Sappiamo che i due si sono innamorati quando erano all’università; lui è un musicista, lei una designer. Scopriamo che a un certo punto Serin viene accettata in un college a New York per affinare i suoi studi, ma che lei per amore rifiuta. Nel frattempo, Memhet ha un colloquio con il padre di lei, il quale lo obbliga a cercarsi un lavoro che possa permettergli di provvedere adeguatamente alla figlia, abbandonando la musica. Entrambi, dunque, hanno rinunciato ai loro sogni per il bene del rapporto. In seguito, capiamo che Serin e Memhet hanno deciso di sposarsi in un altro Paese, e che i primi anni di matrimonio sono felici e spensierati. Una gioia che dura poco, infranta quando Serin viene licenziata a lavoro, cominciando così a sentire il peso dell’aver rifiutato l’opportunità a New York anni prima. La sensazione di inadeguatezza e frustrazione non fa che aumentare e peggiorare, riversandosi sulla coppia e provocando litigi con il marito. La situazione precipita quando Serin decide di fare domanda a uno studio di moda della Grande Mela per disegnare una collezione per loro.
Questi si dimostrano subito interessati ai suoi disegni, e la assumono. Serin decide di non parlarne con Mehmet, il quale alla fine troverà comunque la lettera di accettazione fra le sue cose, andando su tutte le furie. Appurato che alla moglie importi sempre meno della loro relazione, mentre secondo lei il marito non presta sufficiente attenzione ai suoi sogni, le discussioni crescono a dismisura, sino a quando una goccia non fa traboccare il vaso: Serin trova nel telefono di Mehmet una chat in cui l’uomo si scambia spesso dei messaggi con un’altra donna sconosciuta. Da lì, pur assicurandole di non averla tradita, Serin prova a cercare un ultimo aiuto in una consulente matrimoniale, ma anche questo tentativo naufraga, portandola così a chiedere il divorzio. Qualcosa cambia l’ultimo giorno di seduta, quando la consulente suggerisce loro di darsi un’ultima possibilità di capire se è davvero finita attraverso una sorta di gioco: devono partire per New York, dove lei deve iniziare a lavorare, e una volta lì devono incontrarsi facendo finta di non conoscersi, dedicandosi vicendevolmente del tempo come se fossero due estranei.
Come finisce Ultima chiamata per Istanbul?
Seguendo il consiglio della consulente matrimoniale, Serin ha capito di essere ancora molto innamorata di Mehmet, ma che l’amore provato non basta a sollevare il loro matrimonio. Intanto perché lei non vuole rinunciare al lavoro ottenuto. New York le piace, ma il marito vuole solo tornare a Istanbul. E poi perché Mehmet è pronto a mettere su una famiglia, un obiettivo che ancora Serin non sente di dover raggiungere. Conclusasi la parentesi di finzione, dunque, Serin resta ferma sulla sua decisione, rafforzata dal fatto che i due hanno ripreso a discutere sugli stessi motivi. A quel punto non si può più tornare indietro: nel finale Mehmet, pur affranto, sceglie di tornare a Istanbul, mentre Serin inizia a godersi finalmente la vita nella Grande Mela. Tornata nell’albergo dove avevano pernottato all’inizio, però, riceve una lettera che il marito le ha scritto prima di partire. In quelle parole, Mehmet si scusa per non essere stato il compagno perfetto che lei meritava, e si pente di aver parlato con Cansu, la donna sconosciuta della chat, comprendendo il dolore che aveva provato in quel momento. Inoltre, si rende conto che avrebbe dovuto sostenere i suoi sogni invece di farla sentire non amata, ma che al contempo era convinto che avrebbero potuto affrontare la loro situazione in un modo migliore. Conclude dicendo che avrebbe voluto essere la persona dalla quale lei sarebbe sempre tornata, e che avere il sostegno l’uno dell’altra per lui era sufficiente per poterci riprovare. E che la ama ancora.
Insieme alla lettera Mehmet le lascia anche il biglietto di ritorno per Istanbul. Nelle battute finali, mentre le parole della lettera scorrono in voice over, Serin decide di mollare il lavoro appena cominciato e correre all’aeroporto, poiché capisce di non voler rinunciare neppure lei al loro amore. Per dimostrarglielo, però, non può far altro che tornare insieme a lui in Turchia, rinunciando ancora una volta al suo desiderio, in nome di un sentimento che capisce andare al di là di qualsiasi soddisfazione lavorativa. La designer potrà farla ovunque, in qualsiasi posto, ma l’amore, ci dice il film, se è quello vero, non sarà dappertutto e non bisogna perciò sottovalutarne l’importanza. Arrivata all’aeroporto, Serin ha delle difficoltà a raggiungere il gate: non vogliono farla passare, le hostess dicono che è troppo tardi. Ed è proprio quando crede di averlo perduto per sempre, che la donna vede Mehmet tornare indietro, perché anche lui – proprio come lei – vuole raggiungerla. Dunque anche lui, in conclusione, avrebbe rinunciato a tutto per la moglie, scendendo da quell’areo. Riunitisi, Mehmet riesce a convincere la sicurezza a far prendere il volo a Serin, e così la coppia riparte insieme alla volta della loro Istanbul, pronti a impegnarsi ogni giorno e per sempre.
Il significato di Ultima chiamata per Istanbul
Pilastro portante di Ultima chiamata per Istanbul è, come in ogni rom-com che si rispetti, l’amore. Nel film, però, attraverso la particolare relazione fra Serin e Mehmet, il sentimento non viene standardizzato, ma anzi la loro storia vuole dimostrare quanto l’amore sia qualcosa di davvero unico e personale per ognuno di noi. Serin e Mehmet sono due individui che, pur amandosi, hanno due visioni differenti dei rapporti e della vita, ma ciò non significa – come spesso viene invece mostrato – che per impegnarsi con qualcuno bisogni sposare lo stesso pensiero, o ancora avere tutto in comune. Non vuol dire neanche che uno debba soccombere all’altro. Ciò che conta veramente, e che la pellicola di Uyanik vuole dimostrare, è scegliere tutti i giorni la persona che abbiamo deciso debba starci accanto. Anche quando ad un certo punto qualche ingranaggio non funziona. L’amore è un sentimento che bisogna coltivare nel tempo, e necessita impegno. E non coincide per forza con l’essere simili o addirittura uguali. Ognuno di noi guarda al sentimento da una prospettiva o angolazione differente, lo vive secondo la sua logica, ma soprattutto secondo il suo vissuto, le sue esperienze, e questo non significa che se l’altra persona la pensi diversamente, o sia lei stessa diversa, il rapporto non può esistere. Se alla base c’è il rispetto, esistono i compromessi, esiste l’aiutarsi a vicenda per superare le difficoltà, ed esiste anche il fare un passo indietro affinché l’altro ci possa raggiungere.
Nel finale di Ultima chiamata per Istanbul abbiamo la dimostrazione di quanto detto sin’ora: Serin, dopo che Mehmet cede chiedendole scusa, comprendendo le sue posizioni nella lettera che le scrive, si sente in pace, perché sa di essere stata capita. Nonostante le loro divergenze e i loro obiettivi – che restano diversi – sa che con il marito potrà costruire in totale libertà il loro futuro insieme, e che troveranno un punto d’incontro, una soluzione adeguata che, con dedizione e pazienza, li renderà felici. Andando all’aeroporto, Serin sceglie di amarlo, di rimanere fedele a quella promessa fatta sull’altare. Allo stesso modo fa Mehmet, scendendo dall’areo. A prescindere da come si conclude il film, in cui entrambi tornano a Istanbul, alla base resta il fatto che sia Serin che Mehmet hanno deciso, consapevolmente, di scegliersi, rinunciando ognuno di loro a qualcosa per fare spazio a un sogno in comune più grande: riconciliarsi. E mettersi ancora in gioco. Perché è questo il vero significato dell’amore: è come un fiore che va annaffiato giornalmente, anche quando fuori c’è la pioggia a bagnarlo. Oppure rischia di appassire.
Netflix è lieta di annunciare l’arrivo del film In fuga da Babbo Natale, la commedia di Natale che vede come protagonisti Giampaolo Morelli e Ilaria Spada, insieme al piccolo Enea Indraccolo, per la regia di Volfango De Biasi. Soggetto e sceneggiatura sono dello stesso De Biasi insieme a Fabio Bonifacci.
In fuga da Babbo Natale, una produzione Colorado Film, è in arrivo solo su Netflix dal 15 dicembre e sono ora disponibili il trailer ufficiale, il poster e le prime immagini dal film.
In fuga da Babbo Natale, la trama
Antonio ha 7 anni ed è orfano di padre. La sera della vigilia di Natale non vuole doni, vorrebbe solo volare con la slitta di Babbo Natale fino alla stella dove vive il suo papà. Per questo, quando vede Babbo Natale scendere dal tetto di casa sua, decide di seguirlo come suo aiutante. Non sa che sotto la barba e il cappello si nasconde un ladro, che ha deciso di usare questo travestimento per rubare indisturbato. Chi fermerebbe mai Babbo Natale? Casa dopo casa, furto dopo furto, passeranno una notte speciale che non dimenticheranno mai più e che cambierà per sempre le loro vite.
Basato su “Le Père Noël” diretto da Alexandre Coffre e prodotto da QUAD, il film è prodotto da Iginio Straffi e Alessandro Usai per Colorado Film e vede nel cast anche Mario De La Rosa, Elisa Di Eusanio, Michela Andreozzi, Renato Marchetti, Marco Conidi, Romano Talevi, Federico Tocci e Ninni Bruschetta.
Sono state annunciate le giurie del Noir in Festival 2023. A decretare il film vincitore del Black Panther Award 2023, l’ambito riconoscimento al miglior fim Noir dell’anno conferito dal festival, sarà la giuria internazionale, composta da tre eccellenti protagonisti del mondo dello spettacolo.
Jaume Balagueró (Presidente), regista spagnolo, ha esordito alla regia con Alicia, che ha ottenuto premio per il miglior cortometraggio al Sitges Film Festival. Il suo primo lungometraggio, Nameless – Entità nascosta (1999), è stato presentato in numerosi festival, tra cui il Brussels International Festival of Fantasy Film e il Fantafestival di Gérardmer, dove ha ricevuto il Meliés d’oro assegnato dalla European Fantastic Film Festivals Federation come miglior film europeo. Nel 2006 ha partecipato fuori concorso a Venezia con Affittasi, un film della serie horror televisiva Film per non dormire, e l’anno successivo è tornato al Lido con [Rec], cui è seguito nel 2009 [Rec] ², vincitore del Ben & Jerry’s Award a Sitges. La serie prosegue poi nel 2014 con REC 4: Apocalypse. Dopo La settima musa (2017), presentato ancora a Sitges, ha realizzato Way Down – Rapina alla banca di Spagna (2021).
Veronica Lucchesi, fondatrice e cantante per il progetto La Rappresentante di Lista (LRDL) insieme a Dario Mangiaracina. Ha concorso al Festival di Sanremo nel 2021 con Amare e nel 2022 con Ciao Ciao, entrambi ai vertici delle classifiche radiofoniche e certificati multiplatino. Il loro ultimo album in studio, My Mamma, uscito nel 2021, è stato arricchito nel 2022 da Ciao Ciao, Diva e Be My Baby e certificato Disco d’Oro, debuttando al primo posto della classifica dei vinili più venduti e al quinto di quella degli album più venduti. Veronica Lucchesi ha lavorato con Dario Mangiaracina al loro primo romanzo, Maimamma, che con il disco condivide genesi e tematiche: è la storia di una giovane donna, Lavinia, che rimane incinta alle soglie della fine del mondo. Il 5 aprile 2022 ha ideato ed è andata in scena a Bologna con “Tocca a Noi – Musica per la pace”, il grande concerto a sostegno di Save The Children, con 7.000 spettatori in Piazza Maggiore a Bologna e, sul palco, 12 tra gli artisti italiani più amati. Nel 2023 ha preso parte alle riprese di Gloria, film in uscita nel 2024 per la regia di Margherita Vicario.
Paul McEvoy, fondatore e co-direttore del FrightFest di Londra, il più grande evento cinematografico di genere del Regno Unito, che nel 2024 approderà alla 25a edizione e si svolge nel mese di agosto a Londra, Leicester Square. Paul McEvoy è anche programmer per il Cine-Excess Film Festival and conference e scrive regolarmente una rubrica di notizie e recensioni per “The Dark Side Magazine”. Attualmente sta lavorando a un podcast con il regista Jake West intitolato “Stark Raving Cinema! The Film & Pop Culture Podcast”.
Alla giuria del concorso internazionale si affianca quella per il Premio Caligari 2023, composta da 80 tra studenti IULM e appassionati di cinema e guidata dal regista Brando De Sica, il cui film d’esordio, Mimì – Il principe delle tenebre, è nelle sale in questi giorni; dalla giornalista di “Cinecittà News” e “8 ½” Nicole Bianchi, recentemente vincitrice del Premio Domenico Meccoli – Scrivere di Cinema (2023) e membro del SNGCI; da Maurizio Di Rienzo, critico cinematografico e direttore artistico dello ShorTS International Film Festival di Trieste.
Ma la lista degli ospiti di questa 33a edizione è ricca e corposa. Si parte ovviamente da Daniel Pennac, vincitore del Raymond Chandler Award 2023 e autore della celebre saga editoriale di Malaussène, protagonista indiscusso della giornata inaugurale, 1 dicembre. Lo scrittore francese farà quattro tappe milanesi per incontrare il pubblico: alle ore 15.30 nell’Auditorium di IULM 6; alle ore 17.30 all’Institut français Milano per introdurre la proiezione di Au bonheur des ogres di Nicolas Bary; alle ore 18.15 in Feltrinelli Duomo per il firmacopie di Capolinea Malaussène (Feltrinelli) e alle 19.00 in Casa del Manzoni per la consegna del Raymond Chandler Award.
A presentare i film in concorso, proiettati tutti in Cineteca Milano Arlecchino ci saranno: per Runner il regista Nicola Barnaba e gli interpreti Matilde Gioli e Francesco Montanari; per Operation Napoleon il regista islandese Oskar Thor Axelsson; per The City il regista e l’attrice israeliani Amit Ulman e Moria Akons; per Le procès Goldman l’attore belga Arieh Worthalter. I film fuori concorso e gli eventi speciali saranno invece introdotti da: il rapper Jake La Furia, voce narrante della serie animata Italica Noir, assieme al regista Federico Cadenazzi e allo sceneggiatore Girolamo Lucania; il regista lussemburghese Loïc Tanson (The Ashes of Time); il regista Alfonso Bergamo e gli interpreti Paolo Briguglia, Tony Sperandeo, Roberta Giarrusso e Randall Paul (The Garbage Man).
Protagonisti di uno speciale incontro previsto per lunedì 4 dicembre, ore 17.00, IULM 6 – Sala dei 146, i registi dei sei film finalisti: Lyda Patitucci (Come pecore in mezzo ai lupi), Antonio Pisu (Nina dei lupi), Andrea Di Stefano (L’ultima notte di Amore), Davide Gentile (Denti da squalo), Ivano De Matteo (Mia) e Sydney Sibilia (Mixed by Erry).
Ricchissimo il parterre degli ospiti letterari della 33a edizione che dall’1 al 6 dicembre incontreranno il pubblico in Rizzoli Galleria: Harald Gilbers (Morte sotto le macerie. Il commissario Oppenheimer e la banda dei fazzoletti gialli, Emons Libri); Giancarlo De Cataldo (Colpo di ritorno, Einaudi); Marcello Simoni (La taverna degli assassini, Newton Compton); Donato Carrisi (L’educazione delle farfalle, Longanesi); Gianni Canova (Palpebre, Garzanti) e Ambra Angiolini; Ashley Audrain(Sussurri, Rizzoli); Cinzia Bomoll (Non dire gatto. Un’indagine di Nives Bonora, Ponte alle Grazie) assieme a Nina Zilli; Giampaolo Simi (Il cliente di riguardo, Sellerio); Fausto Gimondi (Fortuna criminale, Longanesi) e Camila Raznovich; Deepti Kapoor (L’età del male, Einaudi) con Alessandra Tedesco, Alberto Toso Fei (Il piede destro di Byron, Marsilio) con Luca Crovi.
La IULM, oltre a Daniel Pennac, ospiterà nella Sala dei 146 del moderno edificio IULM 6 anche due imperdibili incontri letterari – Giovanni Robertini con il suo Morte di un trapper (Harper Collins) con John Vignola e il regista Fulvio Risuleo insieme all’illustratore Antonio Pronostico, autori della graphic novel L’eletto (Coconino) – e tre fuoriclasse del cinema: Gabriele Salvatores che il 6 dicembre converserà alle 11.30 con Paola Jacobbi e Gianni Canova dei suoi film più di genere; Pivio & Aldo De Scalzi che racconteranno la musica noir e i vinili di Diabolik; Adrian Wootton che terrà una masterclass su Cormac McCarthy e il cinema.
Ma non finisce qui! Il 2 settembre Casa del Manzoni vedrà sfilare prima i relatori dell’atteso convegno “Manzoni e il Noir”, sul giallo storico e la vicenda di Marianna de Leyva, la celebre Monaca di Monza de I promessi sposi – Mauro Novelli, Daniela Brogi, Ben Pastor, Giancarlo De Cataldo, Luca Crovi, Marcello Simoni e Marco Bellocchio – e poi il vincitore del romanzo più votato dal pubblico, Carlo Piano (Il torto, E/O) e i cinque contendenti per il Premio Giorgio Scerbanenco 2023 – Francesco Abate (Il misfatto della tonnara, Einaudi), Cristina Brondoni (L’inferno degli eletti, Clown Bianco), Cristina Cassar Scalia (La banda dei carusi, Einaudi), Gabriella Genisi (L’angelo di Castelforte, Rizzoli), Bruno Morchio (La fine è ignota, Rizzoli).
Si intitola I 400 Giorni – Funamboli e Maestri il documentario presentato al 41° Festival di Torino e diretto da Emanuele Napolitano e Emanuele Sana, in collaborazione con Daniele Orazi, il talent manager che con questo progetto ha voluto raccontare il dietro le quinte della sua giovane “scuderia”. Nuovi volti, talenti giovanissimi, aspiranti attori seguiti nel corso di 400 giorni della loro vita, tra provini, speranze, delusioni, intimità. Un ritratto insolito e differente del ruolo dell’attore.
In occasione della presentazione al TFF 41°, abbiamo raggiunto telefonicamente i registi e alla sceneggiatrice Vittoria Spaccapietra. Ecco cosa ci hanno raccontato.
-Come entrate in contatto con Daniele Orazi e come nasce questa collaborazione?
Emanuele Napolitano: Io nasco come artista visivo e pittore. Ho realizzato in passato anche documentari su opere di videoarte, e avevo già girato dei documentari dedicati ad artisti che provenivano da zone percepite come difficili, tipo Israele o Albania. Sono entrato in contatto con Daniele attraverso una serie di amicizie comuni e gli abbiamo presentato questa serie di documentari che gli era piaciuta molto. Dopo questo incontro, si è creata l’opportunità di lavorare a questo progetto soprattutto perché Daniele lavora come talent manager da tanti anni. L’idea di partenza era quella di approcciare questo materiale con un tono sperimentale, non patinato.
Emanuele Sana: Io e Daniele ci conosciamo da parecchi anni. Abbiamo sempre condiviso un approccio carico di ironia alla vita e abbiamo nel tempo parlato di cinema con grande libertà e onestà. C’è sempre stata una grande stima reciproca e quando lui ha chiuso la grande esperienza di Officina Artistiche e intrapreso la nuova sfida di DO Agency, abbiamo deciso di scommettere lui sulle mie idee e il mio stile registico, io sulla sua conoscenza profonda del mercato e soprattutto sui consigli che è in grado di dare ai suoi artisti. E quando è nato progetto sono stato molto felice di costruirlo insieme a lui.
Vittoria Spaccapietra:Dopo gli studi di sceneggiatura ho iniziato a cercare lavoro a Roma. Ho incontrato Daniele a Milano per un colloquio per lavorare come script reader nella sua agenzia. Ero completamente disorientata, ma poche settimane dopo sono entrata nella DO Cinema. Crescere lì mi ha permesso di conoscere l’industria in ogni sua forma e entità dandomi degli strumenti che ho capito essere fondamentali solo quando ho provato poi camminare con le mie gambe. Questo inizio di percorso mi ha fatto capire che non esiste una strada programmata, che tutto è in costante evoluzione, che la determinazione è ugualmente importante al lasciare che le cose accadono. L’appoggio di Daniele per me ha fatto e sta facendo la differenza.
Emanuele Napolitano
-Il titolo cita i 400 giorni in cui avete accompagnato il gruppo di attori protagonisti, ma rievoca anche un capolavoro del cinema che ha per protagonista un giovanissimo pieno di belle speranze e deciso a conquistarsi il suo posto nella vita. È un’assonanza a cui avevate pensato?
Emanuele Napolitano: L’assonanza è in parte casuale e in parte voluta. Abbiamo effettivamente passato 400 giorni in compagnia di questi ragazzi, ma il film è idealmente un romanzo di formazione, quindi concettualmente si associa alla storia di Antoine Doinel, protagonista de I 400 colpi. Certo la storia non è la stessa, ma idealmente c’è un’assonanza.
Emanuele Sana: Devo confessare che sono stati tantissimi i titoli ai quali abbiamo pensato nei mesi delle lavorazioni tanto che a un certo punto era diventato un gioco. Eppure quando Daniele ha proposto “I 400 giorni”, abbiamo capito che era arrivato il titolo perfetto. Un’assonanza chiaramente ma se pensiamo al finale de “I 400 colpi”, uno dei più importanti e forti sguardi in macchina del cinema, e al tema del giovane che affronta il suo futuro, è facile creare il parallelo con le interviste che compongono il nostro film e che muovono proprio dalla stessa inquadratura.
-I documentario è estremamente ricco di punti di interesse e di voci. C’è l’on the road, c’è il talent show, c’è la componente personale legata all’intimità dei protagonisti. Come si costruisce una storia con così tante anime e con così tanti protagonisti?
Emanuele Napolitano:E’ stata una storia che si è formata da sé perché pur essendoci una sceneggiatura, era impossibile controllare delle cose che si svolgevano nel divenire. Pur avendo una pianificazione, alcuni momenti erano difficili da prevedere. Ad esempio eravamo sui set in occasione dei provini per raccogliere le impressioni a caldo. Ecco, la difficoltà è stata esserci sempre in questi momenti per tutti questi giorni. Abbiamo cercato di registrare un momento sospeso che mette in relazione questi ragazzi con i grandi maestri del passato.
Emanuele Sana: Ricordo che qualche settimana fa, quando ho salvato il progetto de “I 400 giorni” con il nome final cut mi sono commosso. A parte gli scherzi: il materiale di partenza era composto da centinaia di ore di girato alle quali si sommava il materiale dell’Archvio Luce da scovare e visionare. La selezione è stata quindi l’operazione fondamentale e la più complessa: volevo creare un flusso di coscienza che legasse attori e artisti appartenenti a quattro generazioni diverse e per fare questo ho isolato alcuni grandi temi per poi scegliere di volta in volta le frasi più forti o quelle che insieme formassero un dialogo piacevole da ascoltare e carico di emozioni.
Vittoria Spaccapietra:Trovando un filo conduttore narrativo che sia universale e applicandolo poi alla specificità di ogni storia personale. Che questa sarebbe stata la sfida più grande per lo sviluppo della storia ci è stato chiaro fin da subito. Ma il motore dell’impresa resta il talento e le sue declinazioni ed è lì che siamo tornati per costruire tutto. Le storie si aggrappano a questo perno centrale, che accomuna ogni voce non solo nel film, ma anche nella vita di chiunque si approcci a questo percorso. A quel punto si tratta di cucire tutte le voci intorno a questa struttura guida tematica.
-Il film si impreziosisce anche di interventi di attori famosi, già affermati, come sono stati scelti e da regista, è più semplice avere materiale umano inesperto e malleabile oppure avere a che fare con degli attori consumati, quindi magari più capaci ma anche con le loro regole e il loro metodo già strutturato?
Emanuele Napolitano: L’attore consumato sa anche come ridiventare ingenuo! Ma in realtà non ho preferenza, però è logico che ci sia una maggiore curiosità verso ciò che è spontaneo. Quindi l’attore che si deve formare ancora è più malleabile, più spontaneo, appunto. Il film poi è stato girato con mezzi di fortuna quasi, magari a volte con il cellulare perché ti trovi a testimoniare un momento che vale la pena catturare.
Emanuele Sana
Emanuele Sana:Daniele è un grande scopritore di talenti e gli attori che ha chiamato per questo documentario non solo hanno accettato di partecipare ma si sono aperti con una tale sincerità e professionalità che ho avuto molto spesso l’impressione di avere di fronte insieme all’attore navigato anche quello di anni fa in cerca del suo futuro. Come regista devo dire che amo dirigere sia attori alle prime armi che attori consumati ma non è questione di malleabilità o di struttura, credo fermamente sia sempre questione di intelligenza artistica, cioè quella grande capacità di comprendere il progetto e sapere che il film vince sempre sull’individualità.
-Come si lavora a uno script quando ci sono così tanti personaggi coinvolti e una buona dose di “realtà” all’interno del film?
Vittoria Spaccapietra: La bellezza e la difficoltà di lavorare a una storia unscripted è sicuramente l’imprevedibilità e l’evoluzione della scrittura. Devi bilanciarti tra il guidare il contenuto per far si che il prodotto resti in linea con l’idea principale e l’accogliere ciò che accade nella realtà, che è imprevedibile. Circa a metà di questi quattrocento giorni abbiamo iniziato a plasmare una struttura più precisa, alla quale però non devi aggrapparti con totale devozione perché il reale è sempre lì pronto a farti deviare, e allora si continua a scrivere affidandoci a ciò che accade.
-Com’è stato il lavoro con Daniele Orazi?
Emanuele Napolitano: E’ stata un’esperienza molto bella, principalmente perché Daniele ha delle intuizioni davvero brillanti. Ha avuto molte idee che sono state sviluppate e girate. Come una sceneggiatura estemporanea, ha offerto diverse soluzioni che poi sono state realizzate. Pur non essendoci una sceneggiatura strutturata, il suo lavoro è stato anche quello e abbiamo creato delle situazioni proprio per vedere poi cosa succedeva.
Emanuele Sana: Daniele ha avuto una visione precisa, l’ha inseguita e ha fatto quello che sa fare meglio: lavorare con le persone per il bene del progetto. È stato un produttore preciso, molto attento nel valorizzare il materiale umano che compone il documentario perché lui ama profondamente gli attori e loro sono sempre stati la sua prima preoccupazione. Abbiamo litigato? Non direi, discusso spesso certo, ma anche perché siamo entrambi testardi. Ma è anche per questo che “I 400 giorni” è il film che potete vedere.
Vittoria Spaccapietra: Lavorare creativamente con Daniele è molto simile al processo di cui parlavamo di “ascolto” della realtà: ogni momento del suo lavoro da produttore e da agente si trasforma per lui in stimolo creativo che sottopone ai suoi collaboratori in scrittura. La parte più stimolante è vedere trasformare i momenti dell’ordinaria quotidianità lavorativa (che ordinaria veramente poi non è mai) diventare straordinari punti di partenza per nuove idee da sviluppare in scrittura. Del resto è così che è nato i 400 giorni.
-Qual è nelle vostre intenzioni il fine ultimo di un film pensato e realizzato così, che racconta queste storie in particolare?
Emanuele Napolitano: L’intenzione può essere quella di far capire cosa prova un attore. Ci sono tanti film sul cinema, ma meno sulla figura dell’attore, in cui non lavora, non recita, è questo genera delle paure. Questo aspetto non sempre è messo in luce e mi interessava capire cosa prova l’attore sia all’inizio della carriera, sia di livello avanza quando gli si pongono davanti dei problemi, e raccontarlo al pubblico che è più abituato all’aspetto patinato della vita dell’attore.
Emanuele Sana:“I 400 giorni” è un documentario ma ancora di più un documento. Ritrarre il momento è un privilegio e penso che questo film invecchierà bene come un buon vino: fra qualche anno rivedere le interviste dei ragazzi sarà emozionante e restituirà il senso di un’operazione di scoperta come quella che Daniele realizza con il casting. Un ultimo pensiero: credo che aver avvicinato quattro generazioni di attori sia servito a capire che possono passare gli anni, possono avvicendarsi diverse ere cinematografiche ma i sogni, i desideri, i dispiaceri e i sorrisi di chi vuole vivere di cinema sono sempre identici.
Vittoria Spaccapietra: Da sempre le filmografie sono ricche di biografie di grandi artisti. Ha perfettamente senso considerato che se c’è qualcuno al quale vogliamo ispirarci sono coloro che hanno avuto successo. Nelle storie che mostriamo però c’è la verità del primo salto, la voce di chi ancora prova le sensazioni che racconta. È come chiedere a un bambino cosa si provi a essere un bambino. Un adulto si ricorda, può farlo, ma è inevitabilmente filtrato dalla sua esperienza e dal tempo. Lo stesso accade con le voci che sentiamo ne I 400 giorni: i ragazzi stanno vivendo in questo momento ciò che ci raccontano e questa è una risorsa preziosa da mettere a disposizione per chi vuole affrontare questo mestiere. Sarebbe bello se il film diventasse una piccola guida tecnica ed emotiva per chi si approccia a questo mondo, una sorta di mappa per farsi guidare attraverso le voci dei maestri per trafugare i segreti della loro esperienza, ma rispecchiandosi nell’autenticità dei sentimenti e delle paure che invece si provano quando camminiamo ancora sospesi su un filo.
Presentato il 27 novembre al 41° Torino Film Festival nella sezione fuori concorso Ritratti e paesaggi I 400 Giorni – Funamboli e maestri, il documentario prodotto dalla DO Cinema del talent manager Daniele Orazi con il patrocinio di Roma Lazio Film Commission ed il sostegno del Ministero della Cultura.
I 400 Giorni – Funamboli e maestri è un racconto corale dedicato al mestiere dell’attore, diretto da Emanuele Napolitano e Emanuele Sana e scritto da Vittoria Spaccapietra e Daniele Orazi.
Di seguito, ecco le illustrazioni inedite realizzate da Druid (Emanuele Napolitano) per i protagonisti del film:
L’universo cinematografico Marvel ha visto la sua dose di star avvicendarsi, e anche quelli che destavamo lo scetticismo del pubblico, alla fine si sono rivelati ottime scelte per i personaggi iconici che erano chiamati a interpretare. Una delle star che però non è ancora entrata in contatto con il MCU è Jon Hamm, che in questi giorni è su NOW con la nuova stagione di Fargo (leggi qui la recensione di Fargo 5). L’attore non solo vorrebbe far parte del franchise, ma ha anche un ruolo preferito!
Parlando con ScreenRant, a Jon Hamm è stato chiesto della sua potenziale apparizione in un film Marvel, dal momento che tempo fa era stato collegato al ruolo di Mister Sinister. L’attore è già stato protagonista dei fumetti degli X-Men, che lo hanno fatto apparire in un cameo sulle loro pagine. Hamm ha confessato di non poter offrire ai fan una risposta concreta, ma è stato espansivo nel lodare sia i Marvel Studios che i fumetti su cui sono basati, aggiungendo che è stato un fan accanito fin da quando era un bambino e che sapeva che c’erano molte storie non raccontate nelle pagine degli innumerevoli fumetti della Marvel.
“Non lo so”, ha ammesso Hamm. “Queste decisioni vengono prese ad un livello così alto a questo punto, decisamente al di sopra del mio livello salariale. Mi piacerebbe molto. Sono stato un fan dei fumetti Marvel e dei fumetti in generale da quando probabilmente avevo meno di dieci anni. Penso che ci siano tonnellate di storie che almeno mi sono familiari e che non sono state ancora raccontate.”
Hamm ha continuato esprimendo la speranza che Kevin Feige e i vertici della Marvel notino il suo interesse e si mettano in contatto con lui. La cosa più interessante è che Hamm ha indicato X-Men e Fantastici Quattro proprio come proprietà da cui era particolarmente affascinato, lasciandosi persino sfuggire il nome del Dottor Destino, uno dei cattivi più leggendari della Marvel, come personaggio che attira il suo interesse specifico.
“Spero che, qualunque siano i loro piani, mi includano. Ma in caso contrario, so che hanno un gruppo piuttosto ampio di persone pronte a far parte di quelle storie. Ci sono sicuramente molte storie nel mondo degli X-Men da raccontare. Anche i Fantastici Quattro, [con] Doctor Doom. Ci sono così tante storie fantastiche nei fumetti. Sì, spero di avere una possibilità. Chi lo sa?”
Dal momento che X-Men e Fantastici Quattro sono il prossimo grande passo per il MCU e per Kevin Feige, i giochi potrebbero essere aperti e Jon Hamm potrebbe trovare il suo spazio.
Nonostante in molti lo abbiano apprezzato, Nicolas Cage sembra essere proprio scontento del suo cameo nel film DC TheFlash, dove appare brevemente nei panni di Superman – personaggio che come noto avrebbe dovuto interpretare ad inizio anni Novanta in un film diretto da Tim Burton. Nei momenti finali di The Flash, dunque, Cage ha finalmente avuto l’opportunità di vestire i panni di Superman in una particolare sequenza in computer grafica che lo ha visto combattere con il tanto discusso ragno gigante che sarebbe dovuto essere presente nel film poi cancellato.
Tuttavia, Cage ha poi criticato tale suo cameo, affermando che avrebbe desiderato durasse un po’ di più. Ora, però, l’attore ha ribadito la sua posizione offrendo una motivazione ben più valida per la sua contrarietà. Sembra infatti che gli sia stato proposto qualcosa di molto diverso da ciò che è poi stato realizzato nel prodotto finale. “Abbiamo fatto un accordo“, ha detto l’attore a Wired. “È questo il fulcro del film. C’è un accordo, una comprensione reciproca e un contratto che si è stipulato conoscendo entrambe le parti e sapendo bene a cosa si va incontro“.
“Non sto dicendo che abbiano usato l’IA per realizzare quel Superman. Forse l’hanno fatto. Non lo so. Forse era solo CGI, ma qualunque cosa fosse, non è quello che ho fatto sul set”, ha aggiunto Cage. “Per quanto ami il regista Andy [Muschietti] e la sorella e produttrice cinematografica Barbara Muschietti – e penso che siano fantastici – non è comunque quello che mi è stato detto di fare sul set”, spiega in conclusione l’attore. Nicolas Cage non ha fornito dettagli su ciò che ha eseguito sul set, ma si comprende ora di più la sua delusione verso tale cameo, che a distanza di mesi continua a far discutere tanto i fan quanto il diretto interessato.
È passato molto tempo dall’ultima volta che abbiamo avuto aggiornamenti su questo progetto, ma adesso sembra finalmente che l’adattamento in live action di Naruto stia finalmente trovando il suo spazio. Anche se sono passati 10 anni dall’ultima notizia in merito, Lionsgate ha continuato a lavorare al progetto, e adesso il film ha una sceneggiatrice.
Secondo Variety, la sceneggiatrice Tasha Huo è stata incaricata di scrivere l’ultima bozza della sceneggiatura di Naruto live action. Gli altri crediti recenti della sceneggiatrice includono l’imminente riavvio di Red Sonja e una serie animata basata sui videogiochi Tomb Raider. Non sono stati forniti altri dettagli, ma i siti americani riportano che il casting è in corso.
Il manga originale Naruto è stato creato da Masashi Kishimoto ed è stato inizialmente serializzato sulla rivista di manga shōnen Weekly Shōnen Jump di Shueisha da settembre 1999 a novembre 2014. La serie animata è divisa in due stagioni, Naruto e Naruto: Shippuden, della durata di 220 e 500 episodi.
La storia segue il personaggio del titolo, Naruto Uzumaki, un giovane ninja che cerca il riconoscimento dei suoi coetanei e sogna di diventare l’Hokage, il leader del suo villaggio.
“Il giorno della nascita di Naruto Uzamaki, il villaggio di Konoha fu attaccato dal demone della volpe a 9 code. Per proteggere il villaggio, il quarto hokage sacrificò la sua vita e sigillò il demone in un bambino appena nato, Naruto. 13 anni dopo Naruto si diploma all’accademia ninja e diventa uno shinobi con l’obiettivo di diventare l’Hokage del villaggio. Insieme a lui ci sono il rivale Sasuke Uchiha che tenta di ottenere il potere per vendicare il suo clan dopo che questo è stato raso al suolo dal fratello maggiore Itachi. E Sakura Haruno, la ragazza per cui Naruto ha una cotta e che ovviamente ama il suo rivale Sasuke. Ma quando Itachi ritorna al villaggio dopo gli esami da Chunnin e Sasuke dimostra di essere impotente contro di lui, Sasuke cadrà nelle mani del malvagio Orochimaru per ottenere le sue doti. Naruto deve fare tutto ciò che è in suo potere per fermare il suo amico dal perdersi nell’oscurità, anche se questo significa perdere se stesso.”
Le serie Marvel sono spesso e volentieri un bel grattacapo per i Marvel Studios, poiché la maggior parte di quelle ad oggi realizzate sembra aver portato più costi che benefici. Dai problemi con gli effetti speciali di She-Hulk: Attorney at Law sino a quelli produttivi di serie ancora da distribuire come Daredevil: Born Again ed Echo, passando per quelli economici di Secret Invasion. Ad oggi sembra che per evitare di incorrere ancora in questi problemi, i Marvel Studios siano intenzionati ad avere tutto sotto controllo prima di dare il via alle riprese, così da evitare di dover poi ricorrere a costosi reshoot.
Sembra però anche che i Marvel Studios abbiano in programma di realizzare sia storie standalone per il piccolo schermo ma anche di dar vita a nuove stagioni di alcuni prodotti già distribuiti. Finora, infatti, solo Lokiha potuto godere di una seconda stagione mentre per tutte le altre serie non sono stati fatti annunci a riguardo, cosa che per il momento lascia in sospeso il futuro dei personaggi protagonisti di queste serie. Secondo lo scooper Daniel Richtman, delle potenziali seconde stagioni per Ms. Marvel, Moon Knighte She-Hulk: Attorney at Law sarebbero invece ora in fase di elaborazione.
La serie Ms. Marvel rimane uno dei prodotti televisivi più apprezzati del MCU, mentre Moon Knight si è concluso con un grosso cliffhanger quando Marc Spector e Steven Grant si sono apparentemente liberati di Khonshu, solo poi rivelare che una terza personalità – Jake Lockley – è ancora al servizio del Dio della Luna. Per quanto riguardaShe-Hulk: Attorney at Law, in passato si era parlato di un’apparizione di Jennifer Walters in Captain America: Brave New World, ma sembra che i piani siano cambiati, dunque una seconda stagione potrebbe riportarla in scena. Non resta dunque che attendere per scoprire se davvero ci saranno piani futuri per queste serie e i loro protagonisti.
Con la fine degli scioperi SAG-AFTRA e WGA, i Marvel Studios sono tornati al lavoro sui casting dei ruoli principali per il prossimo reboot dei Fantastici Quattro del MCU e, anche se per il momento si tratta solo di un’altra indiscrezione, un nuovo nome viene ora accostato all’atteso progetto che introdurrà nel MCU la prima famiglia di supereroi. Secondo l’insider MTTSH, infatti, Cillian Murphy(reduce dal successo di Oppenheimer) sarebbe la prima scelta dello studio per interpretare il Dottor Destino nel film (il quale dovrebbe però apparire per un semplice cameo). Già da tempo i fan indicano l’attore come l’interprete ideale per tale iconico villain e sembra che anche i Marvel Studios siano di questa idea.
Naturalmente, anche se venisse concretamente fatta un’offerta, non è detto che Cillian Murphy sia interessato e in ogni caso i contendenti al ruolo non mancano. Precedenti rumor riportavano che sia Ryan Gosling che Josh Hartnett sarebbero in lizza per interpretare Destino, e si dice che entrambi gli attori abbiano ancora qualche possibilità di ottenere la parte. Più di recente, si è sentito parlare anche diRalph Fiennes e Jason Clarke, mentre a Mads Mikkelsen sarebbe stato concretamente offerto il ruolo, ma si dice che abbia rifiutato. Non resta dunque che attendere maggiori certezze a riguardo, considerando che Dottor Destino molto probabilmente sarà ben più che un semplice villain “usa e getta”.
Fantastici Quattro: quello che sappiamo sul cast del film
Per il ruolo di Reed Richards (Mister Fantastic), il candidato numero uno attualmente è l’attore Pedro Pascal (The Last of Us), mentre per Sue Storm (Donna Invisibile), Johnny Storm (Torcia Umana) e Ben Grimms (La Cosa) si continuano a riportare i nomi diVanessa Kirby (Napoleon), Joseph Quinn(Stranger Things) e Ebon Moss-Bachrach (The Bear). Anche per questi, però, si attende un’ufficialità da parte dei Marvel Studios. Si è poi parlato di Javier Bardem per il ruolo di Galactus, ma anche Antonio Banderas sarebbe ancora in lizza per il ruolo. Infine, sembra che sia in corso la ricerca di un’attrice per l’araldo di Galactus, che potrebbe però non essere Silver Surfer.
Ad oggi sappiamo solo che Matt Shakman (produttore e regista di WandaVision) dirigeràFantastici Quattro da una sceneggiatura di Jeff Kaplan, Ian Springer, Josh Friedman, co-sceneggiatore di Avatar: La via dell’acqua, e Cameron Squires. I dettagli della trama sono ancora un mistero, ma Kevin Feige ha confermato che non si tratterà di un’altra origin story per il super-team. Il film, infine, è atteso in sala per il 2 maggio 2025.
In un recente episodio del podcast “The New Yorker Radio Hour”, Bradley Cooper ha parlato con il conduttore David Remnick dei suoi sforzi da regista, tra cui “A Star Is Born” e “Maestro“, e del passaggio a ruoli più drammatici. Remnick ha poi chiesto a Bradley Cooper: “Hai finito di divertirti? In altre parole, se arrivasse un altro ruolo comico e divertente, se fossero tre mesi della tua vita, non sarebbe ‘Una notte da leoni 5’ ma qualcosa di simile“.
“Beh, farei ‘Una notte da leoni 5′”, ha risposto Bradley Cooper . “Prima ci sarebbe ‘Una notte da leoni 4’, ma sì“, ha detto ridendo l’attore. “Probabilmente farei Una notte da leoni 4′ all’istante. Solo perché amo Todd [Phillips], amo Zach [Galifianakis], amo Ed [Helms] così tanto, probabilmente lo farei“.
Bradley Cooper ha sottolineato che, sebbene ultimamente non abbia interpretato ruoli tradizionalmente divertenti, si sta “divertendo” nei suoi ultimi progetti e non trova questi film più pesanti “estenuanti” come potrebbero esserlo altri.
Dampyr, il primo film del Bonelli Cinematic Universe, sta rubando il cuore degli spettatori statunitensi, che nel fine settimana del Ringraziamento scelgono proprio l’esordio alla regia di Riccardo Chemello dalla vastissima library di Netflix USA.
Uscito il 22 novembre sulla versione nordamericana della piattaforma, il film ha esordito al nono posto della Top 10, scalando rapidamente la classifica e arrivando, nella giornata di domenica 26 novembre, a raggiungere la sestaterza posizione tra i dieci film più visti di Netflix, superando titoli in classifica da mesi, e persino il capolavoro dell’animazione SONY, Spider-Man: Accross the Spider-Verse, aggiunto di recente.
Dopo essere stato distribuito in digitale in Italia, su Sky e NOW, in occasione di Halloween 2023, e dopo la messa in commercio dell’edizione Home Video, Dampyr comincia anche a farsi spazio nel mercato internazionale, riscontrando un innegabile interesse da parte di un pubblico che storicamente è avvezzo ai blockbuster fantasy e che dimostra di gradire questa insolita storia di supereroi made in Italy, confermandone l’aspirazione internazionale.
Diretto da Riccardo Chemello, su una sceneggiatura firmata da Alberto Ostini, Giovanni Masi, Mauro Uzzeo e lo stesso Mauro Boselli che insieme a Maurizio Colombo ha creato il personaggio, e interpretato da Wade Briggs, Stuart Martin, Frida Gustavsson, Sebastian Croft, David Morrissey e Luke Roberts, Dampyr è prodotto da Bonelli Entertainment con Eagle Pictures e Brandon Box e distribuito in Nordamerica da Sony Pictures.
Con l’arrivo nelle sale di tutto il mondo del filmHarry Potter e la pietra filosofale prese vita una delle saghe fantasy più celebri e dal maggior successo di sempre. È il 2001 quando gli spettatori vengono condotti alla scoperta di Hogwarts e del magico mondo dei maghi. Un mondo nato dalla penna di J. K. Rowling e che ha negli anni conquistato sempre più fan in ogni parte del mondo per le sue tematiche legate alla crescita, all’amicizia e al coraggio. Nel 2007 il viaggio prosegue con Harry Potter e l’Ordine della Fenice, diretto da stavolta da David Yates e basato come sempre sull’omonimo romanzo.
Con questo quinto capitolo si è ormai sempre più nel vivo della storia. Il grande nemico del giovane mago protagonista, Lord Voldemort, ha ripreso forma in carne ed ossa, e l’oscurità è sempre più presente nel mondo dei maghi. Questo quinto film è stato però anche il più contestato dagli amanti della saga, che hanno ritrovato eccessive differenze e semplificazioni rispetto al libro, il quale vanta però circa 800 pagine. Con l’introduzione di nuovi personaggi e ambienti, Harry Potter e l’Ordine della Fenice garantisce tuttavia ancora una volta buon intrattenimento e grandi emozioni.
Una volta arrivato in sala, il film si è confermato come un grande successo, arrivando ad un incasso complessivo a livello mondiale di circa 942 milioni di dollari, a fronte di un budget di appena 150. Ciò spinse ovviamente i produttori a proseguire nella costruzione della saga, preparando da subito i successivi sequel. Prima di vedere questi come anche questo quinto capitolo, però, può essere utile approfondire quest’ultimo scoprendo tutte le principali curiosità ad esso legate. Dalla trama al cast e fino alle differenze con il romanzo, proseguendo nella lettura sarà possibile ritrovare tutto ciò.
La trama di Harry Potter e l’Ordine della Fenice
Il quinto film si apre sul tanto chiacchierato ritorno di Lord Voldemort, a cui però molti scelgono di non credere, tra cui i maghi ai vertici del Ministero della Magia. Harry Potter, invece, ha assistito con i suoi occhi alla ricomparsa in carne ed ossa del temuto stregone, ed è consapevole che la sua vita non potrà più essere quella di prima. Prima di recarsi ad Hogwarts per il quinto anno, questi viene a conoscenza dell’Ordine della Fenice. Questa è un’organizzazione segreta capeggiata da Albus Silente con lo scopo di contrastare Voldemort. Affascinato da quest’idea, Harry decide di dar vita ad un gruppo formato da studenti all’interno della scuola di magia e stregoneria, insegnandolo loro a combattere e difendersi. Ben presto, però, la minaccia dell’Oscuro Signore e dei suoi seguaci diventerà più concreta che mai.
Harry Potter e l’Ordine della Fenice: il cast del film
Protagonista del film è nuovamente l’attore Daniel Radcliffe, che ricopre ancora una volta con grande successo il ruolo di Harry Potter. Per lui il quinto film è divenuto noto anche per aver portato in scena il primo bacio del personaggio. Una scena che ha reso particolarmente nervoso l’attore, il quale il giorno in cui avrebbe dovuto girare questa si presentò ammalato sul set, costringendo a rinviare il tutto. Accanto a lui si ritrovano poiRupert Grint nei panni di Ron Weasley, ed Emma Watson in quelli di Hermione Granger. Quest’ultima rivelò di aver considerato di rinunciare al suo personaggio, decidendo però di continuare ad interpretarlo poiché il suo abbandono sarebbe stato un danno per l’intera saga.
Michael Gambon, invece, riprende per la terza volta il ruolo del preside Albus Silente, che diventa sempre più presente nelle vicende di Harry. Tra i più celebri personaggi della saga, Severus Piton è interpretato dal grande Alan Rickman, mentre Tom Felton torna nei panni di Draco Malfoy, e Maggie Smith in quelli della professoressa McGranitt. Robbie Coltrane, invece, è l’interprete del fidato Hagrid. David Thewlis riprende invece il ruolo di Remus Lupin. Il premio Oscar Gary Oldman torna ad interpretare il personaggio di Sirius Black, già comparso nel terzo film, che trova qui ampio spazio all’interno della storia. Evanna Lynch fa il suo ingresso nei panni di Luna Lovegood. Katie Leung, invece, è Cho Chang, la ragazza con cui Harry Potter condividerà il suo primo bacio.
Lord Voldemort, ora definitivamente entrato in scena, è interpretato dal grande attore Ralph Fiennes. Questi lavorò molto per costruire il carattere del personaggio, arrivando anche a stabilire una serie di personali cambiamenti. Egli richiese infatti che i suoi occhi venissero lasciati al naturale, e non tramutati dunque in quelli simili ad un serpente. Ciò gli permetteva di poter comunicare la follia del personaggio anche tramite il proprio vero sguardo. Dalla parte dei cattivi si ritrovano anche Imelda Staunton, nei panni della perfida Dolores Umbridge, nuova docente di Difesa contro le Arti Oscure, mentre Helena Bonham Carter dà vita a Bellatrix Lestrange. Qui introdotta per la prima volta, questa si rivelerà essere una delle principali nemiche dei giovani protagonisti.
Harry Potter e l’Ordine della Fenice: le differenze tra il libro e il film
Se già con il quarto film si erano evidenziate diverse notevoli differenze tra il romanzo e il film, ancora maggiori sono quelle che intercorrono tra il quinto libro e il quinto film della saga. L’adattamento del quinto romanzo della saga è stato senza dubbio complesso, principalmente per la natura più complessa della storia che, per la maggior parte, si svolge dentro la testa del protagonista. L’Ordine della Fenice è infatti un testo di passaggio, all’interno della saga. Questo concentra molte delle sue pagine sui pensieri di Harry e sulle sue turbe, sulla sua rabbia, sulla sua difficoltà di vivere in un mondo magico che rifiuta ancora, ufficialmente, il ritorno di Voldemort. L’esclusione di molti dettagli, tuttavia, ha reso più complesso mantenere una certa coerenza con i film precedenti e quelli successivi.
Nel film, ad esempio, sono del tutto assenti molte delle attività che Harry svolge all’interno di Grimmauld Place, sede dell’Ordine della Fenice. Ciò ha portato a non mostrare il ritrovamento del Medaglione di Serpeverde, oggetto chiave nel futuro della storia. Assenti sono anche molte delle scene che mostrano le frustrazioni provate da Harry nel corso dell’anno, ridotte qui a pochi simbolici momenti. Di particolare importanza è qui anche la Stanza delle Necessità. Nel film questa viene scoperta da Neville, mentre nel libro è l’elfo Dobby a rivelare ad Harry la sua esistenza. Differenti rispetto al libro sono anche due momenti chiave della storia. Il primo riguarda la visione del passato di Severus Piton. Il secondo invece è quello relativo al tradimento di Cho Chang, che nel romanzo invece non avviene.
Harry Potter e l’Ordine della Fenice: quanto dura, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Harry Potte e l’Ordine della Fenice ha una durata di 2 ore e 18 minuti, cosa che lo rende il secondo film più breve della saga dopo Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2, il quale dura 2 ore e 10 minuti. Per gli appassionati del film è possibile fruire di questo grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Harry Potter e l’Ordine della Fenice è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Now ePrime Video. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di domenica 26 novembre alle ore 21:20 su Italia 1.
Dagli anni Settanta ad oggi, Ridley Scott si è affermato come uno dei registi più innovativi e influenti dell’industria hollywoodiana. Con le sue opere Scott ha contribuito alla rivoluzione dei generi, dall’horror alla fantascienza, dal dramma al film storico, e molte delle sue pellicole sono diventate dei cult imprescindibili della storia del cinema. Ancora oggi Scott dimostra un’abilità invidiabile, nonché un energia e un amore sconfinato per la settima arte riscontrabili in ogni suo nuovo progetto.
2. È un affermato produttore di cinema e televisione. Oltre ad aver prodotto molti dei suoi film, Scott si è distinto negli ultimi anni per aver ricoperto tale ruolo anche per altri noti progetti. Tra i titoli da lui sostenuti si annoverano Stoker (2013), Il fuoco della vendetta (2013), Italy in a Day (2014), Child 44 (2015), Zona d’ombra (2015), con Will Smith, Blade Runner 2049 (2017), con Ryan Gosling, Assassinio sull’Orient Express(2017),Assassinio sul Nilo(2022), Lo strangolatore di Boston (2023) e Assassinio a Venezia(2023). Per la televisione ha invece partecipato alla produzione di note serie come The Good Wife (2009-2016), I pilastri della terra (2010), L’uomo nell’alto castello (2015-2019), Taboo (2017), con Tom Hardy, The Terror (2018-in corso), Raised by Wolf (2020-2022) e Grandi speranze (2023)
Ridley Scott: chi è sua moglie
3. Si è sposato più volte. Nel corso della sua vita Scott ha avuto un totale di tre mogli. Con la prima, Felicity Heywood, è stato unito dal 1964 al 1975, e da lei ha avuto due figli. Nel 1979 sposa invece la produttrice Sandy Watson, da cui avrà la terza figlia. La coppia divorzia poi nel 1989. Dal 2000 è invece legato all’attrice Giannina Facio, che ha poi sposato nel 2015. Scott ha poi diretto l’attuale moglie in diversi dei suoi film, tra cui Il gladiatore.
Ridley Scott e suo fratello Tony
4. Aveva un fratello regista. Scott aveva un fratello minore, Tony, anch’egli noto regista. Aveva infatti diretto film di grande successo come Top Gun, Beverly Hills Cop II, Una vita al massimo e Nemico pubblico. Questi, tuttavia, è scomparso nel 2012, anno in cui si suicidò. Ridley raccontò soltanto due anni dopo che il fratello aveva dovuto affrontare una lunga battaglia contro un tumore, il quale lo aveva portato allo stremo. A lui dedicò i suoi film The Counselor ed Exodus – Dei e re.
Ridley Scott ha diretto Hannibal
5. Per il film è stato usato il finale che Scott aveva immaginato. Chiamato a dirigere nel 2001 il film Hannibal, sequel di Il silenzio degli innocenti, Scott si è trovato a dover lottare per poter far sì che il finale del film corrispondesse a come lo aveva immaginato lui. Secondo il direttore della fotografia John Mathieson, infatti, sono stati girati tre finali diversi. Incerti se il finale del romanzo di Thomas Harris, da cui è tratto il film, avrebbe funzionato, hanno girato tre versioni: una secondo quanto scritto da Harris, una secondo quanto voluto dal produttore Dino De Laurentiis e una secondo quanto voluto dal Scott. Alla fine è stato proprio il finale di quest’ultimo a prevalere.
Ridley Scott dirige Napoleon
6. Non ha badato all’accuratezza storica. Il nuovo progetto di Scott è il kolossal epico Napoleon, incentrato sulla vita di Napoleone Bonaparte, interpretato da Joaquin Phoenix. Il film ripercorre dunque le principali tappe dell’esistenza dell’imperatore francese, tanto nelle sue attività politiche e militari quanto in quelle private. Scott, tuttavia, non si è preoccupato di voler essere fedele a quanto si riporta di Napoleone e delle sue gesta, preferendo favorire la spettacolarità cinematografica. In risposta alle critiche sulle inesattezze storiche, Scott ha semplicemente risposto: “Fatevi una vita“, ma anche “Scusa, amico, eri lì? No? Beh, allora chiudi quella cavolo di bocca“.
Ridley Scott: i suoi film di fantascienza da Alien a Prometheus
7. È celebre per i suoi film di fantascienza. Scott è uno di quei registi che nel corso della propria carriera si è sempre cimentato con generi diversi, passando con naturalezza dal kolossal epico al film di guerra, dal thriller al biopic. In particolare, però, egli è ricordato per alcuni film di fantascienza, affermatisi tra i migliori di questo genere. Il primo che ha diretto è Alien, del 1979, a cui ha poi fatto seguito nel 1982Blade Runner. Da quel momento Scott si è poi dedicato ad altre tipologie di film, tornando però alla fantascienza nel 2012 proprio ricollegandosi alla saga di Aliencon Prometheus, a cui ha poi fatto seguito nel 2017 Alien: Covenant. Del 2015 è inveceSopravvissuto – The Martian.
8. Voleva utilizzare particolari effetti speciali. Per dar vita allo Xenomorfo protagonista del film Alien, Scott desiderava ricorrere ad un animatronics, poiché riteneva che far indossare il costume da alieno ad un attore avrebbe reso meno credibile e spaventosa la creatura. La tecnologia dell’epoca, però, non era abbastanza all’avanguardia per ciò che aveva in mente. Tuttavia, quando gli fu presentato Bolaji Badejo, un uomo alto più di due metri e con lunghe ed esili braccia, capì che questi avrebbe potuto interpretare l’alieno senza ricordare le movenze di un umano, decidendo pertanto di affidargli la parte.
9. Blade Runner è il film a cui è più legato. Nel 1982 Scott dirige il fantascientificoBlade Runner, film oggi divenuto vero e proprio cult, che ha contribuito a ridefinire il suo genere di riferimento. Recentemente, intervistato riguardo a tale pellicola, Scott ha dichiarato di considerarlo il suo film più personale e completo, contenente tutte le tematiche a lui più care. La versione a cui egli ovviamente si riferisce è quella denominata “Final Cut”, rappresentante al meglio la sua idea del film.
Ridley Scott e gli Oscar
10. Ha ricevuto diverse nomination ma non ha mai vinto. Scott è considerato uno dei più grandi registi di cinema a non aver mai vinto un Oscar. Egli vanta tre nomination come Miglior regista, ricevute per Thelma & Louise, Il gladiatore e Black Hawk Dawn. È poi stato nominato come produttore del Miglior film per Sopravvissuto – The Martian. Recentemente Scott ha però affermato di non essere poi troppo infastidito dal non aver mai vinto l’ambito premio, preferendo piuttosto concentrarsi sul realizzare buoni film.
Nel 2017, sotto la regia di Matt Reeves, arriva The War – Il pianeta delle scimmie, nono film del media franchise Il pianeta delle scimmie, e terzo film del reboot iniziato nel 2011 conL’alba del pianeta delle scimmie. L’originale del 1968, Il pianeta delle scimmie, è una delle pellicole più importanti del genere fantascientifico: al centro della storia c’è l’astronauta George Taylor, il quale precipita su un misterioso pianeta in cui le scimmie sono altamente evolute e gli esseri umani sono ridotti in schiavitù. Il film ottenne un grande successo sia di critica che di pubblico, a cui seguirono dei sequel, che conclusero l’origin saga nel 1973 con Anno 2670 – Ultimo atto. Nel 2011 arrivò, come dicevamo, il reboot, il quale si è concluso proprio con The War – Il pianeta delle scimmie, pellicola che presenta alcuni easter eggs interessanti, molti dei quali fanno riferimento alla serie originale. Scopriamo quali sono i principali.
Cornelius
In The War – Il pianeta delle scimmie ritroviamo lo scimpanzè Cesare, il quale aveva guidato le scimmie evolute durante la guerra con gli umani sopravvissuti in Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie. Sappiamo che ha un figlio, il quale si chiama Cornelius. Il nome datogli non è però sconosciuto: infatti Cornelius è il gentile scimpanzé – nonché archeologo – presente nel film originale del 1968 Il pianeta delle scimmie, il quale insieme a Zira, una veterinaria nonché sua compagna, è l’unico a simpatizzare con la razza umana. Lo scimpanzé fa amicizia proprio con l’astronauta George Taylor, il protagonista, interpretato da Charlton Heston.
Nova
In The War – Il pianeta delle scimmie, ad un certo punto Cesare, insieme ai suoi compagni, si imbattono in un villaggio quasi abbandonato, dove incontrano per puro caso un uomo, che alla fine viene ucciso dallo scimpanzé. In quello stesso momento, in una casa disabitata, trovano una bambina, la quale non solo è malata ma è anche muta. La bambina si chiamerà Nova, altro nome che ci rimanda ancora una volta all’originale film del ’68. Nova – una donna muta, esattamente come lei – è la primitiva che incontra l’astronauta Taylor quando entrambi sono prigionieri delle scimmie e di cui, alla fine, si innamora.
Il virus
The War – Il pianeta delle scimmie fa una rivelazione molto importante riguardante l’influenza Simian, un virus creato inizialmente per curare l’Alzheimer, e che era stato testato sulle scimmie fino a potenziarne l’intelligenza. Nel film viene svelato che tale virus – causa della decimazione dell’umanità – si è evoluto, e adesso è in grado di rendere gli esseri umani muti, veri e propri primitivi senza parola, perché innesca una regressione cerebrale. Una cosa accaduta già in precedenza a Nova, e che alla fine attacca anche il Colonnello McCullogh, lo stesso che aveva confessato a Cesare la trasmutazione del virus.
La bomba
In The War – Il pianeta delle scimmie, il gruppo paramilitare si chiama Alpha-Omega, stesso nome che nel sequel del 1970, L’altra faccia del pianeta delle scimmie, indica il nome con cui viene chiamata una bomba atomica, la quale si palesa nel film quando a New York Brent (astronauta mandato alla ricerca della nave di Taylor, l’Icarus) scopre una società di uomini mutanti con poteri telepatici che venerano l’ordigno come divinità. Lo stesso che poi si capisce vogliono usare per sconfiggere le scimmie. In quell’occasione Brent – dopo essere stato catturato – incontra Taylor.
La lacrima di Cesare
La scena finale di The War – Il pianeta delle scimmie segna la morte di Cesare, che avviene fra le braccia della sua amata Maurice. Lo scimpanzè è stato ferito gravemente e, dopo aver condotto il suo popolo in salvo, spira, non prima di aver detto alla compagna che rimanendo unite le scimmie saranno sempre forti. Una lacrima gli scende lungo la guancia, e questo è un chiaro riferimento alla statua di una scimmia che fa la stessa cosa nell’inquadratura finale di Anno 2670 – Ultimo atto, quinto e ultimo episodio della saga originale de Il pianeta delle scimmie.
Donkey Kong
In The War – Il pianeta delle scimmie, le scimmie che si schierano con gli esseri umani sono soprannominate “Donkey”, mentre la fazione apposta, quella capitanata da Cesare, si chiama invece “Kong”. Anche questo diventa un palese riferimento al classico – nonché famoso – videogioco arcade Donkey Kong, sviluppato e prodotto da Nintendo e poi uscito nelle sale giochi nel 1981. Grazie a Donkey Kong – che nel videogame è un gorilla – c’è stato anche il debutto del celebre Mario.
Apocalypse Now
In The War – Il pianeta delle scimmie ci sono, infine, un paio di riferimenti ad Apocalypse Now, film del 1979 diretto da Francis Ford Coppola e liberamente ispirato al famoso romanzo di Joseph Conrad, Cuore di tenebra. Il primo è relativo alla guerra, la quale comporta in entrambi i casi un’odissea per rintracciare un colonnello impazzito. La seconda, invece, è un gioco di parole presente all’interno della pellicola, “Ape-ocalypse Now”, che viene visto scarabocchiato su un muro.
Leo è tra le recentissime proposte di Netflix nell’ambito dell’animazione. Il film, scritto da Adam Sandler, Robert Smigel e Paul Sad e diretto dallo stesso Smigle assieme a Robert Marianetti e David Wachtenheim, è stato lodato dalla critica internazionale per la sua gestione della comicità che lascia spazio anche a momenti di riflessione profonda, tanto per un pubblico di bambini-ragazzi quanto per gli adulti. Questa pellicola racconta la storia di Leo (Adam Sandler) e Squirtle (Bill Burr), tatuara che hanno vissuto tutta la loro vita in una classe di quinta elementare. Quando Leo viene a sapere che potrebbe avere solo un anno di vita, decide di scappare per vedere il mondo; tuttavia, il suo piano prende una piega inaspettata quando i bambini scoprono che sa parlare, e il tatuara inizia a dispensare consigli e lezioni di vita agli alunni.
Tutti i bambini iniziano a ottenere risultati eccellenti a scuola, il che rende fiera la loro supplente, la signora Malkin (Cecily Strong), finché questa non si rende conto che il merito non è suo, ma del piccolo tatuara. Così, decide di abbandonare Leo nelle Everglades, almeno finché l’intera classe non le fa cambiare idea e la esorta a salvarlo. Alla fine di Leo, la signora Malkin vince il titolo di insegnante dell’anno e porta Leo e Squirtle con sé nella sua nuova classe, ma la loro nuova sistemazione è davvero migliore rispetto alla classe di quinta elementare in cui hanno trascorso la loro vita finora? Scopriamolo in questa spiegazione del finale di Leo.
Perché Leo non è fuggito come previsto?
Inizialmente, Leo e Squirtle ci vengono presentati come felici di vivere nel loro piccolo terraio di una classe di quinta elementare, finché una sera, durante una riunione con i genitori, Leo sente uno dei papà dire che i tuatara vivono fino a circa 75 anni. Il nostro piccolo protagonista sa di essere nato nel 1949, ma non conosce l’addizione e la sottrazione perché ha vissuto tutta la vita nell’aula di quinta elementare, quindi solo quando incontra Cinnabon (Nick Swardson), il coniglietto dell’aula di seconda elementare, scopre di avere 74 anni, il che significa che, teoricamente, gli resta solo un anno da vivere. Questa stima cozza con il piano di Leo, che vuole vedere il mondo e fare nuove esperienze, dunque escogita un piano per fuggire.
La prima occasione per la fuga tanto desiderata da Leo si manifesta quando viene portato a casa da una studentessa di quinta, Summer (Sunny Sandler), non fosse che il tatuara si lascia scappare che sa parlare: invece di fuggire come aveva programmato, Leo dà a Summer dei consigli di vita su come interagire meglio con le altre persone e su come fare domande coinvolgenti durante le conversazioni con gli altri bambini. La bambina segue il suo consiglio il giorno dopo e ne trae immediatamente beneficio. Quando gli altri bambini iniziano a cercare l’aiuto di Leo, il tatuara è felice di tutta questa attenzione e apprezzamento che i bambini gli dimostrano, così smette di cercare di scappare.
Perché Squirtle ha smascherato Leo
Squirtle non aveva idea che Leo elargisse consigli a tutti i bambini, finché questi non iniziano a lasciare i loro telefoni nel terrario, per poter parlare con Leo di notte e nei fine settimana e Squirtle comincia a essere geloso. Inizialmente, è più arrabbiato per aver perso le attenzioni di Leo, ma quando va a casa con Anthony (Ethan Smigel) e cerca di interagire con lui come fa Leo, Anthony dice alla classe che “Squirtle fa schifo” e tutti concordano che Leo è “il migliore“.
Una sera, mentre Leo sta cercando di destreggiarsi tra le varie telefonate con i ragazzi, Squirtle trasmette una telefonata in diretta streaming a tutti gli altri bambini. Fino a quel momento, il tatuara aveva detto a tutti i bambini che erano gli unici con cui stava parlando, perché tecnicamente non avrebbe dovuto far sapere a nessuno di loro che gli animali potevano parlare. Ora, non solo sanno che può parlare, ma sanno anche che ha mentito a ciascuno di loro dicendo che avevano un rapporto esclusivo.
Perché la signora Malkin ha abbandonato Leo nelle Everglades
Squirtle non era l’unico ad essere geloso di Leo. La signora Malkin era inizialmente soddisfatta dei progressi che gli studenti stavano facendo ed era molto orgogliosa degli elogi che stava ricevendo come insegnante, finché non ha sentito gli studenti attribuire a Leo il merito di ogni loro successo. La supplente decide dunque di portare il tatuara a casa sua, in modo che gli studenti non possano più consultarlo ma, come era sua abitudine con tutti gli studenti, Leo inizia a parlare con la signora Malkin dei suoi problemi, ricordandole il motivo per cui aveva iniziato a insegnare. Purtroppo, però, quando i genitori alla Fiera della Storia la elogiano e lei vince il premio di insegnante dell’anno, ha un altro ripensamento.
La signora Malkin sa che Leo era la vera ragione del successo dei ragazzi ma, ora che tutti pensano che sia stata lei a portare la classe a questo livello, riceve le lodi che ha sempre desiderato e non vuole che le cose cambino, così porta Leo alle Everglades e gli dice che i ragazzi hanno perso la Fiera della Storia e che la colpa è sua. Inoltre, gli dice che può vivere il suo sogno nelle Everglades “senza la possibilità di incontrare i bambini. O i loro genitori. O il preside. O i media“. Il motivo per cui lo porta lì è che nessuno parlerà mai con lui e scoprirà che tutti gli elogi che ha ricevuto sono in realtà merito del tatuara.
Naturalmente, dopo che Squirtle e il Drone rintracciano i bambini sull’autobus e Squirtle spiega che la supplente vuole accaparrarsi tutti i meriti, questa cambia di nuovo idea e confessa di aver portato Leo alle Everglades perché pensava che ottenere il riconoscimento dei genitori l’avrebbe resa felice. Nonostante il suo terzo ripensamento, l’allenatore Kimura (Jo Koy) non vuole cambiare rotta per andare alle Everglades, così la signora Malkin e i ragazzi cospirano per rubare l’autobus e andarci da soli per salvare Leo.
La nuova classe di Leo e Squirtle è peggio della quinta elementare?
Da un lato, tutti ottengono ciò che vogliono alla fine del film Leo. La signora Malkin ottiene un posto di insegnante a tempo pieno in una nuova classe e i due tatuara si trasferiscono in una nuova aula; tuttavia, forse sarebbe stato meglio se fossero rimasti nella classe di quinta elementare. La loro nuova classe è composta da ragazzi più piccoli e scalmanati, che in ogni scena si comportano in modo rude con gli animali e con gli insegnanti. Leo e Squirtle erano preoccupati di farsi male quando i bambini di quinta li hanno portati a casa, e questo rischio è maggiore con i bambini più piccoli. Così, anche se sono entusiasti di poter finalmente imparare l’ABC, la loro vita potrebbe essere letteralmente a rischio.
Nella classe di quinta elementare, i due amici tatuara sono stati trattati bene dagli alunni, perché erano in grado di parlare e ragionare con loro ed erano decisamente più maturi. Nella loro nuova classe, la situazione sarà completamente diversa e potrebbe mettere a rischio Leo e Squirtle. L’aspetto più positivo alla fine di Leo è che la signora Malkin sa che possono parlare e si spera che si prenda cura di loro ma, considerando quante volte ha cambiato opinione nel corso del film, non c’è alcuna garanzia che si prenderà cura di loro. Lo scenario migliore per Leo e Squirtle sarebbe quello di essere trasferiti in una classe più grande il prima possibile!
Durante una recente intervista con AP, la candidata all’Oscar Margot Robbie ha parlato della possibilità di tornare per un eventuale film su Barbie 2, dopo il successo critico e commerciale dell’ultimo film di Greta Gerwig.
“Penso che abbiamo messo tutto in questo film“, ha detto Margot Robbie. “Non ci piaceva costruirlo come una trilogia o qualcosa del genere. Greta ha messo tutto in questo film, quindi non riesco a immaginare quale sarà il prossimo“.
Inoltre, l’attrice che interpreta anche Harley Quinn ha anche spiegato il significato del successo al botteghino del film di Barbie.
“Direi che la cosa più importante per me è che i film originali possono ancora avere un grande successo al botteghino”, ha detto. “Non deve essere per forza un sequel, un prequel o un remake. Può essere totalmente originale. Si può ancora disporre di un grande budget per farlo“.
Margot Robbie ha continuato: “E solo perché c’è una protagonista femminile non significa che non colpirà tutti e quattro i quadranti, che è, sapete, penso che un’idea sbagliata che molte persone hanno ancora. Quindi è davvero importante che Barbie sia andato bene. Per quanto sia bello, è anche molto importante che vada bene, in modo che anche in futuro le persone possano avere grandi idee originali e ricevere il budget necessario per realizzarle correttamente“.
Chi c’era nel film di Barbie?
Barbie è stato diretto da Greta Gerwig da una sceneggiatura scritta insieme a Noah Baumbach. È stato prodotto da Margot Robbie e Tom Ackerly per LuckyChap e da Robbie Brenner di Mattel Films insieme a Josey McNamara e Ynon Kreiz. Durante la sua programmazione nelle sale, il film ha ottenuto un incasso mondiale di oltre 1,4 miliardi di dollari, diventando così il film di maggior incasso del 2023.
Il film è interpretato da Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Simu Liu, Kingsley Ben-Adir, Scott Evans, Kate McKinnon, Ariana Greenblatt, Alexandra Shipp, Emma Mackey, Issa Rae, Michael Cera, Hari Nef, Will Ferrell, Helen Mirren, Dua Lipa e altri ancora. La colonna sonora originale è attualmente candidata a 11 Grammy, tra cui Record of the Year, Song of the Year e Best Song Written for Visual Media, con Ryan Goslingche ha ricevuto la sua prima nomination ai Grammy per “I’m Just Ken”.
Da quanto apprendiamo oggi Now You See Me 3, terzo capitolo del franchise Now You See Me che ancora in sviluppo e da quello che sembra pare sia anche in uno stato avanzato. Infatti uno degli attori del film, Jesse Eisenberg ha oggi rivelato i piani di produzione e l’inizio delle riprese.
Parlando con ComingSoon, a Eisenberg è stato chiesto se fosse interessato a Now You See Me 3, e l’attore ha risposto che la produzione dovrebbe iniziare il prossimo anno. Per quanto riguarda il suo ruolo di J. Daniels Atlas, Jesse Eisenberg ha descritto il personaggio come un necessario cambiamento di ritmo rispetto ad alcuni dei suoi ruoli più recenti.
“Sì, sì, sì. Dovremmo farlo all’inizio del prossimo anno“, ha detto Eisenberg, prima di parlare delle differenze del suo personaggio in quel franchise rispetto a quello del suo prossimo film, Manodrome. “Non vedo l’ora. A differenza di un film come questo, in cui il mio personaggio prova una rabbia, un’ansia e una depressione così profonde, in quello il mio personaggio è così sicuro di sé, è un performer e un uomo di spettacolo ed è una boccata d’aria fresca, come attore, poter vivere anche in quel tipo di mondo“.
Cosa sappiamo di Now You See Me 3?
Jesse Eisenberg, Woody Harrelson e Morgan Freeman riprenderanno tutti i loro ruoli dai primi due film, mentre Ruben Fleischer di Venom è stato chiamato a dirigere. Michael Lesslie di Assassin’s Creed sta lavorando all’attuale bozza della sceneggiatura, mentre Alex Kurtzman e Bobby Cohen sono i produttori.
Diretto da Louis Leterrier, il film originale Now You See Me è uscito nelle sale statunitensi nel maggio 2013. Il film segue un gruppo di maghi – interpretati da Eisenberg, Harrelson, Isla Fisher e Dave Franco – che durante i loro spettacoli compiono rapine in banca e poi consegnano il denaro rubato al pubblico. Il film è interpretato anche da Mark Ruffalo, che veste i panni di un agente dell’FBI che cerca di consegnare i maghi alla giustizia, mentre Freeman interpreta un debunker della magia.
Now You See Me ha guadagnato 351,7 milioni di dollari al botteghino mondiale con un budget di 75 milioni di dollari. Ha ricevuto recensioni contrastanti da parte della critica.
Un sequel, Now You See Me 2, è stato realizzato nel giugno 2016. Diretto da Jon M. Chu, il film ha riproposto nel cast Ruffalo, Harrelson, Franco, Freeman e Eisnenberg, mentre Lizzy Caplan e Daniel Radcliffe si sono uniti al cast. Il film ha ricevuto recensioni contrastanti da parte della critica, ma ha guadagnato 334 milioni di dollari al botteghino mondiale a fronte di un budget stimato di 90-120 milioni di dollari.
Da vera fangirl della Marvel, la star di The MarvelsIman Vellani ha condiviso la sua teoria sul ruolo di Kang il Conquistatorenell’attesissimo Avengers: Secret Wars. Parlando con New Rockstars, Iman Vellani ha proposto l’idea che il sesto film dei sui Vendicatori potrebbe presentare una variante “ultra-potente” di Kang, che potrebbe possedere sia i poteri dell’Uomo Molecola che del Beyonder.
“Penso che avrebbe senso che Kang fosse una versione dell’Uomo Molecola, che esiste in ogni singolo universo, e che ci sono diverse varianti di lui“, ha detto Vellani. “L’abbiamo già visto. Quindi ha senso. Ma sento anche che potrebbe essere l’Uomo Molecola e Beyonder allo stesso tempo“.
Originariamente previsto per il 2025, Avengers: Secret Wars è stato posticipato al 2027 a causa dei ritardi di produzione causati dagli scioperi di Hollywood. Dopo Avengers: The Kang Dynasty che debutterà nelle sale il 1° maggio 2026, Secret Wars arriverà nelle sale il 7 maggio 2027. Entrambi i film non hanno ancora un regista, dato che il regista di Shang-ChiDestin Daniel Cretton ha recentemente annunciato la sua uscita da Avengers 5.
Avengers: Secret Wars è il sesto capitolo della serie di film di successo Avengers. Dovrebbe concludere la Fase 6 del Marvel Cinematic Universe e la Saga del Multiverso. I fan attendono da tempo la notizia di un potenziale adattamento live-action dell’iconica serie di fumetti, che vede vari eroi e cattivi Marvel essere catturati da un’entità cosmica nota come Beyonder, dove poi si scontrano su un pianeta chiamato Battleworld.
Al creatore di Star Wars: AhsokaDave Filoni, recentemente promosso a Chief Creative Officer di Lucasfilm, è stato chiesto se la storia di Baylan Skoll continuerà dopo l’improvvisa scomparsa di Ray Stevenson lo scorso 21 maggio.
Parlando con Vanity Fair, Dave Filoni ha ricordato com’è stato lavorare con Stevenson, rivelando che all’attore scomparso sarebbe piaciuto sapere quanto cose positive i fan hanno detto sul suo personaggio.
“Ovviamente c’è una storia“, ha suggerito Dave Filoni. “A questo punto siamo in una fase di attesa. Ma sono contento che si parli di Ray e di quanto fosse grande. Avevo dei piccoli dibattiti con lui e gli dicevo: ‘Ray, sei tu il cattivo qui’. E lui rispondeva: “Non credo proprio”. Io gli dicevo: “So che non lo pensi, ma lo sei. Mi piace che tu faccia finta di niente”. Che è esattamente il modo in cui Baylan pensa. Penso che sarebbe stato al settimo cielo [per l’accoglienza dei fan]. Il grande rimpianto è che non abbia potuto sperimentarlo“.
Cosa sappiamo su Ahsoka?
Star Wars: Ahsoka è stata scritta e prodotta esecutivamente da Dave Filoni, conosciuto soprattutto per il suo lavoro sugli show animati di Star Wars The Clone Wars e Rebels, molto amati dai fan. Ambientata nella stessa linea temporale di The Mandalorian, la prima stagione è incentrata sulla ricerca della Jedi protagonista attraverso la galassia, mentre indaga su una minaccia emergente dopo la caduta dell’Impero.
Star Wars: Ahsoka è interpretata da Rosario Dawson nel ruolo dell’ex Cavaliere Jedi, Natasha Liu Bordizzo nel ruolo di Sabine Wren, Mary Elizabeth Winstead nel ruolo di Hera Syndulla, Eman Esfandi nel ruolo di Ezra Bridger, Lars Mikkelsen nel ruolo del Grand’Ammiraglio Thrawn, Ivanna Sakhno nel ruolo di Shin Hati, Ray Stevenson nel ruolo di Baylan Skoll, Wes Chatham nel ruolo del Capitano Enoch, Diana Lee Inosanto nel ruolo di Morgan Elsbeth, David Tennantnel ruolo della voce di Huyang e altri ancora.
Parlando con GamesRadar+, la star di LOKISophia Di Martino ha espresso il desiderio di continuare a interpretare Sylvie nei futuri progetti del Marvel Cinematic Universe. Spera che il viaggio del suo personaggio includa delle apparizioni nei film del MCU.
“Voglio solo fare più Sylvie possibile“, ha detto la Di Martino. “Portare avanti la sua storia, vedere dove andrà a finire e vederla trovare la sua strada in alcuni film sarebbe super cool. Sì, sicuramente“.
Inoltre, l’attrice ha anche condiviso con quale personaggio del MCU vorrebbe che Sylvie interagisse, rivelando che le piacerebbe “avere una sfida tra streghe” contro l’Agatha Harkness di Kathryn Hahn. Quest’ultima sarà protagonista della sua serie Disney+Agatha: Darkhold Diaries, che debutterà nel 2024.
Di cosa parla la seconda stagione di Loki?
“La seconda stagione riprende dopo lo scioccante finale di stagione, quando Loki si ritrova a combattere per l’anima della Time Variance Authority”, si legge nella sinossi. “Insieme a Mobius, al cacciatore B-15 e a una squadra di personaggi nuovi e di ritorno, Loki naviga in un Multiverso in continua espansione e sempre più pericoloso alla ricerca di Sylvie, del Giudice Renslayer, di Miss Minutes e della verità su cosa significhi possedere il libero arbitrio e uno scopo glorioso“.
La seconda stagione di LOKI è stata ideata dallo sceneggiatore e produttore esecutivo Eric Martin, mentre la regia è stata affidata a Justin Benson e Aaron Moorhead. La serie è interpretata anche da Owen Wilson, Gugu Mbatha-Raw, Wunmi Mosaku, Jonathan Majors, Ke Huy Quan, Rafael Casal, Kate Dickie e altri ancora.
Dopo oltre nove anni da quando Edgar Wright è uscito dal primo film di Ant-Man dei Marvel Studios, il regista britannico ha rivelato alcuni nuovi dettagli interessanti sulla sua visione originale per il film con protagonista Paul Rudd. Su Instagram, Wright ha risposto alla domanda di un fan sulla differenza tra la sua versione di Ant-Man e il film di Peyton Reed del 2015.
Il regista di L’Alba dei morti dementi ha descritto la sua sceneggiatura originale come un “film su una rapina criminale”, che avrebbe caratterizzato Scott Lang come un “vero criminale”. Wright in precedenza intendeva mostrare la trasformazione di Scott dal criminale di partenza all’eroe del finale.
“Avendo firmato una NDA quando me ne sono andato, non c’è molto che posso dire”, ha scritto Wright. “Immagino che la differenza più grande nella nostra sceneggiatura fosse che era autonoma e non aveva cameo di altri personaggi del MCU (a parte un’anticipazione finale) ed era molto più un film su una rapina, con rapine intrecciate e rapine ovunque, un po’ come The Hot Rock di Donald Westlake. Penso che anche la differenza cruciale sia che (come nei fumetti originali) Scott Lang era un vero criminale all’inizio del film e non un bravo ragazzo al 100% già all’inizio della storia. Abbiamo pensato che sarebbe stato un arco di redenzione più soddisfacente se fosse passato da criminale a eroe. C’è molto altro da dire, ma non posso per motivi legali!”
Con il suo terso capitolo, Ant-Man and the Wasp: Quantumania, la trilogia dedicata al personaggio non si è conclusa nel migliore dei modi. Il film ha incassato in tutto il mondo oltre 470 milioni di dollari a fronte di un budget dichiarato di 200 milioni di dollari. Le sue scarse prestazioni al botteghino hanno reso il film uno dei minori incassi dei Marvel Studios fino ad oggi.
Diretto da Peyton Reed su una sceneggiatura scritta da Jeff Loveness , il film vede co-protagonisti anche Evangeline Lilly nel ruolo di Hope van Dyne/Wasp, Michael Douglas nel ruolo di Hank Pym, Michelle Pfeiffer nel ruolo di Janet Van Dyne, Jonathan Majors nel ruolo di Kang il Conquistatore, Kathryn Newton nel ruolo di Cassie Lang, Corey Stoll nel ruolo di Darren Cross / M.O.D.O.K., Bill Murray nel ruolo di Lord Krylar, Katy O’Brian nel ruolo di Jentorra e William Jackson Harper nel ruolo di Quaz.
L’imminente ventitreesima stagione del dramma poliziesco Law & Order si arricchirà di un nuovo detective della polizia di New York. L’attore Reid Scott (The Marvelous Mrs. Maisel) si è unito al cast dello show della NBC come nuovo volto regular.
I dettagli sul personaggio del detective della polizia di New York, compreso il nome, non sono stati resi noti. L’attore si unirà allo show dopo che il detective Frank Cosgrove, interpretato da Jeffrey Donovan, ha lasciato la serie a causa di “divergenze creative“. Donovan è apparso nelle stagioni 21 e 22 di Law & Order.
Non è la prima volta che lo show subisce un cambiamento importante nel cast, soprattutto nel ruolo del detective. Prima che Donovan entrasse nella serie nel ruolo del detective Frank, Anthony Anderson aveva ripreso il ruolo del detective Kevin Bernard e se ne era andato dopo la 21a stagione. A lui è succeduto Mehcad Brooks nella stagione 22 nel ruolo di Jalen Shaw.Prodotta da Wolf Entertainment e Universal Television, la prossima 23ª stagione di Law & Order debutterà il 18 gennaio 2024.
Law & Order va ad aggiungersi all’impressionante portfolio televisivo di Reid Scott. Dopo aver recentemente recitato in The Marvelous Mrs. Maisel, l’attore è noto soprattutto per il ruolo di Dan Egan nella commedia politica Veep della HBO. Ha anche interpretato Bobby O’Neil nella sitcom della ABC It’s All Relative e Brando Dorff nella sitcom della TBS My Boys. Tra gli altri suoi lavori televisivi ricordiamo La vita segreta dell’adolescente americano, The Big C, Perché le donne uccidono e, più recentemente, American Horror Story: Delicate.
Il regista di Suicide SquadDavid Ayer ha difeso il co-CEO dei DC StudiosJames Gunn dai fan della DC su X, che stanno speculando sulla posizione di James Gunn sulla discussa director’s cut del film di supereroi del 2016. David Ayer ha espresso la sua eccitazione per Superman: Legacy di James Gunn, lodandolo anche per aver guidato uno dei franchise di supereroi più difficili.
“Non vedo assolutamente l’ora di vedere il Superman di Gunn. Devo dire questo“, ha scritto Ayer. “Gunn è l’uomo più coraggioso di Hollywood in questi giorni. Sta prendendo il comando della nave più difficile da capitanare in questa industria“.
I absolutely can’t wait to see Gunn’s Superman. I have to say this. Gunn is the bravest man in Hollywood these days. He’s taking charge of the hardest ship to Captain in this industry.
We make movies. We are entertainers. Not elected officials leading a nation. Everyone please… https://t.co/Kd9Q5XUMIO
Chi ha partecipato alla realizzazione di Suicide Squad?
Basato sull’omonima squadra di antieroi della DC Comics, Suicide Squad è stato scritto e diretto da David Ayer. Il film è stato interpretato da Will Smith nel ruolo di Deadshot, Viola Davis nel ruolo di Amanda Waller, Joel Kinnaman nel ruolo di Rick Flag, Jai Courtney nel ruolo di Capitan Boomerang, Jay Hernandez nel ruolo di El Diablo, Adewale Akinnuoye-Agbaje nel ruolo di Killer Croc, Cara Delevingne nel ruolo di Enchantress, Karen Fukuhara nel ruolo di Katana e Margot Robbie nel ruolo di Harley Quinn, che è diventata subito una delle più amate dai fan ed è ora uno dei personaggi DC più popolari. Nonostante abbia ricevuto recensioni per lo più negative, il film ha comunque incassato oltre 726 milioni di dollari al botteghino mondiale.
Dopo il successo della campagna dei fan per l’uscita della Zack Snyder’s Justice League, alcuni fan della DC hanno iniziato a discutere della possibile uscita della versione di David Ayer del film del 2016. Secondo Ayer, la sua versione era più cupa ed emotiva rispetto alla versione che abbiamo visto al cinema di Suicide Squad. La sua versione avrebbe visto anche un maggior coinvolgimento del Joker di Jared Leto.
L’accordo provvisorio è stato siglato dopo uno sciopero di 118 giorni, che ha segnato l’interruzione del lavoro più lunga mai registrata dal sindacato e la prima da quando Jimmy Carter era alla Casa Bianca. L’accordo concluso dal presidente della SAG-AFTRA Fran Drescher e da Duncan Crabtree-Ireland, direttore esecutivo nazionale e capo negoziatore, è stato ampiamente elogiato come rivoluzionario. Ma i termini relativi all’intelligenza artificiale generativa hanno dato vita a un certo dibattito, con alcuni membri di spicco che hanno promesso di bocciare il contratto perché, a loro avviso, le tutele a lungo termine dell’IA non sono sufficienti a proteggere i posti di lavoro.
Tuttavia, dopo il sacrificio di un lungo sciopero che ha coinciso in parte con lo sciopero di 148 giorni della Writers Guild of America, sembra davvero difficile che i membri del SAG-AFTRA rifiutino i termini del nuovo accordo. Drescher ha ripetutamente sottolineato i significativi guadagni finanziari e lavorativi ottenuti dopo lunghe ore al tavolo delle trattative con l’Alleanza dei produttori cinematografici e televisivi.
“Questi contratti fruttano più di 1 miliardo di dollari in NUOVI finanziamenti per piani di compensazione e benefit (inclusi ulteriori 317,2 milioni di dollari per i piani di benefit). I contratti stabiliscono protezioni dalle IA lunghe e dettagliate che non esistevano prima e ci proteggono mentre affrontiamo la sfida di questa nuova tecnologia, equità nel reparto capelli e trucco, copertura di fondo significativamente aumentata, residui di streaming fuori misura, un nuovo fondo per il successo dello streaming e così via, ancora di più. Questi guadagni sono stati possibili solo grazie al vostro sacrificio, alla solidarietà e alla tenacia durante i 118 giorni di sciopero e sono assicurati se voterete per ratificare l’accordo”, ha scritto Crabtree-Ireland nella sua lettera di accompagnamento al mailing.
Se approvato, il Memorandum of Agreement del 2023 avrà validità dal 9 novembre 2023 al 30 giugno 2026. Il termine ultimo per esprimere un voto tramite cartolina o online è fissato alle 17:00 PT del 5 dicembre.
In una recente intervista con The Direct, la star di The MandalorianKatee Sackhoff ha affrontato le recenti speculazioni dei fan sul fatto che Bo-Katan potrebbe diventare il nuovo protagonista dell’imminente quarta stagione della serie The Mandalorian basata sull’universo di Star Wars. La Sackhoff ha confermato che non ci sono state discussioni sul fatto che Bo-Katan possa prendere il posto di Pedro Pascal.
“No. Penso che ci saranno sempre molte speculazioni in questo fandom“, ha detto. “Sai, penso che sia uno dei motivi per cui le persone amano così tanto questo fandom. E amano così tanto questo universo che molte volte permette un’ambiguità sufficiente a far sì che le persone interpretino le cose nel modo in cui vogliono interpretarle. E da questo deriva la possibilità di far trapelare molte informazioni errate, o semplicemente, sapete, un pensiero velleitario“.
Inoltre, l’attrice di Star Wars: Clone Wars ha rassicurato i fan che The Mandalorian rimarrà sempre “lo show di Din Djarin“. Le voci su Bo-Katan sono arrivate dopo che l’eroina preferita dai fan ha assunto un ruolo molto più importante nella terza stagione, che si è conclusa con l’unione di due fazioni di Mandaloriani per ricostruire il loro pianeta natale, Mandalore.
Di cosa parlava la terza stagione di The Mandalorian?
The Mandalorian è stato creato e prodotto da Jon Favreau. La terza stagione ha visto la partecipazione di Carl Weathers nel ruolo di Greef Karga,Amy Sedaris nel ruolo di Peli Motto, Emily Swallow nel ruolo di The Armorer, Giancarlo Esposito nel ruolo di Moff Gideon e altri ancora. L’ultima puntata ha visto anche la partecipazione di Ahmed Best, Jack Black, Lizzo e Christopher Lloyd.
“I viaggi dei Mandalorian nella galassia di Star Wars continuano. Un tempo cacciatore di taglie solitario, Din Djarin si è riunito a Grogu”, si legge nella sinossi della terza stagione. “Nel frattempo, la Nuova Repubblica lotta per allontanare la galassia dalla sua storia oscura. Il Mandaloriano incrocerà vecchi alleati e si farà nuovi nemici mentre lui e Grogu continuano il loro viaggio insieme“.
The Mandalorian è stato ideato dai produttori esecutivi Dave Filoni, Kathleen Kennedy, Colin Wilson, Karen Gilchrist e Carrie Beck. Favreau è anche showrunner e uno dei registi. Le stagioni 1-3 sono ora disponibili in streaming su Disney+.
Dopo la prima immagine del Nosferatu di Robert Eggers, la versione cartacea di Empire Magazine offre un primissimo sguardo al personaggio protagonista del film, Thomas Hutter, che è interpretato da Nicholas Hoult. Proprio lui si troverà faccia a faccia con il Conte Orlok, interpretato da Bill Skarsgård.
Anche se l’immagine non va molto oltre una raffigurazione dell’attore, vediamo un primo piano di Hoult nel ruolo del protagonista, mentre con sguardo allarmato guarda verso quello che immaginiamo sia Orlok, di quinta nell’immagine, fuori fuoco.
I dettagli della trama sul personaggio di Hoult rimangono per lo più nell’ombra. Il film originale del 1922 seguiva Hutter mentre incontrava il vampiro in veste di agente immobiliare in Transilvania, ricalcando il rapporto tra Jonathan Harker e Dracula nella storia di Bram Stoker. Hutter deve quindi cercare di respingere il conte Orlok dopo che il vampiro è diventato ossessionato da sua moglie Ellen, che sarà interpretata nel prossimo film da Lily-Rose Depp.
Parlando del genere di film che sta realizzando, Eggers ha dichiarato a Empire: “Sì, è un film spaventoso. È un film horror. È un film horror gotico, e penso che da tempo non ci sia un film gotico vecchia scuola che sia davvero spaventoso. E penso che la maggior parte del pubblico troverà che questo sia il caso.”
“Dirò che Bill [Skarsgård] si è completamente trasformato, temo che potrebbe non ottenere il credito che merita perché è semplicemente… non è lì”, ha aggiunto Eggers riguardo alla performance di Skarsgård. “Penso che la cosa principale sia che è un vampiro popolare. Secondo me assomiglia a un nobile morto della Transilvania, e in un modo che non abbiamo mai visto come sarebbe e come sarebbe vestito un vero nobile morto della Transilvania.”
Eggers ha anche specificato che il ruolo più importante del film sarà quello assegnato alla Ellen di Lily Rose-Depp: “È ancora più fedele alla storia di Ellen rispetto alle versioni precedenti. E Lily-Rose è assolutamente fenomenale”, ha detto.
Oltre al suddetto trio, Nosferatu avrà un cast corale composto da Aaron Taylor-Johnson, Emma Corrin, Willem Dafoe e Ralph Inseon, che interpreteranno tutti personaggi reinventati del film del 1922. Eggers ha diretto Nosferatu da una sua sceneggiatura. Il film della Focus Features proviene da Regency Enterprises, Studio 8 e Maiden Voyage Pictures ed è prodotto da Eggers, Jeff Robinov e John Graham per Studio 8 e Chris Columbus ed Eleanor Columbus per Maiden Voyage. L’uscita di Nosferatu è prevista per il 2024.
Non si sa ancora chi prenderà il posto di Angelina Jolie e Alicia Vikander nei panni della prossima Lara Croft, ma sembra che l’adattamento in serie del videogioco Tomb Raider stia andando avanti. Secondo quanto riferito da Prime Video, Megan McDonnell, scrittrice di The Marvels e WandaVision, si è unita alla serie tv annunciata!
Secondo quanto riportato da Variety, la scrittrice del Marvel Cinematic Universe è stata ingaggiata per unirsi alla stanza degli sceneggiatori dell’annunciato adattamento di Tomb Raider da parte della creatrice di FleabagPhoebe Waller-Bridge. Anche se la serie potrebbe essere ancora nelle prime fasi di sviluppo – con la trama e gli altri personaggi coinvolti che rimangono in sospeso – il coinvolgimento di McDonnell ci suggerisce che lo show ha ottenuto una luce verde da parte dello studio che dunque ha intenzione di portare avanti il progetto.
Oltre al previsto adattamento della serie, all’inizio di quest’anno Deadline ha riportato la notizia che MGM e Amazon Studios stanno lavorando insieme per un altro adattamento cinematografico di Tomb Raider. Tuttavia, al momento non sono stati rivelati ulteriori annunci o date di uscita.
La storia cinematografica di Tomb Raider
Molto prima che Lara Croft: Tomb Raider, interpretata da Angelina Jolie, debuttasse nelle sale nel 2001, il gioco d’azione e avventura da cui è tratto il film è diventato un successo fin dal suo debutto nel 1996. Ha anche generato diversi sequel.
Dopo aver ricevuto il prestigioso Ordine della Columbia Britannica, la star di DeadpoolRyan Reynolds ha affrontato le recenti voci sul coinvolgimento di Taylor Swift nel MCU per Deadpool 3, l’attesissimo terzo capitolo della serie che lo vede protagonista. Parlando con il Vancouver Sun, Ryan Reynolds non ha confermato né smentito il coinvolgimento della Taylor Swift in Deadpool 3, ma ha espresso quanto sia entusiasta del livello di attenzione che sta ricevendo il suo primo film del Marvel Cinematic Universe.
“Sì, l’ho sentito dire“, ha detto Ryan Reynolds ridendo. “Mi piace (il gossip). Penso che sia un segno di quanto la gente sia ansiosa di sbirciare dietro il sipario di questo mondo. Ognuno di questi segreti e spoiler sarà rivelato il 26 luglio“.
Dopo la fine degli scioperi a Hollywood, la produzione di Deadpool 3 è finalmente ripresa a Londra, che l’attore ha ammesso non essere stata la sua prima scelta per le riprese. Ha raccontato di aver “lottato come un dannato” per convincere i Marvel Studios a girare il threequel del supereroe vietato ai minori in Canada. Ha aggiunto: “Hanno le loro infrastrutture e tu devi solo metterti in riga. In un certo senso lo capisco, ma mi manca casa“.
Chi c’è in Deadpool 3?
Deadpool 3 riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia dell’atteso progetto. Hugh Jackman e Jennifer Garner usciranno finalmente dal loro pensionamento da supereroi per riprendere i rispettivi ruoli iconici della Marvel come Wolverine ed Elektra in Deadpool 3.
Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool 3, con protagonista Ryan Reynolds, non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso. Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman, viaggiare nell’universo principale dell’MCU.
Nel film saranno poi presenti anche personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche altri X-Men possano fare la loro comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della Marvel comparsi sul grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben Affleck. L’attriceJennifer Garner sarà presente nel film con il ruolo di Elektra, che riprende dunque a quasi vent’anni di distanza dal film a lei dedicato.
Alcuni partecipanti a Squid Game: La Sfida (qui la nostra recensione) stanno minacciando di intraprendere azioni legali contro Netflix. I concorrenti anonimi affermano di essere rimasti feriti dopo essere rimasti immobili a temperature molto basse per un periodo prolungato di tempo, cosa che ha causato ipotermia e danni fisici. Le riprese del reality show si sono svolte nel Regno Unito.
Squid Game: La Sfida è stato creato dopo il clamoroso successo che Squid Game ha riscontrato al suo debutto, con la consapevolezza che la produzione di una seconda stagione dell’acclamato dramma avrebbe richiesto parecchio tempo. Nel tentativo di espandere il franchise e mantenere alto l’interesse intorno al brand, mentre veniva prodotto il secondo capitolo, la piattaforma di streaming ha avuto l’idea di simulare le sfide viste nella serie in un reality show. Ma una competizione basata su una serie in cui i partecipanti muoiono era un concetto discutibile fin dall’inizio.
La prima stagione di Squid Game seguiva la storia di Seong Gi-hun (Lee Jung-jae), un dipendente dal gioco d’azzardo che lotta per arrivare a fine mese. Il protagonista ha un disperato bisogno di denaro e gli viene offerto di partecipare alla crudele competizione di Oh Il-Nam (O Yeong-su). Seong Gi-hun partecipa al concorso, incontrando persone che lentamente si trasformano quando si rendono conto che dovranno lasciare morire altre persone per ottenere il premio. Ma nel finale, sembra che Seong Gi-hun non abbia ancora finito con i giochi.
Ora, due concorrenti del reality che sono rimasti anonimi hanno assunto uno studio legale britannico, Express Solicitors, perché affermano di aver subito ipotermia e danni ai nervi durante le riprese della serie. Affermano di essersi procurati queste lesioni durante le riprese di una versione del memorabile gioco “luce rossa, luce verde” dello show. Un portavoce di Squid Game: La Sfida ha detto a Deadline che “nessuna causa è stata ancora intentata”, dicendo: “Prendiamo estremamente sul serio il benessere dei nostri concorrenti”. Anche Daniel Slade, CEO di Express Solicitors, ha condiviso una dichiarazione sul potenziale caso, affermando: “Ci rendiamo conto che le persone potrebbero vedere questa come una classica battaglia tra Davide e Golia con la società e i suoi partner di produzione. I concorrenti pensavano di prendere parte a qualcosa di divertente e gli infortunati non si aspettavano di soffrire così. Ora sono rimasti feriti dopo aver trascorso del tempo bloccati in posizioni di stress dolorose a basse temperature.”