Disney ha annunciato oggi il lancio
di un festival virtuale dedicato alle famiglie per celebrare a
livello globale il 25° anniversario del film Disney e Pixar Toy
Story e i suoi 20 anni di supporto all’organizzazione benefica
MediCinema. Il Pixar Fest prende il via oggi, giovedì 6
agosto, e in Italia include l’epica collezione di film Pixar su
Disney+ da rivedere tutti insieme con
maratone dedicate, quiz sui canali social per gli appassionati di
cinema, arts and crafts per bambini e nuove uscite di prodotti.
Tasia Filippatos, SVP Disney EMEA, ha dichiarato: “Pixar ha
rivoluzionato l’arte dell’animazione 25 anni fa con l’uscita
di Toy Story e da allora ci ha regalato alcuni dei momenti
più iconici e unici nella storia del cinema. Pixar Fest offrirà ai
fan di tutte le età la possibilità di celebrarli attraverso una
serie di attività. Speriamo che la line-up porti un po’ di
divertimento durante le vacanze estive e la magia del cinema nelle
case di tutta Italia”.
Come parte del suo impegno in tutto il mondo per fornire
conforto e ispirazione attraverso momenti cinematografici e
contribuire a ridurre l’isolamento dei bambini gravemente malati
negli ospedali, Disney ha donato 1 milione di dollari a MediCinema
per aiutarla a raggiungere più bambini possibile, sviluppando e
costruendo cinema all’avanguardia all’interno degli ospedali nel
Regno Unito e in Italia. Andare al cinema mentre si è in ospedale
aiuta a migliorare il benessere e combatte l’isolamento e l’ansia
di trascorrere del tempo nei reparti.
Questo impegno si combina con Disney Movie Moments, un programma
che consente ai giovani pazienti negli ospedali degli Stati Uniti
di vedere gli ultimi film Disney, Pixar, Marvel e Star
Wars mentre sono in cura e non sono in grado di andare al
cinema, creando ricordi positivi per le famiglie.
Kat Mason, Chief Executive of MediCinema, ha dichiarato:
“Nel nostro 20° anniversario e nei 20 anni di lavoro con
Disney, siamo incredibilmente felici di essere i destinatari di
questa donazione che contribuirà a garantire che la nostra offerta
di sale cinematografiche negli ospedali possa avere un impatto su
molti più bambini e le loro famiglie”.
Disney ha celebrato il lancio del Pixar Fest con il rilascio di
un artwork inedito di Toy Story, che mostra i primi
progetti e l’evoluzione di Buzz Lightyear. Questo straordinario
artwork presenta i primi bozzetti del personaggio che includono una
varietà di volti diversi, i colori del costume e i disegni delle
ali, prima che fosse trasformato nel Buzz che tutti conoscono e
amano.
La storica Pixar Christine Freeman ha dichiarato: “Buzz è
uno dei nostri personaggi più popolari ed è affascinante vedere i
diversi modi in cui gli artisti Pixar lo hanno immaginato durante
l’evoluzione del suo design. Anche il suo nome è cambiato nel tempo
– da Tempus of Morph a Lunar Larry, a Buzz Lightyear. È possibile
vedere le iniziali LL (per Lunar Larry) nella fibbia della cintura
in alcuni di questi primi progetti”.
Da quando Woody e Buzz sono approdati nelle sale
cinematografiche nel 1995 nel primo lungometraggio animato al
computer, i film Pixar sono diventati i preferiti dei fan di tutto
il mondo. Ad oggi, ci sono stati 23 film Pixar e 21 cortometraggi,
che hanno collezionato 37 incredibili Oscar®. I prodotti Pixar sono
i più venduti di tutti i tempi nei Disney Store, inclusa
l’action figure parlante di Buzz Lightyear. Un’epica collezione di
film e cortometraggi Pixar è disponibile su Disney+, dai classici come Alla
ricerca di Nemo ai nuovi Spark Shorts come OUT e
Float.
Ogni domenica fino alla fine di agosto i fan italiani potranno
unirsi alle pagine Facebook @PixarItalia e Instagram @disneyitalia
per commentare insieme i loro film Pixar preferiti e scoprire tante
curiosità. Inoltre, per i più piccoli, nell’apposita sezione
dedicata Disney Destination of
Imagination sul sito shopDisney.it, sarà possibile
scaricare divertenti libretti di attività a tema Pixar.
I fan di tutto il mondo saranno in grado di celebrare i loro
personaggi Pixar preferiti con nuove linee di Mattel e Funko. È in
arrivo anche una nuova gamma di prodotti su shopDisney che onorano
l’eredità Pixar, tra cui una linea di piccoli Alieni che vedono
questi amati personaggi di Toy Story indossare i panni di
altri protagonisti dei film Pixar, tra cui WALL•E e Russell di
Up. Altri giocattoli di “Pixar Alien Remix” vedranno gli
Alieni di Toy Story vestiti come personaggi Pixar tra cui
Carl di Up, Dot di A Bug’s Life – Megaminimondo,
Dory di Alla ricerca di Nemo, Edna de Gli
Incredibili, Sulley di Monsters & Co. e la
Principessa Merida di Ribelle – The Brave.
Da quando Captain
Marvel del 2019 ha introdotto gli Skrull nel MCU, i
fan hanno spesso pensato al fatto che i Marvel Studios possano aver già
pianificato un adattamento di “Secret Invasion“,
ipotizzando già una trasposizione molto diversa rispetto alla
storia raccontata nei fumetti. Gli Skrull hanno fatto la loro prima
apparizione nei fumetti più di 50 anni fa, nelle pagine di
“Fantastic Four #2”, trasformandosi rapidamente in una delle razze
aliene più incredibili nell’universo Marvel. La loro longeva
rivalità con l’Impero Kree ha rappresentato la base per diverse
importanti trame dei fumetti: di recente, i due regni si sono uniti
sotto il governo di Hulkling, un ibrido Kree-Skrull, per condurre
una guerra finale contro la Terra.
Prima dell’accordo
Disney/Fox, i diritti cinematografici sugli Skrull erano posseduti
sia dalla Marvel che dalla 20th Century Fox. Ora il MCU può
sfruttare i personaggi come meglio crede: la prima volta che sono
apparsi in Capitano Marvel, i personaggi sono stati reinventati ed
inseriti in un contesto completamente nuovo, piegato ovviamente
alle logiche narrative dell’universo cinematografico. I due Skrull
più importanti del film, Talos e sua moglie Soren, sono apparsi di
recente in
Spider-Man: Far From Home, dove è stato rivelato che i
due hanno impersonato per tutto il tempo Nick Fury e Maria
Hill.
Sebbene gli Skrull
siano stati presentati in tonnellate di classiche storie della
Marvel, nessuna di queste è idiosincratica come “Secret
Invasion” del 2008. Nella serie a fumetti, si scopre che
dozzine di supereroi della Marvel sono in realtà degli Skrull,
essendo parte di un sinistro complotto orchestrato dalla regina
Veranke. Con gli Skrull che sono ora parte del MCU, è arrivato il
momento per il franchise di prendere in prestito elementi da quella
trama per il loro prossimo grande crossover, e allo stesso
tempo dare una svolta unica alla storia dell’universo
condiviso.
La presenza degli Illuminati non sarà la stessa
All’interno
dell’universo Marvel, c’è una società d’élite composta da diversi
supereroi iper-intelligenti, noti come gli Illuminati. Il team è
composto da Tony Stark, Black Bolt, Namor, Mister Fantastic,
Charles Xavier e Doctor Strange, e di solito sono raffigurati come
un’organizzazione disposta a prendere decisioni moralmente dubbie
per il bene dell’umanità. Notoriamente, sono responsabili
dell’invio di Hulk nello spazio all’inizio della trama di “Planet
Hulk”, oltre ad essere responsabili della distruzione degli
universi alternativi in “Secret Wars” del 2015.
All’inizio di
“Secret Invasion”, gli Illuminati viaggiano verso il pianeta natale
degli Skrull per metterli in guardia contro la futura invasione
della Terra. Prima di partire, tuttavia, vengono catturati e
sottoposti ad una serie di esperimenti dagli stessi Skrull, il che
porta Veranke a sviluppare una comprensione molto più profonda
della presenza metaumana sulla Terra. Questo evento è stato
determinante per gli Skrull, che si sono assicurati un punto
d’appoggio sulla Terra. Inoltre, è in questo periodo che avvenne la
sostituzione di Black Bolt.
Naturalmente, se il MCU dovesse
adattare “Secret Invasion”, dovrebbe cambiare radicalmente il modo
in cui gli Illuminati operano all’interno della storia. Non solo
l’organizzazione segreta non è stata ancora formata, ma molti dei
suoi membri non sono stati ancora introdotti nel MCU (come Black
Bolt, Namor, Mister Fantastic e Professor X), oppure sono deceduti
(come Tony Stark). C’è sempre la possibilità che la Marvel possa
mettere insieme un nuovo team di Illuminati, ma potrebbe non avere
lo stesso peso o la stessa posta in gioco della formazione
originale.
Gli Skrull nel MCU non sono
cattivi
Quando sono stati introdotti in
Captain
Marvel, gli Skrull furono presentati come aggressori
intergalattici contro i quali i Kree stavano conducendo una
disperata guerra difensiva. Sorprendentemente, a metà film è stato
rivelato che gli Skrull erano in realtà rifugiati politici che
stavano cercando una nuova casa all’indomani della distruzione del
loro mondo originale. Anche se il catalizzatore dell’invasione
della Terra nella trama dei fumetti è anche la distruzione del
pianeta natale degli Skrull, i fumetti hanno ritratto gli Skrull
come dei cattivi tradizionali sin dalla loro prima introduzione,
con Captain
Marvel che si è distanziato parecchio dal materiale
originale.
Alcuni fan hanno suggerito l’idea un
adattamento di “Secret Invasion” possa introdurre una versione più
radicalizzata degli Skrull, guidata da Super-Skrull, uno dei nemici
più iconici dei Fantastici Quattro. Altri hanno teorizzato che un
adattamento della serie potrebbe vedere gli Skrull usare le loro
abilità di mutaforma non in modo sinistro, ma soltanto per
nascondersi da qualcosa di ancora più temibile, come ad esempio
Galactus, responsabile nei fumetti della distruzione del pianeta
natale degli Skrull. Ad ogni modo, il fatto che gli Skrull siano
una specie più benevola sul grande schermo di quanto non lo siano
nelle pagine a fumetti, offre un nuovo percorso narrativo che la
MCU dovrà necessariamente portare avanti se deciderà di adattare
“Secret Invasion”.
Gli Skrull impersoneranno diversi eroi
Simile al
problema posto dalla presenza degli Illuminati nei fumetti
originali, alcuni eroi che si sono rivelati essere degli Skrulls
nei fumetti non sono stati ancora introdotti nel MCU. Il primo eroe
ad essere scoperto come impostore è Elektra, un personaggio che
esiste solo nelle serie Daredevil e The
Defenders. Alcuni gruppi metaumani svolgono un ruolo molto
importante nella lotta finale contro la minaccia Skrull, come i
Thunderbolts, una squadra di supercriminali
riformati i cui ranghi includono personaggi come Bullseye, Venom e
Songbird, che non sono ancora stati introdotti nel MCU. Anche la
stessa regina Veranke impersona Spider-Woman, un altro eroe di
spicco nei fumetti che deve ancora essere introdotto nell’universo
condiviso.
Una potenziale strada che potrebbe
prendere il MCU è che gli Skrull impersonino personaggi morti
all’interno dell’universo cinematografico. I fan si sono chiesti se
vedremo o meno attori come
Robert Downey Jr. o
Scarlett Johansson tornare nel franchise alle giuste
condizioni: vederli risorgere solo per scoprire che sono sempre
stati extraterrestri, sarebbe una svolta inaspettata e scioccante
sia per il pubblico generale sia per i fan dei fumetti. Se la
Marvel volesse davvero optare per una svolta narrativa di quella
portata, potrebbe riportare quei personaggi in un film
completamente estraneo da “Secret Invasion”, solo per rivelare
successivamente la loro vera identità come Skrull.
Indipendentemente dalla direzione in cui i film decideranno di
adattare la serie a fumetti, è chiaro che la natura unica del MCU
offre l’opportunità di condurre la trama attraverso una nuova
direzione eccitante e inaspettata.
Cosa
sarà di Francesco Bruni sarà il film
di chiusura della quindicesima edizione della Festa del Cinema di
Roma che si svolgerà dal 15 al 25 ottobre 2020 all’Auditorium Parco
della Musica. Lo ha annunciato il Direttore Artistico Antonio
Monda, d’intesa con Laura Delli Colli, Presidente della Fondazione
Cinema per Roma, e Francesca Via, Direttore Generale. Quest’anno la
manifestazione fa parte di Romarama, il programma di eventi
culturali promosso da Roma Capitale.
Il cineasta romano, pluripremiato
sceneggiatore di film quali Ovosodo, La prima cosa
bella, Il capitale umano di
Paolo Virzì, con cui realizza da anni un felice
sodalizio artistico, e di serie televisive come “Il commissario
Montalbano”, torna alla regia dopo i successi di Scialla! (Stai
sereno), Noi 4 e Tutto quello che vuoi.
Cosa
sarà vede protagonista Kim Rossi Stuart nei panni di Bruno Salvati:
la vita di Bruno è in una fase di stallo, i suoi film non hanno mai
avuto successo e il suo produttore fatica a mettere in piedi il
prossimo progetto. Sua moglie Anna, dalla quale si è recentemente
separato, sembra già avere qualcun altro accanto. E per i figli
Adele e Tito, Bruno non riesce a essere il padre presente e
affidabile che vorrebbe. Un giorno Bruno scopre di avere una forma
di leucemia. Si affida immediatamente a un’ematologa competente e
tenace, che lo accompagna in quello che sarà un vero e proprio
percorso a ostacoli verso la guarigione. Il primo obiettivo è
trovare un donatore di cellule staminali compatibile: dopo alcuni
tentativi falliti, Bruno comincia ad avere seriamente paura,
Cosa sarà di lui? Suo padre Umberto, rivelandogli un
segreto del suo passato, accende in tutti una nuova speranza. Bruno
e la sua famiglia intraprendono un inatteso percorso di rinascita,
che cambierà i loro rapporti e insegnerà a Bruno ad alzare gli
occhi da sé stesso e a guardare gli altri.
Cosa
sarà, prodotto da Palomar e Vision Distribution,
arriverà nelle sale il 29 ottobre. “Francesco Bruni riesce a
raccontare con intelligenza e profondità un dramma che lo ha
colpito personalmente – ha spiegato Antonio Monda – Riesce anche a
divertire, nella migliore tradizione umanista della commedia
all’italiana, senza aver paura dei sentimenti”.
La Festa del Cinema di Roma, grazie
alla collaborazione con SIAE, dedicherà il red carpet della
quindicesima edizione al genio di Ennio Morricone, scomparso lo
scorso 6 luglio: le musiche del maestro accompagneranno talent,
ospiti e pubblico lungo il tappeto rosso dell’Auditorium Parco
della Musica. Morricone ha partecipato alla Festa del Cinema fin
dai suoi esordi, con la direzione di due indimenticabili concerti
nel corso della prima e della seconda edizione; all’inaugurazione
della mostra dedicata a Sergio Leone nel 2009; come protagonista di
uno straordinario incontro tenutosi l’anno successivo; come
presidente di giuria nel 2011 e in numerose altre occasioni.
“Un inedito red carpet sonoro
per un omaggio speciale a Ennio Morricone, grande Maestro molto
amato non solo per le colonne sonore evergreen che ci ha regalato
in mezzo secolo di straordinarie sonorità ma anche per le note e i
ritmi entrati nella nostra vita perfino con tanta musica
leggera – ha detto Laura Delli Colli –
Con le sue colonne sonore, in un ‘tempio’ della musica come
l’Auditorium Parco della Musica che gli è stato appena intitolato
ricorderemo così, con grande affetto, il Premio Oscar® amato da
Leone, Tornatore e Tarantino ma anche il Morricone più inedito e
‘pop’, autore o arrangiatore di canzoni che da Se telefonando a
Sapore di sale, Il mondo e perfino Abbronzatissima, sono diventate
per tutti noi leit motiv di una memoria quotidiana che continuerà a
siglare la nostra vita”.
“Ennio Morricone è stato un
genio della musica e del cinema e sono onorato di celebrarlo nella
sua città – ha aggiunto Monda – Per tutti i dieci giorni
della Festa sul red carpet risuoneranno esclusivamente le sue
musiche leggendarie”.
Arriva da
Deadline la notizia che il due volte premio Oscar Tom Hanks(Philadelphia, Forrest
Gump) è in trattative con i Walt Disney Studios per
interpretare il ruolo di Geppetto nell’annunciato live action di
Pinocchio, il secondo Classico Disney secondo il
canone ufficiale, uscito nel lontano 1940.
Il live action di
Pinocchio sarà diretto da Robert
Zemeckis, regista della trilogia di Ritorno al futuro
che aveva già diretto Tom Hanks in Forrest Gump, Cast Away e
Polar Express. Il remake del classico d’animazione segnerà
quindi la quarta collaborazione l’attore e il regista, che si
occuperà anche di co-sceneggiare il film insieme a Chris
Weitz(La bussola d’oro).
Sebbene le trattative con Hanks sia
ancora in una fase iniziale, pare che dopo aver letto la
sceneggiatura, l’attore abbia contattato Zemeckis per fargli sapere
di voler partecipare al film. La Disney ha sempre desiderato che
Hanks interpretasse il ruolo di Geppetto, avengo corteggiato
l’attore già molti anni fa, quando al progetto era ancora collegato
il regista di Paddington, Paul King.
Pinocchio racconta
la storia di un burattino vivente che, con l’aiuto di un grillo
parlante in qualità di coscienza, deve dimostrarsi degno di
diventare un ragazzo vero. Il film si aggiunge alla lunghissima
lista di live action prodotti e in produzione da Disney: basti
pensare che solo lo scorso anno sono usciti Dumbo, Il Re
Leonee Aladdin,
e gli ultimi due sono stati dei successi al box office.
Negli ultimi anni, Robert
Zemeckis è stato più concentrato su film
drammatici destinati ad un pubblico di adulti, come Flight o
Allied, o ancora il bellissimo Benvenuti
a Marwen, rispetto ai grandi blockbuster per tutta la
famiglia che ha firmato nel corso della sua carriera. Il suo
prossimo film sarà il nuovo adattamento di The
Witches di Roald Dahl con
Anne Hathaway.
Le ultime apparizione di Tom Hanks sul grande schermo
Per quanto riguarda Tom Hanks, gli ultimi film in cui abbiamo
visto recitare l’attore sono stati il biografico Un amico
straordinario diretto da Marielle Heller, grazie al quale
ha ottenuto una candidatura agli Oscar come miglior attore non
protagonista, e il dramma di guerra Greyhound – Il nemico
invisibile di Aaron Schneider. A causa
dell’emergenza Coronavirus, entrambi i film sono stati distribuiti
nelle sale italiane direttamente in streaming.
Dopo essere stato presentato con
gran successo al Biografilm Festival arriva al cinema
Tuttinsieme, documentario autobiografico scritto e
diretto da Marco Simon Puccioni che, dopo Prima di
tutto (menzione speciale ai Nastri d’Argento 2016), torna a
raccontare l’esperienza genitoriale sua e del suo compagno grazie
alla gestazione per altri. Se il precedente documentario del 2012
si concentrava sulla nascita dei bambini, TUTTINSIEME ne segue la
crescita e volge lo sguardo alle sfide che questo tipo di famiglie
devono affrontare nel contesto dell’Italia di oggi.
Il confronto con altre famiglie, la
presenza di due genitori dello stesso sesso, l’assenza di una
madre, la battaglia in parlamento per approvare le Unioni Civili,
con la delusione di non avere un quadro giuridico che permetta a
entrambi di adottare i propri figli. Non solo un documentario che
parla del diventare genitori, dell’essere figli e dei rapporti tra
queste nuove famiglie nate attraverso la gestazione per altri, ma
anche una testimonianza per la comunità LGBT e le famiglie
tradizionali sull’evoluzione della famiglia non convenzionale,
vista dagli occhi dei diretti interessati: i bambini.
TUTTINSIEME – prodotto da Giampietro
Preziosa, una produzione Inthelfilm con RAI Cinema – uscirà al
cinema a partire dal 31 agosto al cinema Nuovo Sacher, per poi
approdare nei cinema e nelle arene di tutta Italia.
SINOSSI
Il dialogo intimo tra due padri che
ripercorrono gli ultimi quattro anni della crescita dei loro
gemelli, ricordano come i loro figli hanno elaborato, in diverse
età, vivere in una famiglia con due padri e rispondendo alle
domande dei loro compagni sulla madre. Rivivono il clima di forte
contrapposizione in cui Monica Cirinnà è riuscita a dare all’Italia
una legge sulle unioni civili. Coltivano la relazione calda e
affettuosa con le famiglie americane delle donne che hanno permesso
la nascita dei figli. Ritornano al momento di festa dell’unione
civile celebrata da Nichi Vendola e cercano, tra diverse
sensibilità, i nomi da dare alle persone delle famiglie allargate
nate con le tecniche di procreazione assistita.
In una recente intervista con
ComicBook, la costumista di Wonder
Woman 1984, Lindy Hemming, ha parlato
del nuovo costume che
Gal Gadot sfoggerà nel sequel in arrivo nelle
sale ad Ottobre e diretto ancora una volta da Patty
Jenkins. La costumista ha spiegato che, rispetto a
quello visto in
Batman v Superman: Dawn of Justice, sono state apportate
alcune modifiche su richiesta della regista.
“Quando abbiamo realizzato il
costume per il primo Wonder Woman, abbiamo modificato lievemente il
colore e anche alcune cuciture su richiesta di Patty Jenkins”,
ha spiegato Hemming. “Ovviamente, abbiamo dovuto anche
realizzare delle versioni diverse del costume, perché nel caso di
quello realizzato da Michael Wilkinson per Batman v Superman di Zack
Snyder, la maggior parte del lavoro è stata fatta in studio, quindi
non serviva una performance variegata come quella in Wonder Woman.
Per il sequel Patty voleva la medesima atmosfera dei film degli
anni ’80. Voleva che sul costume spiccassero il rosso e l’oro, così
abbiamo caricato il colore e provato a rendere il tono quasi
dolce.”
Sull’armatura dell’aquila reale di
Diana Prince, che abbiamo visto sia nei trailer che nelle varie
immagini ufficiali, la costumista ha aggiunto: “È l’armatura
protettiva più potente, indossata in origine da sua madre. Diana ne
entra in possesso a Washington in un modo che non voglio
anticipare. Quando si sente veramente minacciata da qualcosa
indossa l’armatura dorata, che ho trovato molto avvincente da
progettare. Quando ho lavorato al primo film, Michael Wilkinson
aveva già realizzato il costume di Wonder Woman basandosi sui
fumetti, perché ho dovuto lavorare su qualcosa che era già stato
creato. Per il sequel, invece, ho potuto lavorare ad un progetto
completamente nuovo.”
Wonder
Woman 1984 uscirà il 2 ottobre 2020. Il film è
stato definito dal produttore Charles Roven un
sequel “inusuale“, che poterà in scena lo stesso
personaggio grazie al lavoro dello stesso team creativo e che
seguirà gli eventi del precedente capitolo, ma che i fan non
dovrebbero aspettarsi un seguito tradizionale
definendolo “la prossima iterazione della
supereroina”.
L’ordine cronologico del personaggio
di Diana Prince è stato già rimescolato, essendo stata introdotta
nell’era contemporanea di Batman v Superman: Dawn
of Justice per poi tornare al vecchio secolo
con Wonder Woman. Il sequel vedrà
ancora Gal
Gadot nei panni di Diana Prince opposta
a Kristen
Wiig, scelta per interpretare la villain Cheetah. Nel
cast figureranno anche Chris
Pine (volto del redivivo Steve Trevor)
e Pedro
Pascal (nei panni di Maxwell Lord).
Quando nel 2003 il regista
Tim Burton
portò al cinema il suo nuovo film, intitolato Big Fish
– Le storie di una vitaincredibile, stupì
tanto la critica quanto i suoi abituali spettatori. Si trattava
infatti di un’opera apparentemente diversa dalle altre, ricca di
colori e luci non propriamente ricorrenti nel cinema dell’autore di
Edward mani di
forbice. Eppure, la pellicola è pura espressione della sua
poetica, con tematiche e caratteristiche a lui care, e viene spesso
indicato come il film della maturità artistica di Burton.
L’opera è tratta dall’omonimo
romanzo pubblicato nel 1998 da Daniel Wallace, i
cui diritti vennero acquistati dalla Columbia Pictures in seguito
all’insistenza dello sceneggiatore John August.
Questi, che aveva da poco visto morire il padre, rimase
particolarmente toccato dalla storia del libro, a tal punto da
volerne trarre un film. Inizialmente il progetto catturò
l’interesse di Steven Spielberg, ma fu Burton ad
ottenere la regia. Il regista californiano aveva anch’egli da poco
perso i genitori, e vide in quella storia la possibilità di
raccontare un sentimento molto personale e universale allo stesso
tempo.
Per la sua realizzazione, Burton
decise di affidarsi ad effetti speciali pratici anziché
all’animazione computerizzata. Ciò gli permise di dar vita in modo
più realistico alle varie idee avute per la messa in scena, e
dietro le quali si ritrova il suo tocco unico. Al momento della sua
uscita, Big Fish guadagnò grandi lodi da parte della
critica e del pubblico, vinse importanti premi ed arrivò a
guadagnare un totale di circa 122 milioni di dollari in tutto il
mondo.
Big Fish: la trama e il cast del
film
La storia del film è incentrata sul
rapporto tra Edward Bloom (Ewan
McGregor) e suo figlio William (Billy
Crudup). Il genitore, uomo loquace e dotato di una
straordinaria fantasia, ha l’abitudine di raccontare storie
incredibili riguardanti la sua vita. Come tutti anche William
rimane stregato dalle sbalorditive storie raccontategli. Lo stupore
lascerà però presto il posto alla delusione. Crescendo, infatti, il
ragazzo comprende quanto irrealistici e impossibili siano in realtà
i racconti di suo padre. Inizia così ad allontanarsi da lui, ma
quando l’ormai anziano Edward (Albert Finney), si
ammala gravemente, William sarà richiamato nella casa dei genitori,
e qui si troverà ad intraprendere uno straordinario viaggio alla
scoperta della verità dietro ai fantastici racconti del padre.
Ad interpretare il ruolo
dell’anziano Edward Bloom, Burton voleva l’attore Jack
Nicholson, ed avviò con questi delle trattative. La
sua idea era quella di utilizzarlo anche per il ruolo del giovane
Edward, facendolo ringiovanire grazie alla CGI. Questa si rivelò
tuttavia un’operazione troppo complessa, che spinse ad accantonare
l’idea. Per il ruolo gli vennero allora proposti gli attori
Albert Finney ed Ewan
McGregor. Il regista si convinse per loro nel momento
in cui si imbatté in un articolo che sottolineava le somiglianze
nella recitazione dei due. Burton volle poi nel film la compagna
Helena Bonham
Carter, a cui affidò il doppio ruolo di Jenny e della
Strega. Quest’ultimo richiese all’attrice circa cinque ore di
trucco ogni giorno.
Nel film sono poi presenti numerosi
altri attori noti, molti dei quali sono frequenti collaboratori di
Burton. Ad interpretare William Blum è l’attore Billy
Crudup, mentre il ruolo di Sandra, moglie di Edward, è
interpretata da Alison Lohman da giovane a da
Jessica Lange da anziana. È poi presente l’attrice
Marion
Cotillard, nel ruolo di Josephine, moglie di William.
Questa, grande fan del regista, raccontò di aver dormito per un
mese con la sceneggiatura sotto il cuscino, nella speranza che le
portasse fortuna nella vittoria della parte. Vi sono infine gli
attori Steve
Buscemi, nei panni del poeta e criminale Norther
Winslow e Danny
DeVito in quelli di Amos Calloway, proprietario del
circo presso cui lavora Edward per un periodo della sua
giovinezza.
Big Fish: le differenze tra il
film e il libro
La struttura del racconto di
Wallace è piuttosto complessa e non segue un preciso ordine
cronologico. Lo scrittore, infatti, mirava ad evocare emozioni e
stati d’animo attraverso la descrizione di immagini oniriche.
Queste permettevano al lettore di avere la sensazione di trovarsi
all’interno della mente dei personaggi. Per Burton e lo
sceneggiatore John August si trattò dunque di trovare un filo
conduttore tra i vari episodi raccontati nel romanzo, facendogli
così acquistare una più solida struttura narrativa. Ciò si è
attuato comunque nel rispetto del principio secondo cui vi deve
essere uno squilibrato rapporto tra fantasia e realtà.
Ciò ha inevitabilmente dato vita a
diverse differenze tra il film e il romanzo. L’ordine degli eventi
del primo sono differenti dal secondo, e molti episodi vengono
addirittura ampliati e approfonditi. Ciò permise di esplorare
ulteriormente il magico mondo di Edward Bloom. Burton, infatti,
puntava sul conferire una certa vicinanza al personaggio. Fece ciò
selezionando quegli eventi che permettevano di costruire una solida
backstory con il quale poterlo comprendere meglio. Questa
è probabilmente la maggior differenza rispetto al romanzo, che
invece rimane più misterioso nello svelare Edward. Ciò accade
poiché essendo il figlio William il narratore, egli stesso affronta
un viaggio alla ricerca della verità.
Infine, la storia sembra trovare un
più generale compimento attraverso il film piuttosto che con il
romanzo. Essendo scritto per frammenti ed immagini, questo per
quanto efficace rimane per certi aspetti limitato alla parola
scritta. Nel prendere vita attraverso la messa in scena del film,
invece, quelle stesse immagini assumono un carico emotivo
particolarmente più forte. Anche a distanza di molto dall’ultima
visione, infatti, rimangono facilmente impresse nella mente dello
spettatore. Il successo dell’opera di Burton sta nell’aver trovato
il modo più efficace per riunire sotto una storia più coesa i
frammenti del romanzo, senza snaturarli ma permettendogli di
acquisire ulteriore significato.
Big Fish: il trailer e dove vedere
il film in streaming
Per gli appassionati del film, o
per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Big Fish – Le storie di
una vita incredibile è infatti presente su Chili Cinema,
Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes e
Netflix. In base alla piattaforma scelta,
sarà possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere un
abbonamento generale al catalogo. In questo modo sarà poi possibile
fruire del titolo in tutta comodità e al meglio della qualità
video.
Ieri è stato il compleanno del
regista James
Gunn e, per celebrare l’avvenimento, lo stesso ha
diffuso attraverso
i suoi canali social il nuovo logo ufficiale di The Suicide
Squad, l’atteso cinecomic DC che
arriverà nelle sale il prossimo anno. In realtà, il regista e
sceneggiatore ha condiviso vari loghi con i vari titoli che il film
avrà nei differenti mercati, confermando anche che in Italia il
film uscirà col titolo The Suicide Squad – Missione Suicida.
Sempre in occasione del suo
compleanno, il regista ha condiviso via
Twitter un filmato in cui sono stati raccolti gli auguri da
parte dei membri del cast del film. Il video in questione sembra
aver confermato alcuni dei ruoli che fino ad ora non erano ancora
stati svelati: in particolare, David Dastmalchian pare che interpreterà
Polka-Dot Man (nel video lo vediamo con dei cerchi colorati
attaccati al suo volto che ricordano molto il look del
personaggio).
Ancora, il video in questione
potrebbe aver anticipato che Idris Elba e
John Cena
interpreteranno rispettivamente Bronze Tiger e Peacemkaker. Il
videomessaggio di Elba è stato riprodotto al rallentatore per dare
alla sua voce un effetto ringhiante, che potrebbe aver anticipato
proprio il collegamento con Ben Turner; allo stesso modo, nel suo
video Cena è impegnato a giocare con un gioco di tiro che potrebbe
legarsi all’uso frequente di pistole da parte di Christopher
Smith.
Le prime immagini ufficiali di The
Suicide Squad al DC FanDome
Di recente James Gunn ha confermato che in
occasione del DC FanDome, il grande evento online
organizzato da Warner Bros. e dedicato all’universo DC che si
svolgerà il prossimo 22 agosto, verrà ufficialmente mostrato ai fan
il primo sguardo ufficiale a The Suicide
Squad. Il regista e il cast saranno presenti
all’evento. Al momento non sappiamo se verrà già mostrato il primo
trailer ufficiale del cinecomic o soltanto un promo.
Lilly Wachowski, che ha diretto la trilogia di
Matrix con sua sorella Lana, ha rivelato che il
classico action è sempre stato pensato per essere una storia trans.
Il primo film, uscito nel 1999, è stato rivoluzionario per i suoi
tempi, soprattutto a causa della tecnologia impiegata per
realizzare le scene d’azione, ma anche per il modo in cui è
riuscito a fondere temi filosofici con il kung-fu e la
fantascienza. Il primo film ha generato ben due sequel, Matrix:
Reloaded e Matrix: Revolutions, oltre ad un’antologia
animata complementare, intitolata Animatrix.
All’epoca
dell’uscita del film, le sorelle Wachowski erano ancora note come i
“fratelli Wachowski”, e non avevano ancora completato le loro
rispettive transizioni. Le sorelle hanno lavorato insieme fino al
2015, anno di uscita di Jupiter – Il destino dell’universo e della prima
stagione della serie NetflixSense 8.
Lilly si è allontanata dall’industria cinematografica e televisiva
ad alto budget ed è attualmente la showrunner della serie Work
in Progress targata Showtime; Lana, nel frattempo, è
attualmente al lavoro su Matrix
4, quarto capitolo della saga che vedrà il ritorno di
Keanu Reeves e
Carrie-Ann Moss.
In un’intervista con
il Netflix
Film Club, Lilly Wachowski ha spiegato come
Matrix sia sempre stato concepito per essere una
storia trans. La regista ha spiegato che, sebbene questa fosse
sempre stata l’intenzione, era abbastanza difficile renderla
esplicita, aggiungendo che “il mondo aziendale” non era
pronto per una fantascienza d’azione mainstream con una
storia trans.Tuttavia, Lilly ha aggiunto
che il tema della trasformazione è presente in tutto il film,
continuando ad ispirare la comunità: sempre più fan, infatti, hanno
confessato alla regista che il film “ha salvato” le loro
vite.
Lilly Wachowski: “Sono grata
che i film di Matrix abbiano aiutato la comunità trans.”
“Sono contenta
che la gente parli dei film di Matrix e della narrativa trans
presente al loro interno”,ha spiegato
Lilly Wachowski.“Adoro quanto siano significativi quei film per le persone
trans, soprattutto quando vengono da me e mi dicono: “Questi film
mi hanno salvato la vita”. Quando parli di trasformazione, in
particolare nel mondo della fantascienza, riguarda l’immaginazione,
la costruzione del mondo e l’idea che l’apparentemente impossibile
diventi possibile. Ecco perché quei film parlano così tanto alla
comunità. Sono grata che siano stati in grado di aiutarli nel loro
viaggio. Sono contenta che sia emerso che una storia trans era
l’intenzione originale di Matrix. Ma all’epoca il mondo… Il mondo
aziendale, l’industria, non erano ancora pronti per
questo.”
Lilly ha aggiunto
che lei e Lana hanno sempre discusso dell’idea di trasformazione da
una prospettiva ravvicinata, motivo per cui l’idea originale per il
personaggio di Switch era di farlo diventare un uomo nel mondo
reale e una donna in Matrix. Lilly ha anche sottolineato come sia
stata, per lei e sua sorella in quanto registe, un’opportunità di
portare sullo schermo qualcosa che non si era mai stato visto
prima.
Matrix
4 vedrà nel cast il ritorno
di Keanu
Reeves, Carrie-Ann
Moss e Jada
Pinkett-Smith al fianco delle new
entry Yahya Abdul-Mateen II, Neil
Patrick Harris, Jonathan Groff, Jessica
Henwicke Toby
Onwumere. L’uscita nelle sale è fissata per il 1 aprile
2022. Il nuovo capitolo del franchise sarà diretto da Lana
Wachowski. La sceneggiatura del film è stata firmata a
sei mani con Aleksandar Hemon e David Mitchell.
La televisione americana, sempre
ricca di contenuti, ci propone continuamente nuovi film e serie tv
con attori emergenti. Tra questi, negli ultimi anni, spicca
Rachel DiPillo, attrice conosciuta principalmente
per il suo ruolo nel medical dramaChicago Med.
Scopriamo quindi insieme
tutto quello che c’è da sapere su Rachel DiPillo,
sulla sua carriera in tv e al cinema e sulla sua vita privata.
Rachel DiPillo film e serie
tv
10. Nata il 26
gennaio del 1991 a Flint, in Michigan, Stati Uniti, Rachel
Katherine DiPillo ha cominciato la sua una decina d’anni
fa. Il suo debutto nel mondo dello spettacolo, infatti, risale al
2010 quando viene scelta per un ruolo minore nel
film musicale Elle – L’Ultima Cenerentola.
Diretto da John e Sean
Dunson, il film racconta la storia di una ragazza, Elle
(Ashlee Hewitt) che sogna di diventare una
cantautrice di successo. Dopo la morte improvvisa della madre, si
trasferisce dallo zio adottivo che gestisce una piccola etichetta
musicale indipendente, che gestisce Sensation, la rivale numero uno
di Elle.
Rachel DiPillo in Werewolf: The Beast Among Us – Fonte:
IMDB
Costretta a vivere in una realtà a
lei completamente estranea, Elle dovrà adattarsi alla sua nuova
vita e fare i conti con i demoni del suo passato.
9. Dopo il suo
debutto, Rachel continua a recitare in film minori come
Phoyo Finish (2012), Werewolf: La Bestia è
Tornata (2012), Commencement (2012),
A Kind of Love (2014), Hello My Name is
Frank (2014), Recovery (2015) e
Summer of 8 (2016).
Rachel DiPillo in Big Time
Rush
8. Parallelamente
alla sua carriera cinematografica, Rachel inzia a muovere i suoi
primi passi anche sul piccolo schermo. Dal 2009 al 2010, partecipa
alla realizzazione di Big Time Rush, famosa sitcom
musicale di Nickelodeon.
Creata e prodotta da Scott
Fellows per il network per ragazzi
Nickelodeon, in collaborazione con Sony Music, la
serie racconta delle vicissitudini di Kendall Knight
(Kendall Schmidt), Logan Mitchell (Logan
Henderson), Carlos Garcia (Carlos Pena) e
James Diamond (James Maslow), quattro amici che
sognano di diventare una famosa boy band.
Dopo aver contattato un importante
discografico hollywoodiano, i ragazzi si trasferiscono a Los
Angeles dove, nonostante le tante avversità, finiscono per firmare
un contratto e diventano finalmente i Big Time
Rush.
Michaela Conlin, Cyndi Lauper, T.J. Thyne e Rachel DiPillo in Bones
– Fonte: IMDB
Nella serie, andata in onda per
4 stagioni e 74 episodi, Rachel
DiPillo interpreta un ruolo minore e compare il soli 7 episodi
della prima stagione.
7. Negli anni
successi troviamo Rachel in tantissime serie americane di successo
come The Gates (2010), Law & Order: Los
Angeles (2011), Love Bites (2011),
Hawthorne – Angeli in corsia (2011),
Wendy (2011), Revenge (2012), Bones (2012),
Emily Owens M.D.(2013), Mad Men
(2014) e la famosa serie crime NCIS – Unità
anticrimine (2015).
Rachel DiPillo in Jane The
Virgin
6. Dopo la sua
‘comparsata’ in NCIS, quello stesso anno nel 2015 Rachel ottiene
una piccola parte nella famosa serie Jane The
Virgin, con Gina
Rodriguez nei panni della protagonista.
La serie, ispirata alla telenovela
venezuelana Juana La Virgen creata da
Perla Farías, racconta la storia di Jane Gloriana
Villanueva (Gina
Rodriguez), una ragazza di ventitré anni che sogna di
diventare una scrittrice. Cresciuta da una famiglia estremamente
religiosa ed essendo sua madre rimasta incinta a soli sedici anni,
Jane si è ripromessa di arrivare casta fino al matrimonio,
nonostante frequenti già un ragazzo, il bel Michael Cordero
(Brett Dier).
Jaime Camil, Ivonne Coll, Andrea Navedo, and Gina Rodriguez in Jane
the Virgin – Fonte: IMDB
Durante una normale visita di
controllo dalla sua ginecologa, a Jane viene per sbaglio praticata
l’inseminazione artificiale, utilizzando un’unica provetta
superstite di sperma di Rafael Solano (Justin
Baldoni), fratello della ginecologa Luisa Alver
(Yara Martinez), purtroppo malato di cancro.
Qualche settimana dopo Jane scopre di essere incinta ma, superato
lo shock iniziale, decide di portare avanti la gravidanza. La
serie, raccontata da una voce narrante, tipica delle telenovelas –
interpretata a Massimo Lopez nella versione italiana -, segue la
difficile gravidanza di Jane, i suoi rapporti con la famiglia e con
il suo fidanzato.
In Jane The
Virgin, andata in onda per 5 stagioni e 100 episodi,
Rachel DiPillo interpreta Andie e compare in un arco complessivo di
4 episodi, dalla puntata 1×16 alla 1×19.
Rachel DiPillo in Chicago Med
5. La vera svolta
nella carriera di Rachel, tuttavia, arriva nel 2015 quando
l’attrice viene scelta per interpretare un ruolo nella nuova serie
medical drama dal titolo Chicago Med.
Spinoff dell’acclamatissima serie
Chicago Fire, Chicago Med, prodotta
dal genio televisivo di Dick Wolf, racconta delle
vicissitudini di medici e infermieri dell’ospedale Chicago Medical
Center.
Tra i personaggi principali abbiamo
William Halstead (Nick Gehlfuss) chirurgo e
specializzando anziano in Medicina d’Emergenza; Maggie Lockwood
(Marlyne Barrett), infermiera caporeparto del
Pronto Soccorso; Sharon Goodwin (S. Epatha
Merkerson), Direttore Sanitario del Chicago Medical
Center; April Sexton (Yaya
DaCosta), infermiera; Natalie Manning (Torrey
DeVitto), pediatra e specializzanda in Medicina
d’Emergenza.
Ancora, Connor Rodhes
(Colin Donnell) chirurgo specializzati in
Chirurgia d’Emergenza; Ethan Choi (Brian Tee), ex
militare e specializzando del terzo anno di Medicina d’Emergenza;
Daniel Charles (Oliver Platt), Primario del
reparto di Psichiatria; e in ultimo Ava Bekker (Norma
Kuhling), chirurgo cardio-toracico del Chicago Med.
Oliver Platt e Rachel DiPillo in Chicago Med – Fonte:
IMDB
Nella serie Rachel
DiPillo interpreta Sarah Reese, una
studentessa del quarto anno di medicina. Sin dalla prima stagione
Sarah lavora al reparto emergenze e sembra intenzionata a
proseguire i suoi studi specializzandosi proprio in quel campo.
Tuttavia, dopo un episodio assai traumatico sul lavoro, fa domanda
per il posto di Patologa del Chicago Med. Dopo qualche tempo, e con
l’aiuto di Daniel Charles, decide finalmente di
cambiare specializzazione e concentrarsi su Psichiatria.
Al momento Chicago Med è arrivato
alla sua quinta stagione, non senza stravolgimenti di trama e cast,
contando per ora ben 101 episodi. Rachel DiPillo lascia
Chicago Med purtroppo all’inizio della quarta
stagione; l’attrice ha interpretato Sarah Reese in un arco
di 62 episodi che vanno dal
pilot “Derailed” alla 4×01 “Be My Better
Half”.
Rachel DiPillo in Chicago Fire e
Chicago PD: gli episodi crossover
4. L’intero
universo televisivo di Chicago, creato a Dick
Wolf, è molto più intricato di quanto si possa immaginare.
Capita spesso – soprattutto durante le prime due stagioni di
Chicago Fire – che i
personaggi delle tre serie si mixino in uno stesso episodio. Questo
stratagemma è stato ideato dagli autori per presentare al pubblico
di Chicago
Fire, alcuni nuovi personaggi che saranno poi
protagonisti degli spinoffChicago PD e
Chicago
Med.
Quasi tutti i personaggi di ognuna
delle serie è comparso in almeno un paio di episodi delle altre
due. Oltre alle varie ‘comparsate’, utilizzate più che altro per
mantenere una sorta di continuità nell’universo Chicago, ci sono
anche gli episodi crossover. Queste particolari
puntate sono caratterizzate da storie che mettono in comunicazione
tra loro le varie serie e tutti i loro personaggi.
Quel gran burlone di Dick
Wolf, tuttavia, continua a complicare le cose aggiungendo
al già intricato universo televisivo di Chicago anche alcuni
episodi crossover con la famosa e fortunatissima serie crime
Law & Order –
SVU.
Insomma, se volete iniziare a
vedere almeno una di queste serie senza rischiare di perdere pezzi
di trama per strada, vi servirà uno schema. Per capire come
guardare nell’ordine esatto i vari episodi delle serie Chicago
Fire, PD e Med, vi consigliamo di consultare il validissimo schema
de Il Criticatore di
Telefilm.
2. A differenza di
molte delle sue colleghe e coetanee, Rachel sembra essere una
ragazza molto riservata e solo pochi dettagli della sua vita
privata ci sono noti.
Alcune delle curiosità che la
riguardano, sono relative al periodo della sua adolescenza. Pare
infatti che la DiPillo, nata in Michigan, si sia trasferita in
Tennesse, e in particolare a
Nashville, con i suoi genitori per assecondare i
bisogni creativi della madre.
1. Jackie DiPillo,
la madre di Rachel, è una cantautrice molto attiva
a Nashville e nel 1983 pare sia stata anche tra le candidate a
Miss Oklahoma. Sembra inoltre che sia stata
proprio la spumeggiante Jackie a spronare la sua bambina a
realizzare il suo sogno di diventare attrice. Per questo motivo
Rachel, dopo il diploma, abbandona l’idea della scuola d’arte e si
trasferisce a Los Angeles per fare l’attrice.
Il cinema italiano, così come la
televisione, è pieno zeppo di attori di talento, amati dal pubblico
e dalla critica come Marco Bocci, conosciuto per
aver interpretato alcuni ruoli di spicco di fiction crime
di successo.
Scopriamo quindi adesso insieme
tutto quello che c’è da sapere su Marco Bocci,
sulla sua carriera in tv e al cinema e sulla sua vita privata.
Marco Bocci: i suoi film
10. Nato il 4
agosto del 1978 a Marsciano, in provincia di Perugia, Marco
Bocciolini, in arte Marco Bocci, si avvicina molto presto al mondo
dello spettacolo. Dopo il diploma, si trasferisce a Roma e comincia
a studiare recitazione presso il Conservatorio Teatrale
d’Arte Drammatica “La Scaletta”, diretto
da Giovanni Battista Diotajuti.
9. Finiti gli
studi al conservatorio teatrale, Marco Bocci comincia a muovere i
primi passi nel cinema. Il suo esordio sul grande schermo risale
infatti al 1998 quando partecipa al film
Interferenza diretto da Cesar
Meneghetti.
A quella prima prova
cinematografica ne seguono molte altre tra cui ricordiamo I
Cavalieri che Fecero l’Impresa (2001) – diretto da
Pupi
Avati -, Los Borgia (2006),
La Bella Società (2009), C’è Chi Dice
No (2011), Scusate se
Esisto (2014), Italo (2014),
L’esigenza di Unirmi Ogni Volta a Te (2015) e
La Banda dei Tre (2020).
8. Quest’ultimo
film, La Banda dei Tre diretto da
Francesco Dominedò, è una commedia poliziesca che
segue le peripezie dell’agente sotto copertura Claudio Bambola
(Marco Bocci). Proprio quando Bambola è sul punto
di sequestrare un’enorme quantità di droga, alcuni malviventi russi
gli mettono i bastoni tra le ruote, provocando una sparatoria. Per
salvare l’operazione e recuperare la droga, Bambola è costretto a
chiedere aiuto a Tony (Aldo Marinucci) e Silvano
(Francesco
Pannofino), due dei criminali che doveva
incastrare.
Marco Bocci: le serie tv
7. Nonostante le
sue tante esperienze sul grande schermo, la carriera di Marco Bocci
si sviluppa principalmente in televisione. Dal 2002, quando debutta
nella serie Cuori Rubati, Bocci interpreta tantissimi ruoli in
serie tv, fiction e soap opera italiane di successo. Tra queste
ricordiamo Il Bello delle Donne 3 (2003),
Incantesimo 8 (2005), RIS 2 – Delitti
Imperfetti (2006), Lo Zio D’America 2
(2006) – al fianco di Christian De
Sica -, Caterina e le sue Figlie 2
(2007) e Ho Sposato Uno Sbirro (2008).
6. Tuttavia, il
vero successo televisivo per Marco Bocci arriva nel 2008 quando
l’attore viene scelto per entrare a far parte del cast di
Romanzo
Criminale – La Serie.
La serie, ideata e diretta da
Stefano Sollima, è tratta dall’omonimo romanzo
scritto dal giudice Giancarlo De Cataldo, romanzo
da cui è stato tratto anche il celebre film diretto da Michele
Placido.
Marco Bocci in Romanzo Criminale – La Serie
La storia si sviluppa nell’arco di
tempo di quindici anni, dal 1977 al 1992, e segue le vicissitudini
di un gruppo di criminali alla conquista di Roma. Si tratta della
famosa Banda della Magliana, organizzazione di stampo mafioso che
operava nella capitale proprio negli anni della Prima
Repubblica. Grazie alla serie ripercorriamo tutte le tappe
della Banda della Magliana, dalla sua formazione al suo
declino.
In Romanzo Criminale – La
Serie, Marco Bocci interpreta il commissario
Nicola Scialoja, un onesto funzionario di polizia
che, nonostante la sua problematica situazione familiare, cerca di
smantellare la pericolosa organizzazione malavitosa. La serie,
inoltre, ha dato moltissima visibilità ad alcuni dei migliori
attori italiani degli anni duemila come Alessandro
Roja, Edoardo
Leo, Francesco
Montanari e Vinicio
Marchioni.
Marco Bocci in Squadra Antimafia –
Palermo Oggi
5. Dopo la grande
prova di Bocci con Romanzo Criminale, arriva per l’attore
un altro importante ruolo televisivo nella fiction targata
Taodue, Squadra Antimafia – Palermo Oggi.
Ideata da Pietro
Valsecchi e prodotta dalla Taodue, la
serie è ambientata a Palermo e racconta le vicende della Polizia e
dello Stato nella lotta contro la mafia. La fiction ha come
protagoniste due donne, Claudia Mares (Simona
Cavallari), capo della squadra antimafia di Palermo, e
Rosy Abate (Giulia Michelini), legata invece a un
club mafioso. Claudia e Rosy si sono incontrare in passata a causa
di una terribile tragedia che ha intrecciato le loro storie. A
recidere il loro legame è la stessa Rosy che uccide Ivan Di Meo
(Claudio
Gioè), poliziotto legato sentimentalmente alla
Mares.
Marco Bocci e Giulia Michelini in Squadra Antimafia 5
Alla fine della quarta stagione,
Claudia Mares viene uccisa e tutta l’azione si sposta da Palero a
Catania. Dalla quinta stagione in poi Roby Abate passa dalla parte
dei buoni e diventa collaboratrice di giustizia, lavorando a
stretto contatto con il vice questore Lara Colombo (Ana Caterina
Morariu) e il vice questore aggiunto Domenico
Calcaterra (Marco Bocci). Come sempre Stato e
Mafia si scontrano con duelli all’ultimo sangue, scoprendo antichi
e oscuri segreti e facendo sempre più vittime innocenti.
La serie è andata in onda su
Canale 5 dal 2009 al 2016, per 8
stagioni e ben 74 episodi da circa un’ora
e mezza ciascuno.
Marco Bocci in Solo
4. Durante le
riprese di Squadra Antimafia, dal 2012 al 2013, Marco
Bocci si è dedicato a due progetti minori, recitando nelle minierie
tv Le mille e una notte – Aladino e Sherazade
diretta da Marco Pontecorvo e K2 – La
montagna degli italiani, diretta da Robert
Dornhelm.
Una volta terminato il suo lavoro
sul set di Squadra Antimafia, nel 2016 Bocci partecipa alla
realizzazione di Solo, una serie tv
diretta da Michele Alhaique, andata in onda su
Canale
5. La serie
racconta la storia di Marco Pagani (Marco Bocci),
un agente sotto copertura infiltratosi nel pericoloso clan dei
Corona, una potete famiglia della ‘Ndrangheta operante nella piana
di Gioia Tauro. Dopo aver salvato la vita a Bruno Corona (Peppino
Mazzotta), figlio del criminale Antonio Corona
(Renato
Carpentieri), durante una sparatoria in
un covo di trafficanti di armi ucraini, Pagani si guadagna la
fiducia del boss. Grazie al suo atto eroico, Marco diventa non solo
uomo di fiducia del capofamiglia Corona ma addirittura il suo
braccio destro.
Ma le cose si complicano quando
Marco conosce la bellissima figlia del boss, Agata Corona
(Carlotta Antonelli), per la quale sviluppa un
sentimento che va al di là della semplice ammirazione.
La serie tv Solo,
ideata da Pietro Valsecchi – autore anche di
Squadra Antimafia – è andata in onda su Canale 5
nel 2016 per 2 stagioni e 8 episodi complessivi, della durata di
circa un’ora e mezza ciascuno.
3. Negli anni successivi a Solo,
Marco Bocci ha partecipato anche ad altre serie tv come La
compagnia del Cigno (2019) – diretta da Ivan
Cotroneo – e Made in Italy (2019) e al
film per la televisione Liberi Sognatori
– Delitto di Mafia (2018), diretto da Michele
Alhaique.
Marco Bocci e Laura Chiatti
2. Forse pochi
sanno che la moglie di Marco Bocci altri non è che la bellissima
attrice italiana Laura
Chiatti. I due si sono conosciuti un po’ per caso e la
loro relazione pare sia cominciata grazie a una telefonata partita
per sbaglio.
Nel 2019, in un’intervista
rilasciata a Mara Venier nella trasmissione Domenica In,
Marco Bocci ha raccontato qualche aneddoto divertente della sua
storia con Laura
Chiatti. Sembra che l’attore, anni prima, abbia fatto
partire per sbaglio una telefonata verso il numero della Chiatti e
che la loro relazione sia cominciata proprio così. I due hanno
continuano a sentirsi e nel 2014 hanno ufficializzato la loro
relazione.
Quello che Bocci ha confessato alle
telecamere di Domenica In è che in realtà quella famosa telefonata
non fu per nulla accidentale. [fonte: Contro
Copertina]
1. Il 5 luglio del
2014 Bocci sposa la sua bella Laura e negli anni successivi la
coppia mette al mondo due splendidi bambini, Enea
e Pablo.
Il loro rapporto non potrebbe
andare meglio ma nel 2019, un tragico evento sconvolge l’equilibrio
di questa coppia. A maggio dello scorso anno Bocci viene ricoverato
d’urgenza per una grave meningoencefalite.
L’attore ha raccontato che un semplice herpes,
spuntato sulle labbra, a causa di una vita troppo stressante e di
un sistema immunitario debole, è arrivato ad attaccare il
cervello.
Nonostante il ricovero d’urgenza e
la grande paura, Bocci è stato dichiarato fuori pericolo. [fonte: Vanity
Fair]
Per essere sempre aggiornati sulle
vicissitudini professionali e anche sulla vita privata dell’attore,
seguite l’account ufficiale Instagram di Marco
Bocci.
Tra le opere di esordio del regista
greco, candidato all’Oscar come Miglior Film Straniero e premiato a
Cannes nella sezione Un certain regard,
Dogtooth è una prova di grande cinema
ancora inedita in Italia, incredibilmente attuale nei temi e
contemporanea nella visione.
“Un cane è come la creta, il
nostro lavoro, qui, è di dargli forma.Un cane può essere
dinamico, aggressivo, un lottatore, codardo o affettuoso.Noi siamo qui per determinare quale comportamento il cane
dovrebbe avere.Vuole un cucciolo o un amico? un compagno?
o un cane da guardia che rispetta il suo padrone e obbedisce ai
suoi ordini?”
Dogtooth, la
trama
Una famiglia composta da padre,
madre e tre figli, vive in periferia in una casa circondata da un
grande recinto. I ragazzi non hanno mai oltrepassato il muro che li
separa dal resto della città e sono stati educati e istruiti per
volere dei genitori senza alcuna influenza dal mondo esterno.
L’equilibrio viene spezzato quando il padre, per soddisfare gli
istinti sessuali del figlio, introduce in casa un elemento esterno:
Christina.
Yorgos Lanthimos è considerato oggi uno dei massimi esponenti
del cinema greco. A soli 47 anni il suo nome risuona ormai tra
quelli dei registi europei più premiati.
Entrato nel cuore di Hollywood con
il suo ultimo film, La Favorita, Golden
Globe e Oscar a
Olivia Colman per la Migliore attrice protagonista e
ben dieci nomination (184 premi vinti in tutto il mondo), premiato
alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia per
Alps (Migliore sceneggiatura) nel 2011 e per La
Favorita (Gran premio della Giuria), vincitore a Cannes con
Dogtooth (Miglior film in Un Certain Regard) ma anche con
The Lobster nel 2015 (Premio della Giuria) e con
Il sacrificio del cervo sacro nel 2017 (Migliore
sceneggiatura).
Arriva da Deadline la notizia
che i Marvel Studios hanno affidato a
Nia DaCosta la regia di Captain
Marvel 2, annunciato sequel del cinecomic con
protagonista il premio Oscar Brie
Larson, uscito lo scorso anno. A quanto pare, la
Marvel ha incontrato diversi filmmaker per discutere della
possibilità di dirigere il sequel, ma sembra che la DaCosta sia
sempre stata la favorita.
Nia DaCosta sarà la
prima regista donna di colore a dirigere un film dei Marvel
Studios. DaCosta ha esordito alla regia nel 2018 con Little
Woods, interpretato da Tessa Thompson e Lily James.
Quest’anno ha invece diretto l’attesissimo reboot/sequel di
Candyman prodotto da Jordan Peele, che
arriverà nelle sale americane il prossimo 16 ottobre.
Nia DaCosta
dirigerà Captain
Marvel 2 basandosi su una sceneggiatura di Megan
McDonnell (WandaVision). In seguito all’annuncio
dell’ingaggio di DaCosta, il co-regista del primo Captain
Marvel,Ryan Fleck (che aveva diretto il
film insieme ad Anna Boden), ha espresso via
Twitter il suo supporto alla regista: “Congratulazioni Nia
DaCosta!!! Non vedo l’ora di vedere dove ci porterai con il sequel!
Io ed Anna siamo entusiasti per te e ti auguriamo il meglio!
Più in alto! Più lontano! Più veloce!”
Tutto ciò che sappiamo sul sequel
di Captain Marvel
Captain
Marvel 2, il sequel del cinecomic con
protagonista il premio Oscar Brie
Larson che ha incassato 1 miliardo di dollari al
box office mondiale, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’attesa serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: a quanto
pare, i Marvel Studios sarebbero interessati ad affidare la regia
del nuovo film ad una sola regista donna. Secondo la fonte, Boden e
Fleck potrebbero essere comunque coinvolti in una delle serie
Marvel attualmente in sviluppo e destinate a Disney+.
Nessun dettaglio sulla trama del
sequel è stato rivelato, ma l’ambientazione del film dovrebbe
spostarsi dagli anni ’90 ai giorni nostri.
Naturalmente, Brie
Larson tornerà nei panni di Carol Danvers. Il
sequel diCaptain
Marvel arriverà nelle sale l’8 Luglio 2022.
Considerato un classico della
storia del cinema, il film Il mago diOz (qui la recensione) è
ancora oggi, nonostante i suoi circa ottant’anni, un’opera in grado
di stupire per i suoi traguardi artistici e tecnici. Gli effetti
speciali mostrati nel film, infatti, furono una novità
rivoluzionaria per il 1939, e permisero al grande pubblico di
vedere cose mai viste prima di allora. La storia si basa invece sul
primo dei quattordici romanzi dedicati al mondo di Oz, scritti da
Frank Baum: Il meraviglioso mago di
Oz.
La produzione del film fu
particolarmente travagliata, con numerosi incidenti e ritardi che
resero particolarmente difficili le riprese. Basti pensare che alla
regia del film si dedicarono più autori, ognuno con la propria idea
del progetto. La pellicola viene però riconosciuta come un’opera
del regista Victor Fleming, che se anche non girò
l’intero film, lasciato per le riprese di Via col
vento, si occupò però della maggior parte della sua
produzione, stabilendo quelli che sono poi diventati i tratti
distintivi dell’opera.
Con il suo enorme successo,
cresciuto sempre più negli anni, Il mago di Oz ha
oltrepassato i confini cinematografici estendendo la propria
influenza anche alla televisione, al merchandising più vario,
nonché ad una lunga serie di opere da esso derivate. Diversi sono
anche i film, come Il grande e potente
Oz, con James
Franco, che si ricollegano direttamente al fantastico
mondo illustrato nel film dell’39. Questi, il più delle volte, si
pongono come veri e propri prequel o sequel, più o meno
ufficiali.
Il mago di Oz: la trama e il cast
del film
La storia del film ruota intorno a
Dorothy (Judy Garland), la quale vive una monotona
routine nella fattoria degli zii in Kansas. Un giorno, in seguito
ad una fuga, si trova a imbattersi in un tornado, che la trasporta
in mondo totalmente nuovo, magico e colorato. Qui viene acclamata
come un’eroina dalla strega buona del Nord, Glinda, poiché
arrivando nel nuovo mondo Dorothy ha inavvertitamente ucciso la
malvagia strega dell’Est. Ciò scatena però l’ira della strega
dell’Ovest, la quale giura vendetta. Per poterla sconfiggere, la
giovane dovrà rivolgersi al potente Mago di Oz (Frank
Morgan) che vive nella città di Smeraldo. Sul sentiero
dorato, da lei intrapreso, incontrerà poi inaspettati nuovi
amici.
Il film consacrò la carriera
dell’attrice e cantante Judy
Garland, che anche se giovanissima vantava già una
buona fama in tutti gli Stati Uniti. La scelta della protagonista
venne condotta in modo molto attento dalla produzione, che
ricercava un’attrice molto giovane ma con una buona esperienza già
alle spalle. Rispondevano a tale requisito la Garland e
Shirley Temple. La prima delle due venne però
preferita in quanto possedeva una maggior capacità vocale,
necessaria per interpretare le canzoni presenti nel film. Fino a
che non la videro all’opera, però, i produttori ebbero comunque
diversi dubbi su di lei, temendo che il suo aspetto da adolescente
non si addicesse a Dorothy, che era invece ancora una bambina. A
riprese iniziate, tuttavia, la Garland si rivelò perfetta per la
parte.
Fondamentale fu anche il casting
per i personaggi secondari del film. Ad interpretare i tre celebri
alleati di Dorothy vennero infatti chiamati tre celebri attori
dell’epoca. Bert Lahr interpretò il Leone,
Jack Haley l’Uomo di Latta e Ray
Bolger lo Spaventapasseri. Margaret
Hamilton venne invece chiamata ad interpretare la strega
cattiva, e da ammiratrice dei romanzi di Baum accettò con
entusiasmo, anche se affermò che avrebbe preferito poter ricoprire
un altro ruolo. L’attore Frank Morgan ha invece
recitato nel ruolo del Mago di Oz, affermatosi poi come
l’interpretazione più celebre della sua carriera.
Il mago di Oz: le differenze tra
il libro e il film
Nel realizzare la trasposizione
cinematografica del film, vennero come al solito operati diversi
cambiamenti rispetto all’opera di partenza. Molte di queste furono
opera dello sceneggiatore Noel Langley, il quale
propose diverse variazioni al fine di dar vita ad una storia che
rientrasse nei canoni dell’epoca. Il romanzo di Baum, infatti,
presentava dettagli più macabri e violenti, che se riportati nel
film avrebbero rischiato di infastidire il target di pubblico che
lo studios aveva in mente. Due esempi a riguardo sono lo scontro
che vede coinvolti i protagonisti e i servi della strega. Nel
romanzo, questi ultimi vengono uccisi, mentre nel film vengono
semplicemente scacciati.
O ancora, nel romanzo Dorothy
colpisce intenzionalmente la strega dell’Ovest con l’acqua,
uccidendola, mentre nel film ciò avviene solo per sbaglio. Lo
stesso Mago di Oz ha richieste ben diverse tra le due opere. Nel
film aspira a possedere la scopa della strega, mentre nel libro
vuole soltanto saperla morta. Altre particolari modifiche vennero
poi fatte in funzione dell’utilizzo del Technicolor, che avrebbe
permesso di dare al film un aspetto particolarmente attraente. Il
mondo di Oz, infatti, viene rappresentato molto più colorito e
gioioso di quanto invece non venga descritto nel romanzo. Per lo
stesso motivo, la pelle della strega venne cambiata da bianca a
verde, per conferirle un’ulteriore caratteristica visiva.
Uno dei cambiamenti più noti è poi
quello del colore delle celebri scarpette magiche di Dorothy, che
nel film possiedono un grandissimo valore. Nel libro, Baum le
descrive di color argento. Lo sceneggiatore, però, per sottolineare
la loro importanza decise di esaltarle ricorrendo al color rubino.
Anche questa scelta venne certamente favorita dall’adozione del
Technicolor per il film. Sempre lo sceneggiatore, infine, decise di
far assumere ai personaggi che Dorothy incontra nel mondo di Oz le
fattezze dei suoi amici e conoscenti nel mondo reale. Tale
dettaglio non è presente nel romanzo, ma per lo studios fu una
buona trovata per rendere più chiari certi dettagli e la
comprensione in sé del film.
Il mago di Oz: il trailer e dove
vedere in streaming il film
Per gli appassionati del film, o
per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Il mago di Oz è
infatti presente su Chili Cinema, Rakuten TV, Google Play, Apple
iTunes e Netflix. In base alla piattaforma scelta, sarà
possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale al catalogo. In questo modo sarà poi possibile fruire del
titolo in tutta comodità e al meglio della qualità video.
Il 6 agosto arriva su
StarzPlay la seconda stagione di
Ramy, la serie Hulu che ha già conquistato un
Golden Globe per la migliore performance maschile in una serie
comedy ed è
candidata a tre Emmy Awards, scritta, interpretata e diretta
dallo stand-up comedian Ramy Youssef.
Youssef fa parte di quella schiera
di comici americani che, partendo da uno spunto autobiografico,
hanno realizzato una serie tv che racconta le idiosincrasie di
un’esistenza “di mezzo”. Lui è infatti un americano del New Jersey
di origini egiziane e per tanto vive tutti i giorni le
contraddizioni che affronta chi si trova a cavallo tra due culture
e vorrebbe che queste coesistessero pacificamente nella propria
vita.
Ramy, dove
eravamo rimasti
Nella prima stagione di
Ramy, lo stand-up comedian ha raccontato proprio
questa difficoltà, adottando il tono della commedia ma senza
evitare gli argomenti spinosi, spiattellandoli davanti agli occhi
dello spettatore in maniera totalmente disarmante. La seconda
prende il via poco dopo il finale della prima, Ramy Hassan
(Youssef) ritorna dal suo viaggio in Egitto
gravemente depresso. Aveva sperato di connettersi con la sua
spiritualità e la sua famiglia e invece ha finito per andare a
letto con sua cugina. Ora è tornato a casa nel New Jersey e tutto
quello che riesce a fare è masturbarsi mentre mangia caramelle
gommose.
D’improvviso, stimolato anche dagli
amici, decide di dedicarsi a diventare un musulmano migliore.
Questa è la premessa della seconda stagione di Ramy, che non
mancherà di offrire spunti di riflessione ma anche di presentarsi
come un lavoro più maturo di Youssef, rispetto al primo ciclo che
comunque era caratterizzato da una certa leggerezza.
Guest star della stagione è il due
volte premio Oscar Mahershala Ali, che interpreta il leader
spirituale di Ramy con un’eleganza rara e con una gravitas
che smorza quasi completamente quella che sembra un’inettitudine
patologica del protagonista. Ramy si rivela un discepolo
estremamente distratto, desideroso di fare la cosa giusta ma
carente di motivazione concreta. E come accade nel primo ciclo, le
vicissitudini del protagonista sono solo l’inizio di un racconto
che, pur seguendo dei binari orizzontali lungo tutta la stagione,
trova spazio in una struttura verticale che approfondisce anche con
cattiveria i temi più disparati, dalla condizione della donna,
all’antisemitismo, fino al problema dei veterani di guerra e del
loro ricollocamento nella società.
La seconda stagione di
Ramy è orientata verso una nuova considerazione
della religione, rispetto al primo ciclo di episodi. Se lì si aveva
la sensazione che il senso di colpa e vergogna fossero i principali
compagni di Ramy, in questa sede, attraverso la figura di Ali, il
personaggio comincia ad intraprendere un percorso personale che
intende la religione come una strada che porta alla comprensione,
verso un altro modo di intendere gli essere umani e i rapporti tra
di essi.
Ramy 2 incupisce
i toni e innalza i temi
Ramy — “frank in the future” – Episode 208 — Ramy (Ramy Youssef)
and Zainab (MaameYaa Boafo). (Photo by: Craig
Blankenhorn/Hulu)
Il principale pregio della serie è
che porta i suoi personaggi ad avere esperienze universali,
disancorate dal contesto etnico e religioso, ma allo stesso tempo
affronta con schiettezza e un certo grado di cinismo problematiche
quali l’islamofobia o l’ostilità verso gli immigrati. Lo show è
pieno di personaggi sgradevoli ma anche pieno di un’umanità
appassionata e proprio questa moltitudine di gradazioni dell’essere
umano rende la serie rappresentativa, inclusiva, vicina a chiunque,
anche oltre i confini degli Stati Uniti.
Ramy è un
personaggio irrisolto, la sua religione non gli offre risposte,
anzi gli pone domande che restano aperte sempre con un tono
scomodo, divertente, continuamente alla ricerca di quello stupore
verso l’uomo e la vita che il protagonista porta stampato sul suo
volto.
Ricordato come “il gigante buono“,
BudSpencer, nome d’arte
di Carlo Pedersoli, è stato il mito di generazioni e
generazioni grazie ai suoi film divenuti oggi dei veri e propri
cult, quasi sempre condivisi con l’amico di sempre Terence Hill.
Dagli anni Sessanta fino agli Ottanta ha infatti recitato in
numerosi generi, con grande predilezione per il western e il
poliziesco.
I ruoli da lui ricoperti erano
sempre scritti appositamente per lui, il suo carisma e la sua
inimitabile presenza scenica, elementi grazie ai quali è diventato
una vera e propria star del cinema internazionale, amato da grandi
e piccoli.
Ecco 10 cose che non sai di
Bud Spencer.
Bud Spencer: i suoi
film e le serie TV
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attore inizia la sua fortunata carriera
da protagonista con il westernDio
perdona… io no! (1967), dove recita per la prima volta accanto
a Terence
Hill. Successivamente, acquista sempre maggior fama
con i film I quattro dell’Ave Maria (1968), Lo
chiamavano Trinità (1970), Continuavano a chiamarlo
Trinità (1971), 4 mosche di velluto grigio (1971),
… più forte ragazzi! (1972), Piedone lo sbirro
(1973), … altrimenti ci arrabbiamo! (1974), I due
superpiedi quasi piatti (1977), Pari e dispari
(1978), Io sto con gli ippopotami (1979), Chi trova un
amico trova un tesoro (1981), Banana Joe (1982),
Nati con la camicia (1983), Non c’è due senza
quattro (1983), e Miami Supercops (I poliziotti dell’8ª
strada) (1985). Tra i suoi ultimi ruoli si annoverano invece
Botte di Natale (1994), Fuochi d’artificio
(1997), Al limite (1997),
con Lydia Bosch
e Cantando dietro i paraventi (2003).
9. Ha preso parte anche ad
alcune serie televisive. Nel corso della sua carriera,
Spencer non ha mancato di recitare anche per il piccolo schermo,
prendendo parte ad alcune serie televisive, di cui era spesso anche
uno degli autori. La prima di queste è Big Man (1988), di
genere poliziesco, seguita poi da Detective Extralarge
(1991-1993), Noi siamo angeli (1997), Tre per
sempre (1998), Padre e Speranza (2005), e I
delitti del cuoco (2010), dove interpreta un burbero ex
poliziotto ora dedicatosi all’arte culinaria, senza rinunciare però
alle indagini di alcuni crimini. Questo è inoltre l’ultimo ruolo
ricoperto dall’attore.
8. Ha ottenuto un importante
riconoscimento. Quella di Spencer è una carriera premiata
più dall’affetto del pubblico che non dai riconoscimenti della
critica. Il valore dei suoi film è stato riscoperto soltanto in
seguito, e nel 2010 i membri del premio David di Donatello decidono
di riconoscere la sua lunga e gloriosa attività con un David alla
carriera, che gli viene consegnato insieme all’amico e collega di
sempre, Terence Hill. Per i due si è trattato di un momento
particolarmente importante, che ha visto l’industria unirsi al
grande pubblico nel riconoscimento di due icone della
cinematografia italiana e internazionale.
Bud Spencer e il nuoto
7. Era uno sportivo da
record. Prima di intraprendere la sua fortunata carriera
da attore, Spencer si era distinto come nuotatore di particolare
talento. Si affermò infatti durante i campionati italiani di nuoto
del 1950, quando diventò il primo italiano ad eseguire i cento
metri stile libro in meno di un minuto. In tutto, nel corso della
sua decennale attività di nuotatore, arrivò a vincere ben 11
medaglie d’oro ai campionati italiani, ed una ai Giochi del
Mediterraneo, dove partecipò come membro della squadra di
pallanuoto S. S. Lazio Nuoto. Si ritirò poi nel 1960 per dedicarsi
alla carriera cinematografica.
Bud Spencer: la moglie e i
figli
6. Ha avuto un unico lungo
matrimonio. Nel 1960, quando ancora doveva diventare noto
grazie al cinema, l’attore sposò Maria Amato, figlia del produttore
cinematografico Giuseppe. I due si erano in realtà conosciuti ben
quindici anni prima, ma aspettarono di avere una condizione
economica più favorevole per le nozze. Nel 1961 nacque il primo
figlio, Giuseppe, il quale divenne in seguito produttore e
sceneggiatore di alcuni degli ultimi progetti in cui recitò il
padre. L’anno seguente nacque invece la figlia Cristiana.
Bud Spencer e Terence Hill
5. Hanno formato una celebre
coppia cinematografica. I due attori si conobbero per la
prima volta sul set del film Dio perdona… io no!, e da
quel momento formarono una solida coppia, recitando poi insieme in
ben 18 film, 16 dei quali li vedevano come protagonisti. Il loro
successo era dato sia dalla loro opposta caratterizzazione, sia
dall’incredibile chimica di coppia che si era formata tra di loro.
Spencer e Hill hanno infatti più volte dichiarato di essere
diventati inseparabili amici anche al di fuori del set, e
conoscendosi bene erano in grado di tirar fuori il meglio l’uno
dall’altro.
4. Gli venne chiesto di
cambiare i propri nomi. Al momento di distribuire il film
Dio perdona… io no!, ai due venne consigliato di dar vita
a dei nomi d’arte per la locandina. Quelli veri erano infatti
considerati “troppo italiani” per un film western, mentre con dei
nomi stranieri avrebbero potuto ottenere attenzioni anche a livello
internazionale. Pedersoli scelse così “Bud Spencer” sia in omaggio
all’attore Spencer Tracy che alla birra Budweiser. Mario Girotti,
invece, scelse il nome “Terence Hill” da una lista di nomi
inventati.
Bud Spencer: le sue canzoni
3. Pubblicò un album
musicale. Da sempre appassionato di musica, Spencer
scrisse negli anni diversi testi di canzoni per noti artisti
italiani. Nel gennaio del 2016, invece, viene pubblicato il suo
unico album, intitolato Futtetenne. Questo è una raccolta
di tutte le sue canzoni, registrate tra il 1961 al 2015. Si tratta
prevalentemente di brani di genere jazz o di canzoni napoletane. In
un totale di dieci brani, spicca in particolare quella che dà anche
il titolo all’album, che Spencer considerava come una sintesi della
sua filosofia di vita.
Bud Spencer e i fagioli
2. Ha reso celebre tale
alimento grazie ai suoi film. Avendo recitato in
diversi western, Spencer si è spesso dilettato nel mangiare la
zuppa di fagioli, alimento spartano tipico di tale genere
cinematografico. Grazie ai suoi film, infatti, l’attore ha
letteralmente fatto venir fame ad intere generazioni, rimaste
affascinate dal gusto con cui l’interprete divorava tali piatti.
Oggi la zuppa di fagioli è grazie a lui particolarmente celebre, e
numerosi sono i consigli e le ricette grazie a cui sarà possibile
realizzare il piatto proprio come visto nei film.
Bud Spencer: età, altezza e la sua
morte
1. Bud Spencer è nato a
Napoli, il 31 ottobre del 1929, ed è deceduto a Roma, il 27
giugno del 2016 all’età di 86 anni, per via di complicazioni
verificatesi in seguito ad una caduta. L’attore era alto
complessivamente 195 centimetri.
Quando hai un padre come Stellan
Skarsgård è quasi impossibile non riuscire a sfondare
nel mondo del cinema, specialmente quando si è in possesso del
grandissimo talento di Bill Skarsgård. Figlio
d’arte e attore emergente, Bill ha già dimostrato di poter tener
testa ai cavalli di razza di Hollywood.
Ma adesso scopriamo insieme
tutto quello che c’è da sapere su Bill Skarsgård e
sulla sua incredibile carriera.
Bill Skarsgård film
10. Nato il 9
agosto del 1990 a Vällingby, in Svezia, Bill Skarsgård è figlio del
famosa attore Stellan
Skarsgård e della dottoressa My
Günther. Il ragazzo ha ben quattro fratelli e una sorella,
Alexander, Gustaf,
Sam, Valter e Eija. Ma Bill non è il solo
ad aver seguito le orme del padre; Alexader e Gustaf, suoi fratelli
maggiori, già lavorano nel cinema come attori e registi.
Bill ha inoltre due fratellastri,
Ossian e Kolbjörn, nati dal
secondo matrimonio del padre.
9. Bill comincia a
muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo quando ha soli
nove anni, accettando piccolo ruoli i film per lo più indipendenti.
Nonostante il suo enorme talento, per anni Bill guarda al mondo del
cinema come a un semplice hobby; essere il quarto Skarsgård del
cinema è un’eredità troppo grande che Bill non riesce ad
accettare.
Al liceo quindi comincia ad appassionarsi alle
scienze e programma di studiare
medicina al college e diventare un medico proprio
come sua madre.
Bill Skarsgård in Hemlock Grove – Fonte: IMDB
8. Crescendo,
tuttavia, i suoi piani cambiano e Bill Skarsgård inizia davvero ad
appassionarsi alla recitazione che l’attore
definisce come un atto meccanico pieno di vita.
Per Bill imparare tante battute a memoria è un semplice atto
meccanico, un esercizio di ripetizione e memorizzazione che tutti
possono compiere; la parte difficile sta nel dare vita alle
parole.
Dopo aver fatto resistenza, quindi,
al suo grande talento, finalmente Bill comincia a recitare sul
serio e nel 2000 fa il suo debutto sul grande schermo nel film
Järngänget, al fianco del fratello Alexander
Skarsgård.
7. Per anni
continua a recitare in piccole produzioni di autori svedesi. Il
primo passo verso Hollywood, tuttavia, lo compie solo nel 2012
quando accetta un ruolo nel film Anna
Karenina diretto da Joe
Wright, recitando al fianco di Keira
Knightley, Jude
Law e Alicia
Vikander.
Bill Skarsgård, The Divergent
Series: Allegiant
6. Il primo ruolo
in una grande produzione hollywoodiana arriva quattro anni più
tardi, nel 2016, quando l’attore viene scelto per interpretare un
piccolo ruolo nell’ultimo capitolo della saga di
Divergent. Forse pochi ricordano Bill
Skarsgård in Allegiant ma il suo ruolo è determinante
all’interno della storia.
Diretto da Robert
Schwentke, Allegiant è l’ultimo film
della famosa trilogia di
Divergent, tratta dall’omonima trilogia letteraria di
Veronica Roth, che comprende i capitoli
Divergent,Insurgent e
Allegiant.
La storia scritta da Veronica Roth
comincia con Divergent ed è ambientata in una
realtà distopica, in un futuro post apocalittico e indefinito tra
lo spazio e il tempo. Il mondo a noi conosciuto non esiste più e
l’unica civiltà ancora funzionante è quella delle Fazioni. I pochi
esseri umani rimasti in vita sono stati rinchiusi in una città,
protetta da alte mura elettrificate, e divisi in 5 fazioni ognuna
delle quali ha un compito e delle caratteristiche ben precise.
Shailene Woodley and Theo James in Divergent – Fonte:
IMDB
Ci sono i Pacifici,
sempre sereni e pronti a porgere l’altra guancia, incaricati di
coltivare il cibo per l’intera città; i Candidi,
persone fin troppo schiette e oneste, che regolano il sistema
giuridico della società; gli Eruditi, invece,
controllano il sapere e vivono una vita in funzione della
conoscenza; gli Intrepidi sono i più coraggiosi e
si occupano della protezione militare della città; in ultimo ci
sono gli Abneganti, le persone più altruiste, che
vivono la loro vita per aiutare il prossimo, ed è a loro che è
affidato il Governo.
Ogni ragazzo, a un certo punto della
sua vita, viene sottoposto a un test cognitivo, tramite il quale
sarà smistato in una delle fazioni. Il test indica al Governo a
quale fazione il soggetto apparterrà per il resto della sua
vita.
Bill Skarsgård in Allegiant
5. Nel primo
capitolo della saga, Divergent, la protagonista
Beatrice ‘Tris’ Prior (Shailene
Woodley), si sottopone al test che purtroppo non
riesce a elaborare un risultato concludente. Per paura di essere
scoperta, Beatrice, il giorno della scelta della fazione, si unisce
agli Intrepidi, dove sarà addestrata per diventare una vera
guerriera.
Qui conosce uno dei suoi istruttori,
il bel tenebroso Tobias Eaton, detto Quattro (Theo
James), che la aiuta a superare le prove più dure e,
ben presto si innamora di lei. I due scoprono di essere risultati
entrambi Divergenti al test e che devono nascondere questa
informazioni a tutti i costi per sopravvivere. Tuttavia c’è chi
trama alle loro spalle per sovvertire il sistema di controllo delle
fazioni e rovesciare il governo.
Sarà quindi compito di Tris e
Quattro fermare il colpo di stato e proteggere il loro segreto.
Bill Skarsgård and Theo James in Allegiant – Fonte:
IMDB
Nel film Insurgent,
Tris e Quattro, dopo aver sventato un terribile omicidio di massa
degli Abneganti, sono in lotta contro la terribile Janine Matthews
(Kate
Winslet), a capo degli Eruditi, che cerca di
distruggere tutti i Divergenti. Ma Janine è in possesso di
informazioni che potrebbero ribaltare le sorti dell’intera società,
segreti nascosti sul mondo al di fuori delle mura di cinta.
Con Allegiant questi segreti
sono ormai venuti a galla e i protagonisti della storia organizzano
una spedizione per oltrepassare le mura. Al di fuori della città,
oltre a deserto, distruzione e macerie, trovano una futuristica
città nascosta impaziente di conoscere i fuggitivi. Qui Tris
incontra David (Jeff
Daniels), a capo della città, e il suo inquietante
braccio destro Matthew (Bill Skarsgård). In questa
gabbia dorata Tris scoprirà che non è tutto oro ciò che
luccica…
Bill Skarsgård in Allegiant
ricopre un ruolo minore ma non per questo meno funzionale alla
storia. Sarà infatti proprio Matthew a ribaltare la situazione e a
fornire ai due protagonisti, Tris e Quattro, una via di fuga.
Bill Skarsgård è It, il pagliaccio
assassino
4. Uno anno dopo
Allegiant,
Bill Skarsgård viene finalmente scelto come protagonista di un film
diventato un vero e proprio caso mediatico. Nel 2017, Bill diventa
il nuovo volto di Pennywise, il pagliaccio
assassino del film It.
Tratto dall’omonimo romanzo del
maestro dell’orrore Stephen King, il film del
2017, diretto da Andrés
Muschietti, non è da considerarsi come un semplice
remake della miniserie in due puntate
del 1990 ma come una vera e propria reinterpretazione della
storia.
Il film, considerato solo come il
primo capitolo della storia, racconta di una malvagia entità di
nome Pennywise, vestita da pagliaccio, che vive
nella rete fognaria della città di Derry, nel Maine. Ogni
ventisette anni, la creatura soprannominata It, si risveglia per
divorare i bambini della città, attirando a sé le vittime con
infiniti stratagemmi. Per riuscire a salvarsi, i bambini
dovranno restare uniti e far fronte comune, sconfiggendo il
terribile pagliaccio assassino.
Bill Skarsgård in It – Fonte: IMDB
Quando si tocca un classico della
filmografia come It, il
pubblico diventa suscettibile. Eppure la rivisitazione di
Andrés Muschietti è riuscita a convincere tutti
anche gli spettatoli più scettici. Merito ovviamente del talentuoso
e inquietante protagonista; pur non riuscendo a eguagliare
l’interpretazione di Tim
Curry, Bill Skarsgård è un nuovo, perfetto e
terrificante Pennywise.
Grazie al successo ottenuto con il
primo film, nel 2019 André s Muschietti ha diretto anche It – Capitolo
due, il cui protagonista è sempre il giovane
Skarsgård.
Bill Skarsgård serie tv
3. Oltre alla sua
carriera cinematografica, Bill Skarsgård negli
anni si dedica anche ad alcuni progetti televisivi. Dopo i primi
esperimenti con piccoli ruoli in serie tv svedesi, Bill approda
alle grandi produzioni americane.
Dal 2013 al 2015 è impegnato sul set
di Hemlock
Grove, una serie horror targata Netflix e basata sull’omonimo romando di
McGreevy
La serie è ambientata
nell’immaginaria cittadina di Hemlock
Grove, in Pennsylvania, teatro di un efferato omicidio
ai danni della giovane Brooke Bluebell, uccisa e smembrata dal suo
assassino. Il cadavere a pezzi della ragazza viene rinvenuto nella
tenuta della ricca famiglia Godfrey, i cui membri sono i primi
sospettati. Tra questi c’è Roman (Bill Skarsgård),
ragazzo assai problematico e dall’indole violenta, che per
scagionarsi, inizia a indagare da solo sull’omicidio della
ragazza.
Bill Skarsgård in Castle Rock – Fonte: IMDB
Nel 2018, Bill Skarsgård continua il
suo cammino televisivo con la serie Castle Rock,
tratta anch’essa dai racconti dell’orrore di Stephen King e
prodotta da JJ Abrams.
Ambientata nell’immaginaria
cittadina di Castel Rock,
nel Maine, la serie racconta la storia di Henry Deaver (Andrè
Holland), un avvocato penalista specializzato nella
difesa dei condannati a morte. Henry viene chiamato nel
penitenziario di Shawshank, a Castle Rock, sua città natale, quando
un ragazzo misterioso (Bill Skarsgård) viene
ritrovato incatenato nei sotterranei del carcere, dopo il suicidio
del direttore Dale Lacy (Terry O’ Quinn). Il
ragazzo non vuole parlare eppure l’unica cosa che pronuncia è il
nome di Henry Deaver.
L’avvocato sarà quindi costretto a
tornare a casa per far luce sul mistero del ragazzo di Shawshank e
allo stesso tempo rivivere alcuni dei più dolorosi ricordi del suo
oscuro passato.
Bill Skarsgård curiosità
2. Dando uno
sguardo alla sua filmografia, ci si rende conto all’istante di come
Bill sia legato al genere horror thriller. Il ruolo di
Pennywise che ha consacrato la sua carriera, ha
entusiasmato i cultori del genere e gli amanti dei romanzi e
racconti di Stephen King.
In effetti, che i nuovi film di It
siano piaciuti o meno, tutti concordano sul fatto che Bill
Skarsgård sia perfetto per il ruolo. Tanto perfetto che alcuni dei
suoi fa si sono chiesti se l’attore non fosse la scelta giusta
anche per interpretare altri famosi villain.
Un famoso artista e disegnatore,
amanti dei fumetti, Jaxson
Derr, ha pubblicato qualche settimana fa su Instagram,
un suo lavoro originale che ritrae Bill Skarsgård come
Joker.
1. Se avete ancora
dei dubbi sul livello di inquietudine dell’attore, quest’ultima
curiosità vi farà accapponare la pelle…o sorridere, chi lo sa?!
Dopo anni di frequentazione con
l’attrice Alida Morberg, nell’ottobre del 2018
Bill Skarsgård ha avuto una figlia. Ma mentre la
maggior parte dei neo papà riempie la nursery dei figli con peluche
e decori dai colori pastello, Bill Skarsgård ha pensato bene di
riempire la stanza di sua figlia con centinaia di bambole
di Pennywise. Del resto, ai bambini piacciono i clown
assassini, no?
Divenuta iconica per il suo sensuale
gioco di gambe nel film Basic Instinct, l’attrice
Sharon Stone si è distinta negli anni grazie alla
sua partecipazione ad opere di grande rilievo, che le permettono di
affermarsi come una delle attrici di maggior successo degli anni
Novanta. A partire dal nuovo millennio ha poi saputo rinnovarsi
recitando in film di generi diversi, dando continuamente prova
della sua versatilità e delle sue spiccate doti.
Ecco 10 cose che non sai su
Sharon Stone.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Sharon Stone: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi. La Stone si afferma al cinema nel corso
degli anni Ottanta grazie a titoli come Allan Quatermain e le
miniere di re Salomone (1985), Action Jackson (1987)
e Nico (1988). Nel 1990 recita in Atto di forza
(1990), con Arnold
Schwarzenegger, per poi ottenere fama mondiale grazie
al suo ruolo in Basic Instinct (1992), con Michael
Douglas. Conferma poi la propria popolarità grazie ai
film Trappola d’amore (1994) Pronti a morire
(1995), Casinò (1995), di Martin
Scorsese, Basta guardare il cielo (1998), e
La dea del successo (1999). A partire dal nuovo millennio
recita poi in note pellicole come Catwoman (2004),
Broken Flowers (2005), con Bill
Murray, Basic Instinct 2 (2006), Lovelace (2013),
Gigolò per
caso (2013), Un ragazzo
d’oro (2014), con RiccardoScamarcio, Mothers and Daughters
(2016), The Disaster
Artist (2017), e Panama
Papers (2019), di Steven
Soderbergh.
9. Ha preso parte a
produzioni televisive. Agli inizi della propria carriera
la Stone non manca di recitare anche in alcune serie televisive,
che le permettono di ottenere maggior popolarità. Tra questi si
annoverano Bay City Blues (1983-1984), Magnum
P.I. (1984) e Ricordi di guerra (1988-1989). Tornerà
poi sul piccolo schermo a partire dal nuovo millennio recitando in
alcuni episodi delle serie The Practice – Professione
avvocati (2003), Law & Order: Unità Speciale (2010),
Agent X (2015) e Mosaic (2017-2018), con Garrett
Hedlund. Ha poi recitato nel quinto episodio di
The New Pope (2020), con John
Malkovich, mentre prossimamente sarà in Ratched
(2020), serie thriller con Sarah
Paulson.
8. È stata nominata
all’Oscar. Gli anni Novanta sono senza dubbio stati il
decennio di massimo splendore per l’attrice, in cui ha anche
collezionato la sua per ora unica nomination al premio Oscar. Nel
1996 venne infatti candidata come miglior attrice per il film
Casinò, dove recita accanto a Robert De
Niro. Pur non ottenendo la vittoria, poté consolarsi
con quella riportata ai Golden Globe nella medesima categoria. A
tale premio la Stone era già stata candidata nel 1993 per Basic
Instinct, e lo sarà nuovamente nel 1999 per Basta guardare
il cielo.
Sharon Stone è su Instagram
7. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un profilo seguito da 2,2 milioni di persone.
All’interno di questo la Stone è solita condividere immagini
relative alla propria quotidianità, tra cui momenti di svago,
luoghi visitati o curiosità a lei legate. L’attrice è però anche
molto attiva da un punto di vista sociale, e condivide spesso post
relativi alle principali tematiche ora d’attualità, tra i diritti
degli omosessuali alla lotta contro il razzismo. Infine, utilizza
il proprio profilo anche per promuovere i propri progetti
cinematografici e televisivi, rendendo così partecipi i propri
follower sulla sua attività lavorativa.
Sharon Stone: il marito e i
figli
6. Si è sposata due
volte. L’attrice ha avuto un primo matrimonio, durato dal
1984 al 1990 con il produttore televisivo Michael Greenburg,
conosciuto sul set del telefilm Destini a Las Vegas. La
coppia non ha avuto figli. Dopo alcune brevi relazioni, nel 1998 la
Stone si sposa una seconda volta con Phil Bronstein, editore del
giornale San Francisco Chronicle. Nel 2000 la coppia ha
fatto sapere di aver adottato un bambino. Nel 2003, invece,
annunciano la separazione, giungendo al divorzio nel 2004 per
differenze inconciliabili. Successivamente, l’attrice ha adottato
altri due bambini nel 2005 e nel 2006.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Sharon Stone in Basic Instinct
5. Non fu la prima scelta
per il ruolo. Oggi sarebbe impensabile immaginare il
personaggio di Catherine Trammell con un volto diverso da quello
della Stone, eppure all’epoca venne presa in considerazione
soltando dopo numerosi rifiuti da parte di altre celebri attrici
come Julia
Roberts e Michelle
Pfeiffer. Nessuna infatti si dimostrò interessata al
ruolo né a prendere parte alle numerose scene erotiche previste. Fu
infine scelta la Stone, all’epoca ancora poco nota ma che aveva già
collaborato con il regista per Atto di forza, il quale
rimase colpito dalla sua capacità di passare dalla dolcezza alla
spietatezza.
4. Non sapeva come sarebbe
stata girata la celebre scena. Se si immagina Basic
Instinct, il primo pensiero va certamente alla famosa scena
dove la Stone accavalla le gambe durante il suo interrogatorio,
lasciando intravedere i genitali. Tale scena si rivelò però una
sorpresa per l’attrice, che raccontò in seguito di non essere stata
consapevole di quanto e cosa si sarebbe visto. Fu anche tentata di
obbligare il regista a rimuoverla, temendo per la sua futura
carriera, ma decise infine di lasciarla nel film, considerandola
coerente con tutto il resto.
3. Fu pagata con una cifra
particolarmente bassa.Basic Instinct fu il film
che lanciò la carriera dell’attrice, permettendole di diventare una
delle dive più richieste e pagate di quegli anni all’interno
dell’industria statunitense. Eppure, essendo ancora poco nota
all’epoca delle riprese, venne pagata soltanto 500 mila dollari per
la sua interpretazione. Questo fu uno dei salari più bassi
dell’epoca, ma si trattò anche l’ultima volta che all’attrice
accettò offerta una simile cifra.
Sharon Stone e la sua malattia
2. Ha dovuto prendere una
pausa dal cinema per motivi di salute. Nel settembre del
2001 l’attrice venne improvvisamente colpita da un aneurisma, che
la portò in fin di vita. Grazie al tempestivo intervento dei
medici, però, riuscì a salvarsi, dovendosi sottoporre ad un lungo
periodo di ricovero e riabilitazione. Ciò la spinse a prendersi una
pausa dal mondo del cinema fino al momento in cui non si sarebbe
completamente rimessa. Dopo due anni, nel 2003, fu infatti in grado
di tornare a calcare i set.
Sharon Stone: età e altezza
1. Sharon Stone è nata a
Meadville, in Pennsylvania, Stati Uniti, il 10 marzo 1958.
L’attrice è alta complessivamente 174 centimetri.
Con il nome d’arte di
Terence Hill, l’attore Mario Girotti è oggi una
vera e propria leggenda vivente, interprete di numerosissimi film
dagli anni Sessanta ad oggi, molti dei quali lo vedono in coppia
con l’amico Bud Spencer. Insieme
a questi, Hill è passato con naturalezza attraverso generi diversi,
con una particolare predisposizione per il western ed il
poliziesco.
Reinventatosi grazie alla
televisione, dove è protagonista della longeva fiction Don
Matteo, l’attore continua ancora oggi a godere di una grande
popolarità e ad essere il mito di grandi e piccoli.
Ecco 10 cose che non sai di
Terence Hill.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
Terence Hill: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi. La carriera dell’attore ha inizio tra gli
anni Cinquanta e i Sessanta dove recita in diversi film d’autore,
tra cui Il Gattopardo (1963), utilizzando il proprio nome
italiano. A partire da Dio perdona… io no! (1967), assume
il nome di Terence Hill e forma una fortunata coppia con Bud
Spencer. Da quel momento sarà protagonista di celebri
film come I quattro dell’Ave Maria (1968), Lo
chiamavano Trinità… (1970), … continuavano a chiamarlo
Trinità (1971), … più forte ragazzi! (1972), Il
mio nome è Nessuno (1973), … altrimenti ci
arrabbiamo! (1974), I due superpiedi quasi piatti
(1977), Pari e dispari (1978), Io sto con gli
ippopotami (1979), Chi trova un amico trova un tesoro
(1981), Nati con la camicia (1983), Don Camillo
(1983), Non c’è due senza quattro (1984), Miami
Supercops (I poliziotti dell’8ª strada) (1985), Renegade –
Un osso troppo duro (1987), Lucky Luke (1991), e
Botte di Natale (1994). Torna al cinema nel 2018 con il film
Il mio nome è
Thomas.
9. Ha preso parte a celebri
serie italiane. A partire dagli anni Novanta la carriera
dell’attore si sposta prevalentemente sul piccolo schermo, dove
recita inizialmente nella serie western Lucky Luke (1992).
Successivamente recita nelle miniserie L’uomo che sognava con
le aquile (2006), L’uomo che cavalcava nel buio
(2009), Doc West (2009) e Doc West – La sfida
(2009). A partire dal 2000, però, il ruolo che gli conferisce nuova
celebrità presso vecchie e nuove generazioni è la fiction Don
Matteo, dove recita ancora nel ruolo del protagonista per un
totale di oltre 250 episodi. Dal 2011 al 2015 è invece stato il
protagonista Pietro Thiene nella fiction Un passo dal
cielo.
8. È stato anche
regista. Appassionato del cinema a tutto tondo, Hill non
ha mancato nel corso della sua carriera di compiere il passo dietro
la macchina da presa in diverse occasioni. Ha infatti debuttato
alla regia nel 1983 con il film Don Camillo, da lui anche
interpretato. Anche per le volte successive, infatti, Hill ha
sempre diretto progetti in cui è anche presente come protagonista,
come Lucky Luke, Botte di Natale, Doc West, Doc West – La
sfida e Il mio nome è Thomas, che ha segnato il suo
ritorno al cinema e alla regia dopo anni di assenza.
Terence Hill e Bud Spencer
7. Hanno formato una celebre
coppia cinematografica. I due attori si conobbero per la
prima volta sul set del film Dio perdona… io no!, e da
quel momento formarono una solida coppia cinematografica con una
brillante vena comica. Si trovarono poi a recitare insieme in ben
18 film, 16 dei quali li vedevano come protagonisti. Hill ha poi
diretto l’amico anche nel film Botte di Natale, che è
l’ultima pellicola che li vede recitare insieme, nel ruolo stavolta
di due cacciatori di taglie nel vecchio West.
6. Gli venne chiesto di
cambiare i propri nomi. Al momento di distribuire il film
Dio perdona… io no!, ai due venne consigliato di dar vita
a dei nomi d’arte per la locandina. Quelli veri erano infatti
considerati “troppo italiani” per un film western, mentre con dei
nomi stranieri avrebbero potuto ottenere attenzioni anche a livello
internazionale. Pedersoli scelse così “Bud Spencer” sia in omaggio
all’attore Spencer Tracy che alla birra Budweiser. Girotti, invece,
scelse il nome “Terence Hill” da una lista di nomi inventati.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
Terence Hill: sua moglie e i
figli
5. È sposato con la stessa
donna da oltre cinquant’anni. Hill si sposò nel 1967 con
Lori Zwicklbauer, conosciuta negli Stati Uniti e la quale possiede
origini tedesche. I due hanno sempre mantenuto particolarmente
riservata la propria vita privata, evitando di rilasciare notizie a
riguardo. Per poter avere una vita più tranquilla, decisero di
trasferirsi nella città di Gubbio dopo aver vissuto per oltre
trent’anni negli Stati Uniti. Hill si era infatti innamorato del
paesino umbro dopo esservi stato per le riprese di Don
Matteo.
4. La coppia ha avuto due
figli. Nel 1969 nasce il primo figlio della coppia, Jess,
il quale avrebbe poi intrapreso la carriera di attore,
sceneggiatore e produttore cinematografico. Questi collaborò
accanto al padre per film come Il mio nome è Nessuno, Don
Camillo, Botte di Natale, Lucky Luke e Doc West. Ha
inoltre prodotto il film Il mio nome è Thomas, diretto dal
padre. Nel 1973, invece, la coppia adottò il secondo figlio, Ross,
che recitò insieme al padre nei film Don Camillo e
Renegade – Un osso troppo duro. Questi, sfortunatamente,
morì nel 1990 in seguito ad un incidente stradale.
Terence Hill è Don Matteo
3. Non fu la prima scelta
per il ruolo. Quando la fiction era in lavorazione per la
Rai, i produttori avevano inizialmente pensato ad uno tra
Giancarlo Magalli e Lino Banfi
per il ruolo del protagonista. Hill era infatti impegnato con i
preparativi di un altro progetto, il quale però non si realizzò.
Divenuto a quel punto libero, venne contattato per recitare nel
titolo Rai. Questi si disse pronto ad accettare soltanto se il nome
del protagonista sarebbe stato cambiato da Teodoro in Matteo. In
seguito alla modifica, Hill si dichiarò pronto a ricoprire il
ruolo.
2. È la prima volta che
recita con la sua voce originale.Don Matteo è in
assoluto la prima opera audiovisiva in cui Hill si trova a recitare
con la propria voce originale. In tutti i film e le serie
interpretati precedentemente dall’attore, infatti, questi era
sempre stato doppiato, il più delle volte da Pino Locchi. Per
l’attore, ormai ristabilitosi in Italia, fu un piacere poter
recitare in italiano e risentirsi con la propria voce
originale.
Terence Hill: età e altezza
1. Terence Hill è nato a
Venezia, in Veneto, Italia, il 29 marzo del 1939. L’attore
è alto complessivamente 182 centimetri.
Il vincitore del premio Oscar,
Russell Crowe, è il protagonista de Il
Giorno Sbagliato, un thriller psicologico molto
serrato, che esplora il fragile equilibrio di una società sempre al
limite, mostrandoci qualcosa che tutti noi conosciamo bene , la
rabbia al volante in mezzo al traffico e del conseguente sfogo con
esiti imprevedibili e terrificanti.
Diretto da Derrick Borte nel cast
di Il
Giorno Sbagliatoanche
Caren Pistorius, Gabriel Bateman, Jimmi Simpson e Austin P.
McKenzie. Un’esclusiva per l’Italia LEONE FILM GROUP distribuito da
01 Distribution.
In Il
Giorno SbagliatoRachel (Caren
Pistorius) è in ritardo al lavoro quando si trova a discutere al
semaforo con uno sconosciuto (Crowe) che si trova in una delicata
fase della sua esistenza in cui si sente impotente e invisibile.
Così Rachel diventerà, insieme a tutti quelli che ama, il bersaglio
di un uomo che decide di lasciare un ultimo segno nel mondo
impartendole una serie di lezioni… mortali. Ne scaturirà un
pericoloso gioco al gatto e al topo che dimostrerà che non si può
mai sapere quanto si è vicini a qualcuno che sta sul punto di
esplodere.
Star Wars: L’Ascesa di Skywalker ha superato
il miliardo al box office ma non è stato certo considerato un
successo, soprattutto paragonando i suoi incassi con i due film
precedenti. C’è da dire che le forti critiche a Gli
Ultimi Jedi hanno influenzato il pubblico in maniera
decisiva e così in molti sono stati demotivati di fronte alla
possibilità di vedere la conclusione della trilogia e dell’intera
saga.
Sembra giusto dire che i sequel
hanno fatto del loro meglio per cercare di dare continuità alla
saga, rendendo comunque omaggio a ciò che era stato prima, ma
sembra altrettanto giusto sottolineare che in molte occasioni la
trilogia ha perso delle opportunità e ha commesso degli errori.
Eccone alcuni:
L’arco narrativo di Finn
Vi ricordate quando Finn
era uno Stormtrooper riluttante in forze al Primo Ordine e che poi
aveva disertato? Nonostante non desiderasse altro che sfuggire al
Capitano Phasma ed essere libero, la sua amicizia con Rey lo ha
messo su un percorso eroico che gli è quasi costato la vita per
mano di Kylo Ren.
Tuttavia, all’inizio de
Gli
Ultimi Jedi, Finn era di nuovo un codardo e ha
intrapreso lo stesso viaggio, anche se con Rose al suo fianco
invece di Rey. L’Ascesa di Skywalker, nel frattempo, ha
ignorato tutto ciò, trasformando questo ex Stormtrooper in un eroe
generico che si era reso conto di essere sensibile alla Forza
completamente di punto in bianco.
Esplorare cosa significasse per
Finn essere uno Stormtrooper è stato tristemente trascurato nei
sequel, un vero peccato considerando che non avevamo mai avuto la
possibilità di conoscere da vicino uno di questi anonimi soldati
con una pessima mira. L’episodio IX di Colin
Trevorrow avrebbe affrontato questo problema, ma Abrams
non lo ha fatto.
Nessun fantasma di Forza per
Anakin Skywalker
Il povero Hayden Christensen si è beccato le critiche
dei fan per la sua interpretazione ne L’Attacco dei Cloni e ne La
Vendetta dei Sith, ma c’è da dire che ha fatto del suo meglio con
quello che gli è stato dato, una sceneggiatura davvero povera.
Inserito come fantasma di Forza alla fine de Il Ritorno dello Jedi,
abbiamo appreso poi che l’ex Signore dei Sith aveva imparato a
vivere nella Forza dopo la morte, ma non si spiega la sua totale
assenza dalla trilogia sequel.
Un concept art ha confermato che
Anakin doveva apparire ne Il Risveglio della Forza, e anche se abbiamo
sentito la sua voce ne L’Ascesa di Skywalker, siamo consapevoli del
fatto che quella non era l’apparizione che avremmo voluto e che il
personaggio avrebbe meritato.
Mentre l’imperatore Palpatine ha
rivelato che era stato lui a comunicare con Kylo Ren quando il
giovane pensava di parlare con suo nonno, il fatto che Anakin non
fosse presente per la caduta di Darth Sidious è davvero una
mancanza che è difficile da perdonare.
L’identità del leader supremo
Snoke
Il Risveglio della
Forza ha lasciato i fan alla disperata ricerca di
ulteriori informazioni sul misterioso leader supremo Snoke. Chi era
Snoke? L’Imperatore? Un Darth Vader risorto? Darth Plagueis o forse
un altro potente nella Forza che aveva tirato i fili di
Palpatine?
I romanzi di Tie-in suggerivano che
aveva seguito gli eventi da molti anni, rintracciando i resti
dell’Impero e trasformandoli nel Primo Ordine prima di sedurre Ben
Solo e portandolo al Lato Oscuro. Sfortunatamente, Johnson ha
deciso di ucciderlo ne
Gli Ultimi Jedi, un momento innegabilmente scioccante,
ma che ci ha impedito di sapere di più del personaggio, di
conoscerne le motivazioni, un momento che ci ha chiarito che forse
non era così tanto potente come si immaginava.
In una scena di L’Ascesa di Skywalker assolutamente buttata
via, breve e poco approfondita, scopriamo che Snoke non era altro
che un altro corpo clone usato da Palpatine per manipolare la
Galassia. Onestamente, nulla di tutto ciò ha davvero senso, e
questo cattivo appena creato e che sembrava così affascinante, si è
rivelato una delusione, uno dei peggiori antagonisti della saga di
sempre.
Che ne è stato del tempio
Jedi?
Il Risveglio della
Forza allude al al ruolo del Senato Galattico in una
Galassia post Ritorno dello Jedi, ma che dire di Coruscant e del
Tempio Jedi? Se Trevorrow avesse fatto il suo dovere, avremmo
appreso che il Primo Ordine aveva fatto del pianeta la sua base,
mentre gli abitanti del pianeta erano rimasti nascosti pronti a
ribellarsi qualora se ne fosse presentata occasione.
Finn avrebbe guidato la carica in
quella battaglia, ma la storia non è mai tornata a quel momento in
particolare ed è un vero peccato. Questo aspetto ci dà il polso di
un problema di questi sequel: la volontà di esplorare nuovi pianeti
non ci ha dato la possibilità di capire cosa e come erano cambiate
le cose nei luoghi che già conoscevamo dagli altri film.
Invece si è preferito andare su
altri pianeti, altri luoghi che tuttavia ricordavano molto da
vicino location importantissime per i film originali, ade esempio
Jakku (Tatooine) e la base innevata di Starkiller (Hoth).
Trascurare la trilogia
Prequel
I prequel di Star
Wars non sono stati certo film eccezionali, ma quantomeno hanno
raccontato un arco narrativo coerente. La stessa cosa non si può
dire dei sequel. Indipendentemente dal fatto che si siano amati o
odiati, non è affatto giusto il fatto che la trilogia sequel sembra
ignorarli completamente. C’erano una manciata di riferimenti (la
creazione di un esercito di cloni, per esempio), ma poco di ciò che
è accaduto nei prequel è sembrato importare a questo punto della
storia.
Ha senso che negli anni ci sia
stato un abbandono del mito dei Jedi, ma il percorso di Kylo Ren e
di Rey alla ricerca dei Wayfinder sarebbe potuto essere costellato
di incontri di altri pianeti e situazioni in cui si rintracciavano
le radici dei prequel.
Non riunire mai Luke, Han e
Leia
È un miracolo che Abrams
sia stato in grado di convincere Harrison Ford a tornare come Han Solo, quindi
non gli vogliamo troppo male visto come ha deciso di ucciderlo,
poi, anche perché la dinamica è stata gestita bene. Tuttavia, non
trovare un modo per riunire l’iconico trio è stato davvero
difficile da mandare giù, una vera occasione mancata per questa
trilogia del sequel.
Sì, Han ha visto Leia un’ultima
volta, e anche Luke ha avuto un momento per separarsi da Leia, ma
non è stato lo stesso che vederli tornare nella cabina di
pilotaggio del Millennium Falcon.
In tutta onestà, sembrava che
fossimo appena stati presi in giro quando Luke si è presentato e
non ha detto una parola in Il Risveglio della Forza, e ce lo siamo
spiegati soltanto con la volontà di mettere i nuovi attori al
centro della scena, tuttavia si poteva trovare un modo per riunire
Luke, Han e Leia.
La stirpe di Skywalker
Questi nove film sono anche
stati soprannominati “la Saga di Skywalker”, ma grazie alla
trilogia dei sequel sappiamo che la famiglia Skywalker era poco più
che una nota a piè di pagina nella Storia. Luke Skywalker è morto
senza figli per distrarre suo nipote, e Leia Organa è deceduta poco
dopo aver usato la Forza per raggiungere suo figlio… nonostante
fosse in grado di volare nello spazio nel film precedente.
Le mani di Abrams erano legate al
destino di Leia, ovviamente, ma dopo la morte di Ben Solo, la
famiglia Skywalker si è estinta. Rey ha preso il nome per sé,
ovviamente, è lei l’ultima Skywalker, ma ci arriveremo un po ‘più
tardi!
In fin dei conti, non abbiamo
nessun problema con il fatto che sia Rey a sconfiggere l’Imperatore
e a proseguire l’Ordine, tuttavia la sua impresa sembra togliere
significato a ciò che hanno compiuto Darth Vader, con il suo
sacrificio, e Luke Skywalker con il suo coraggio. Si potrebbe
sostenere che avevano un ruolo da svolgere in un quadro molto più
grande, ma gli Skywalker alla fine non erano così importanti.
Battaglie nello spazio
profondo
Uno dei punti di maggiore
forza dei prequel, sono state sicuramente le battaglie nello
spazio. La Vendetta dei Sith, in particolare, ha davvero alzato
l’asticella in questo frangente, anche se non bisogna dimenticare
il potenziale dei combattimenti spaziali della trilogia
originale.
Nei sequel, la scena più vicina ad
una vera e propria battaglia spaziale è quella alla fine di
Episodio IX, ma la scena è stata un vero e proprio pasticcio
confuso in cui Abrams ha provato a portare nel film il maggior
numero possibile di navi.
Sfruttare le battaglie nello spazio
con la tecnologia IMAX sarebbe stato uno spettacolo incredibile per
gli occhi, tuttavia, visti i nuovi elementi come i Ribelli a
cavallo o i nuovi Sith Troopers, lo scenario era per forza
differente rispetto alle location introdotti casualmente e membri
della Resistenza cavalcando cavalli vestiti per assomigliare ad
alieni, non si distingueva esattamente come uno spazio classico
battaglia in questo franchise. Per fortuna, almeno le battaglie a
suoi di spade laser sono state fatte abbastanza bene.
Tentazione del Lato Oscuro di Luke
Skywalker
L’arco narrativo di Luke
Skywalker ne
Gli Ultimi Jedi è stato controverso per i fan, e Mark
Hamill stesso sembra non essere stato d’accordo con le decisioni
creative prese in quel film. Nonostante ciò, non si può criticare
Johnson per aver provato a fare qualcosa di audace con il Cavaliere
Jedi, soprattutto perché ha fornito così una spiegazione adeguata
all’allontanamento di Luke dalla società.
Il fatto che sia stato tentato dal
Lato Oscuro ad uccidere suo nipote per fare la “cosa giusta” (cosa
che non era poi così diversa da quanto fatto da Anakin che ha
abbattuto Mace Windu per salvare Padme) è affascinante, ma non era
qualcosa che era stato esplorato adeguatamente prima della morte di
Luke. A parte la sua sensazione di fallimento, è difficile credere
che Luke avrebbe mai voltato le spalle alla Resistenza.
Hamill crede che Luke avrebbe
dovuto rivolgersi al Lato Oscuro, ed è un peccato che questi sequel
non abbiano avuto il coraggio di percorrere quella strada. Invece,
è stato solo afflitto dal sentimento di fallimento, nascondendosi
da tutti e lasciando che i suoi amici e la sua famiglia
soffrissero.
Il ritorno dell’Imperatore
Palpatine
Riportare indietro
l’Imperatore Palpatine non è stata la peggiore delle idee, e se si
guardano quelle scene avulse dal contesto, sono abbastanza buone.
Non è difficile credere che abbia trasferito la sua essenza in un
corpo clone incapace di trattenere il suo spirito malvagio o che
abbia fondato una specie di culto composto da lealisti Sith.
Sfortunatamente, il film ha affrontato a malapena tutto questo,
tanto che lo abbiamo scoperto solo nei romanzi tie-in.
Non aiuta il fatto che sia Episodio
VII che Episodio VIII non abbiano nemmeno accennato al ritorno di
Palpatine, e quando l’Imperatore si ripresenta, il suo ritorno è
forzato e sembra casuale. Con una costruzione corretta, questa
scelta sarebbe potuta essere veramente epica.
La sua morte, causata da un suo
fulmine rimbalzato su Rey, è una fine abbastanza sciocca a pensarci
bene. Non c’è niente di male nel voler riportare in vita il cattivo
più iconico della Saga per concluderla in grande stile, solo che
Abrams e Terrio avrebbero dovuto costruire meglio il suo
ritorno.
Tutti gli eroi del MCU si sono evoluti nel tempo, ma
Thor è probabilmente quello che è cambiato di
più dal suo debutto. Essendo forse l’eroe più “attivo” del
franchise, è stata una grande sfida adattare il personaggio del Dio
del Tuono sul grande schermo, ma alla fine i Marvel Studios ce
l’hanno fatta. Il figlio di Odino aveva soltanto bisogno di un
nuovo approccio, e alla fine è diventato uno dei Vendicatori più
amati. Chris Hemsworth ha interpretato il ruolo
fin dal primo film dedicato all’eroe, continuando a renderlo sempre
più interessante nel corso degli anni. Sebbene il personaggio abbia
avuto i suoi alti e bassi, è comunque diventato un eroe
affascinante e divertente:
Il modo di parlare
Uno dei maggiori ostacoli
da superare con un live-action dedicato a Thor era quello di non
rendere ridicolo il suo modo unico di parlare. Nei fumetti, Thor ha
sempre parlato in maniera shakespeariano. Saggiamente, per
il primo standalone il MCU ha scelto
Kenneth Branagh, regista noto per i suoi film ispirati alle
opere del Bardo.
Il percorso legato al modo di
parlare del personaggio ha funzionato piuttosto bene, un qualcosa
sul quale si è anche scherzato in parecchi film dell’universo
condiviso. Tuttavia, in Thor:
Ragnarok il figlio di Odino ha iniziato a parlare più o
meno come parla
Chris Hemsworth nella vita reale, abbandonando i toni elevati
dell’inizio, cosa che – in fondo – non sembra essere dispiaciuta a
nessuno…
Jane Foster
Uno degli aspetti
principali dei primi due film dedicati interamente a Thor è stata
la sua storia d’amore con Jane Foster. Thor incontra Jane quando
viene inviato sulla Terra e i due si innamorano abbastanza
rapidamente, nonostante non abbiano molto in comune.
Quella storia d’amore è stata anche
una parte importante di
Thor: The Dark World. Tuttavia, considerando quanto sia
stata impopolare, la loro relazione ha iniziato ad essere messa da
parte nella Fase 2; addirittura in Thor:
Ragnarok è stato spiegato attraverso una semplice battuta
che i due si erano lasciati.
Il Mjolnir
Fin dall’inizio, il Mjolnir
è stato una parte estremamente significativa del personaggio di
Thor. Il mitico martello poteva essere impugnato solo da qualcuno
che fosse degno, con Thor che lo usò con effetti devastanti sui
suoi nemici.
Decostruendo molto di ciò che era
stato stabilito nell’universo dedicato al Dio del Tuono,
Thor:
Ragnarok ha adottato un approccio narrativo
interessante al Mjolnir: Hela distrugge il martello all’inizio del
film, con Thor che sembra perso senza di esso: soltanto alla fine
scopre che, dopotutto, non era la fonte dei suoi poteri.
La sua famiglia
Thor e Odino hanno sempre
avuto una relazione alquanto spinosa come padre e figlio. Nel primo
film l’arroganza di Thor porta Odino a bandirlo, mentre in
Thor: The Dark World è Odino ad essere colpevole, con
Thor che è costretto a disobbedire al suo re. Dopo la sua morte in
Thor:
Ragnarok, lo spirito di Odino guida Thor,
mostrandosi per la prima volta come un vero padre.
È interessante notare come sua madre
Frigga, alla fine, si sia dimostra la figura genitoriale più
importante. Anche se non ha molto tempo a disposizione prima della
sua morte, Thor la vede di nuovo quando torna nel passato: sarà
proprio lei a farlo riemergere dalla sua oscurità.
Il lato comico
Gran parte dell’umorismo di
Thor nel MCU deriva dal fatto che, nella maggior parte delle
situazioni, l’eroe appare come un pesce fuor d’acqua. Viene sulla
Terra e si trova spesso in situazioni che non sa gestire, il che
rende alcune delle scene del MCU molto divertenti. Ma lo stesso
personaggio aveva sempre avuto momenti comici decisamente
fugaci.
Tutto è cambiato quando Taika
Waititi ha preso in mano le redini del franchise. Thor:
Ragnarok si è rivelato una commedia pura e Thor è
diventato il personaggio divertente che forse tutti hanno sempre
voluto vedere. Il MCU ha continuato su questa strada con Avengers:
Infinity War e Avengers:
Endgame, che hanno regalato al personaggio una nuova
luce.
La sua perdita
È interessante notare che,
non appena Thor è stato reso divertente, è diventato anche uno
degli eroi più tragici. Nel giro di due film, Thor perse suo padre,
il suo martello, suo fratello, la maggior parte dei suoi amici, la
sua casa e non riuscì a uccidere Thanos, causando la distruzione di
metà dell’universo.
È stata una nuova interpretazione
molto interessante del supereroe, dato che Thor soffre di anche di
un grave stress post-traumatico in Avengers:
Endgame. Anche se sembra di aver fatto i conti
con i suoi fallimenti, quella perdita probabilmente rimarrà con lui
per tutto il resto del suo viaggio.
I poteri
Thor è sempre stato un eroe
incredibilmente potente. In realtà, parla spesso di se stesso come
del “Vendicatore più forte” ed è difficile discutere con lui. Ha
affrontato alcuni formidabili criminali, continuando a mostrare il
suo immenso potere.
A quanto pare, però, non era nemmeno
la versione di Thor al suo meglio. Dopo aver perso il Mjolnir, una
visione di Odino ricorda a Thor che è il Dio del Tuo: l’eroe scopre
così un altro livello della sua forza sconfinata, che lo rende
ancora più impressionante di prima.
Thor e Loki
La relazione più importante
di Thor nel MCU è stata quella con suo fratello Loki. Proprio come
Thor, Loki ha subito molti cambiamenti durante il suo arco
narrativo nel MCU. Anche questo ha cambiato molto il loro
rapporto.
All’inizio, Thor e
Loki sono fratelli che combattono fianco a fianco, fino a quando il
secondo tradisce il primo. I fratelli passano dall’essere nemici,
quando Loki invade la Terra, ad essere alleati riluttanti in
Thor: The Dark World. Alla fine di Thor:
Ragnarok, sono tornati ad una relazione amorevole
appena in tempo, prima che Loki venisse assassinato da
Thanos.
Bro Thor
Sono state fatte molte
battute sull’impressionante fisico di Thor, cosa che ha reso la sua
trasformazione in Avengers:
Endgame ancora più scioccante. Dopo aver sofferto così
tanto, Thor scivola in una depressione e si lascia andare,
affogando i suoi dispiaceri nel cibo e nell’alcol.
È l’ennesima nuova
interpretazione del personaggio che aggiunge davvero tanto al suo
viaggio. Inoltre, continua a permettere ad Hemsworth di essere
divertente, nonostante l’attore si trovi ad affrontare il fragile
stato mentale di Thor in maniera avvincente.
Il re di Asgard
Nel primo film, Thor viene
presentato mentre attende di essere nominato prossimo re di Asgard.
Dimostra rapidamente che ha molto da imparare prima di accettare
l’incarico. Gli viene insegnata l’umiltà e lavora per diventare una
persona migliore.
Continua a lottare con l’idea di
essere re, rifiutando anche il titolo ad un certo punto, fino a
quando non viene spinto sul trono quando Asgard cade. Alla fine di
Avengers:
Endgame, Thor ha deciso che non è il re di cui Asgard ha
bisogno, passando l’eredità a Valchiria.
Sulla scia del 20° anniversario
dall’uscita del primo X-Men del
2000, negli ultimi giorni si è tornato spesso a parlare della saga
dedicata ai mutanti realizzata sotto l’egida della 20th Century
Fox. Non sempre i film sono stati all’altezza delle aspettative, ed
è innegabile quante decisione sbagliate da un punto di vista
narrativo siano state prese dalla produzione e dai vari registi che
si sono susseguiti al timone dei vari film.
ComicBookMovie ha raccolto i 10 errori più grandi che la Fox ha
commesso con il franchise, in attesa di scoprire cosa i Marvel Studios hanno in serbo per
il futuro degli iconici mutanti al cinema:
Le origini di Wolverine
Quella di raccontare i
primi anni di Wolverine nelle pagine di “Origins” è ancora oggi
considerata una delle decisioni più controverse che la Marvel Comics abbia mai preso, nonostante alla
fine quell’arco narrativo sia stato ben accolto dalla maggior parte
dei fan.
Tuttavia, proprio quegli anni sono
stati trasposti piuttosto frettolosamente in
X-Men le origini: Wolverine, e anche se la sequenza
d’apertura ha mostrato efficacemente l’esperienza di James Howlett
con la guerra, l’infanzia del personaggio meritava sicuramente un
maggiore approfondimento.
Il ritratto di Ciclope
Nei film degli X-Men il personaggio di
Ciclope è stato forse quello tratto più ingiustamente di tutti. Il
capo dei mutanti è stato trasformato in un fidanzato possessivo e
sgradevole, e il suo unico scopo sembrava essere quello di impedire
a Wolverine di portargli via la sua Jean Grey.
James Marsden si è rivelato l’attore perfetto per il ruoo, ma
il coraggioso leader degli X-Men è stato trattato nei film alla
stregua di un piagnucolone geloso e meschino. Sfortunatamente,
neanche l’iterazione di
Tye Sheridan in Apocalypse
e Dark
Phoenix è riuscita a compensare agli errori del passato. I
fan aspettano ancora di vedere l’eroe impavido dei fumetti sul
grande schermo…
La confraternita dei mutanti malvagi
Sfortunatamente, ogni
versione di questa squadra che abbiamo visto nella trilogia
originale era composta da personaggi minori, di cui nessuno si
preoccupava davvero. Alla fine, tutto sembrava ruotare attorno a
Magneto e Mystica (motivo per cui la loro relazione è diventata
parte integrante di
X-Men: L’inizio).
Tuttavia, il modo in cui sono stati
gestiti personaggi del calibro di Sabretooth e Toad è stato
fin dall’inizio molto deludente. Ad ogni modo, i prequel hanno
fatto ben poco per migliore le cose ed è un vero peccato che i
prequel non abbiano mai esplorato il rapporto tra Magneto e i suoi
figli (nonché membri della confraternita), Scarlet Witch e
Quicksilver.
Il costume di Wolverine
L’assenza del classico
costume blu e giallo di Wolverine nell’universo cinematografico
degli X-Men non è mai stata una grande sorpresa, ma la decisione di
dare a lui e al resto della squadra costumi così blandi (privi di
qualsiasi tipo di personalità) ha sempre fatto storcere il naso ai
puristi dei fumetti.
Proprio a sottolineare quanto
fossero noiosi e generici questi completi in pelle nera, nel primo
X-Men abbiamo visto Wolverine prendere in prestito uno
degli abiti di Ciclope, con le cose che non sono migliorate fino al
Deadpool
del 2016. Quello era soltanto uno spin-off, e il franchise
principale non ha mai adottato i costumi originali dei supereroi.
La speranza è che l’Universo Cinematografico Marvel sia in grado di
sistemare le cose in merito all’iconico look di Wolverine.
La prima formazione
X-Men: L’inizio del 2011 è servito come una sorta di
riavvio per il franchise dei mutanti, con la visione di Matthew Vaughn su
questi personaggi che si sarebbe rivelata una delle migliori di
sempre. Tuttavia, poiché era anche un prequel della trilogia
originale ambientato negli anni ’60, il regista ha dovuto
utilizzare necessariamente i membri della “prima formazione” di
mutanti.
Di conseguenza, abbiamo visto
personaggi meno noti come Banshee e Angel, piuttosto che volti
celebri come Ciclope, Jean Gray, Angel, Bestia e Iceman. Tuttavia,
esplorare il rapporto tra il Professor X e Magneto è stato
veramente affascinante, anche se questa linea temporale è diventata
sempre più complicata con il passare del tempo, soprattutto quando
i mutanti hanno iniziato a saltare da un decennio all’altro…
La cura
Invece di concentrarsi
esclusivamente sulla “Saga di Fenice Nera”, X-Men: Conflitto finale ha deciso di prendere in
prestito elementi anche dalla serie “Astonishing X-Men” di Joss
Whedon e John Cassaday. Il film non ha reso giustizia a quella
storia, e il fatto che esistesse una cura mutante è diventato poco
più di un comodo pretesto per la trama, che alla fine non è servito
a nulla.
Nel film sono stati depotenziati
personaggi come Rogue, Mystica e Magneto, anche se a quest’ultimo,
alla fine del film, sono state restituite le sue abilità. Qual era
lo scopo di questa cura allora? Alla fine si è trattato soltanto
dell’ennesimo errore commesso in uno dei peggiori film sugli X-Men,
nonché qualcosa che X-Men: Giorni di un futuro passato non si è nemmeno
preoccupato di affrontare, visto il ritorno di alcuni volti
familiari. D’altronde, sembra che la continuity non abbia
mai avuto importanza nel franchise…
Fenomeno
Indipendentemente da quanto
possa essere stato ridicolo il suo costume o da quanto possano
essere stati terribili i suoi dialoghi, il personaggio di Fenomeno
in X-Men: Conflitto finale è andato totalmente
sprecato.
Ci sono molti personaggi che il
franchise di X-Men non è riuscito a trasporre al cinema nel modo
giusto, ma Fenomeno è forse l’esempio peggiore, dal momento che il
personaggio ha una personalità molto ben definita nei fumetti. Il
suo ruolo nel film di Brett Ratner, invece, si riduce a qualcosa di
molto lontano dal temibile cattivo che sarebbe potuto essere…
La Saga di Fenice Nera
La “Saga di Fenice Nera” è
un arco dei fumetti molto amato dai fan, e anche se è sempre stato
improbabile che venisse adattato fedelmente sul grande schermo,
quello che abbiamo visto in X-Men: Conflitto finale è stato una cocente
delusione.
Personaggi del calibro del Professor
X e Ciclope sono stati uccisi senza lasciare alcuna traccia
significativa, così come il ritorno di Jean Grey dall’aldilà, con
la Fenice Nera che ha finito per essere soltanto manipolata da
Magneto. Neanche Dark
Phoenix è riuscito a rendere giustizia al fumetto
originale e forse è proprio per questo che il film, alla fine, è
stato un grandissimo flop.
Camei ingiustificati
Colosso è stato una delle vittime
della cattiva abitudine di introdurre camei random nella serie
cinematografica di X-Men. L’apice è stato raggiunto da film come
X-Men: Conflitto finale e
X-Men le origini: Wolverine, dove personaggi sono
stati inseriti soltanto per il gusto di farlo, senza che avessero
una specifica funzione narrativa.
I film successivi hanno fatto
esattamente la stessa cosa: basti pensare come sono stati trattati
personaggi come Psylocke, Arcangelo e Jubilee in X-Men:
Apocalisse. Non c’è niente di sbagliato nel far apparire
personaggi meno noti in determianti film, ma forse è eccessivo
promuoverne il debutto sul grande schermo quando effettivamente
hanno poco tempo a disposizione sullo schermo.
Vecchio Logan
Logan
è un film fantastico, ma non è stato l’adattamento di “Vecchio
Logan” che molti fan speravano. Era chiaro che la Fox non potesse
adattarlo fedelmente (dato il numero di personaggi presenti nel
fumetto), ed il film finì per essere una storia con una vecchia
versione di Wolverine!
Ad ogni modo, Logan
di James
Mangold è stato davvero fantastico. Tuttavia, è stato
innegabilmente deludente che quando Wolverine ha tirato il suo
ultimo respiro, è stato per mano di un clone. Quindi, anche se
si è trattato di un grande finale per Hugh Jackman nei panni del personaggio,
sicuramente non è stato “perfetto”.
Considerata una delle attrici più
talentuose della sua generazione, la sudafricana Charlize
Theron è un concentrato di bellezza e doti attoriali, più
e più volte dimostrate attraverso i numerosi ruoli di rilievo da
lei interpretati. Vincitrice di alcuni tra i premi più ambiti di
Hollywood, la Theron ha costruito una carriera all’insegna della
versatilità, passando con naturalezza di genere in genere, e
affermandosi come una delle celebrità più influenti del mondo del
cinema.
Ecco 10 cose che non sai di
Charlize Theron.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Charlize Theron: i suoi film da
attrice e produttrice
9. Ha prodotto molti dei
suoi film. La Theron ha ulteriormente affermato il proprio
status all’interno dell’industria intraprendendo una solida
carriera da produttrice, il più delle volte per i film da lei anche
interpretati. Il primo di questi è anche il film che l’ha
consacrata, Monster, mentre poi ricoprirà tale ruolo anche
per Sleepwalking (2008), The Burning Plain
(2008), Young Adult, Dark Places – Nei luoghi oscuri,
Brain on fire (2016), Atomica bionda, Tully, Truffatori in
erba (2018) e Non succede, ma se succede…,Bombshell – La voce dello scandalo e The Old
Guard. La Theron ha inoltre prodotto i film A Private
War (2018), con Rosamund
Pike, e Murder Mystery (2019), con Adam
Sandler, nonché le serie Girlboss (2017),
Mindhunter
(2017-2019) e Hyperdrive (2019).
8. Ha vinto il premio
Oscar. Dopo essersi fatta notare tra la fine degli anni
Novanta e i primi del Duemila, l’attrice trova infine il film
capace di cambiare radicalmente la sua carriera. Per il suo
complesso ruolo in Monster, infatti, vince il premio Oscar
come miglior attrice, divenendo la prima sudafricana ad ottenere
tale riconoscimento. La Theron verrà poi nominata altre due volte,
nel 2006 per il film North Country – Storia di Josey, e
nel 2020 per Bombshell – La voce dello scandalo. Ha poi vinto, nel
corso della sua carriera, numerosi altri premi, al Festival di
Berlino, ai Sag Awards, ai Golden Globe, ai Critic’s Choice Awards
e agli MTV Movie Awards.
Charlize Theron è su Instagram
7. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un profilo seguito da 6 milioni di persone.
All’interno di questo la Theron è solita condividere in prevalenza
post relativi al proprio lavoro, tra cui immagini o video
promozionali, come anche numerose curiosità dal set e foto di
backstage. Non mancano però anche immagini relative alla sua
quotidianità, come anche post attinenti a cause sociali da lei
sostenute. Tramite Instagram, infatti, l’attrice promuove anche
l’associazione da lei fondata, la “Charlize Theron Outreach
Proceject, con cui sostiene la popolazione africana nella lotta
contro l’HIV.
Charlize Theron e lo spot per
Martini
6. Fu il suo primo
importante lavoro. Nel 1991, all’età di sedici anni,
l’attrice vince il concorso New Model Today, tenutosi a Positano,
in Campania. L’attrice decide a quel punto di trasferirsi a Milano,
per intraprendere una carriera come modella. Il suo primo lavoro
importante sarà quello per il marchio Martini. La nota azienda la
sceglie infatti, nel 1993, per partecipare ad un nuovo spot
pubblicitario. Questo viene girato a Santa Margherita Ligure, e
permette all’attrice di ottenere un successo internazionale.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Charlize Theron: il marito e i
figli
5. Non si è mai
sposata. L’attrice, da sempre piuttosto riservata riguardo
la propria vita privata, ha in più occasioni ammesso di non avere
particolari problemi con il fatto di essere attualmente single. Al
contrario, ha di recente affermato di preferire tale stato rispetto
all’avere una relazione con cui rischia di non poter esprimere sé
stessa. In passato ha però avuto relazioni con il cantante Stephan
Jenkins, con l’attore irlandese Stuart Townsend, conosciuto sul set
del film Trapped nel 2002, e il premio OscarSean
Penn, con cui ha avuto una relazione dal 2013 al
2015.
4. Ha adottato due
bambini. Non aver trovato un uomo con cui condividere il
proprio amore non le ha però impedito di riversarlo altrove.
L’attrice ha infatti adottato nel 2012 e nel 2015 due bambini
africani, da lei considerati la sua fonte di gioia più grande. La
Theron era da sempre stata interessata all’idea dell’adozione,
desiderando dare una casa e una vita migliore ai bambini rimasti
orfani. Di recente, ha raccontato di come uno dei suoi figli le
abbia chiesto come mai non abbia una relazione stabile, e l’attrice
si è trovata a rispondere di avere una relazione con sé stessa.
Charlize Theron in Monster
3. Si è trasformata
radicalmente. Nel film Monster l’attrice
interpreta la serial killer Aileen Wuornos. La sua è stata definita
come una delle interpretazioni migliori di sempre, ma per poter dar
vita al personaggio la Theron si è dovuta sottoporre ad una
difficile trasformazione. Per poter assomigliare alla vera Wuornos,
si è infatti dovuta sottoporre ad estenuanti ore di trucco, il
quale aveva il compito di imbruttirla radicalmente. Si è inoltre
dovuta sottoporre ad una dieta ingrassante, per poter acquisire
circa 15 chili in più, in modo da raggiungere la stazza della
killer.
2. Fu la prima scelta per il
ruolo. Nonostante la difficoltà della parte, numerose
attrici di Hollywood espressero interesse a riguardo. La regista
Patty Jenkins si trovò così a dover considerare
nomi come
Kate Winslet,
Heather Graham e Reese Witherspoon. La sua prima scelta era
però la Theron. La Jenkins raccontò infatti di essere rimasta
particolarmente colpita dalla sua interpretazione in L’avvocato
del diavolo, e che sentiva che avrebbe avuto abbastanza
coraggio da accettare una sfida complessa come quella richiesta dal
ruolo. L’attrice ottenne poi la parte, a cui seguì la gloria.
Charlize Theron: età e altezza
1. Charlize Theron è nata a
Benoni, in Sud Africa, il 7 agosto 1975. L’attrice è alta
complessivamente 177 centimetri.
Alcuni ricercatori di Singapore
hanno sviluppato una “pelle artificiale” in grado di ricreare il
senso del tatto, un’innovazione che sperano consentirà alle persone
con arti protesici di rilevare oggetti, nonché di percepire
materiali e consistenza, o anche la temperatura e il dolore.
Il dispositivo, soprannominato ACES
(acronimo di Asynchronous Coded Electronic Skin), è composto da 100
piccoli sensori e misura circa 6 cm. I ricercatori della National
University of Singapore affermano che la pelle è in grado di
elaborare informazioni più velocemente del sistema nervoso umano, è
in grado di riconoscere dai 20 ai 30 diversi materiali e può anche
leggere il Braille con una precisione superiore al 90%.
Benjamin Tee, leader del team di
ricercatori, Tee ha affermato che il concept è stato ispirato da
una scena della trilogia cinematografica di Star
Wars, in cui il personaggio di Luke
Skywalker interpretato da Mark Hamill perde la mano destra e ne usa una
robotica, apparentemente in grado di provare di nuovo sensazioni
tattili.
“Gli esseri umani devono far
scivolare le dita per riconoscere il materiale degli oggetti, ma in
questo caso la pelle ci riesce con un solo tocco”, ha spiegato
Tee. “Quando perdi la sensibilità tattile,
diventi praticamente insensibile e i portatori di protesi
affrontano proprio questo problema”.Tee ha aggiunto che la tecnologia è ancora in fase
sperimentale, ma c’è stato un “grande interesse” per i
risultati raggiunti da parte della comunità medica.
Come molti altri film in produzione
lo scorso febbraio, anche The Batman è stato
costretto ad una battuta d’arresto. Le riprese del film con
Robert Pattinson sono state
interrotte e il film rimandato. Ora che i set cominciano a
ripartire seguendo i protocolli di sicurezza anti-Covid, anche
Matt Reeves torna al lavoro.
Tuttavia il mondo del merchandise
non si è mai fermato e, mentre aspettiamo ancora di vedere le foto
ufficiali degli altri personaggi del film, arrivano da etichette di
prodotti di varia natura le prime immagini della silhouette del
costume di Catwoman. Si tratta di un’immagine minuscola
sull’etichetta di una bevanda che riporta i due (anti) eroi in
nero. Per quanto sia piccola l’immagine, si tratta chiaramente
della silhouette di Selina Kyle in costume. Eccola:
Ricordiamo che il personaggio, che è
stato già incarnato da Michelle Pfeiffer per
Tim Burton e da Anne Hathaway per
Christopher Nolan, sarà
interpretato da Zoe Kravitz, che abbiamo già visto
alle prese con un cinecomic in X-Men:
L’Inizio.
“The
Batman esplorerà un caso di detective“, scrivono
le fonti. “Quando alcune persone iniziano a morire in modi
strani, Batman dovrà scendere nelle profondità di Gotham per
trovare indizi e risolvere il mistero di una cospirazione connessa
alla storia e ai criminali di Gotham City. Nel film, tutta la
Batman Rogues Gallery sarà disponibile e attiva, molto simile a
quella originale fumetti e dei film animati. Il film presenterà più
villain, poiché sono tutti sospettati“.
James
Gunn ha confermato che il primo sguardo ufficiale
all’attesissimo The Suicide
Squad arriverà alla fine del mese di Agosto. Dopo
il film di David
Ayer del 2016, il nuovo adattamento dei personaggi DC
ad opera del regista di Guardiani
della Galassia mescolerà volti nuovi e vecchie
conoscenze.
Al momento sappiamo ancora poco
circa la trama di The Suicide
Squad, con molti ruoli che non sono ancora stati
confermati. Non sappiamo nemmeno in che modo il nuovo film si
collegherà al suo predecessore, al di là della presenza di alcuni
attori che erano già apparsi nella precedente iterazione, come
Margot
Robbie, Jai
Courtney e Viola
Davis.
Molte delle domande principali circa
il nuovo film troveranno una risposta in occasione del DC FanDome, il grande evento online
organizzato da Warner Bros. e dedicato all’universo DC che si
svolgerà il prossimo 22 agosto, e a cui parteciperanno sia James
Gunn che il cast del film. Adesso, è stato
proprio il regista a confermare via
Twitter che durante l’evento i fan avranno la possibilità di
dare un primissimo sguardo al cinecomic, senza specificare però di
che tipo di materiale si tratterà (se una still, un poster o un
trailer).
The Suicide Squad rispecchierà al
100% la visione di James Gunn
Il regista ha anche confermato, in
risposta ad un fan, che la versione di The Suicide
Squad che vedremo al cinema sarà il suo taglio
del film e che la sua visione non è stata in alcun modo
“influenzata” dallo studio: “Posso confermare al 100% che in
#TheSuicideSquad non ci sono state interferenze. Sarà il mio film,
senza esclusione di colpi. Non vedo l’ora di mostrarvene
un’anteprima al DC FanDome.”
Sembra che il prossimo 28 agosto
vedremo finalmente The
New Mutants, il film sui giovani mutanti che ha avuto
un percorso produttivo e distributivo decisamente travagliato.
Ritirato dall’uscita per effettuare dei reshoot che, sembra, ne
avrebbero modificato il tono, il film è stato poi coinvolto, come
tanti altri titoli Fox, nella fusione con
Disney, che ha portato ad un naturale ritardo
nella distribuzione. Infine, la pandemia di
COVID-19 ha ritardato ulteriormente l’uscita del
film che potrebbe ora vedere la sala (o lo streaming) alla fine del
mese corrente.
Di seguito, potete vedere uno nuovo
spot del film che ne conferma la data d’uscita e che ci mostra
quanto i poteri dei giovani protagonisti, incarnazione dei
personaggi dei fumetti Marvel, siano
incontrollabili e impossibili da contenere:
The
New Mutants è un thriller con sfumature horror,
originale e ambientato in un ospedale isolato dove un gruppo di
giovani mutanti è rinchiuso per cure psichiatriche. Quando iniziano
ad avere luogo degli strani episodi, le loro nuove abilità mutanti
e la loro amicizia saranno messe alla prova, mentre cercano di
fuggire. Diretto da Josh Boone e scritto
da Boone e Knate Lee, il film vede nel
cast la presenza di Maisie
Williams, Anya
Taylor-Joy, Charlie Heaton, Alice Braga, Blu
Hunt e Henry Zaga.
A patto che l’emergenza legata al
Covid-19 non causi ulteriori ritardi, Wonder
Woman 1984 arriverà nelle sale americane il
prossimo 2 Ottobre 2020. Il film è già stato rinviato più volte (da
Giugno ad Agosto, e poi ancora ad Ottobre): se la situazione legata
alla pandemia negli Stati Uniti non dovesse migliore e l’uscita di
Tenet dovesse essere nuovamente posticipata, allora la
Warner Bros. sarà costretta ancora una volta a rivedere il destino
del sequel dedicato alle avventure di Diana Prince, optando magari
per un’uscita diretta in VOD.
In attesa di scoprire quale sarà il
futuro di Wonder
Woman 1984, online (via
CBM) è arrivata una nuova sinossi ufficiale del sequel diretto
ancora una volta da Patty
Jenkins che anticipa quanto la posta in gioco nel
nuovo film sarà molto più alta di quanto molti fan avevano
immaginato. La nuova sinossi recita: “Da archeologa, la Diana
che lavora allo Smithsonian Museum è in realtà una Wonder Woman
dotato di straordinari superpoteri… addirittura, si dice che sia
l’eroe più forte del mondo. Nel 1984, Wonder Woman si trova al
centro di un disperato pericolo mortale quando si vede costretta ad
affrontare un’enorme cospirazione da parte dell’uomo d’affari Max,
che canta ad alta voce per soddisfare i desideri delle persone, e
di un nemico misterioso, Cheetah. Riuscirà Wonder Woman ad impedire
il collasso del mondo da sola?”
Anche se i vari trailer ed alcune
recenti pubblicazioni hanno già rivelato parecchio sulla trama di
Wonder
Woman 1984, è chiaro – come emerso anche da questa
nuova sinossi – che non tutti i segreti del film sono stati
svelati. Sembra che la minacciosa combo formata da Maxwell Lord e
Cheetah darà parecchio filo da torcere all’eroina protagonista;
inoltre, la presenza di una cospirazione incombente dovrebbe
rappresentare una nuova sfida per la guerriera amazzone.
Wonder Woman 1984 spiegherà perché
Diana si è “ritirata”?
In Batman v Superman: Dawn of Justice del
2016, è stato rivelato che Wonder Woman si è isolata dal mondo, ma
la ragione principale dietro tale scelta non è stata ancora
svelata. In molti credevano che la morte di Steve Trevor avvenuta
alla fine del primo Wonder
Woman fosse la vera causa dell’esilio dell’eroina, ma
Wonder
Woman 1984 mostrerà che da allora Diana è stata
comunque in servizio. C’è quindi la possibilità che l’unione tra
Lord e Cheetah e l’enorme cospirazione al centro del film possano
finalmente spiegare perché Diana abbia smesso di entrare in
azione.
Wonder
Woman 1984 uscirà il 2 ottobre 2020. Il film è
stato definito dal produttore Charles Roven un
sequel “inusuale“, che poterà in scena lo stesso
personaggio grazie al lavoro dello stesso team creativo e che
seguirà gli eventi del precedente capitolo, ma che i fan non
dovrebbero aspettarsi un seguito tradizionale
definendolo “la prossima iterazione della
supereroina”.
L’ordine cronologico del personaggio
di Diana Prince è stato già rimescolato, essendo stata introdotta
nell’era contemporanea di Batman v Superman: Dawn
of Justice per poi tornare al vecchio secolo
con Wonder Woman. Il sequel vedrà
ancora Gal
Gadot nei panni di Diana Prince opposta
a Kristen
Wiig, scelta per interpretare la villain Cheetah. Nel
cast figureranno anche Chris
Pine (volto del redivivo Steve Trevor)
e Pedro
Pascal (nei panni di Maxwell Lord).
Nel corso degli anni, anche grazie a
tutti i suggerimenti forniti da Zack
Snyder, i fan hanno avuto la possibilità di scoprire
cosa sia stato effettivamente tagliato dalla versione
cinematografica di Justice
League. Secondo alcune voci, dalla versione del
cinecomic arrivata nelle sale sarebbe stato tagliato anche il
personaggio di Lanterna Verde nella versione fornita da Ryan Reynolds nel film del 2011.
Adesso, è stato proprio l’attore a
chiarire attraverso il suo profilo
Twitter che non sarà presente nella
Snyder Cut di Justice
League in arrivo il prossimo anno su HBO Max, negando
anche alcuni recenti rumor che lo vorrebbero collegato a Black
Adam, il nuovo cinecomic DC che avrà come protagonista
Dwayne
Johnson: “Non interpreterò Hawkman in Black
Adam”, ha scritto Reynolds. “Anche se in genere faccio
qualsiasi diavolo di cosa Dwayne Johnson mi dica di fare. Mi
piacerebbe comunque essere nel film della Justice League di Zack Snyder… ho sentito che
forse ci sono già?”
Ryan Reynolds è noto per la sua ironia e,
naturalmente, non ha perso occasione per prendersi gioco dei rumor
che lo vorrebbero collegato alla
Snyder Cut di Justice
League. Le cose, tuttavia, si sono spinte ben oltre il
tweet che avete appena letto: poco dopo, infatti, l’attore ha
pubblicato sempre via
Twitter un video in cui ha nuovamente ironizzato sul flop di
Lanterna Verde.
Il filmato in questione è una sorta
di trailer di un’ipotetica versione estesa del film di
Martin Campbell: “Questa è la segreta Reynolds
Cut di Lanterna Verde che tutti voi stavate aspettando. Per
renderlo il più bello possibile, abbiamo optato per alcuni tagli
ponderati”, ha scritto l’attore nella didascalia che ha
accompagnato il video. Potete vederlo cliccando sull’immagine di
seguito:
Il video si apre con la scena
post-credit di Deadpool
2, in cui il Mercenario Chiacchierone spara a Reynolds
dopo che l’attore ha appena finito di leggere la sceneggiatura di
Lanterna Verde. Subito dopo scopriamo che
Tom Cruise è stato chiamato a vestire i
panni di Hal Jordan e alla fine del video lo vediamo riunirsi con
la Justice League.
Lanterna Verde apparirà davvero
nella Snyder Cut di Justice League?
In realtà, non è escluso che nella
Snyder Cut di Justice
League possa apparire il personaggio di Lanterna
Verde: è più probabile, però, che ad essere presente nella versione
di Zack
Snyder non sia l’iterazione di Hal Jordan ma bensì
quella di Yalan Gur. Dopotutto, il mese scorso
era stato lo stesso regista a lasciare intendere che nel suo
taglio del cinecomic alcune scene potrebbero riguardare
l’introduzione del Corpo delle Lanterne Verdi.