A
Paola Cortellesi e al suo esordio alla regia
C’è ancora domani è spettato il compito di
aprire la sezione Progressive Cinema, Concorso, della
diciottesima
Festa del Cinema di Roma. Dopo tanti ruoli da
interprete dal talento evidente e versatile, capace di unire comico
e drammatico, avendo all’attivo una carriera ormai consolidata da
sceneggiatrice,
Paola Cortellesi arriva dunque alla sua prima regia
cinematografica.
Lo fa con un lavoro tra commedia e
dramma, dai toni spesso amari, anche molto amari, ma ricco di
momenti leggeri. Parla di donne nella Storia e con le loro storie
di vita quotidiana. Accanto a lei, che sceglie per sé il ruolo
della popolana Delia,
Valerio Mastandrea, Giorgio
Colangeli, Emanuela Fanelli,
Vinicio Marchioni, oltre a un manipolo di talentuosi
giovani e giovanissimi attori.
La storia di Delia in C’è ancora
domani
Seconda metà degli anni Quaranta.
Delia,
Paola Cortellesi, vive con il marito Ivano,
Valerio Mastandrea, e i tre figli in un
palazzo popolare di Roma. Si dà da fare da mattina a sera con mille
lavoretti, oltre che mandare avanti la casa, occuparsi dei figli e
del suocero, il bisbetico Sor Ottorino, Giorgio
Colangeli, mentre il marito lavora fuori tutto il giorno.
Ivano è il padrone di casa, in tutti i sensi, decide e dispone
tutto ciò che si fa in famiglia.
Per rimarcare la sua autorità, non
manca di dispensare alla moglie sberle e cinghiate, ogni qualvolta
sia a suo avviso, necessario. Delia può confidarsi solo con l’amica
Marisa, Emanuela Fanelli, con cui si concede i
pochi momenti di svago. Ora che Marcella, Romana Maggiora
Vergano, la figlia maggiore, la sua prediletta, è in
procinto di sposarsi con Giulio, Francesco
Centorame, figlio di proprietari di un ben avviato bar,
Delia è felice che almeno per la figlia il futuro prospetti
qualcosa di diverso. Marcella, dal canto suo, non vede l’ora di
sistemarsi e lasciare miseria e violenze. Inaspettata, arriva però
una lettera per Delia e le fa pensare che forse un futuro diverso è
ancora possibile anche per lei.

Atmosfere anni ’40, senza
nostalgia
C’è ancora domani
si propone da un lato il non facile compito di riportare lo
spettatore indietro nel tempo, di immergerlo nelle atmosfere della
Roma anni Quaranta, del dopoguerra, quando la città brulicava di
speranza, ma faceva ancora i conti con la fame e gli stenti patiti
durante la guerra. Ma anche una città in cui c’era un forte senso
di comunità.
Quella di Cortellesi non è, però,
un’operazione nostalgia, come non lo è l’uso del bianco e nero. La
fotografia di Davide Leone si può pensare filologica rispetto al
periodo trattato, ma è anche austera e sobria come la sua
protagonista. Delia sembra non pensare mai la sua vita a colori.
Cortellesi mostra di sapere dove guardare per ricostruire, da
romana, quell’ambiente, oltre ad aver fatto un accurato lavoro di
approfondimento, trasferito poi in sceneggiatura, assieme a
Furio Andreotti e Giulia
Calenda.
I diritti delle donne e l’impegno
civile
Quella di C’è ancora
domani è piuttosto un’operazione memoria, che ricorda a
tutti, ma soprattutto alle donne, vere protagoniste del film – non
solo Delia – da dove si è partiti e dove ci si trova oggi. Il tema
della condizione femminile e dei diritti delle donne è infatti il
fulcro del film. Sebbene sia oggi ampiamente trattato, forse anche
abusato,
Paola Cortellesi è riuscita a proporlo con la sua
sensibilità. Non si è tirata indietro di fronte all’impegno civile,
affrontandolo con passione, come già aveva fatto da attrice
tratteggiando ruoli di donne capaci di lottare per i propri diritti
– l’architetto Serena Bruno di Scusate
se esisto!, o l’operaia de Gli
ultimi saranno ultimi, ad esempio. Lo fa ora interpretando
con coinvolgimento e aderenza Delia, ma anche con il suo sguardo
dietro la macchina da presa.
Accanto a lei, un cast di ottimi
attori, a partire da certezze come Valerio Mastandrea, cui è
affidato l’ingrato compito di interpretare Ivano, uomo qualunque,
dietro la cui facciata apparentemente goffa e a tratti ridicola, si
nasconde violenza. Ci sono anche Emanuela Fanelli, Vinicio
Marchioni e Girogio Colangeli, tutti in parte, ma una menzione
speciale va ai giovani: in particolare a Romana Maggiora
Vergano, che interpreta con intensità la giovane
Marcella.

Cortellesi regista in C’è ancora
domani
La regia di
Paola Cortellesi mescola ironia, sarcasmo e commedia
pura a una durezza e amarezza drammatiche, anche se la violenza
viene lasciata intuire dietro una porta chiusa, o mimata in una
sorta di danza macabra con suggestioni da musical. Sceglie in
sostanza di essere più poetica che cruda. Il ricorso al ballo e
alla musica come elementi trainanti in alcune sequenze è peculiare,
ma non sempre azzeccato.
Lo è sicuramente, ad esempio, nella
sequenza finale del film. Anche nel filone “romantico” della
storia, che coinvolge Delia e Nino, Vinicio Marchioni, un suo
vecchio spasimante, alcune soluzioni che vogliono essere poetiche,
risultano un po’ melense e forse retoriche. Nonostante ciò, il
lavoro resta coeso ed efficace.
Un ponte fra passato e presente che
parla a tutti
C’è ancora domani è
un film fortemente legato al presente. Parla alle donne di ieri, ma
soprattutto di oggi, e anche agli uomini. Riesce a far riflettere
su un fenomeno come quello della violenza di genere che è dilagante
al punto da far dubitare che così tanta strada sia stata percorsa
dal dopoguerra ai giorni nostri.
Sa coniugare la Storia con la “S”
maiuscola con le storie delle tante donne che, come Delia, in ogni
luogo e in ogni tempo, sembrano non trovare il coraggio di far
sentire la propria voce, ma poi si riscattano. Lo spettatore si
interroga sull’oggi, ma non si nascondono neanche le ombre del
passato.
Il risultato è un lavoro
complessivamente efficace e d’impatto, in cui si legge una costante
preoccupazione, un’urgenza verso le nuove generazioni di donne. È a
loro che si rivolge essenzialmente questo buon esordio. C’è
ancora domani appare senz’altro adatto per la fruizione da
parte delle scuole.
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