Mentre continuano le riprese di The
Flash, arrivano nuovi dettagli dalle foto rubate dal
set del film, le cui riprese si stanno svolgendo in questi giorni a
nella zona di George Square a Glasgow, Scozia.
Dalle foto trapelate possiamo
vedere il Batpod utilizzato dal Batman di Ben Affleck, cosa che darebbe la conferma
definitiva della presenza di ‘Batfleck’ nel film, accanto al Batman
di Michael Keaton. Naturalmente Ben Affleck non è fisicamente impegnato sul
set, dal momento che sta trascorrendo le vacanze a bordo di uno
yacht a Saint Tropez, insieme alla “nuova” fidanzata
Jennifer Lopez, ma le foto del costume e del
veicolo non lasciano dubbi, seppure in forma di stunt, il suo
Cavaliere Oscuro comparirà nel film di Andy
Muschietti.
Confermata anche la presenza
di Michael
Keaton e Ben
Affleck, che torneranno entrambi a vestire i panni di
Batman. Kiersey Clemons tornerà nei
panni di Irish West dopo essere apparsa in Zack
Snyder’s Justice League (il personaggio era stato
tagliato dalla versione theatrical). Nel cast ci saranno anche
l’attrice spagnola Maribel Verdú (Il
labirinto del fauno), che interpreterà Nora Allen (la
madre di Barry) e l’attrice statunitense Sasha
Calle(Febbre d’amore) che interpreterà
Supergirl.
Il mistero attorno al cast
dell’attesissimo Doctor
Strange in the Multiverse of Madness continua a
crescere sempre di più, dal momento che non è ancora chiaro quanti
e quali personaggi vedremo nella seconda avventura in solitaria di
Stephen Strange.
Considerando che il film affronterà
il Multiverso e, con molta probabilità, le conseguenze di ciò che
abbiamo visto nel finale della prima stagione di
Loki, la maggior parte dei fan è certa che nel film
apparirà un numero impressionante di nuovi personaggi provenienti
dai fumetti, ma anche di versioni alternative di eroi e villain che
abbiamo già visto e conosciuto in passato.
E a proposito di nuovi personaggi,
come portato all’attenzione da
ComicBookMovie, pare che nel film reciterà anche l’attrice
britannica Yenifer Molina(Pokémon:
Detective Pikachu, Tom &
Jerry) nei panni di Gargantos. Il personaggio è apparso in
solo in due fumetti della Marvel: si tratta di un gigantesco
mostro marino al servizio di Naga, uno dei nemici di lunga data di
Namor il Sub-Mariner.
La notizia del casting di Molina è
ovviamente da prendere con le pinze; inoltre, non è detto che
l’eventuale presenza di Gargantos indichi necessariamente che nel
sequel faremo visita ad Atlantide (cosa che, forse, accadrà in
Black Panther: Wakanda Forever). Inoltre, è da tempo
ormai che si parla del fatto che il villain principale del sequel
di Doctor
Strange sarà Shuma Gorath, quindi l’introduzione di
Gargantos come uno dei suoi scagnozzi potrebbe avere senso.
La sceneggiatura del film porterà la
firma di Jade
Bartlett e Michael Waldron.
Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno
anche Benedict
Wong (Wong), Rachel
McAdams(Christine
Palmer), Chiwetel
Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl
Gomez (che interpreterà la new entry America
Chavez).
Doctor Strange in the Multiverse
of Madness arriverà al cinema il 25 marzo 2022.
Le riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo
anche a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe
apparire in un cameo anche Bruce
Campbell, attore feticcio di Sam
Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in
merito.
Non tutti i fan hanno accolto bene i
cambiamenti che Black Widow ha
apportato al personaggio di Taskmaster rispetto ai fumetti.
Tuttavia, sembra che una scena eliminata dal film di Cate Shortland possa fornire maggiori dettagli
in merito alle origini del celebre villain.
Come riportato da CBR,
i Marvel Studios hanno confermato che
Black
Widow arriverà in 4K Ultra HD, Blu-ray e DVD il
prossimo 14 settembre. Tra i contenuti extra, ci saranno anche
numerose scene eliminate, inclusa una che svelerebbe le origini di
Taskmaster. La scena in questione è stata chiamata “Smile” e la
breve descrizione recita: “Il protocollo Taskmaster viene
attivato in un momento di grande tensione. Viene rivelato un casco
iconico.”
Nei fumetti, Taskmaster indossa un
cappuccio e un casco che rivela molto di più del suo terrificante
ghigno rispetto alla versione che abbiamo visto nel film. Nel
cinecomic, infatti, una delle Vedove, Lerato, stuzzica Antonia e le
dice di sorridere nel suo casco da Taskmaster.
La scena eliminata potrebbe fornire
maggiori informazioni sul passato di Antonia e sull’origine di
Taskmaster. La descrizione della scena cita il protocollo
Taskmaster, che potrebbe avvalorare la tesi secondo cui il
Taskmaster visto nel film non sarebbe quello originale.
Il “vero” Taskmaster deve ancora debuttare nel MCU?
Per tutto il film, Antonia non viene
mai presentata come Taskmaster; viene invece chiamata a rilasciare
il “protocollo Taskmaster”. Ciò suggerisce che i poteri di Antonia
provengano dalla tecnologia impiantata nella sua testa piuttosto
che dalle sue stesse abilità. Pertanto, i fan hanno teorizzato che
Tony Masters, la versione dei fumetti di Taskmaster, potrebbe
essere ancora in attesa di fare il suo debutto.
Nei fumetti, Masters ha appreso per
la prima volta dei suoi riflessi fotografici e della sua ampia
memoria dopo aver imitato una persona che si tuffava in una piscina
all’età di 8 anni. Più tardi, ha cercato di monetizzare attraverso
i suoi poteri addestrando altri agenti, sia eroi che antieroi,
attraverso la Taskmaster’s Academy. Alcuni fan credono che proprio
l’Accademia possa aver contribuito ai diversi protocolli di
Taskmaster e all’origine di Antonia in Black Widow.
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è
stata riscritta nei mesi scorsi da Ned
Benson(The Disappearance of Eleanor
Rigby). Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz. Il film è uscito nelle sale il 7 luglio e
su Disney+ con
Accesso Vip il 9 luglio.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Come riportato in esclusiva dal
New York Times, Universal e Peacock hanno acquistato i diritti
dell’annunciato sequel de L’esorcista
ad opera della Blumhouse con l’obiettivo di realizzare una nuova
trilogia, al pari di quanto già accaduto con il franchise di
Halloween.
L’accordo siglato ammonta a 400
milioni di dollari. Come annunciato già tempo fa, sarà
David Gordon Green, regista di Halloween e dell’attesissimo Halloween
Kills, ad occuparsi della regia del primo capitolo della
trilogia, che sarà un sequel diretto del cult firmato nel 1973 da
William Friedkin. Il primo film dovrebbe
arrivare nelle sale verso la fine del 2023.
Le novità più eclatanti, emerse
insieme all’annuncio dell’accordo, riguardano però il cast: è stato
infatti confermato che, a quarant’anni di distanza dall’uscita del
film originale, Ellen Burstyn tornerà nuovamente nei panni
divenuti ormai iconici di Chris MacNeil, la madre della piccola
Regan MacNeil (la bambina posseduta del film di Friedkin), ruolo
grazie al quale ottenne una nomination agli Oscar come migliore
attrice protagonista.
Al fianco di Burstyn ci sarà
Leslie Odom Jr., noto per il musical
Hamilton e candidato agli Oscar 2021 come miglior attore
non protagonista per Quella notte a Miami…: l’attore statunitense
interpreterà il ruolo del padre di un bambino posseduto che, in
preda alla disperazione, cercherà l’aiuto di Chris.
La sceneggiatura del primo sequel
porterà la firma di David Gordon Green insieme a Scott Teems, Danny
McBride e Petter Sattler. Alla produzione ci saranno Jason Blum,
David Robinson e James Robinson. Il sequel sarà una co-produzione
tra Blumhouse e Morgan Creek Production.
Il grande successo de
L’esorcista
L’esorcista di William
Friedkin venne nominato a 10 premi Oscar (incluso
miglior film), vincendo due statuette, e generò anche due sequel e
due prequel/spin-off. Dopo il grande successo di critica e pubblico
del film originale, nel 1977 venne rilasciato L’esorcista
II – L’eretico; tredici anni dopo, nel 1990, uscì
invece L’esorcista III, diretto da William
Peter Blatty, autore del romanzo originale che ispirò
il film di Friedkin, scomparso nel 2017.
In nessuno dei due sequel venne
coinvolto Friedkin e nessuno dei due film ottenne il successo del
capostipite; tuttavia, nel 2004 venne realizzato un prequel diretto
da Lenny Harlin e dedicato alle vicende
di padre Lankester Merrin, seguito nel 2005 da un altro prequel più
o meno identico a quello dell’anno precedente, diretto però
da Paul Schrader.
La Morgan Creek Entertainment è
stata già responsabile della realizzazione de L’esorcista
III (1990) e dei due prequel L’esorcista – La
genesi (2004) e Dominion: Prequel to the
Exorcist (2005). Tempo fa William Friedkin ha dichiarato attraverso il
suo profilo Twitter che non sarà in alcun modo coinvolto nel nuovo
sequel.
Nel 2016, con
Suicide Squad,David Ayer è stato il primo regista a portare
l’iconica squadra di cattivi e antieroi della DC Comics sul grande
schermo. Nonostante il grande successo ottenuto dal film al
botteghino, il film è stato accolto da recensioni generalmente
negative e di recente è stato proprio Ayer a confermare che le
numerose interferenze dal parte della Warner Bros. durante la
produzione, che di fatto hanno portato alla realizzazione di un
film molto diverso da quello che il regista aveva in mente.
Ora, la Task Force X si prepara a
tornare sul grande schermo con The Suicide
Squad di James Gunn, per cui è altamente improbabile
che vedremo mai il taglio originale di Ayer (al pari di quanto
accaduto, ad esempio, con la
Snyder Cut di Justice
League). Rispetto ad Ayer, pare che Gunn abbia avuto il
pieno controllo creativo sul suo film e sebbene alcuni possano
pensare che ci sia del risentimento tra i due registi, in realtà i
due hanno sempre dimostrato rispetto nei confronti l’uno
dell’altro, sostenendo reciprocamente le rispettive iterazione dei
personaggi DC.
Proprio durante una recente
intervista con
Kevin McCarthy a proposito di The Suicide
Squad, Gunn ha elogiato nuovamente Ayer, dicendo che anche
se non ha visto il taglio originale del suo film, è “grato per
tutto ciò che ha fatto per me”. Poi ha aggiunto: “È stato
onesto fin dall’inizio, dal momento in cui è stato annunciato che
stavo facendo questo film”. Ayer ha quindi sentito i
commenti di Gunn e ha ritwittato il video dell’intervista sul suo
profilo, inserendo una serie di emoji che lasciano intuire quanto
abbia apprezzato le parole del collega.
“Benvenuti all’inferno, ossia a
Belle Reve, la prigione con il più alto tasso di mortalità negli
Stati Uniti d’America. Qui sono confinati i peggiori
supercriminali, disposti a tutto pur di evadere, anche unirsi
all’oscura e super segreta missione della Task Force X. L’incarico
del giorno? Metti insieme una serie di truffatori (tra cui
Bloodsport, Peacemaker, Captain Boomerang, Ratcatcher 2,
Savant, King Shark, Blackguard, Javelin e la psicopatica preferita
di tutti, Harley Quinn). Armali pesantemente e abbandonali sulla
remota isola di Corto Maltese infusa dal nemico. Mettili alla prova
grazie ad una giungla brulicante di avversari militanti e forze di
guerriglia ad ogni angolo. La squadra è impegnata in una ‘search
and destroy’ guidata dal colonnello Rick Flag, mentre i tecnici del
governo di Amanda Waller seguono ogni loro movimento grazie a dei
sistemi impiantati nelle loro orecchie. Come sempre… una sola mossa
falsa e chiunque può morire (per mano degli avversari, di un
compagno di squadra o della stessa Waller).”
Il legame tra Campari e il
Cinema torna protagonista per il quarto anno consecutivo
alla 78. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia. Fondamentali al pari della macchina da presa
e dell’impronta del regista per la realizzazione di un’opera
cinematografica, Passione e Creatività
rappresenteranno il fil rouge attorno al quale ruoteranno
tutte le iniziative ideate dal brand Main Sponsor della
Mostra, nate con l’obiettivo di favorire e rafforzare il
dialogo e l’incontro tra i giovani talenti e quelli più
affermatidel Grande Schermo.
Due i luoghi dove, dall’1
all’11 settembre, il palinsesto firmato Campari
prenderà vita e si animerà con una serie di appuntamenti
esclusivi. La Campari Lounge – presso
la Terrazza Biennale, proprio di fronte al Palazzo del Casinò
– quest’anno totalmente rinnovata, che ospiterà anche incontri con
i protagonisti di “Orizzonti”, il concorso
internazionale di Biennale Cinema 2021 dedicato ai film che
rappresentano nuove tendenze del cinema mondiale, con particolare
riguardo per gli esordi e gli autori emergenti.
Inoltre, dal 7 al 10
settembre, torna Campari Boat – In
Cinema, la spettacolare installazione presso l’Arsenale di
Venezia, dove gli ospiti potranno godere di un maxi schermo
allestito proprio nel cuore della Laguna, con barche
posizionate per l’occasione. Tra i contenuti presentati in questa
preziosa cornice anche Red Diaries,
l’attesissimo e ormai noto in tutto il mondo progetto
cinematografico firmato Campari. Proiettato nella serata
del 7 settembre, il documentario Fellini Forward,
questo il titolo della nuova edizione di Red Diaries, sarà
interamente dedicato alla grande arte di Fellini e rappresenta il
frutto di un innovativo lavoro che ha visto l’utilizzo
dell’intelligenza artificiale. Padrona di casa delle serate del
Campari Boat – In Cinema sarà la poliedrica attrice Cristiana Capotondi, questa volta nelle
eccezionali vesti di conduttrice.
Inoltre, moltissimi saranno gli
ospiti di Campari, che si alterneranno in una serie di performance
e incontri durante gli 11 giorni della Mostra. Tra di loro,
l’affermato attore
Marco Giallini – che incontrerà presso la Campari
Lounge una vera e propria squad di giovani artisti emergenti il 4
settembre – e
Lorenzo Zurzolo – considerato una delle nuove icone
del cinema italiano e protagonista di un
appuntamento il 6 settembre dedicato alle colonne
sonore che hanno segnato la storia del cinema, sempre presso la
Campari Lounge. Inoltre, gli studenti del
Centro Sperimentale di Cinematografia insieme a uno dei
volti del momento, Eduardo Scarpetta,
presenteranno i cortometraggi realizzati nell’ambito del progetto
Campari Lab, giunto quest’anno alla sua terza
edizione.
Infine, verrà assegnato come da
tradizione il premio ufficiale Campari
Passion For Film Award, nato dalla
collaborazione tra Campari e la Direzione Artistica
della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, con
l’obiettivo di valorizzare e premiare lo straordinario
contributo che i collaboratori più stretti dei registi offrono
al compimento del progetto artistico rappresentato da ciascun
film.
A fare da contorno a tutte questi
attesissimi appuntamenti, l’iniziativa Campari
#PerIlCinema, lanciata nel 2020 con la collaborazione di
QMI– società attiva nell’Entertainment –
per supportare un settore così duramente colpito nell’ultimo
periodo come quello del Cinema. Grazie a questo progetto
chiunque, infatti, può acquistare sulla piattaforma
dedicata perilcinema.com 1 voucher valido
per 1 ingresso in uno dei cinema aderenti. Per ogni buono
cinema acquistato, Campari sostiene le sale cinematografiche scelte
dagli utenti regalando, fino a un massimo di 20.000 acquirenti, un
secondo buono cinema. Entrambi saranno utilizzabili nel corso di
tutto l’anno 2021, mentre il corrispettivo verrà immediatamente
versato ai cinema da QMI.
Per il quarto anno consecutivo
Campari, in qualità di Main Sponsor della nota manifestazione,
torna protagonista, per accompagnare i propri ospiti e tutte le
persone in un percorso unico e spettacolare, senza dimenticare
contenuti interessanti e di rilievo: un vero e proprio viaggio
nella Passione e nella Creatività, accompagnato dai volti più
importanti del panorama cinematografica nazionale.
Attore premio Oscar distintosi
attraverso film di vario genere come Il fuggitivo, Men in
Black, Batman Forever e Non è un paese per vecchi,
Tommy Lee Jones non si è limitato nel corso della
sua carriera alla sola recitazione. In due occasioni ha infatti
firmato anche la regia di due lungometraggi cinematografici,
entrambi dall’ambientazione affine. Il primo, Le tre
sepolture, è un apprezzato western contemporaneo, mentre il
secondo The Homesman (qui la recensione), del 2014, è
un western puro con un punto di vista particolarmente originale e
inesplorato. Presentato in concorso al Festival
di Cannes, questo ha confermato il talento di Jones anche come
regista.
Il film è basato sull’omonimo
romanzo del 1988 scritto da Glendon Swarthout, che
aveva già visto diversi dei suoi romanzi western venire adattati
per il grande schermo. Il titolo The Homesman si riferisce
al compito di riportare a casa gli immigrati, che era tipicamente
un lavoro da uomini. In un contesto maschile come quello del
selvaggio west, Jones, però, dà grande risalto alla condizione
femminile, esplorando la vita delle donne dell’epoca, argomento
estremamente poco trattato e approfondito. Oltre a ciò, nel film si
ritrova anche la durezza dell’esistenza dei primi coloni del
Midwest statunitense della metà dell’Ottocento.
Si tratta dunque di un racconto
western attraverso cui il regista riesce a raccontare temi ancora
oggi attuali, proponendo riflessioni tutt’altro che scontate. Oltre
a ciò, The Homesman è anche considerato uno dei più bei
western classici realizzati di recente, configurandosi come una
gioia per gli occhi degli appassionati di questo genere. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
The Homesman: la trama del film
La vicenda narrata si svole nel
1854. Mary Bee Cuddy è una delle figure più
autoritarie della piccola comunità di fattori di Luop, Nembraska.
Giovane pionera indipendente, la donna avverte però un grande senso
di solitudine, amplificato dall’incapacità di instaurare una
relazione duratura. Un’occasione per allontanarsi dalla sua terra
arriva quando Theoline Belknap, Arabella
Sours e Gro Svendsen iniziano a mostrare
segni evidenti di instabilità mentale, causati dall’ambiente
particolarmente opprimente nei confronti delle donne. Cuddy si
offre dunque di scortarle in Iowa, presso la chiesa di Hebron, dove
si può offrire loro un’adeguata assistenza.
Nel tragitto, Cuddy si imbatte però
l’imbroglione George Briggs. Salvandogli la vita
da un linciaggio certo, la donna ottiene da lui la promessa di
aggregarsi alla compagnia per proteggerle dai pericoli del West.
Attraversare il paese pone infatti lo strampalato gruppo davanti a
diversi ostacoli, tra cui l’ostilità delle tribù native americane
che guardano con sospetto le donne e l’impervia attraversata delle
zone desertiche. Con il passare dei giorni, i disturbi mentali
delle donne aumentano e anche Cuddy inizia a cedere alla pressione
della forte depressione di cui soffre, che potrebbe compromettere
l’esito del viaggio. Per tutti loro, sarà necessario compiere un
percorso di maturazione, abbandonando tutto ciò che credevano di
sapere.
The Homesman: il cast del film
Protagonista del film, nel ruolo di
Mary Bee Cuddy, è l’attrice premio Oscar Hilary Swank,
che ha vinto il premio in due occasioni per Boys Don’t Cry
e Million Dollar Baby. Per interpretare al meglio il suo
ruolo, l’attrice approfondì quanto più possibile la vita delle
donne negli Stati Uniti della metà dell’Ottocento, al fine di
conoscere dettagli e modi di fare che potessero tornarle utili per
il personaggio. Accanto a lei si ritrova poi lo stesso Tommy Lee
Jones, il quale interpreta l’imbroglione George
Briggs. Per l’attore non si è trattato della prima volta in un
contesto western, dimostrando anzi una grande predisposizione a
questa tipologia di racconto.
Nel ruolo delle tre donne malate
mentalmente, Gro Svendsen, Theoline Belknapp e Arabella Sours si
ritrovano invece Sonja Richter, Miranda
Otto e Grace Gummer. Quest’ultima è nota
per essere la figlia di MerylStreep, ed ha avuto con questo film il suo
primo ruolo importante al cinema. La stessa Streep, inoltre,
compare brevemente nel ruolo di Altha Carter, la donna che gestisce
la chiesa di Hebron, dove i protagonisti sono diretti, insieme al
marito, il reverendo Dowd, interpretato da John
Lithgow. Gli attori David Dencik,
William Fichtner e Jesse Plemons
sono rispettivamente Thor Svendsen, Vester Belknap e Ganr Sours, i
mariti delle tre donne. Nel film compare inoltre l’attrice Hailee
Steinfeld, divenuta celebre per il western Il
grinta, qui nei panni di Tabitha Hutchinson.
The Homesman: il trailer e dove
vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. The
Homesman è infatti disponibile nel catalogo di
Tim Vision e Rai Play. Per vederlo, in base alla
piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno lunedì 24
luglio alle ore 21:10 sul canale
Rai Movie.
Prendete i musical della
MGM degli anni ’40, un inizio alla Grey’s Anatomy,
coreografie trascinanti, musica allegra, colori sgargianti e una
coppia in crisi: sono questi gli ingredienti principali di Schmigadoon!
la nuova serie Apple
TV+ che arriva sulla piattaforma con i primi due
episodi il 16 luglio e con un episodio a settimana, ogni venerdì,
fino al 13 agosto.
Schmigadoon!, la storia
Ideata da Cinco
Paul e Ken Daurio e diretta da Barry Sonnenfeld, la serie
vede protagonisti Cecily Strong e Keegan-Michael
Key nei panni di Melissa e Josh. Durante un campeggio per
coppie in crisi, i due si perdono e finiscono a Schmigadoon, una
cittadina bloccata in un musical anni ’40, dove tutte le
comunicazioni avvengono tramite coretti e coreografie di gruppo. La
cittadina fuori dal tempo reagirà in maniera più o meno violenta
all’arrivo di questi estranei moderni e progressisti, mettendo in
moto una reazione a catena che toccherà tutti gli abitanti di
Schmigadoon, lasciandoli per sempre cambiati.
Già a partire dal
titolo, che cita espressamente Brigadoon (musical
del 1947 di Vincent Minnelli), Schmigadoon!
rivela la sua anima fortemente derivativa e, allo stesso tempo, non
si esaurisce in quello. Raccontando principalmente la crisi di una
coppia che si perde per poi, forse, ritrovarsi, la serie estremizza
le situazioni e prende anche un po’ in giro il genere a cui
appartiene, rivelando, sotto la glassa della confessione, un cuore
grande e una molteplicità di storie che appassionano e divertono
con leggerezza e intelligenza.
Il merito va anche ad
una scrittura eccellente, che si fa forte di un cast eccezionale,
battute esilaranti e un ritmo incalzante.
Schmigadoon!, i
personaggi
La serie tratteggia una
serie di personaggi memorabili che, partendo dai tropi della
commedia e del musical, trasforma in mondi a parte: c’è il sindaco
sorridente e gentile, che nasconde una omosessualità estremamente
evidente; c’è la ragazza da fattoria, estremamente procace per la
sua giovane età ma con un padre severissimo pronto a prendere a
fucilate chiunque le si avvicini sprovvisto di anello e di
intenzioni matrimoniali; c’è l’insegnante, dolce, intelligente e
gentile, sveglia ma con un enorme segreto; c’è la moglie del
pastore, rigida osservatrice delle regole religiose, ansiosa di
trasmettere a tutti il suo rigore; c’è il ragazzaccio, che gestisce
un piccolo parco di divertimenti e si diverte a fare gli occhi
dolci alle signore, senza però mai spingersi oltre ciò che è
consentito.
Insomma,
Schmigadoon è piena di questi caratteri che
recitano un ruolo e che, ad un certo punto, per effetto del loro
scontro con Josh e Melissa, elementi estranei al loro modo di
essere e di pensare, acquistano consapevolezza e esplodono in veri
e propri personaggi sfaccettati e moderni.
Composizioni, costumi,
scenografie, coreografie sono state seguite e curate da alcune
delle migliori menti che lavorano tra cinema, teatro e tv, e il
risultato è assolutamente brillante, arricchito da un cast in
splendida forma, basti citare la radiosa Cecily
Strong, nei panni di Melissa, e Aaron
Tveit, volto noto e amato di Broadway, che il cinema
conosce grazie al suo Enjolras in Les Misérables di Tom
Hooper.
Schmigadoon! è un viaggio divertente ed
emozionante dentro alle relazioni, al loro evolversi, un inno
all’autenticità, all’essere fedeli a se stessi ed a lasciare andare
quello che non possiamo aggiustare.
È stato annunciato, in diretta
streaming, il programma della 78° Mostra Internazionale d’Arte cinematografica
di Venezia, che si svolgerà dal 1° all’11 settembre al
Lido. Molti dei titoli che Alberto Barbera ha selezionato con la
sua squadra erano attesi, molti altri sono risultati delle
sorprese, ma sulla carta, quest’anno forse più degli altri anni, la
Mostra promette scitille.
Ci sono tutti gli italiani più
attesi degli ultimi anni (D’Innocenzo, Sorrentino,
Mainetti), ci sono grandi registe e registi
internazionali, titoli di blockbuster e sorprese che non
mancheranno di lasciare il segno. Ecco di seguito il programma
ufficiale di Venezia 78:
Ecco il programma completo del Festival di Venezia 2021
America
Latina Regia Fabio D’Innocenzo, Damiano D’Innocenzo
con
Elio Germano, Astrid Casali, Sara Ciocca, Maurizio Lastrico,
Carlotta Gamba, Federica Pala, Filippo Dini, Massimo Wertmüller /
Italia, Francia / 90’
L’événement Regia Audrey Diwan con
Anamaria Vartolomei, Kacey Mottet-Klein, Luàna Bajrami, Louise Orry
Diquero, Louise Chevillotte, Pio Marmaï, Sandrine Bonnaire, Anna
Mouglalis, Leonor Oberson, Fabrizio Rongione / Francia / 100’
Competencia
oficial Regia Gastón Duprat con Penélope Cruz, Antonio
Banderas, Oscar Martínez, José Luis Gómez, Nagore Aranburu, Irene
Escolar, Manolo Solo, Pilar Castro, Koldo Olabarri / Spagna,
Argentina / 114’
Il
buco Regia Michelangelo Frammartino con Nicola
Lanza, Antonio Lanza, Leonardo Larocca, Claudia Candusso, Mila
Costi, Carlos Jose Crespo / Italia, Francia, Germania / 93’
Sundown
Regia Michel Franco con Tim Roth, Charlotte Gainsbourg, Iazua
Larios, Henry Goodman, Albertine Kotting, Samuel Bottomley /
Messico, Francia, Svezia / 83’
Illusions perdues Regia Xavier Giannoli con
Benjamin Voisin, Cécile de France, Vincent Lacoste, Xavier Dolan,
Salomé Dewaels, Jeanne Balibar, Gérard Depardieu, André Marcon,
Louis-Do de Lencquesaing / Francia / 144’
The
Lost Daughter Regia
Maggie Gyllenhaal con Olivia Colman, Jessie Buckley, Dakota
Johnson, Ed Harris, Peter Sarsgaard, Paul Mescal, Dagmara
Dominczyk, Alba Rohrwacher / Grecia, Usa, Regno Unito, Israele /
121’
Spencer
Regia Pablo Larraín con Kristen Stewart, Timothy Spall, Jack
Farthing, Sean Harris, Sally Hawkins / Germania, Regno Unito /
111’
Freaks
Out Regia Gabriele Mainetti con Claudio
Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo
Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski / Italia,
Belgio / 141’
Qui rido
io Regia Mario Martone con Toni Servillo, Maria
Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta,
Roberto De Francesco, Lino Musella, Paolo Pierobon, Gianfelice
Imparato, Iaia Forte / Italia, Spagna / 133’
On The Job: The Missing 8 Regia Erik
Matti con John Arcilla, Dennis Trillo, Dante Rivero /
Filippine / 208’
Żeby nie było śladów (Leave no traces)
Regia Jan P. Matuszyński con Tomasz Ziętek, Sandra
Korzeniak, Jacek Braciak, Robert Więckiewicz, Sebastian Pawlak,
Agnieszka Grochowska, Mateusz Górski / Polonia, Francia, Repubblica
Ceca / 160’
Kapitan Volkonogov bezhal (Captain Volkonogov
Escaped) Regia Natasha Merkulova con Yuriy Borisov /
Russia, Estonia, Francia / 120’
The
Card Counter Regia Paul Schrader con Oscar
Isaac, Tiffany Haddish, Tye Sheridan, Willem Dafoe / Usa, Regno
Unito, Cina / 112’
È stata la mano di Dio Regia Paolo Sorrentino con
Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert,
Luisa Ranieri, Renato Carpentieri, Massimiliano Gallo, Betti
Pedrazzi, Biagio Manna, Ciro Capano / Italia / 130’
Vidblysk (Reflection) Regia Valentyn
Vasyanovych con Roman Lutskyi, Nika Myslytska, Nadia Levchenko,
Andriy Rymaruk, Igor Shulha / Ucraina / 125’
La caja Regia Lorenzo Vigas con
Hernán Mendoza, Hatzín Navarrete / Messico, Usa / 92’
Di recente, il presidente dei
Marvel Studios
Kevin Feige ha confermato che nel futuro del MCU rivedremo anche Agatha
Harkness, la potente strega interpretata da Kathyryn Hann in WandaVision. Ma quali sono i film o le serie
tv in cui il personaggio potrebbe tornare?
Screen Rant ha provato ad avanzare 10 ipotesi:
Doctor Strange in the Multiverse of
Madness
Agatha potrebbe benissimo
apparire in Doctor Strange in the
Multiverse of Madness. Ha un forte legame con Wanda
Maximoff, che apparirà nel sequel, così come con la Magia del Caos,
che i fan dei fumetti sanno alimenta il potere di Wanda.
Il Multiverso avrà ovviamente un
ruolo importante nella storia, ma lo avrà anche la magia, quindi
l’apparizione di Agatha nel sequel avrebbe senso. Se Scarlet Witch
diventerà davvero la potente minaccia a cui Agatha ha fatto
riferimento nel finale di stagione di WandaVision, potrebbe volerci proprio Agatha
per combatterla.
Loki
La magia è anche una parte importante della serie
Loki. Questa figura tra i più grandi poteri del Dio
dell’Inganno, ma anche di Sylvie. Se la seconda stagione della
serie approfondisse quell’aspetto relativo ai personaggi, allora
Agatha potrebbe avere senso come co-protagonista della
storia.
Non
dovrebbe necessariamente essere l’Agatha del presente o anche della
timeline del MCU: potrebbe essere anche una
variante che ha seguito un percorso diverso nella vita, oppure Loki
potrebbe visitare il suo passato a Salem, dove l’esplorazione da
parte di Agatha della magia oscura ha portato alla morte della sua
intera congrega.
What If… ?
Una serie in cui Agatha Harkness si presenterà molto
probabilmente è l’imminente What
If…?. Questa serie antologica esplorerà realtà alternative
in cui le cose sono andate diversamente in merito alla timeline del
MCU, come ad esempio Peggy Carter
che riceve il Siero del supersoldato.
Agatha potrebbe apparire in questa serie in diversi modi, sia
in un episodio incentrato su Wanda o Visione, o magari anche sui
Fantastici Quattro o sugli Avengers. Dopotutto, Agatha è associata
ad entrambi i team nei fumetti…
Ant-Man and The Wasp:
Quantumania
Un mistero che ancora
oggi attanaglia i fan dopo la visione di WandaVision
riguarda il testimone scomparso che l’agente dell’FBI
Jimmy Woo ha seguito a Westview. Era Agatha Harkness? Se fosse
così, il personaggio potrebbe fare un’apparizione in Ant-Man
and The Wasp: Quantumaina proprio mentre Woo cerca di
concludere il caso Westview.
Anche se Jimmy Woo ha definito il
testimone scomparso come un “lui”, i fan dei fumetti sanno che
Agatha Harkness ha diversi assi magici nella manica. Proprio per
questo, avrebbe potuto facilmente apparire come altre persone per
mantenere l’anonimato sulla sua vera identità.
Eternals
Sembra che il film Eternals coprirà un arco narrativo molto lungo,
dall’antico passato ai giorni nostri del MCU. Se è davvero così, Agatha
Harkness potrebbe apparire in diversi luoghi o epoche. Potrebbe
certamente apparire a Salem nel 17° secolo se il film visitasse
quel periodo; teoricamente, potrebbe anche apparire molto prima
qualora Eternals racconti della nascita e della caduta di
Atlantide.
Agatha è collegata ad Atlantide a causa della magia di sua
madre e della sua congrega. Sua madre, infatti, sembra condividere
alcune caratteristiche con Zhered-Na, una potente strega di
Atlantide.
Black Panther: Wakanda Forever
Atlantide e Agatha Harkness potrebbero apparire anche in
Black Panther: Wakanda
Forever. Se il coinvolgimento di Namor, il principe di
Atlantide, nel sequel verrà confermato, allora è probabile che il
film racconterà molto della storia del regno.
Ciò
potrebbe rappresentare un modo per mostrare la caduta di Atlantide
e forse spiegare come Zhered-Na e la sua congrega, inclusa Agatha,
si siano ritrovate a Salem. In questo momento è di certo una
possibilità, ma anche una potenziale strada da esplorare per il
MCU non solo nel sequel ma anche in
futuro, magari nell’annunciata serie Worlds of Wakanda che
arriverà su Disney+.
Moon Knight
È probabile che la serie Moon
Knight contenga alcuni elementi mistici e, di conseguenza,
potrebbe forse includere anche un’apparizione di Agatha Harkness.
Agatha ha dimostrato di essere molto interessata ad aumentare il
suo potere, quindi probabilmente ha passato gran parte degli ultimi
centinaia di anni a girare il mondo per trovarlo.
Potrebbe essere andata in Egitto ad un certo punto, dove –
almeno nei fumetti – Marc Spector ha incontrato il dio egizio
Khonshu. Agatha sarebbe molto interessata ai poteri di Kohnshu, che
dipendono fortemente dalla luna.
Secret Invasion
Se la serie Secret Invasion seguirà davvero la trama
del crossover dei fumetti Marvel Comics, allora potrebbe dare vita a
qualcosa di potenzialmente esplosivo per tutti i personaggi
coinvolti nel MCU. Una strega con il potere di
Agatha sarebbe molto utile contro un’invasione totale della Terra
da parte degli Skrull.
Un’altra possibilità per la serie è che Agatha appaia, ma
sotto le sembianze di uno Skrull travestito. Dopotutto, gli Skrull
si sono infiltrati nei rami del governo, inclusa l’FBI, come
abbiamo visto alla fine di WandaVision.
Oscuri Vendicatori
È probabile che la Contessa
faccia numerose altre apparizioni nel MCU in futuro, poiché Valentina
Allegra de Fontaine pare stia reclutando persone per uno scopo
misterioso e una di queste potrebbe essere proprio Agatha.
Agatha è potente ed è una cattiva
che, in qualche modo, nutre rancore contro uno dei Vendicatori in
particolare. Se la Contessa sta mettendo insieme una squadra per
formare gli Oscuri Vendicatori o i Thunderbolts, Agatha Harkness sarebbe una grande
conquista per il team.
Fantastici Quattro
Il background di Agatha Harkness è stato
cambiato per il MCU, ma rimane comunque una
possibilità che possa interpretare un ruolo nel prossimo film
dedicato ai Fantastici Quattro. Agatha è apparsa per la
prima volta in “Fantastic Four #94” come la governante che si
prendeva cura di Franklin Richards, figlio di Reed e Sue
Richards.
Un
modo in cui quest’ostacolo potrebbe essere aggirato è se il film
rendesse omaggio alle radici dei Fantastici Quattro nei fumetti e
iniziasse negli anni ’60. La squadra potrebbe lasciare Franklin
alle cure di Agatha, a questo punto mantenendo un basso profilo
come tata: a quel punto la grande famiglia Marvel sparirebbe in seguito al
volo di prova, per poi riapparire direttamente ai giorni
nostri.
Per Goyer il motivo è da ricercare
unicamente nella leadership coerente che ha sempre caratterizzato i
Marvel Studios, qualcosa che invece è sempre
mancata all’interno della Warner Bros. e della DC Films. “Penso
che uno dei problemi sia che la Marvel ha avuto una leadership
coerente negli ultimi 15 anni o più, mentre la DC no”, ha
spiegato David S. Goyer. “Ci sono stati molti
cambiamenti in termini di chi gestisce la DC. Fondamentalmente, è
molto difficile. È difficile fare progressi quando la leadership
continua a cambiare.”
“Una delle altre cose che hanno
reso la Marvel un successo incredibile è
che tutti i loro adattamento sono fedeli al materiale
originale”, ha aggiunto Goyer. “Ant-Man sembra davvero
Ant-Man. Hulk sembra davvero Hulk. Non cercano di cambiare nessun
personaggio. Quello che mi sento di dire è che bisogna cercare di
avvicinarsi a quello che è l’intento originale del personaggio.
Quindi, riassumendo: bisogna avere un universo coerente, una
leadership coerente e rimanere fedele al materiale
originale.”
Nella medesima intervista,
David S. Goyer ha rivelato i dettagli
sull’adattamento mai realizzato di Masters of the Universe, ha parlato di una
nota “assurda” ricevuta dalla Warner Bros. in merito al finale de
L’uomo d’acciaio e ha spiegato anche che,
inizialmente, la major voleva che la trilogia de Il cavaliere oscuro di Nolan fosse l’avvio di
un vero e proprio universo condiviso.
Tra poco più di un mese, con
l’arrivo nelle sale di
Shang-Chi e La Leggenda dei Dieci Anelli, Simu Liu diventerà uno dei nuovi volti
principali del MCU. La co-star di Kim’s
Convenience è stato ufficialmente scelto per il ruolo del
protagonista nel 2019, facendo il suo grande debutto sul palco del
Comic-Con di San Diego, in occasione del panel dei Marvel Studios.
Proprio in quell’occasione, Liu ha
ricevuto un importante consiglio da Tom Hiddleston, l’interprete di Loki, come
rivelato dallo stesso in una recente intervista con Variety.
In occasione della premiere di Jungle
Cruise, Liu ha infatti spiegato che Hiddleston gli ha dato
un consiglio fondamentale per gestire al meglio la fama che deriva
dall’entrare a far parte della grande famiglia Marvel.
“Ho avuto una bellissima
conversazione con Tom Hiddleston il giorno in cui sono stato
annunciato al Comic-Con. Ed è stato semplicemente fantastico. È
prima di tutto una persona veramente gentile, il tipo di persona
giusta per metterti in riga”, ha dichiarato Simu Liu. “Mi ha detto: ‘Devi divertirti,
devi accettare il bello ma anche tutte le altre cose. Devi
accettare il fatto che se vai in vacanza, da qualche parte, su
un’isola a caso… ci saranno comunque persone che ti riconosceranno,
perché i film dei Marvel Studios arrivano veramente
ovunque’. È un mondo bellissimo, ma ovviamente devi abituarti ad
una nuovo stile di vita.”
Sempre nel corso della medesima
intervista, Liu ha anche avuto modo di riflettere sulle riprese del
film e sulle conseguenze che la pandemia di Covid-19 ha avuto sulla
produzione: “È stata una vera lotta. Abbiamo girato a Sidney,
ma le riprese sono durate 13-14 mesi per via di una pausa lunga
quattro mesi nel bel mezzo della produzione. C’è stato un momento
in cui eravamo sicuri di non riuscire a completare il film. Sapere
poi che ce l’avremmo fatta e che il film sarebbe stato pronto per
essere visto dagli spettatori è stata una sensazione
incredibile.”
Vi ricordiamo che nei panni del
protagonista ci sarà l’attore canadese Simu
Liu, visto di recente nella commedia di NetflixKim’s Convenience. Insieme a
lui, nel cast, figureranno anche Tony
LeungChiu-wai nei panni del
Mandarino, e Awkwafina,
che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è
vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci
sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto
i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo
superpotere è l’ipnosi.
In una recente intervista con
Variety, il regista Jaume Collet-Serra ha
parlato di Black
Adam, l’atteso cinecomic DC che avrà come protagonista
Dwayne Johnson. Il regista spagnolo, che ha già
diretto “The Rock” in Jungle
Cruise (dal 28 luglio nelle sale italiane e dal 30 su
Disney+ con Accesso Vip), ha definito
l’esperienza di dirigere un film di supereroi come “il puzzle
più complesso della sua carriera”.
Collet-Serra ha poi azzardato un
paragone tra il personaggio di Black Adam e quello dell’ispettore
Harry Callaghan reso celebre, al cinema, da Clint Eastwood. “Avendolo diretto, da
poco, in una commedia ricca d’avventura e romanticismo in cui
interpreta un personaggio molto leggero, ero veramente attratto
dall’idea di vedere Dwayne alle prese con il suo lato oscuro”,
ha spiegato il regista.
“Fondamentalmente, era come
trasformarlo nel Clint Eastwood del genere western. Continuavo
a ripetergli: “Sei come l’ispettore Callaghan dei film di
supereroi’. Non ho dovuto convincere le persone che ero giusto per
la parte come ho fatto, invece, per Jungle Cruise. Un po’ mi
ricorda le cose che ho fatto con Liam Neeson in passato. Black Adam
è un antieroe, ma è anche un duro dal cuore tenero. Il mondo non è
in bianco e nero. Il mondo è pieno di zone grigie. Quindi c’è
bisogno di questi personaggi che siano in grado di
cavalcarle.”
Tutto quello che sappiamo su Black
Adam
Il cast completo
di Black
Adam, oltre a Dwayne
Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo,
annovera anche Noah
Centineo (Atom Smasher), Quintessa
Swindell (Cyclone), Aldis
Hodge (Hawkman) e Pierce
Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno
anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis,
e Marwan Kenzari, che sarà invece
l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato
ancora svelato).
Black
Adam, che sarà diretto da Jaume
Collet-Serra (già dietro Jungle
Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a
non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo.
Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le
cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio.
L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio
2022.
Il progetto originale della Warner
Bros. su Shazam!aveva
previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua
nemesi, Black
Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura
per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla
sua origin story. A quanto pare, il film
su Black Adam
dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni
duemila.
Christopher Markus
e Stephen McFeely, sceneggiatori di moltissimi dei
film del MCU, tra cui Avengers:
Infinity War e Endgame,
hanno rivelato una serie di curiosi dettagli a proposito di
Captain America: Il primo vendicatore durante
una recente intervista con
Yahoo in occasione dei 10 anni dell’uscita del film che ha
segnato il debutto sul grande schermo di Steve Rogers.
Il duo di sceneggiatori ha rivelato
che dalla prima volta che scrissero la sceneggiatura, nel 2008,
all’uscita effettiva del film nelle sale di tutto il mondo, ossia
nel 2011, sono stati apportati numerosi cambiamenti alla storia. In
primis, Markus ha spiegato che il finale originale includeva la
presenza di un gigantesco robot dell’Hydra – comandato da Teschio
Rosso e che avrebbe dovuto chiamarsi Panzermax (uno dei robot usati
dal Barone Strucker nei fumetti) – contro cui Steve Rogers avrebbe
dovuto combattere, ma che alla fine è stato eliminato per questioni
di budget.
Una delle più grandi rivelazioni,
tuttavia, riguarda la verginità di Steve Rogers. Molti fan del
MCU, infatti, ritengono che Steve
sia rimasto vergine fino a quando non è tornato nel passato per
rimettere a posto le Gemme dell’Infinito e decidere, finalmente, di
iniziare a vivere la sua vita con Peggy, cosa che non aveva mai
avuto la possibilità di fare. Ebbene, secondo McFeely, Rogers ha
perso la verginità molto tempo prima di atterrare nel futuro.
Secondo lo sceneggiatore, quando Steve era impegnato nel tour in
giro per gli Stati Uniti nel primo film, è proprio all’epoca che
perse la sua verginità.
“Penso che abbia già perso la
sua verginità! Perché la gente pensa che sia vergine?”, ha
spiegato McFeely. “Penso che se hai quell’aspetto, vai di città
in città, firmi autografi per tutte quelle donne che te lo
chiedono… Immagino che abbia già perso da un pezzo la sua
verginità”. Markus ha poi rincarato la dose, affermando
che Steve Rogers “non è assolutamente un puritano” e che,
nonostante sia stato descritto come una sorta di principiante in
materia di questioni amorose, è tutt’altro che un
“chierichetto”.
Il contributo di Chris Evans al ruolo di Captain America
Il duo ha poi rivelato che Chris Evans ha giocato un ruolo chiare nel
rendere Captain America un eroe il più umile possibile. A quanto
pare, Evans è stato più chiaro di altri su chi Steve Rogers avesse
bisogno di essere fin dall’inizio, ossia un uomo già consapevole,
nel profondo della sua anima, di essere degno di indossare lo
scudo. “Chris era consapevole di non voler alcun tipo di
sarcasmo”, ha spiegato Markus. “Steve Rogers era nato per
essere Captain America… semplicemente, non aveva il corpo giusto
per ricoprire quel ruolo.”
Il personaggio di Black
Widow è stato introdotto nel MCU in Iron Man 2. Sebbene, all’inizio, Scarlett Johansson avesse firmato per recitare
in meno film di quelli a cui ha poi effettivamente preso parte, il
suo contratto è stato rivisto in seguito alla reazione favorevole
dei fan del MCU al personaggio di Natasha
Romanioff.
Dopo oltre 10 anni, Johansson è
quindi diventata sinonimo di Black Widow, ma forse non tutti sanno che in
origine l’attrice non era la prima scelta dei Marvel Studios. Ora, in un’intervista con BBC
Radio 1, l’attrice ha parlato proprio del fatto che all’inizio non
venne selezionata per il ruolo e di come, alla fine, sia poi
riuscita ad ottenere la parte. “Ero una grande fan del primo
Iron Man. E volevo lavorare a tutti i costi con Jon Favreau e
Robert Downey Jr.”, ha spiegato. “Ma non sono riuscita ad
ottenere la parte all’inizio. Ci ero rimasta molto male, anche se è
una cosa che capita spesso a noi attori.”
“Poi, come per destino, diverse
settimane dopo, l’attrice che in origine era riuscita ad ottenere
la parte, non era più disponibile a causa di un conflitto di
programmazione”, ha aggiunto Scarlett. “Così, Jon mi ha
chiamato, ci siamo incontrati e io gli ho detto: ‘Sì, sono ancora
disponibile. Estremamente disponibile’. Se qualcuno che vuole fare
l’attore dovesse chiedermi un consiglio, gli direi: ‘Ogni
opportunità è un’opportunità per lavorare. E non c’è chiamata
migliore di quella che arriva quando ormai avevi già rinunciato a
quel ruolo’. Ero davvero entusiasta all’idea di avere una seconda
possibilità.”
Scarlett Johansson non rivela il nome
dell’attrice originale a cui i Marvel Studios avevano pensato per
il ruolo di Natasha, ma sappiamo tutti che si tratta di Emily Blunt, che era in trattative per
recitare – appunto – in
Iron Man 2, ma che alla fine ha dovuto abbandonare il
progetto a causa degli impegni con il film I fantastici viaggi
di Gulliver. Ad oggi ci sono ancora molti fan che sperano di
vedere Blunt recitare in un cinecomics, nonostante più e più volte l’attrice
abbia specificato di non essere più interessata a prendere parte ad
un film di supereroi.
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è
stata riscritta nei mesi scorsi da Ned
Benson(The Disappearance of Eleanor
Rigby). Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz. Il film è uscito nelle sale il 7 luglio e
su Disney+ con
Accesso Vip il 9 luglio.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Hulk, il film
diretto da Ang
Lee nel 2003, è sempre stato considerato
un unicum all’interno del genere. Nonostante il film
non riscosse il successo sperato, è innegabile quanto gli effetti
visivi all’avanguardia per l’epoca restituirono una versione del
Gigante di Giada decisamente impressionante.
In quel film, a vestire i panni di
Bruce Banner, c’era Eric
Bana, all’epoca all’apice della sua carriera. Un
sequel del film non venne mai realizzato e Bana non ebbe più
l’opportunità di tornare nei panni dell’iconico eroe Marvel (che venne ufficialmente
interpretato da Edward
Norton, cinque anni più tardi,
ne L’incredibile Hulk, il secondo film
del MCU, prima che
l’attore venisse poi sostituito da Mark
Ruffalo nei titoli a venire, a partire
da The
Avengers).
In una recente intervista con
Vulture (via
ET Canada), Eric
Bana è tornato a parlare del sul ruolo di Hulk e, in
generale, sull’esperienza con il film del 2003, che lo stesso
attore ha definito frustrante. “Sono passato da Black Hawk
Down, quindi da riprese in esterni, di giorno, con l’impiego di
luce naturale, a Hulk, quindi dall’interpretare uno scienziato
rinchiuso quasi sempre in casa o nel suo laboratorio. Ed essendo
Hulk, non avevo nulla a che fare con quell’altro film che hanno
girato impiegando il green screen. Erano gli altri attori che
stavamo recitando in quello spazio”, ha dichiarato Bana.
“Quindi, in un certo senso,
sembrava un film piccolo, perché ogni giorno avevo a che fare con
interni, quindi con studi o con stanze. Avevo pochissime grandi
scene. Molti dialoghi. La verità è che non mi piace girare in
interni”, ha aggiunto.
Eric Bana e le difficoltà nell’interpretare Hulk
La frustrazione di Bana può, in un
certo senso, essere comprensibile. A differenza dei suoi colleghi
attori che, all’epoca, hanno interpretato altri celebri supereroi,
come
Hugh Jackman,
Tobey Maguire e Ben Affleck, Bana non ha mai avuto la
possibilità di indossare un vero costume pratico. Inoltre, l’attore
non ha neanche eseguito il motion capture per il personaggio,
poiché è stato il regista Ang Lee a prestarsi per registrare i movimenti
di Hulk.
Ciò è in netto contrasto con quanto
viene svolto da Mark Ruffalo nel MCU, che interpreta Bruce Banner
sul set ed esegue anche il lavoro di riferimento per il motion
capture, qualcosa che indubbiamente gli permette di sentirsi come
se avesse davvero il controllo del personaggio.
Come accaduto nelle altre versioni
cinematografiche della storia di Batman, anche nel film di Snyder
la sfortunata coppia ha incontrato la morte in presenza del figlio,
un giovane Bruce Wayne. I personaggi di Morgan e Cohan, dunque,
potrebbero non essere sopravvissuti al violento incontro, ma la
speranza di riprendere i loro ruoli continua a vivere, come
evidenziato proprio da entrambi in una recente intervista con
ComicBook.
“Mi piacerebbe. Mi piacerebbe
farlo di nuovo”, ha dichiarato Lauren Cohan. “Chiariamo questa cosa una
volta per tutte. Entrambi vorremmo che ciò accadesse”.Jeffrey Dean Morganha poi aggiunto:
“Lauren e io ne abbiamo parlato per anni. Con l’universo DC non
si sa mai cosa può accadere. È tutto così complicato all’interno
dello Snyderverse.”
Per chi non fosse esperto di
fumetti, nella run “Flashpoint”, Thomas e Martha sopravvivono alla
sparatoria Joe Chill, che invece uccide il giovane Bruce. Dopo il
tragico avvenimento, Thomas diventa Batman e Martha, invece, una
versione alternativa del Joker. Sulla storia narrata in
“Flashpoint” dovrebbe essere basato – almeno in parte – il film
The
Flash di Andy Muschietti, attualmente
in fase di produzione.
L’umanità contemporanea vive a ritmi
esagitati, costantemente proiettata verso una bulimia di luoghi da
scoprire, persone da incontrare ed esperienze da vivere. La
velocità con cui tutto ciò accade porta però il più delle volte ad
avere un’esistenza che privilegia la quantità invece della qualità.
Sono queste riflessioni ormai più e più volte riproposte, ma che
non hanno poi particolarmente scalfito questa condizione
esistenziale. A dare un ulteriore scossone ci prova anche il nuovo
film di M. Night Shyamalan,
intitolato Old. Questo è la trasposizione
della graphic novel Castello di sabbia, realizzata da
Pierre Oscar Lévy e Frederik
Peeters, un’opera dove il solo ed unico nemico è il
Tempo.
Ad opporglisi, per quanto loro
possibile, vi sono i coniugi prossimi al divorzio
Prisca (Vicky Krieps) e
Guy (Gael García
Bernal), i quali si concedono un ultima vacanza di
famiglia insieme ai figli Trent e
Maddox. Giunti in un resort tropicale, i quattro
vengono poi indirizzati verso una spiaggia semi sconosciuta, dove
si ritrovano infatti solo loro ed altre poche persone, tra cui il
chirurgo Charles (Rufus Sewell),
la moglie Chrystal (Abbey Lee) e
la figlia Kara (Eliza Scanlen).
Quello che sembrava essere un paradiso terrestre, si rivela però
ben presto essere un incubo senza fine. Il tempo, infatti, sembra
scorrere diversamente in quel luogo, provocando evidenti
cambiamenti in chi vi si trova e spingendo a riconsiderare l’intera
propria vita.
Un film sul più grande nemico dell’uomo
Nel corso dell’intera storia umana
l’arte ha avuto anche il compito di sottrarre l’uomo alla sua
caducità, o quantomeno la sua memoria. Questa, che si parli di
pittura, fotografia o cinema, ha infatti permesso di immortalare
ogni traccia dell’esistenza, consegnando la sua rappresentazione ai
posteri e permettendole di sfuggire all’ineluttabilità del tempo.
Da sempre considerato uno dei più grandi nemici dell’uomo, o
perlomeno l’unico del quale v’è sempre certezza, il tempo è il vero
villain anche in Old. Si tratta di un avversario
intangibile, che non può essere affrontato e al quale è impossibile
sfuggire. Un elemento che permette di accostare questo nuovo film
del regista al suo E venne il giorno del 2008.
Anche lì come qui, l’essere umano si
trovava a combattere contro eventi al di là delle sue possibilità.
Ed anche in questo caso, Shyamalan punta a sovvertire le regole del
thriller donando al film un ambientazione diurna, quasi a voler
sottolineare che non occorre ci sia l’oscurità della notte perché
il Tempo colpisca le sue prede. La collocazione dei personaggi in
spazi aperti e soleggiati, dove il pericolo può presentarsi da
qualunque parte all’improvviso, non fa che aumentare il senso di
pericolo, accentuato ulteriormente da una serie di inquadrature e
scene che suggeriscono quasi la presenza concreta del Tempo intento
a spiare i protagonisti. La tensione di cui Shyamalan è un maestro
si costruisce così come un elemento costante e particolarmente
minaccioso.
Old: la recensione del film
Ciò che spaventa di più è però, come
si anticipava in apertura, le riflessioni che il film fa scaturire
nello spettatore. Ognuno dei personaggi presenta infatti una serie
di elementi personali che nella loro totalità vanno a comporre un
ritratto della fretta con cui oggi l’essere umano vive
costantemente. I protagonisti sono tutti, più o meno evidentemente,
proiettati verso il passato o il futuro, dimenticandosi di vivere
l’unico tempo che realmente hanno a disposizione. Risulta dunque
facile riconoscersi in loro e preoccuparsi della loro sorte, poiché
coincide con quella di ognuno di noi. Shyamalan riflette dunque
sulla paura di morire, sul terrore di non avere abbastanza tempo a
disposizione e su come queste angosce non aiutino in realtà a
rendere migliore quello che si ha.
La metafora dietro al film è dunque,
se non originale, certamente attuale. Ciò che importa è che
Shyamalan riesca a farla emergere utilizzando i suoi espedienti
classici e quel costante senso di minaccia che si può avvertire in
ogni suo film. Non mancano momenti in cui calca la mano su eventi o
scoperte, senza che queste sottolineature aggiungano molto ma anzi
rischiando di spezzare l’equilibrio del film. Sembra in quei casi
che il regista voglia riportare il film su un più tradizionale
racconto con colpi di scena, mentre una storia come quella di
Old trova la sua forza proprio nel discostarsi da quel
prototipo. Il film non è solo un appassionante intrattenimento
estivo, ma anche un profondo racconto sulle derive dell’umanità nel
mondo contemporaneo.
HBO MAX dopo il teaser trailer ha
diffuso le foto di Titans 3×01, il primo episodio
dell’annunciata
terza stagione della serie Titansche
debutterà negli USA su HBO MAX.
Titans 3×01
Titans 3 sarà la
terza stagione della serie Titans
prodotta dalla DC Entertainmet
e creata da Akiva Goldsman, Geoff Johns, e Greg
Berlanti. Titans vede come produttori
esecutivi Akiva Goldsman, Geoff Johns, Greg Berlanti e
Sarah Schechter.
In Titans 3 protagonisti sonon Brenton Thwaites nei panni di Richard “Dick”
Grayson / Robin, Anna Diop come Koriand’r /
Starfire,
Teagan Croft nei panni di Rachel Roth / Raven e
Ryan Potter nei panni di Garfield “Gar” Logan /
Beast Boy. Nei ruoli ricorrenti ci sono Alan
Ritchson nei panni di Hank Hall / Hawk, Minka
Kelly come Dawn Granger / Dove, Lindsey
Gort nei panni di Amy Rohrbach e Bruno
Bichir come Niles Caulder / Chief, Joshua
Orpin nei panni di Superboy e Esai
Morales come Slade Wilson aka Deathstroke.
Nella serie tv Dick Grayson emerge
dall’ombra per diventare il leader di una band senza paura di nuovi
eroi, tra cui Starfire, Raven e molti altri. I fan possono
aspettarsi che Titans sia una serie d’avventura a tinte drammatiche
che esploreranno e celebreranno uno dei più famosi gruppi di
fumetti di sempre. La prima stagione Titans
ha debuttato nel 2018 sul nuovo servizio digitale per la DC
Universe, gestito da Warner Bros. Digital
Networks.
In Falling –
Storia di un padre Willis (Lance Henriksen), uomo di
altri tempi, è costretto a lasciare la fattoria dove vive per
trasferirsi a casa di suo figlio John (Viggo Mortensen) che vive
con il suo compagno Eric (Terry Chen) e la loro figlia Mónica
(Gabby Velis) in California, lontano dalla tradizionale vita rurale
a cui Willis è abituato. Ma si sa, il ritorno alla convivenza tra
genitori e figli può essere complicato. Spesso l’irruento carattere
di Willis si scontrerà con la vita di John, ma i momenti di
confronto tra padre e figlio risolvono anni di incomprensioni e
riaccendono il calore di un rapporto per troppo tempo
intiepidito.
È disponibile su Sky e su NOW il
documentario Tiger, un lungo racconto dell’ascesa
e della rovina di una leggenda del golf, uno degli sportivi più
famosi al mondo, uno dei più ricchi e uno di quelli che ha fatto
parlare non solo l’erba dei campi con le sue gesta, ma anche
giornalisti ed esperti di gossip per la sua vita privata
turbolenta. Ambizione, capitalismo, razzismo, celebrità, misoginia,
pettegolezzi, la vita di Tiger Woods è stata a di
poco ricca di eventi che ne hanno plasmato la figura pubblica e
l’uomo privato, e il documentario, diretto da Matthew Heineman e
Matthew Hamachek, la racconta attraverso gli occhi e le parole di
chi lo ha conosciuto meglio. Ecco di seguito tre punti fondamentali
del film che servono da chiavi di lettura per l’intera vicenda,
umana e professionale, di un uomo extra-ordinario.
Per usare un gergo caro alla carta
stampata, diciamo che Tiger offre un profilo di un argomento a cui
il soggetto non partecipa. Sicuramente ascoltiamo la voce del
protagonista, ne ascoltiamo interviste e dichiarazioni, ma si
tratta di materiale d’archivio o filmati amatoriali risalenti alla
sua infanzia, dei flashback ad hoc dei suoi trionfi sul campo da
golf, così come il racconto di momenti differenti, come il suo
arresto nel 2017 per guida sotto l’effetto di droghe.
Ma a differenza, ad esempio, di
Michael Jordan, che ha partecipato ad
un’intervista di ore in occasione della realizzazione della
docu-serie ESPN The Last
Dance, Woods non è stato coinvolto in questo progetto e
non ha rilasciato dichiarazioni appositamente per il film.
E questa scelta fa di Tiger un film
onesto. Per valutare veramente la carriera e la vita di Woods oltre
il campo da golf – la competitività verso se stesso; la caduta a
seguito della scoperta, da parte della moglie, dei ripetuti
tradimenti; la sua complicata relazione suo padre Earl – è più
illuminante e veritiero ascoltare le persone che lo conoscono e che
sono in grado di parlare con una certa distanza critica. In questo
modo, niente “diventa personale”, come direbbe Michael
Jordan.
L’ingombrante figura paterna
Il filo rosso che attraversa il
documentario è il legame e la tensione tra il campione di golf e
suo padre. La prima parte del film si apre con Earl Woods che parla
all’Haskins Collegiate Awards Banquet nel 1996, dove suo figlio
allora ventenne è stato premiato per la sua performance come
giocatore di golf alla Stanford University.
In quella occasione, Earl dichiara:
“Trascenderà questo gioco e porterà al mondo un umanitarismo
che non è mai stato conosciuto prima. Il mondo sarà un posto
migliore in cui vivere in virtù della sua esistenza e della sua
presenza. Questo è il mio tesoro. Per favore accettalo e usalo con
saggezza.”
Intanto, sullo schermo appaiono
delle immagini di Tiger Woods: lui giovane e turbato, durante il
discorso del padre, poi un video del 2017 in cui Tiger, 41 anni,
inciampa a piedi nudi e manette ai polsi, in una stazione di
polizia della Florida, dove è stato prenotato per un guida in stato
di ebbrezza (che poi si sarebbe rivelata guida sotto effetto
alterante di farmaci prescritti).
Il rapporto con il padre diventa
immediatamente un metro, una unità di misura che aiuta a leggere la
parabola di vita di Tiger Woods. Earl è stato un
mentore imperfetto che ha insegnato suo figlio come dondolare una
mazza da golf mentre aveva ancora i pannolini, fissando le sue
aspettative così in alto da privare il futuro campione del Masters
di qualsiasi possibilità di infanzia.
Le donne
Il film non prevede l’intervento
della ex moglie di Tiger Woods, Elin Nordergren,
che come possiamo immaginare non aveva molta voglia di ritornare a
raccontare un periodo che per lei (come per altri) è stato
sicuramente infelice e difficile. Tuttavia sono due le donne di
Woods che prendono la parola nel documentario disponibile su Sky e
NOW.
Si tratta di Dina Parr, che usciva con Tiger nel periodo tra il
liceo e il college, e Rachel Uchitel, la proprietaria di un
nightclub la cui relazione con Woods nel 2009 ha posto fine al suo
matrimonio e ha infranto la sua reputazione pubblica esemplare. Il
punto interessante della testimonianza offerta da queste due donne,
è che hanno conosciuto Woods in momenti molto diversi della sua
vita, e, nonostante questo, entrambe lo descrivono come capace di
rilassarsi soltanto in situazioni private, con loro, magari a
letto, come se altrove fosse incapace di vivere serenamente.
Nelle riprese dei video domestici,
vediamo un giovane Woods ballare e suonare il sassofono con la
famiglia di Parr. “Sapeva che poteva essere se stesso e non
c’era giudizio, nessuna pressione per essere all’altezza di tutte
queste aspettative”, racconta Parr, spiegando la differenza tra la
sua casa e quella di Woods e il differente atteggiamento che Tiger
stesso aveva in casa sua e con i genitori. Uchitel, che per questo
documentario rompe il silenzio che manteneva dal 2010
sull’argomento, afferma che, durante la sua relazione con Woods,
lui si svegliava la mattina e “si permetteva di essere un
bambino“, mangiando cereali e guardando i cartoni animati.
Come se questa continua fuga, dalla vita matrimoniale pubblica,
fosse alla ricerca di un posto felice in cui essere se stesso,
libero da pressioni, come quel salotto della casa della sua
fidanzata al college.
Il genere noto come thriller
legale o thriller giudiziario è particolarmente
popolare a livello internazionale, e sempre più le storie di
avvocati, processi o questioni legate al mondo giudiziario si
ritagliano il proprio posto di rilievo nel mercato cinematografico.
Un titolo meno noto rispetto a film come Il rapporto Pelican e
Il cliente è
L’ultimo appello, incentrato tanto su
vicende legali quanto famigliari, con l’avvocato protagonista
chiamato a scoprire pesanti verità sul passato della sua famgilia.
Questo è stato diretto nel 1996 da James Foley,
regista recentemente tornato alla ribalta con i film Cinquanta
sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso.
Scritto dal premio Oscar
William Goldman e da Chris Reese,
il film è tratto dall’omonimo romanzo del 1994 scritto da
John Grisham. Lo scrittore, dalle cui opere sono
stati tratti anche film come Il rapporto Pelican e La
giuria, è un esperto di gialli giudiziari, avendo lui
conseguito la laurea in legge e aver lavorato per anni come
avvocato. Proprio grazie a questa sua esperienza, i suoi racconti
sono particolarmente solidi e tesi da questo punto di vista,
configurandosi alla perfezione anche per il cinema. L’ultimo
appello non conobbe tuttavia la stessa fama degli altri titoli
qui citati, divenendo al contrario un considerevole insuccesso al
box office.
Il film è poi stato disconosciuto
anche dallo stesso Grisham, cadendo di fatto nel dimenticatoio. Pur
al netto dei suoi difetti, tuttavia, è un film che affronta
tematiche ancora oggi spinose, a cui si può concedere il beneficio
di una nuova visione. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
L’ultimo appello: la trama del film
Protagonista del film è il giovane
avvocato Adam Hall, il quale decide di occuparsi
di un caso che gli sta molto a cuore, quello di suo nonno
Sam Cayhall. L’anziano, un ex militante del Ku
Klux Klan, è in carcere da oltre trent’anni per un attentato
compiuto nel 1967 nel quale rimasero uccisi due bambini. Condannato
ora a morte, egli rimane quanto mai sorpreso nel ricevere la visita
del nipote, che non aveva mai incontrato prima. L’obiettivo di Adam
è quello di tentare di salvare in ultimo appello il nonno, cercando
allo stesso tempo di scoprire di più della sua vita.
Il giovane avvocato rimane però
deluso nell’imbattersi in un uomo ancora colmo di rabbia e che non
si dichiara pentito del suo passato. Non è però questo a fermare i
suoi intenti, i quali hanno anche fini personali. Adam desidera
infatti ricucire le ferite del passato e cancellare la vergogna
sempre provata per l’appartenere a quella famiglia. Ricercando
indizi per poter scoprire di più su Sam e poterlo difendere in
tribunale, Adam arriverà ad una serie di verità che potrebbero
riscrivere quanto accaduto, scagionando il nonno. Convincere la
giuria di quanto scoperto, però, sarà estremamente difficile.
L’ultimo appello: il cast del film
Nei panni del giovane avvocato Adam
Hall era inizialmente previsto l’attore Brad Pitt, il
quale si tirò fuori dal progetto per dedicarsi ad altri film. Al
suo posto venne scelto Chris O’Donnell, divenuto
celebre grazie ai film Scent of a Woman e Batman
Forever, dove ha interpretato il ruolo di Robin. Per assumere
i panni di un avvocato, O’Donnell si è documentato a lungo su tale
lavoro, cercando di risultare quantopiù credibile possibile in
questo. Ebbe inoltre modo di parlare con veri avvocati, apprendendo
da loro i segreti del mestiere. Nei panni di sua madre Lee Cayhall
Bowen vi è invece l’attrice premio Oscar Faye
Dunaway.
Ad interpretare il brusco Sam
Cayhall vi è invece il premio Oscar Gene Hackman.
Particolarmente apprezzato per la sua interpretazione, egli si
documentò sulle idee politiche e sociali del suo personaggio,
arrivando ad essere estremamente credibile nelle sue azioni.
Hackman, inoltre, interpreta il padre della Dunaway, nonostante
abbia appena 11 anni in più all’attrice. Nel film sono poi presenti
Robert Prosky nel ruolo di E. Garner Goodman e
Raymond J. Barry in quelli di Rollie Wedge. L’ex
giocatore di football americano Bo Jackson è
invece stato scelto per la parte della guardia carceraria Clyde
Packer. I produttori lo vollero in quanto la sua possenza si
sposava alla perfezione con il personaggio.
L’ultimo appello: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. L’ultimo
appello è infatti disponibile nel catalogo di
Chili, Google Play e Apple iTunes. Per vederlo, in
base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il
singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una
comoda visione casalinga. È bene notare che in caso di solo
noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato limite
temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà
inoltre trasmesso in televisione il giorno sabato 24
luglio alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Dopo il grande successo ottenuto
dal film Sul più
Bello, basato sull’omonimo romanzo
di Eleonora Gaggero, dal 16 settembre
2021 sarà al cinema il suo sequel Ancora
più bello. Il film, scritto da Roberto
Proia e Michela Straniero, è diretto da
Claudio Norza e
prodotto da Eagle Pictures con il sostegno della
Film Commission Torino Piemonte. A poco più di un mese dall’uscita,
è ora tempo di scoprire il trailer ufficiale del film, che vedrà
nel cast gli attori LudovicaFrancesconi, nuovamente nei panni della
protagonista Marta, e Jozef Gjura, Gaja Masciale, Riccardo
Niceforo e le new entry Giancarlo Commare, Jenny De Nucci, Giuseppe
Futia e Diego Giangrasso.
Sono passati esattamente 12 mesi e
proprio sul più bello, la storia tra Marta (Ludovica
Francesconi) e Arturo è finita. “In amore gli opposti
si attraggono ma alla fine si lasciano” si ripete Marta. La
ragazza giura ora a sé stessa di voler rimanere da sola per un po’
e continua a convivere con ottimismo con la malattia che da sempre
l’accompagna. Ma quando arriva Gabriele (Giancarlo
Commare), un giovane disegnatore tanto dolce e premuroso
quanto buffo e insicuro, Marta riconosce che potrebbe essere lui
l’anima gemella che non riusciva a trovare in Arturo.
Ma prima di farsi coinvolgere del
tutto in una nuova storia, è sempre meglio aver chiuso
definitivamente con quella precedente. Approfittando di un
temporaneo trasferimento di Gabriele a Parigi, Marta cerca di
schiarirsi le idee anche grazie all’aiuto dei suoi amici di sempre
Federica (Gaja Masciale) e Jacopo (Jozef
Gjura). Mentre ormai è sempre più convinta a lasciarsi
andare alla storia con Gabriele, il ragazzo in preda alla gelosia
commette un errore imperdonabile, che li farà separare. Quando
tutto sembra andare storto arriva però una telefonata dall’ospedale
che cambia le priorità di tutti: c’è un donatore compatibile per
Marta!
Sky annuncia le
riprese di Rosanero,
il nuovo film Sky Original, prodotto da 11 Marzo
Film e Vision Distribution. Da un soggetto di Andrea
Porporati (Faccia d’angelo, I nostri figli, Come una
madre) che ne è anche regista, e da lui sceneggiato in
collaborazione con Salvatore Esposito che ne è
attore protagonista, il film è tratto dall’opera letteraria di
Maria Tronca “Rosanero” edita dalla casa editrice
Baldini&Castoldi.
Il film è una commedia che
intreccia toni più leggeri a elementi dark, attraverso la favola
moderna che unisce inaspettatamente un boss e una ragazzina, il cui
scambio di identità provoca una serie di equivoci dagli effetti
imprevedibili, e fa riflettere su temi rilevanti e su come il male
possa trasformarsi in bene.
Protagonista di ROSANERO
è Salvatore Esposito (Gomorra, Fargo, l’Immortale)
che interpreta il boss Totò, con lui la piccola Fabiana
Martucci nei panni di Rosetta. Nel cast Antonio
Milo (Natale in casa Cupiello, il Commissario Ricciardi) è
Tonino La Bufala, Ciro Esposito (Mannaggia alla
Miseria, Le ali, La Nuova Squadra) è Rosario Capuano,
Salvatore Striano (L’oro di Scampia) è il
Commissario Santalucia. Con Aniello Arena(Reality,
Ultras) nel ruolo di Michele a’Murena e con la partecipazione
straordinaria di Sebastiano Somma(Rimini Rimini,
Opera, il Mercante di Stoffe) nel ruolo di Fortebraccio.
Le riprese del film sono in corso
tra Castellammare di Stabia, Ercolano, Vico Equense e Roma.
SINOSSI – Totò,
quarant’anni, è un boss emergente della criminalità organizzata del
napoletano. Rosetta è una ragazzina di dieci anni che frequenta la
quinta elementare. Una mattina Totò viene colpito al petto da un
proiettile. In quello stesso istante Rosetta cade da un’altalena e
batte la testa. La bambina e il boss vengono operati, ma
quando si risvegliano dal coma entrambi sono cambiati. Totò, il
camorrista, si risveglia nel corpo di Rosetta, Rosetta in quello di
Totò. Una bambina gentile e amante della danza nel corpo di un
gangster, un gangster in quello di una bambina…
Margherita Amedei, Senior Director Sky Cinema
ha dichiarato: “Siamo felici di annunciare oggi un nuovo titolo
Sky Original, che arricchisce la line up dei nostri film originali
con una nuova storia, esplorando un ulteriore genere. Solo sei mesi
fa presentavamo il primo progetto di film originale Sky e il
viaggio prosegue, nel segno della varietà e del talento,
raccogliendo in già così breve tempo numerosi riconoscimenti e
quell’apprezzamento dei nostri abbonati, per noi fondamentale.
Rosanero è una commedia originale e intensa, in cui siamo
orgogliosi di avere come protagonista Salvatore Esposito, attore di
grande talento, cresciuto nella factory delle produzioni originali
Sky, con il quale condividiamo il successo di uno tra i nostri
titoli più apprezzati, la serie Gomorra”.
Giovedì 26 agosto alle ore
20.00 LIVENow presenta Yann Tiersen: Kerber – The
Film, il film di Yann Tiersen con cui il
compositore celebra l’uscita del suo prossimo album
“Kerber”.
Per Yann Tiersen: Kerber – The
Film, prodotto da Up The Game e diretto da
Kit Monteith, Yann Tiersen ha
collaborato con LIVENow per produrre una pellicola che ritrae il
compositore mentre esegue ogni canzone dell’album. Il film è
ambientato nel suo studio, all’interno della suggestiva cornice
dell’isola francese di Ushant, e fonde
sapientemente musica e paesaggio, creando un mondo in cui il
tangibile e l’etereo diventano una cosa sola.
Yann Tiersen: Kerber – The
Film non è solo un’ode a Ouessant, ma anche al processo
creativo che Tiersen ha seguito per produrre
“Kerber” un album che unisce il materiale più
apertamente elettronico del compositore con le sue ultime
produzioni. L’artista ha trascorso gran parte del 2020 impegnato
nella produzione dell’album, componendo prima le melodie al
pianoforte per poi trasformarle ed elaborarle con suoni elettronici
e creare paesaggi sonori coinvolgenti. Proprio come l’album
“Kerber”, il film è stato realizzato fondendo formati tradizionali
e moderni.
Il regista, Kit Monteith, afferma:
“Volevamo documentare il sound completamente nuovo che Tiersen
sta sviluppando, utilizzando sistemi elettronici analogici,
ridefinendo le composizioni per pianoforte attraverso il
campionamento e la sintesi sperimentali. Speravamo di catturare lo
spirito delle sue nuove composizione all’interno di un film
dinamico performativo. Attraverso l’utilizzo di nuovi e familiari
materiali ho usato la fotocamera 35 mm come strumento analogico per
esplorare e riprendere gli spazi naturali dell’isola. La miscela di
questi elementi cinematografici digitali e analogici rispecchia
l’approccio creativo di Yann Tiersen. Il film abbraccia le loro
differenze mentre cerca di trovare una nuova e strana armonia tra
loro”.
I biglietti in vendita su
LIVENow sono disponibili al costo di
€5.00, per qualsiasi informazione è possibile
visitare il sito di LIVENOW.
Yann Tiersen, nato in Bretagna, è un compositore e musicista
poliedrico e multigenere, noto per le sue registrazioni in studio –
Les Retrouvailles, L’Absente, EUSA e ALL – e per
le colonne sonore dei suoi film. Il suo approccio unico alla
produzione combina strumenti classici e contemporanei, superando
spesso confini tra i due, dando vita a suoni vasti, onirici,
ambient e cinematografici.
AppleTV+ ha
diffuso la prima foto ufficiale di
The Tragedy of Macbeth, il film di Joel Coen che sarà
presentato in anteprima mondiale nella serata di apertura del 59°
New York Film Festival, il prossimo 24 settembre. Protagonisti sono
Denzel Washington e
Frances McDormand in un nuovo film Apple Original
Films e A24.
Per gentile concessione di Apple/A24
Un’opera dai forti chiaroscuri e
rabbia incantatoria: la visione audacemente inventiva della
«tragedia di Scozia» di Joel Coen è un film che fissa, a bocca
aperta, un mondo dolente disfatto da cieca avidità e
sconsiderata ambizione. Con la meticolosa interpretazione di
personaggi consumati e stanchi del mondo, un Denzel Washington
sorprendentemente introspettivo – è l’uomo che dovrebbe essere
il re, secondo la profezia – e una machiavellica Frances
McDormand, la sua signora, sono una coppia spinta all’assassinio
politico – e sconvolta dal senso di colpa – dopo le astute
previsioni di un trio di “strane sorelle” (un’interpretazione
virtuosa di Kathryn Hunter). Anche se echeggia i proibitivi
design visivi e le proporzioni dei classici adattamenti
di Shakespeare degli anni ’40 di Laurence Olivier, così come
rimanda alla sanguinosa follia medievale de “Il trono di
sangue” di Kurosawa, la storia di rumore e furore raccontata
da Coen è interamente sua e senza dubbio vista al giorno
d’oggi, è la spaventosa rappresentazione di un’amorale presa
di potere politica che, come il suo eroe, sprofonda spietatamente
nell’inferno.
“Ho un sogno”; “Se puoi
sognarlo puoi farlo”; “I sogni son desideri”. C’è un
fil-rouge di natura onirica che lega l’essere umano.
Chiudiamo gli occhi e sogniamo, ci perdiamo nei nostri obiettivi,
nei mondi che auspichiamo di abitare e fare nostri, ci immaginiamo
la vita che vogliamo avere, toccare con mano. Sognare fa parte di
noi, non fa distinzione. È un concetto così universale e allo
stesso tempo così lontano, inafferrabile, il sogno. La sua natura
ci sfugge, ritrovandocelo addosso, impresso nei libri di storia, o
posto sul trono delle grandi affermazioni. Lo stesso cinema è un
sogno a occhi aperti. Ed è proprio un sueñito, un piccolo
sogno, a fare da apripista all’universo cangiante, colorato,
ottimista, di Sognando a New York – In the
Heights. Ispirato all’omonimo spettacolo di Broadway di
Lin-Manuel Miranda (vincitore di due Tony Awards
come “miglior musical” e “miglior colonna sonora”), il musical è il
fratello maggiore di Hamilton;
un banco di prova su cui Miranda ha potuto lavorare, migliorarsi,
affinare la propria scrittura e sete creativa, per creare il
capolavoro dei musical, capace di seguire con orgoglio le orme del
proprio predecessore, riuscendo a ricavare al contempo una propria
identità senza scadere nella mera copia.
Sognando a New York – In
the Heights, la trama
Il quasi trentenne
Usnavi, figlio di dominicani immigrati a New York, gestisce una
piccola “bodega” a Washington Heights, il quartiere a nord di
Manhattan abitato da una popolazione prevalentemente ispanica.
Usnavi ha un sueñito, un piccolo (e grande) sogno:
restaurare il chiringuito che il padre possedeva a Santo Domingo e
abbandonare la vita di New York per abbracciare le proprie origini,
e con esse “i suoi ricordi più belli”. Ma il ragazzo appartiene al
quartiere, che è come una seconda famiglia: dalla “abuela”
Claudia che ha adottato tutto il barrio al cugino Sonny a Vanessa,
l’estetista sospinta dal sogno di diventare stilista e di cui
Usnavi è da sempre innamorato. Lasciare tutto alle proprie spalle,
abbandonando le strade di The Heights non sarà per lui così facile,
e il sogno ben presto cozzerà con la realtà.
Musica(l)
nell’aria
È un musical a tutti gli
effetti Sognando a New York – In the Heights. Le
battute lasciano spazio alle note, i movimenti a coreografie
dinamiche, le emozioni a musiche che riescono a tradurre in canzoni
pensieri e sentimenti altrimenti sottaciuti. Il film diretto da
Jon M. Chu (Step Up 2, Now You See Me 2) recupera e sfrutta appieno
tutti gli aspetti canonici previsti dal genere, eppure – come
capitato anche con Hamilton – c’è un ingrediente segreto che
trascina il film fuori dai confini dell’opera, facendolo apprezzare
anche ai detrattori dei musical. Ogni più piccolo dettaglio, o
ampio passaggio, presenta una particolarità che lo rende
irriducibile all’omologazione, ribaltando emotivamente gli
stereotipi narrativi. È come se Miranda prima, e Chu poi, avessero
scoperto il Sacro Graal dell’immedesimazione spettatoriale sotto
forma di canzoni. I dettagli della scenografia si legano con cura
maniacale ai movimenti degli attori, fino a piegarsi, ribaltarsi,
adattandosi perfettamente alla loro libertà di amarsi,
abbracciarsi,
Musiche che vanno a
impersonare sentimenti, aspirazioni, timori. La forza del
sentimento e delle interpretazioni (ottimo Anthony
Ramos) bucano lo schermo fino a rendere la cornice visiva,
a volte al limite del kitsch (con tanto di richiamo all’opera di Baz Luhrmann) un’orpello di qualità. Pulsa il sangue delle vene, e si
sente il battito cardiaco dei propri personaggi tra le pause delle
note; vivono i personaggi di In the Heights – Sognando a New York,
sono esseri reali, catapultati in un universo magicamente irreale
dove i dialoghi sono cantati e i balli compiuti a testa in giù. Gli
occhi, il cuore, i corpi sono meccanismi attivati all’unisono che
si muovono in scena allo stesso ritmo di quelli che li ammirano al
di là dello schermo cinematografico, seduti ma con la mente
altrove, verso il quartiere di Washington Heights.
Esagerando di
ingegno
“Tanto”, ecco com’è
Sognando a New York: è “tanto” colorato, “tanto” urlato, “tanto”
gesticolato. Ogni carattere personale, aspetto psicologico, o
caratteristica culturale viene esacerbata, sottolineata ed
enfatizzata al limite della caricatura. Una volontà che collega il
musical all’opera precedente di Chu, Crazy & Rich,
e figlia di quell’interesse tutto particolare del regista nei
confronti delle minoranze etniche in America. La denuncia per un
mondo visto di sottecchi, con sguardi carichi di pregiudizio, si
allinea e abbraccia lo stereotipo. Un’esagerazione, questa, che
posta nel contesto musicale funziona in maniera impeccabile,
risultando coerente con il filtro sfruttato per registrare il mondo
del quartiere newyorchese.
Ed è proprio nel momento
in cui ci si stacca dal musical, per abbracciare una narrativa più
canonica, fatta di dialoghi parlati, che la magia si spezza. Si
insinua silente una certa dose di stucchevole retorica. Una patina
presto spazzata via dal respiro delle canzoni, lasciapassare su
mondi interiori ora aperti nella loro totalità e resi unici e
accessibili dal lato empatico e umano dai testi di Miranda,
commistione esplosiva di lirica, ritmi sudamericani, rap e hip-hop.
Ogni rivoluzione ha bisogno di un piano che la preceda, e quella
messa in atto da Hamilton nel 2015 nel campo del musical
teatrale (e poi cinematografico) ritrova in Sognando a New
York la perfetta carta carbone su cui ricalcare i punti di
forza di melodie, passati culturali e ritmi contemporanei, storia e
voci inascoltate, già sperimentati nello spettacolo del
2005.
Ma la vera chiave di
successo è da ritrovarsi nella struttura stessa su cui si fonda
l’opera diretta da Chu. Quella di Miranda è una mente che pensa nei
termini della settima arte e lavora affidandosi alla polvere del
palcoscenico teatrale. Ma è proprio questa prefigurazione
cinematografica che rende così coinvolgenti le sue opere. Chu non
ha dovuto far altro che prelevare l’essenza dell’opera immaginata e
portata in scena da Miranda e trasformarla in linguaggio
audiovisivo.
Musica come denuncia
sociale
Un sogno, grande o
piccolo che sia, rimane cullato nell’interiorità, mentre un
quartiere, per non scomparire, ha bisogno di essere pronunciato ad
alta voce e cantato a pieni polmoni. È il potere della parola,
quello di far rinascere dalle ceneri della memoria un interno
mondo. E quello di In the Heights è un luogo che ha bisogno di
vivere, ballare, con le proprie idiosincrasie, pazzie, genialità,
aspirazioni e delusioni. Che l’intero quartiere eserciti
un’influenza maniacale sui propri abitanti, modificandoli come
burattinai, e segnandone sogni e limiti, ci viene sottolineato sin
dall’inizio, con una galleria di dettagli del quartiere, corpo
disseminato nelle sue parti, per coglierne le diverse
anime.
Un concetto di
collettività e di unione, tra chi guarda e chi balla, ricordato
anche dai numerosi riflessi e da una catena di immagini
sovrimpresse che legano in un solo gioco di complice visione, due
mondi mai separati, ma sempre abbracciato. Perché nel mondo di The
Heights non c’è limite di confine a separare il tuo dal mio, ma
tutto vige sotto l’etica del nostro. Dietro la danza sfrenata, i
colori sgargianti, Miranda ancora una volta lascia che avanzino i
fantasmi della denuncia sociale.
Sognando a New
York – In the Heights non vuol essere, dunque, la storia
di uno, ma quella di un intero quartiere, e con esso, di una
comunità. I suoi sono ambienti intrisi di soggettività,
un’interiorità sprezzante che fuoriesce da ogni metro quadrato di
asfalto e più piccola crepa sui muri di casa. Secondo la cultura
popolare i media visivi, con il loro appeal delle emozioni, possono
eccitare l’immaginario collettivo della maggioranza silenziosa,
aprendo gli occhi su tematiche di particolare interesse e urgenza
quanto mai attuale.
Ogni passaggio musicale
si fa dunque transfert delle aspirazioni tanto personali, quanto di
un’intera comunità, troppo volte soffocata dalla forza di mani che
tengono le bocche chiuse, i polmoni senza aria e i corpi bloccati,
in nome di una superiorità inesistente.
Girandola caleidoscopica
di suggestioni accumulate per eccesso che si animano al ritmo di
palpiti lirico-sinfonici uniti alle rime dello stile hip-hop, il
quartiere di Washington Heights come luogo topografico,
riconoscibile, si fa archetipo, simbolo e metafora di una comunità.
Film sintomatico del contemporaneo, Sognando a New York –
In the Heights diventa il pretesto della vita e della
provincialità di una comunità latino-americana, oggetto di attacchi
discriminatori, soprattutto ai tempi della presidenza Trump.
Le condizioni collettive,
attraverso le storie degli uni, attraverso la finzione riflessiva
di un cinema hollywoodiano sgargiante e infinitamente illuminato
piuttosto che per mezzo di un linguaggio di matrice neorealista,
rende queste esistenze reali, uno spettacolo della vita di un
intero mondo che è teatro e musical.
Nonostante la morte di Natasha
Romanoff in Avengers: Endgame, la storia e
soprattutto il finale di Black
Widow sembrano suggerire che l’arco narrativo delle
Vedove nel MCU potrebbe non essere giunto al
termine. L’introduzione del personaggio Yelena Belova, infatti,
potrebbe aver segnato l’alba di una nuova Vedova Nera nel MCU, senza contare che il film di
Cate Shortland lascia diversi punti della trama
irrisolti che potrebbero, di fatto, essere esplorati per continuare
la storia delle Vedove nell’Universo Cinematografico Marvel.
Il futuro di Guardiano Rosso con le Vedove
Alexei Shostakov ha fatto il suo debutto nel MCU in Black
Widow. I fan dei fumetti lo conoscono come Guardiano
Rosso, l’equivalente russo di Captain America. In effetti, il film
fa riferimento al suo ruolo da Super-soldato (anche se molto
brevemente), ma non esplora mai del tutto le sue capacità o il
ruolo che aveva nella politica russa.
Kevin
Feige ha recentemente espresso il suo interesse a riavere David
Harbour come Guardiano Rosso nel MCU. In effetti, la trama di
Shostakov è solo all’inizio e c’è ancora molto da esplorare e,
quindi, da poter mostrare. La sua rinnovata presenza potrebbe
servire anche a completare la storia delle Vedove, avendolo come
mentore e persino come figura paterna.
L’arrivo di Iron Maiden
Come Shostakov, anche Melina Vostokoff è un personaggio ben
nota nei fumetti Marvel. I fan la conoscono come
Iron Maiden, una super criminale determinata a uccidere Natasha
Romanoff. Il film Black
Widow ha cambiato la sua storia e l’ha trasformata in
un’eroina che lavora con riluttanza per la Stanza Rossa.
Dal
momento che Kevin Feige ha confermato che vuole indietro anche
Rachel Weisz, Melina potrebbe tornare e sfoggiare finalmente il suo
costume da Iron Maiden. Il film ha stabilito che si tratta di una
delle menti più brillanti del MCU, quindi potrebbe forse deviare
verso lo SWORD o verso qualsiasi altra agenzia governativa “dalla
parte dei buoni”. Potrebbe anche stare con le Vedove Nere ora
libere per provare a guidarle, diventando per loro una figura
simile a Nick Fury.
Taskmaster e il futuro di Antonia
I cambiamenti al
personaggio di Taskmaster sono stati uno degli aspetti più
controversi di Black
Widow. I fan dei fumetti conoscono
Taskmaster come Tony Masters, un ex agente dello SHIELD dotato di
riflessi fotografici.
Nel film, Taskmaster è Antonia
Masters, la figlia di Dreykov, che quest’ultimo usa come strumento
per completare le missioni cruciali della Stanza Rossa. A voler
analizzare bene la cosa, il Taskmaster del MCU è – in realtà – l’ultima Vedova
Nera. Nonostante sia uno dei personaggi più intriganti del film,
Antonia appare a malapena e rimangono molte domande su di lei.
Potrebbe tornare come nuovo leader delle Vedova Nere, o forse con
una serie su Disney+ che esplori il suo background e
il suo futuro come Taskmaster.
Rintracciare le Vedove rimaste
Prima della sua morte, Dreykov
afferma di avere più Vedove Nere soggette al controllo mentale
sparse in tutto il mondo. Natasha e la sua famiglia liberano le
Vedove imprigionate nella Stanza Rossa, ma molte restano sotto
l’influenza del controllo mentale.
La scena post-credits del film
suggerisce che Yelena è sulla buona strada per vendicare la morte
di Natasha, il che significa che rintracciare le Vedove non è la
sua priorità… o forse lo ha già fatto. Sebbene sia improbabile che
le Vedove ottengano un altro standalone, unoa serie su Disney+ potrebbe essere la strada da
percorrere. Ambientata all’indomani di Black
Widow, Florence Pugh potrebbe interpretare
Yelena in una missione per salvare le sue compagne Vedove.
La Stanza Rossa risorge
Black
Widow termina con la Stanza Rossa che, almeno
apparentemente, è stata distrutta per sempre. Tuttavia, non è la
prima volta che l’istituzione scompare per un po’, per poi tornare
più forte di prima. La tecnologia del controllo mentale di Melina
potrebbe essere ambita da più paesi e organizzazioni, specialmente
dopo il ritorno di tutti coloro che Thanos ha spazzato
via.
La
Stanza Rossa potrebbe tornare come un rimaneggiamento della sua
vecchia iterazione o come una nuova e migliorata istituzione. Ad
ogni modo, molto probabilmente non sarà una forza positiva, dal
momento che il MCU ha già mostrato in passato che
nessuna organizzazione è esente da corruzione.
Riscattare il “nome” di Vedova Nera
L’intero arco narrativo di
Natasha Romanoff riguardava la redenzione. Ha fatto di tutto
ripulire il suo registro, compiendo alla fine l’ultimo sacrificio
per un bene più grande. Ispirate dalla sua eredità, Yelena e le
altre Vedove Nere, ora libere dal controllo mentale di Dreykov,
potrebbero sforzarsi di cambiare la percezione del pubblico sul
programma Vedova Nera.
Potrebbero persino diventare la sua
forza d’élite, una squadra simile ai Vendicatori, anche se su scala
molto più piccola. Non sarà facile perché Nat ha impiegato anni per
cambiare la percezione che il pubblico ha di lei e, a giudicare
dalle scelte post-Endgame di Yelena, quest’ultima non
sembra particolarmente incline a proseguire sulla retta via.
La Guardia d’Inverno nel MCU
Considerata la risposta
della Russia agli Avengers, la Guardia d’Inverno è un gruppo di
individui con superpoteri con sede in Russia. Nei fumetti, hanno
combattuto a fianco dei Vendicatori diverse volte, in particolare
durante i crossover “Maximum Security” e “Kang Wars”.
Guardiano Rosso è uno dei membri più
importanti della Guardia d’Inverno, anche se non si tratta della
versione di Alexei Shostakov. Tra gli altri membri figurano il
mutante Ursa Major (che
a quanto pare ha fatto già il suo debutto in
Black Widow), e Dinamo Cremisi, la versione russa di
Iron-Man, che Yelena nomina sempre durante il film.
Red Widow/Vedova Rossa
Red Widow (o Vedova Rossa)
è il nuovo progetto della Stanza Rossa. È una combattente feroce e
assetata di sangue il cui corpo è stato coperto di cicatrici a
causa del barbaro addestramento della Stanza Rossa. È uno degli
attuali membri della Guardia d’Inverno e spesso agisce come leader,
con grande dispiacere di Dinamo Cremisi.
Red
Widow potrebbe fungere da antagonista nella nuova storyline della
Vedove. Potrebbe anche far parte dei Thunderbolts o appartenere alla Guardia
d’Inverno, come la sua controparte fumettistica. Red Widow ha anche
legami con i vampiri nei fumetti, il che la renderebbe una scelta
ideale per l’attesissimo reboot di
Blade.
Yelena diventa la nuova Vedova Nera
Ormai è chiaro che Yelena Belova è la nuova Vedova Nera
del MCU. I fan sanno che Florence Pugh
apparirà nella serie Hawkeye, e i
suoi legami con la Contessa suggeriscono che anche lei farà parte
dell’organizzazione che sta cercando di mettere insieme, che si
tratti dei Thunderbolts o degli Oscuri
Vendicatori.
Avere
Yelena che porta avanti l’eredità è anche un modo per onorare
l’eredità di Natasha. Inoltre, è il modo perfetto per mantenere il
personaggio nel MCU, nonostante l’impatto emotivo
della morte di Natasha sia ancora presente. È probabile che Yelena
apparirà come personaggio di supporto nei futuri progetti legati al
MCU, proprio come ha fatto Natasha
nei film degli Avengers. Tuttavia, potrebbe anche essere la
protagonista di una nuova serie Disney+ o anche, perché no, di un
sequel di Black
Widow.
Ecco la nostra intervista a
Corey Hawkins, Melissa Barrera,
Leslie Grace, Jimmy Smits, Olga Merediz e Gregory
Diaz, protagonisti di Sognando a New
York, al cinema dal 22 luglio.
Diretto da Jon M.
Chu, Sognando a New York è basato sull’omonimo
musical di Lin Manuel Miranda.
Candidata a 13 Tony Awards
(e vincitore di 4 tra cui Miglior Musical), l’opera segue un arco
narrativo di tre giorni ambientato nel quartiere di Washington
Heights a New York City e segue la storia di una serie di giovani
dominicani-americani visti attraverso gli occhi di Usnav (lo
stesso Miranda), il proprietario di una bottega.
David S. Goyer ha
rivelato i dettagli sull’adattamento di Masters of the Universe che
non ha mai visto la luce. Per chi non lo sapesse, nel lontano 2007
iniziò lo sviluppo di un nuovo film basato sulle popolari action
figure della Mattel per conto della Warner Bros., che a partire dal
2009 passò poi nelle mani della Sony.
Nel corso degli anni, la
sceneggiatura del film è passata nelle mani di tantissimi autori,
tra cui anche Goyer. In una recente intervista con
The Hollywood Reporter, lo sceneggiatore ha rivelato quali
erano i suoi piani in merito al suo live action mai realizzato.
Goyer era stato contattato nel 2017 per occuparsi dello script e,
all’epoca, venne anche considerato come possibile regista.
Ha spiegato che il suo film si
sarebbe concentrato sulla relazione tra He-Man e la sua
inseparabile tigre Battle Cat e avrebbe stabilito che nel corso dei
secoli c’era state una lunga serie di He-Man e Battle Cat. “Mi
piaceva molto la sceneggiatura che avevo scritto”, ha
esordiato. “Si trattava di raccontare l’amicizia tra He-Man e
Battle Cat. L’idea era che ci fossero sempre stati degli He-Man e
dei diversi destinatari della Spada del Potere, e che Battle Cat
avesse sempre servito al loro fianco.”
“Il mio era un nuovo He-Man che
sia Battle Cat che molte altre persone non ritenevano degno della
spada”, ha aggiunto. “Quindi la storia era incentrata su
lui che doveva guadagnarsi la spada e, cosa ancora più importante,
l’amicizia di Battle Cat, che riteneva che questo He-Man fosse
soltanto un peso leggero. Mi piaceva veramente. Ho sempre pensato
che fosse una storia divertente. C’era molto umorismo ed era anche
sorprendente, perché vedevi che Battle Cat accettava a malincuore
questo He-Man. Tuttavia, proprio l’accettazione di He-Man da parte
di Battle Cat sarebbe poi diventata il cuore pulsante di questa
versione della storia.”
Quale sarà il futuro di Masters of the Universe al cinema?
Ad oggi non sappiamo se reboot
di Masters of the Universe sia ancora in
sviluppo. Lo scorso aprile abbiamo appreso che Noah
Centineo, che era stato scelto per interpretare
He-Man, ha ufficialmente abbandonato il progetto. Da allora non ci
sono più stati aggiornamenti. L’ultima bozza della sceneggiatura
del film è stata scritta da
Aaron e Adam
Nee (Band of Robbers).